Moda e musica. Dietro l’immagine, una folla di emozioni

Nella moda e nell’industria che la produce, la diffonde e la comunica, si parla tanto di trasparenza, tracciabilità, consapevolezza a proposito della sostenibilità e dell’impatto con l’ambiente. E se invece fosse arrivato il momento di applicare questi requisiti non solo al dato materiale di un abbigliamento amico del pianeta, ma a quello intangibile – non per questo meno importante – relativo alla creatività, in nome di una ecologia delle idee o meglio, di una tutela delle utopie

Mahmood stile foto
Mahmood, uno dei tanti clienti eccellenti della celebrity stylist Susanna Ausoni

Mi spiego meglio: mai come negli scorsi due o tre anni, non a caso corrispondenti a quella grande rivoluzione socioculturale, oltre che sanitaria, rappresentata dalla pandemia, si è parlato di come il sistema del vestire, quando si tratta di trasferirlo nella rappresentazione del sé, non sia il frutto di un singolo designer colpito da improvvisa e imprevista ispirazione né tantomeno sia il frutto di una scelta solipsistica da parte di chi sceglie come farsi vedere da mondo. Si è finalmente dato rilievo alla figura professionale rappresentata da quel corpus globulare che è il team, composto da varie persone i cui cervelli e le cui anime collaborano collettivamente per giungere alla definizione di una determinata immagine o di come un capo possa essere interpretato, indossato, vissuto. Finalmente si è squarciato il velo sulla figura dello stylist  sia editoriale, sia dedicato all’immagine delle celebrity, sia alleato del fashion designer – come responsabile di un gruppo di persone che tirano a lucido, esaltano e celebrano un determinato linguaggio vestimentario di cui il direttore creativo di un marchio è sì il portabandiera e l’alfiere, ma circondato da una serie di figure professionali che lo aiutano e finora erano rimaste nell’ombra.

Michelle Hunziker abbigliamento
Michelle Hunziker, altra celebrity seguita per i look da Ausoni

La centralità dello stylist nell’industria della moda di ieri e di oggi

Sono rimaste talmente al buio, negli anni Ottanta, Novanta e anche nei primi Duemila, alle sfilate come alle grandi serate si mormorava a mezza bocca, tra noi addetti ai lavori, chi avesse dato quell’idea in più, quello scatto estetico nel regno dell’avanguardia unendo mondi diversi, prendendo spunto dall’arte o dalla strada (ancora non c’era il termine streetstyle). Ma i loro nomi, per una nebulosa quanto soffocante omertà collettiva, non potevano e non dovevano essere pronunciati. E questo valeva anche per i giornali, dove il termine stylist appare ufficialmente stampato solo nel 1985, a proposito del meticoloso lavoro di puzzle estetici-emotivi rappresentato dai modelli vestiti da un vero artista morto troppo presto per colpa dell’Aids, Ray Petri, per un’indimenticabile rivista come The Face.  

Noemi Sanremo 2022 abiti
Gli outfit di Noemi a Sanremo 2022 erano curati da Susanna Ausoni (ph. Daniele Venturelli/Getty Images)

La riprova di questa situazione anomala è arrivata quando ho deciso di studiare, per classificarlo in maniera sistematica, questo fenomeno per il libro L’arte dello styling per i tipi di Vallardi, che ho scritto insieme con Susanna Ausoni, la più nota e longeva celebrity stylist italiana. Bene: tranne qualche manuale americano e alcune biografie di grandi stylist-muse del passato, non c’erano fonti scientifiche o di indubbia rilevanza culturale. Il lavoro di ricerca si è rivelato assai più complicato e difficoltoso del previsto, perché non vi era una documentazione necessaria, che abbiamo raggiunto parlando sia con i diretti interessati, sia leggendo articoli, saggi di studenti, tesi di laurea. Abbiamo cercato di colmare questo vuoto che colpevolmente era rimasto tale nel tempo perché siamo (stati) prigionieri di una concezione ottocentesca che vedeva nel fashion designer un eroe o un’eroina solitaria che si alzava ogni mattina profetizzando il modo in cui ci si sarebbe abbigliati: un’idea a suo modo molto romantica, ma che non corrispondeva al vero.

Dai look delle celebrity alla ricerca della propria identità modaiola, il ruolo degli stylist

Elisa Sanremo 2022 abito bianco
Elisa a Sanremo con un look pensato per lei da Ausoni (ph. LaPresse)

Oggi, che per l’appunto invochiamo maggiore trasparenza nel processo di produzione della moda, dovremmo pretenderlo anche nella comunicazione di tutti coloro che partecipano all’attestazione di una tendenza in quanto simbolo e sintomo dello Zeitgeist e, contemporaneamente, oggetto transizionale («i vestiti sono macchine per comunicare», sosteneva la grande epistemologa Eleonora Fiorani) che possa sostenere la volontà di esternare la propria identità. O, più semplicemente, di calarci letteralmente nei panni del personaggio che vogliamo essere quel giorno in quella situazione.
Per esempio, Petra Flannery, che cura l’immagine di divi tra cui Emma Stone, Zoe Saldana, Renée Zellweger, sottolinea come desideri che i suoi clienti impongano la loro personalità. «Adoro quando qualcuno indossa qualcosa e dice: “Ecco fatto. Questo è quello che voglio indossare”. E lo traspirano sul red carpet», sostiene. Il duo di stylist Zadrian Smith e Sarah Edmiston afferma che se un cliente inizia a ballare quando indossa un look particolare, sa di avercela fatta. Smith ha spiegato: «Concludo sempre ogni prova dicendo: “Sei a tuo agio, sicuro di sé e felice? E se uno di questi è un ‘no’, allora non hai il look. Se tutto è un ‘sì’, allora ci siamo riusciti. La nostra priorità, e la cosa più importante per noi, è il comfort dei nostri clienti, sopra ogni cosa. Finché sono a loro agio, sicuri di sé e felici, allora hai fatto il tuo lavoro».

Mahmood Sanremo 2022 abiti
Mahmood al 72° Festival di Sanremo, styling di Susanna Ausoni (ph. Daniele Venturelli/Getty Images)

Quote di Susanna Ausoni

«Vestire una persona significa prima di tutto conoscerne la più vera natura. È da lì che parte tutto. Per me gli abiti sono ponti tra differenti aree culturali e la fisicità. Solo quando si riescono a costruirne di solidi, allora il mio lavoro è compiuto»

Nell’immagine in apertura, l’attrice Valentina Bellè posa per uno shooting, con lo styling di Susanna Ausoni

Art direction e non solo: il talento rivoluzionario di Laccio

Giovane, eclettico, poliedrico, Emanuele Cristofoli (in arte Laccio) rappresenta un talento non convenzionale e rivoluzionario nel mondo della danza e non solo.
La sua carriera intraprende diverse direzioni: prima ballerino, poi coreografo e direttore artistico. Oggi grazie all’esperienza, Laccio è in grado di curare, coordinare ed organizzare un evento, che sia di natura teatrale, musicale o televisiva, definendolo in ogni suo dettaglio. La sua direzione artistica si avvale di un’impronta cangiante ed innovativa, è evidente il suo stampo nella realtà del Modulo Project, la compagnia di danza urbana più attiva ed originale nel panorama nazionale, e della Modulo Academy, la prima accademia ad avviamento professionale dedicata a ballerini specializzati nell’ambito delle danze urbane.

Laccio art director
Laccio (ph. Umberto Nicoletti)

Il tuo è un percorso sui generis: hai studiato Interior Design allo IED, quindi la moda, con collezioni vendute in prestigiose boutique e department store, e progetti nei quali hai spaziato tra programmi come X Factor, cinema (Loro di Sorrentino, Muccino), teatro, show per brand del calibro di Calzedonia, Alberta Ferretti, Benetton. Ritieni che questo mix di versatilità ed eclettismo sia decisivo per affermarsi nel mondo dello spettacolo odierno? Cerchi di trasmetterlo anche ai tuoi allievi e ai giovani con cui hai a che fare?

Oggi il mondo dell’intrattenimento è sempre più ricco di contaminazioni. Si parla spesso di “performance” perché si mescolano linguaggi e forme di comunicazione. La danza, La musica, l’arte visiva ma anche  grafica e styling sono ingredienti necessari, ognuno necessita dell’altro per completare un racconto. Lo studio dell’ interior e l’esperienza nella moda mi permettono di parlare il linguaggio dei professionisti che lavorano con me, così da capire cosa è fattibile e cosa no. È fondamentale conoscere le risorse e saperle sfruttare.
I giovani dovrebbero sapere che oggi il settore dello spettacolo è fatto di commistione tra i reparti (costumi, luci, scenografia, musica e coreografia), la conoscenza è fondamentale per far si che l’unione di questi elementi crei qualcosa di armonico.

Laccio coreografia x factor
Courtesy Sky Press Office, ph. Bianca Burgo

Cos’è secondo te il talento?

Difficile descriverlo, oggi bisogna avere la capacità di raccontarsi e di sapersi raccontare. Il “genio” è colui che ha delle idee, delle cose da dire e che sa farlo usando i mezzi che la società offre. Non ci può essere spazio per la “sregolatezza”, ma c’è bisogno di organizzazione e pianificazione.

Puoi parlarci nel dettaglio del tuo lavoro da Modulo Academy (accademia che forma e avvia al lavoro ballerini specializzati nella danza urban)? Quali sono le caratteristiche irrinunciabili per un emergente che intenda farsi strada in questo settore?

L’Academy è un luogo in cui i ragazzi lavorano su loro stessi e su come trovare il proprio linguaggio passando attraverso quello degli insegnanti. Si trova a Milano e questo ci permette di portare al suo interno diversi professionisti che lavorano nel mondo dello spettacolo, artisti che riportano le proprie esperienze. Cerco di coinvolgerli nei progetti, dandogli la possibilità di completare la loro formazione vivendo direttamente delle esperienze straordinarie. Non ultima, la finale di X Factor al Forum di Assago.
Oggi per distinguersi come danzatori bisogna avere una forte base tecnica, ma anche cura di stessi e della propria immagine come artisti, con la A maiuscola. Conoscere ciò che ci circonda, vedere il lavoro degli altri per poi lasciarsi ispirare da qualsiasi forma d’arte.

Laccio x factor
Courtesy Sky Press Office, ph. Bianca Burgo

Quali tra i nuovi nomi e talenti in ascesa ritieni abbiano la possibilità di diventare volti di spicco dello showbiz?

Sicuramente Blanco ha portato una ventata di energia che ha “spettinato” la scena musicale. In generale credo ci siano molti artisti della scena underground con grande talento e voglia di raccontarsi. Come in ogni cosa però, bisogna avere l’occasione di mostrare le proprie capacità, quell’occasione che ci permetta di far vedere, provare a molti ciò che spesso rimane chiuso in una cameretta, in un cassetto o in un mp3 dentro il nostro laptop.
Con X Factor diamo la possibilità di “urlare” ad un pubblico selezionato le proprie canzoni. In particolare le ultime due edizioni hanno dato la possibilità ai ragazzi di portare i propri pezzi e abbiamo lavorato molto sulle loro personalità. Devo dire che è stato uno spettacolo nuovo!

I tuoi progetti futuri?

Al momento sto seguendo Laura Pausini, un’artista che stimo molto per la sua sensibilità e per la capacità di farsi ispirare da tutto ciò che la circonda.
Inoltre è in arrivo l’Eurovision Song Contest, forse l’evento nella mia carriera più esposto mediaticamente! Oltre a seguire Laura per le sue performance, curerò le coreografie di tutta la parte show, sarà un lavoro faticoso ma sicuramente indimenticabile.

Per l’immagine in apertura, courtesy Sky Press Office, photographer Bianca Burgo

Show, documentari, libri: Dimitri Cocciuti ci racconta il suo percorso tra tv e romanzi

Il percorso professionale di Dimitri Cocciuti, capoprogetto di Drag Race Italia (qui i suoi aneddoti, ricordi e “highlight” personali della prima stagione) è tanto ricco e prolifico quanto sfaccettato. Responsabile del dipartimento format e sviluppo della Ballandi Multimedia, ha cominciato a lavorare come autore televisivo nel 2006, quasi per caso, arrivando poi a collaborare con mostri sacri dello showbiz italiano, da Raffaella Carrà a Fiorello, passando per Piero Chiambretti, Enrica Bonaccorti, Paola Cortellesi, nonché a supervisionare progetti documentaristici di notevole successo, su tutti Artists in Love per Sky Arts, trasmesso in diversi paesi, dal Regno Unito all’Australia, oltre ovviamente all’Italia, dieci episodi che raccontano il rapporto tra giganti dell’arte del livello di Picasso, Modigliani, Fellini o Nureyev e le loro muse o compagne/i.



Da ultimo, è anche scrittore: il suo primo romanzo, Ogni cosa al suo posto, racconta delle difficoltà nel riconoscere e vivere appieno la propria omosessualità da parte del protagonista Giovanni; uscito nel 2017, ha scalato le classifiche di piattaforme come Kindle e Kobo, ed è stato seguito tre anni dopo da Vai quando vuoi.

Di tutto questo, e altro ancora, ci ha parlato direttamente Dimitri nella videointervista che trovate in questa pagina, concessa in esclusiva a Manintown, in cui ricorda momenti per lui particolarmente significativi e prova a tracciare le fila di una carriera divisa tra tv, documentari e scrittura, confidandoci gli obiettivi professionali non ancora realizzati.

Credits

Director – Federico Cianferoni

Production – ManInTown

Editor in Chief – Federico Poletti

Art Direction & Photography – Davide Musto

Interview by – Marco Marini

Special Thanks – Hotel Valadier Roma

Drag Race Italia, la videointervista con lo showrunner Dimitri Cocciuti

In onda dal 9 gennaio su Real Time, dopo il passaggio in streaming sulla piattaforma Discovery+, Drag Race Italia porta – finalmente – anche nel nostro paese il reality ideato da RuPaul. Realizzato dalla Ballandi, a volere fortemente la versione tricolore del talent è stato Dimitri Cocciuti, già a capo del reparto format della casa di produzione.
Manintown lo ha incontrato: nella videointervista, in esclusiva per il magazine, che trovate di seguito è proprio lo showrunner del programma a raccontarci scelte di casting, aneddoti, ricordi personali (come l’emozione di Priscilla, membro di spicco della giuria, quando le è stato comunicato che sarebbe stata lei la main drag dello show, e il suo toccante discorso per la finale), episodi significativi e valori alla base dello show, di cui si attende, dopo l’ottimo esordio, la prossima, rutilante stagione.




Drag Race Italia è uno spin-off del celebre RuPaul’s Drag Race, in cui concorrenti en travesti si sfidano a colpi di pose, sketch, esibizioni, performance ad alto tasso di drammaticità e mise teatraleggianti, e che dalla sua messa in onda, nel 2009, ha collezionato ben 24 Emmy Awards.




L’edizione italiana del programma, per molti versi storica (considerata l’arretratezza, ahinoi, del Belpaese in materia di diritti civili e conoscenza delle dinamiche che ruotano intorno al mondo drag e Lgbtq+) è stata trasmessa, come si diceva, dal 19 novembre al 23 dicembre su Discovery+; protagoniste 8 aspiranti “Superstar” (Ava Hangar, Divinity, Elecktra Bionic, Enorma Jean, Farida Kant, Ivana Vamp, Le Riche e Luquisha Lubamba), giudicate da un trio d’eccezione, formato dalla suddetta Priscilla, dall’attrice, conduttrice e scrittrice Chiara Francini e dall’influencer Tommaso Zorzi.




Credits

Director – Federico Cianferoni

Production – ManInTown

Editor in Chief – Federico Poletti

Art Direction & Photography – Davide Musto

Interview by – Marco Marini

Special Thanks – Hotel Valadier Roma

Stella Egitto, dalla Sicilia a Roma per amore della recitazione

Stella Egitto, attrice bellissima (anche se non se ne rende conto) è l’incarnazione della sicilianità: messinese di origine, gli studi di recitazione l’hanno portata nella città eterna, di cui ama tutto tranne la carbonara.
La sua vera passione è la drammaturgia, ma ovviamente al grande pubblico è arrivata con i suoi ruoli in serie tv di successo e film indipendenti, sempre scelti con attenzione.
Per il 2022 ha diversi progetti in uscita tra cinema, tv e teatro, quindi bisogna tenerla d’occhio.



Hai un nome bellissimo, c’è dietro un significato particolare?

È il nome della nonna paterna, prima di me erano arrivati due figli maschi e in famiglia si erano ripromessi che, se fosse nata una femmina, l’avrebbero chiamata con il suo nome.
Però anche mia mamma ha voluto metterci del suo, così lei mi ha dato Aurora, in pratica ho due nomi, due passaggi del sole.
Visto così potrebbe sembrare impegnativo, ma credo nei percorsi più che nelle destinazioni.

Vivi a Roma da molti anni, quanto c’è ancora della tua terra d’origine, la Sicilia, in te?

Tantissimo, assolutamente, la Sicilia ti marchia nel Dna, è un terra piena di contraddizioni e, un po’, è questa la sua bellezza: ci sono il mare e la montagna, i paesaggi dolci e quelli forti, con il mio quid di follia credo di comprenderli tutti.
Vivere con una temperatura costante di venti gradi ti fa diventare tendenzialmente espansiva e accogliente, io mi sento così. Semplicemente, non sarei come sono se non fossi nata dove sono nata.


Total look Alessandro Vigilante, heels stylist’s archive

La passione per recitazione, invece, come ti è venuta?

Dal mio innamoramento per la drammaturgia, in realtà al liceo ho avuto la fortuna di avere un insegnante che mi ha fatto incontrare la lettura di testi drammaturgici, ho subito capito quanto mi piacesse. Man mano che leggevo, immaginavo e disegnavo, poi ho capito che la forma più adatta per dar vita a tutto questo era proprio l’azione, quindi la recitazione.

In che modo hai iniziato?

Ho fatto teatro a Messina ed in Sicilia in tutti i modi possibili, a scuola e non solo, una volta diplomata ho deciso che, se ne avessi avuto la possibilità, se insomma avessi avuto la mia buona stella, avrei trasformato questa passione in un mestiere. Così ho fatto il provino alla Silvio d’Amico a Roma e al Piccolo Teatro di Milano, incredibilmente sono andati bene entrambi, al Piccolo non mi sono nemmeno presentata per la seconda fase, la mia scelta era Roma.



E quando hai detto a casa di voler fare l’attrice?

Non ho più mio padre, mia madre mi disse che non voleva che andassi allo sbaraglio ma, se avessi individuato una scuola di formazione che non costasse uno sproposito (non avremmo potuto permettercelo), mi avrebbe permesso di farlo; è stata la mia spalla per tutto il percorso in Accademia.
Sono entrata alla Silvio D’Amico portando un monologo dell’Otello, dove io interpretavo Otello e mia madre Desdemona. È stata una scelta istintiva, senza troppe sovrastrutture, ne sono rimasti folgorati, soprattutto il direttore che era in commissione.
Ora forse sceglierei qualcosa di più comodo e adatto a me, ma l’audacia e l’incoscienza premiano sempre.


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Sei oggettivamente bellissima, te lo hanno mai fatto pesare?

Credo che sia sicuramente successo, ma non nel teatro, perché l’età scenica è importante e non si va nel dettaglio, cinema e televisione sono decisamente diversi, sono come una lente d’ingrandimento, ed a volte è proprio una questione di equilibri.
Magari, in alcuni cast con attrici molto belle, non c’è stata la possibilità di essere inserita, a parte questo però non credo di essere mai stata penalizzata.



So che hai diversi progetti in uscita, cosa puoi dirci in proposito?

Ho da poco finito di girare un film in uscita nel 2022, davvero ambizioso e in cui credo molto, girato non a caso in Sicilia: interpreto una donna rivoluzionaria nel contesto di quel periodo, perché sceglie l’amore anziché la comodità, e siamo negli anni 50’, insomma era tutto diverso.
Poi ci sarà la seconda stagione di Buongiorno, mamma! dove interpreto Maurizia Scalzi, è stata la mia prima esperienza con la serialità, in un progetto lungo e con un ruolo di grande respiro.
Infine, la ripresa di uno spettacolo teatrale interrotto a causa del Covid, con il quale non abbiamo mai debuttato perché siamo stati sorpresi a metà delle prove; è una fusione di due testi di Shakespeare, diretto da Max Mazzotta, in cui reciterò insieme a Lorenzo Richelmy.



Total look Alessandro Vigilante, heels stylist’s archive

Credits:
Photographer Davide Musto
Producer Sonia Rondini
Photographer assistant Valentina Ciampaglia
Stylist Federica Pennetti, Sara Rhodio
Fashion editor Federica Mele
Hair Federica Recchia @Simone Belli Make up
Make up Asalaya Pazzaglia @Simone Belli Make up
Location Wisdomless Club Roma

In apertura, total look Alessandro Vigilante, earrings and rings Iosselliani

Golden Globes 2022, non una buona annata per la 79esima edizione

Chi lo avrebbe mai detto che sarebbe andata a finire così. Per la prima volta nella storia dei Golden Globes non vi è stata una diretta televisiva e tantomeno un red carpet.
I premi assegnati dalla Foreign Press, una statuetta istituzionale che precede i più prestigiosi Oscar, delineano quella che sarà la scelta dell’Academy.

Quest’anno, in maniera ufficiale a causa del Covid, non si è potuta svolgere la cerimonia, ma la realtà dei fatti è ben più triste.
Si conosceva da tempo, infatti, la scarsa predisposizione dell’associazione a distribuire i premi a etnie diverse da quella caucasica, ma ultimamente le accuse, ben fondate, si sono fatte molto più pesanti. Al punto che Tom Cruise aveva rispedito al mittente le sue tre statuette.



Questo segnale ha fatto sì che Nbc, la storica emittente che mandava in onda la trasmissione, abbia voltato le spalle alla cerimonia, e nessun’altra si sia fatta avanti.
Da noi si direbbe una Caporetto, da loro una pessima figura cui sarà molto difficile rimediare, a meno di ammettere qualche persona di colore tra gli 87 giornalisti associati.

Partiamo dal fatto che il nostro Sorrentino è rimasto a mani vuote, superato dal film giapponese Drive My Car, già solo questo potrebbe essere un segnale stonato.

Come miglior attrice protagonista in un film troviamo una splendida Nicole Kidman in Being the Ricardos, dove interpretava la star di I love Lucy, serie tv degli anni ’60 dal successo planetario, ruolo che le si addice perfettamente.


Being the Ricardos

Ad aggiudicarsi la statuetta di miglior attore è l’ex principe di Bel-Air Will Smith, con il biopic King Richard dove interpreta il padre delle tenniste Serena e Venus Williams.


Will Smith

La sorpresa più grande è certamente stata vedere MJ Rodriguez, star di Pose su Netflix, vincere come miglior attrice protagonista in una serie tv, la prima transgender a vincere tale premio in questo contesto. Un altro piccolo grande passo per tutto il mondo LGBT.
Questo il suo post: “Grazie! Questa è una porta che si apre per molti altri giovani di talento. Vedranno che è più che possibile. Vedranno che una giovane ragazza nera latina di Newark, New Jersey, che aveva il sogno di cambiare le menti degli altri, ci sarebbe riuscita con amore. L’AMORE VINCE. Ai miei giovani ragazzi LGBTQAI dico: siamo qui, la porta ora è aperta, raggiungete le stelle!”.


MJ Rodriguez

Ciao Raffa!

Tutti si chiedono perché sia stata così amata la Carra’, e sì perché nemmeno lei si spiegava sin da subito il motivo per cui lei sia stata chiamata per cognome a differenza delle sue colleghe che invece venivano chiamate per nome. Il motivo è davvero semplice perché era unica.  Perché non c’era un prima Raffa, c’è solo un dopo Raffa.

Il 5 luglio 2021 è arrivata la notizia che non avremmo mai voluto leggere, Raffaella Carrà, nome d’arte di Raffaella Maria Roberta Pelloni ci ha lasciato. Aveva 78 anni ma per tutti noi era sempre una ragazza, una donna eterna, ed è così che sarà nei nostri ricordi e nei fiumi di ore registrate in programmi che hanno fatto la storia della televisione.

Creativa e spregiudicata per i primi anni 60’, ma con la fortuna di avere dei collaboratori superlativi come Gianni Boncompagni e Sergio Japino ci ha regalato dei momenti di storia come il “Tuca Tuca”, da non dimenticare che ai tempi la televisione doveva fare i conti con la censura, che non era stata sicuramente clemente nei suoi confronti e nei confronti di quel ballo che almeno una volta tutti noi abbiamo ballato. L’Italia non se ne è resa conto ma Raffaella ha aiutato il paese ad uscire da quell’involucro di bigottismo che affliggeva ed assopiva i nostri nonni, ha portato il cambiamento, il sorriso e la voglia di essere come lei in tutte le donne. Ovvero libera.

La prima minigonna, il primo ombelico scoperto, le sue mosse, le sue smorfie, l’hanno resa l’icona tra le icone. Anche perché non c’è un ingrediente specifico per diventarlo, però sicuramente il pubblico LGBTQ sa premiare i suoi idoli, lei è stata sicuramente la prima e tutt’oggi non ha uguali.

Noi ci siamo cresciuti con i suoi abiti pieni di lustrini e di spalline degne di Mazzinga Zeta, ma chi poi anni a venire l’ha scoperta non ha saputo far a meno di ispirarsi, proprio come ha fatto Lady Gaga, che dal primo momento in cui l’ha vista su YouTube se ne è innamorata.

Per non parlare del DJ di fama internazionale Bob Sinclar che ha pensato fare un remix di  “A far l’amore comincia tu” brano uscito nel 1976, che con qualche abile rivisitazione ne è diventato un vero e proprio tormentone nel 2011, celebrato nel film di Sorrentino “La Grande Bellezza”.

Insomma, tutto quello che ha toccato Raffa è diventato parte di noi, è stata la zia di tutti, l’amica che avremmo voluto avere con quella forza e quella modernità, che solo se ce l’hai dentro la puoi dimostrare.

Quando ad un certo punto la televisione italiana sembrava non avere più bisogno di lei, non ha esitato a guardarsi intorno ed in pochissimo tempo è diventata la regina di Spagna e poi del sud America, ci hanno provato in tante dopo pensando fosse facile, ma no non era così era proprio lei che aveva ammaliato tutti.Verrai ricordata ed amata da tutti forse come per nessun altro personaggio dello star system, perché come te non ci sarà mai nessuno. Grazie per tutto l’amore e l’arte che ci hai dato, te ne saremo

Alessio Viola: il mondo della comunicazione a 360° gradi

Giornalista e conduttore televisivo, Alessio Viola è un noto volto di Sky che abbiamo seguito con vivacità e curiosità per tutto l’autunno durante la messa in onda di Ogni Mattina su TV8.  A fronte della sua importante carriera che lo ha visto protagonista a Earth Day, Sky TG24, The X Factor e Venti20, lo abbiamo incontrato in una conversazione sul giornalismo cartaceo e televisivo.



Come è iniziata la tua carriera da giornalista ? E quella televisiva?

Ad essere sincero da ragazzino non volevo fare il giornalista. Mi piaceva la comunicazione, scrivere, la pubblicità, la televisione, la radio, etc… Non ho fatto la scuola di giornalismo, ma ho iniziato a lavorare come praticante in una redazione, ovvero la scuola migliore, che fin da subito ti mette faccia a faccia con la realtà e davvero ti insegna a muoverti in questo campo. Dopo che iniziai, mi resi conto che che la mia strada era proprio quella.

Parlando invece di giornalismo televisivo, è successo in maniera naturale: mi piaceva tanto la televisione, la seguivo con una vera e propria passione. Sono contento che la fase televisiva sia avvenuta dopo. Iniziare questa carriera sulla carta stampata mi ha permesso di crearmi un distinto bagaglio, sia pratico che culturale: capire, conoscere, toccare con mano le basi del mestiere, saperti muovere e organizzare; tutte nozioni che poi sono diventate utili e fondamentali nell’inquadramento televisivo.

Quando devi scrivere fai un lavoro più impegnativo per assurdo. Con la tv è più semplice: entra in gioco un’altro linguaggio che si basa sull’immagine. La palestra della carta stampata è stata fondamentale. 



Che differenze ci sono tra comunicazione cartacea e televisiva ?

Nella carta quando scrivi conta molto la capacità di raccontare e descrivere quello che vedi. Tuttavia hai il tempo a tuo favore e, almeno nel mio caso, riesco a scrivere in maniera rilassata. Con l’immagine è tutto più diretto e immediato. Per non parlare dei nuovi media, che hanno letteralmente abbattuto il muro temporale della comunicazione cartacea.

Abbiamo visto che proprio recentemente è iniziato un nuovo programma, Ogni mattina, su tv8, dove tu sei alla conduzione. Come sta andando?

Il programma è partito e procede alla grande. Tuttavia, con la pausa natalizia ho deciso di abbandonarlo. Da gennaio ci sarà infatti solo ed esclusivamente la parte legata all’intrattenimento, condotta da Adriana Volpe. 

Che taglio avete deciso di dare al programma? Abbiamo visto che eravate soliti invitare ospiti/opinionisti anche molto diversi tra loro. Che argomenti trattate di solito?

Il programma ha una doppia medaglia: se da un lato la leggerezza è predominante, ricordiamoci sempre che è la tv del mattino: affrontiamo le cose che succedono nel mondo in modo chiaro, semplice, approfondito, ma in modo chiaro e soprattutto semplice. Raccontiamo quello che succede intorno a noi, nel nostro caso l’emergenza del virus coinvolgendo esperti, opinionisti e testimonianze. Una sorta di telegiornale, ma intervallato da leggerezza ed intrattenimento, ad esempio con interventi e tutorial legati al mondo della cucina, della musica, della moda, etc.. Diversi sono i grandi nomi che sono stati ospiti nel programma, da  Joe Bastianich a Morgan, da Aurora Ramazzotti a diversi virologi, etc… Abbiamo coinvolto anche degli influencer, indiscussi protagonisti del web, con il fine di incrementare la visibilità del programma

Dove ti vedi nei prossimi anni ? Altri progetti in corso ?

Ho chiuso il 2020 con un programma che si chiama appunto Venti20, che racconta i primi anni 20 anni del 2000. Pensa che prima di Natale, con una serata speciale, ho chiesto a una giuria di giudici che cosa buttare e cosa salvare di questo anno assurdo. Per il prossimo anno sto lavorando ad un progetto ancora da definire che andrà in onda in primavera, sempre su TV8.

3 Motivi per non guardare Temptation Island

I programmi di Maria De Filippi hanno un format sempre vincente. Negli anni se ne sono susseguiti diversi, tutti con l’idea di mettere l’accento sui sentimenti facendo vivere agli spettatori le stesse emozioni che provano i protagonisti dei suoi show. Alcuni sono dei veri e propri reality, dove le telecamere seguono h24 i protagonisti.

Protagonista dell’estate, tra questi programmi è sicuramente Temptation Island, registrato in un resort in Sardegna, dove per circa tre settimane i componenti delle coppie partecipanti sono divisi e “costretti” a vivere in un villaggio popolato da tentatori o tentatrici dai fisici statuari, pronti a far cedere in tentazione il fidanzato o la fidanzata.

Temptation Island, che negli ultimi anni ha raddoppiato anche la presenza con la versione Vip e quella Nip, continua ad aumentare la sua percentuale di spettatori, ma piuttosto che elencarvi i validi motivi per guardare questo programma di intrattenimento, noi ve ne diamo 3 per non sceglierlo tra le proposte televisive.

1 Veridicità

Dobbiamo pur metterla in dubbio. Siamo sicuri che sia tutto vero quello che vediamo all’interno di Temptation Island? Certo le coppie scelte saranno davvero delle coppie e magari avranno veramente i problemi che cercano di risolvere partecipando a questo reality. Ma i tempi del primo “Grande Fratello”, sono ormai lontani e chi partecipa ad un reality conosce bene le dinamiche che si creano all’interno del programma, per non parlare del successo che porta esserne protagonisti indiscussi. E che dire di quelli che sono chiamati “tentatori” e “tentatrici”, già il nome ci fa intendere che il loro ruolo è quello di far capitolare i protagonisti, a prescindere da un interesse reale. Teniamoci almeno il dubbio che con un po’ di pratica e di strategia si possa partecipare per visibilità creandosi un copione ad hoc, anche all’insaputa della produzione. 

2 Voierismo

C’è davvero bisogno di conoscere i dettagli delle relazioni altrui? Le coppie che partecipano a Temptation Island hanno delle difficoltà relazionali, piuttosto che confrontarsi come sarebbe opportuno da parte di adulti maturi e responsabili, scelgono di mettere in piazza anche ciò che una coppia dovrebbe tenere per sé. Guardare i programmi trash può conciliare l’autostima, perché ci si confronta con il comportamento delle persone sotto i riflettori e si immagina una propria condotta in situazioni simili. Ma capita di assistere a situazioni e scene imbarazzanti, dove vengono svelati retroscena o informazioni riservate che il buon gusto ci insegna a tenere per sé senza sbandierarli a degli sconosciuti davanti a delle telecamere. Vi siete mai infastiditi perché i vicini di casa erano invadenti ed impiccioni? Se ci pensate non c’è poi molta differenza.

3 Idea sbagliata di fare successo

Questa motivazione può essere valida per tutta una categoria di programmi. Lungi dal demonizzare i reality, che spesso ci alleggeriscono una giornata pesante strappandoci un sorriso. Ma il messaggio che passa può essere travisato, soprattutto dai più giovani. Raggiungere la popolarità è sempre più facile, ma allo stesso tempo sempre più effimera. Se si vuole entrare a far parte del mondo dello spettacolo sono necessari studio e talento, la fama non può essere un fine ultimo, semmai deve essere un effetto collaterale delle proprie capacità. Credere che partecipare ad un reality sia un punto di arrivo è deleterio per una carriera e spesso provoca delle difficoltà nella gestione della popolarità, ma soprattutto nel mantenere su di sé i riflettori. Una volta finito il polverone sarebbe opportuno ricordarsi che senza sostanza si finirà presto nel dimenticatoio e ciò che si ottiene facilmente non si mantiene con la stessa facilità, l’impegno e la dedizione sono e resteranno sempre la chiave del vero successo. 

Il tempo delle sfide: Gianmarco Saurino

Lo hanno definito l’astro nascente della fiction. Un appellativo più che meritato e confermato dai ruoli di Massimo, protagonista in ‘Non dirlo al mo capo 2’ con Vanessa Incontrada e dall’attuale impegno nella parte di Nico sempre da protagonista in ‘Che Dio ci aiuti’ arrivato alla quinta stagione con Elena Sofia Ricci e che uscirà in televisione nel gennaio 2019. Ma per Gianmarco Saurino, classe 1992, segno della Bilancia, nato a Foggia ma romano d’adozione, la recitazione, senza nulla togliere alla televisione che gli ha dato la popolarità davanti al grande pubblico, è soprattutto teatro con una compagnia di drammaturgia contemporanea fondata con un amico. Irrequieto e romantico, Saurino è un vero ciclone sempre alla ricerca di nuovi stimoli. Noi di Manintown ve lo raccontiamo.

Quali sono i principali progetti di lavoro su cui sei concentrato al momento e nell’immediato futuro? Attualmente accanto alla fiction televisiva sto portando avanti un impegno in campo teatrale, ho recitato moltissimo, soprattutto ruoli classici calcando diversi palcoscenici specialmente italiani. Ora con la mia compagnia abbiamo rivisitato il mito di Orfeo ed Euridice in chiave contemporanea facendone una pièce interessante che debutterà il prossimo anno a Catanzaro e a Castrovillari in Umbria per poi partire in tournée.

Aspirazioni nella carriera e nella vita personale? Il mio sogno nel cassetto è il cinema, adoro il lavoro di Matteo Garrone e mi piacerebbe davvero tanto lavorare con lui. Nella mia vita personale cerco di diventare un essere umano migliore: per questo mi sono iscritto alla Facoltà di Psicologia che seguirò con interesse, forse influenzato dalla mamma che si è laureata in questa branca di studi ma purtroppo non ha mai esercitato. La psicologia è affine al mio lavoro e può farmi crescere e aiutarmi a migliorare. Per il resto essendo perennemente insoddisfatto cerco stabilità nella coppia: sono felicemente fidanzato da due anni.

Come sei caratterialmente e come ti definiresti in poche parole? La mia inesausta ricerca di nuovi stimoli mi porta nel bene e nel male a cercare la versione migliore di me. Sono ambizioso, stakanovista e sensibile.

L’esperienza più esaltante della tua vita? Recitare a teatro in un monologo tratto da Victor Hugo e intitolato “Ultimo giorno di un condannato a morte”, un lavoro teatrale impegnativo, profondo e challenging, perché amo le sfide. L’opera tornerà a Roma a febbraio del 2019.

Passioni maschili: amo le moto, ho una Triumph nera ‘ereditata’ da mio padre e pratico vari sport: lancio col paracadute, CrossFit, pallavolo, nuoto.

Un capo must del guardaroba: gli stivali anfibi Cult neri tipicamente anni’80, sono belli e comodi e mi definiscono.

Un luogo fisico e dell’anima: luogo fisico: il Gargano. Luogo dell’anima: qualunque luogo, un divano in inverno e un parco sotto un albero d’estate dove posso rifugiarmi a leggere.

 

Photography: Davide Musto

Stylist Andreas Mercante

Ass. Photographer Hike Mad

Grooming Belli Simone Academy 

 

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Sergio Melone, un personaggio dai diversi talenti

Personaggio poliedrico, attore, cantante e ballerino, Sergio Melone racconta il suo percorso, dei suoi sogni (realizzati) e di quelli nel cassetto su cui sta lavorando. Lo raccontiamo nell’intervista e nell’editoriale scattato da Davide Musto a Roma.


Come sei arrivato a Maggie & Bianca?
La danza è stata la mia prima passione. Ho studiato in Puglia fino a sedici anni per poi arrivare a Roma, dove avevo superato il provino di ammissione all’Opera di Roma.  Dopo essermi trasferito a Roma ho capito che la passione per la musica stava trovando un posto d’onore nella mia vita e quindi, dopo le prime lezioni di danza ho iniziato a prendere lezioni di canto e pianoforte. La recitazione è stata una conseguenza naturale di tutto questo. Non essere riuscito a superare l’esame finale all’Opera mi aveva posto a fronteggiare la domanda su chi volessi veramente essere. La risposta però arrivò anche troppo facilmente. MI ero reso conto che nel musical potevo cantare e ballare e inevitabilmente avere anche un’attitudine al teatro di prosa. Così, frequentando la Da.Re.C Academy di Gino Landi e grazie a corsi di perfezionamento negli Stati Uniti è iniziata la mia avventura.

Justin Timberlake, Ryan Gosling, Britney Spears, Christina Aguilera e Miley Cyrus, sono alcune star che hanno iniziato sui canali per i più giovani. Cosa andrebbe migliorato in Italia per avere, almeno in patria, la stessa popolarità?
Penso sia impossibile, ma d’altronde siamo italiani e noi adoriamo le cose impossibili. Tutti questi attori e cantanti sono da sempre una mia fonte d’ispirazione. Nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America canali come Disney Channel o Nickelodeon, producono molte più serie tv dedicati al mondo dei ragazzi e le più importanti etichette discografiche ne hanno capito il potenziale. In Italia siamo ancora indietro da questo punto di vista e forse c’è ancora poco talent scouting. Qui da noi i talent hanno la meglio e sono quasi diventati una schiavitù, ma a mio avviso sono prodotti fini a sé stessi e raramente portano veramente alla consacrazione di veri talenti.

Grazie a Maggie & Bianca avete girato il mondo in tour e inciso album, come ci si sente ad avere fan che vi acclamano come vere Rock Star?
Essere riconosciuti e apprezzati è una sensazione meravigliosa. Non riesco ancora ad abituarmici, ma credo che sia il giusto premio dopo tutti questi anni di studio e fatica e di tempo trascorso lontano dalla mia famiglia per coronare il mio sogno. Mi piace essere in contatto con i miei fan e spesso quindi mi collego in direct sui social per rispondere a tutte le loro domande. D’altronde come potrei non farlo? Solo loro che creano le fan page e si informano su qualsiasi cosa io abbia fatto in passato, cercano (e trovano) mie foto letteralmente introvabili. Sono qui anche grazie a loro.

Come ti spieghi il nuovo fenomeno teen movie da Rai Gulp a Disney Channel?
Tutto ha avuto inizio negli Stati Uniti  grazie al Disney Channel e all’impiego di molti bambini di talento che facevano parte del Mickey Mouse Club. Poi sono arrivate le prime serie che hanno incoronato i primi talenti diventati dei fenomeni commerciali di assoluto rilievo come Hilary Duff e Miley Cyrus. Il fenomeno è approdato in tutta Europa e anche la Rai ha deciso da qualche tempo di creare un canale dedicato ai più gioveni, Rai Gulp appunto. Maggie & Bianca Fashion Friends è la prima serie teen italiana marchiata Rainbow, che è lo stesso produttore delle Winx e Rai Gulp.

Qual è la parte che Sergio vorrebbe interpretare per farsi conoscere dal grande pubblico?
Un ruolo drammatico, perché vorrei che la gente vedesse la mia poliedricità nel recitare. Sento la necessità di confrontarmi con un ruolo più maturo e adulto ed evitare di essere riconosciuto solo per il ruolo del bello ma scemo in Maggie & Bianca.

Vita in Italia o all’estero?
Tutti quelli della mia generazione sognano l’Estero. Non si sa perché, ma fuori dai confini tutto sembra migliore, più facile. I miei impegni lavorativi al momento non me l’ho permettono, ma c’è un detto che dice :”if your dreams don’t scare you, they aren’t big enough”.

Forse dovrei iniziare a crederci. Bisogna puntare alla luna per arrivare alle stelle no?


Se dovessi scegliere tra danza e cinema, chi tra Roberto Bolle e Luca Guadagnino?
Roberto Guadagnino (ride). Non potrei mai scegliere tra danza, musica e cinema, non c’è una cosa che preferisco meno delle altre, sono tutte allo stesso livello e tutte mi realizzano e sono la mia grande passione. Forse un film sulla danza o sulla musica aiuterebbe a unire i diversi campi in uno.

Qual è il tuo rapporto con i social? Quanto tempo trascorri con il tuo smartphone?
Il mio rapporto con i social è decisamente contrastante. Li amo e li odio allo stesso tempo. Viviamo costantemente con l’ansia di essere presenti in quel canale o nell’altro. Vogliamo fare apparire le nostre vite sempre al top e far apparire noi stessi come, purtroppo spesso, non siamo. In più c’è la febbre dei follower. Tutti a preoccuparsi dei numeri. Quenti follower o quanti like e tutto questo, a mio avviso, ci sta rendendo schiavi. Forse sarò un po’ old school, ma preferisco artisti che quando stanno male, prendono una chitarra e scrivono una canzone. D’altro canto, trovo i social una buona piattaforma dove ognuno di noi può avere una voce e, dove, ognuno di noi può esprimere la propria creatività senza essere un numero.

Cosa ti vedi a fare da grande?
Spero ancora di fare questo mestiere, anche se è veramente tanto difficile. Sono pienamente convinto che non smetterò mai di avere queste passioni, anche se non dovessero diventare il mestiere che mi darà da mangiare.  

Cosa non manca mai nella tua valigia quando viaggi?
Il mio stile lo definirei molto “geek chic style”, perciò nella mia valigia non mancano mai le magliette dei band anni ’80 o ’90 o t-shirt con frasi tratte da telefilm o da canzoni famose, personaggi di cartoni animati, supereroi oppure con i loghi dei grandi brand commerciali come Pepsi o Coca-Cola. Sono un grande amante del vintage perciò, giro sempre con la Polaroid formato Wide! E’ il mio tesoro più grande.

Photography: Davide Musto
Total look: David Naman


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Donne al top: da Cinecittà a Hollywood. Passando per la TV.

Questa volta guardiamo chi, tra le attrici italiane, ha raggiunto la consacrazione oltreoceano (e quindi ha firmato i contratti più redditizi) e chi sono le conduttrici che hanno più successo nei nostri palinsesti. La regina indiscussa è Monica Bellucci: la madrina del Festival di Cannes 2017 fa parte del cast della terza stagione di Twin Peaks, la serie attesa da 25 anni, inoltre lo scorso anno ha fatto parte del serial Mozart in the jungle, senza contare che ha recitato in due capitoli della trilogia di Matrix (Reloaded e Revolution). Negli anni 2000, è stata musa di Spike Lee, ed era suo il ruolo della regina in I fratelli Grimm e l’incantevole strega, al fianco di attori del calibro di Matt Damon e del compianto Heath Ledger.

Tra le attrici italiane, che hanno sfondato a livello internazionale, ricordiamo Ornella Muti, Claudia Cardinale e Giovanna Mezzogiorno, ma la giovane Alessandra Mastronardi si sta dando da fare per crearsi una carriera che non sia solo italiana. Napoletana, classe 1986, è famosa soprattutto per essere stata Eva nella fiction, I Cesaroni, con il tempo, però, si è pian piano allontanata dalle produzioni made in Italy. Prima la parte in To Rome with love, di Woody Allen, poi in Life, di Anton Corbijn, infine il ruolo di Francesca in Master of None, web serie di Netflix. Come se non bastasse è anche ambasciatrice Chanel. Anche se, con Karl Lagerfeld dice lei, ha un rapporto di grande soggezione e gli parla pochissimo.

Altra attrice che di recente abbiamo visto sul grande schermo in produzioni hollywoodiane, è Claudia Gerini che, assieme a Riccardo Scamarcio, ha avuto una parte in John Wick 2, al fianco di Keanu Reeves e di Lawrence Fishburne, entrambi protagonisti in Matrix. Insomma, mica i primi due incontrati per strada.

Rimanendo nel nostro Paese, Ambra Angiolini è nel suo periodo d’oro. Oltre ad aver recitato in molti film negli ultimi anni (ha esordito relativamente tardi, nel 2007 in Saturno contro) l’ormai “ex ragazza” di Non è la Rai ha trovato la quadratura del cerchio. Giudice saggio nel serale di Amici di Maria De Filippi – record di ascolti del sabato sera – tiene una media di due (anche tre) film all’anno. Questa primavera l’abbiamo vista al cinema in La verità, vi spiego, sull’amore, e a breve la vedremo nel film per la tv, Il fulgore di Dony, diretto da Pupi Avati.

In Italia, però, è il piccolo schermo a fare da padrone, non il cinema, dove purtroppo si va sempre meno. Ne è la prova la battaglia che nasce ogni volta che si deve discutere o rinnovare un contratto dei divi della “prima serata”. Ma anche del “pomeridiano”, a ben vedere. Una delle regine dello share è Maria De Filippi, che nella seconda settimana di febbraio abbiamo visto praticamente dappertutto. Di pomeriggio, nel salotto di Uomini & Donne, poi ad Amici e infine la sera, all’Ariston, per condurre in coppia con Carlo Conti il Festival della canzone italiana. Con uno share del 50,7%, è stata la kermesse canora più seguita dal 2006 a oggi. Oltre al potere in termini di share, la De Filippi ha anche una società di produzione, la Fascino PGT, in comproprietà con la RTI, del gruppo Mediaset. Un doppio potere per un doppio guadagno, in termini monetari. Altra donna dello spettacolo che è nome di punta in casa del “biscione” è sicuramente Barbara d’Urso. Il suo salotto tv fatto degli ospiti più eterogenei può far storcere qualche naso: insulti, nervi tesi e discussioni dai toni quasi mai pacati, potrebbero sembrare eccessivi e creati ad arte per far alzare vertiginosamente lo share, ma il punto è proprio questo, i dati di ascolto danno ragione alla d’Urso. Quest’anno ha vinto a mani basse la sfida dell’auditel, nella fascia oraria pomeridiana e soprattutto in quella domenicale. Chissà se il prossimo anno verrà creato un format in grado di farle cedere la corona?

Chi, invece, riesce a sbaragliare la concorrenza, di qualsiasi tipo, è Antonella Clerici. Da mezzogiorno in poi, per un’ora e mezza, le attenzioni dei telespettatori sono tutte per lei. Dominio assoluto per la compagna del petroliere Vittorio Garrone, che, con La prova del cuoco, da ormai 17 anni fa incetta di ascolti. L’edizione 2016-2017 si è ormai conclusa, il prossimo anno, però, sono attese novità per il programma di cucina della Rai: che sia un cambio al timone? Anche se ciò avvenisse, la Clerici potrebbe benissimo avere successo in altri format. Lei sa spaziare nei generi, ricordiamo che ha condotto due volte il Festival di Sanremo (2005 e 2010), è stata mattatrice a Ti lascio una canzone, ed è reduce dal programma Standing Ovation. La Clerici sarà impegnata anche la prossima stagione tv in un format musicale?

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Maserati Experience

Cover Paul Smith suit| Calvin Klein Collection shirt | Corneliani Pocket Square

Le persone che parlano poco, spesso, sono quelle che se stimolate, hanno più cose da dire. Ed è proprio in silenzio che avviene questo incontro per un test drive con una macchina unica. Maserati è un simbolo di eleganza e una vettura dalle prestazioni che hanno regalato grandi traguardi sportivi e diverse scariche di adrenalina a tutti i fortunati che hanno avuto modo di affondare l’acceleratore su uno dei gioielli del Tridente più famoso nel mondo.
Dopo essermi sistemato nel rifinito abitacolo che può essere personalizzato negli interni con un’infinità di varianti; stabilisco subito la distanza ottimale dal volante, seguito con grande cura da Domenico Schiattarella, pilota che mi accompagna in questa giornata e che, come la Ghibli 3000 Turbo Diesel da 275 Cv, mi osserva curioso e mi concede tutto il suo estro e talento, aprendo il gas dei ricordi e catapultandoci in un universo fatto di cuore e passioni scanditi da millesimi di secondi.

Appena partiamo, cercando di lasciarci il traffico cittadino alle spalle, mi accorgo di quanto l’impianto frenante sia speciale e capace di rispondere anche alla più lieve sollecitazione. Domenico conferma la mia intuizione. Per una macchina che sfiora i 250 km/h l’impianto frenante richiede uno studio di altissima ingegneria e quello di Maserati beneficia di una tecnica che fonde un disco in ghisa e acciaio che anche se sollecitato, non si surriscalda. Provo ad aprire un poco il gas con la scusa di familiarizzare con il cambio sequenziale al volante e mentre la turbina entra in azione appagando le orecchie con un rombo intenso ma ancora aggraziato, mentre la forza ci spinge un pochino contro i sedili. Domenico che nel frattempo è diventato Mimmo, lascia cadere una notizia per lui ovvia: i motori Maserati vengono assemblati nello stesso stabilimento di Maranello, proprio dove scalpitano i cilindri del marchio col cavallino. È a quel punto che rimpiango di non esserci diretti verso Monza e con la complicità di Mimmo, provare a fare un salto direttamente in pista.

A questo punto lo spirito della silenziosa ma sorprendete Maserati è venuto fuori, come la persona timida con cui si è rotto il ghiaccio. Ma ora non mi basta, e vorrei sapere fino a che punto può arrivare. Sulla strada del ritorno, invece di seguire l’itinerario prestabilito, mi dirigo verso un cartello verde che ho adocchiato in lontananza. Mimmo, con lo sguardo del pilota navigato, ha già compreso il lampo che mi attraversa gli occhi ogni volta che riesco a far salire di giri il motore, e prima di far scivolare lo sguardo complice fuori dal finestrino mi promette di ritrovarci presto in pista. Inizio timidamente in prima corsia ma poi, ricordandomi che il ghiaccio lo avevamo già rotto, premo il tasto che attiva la modalità sportiva e voliamo in terza corsia sognando, che questo fondo scala, non abbia mai fine.

Ernesto D’Argenio – attore Italiano

Dopo essersi diplomato nel 2013 alla scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté, esordisce nel cinema con Ettore Scola in “Che strano chiamarsi Federico” presentato al Festival del Cinema di Venezia. Nel 2014 debutta in tv con la serie Squadra Antimafia, mentre nel 2015 sulla RAI nella fiction “Grand Hotel”. Tra i lavori in uscita nel 2016 il film “Le confessioni” di Roberto Andò con protagonisti Daniel Auteuil e Toni Servillo, mentre per il piccolo schermo sarà presente nella miniserie di Rai1 “Di padre in figlia” diretta da Riccardo Milani.

Photo | Francesco Bertola
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Grooming | Marco Minunno@wmmanagement
Photo Assistant | Simona Bolchini

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