Collezionisti di vita

A fine ottobre Finarte batterà all’asta una collezione unica di Barolo Borgogno: vini al posto di opere d’arte, perché la storia non passa solo attraverso quadri o libri, segue anche la strada del nettare di Bacco. Vini battuti all’asta alla stregua di tele d’autore, cantine come biblioteche antiche, fondi d’investimento che annoverano nel loro portafoglio storiche aziende del settore. Spesso è più facile capire un collezionista d’arte che uno di vini, perché godere di un cru significa vivere un’esperienza sensoriale che passa per la sua degustazione. Il vino va consumato, e quella sarà l’unica volta in cui la specifica opera d’arte verrà resa fruibile, goduta veramente da qualcuno.

vigneti Montepulciano
Carpineto, i vigneti di Montepulciano

L’archivio di Carpineto, sancta sanctorum colmo di annate storiche, dal Brunello al Supertuscan

In Toscana e Trentino si trovano due cantine che non custodiscono solo bottiglie, ma la filosofia di chi le cura. Uno, Antonio Michael Zaccheo, si definisce un vinaio, l’altro, Michil Costa, un oste; in realtà sono due collezionisti di vita. E di vino. L’archivio enoico di Carpineto costituisce un compendio storico che non è solo una summa del passato né un “magazzino”, ma un’opportunità, un servizio per chi vuole godere di proposte privilegiate. Una cantina tra le più fornite, con un gran numero di annate storiche, comprendente Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano, Brunello, Supertuscan. Fondata nel 1967, la Carpineto è tra le top 100 di Wine Spectator. Tra i clienti che amano sorseggiare le loro specialità Bill Gates e Céline Dion. L’idea di realizzare un archivio – che conta circa 100mila bottiglie – venne ai fondatori, Giovanni Carlo Sacchet e Antonio Mario Zaccheo. Iniziarono conservando le annate più prestigiose, nonché quelle più premiate («male che va – si dissero – ce le beviamo noi»).

Supertuscan vini
I tre Supertuscan dell’archivio di Carpineto

“Il vino è una capsula del tempo vivente”

È ancora questo lo spirito che anima la seconda generazione, con Antonio Michael Zaccheo in testa, che gira il mondo per incontrare buyer e fare degustazioni, ma poi ha bisogno di tornare a casa, tra i suoi appodiati. «La particolarità del nostro archivio è quella di non avere vini di un solo produttore o di una sola denominazione, ma di spaziare in tutto il panorama toscano delle denominazioni storiche. Contiene capsule del tempo toscane. Perché il vino è una capsula del tempo vivente e i vini, per la Carpineto, non saranno mai pezzi da museo. Oggi si parla tanto di collezionismo, ci sono fondi di investimento che si occupano di etichette prestigiose, ma il nostro obiettivo non è mai stato quello. Quando Sacchet e mio padre dissero “male che va ce le beviamo”, lo fecero perché il vino, per loro, andava bevuto. Con grande piacere e amore».

Il vino, dice Zaccheo, “è cultura”

«Le bottiglie – prosegue – rappresentano la nostra storia. Alcune sono particolari, tipo la prima bottiglia di classico riserva del 1967. Il vino è vivo, ha un inizio e una fine. E c’è un tempo giusto per berlo. Se non si beve, muore senza gloria. Una bottiglia di quelle speciali, importanti, si accompagna alle persone giuste, al piatto giusto. In alcuni casi ho bevuto cuvée talmente pregiate che ne ho conservato le bottiglie nella mia collezione privata, perché mi ricordano l’emozione che ho provato nel bere il vino che contenevano». Molti clienti hanno la passione del vino, altri lo vedono più come uno status symbol, «come quella volta in Cina, con un magnate di Pechino. Mi ha invitato a bere uno Chateau particolarmente costoso, ma nei calici veniva grattato tartufo. Un vino da migliaia di dollari a bottiglia col tartufo dentro. Il vino è cultura. Poi c’è chi pensa che mettendo una cosa buona una dentro l’altra, si ottenga un prodotto ancora più buono. Purtroppo per alcuni è davvero solo uno status symbol».

Mahatma hotel La Perla
Mahatma wine cellar (ph. ©Gustav Willeit)

Mahatma, il mausoleo (oltre 27mila bottiglie) dell’Hotel La Perla

Un altro modo di collezionare è quello di Michil Costa. Nel suo Hotel La Perla, a Corvara in Badia, si nasconde un gioiello ancora più prezioso, un hotel che non ha clienti, ma ospiti, e possiede una grande anima: Mahatma, cantina che contiene un mausoleo. Perché anche il vino fa parte della sua Heimat. «Heimat è un concetto molto intimo che va al di là del concetto di patria. Non esiste una traduzione. È una sensazione, un modus vivendi, un senso di appartenenza. Qualcosa di estremamente personale, che coinvolge tutto ciò che ci circonda: luoghi, persone, modi di vivere». E, perché no, anche il vino, in una cantina che supera le 27mila bottiglie e contiene un labirinto, una via verso la conoscenza. Quello del La Perla è dedicato al Sassicaia, con tanto di cripta centrale dove è custodita la storica bottiglia del 1969 della tenuta San Guido.

Mahatma Corvara
Mahatma wine cellar (ph. ©Debora Dellosto)

“Per me il vino è vita. Si evolve, non è una cosa statica”

«È un gioco da grande appassionato di vini, da persona che è sempre andata alla ricerca dell’estrema qualità, e come qualità non intendo solo quella olfatto-gustativa, ma del vivere la vita. In quel labirinto bisogna districarsi e alla fine si arriva alla perfezione, cioè la prima bottiglia di Sassicaia. Prodotta per la geniale intuizione del Marchese Incisa della Rocchetta. Il suo posto, centrale, non le spetta solo per la qualità, ma per lo spirito di ricerca e per il coraggio di fare il vino dove nessun altro aveva mai osato prima. Per la capacità di inventarsi una cosa nuova, come Andy Warhol con la pop art e Arnold Schönberg con la musica dodecafonica tonale. Dopo sono capaci tutti. Percorrere delle vie che nessuno ha percorso prima di te: questa è la genialità di alcuni uomini». «Mahatma è il nome che ho dato alla mia cantina. È la grande anima dell’universo, ma richiama anche Gandhi, la “grande anima” – appunto – di questo piccolo, immenso uomo che, con azioni gentili e però molto determinato, riusciva a convogliare le masse verso una strada fatta di verità e bellezza. Puoi avere una grande anima anche se hai una voce flebile, se sei una persona minuta, e riesci comunque a cambiare il mondo. Nella mia cantina ho voluto unire le mie passioni, vino e musica. Perché per me il vino è vita. Si evolve, non è una cosa statica. C’è in esso il lavoro dell’uomo, la creatività, l’arte. C’è il contatto con la terra. Quello che mi lega al vino è un rapporto intimo».

Hotel La Perla cantina
Mahatma wine cellar (ph. ©Gustav Willeit)

Hotel La Perla Mahatma
Mahatma wine cellar (ph. ©Gustav Willeit)

Nell’immagine in apertura, Mahatma, la wine cellar dell’Hotel La Perla, a Corvara in Badia (ph. ©Debora Dellosto)

FacebookLinkedInTwitterPinterest

© Riproduzione riservata