5 terroirs italiane tra vini, mari, laghi

Ci sono posti, le cui terre, ben delimitate dalle regole della natura, spinte dal proprio humus, danno vita a prodotti di cui il vino, oggi più che mai, ne è l’assoluto protagonista: il terroir. 

Tale termine, il cui significato si arricchisce sempre più, non tocca semplicemente le connotazioni climatiche che insistono su certe porzioni di territorio o la tipologia di terra su cui si poggia il vigneto, ma coinvolge l’aspetto umano inteso come storia, cultura e tradizione. 

Qui una interessante ed agile guida che tocca la nostra penisola in ogni suo punto cardinale, suggerita da Andrea Frizzarin noto Food e Beverage Manager esperto in territorio ed enogastronomia. 



LIGURIA

Questa meravigliosa striscia di terra racchiusa tra l’Appennino e il mare, costellata da monti e colline, offre una grande varietà di sapori conservando le tradizioni nel vino. Quando si parla di Liguria non ci si può esimere dal dare attenzione particolare al Rosato ‘Mea Rosa’ della cantina Lunae, un rosato appunto la cui originalità è data dal fatto che è ottenuto da Uve Vermentino Nero, vitigno ormai quasi dimenticato e che, vinificato in rosato, conferisce al vino una sorprendente freschezza. Il colore, peculiare quanto il sapore, è dato dalla macerazione a freddo sulle bucce per circa quattro ore. La città di Luni, ultimo lembo di terra prima della Toscana, è avvolta ancora oggi dalla sua storia, infatti in antichità è stato un importante scalo di diverse culture che trovano espressione, ai giorni nostri, attraverso la presenza di varietà autoctone tipicamente territoriali.

TRENTINO ALTO ADIGE – LAGO DI LEVICO

Il lago di Levico risuona spettacolari suggestioni per coloro che amano trascorrere del tempo in un’atmosfera dolce e misteriosa allo stesso tempo, una perla turchese situata in Trentino Alto Adige. Probabilmente è sufficiente udire il nome della regione per avere la garanzia dei prodotti dei quali ne è la madre; lo spumante TrentoDoc è il fiore all’occhiello di queste zone, prodotte con sole uve trentine coccolate attraverso una vendemmia che viene fatta a mano seguita dal processo di cantina, tramandato da generazione in generazione. Il vino degno di nota per il suo speciale affinamento è il Lagorai TrentoDoc Riserva della Cantina Romanese, infatti ogni singola bottiglia affina per quasi due anni nei fondali del Lago di Levico dove acquista un parlage unico e un’evoluzione aromatica molto particolare. 

UMBRIA – LAGO DI CORBARA 

Da un lago ad un altro, scendendo nel nostro stivale, incontriamo un posto che richiede la lentezza dell’attento osservatore per immergerci in un posto che sembra non avere tempo, come la meravigliosa Umbria, che negli ultimi decenni ha avuto un grande sviluppo che l’ha portata ad essere una vera oasi di interessi culturali e non solo. Protagonista di questa evoluzione è stato anche il Lago di Corbara all’interno del quale si gettano le acque del fiume Tevere, ammorbidito da una serie di trasformazioni ambientali divenendo cosi un bellissimo ecosistema, con incantate aree protette come il Parco Fluviale del Tevere. Figlia di questa terra è la cantina Barberani, e i suoi vitigni che dominano il Lago, qui la vendemmia ha un ritmo lento capace di ascoltare la terra e il suo inconfondibile clima. Si dice che qui il vino sia un’identità senza compromessi. Il vino simbolo, per il nome e per la storia che porta con sè, è l’Orvieto Classico Superiore Luigi e Giovanna 2012 che ha un colore dorato intenso, dai forti profumi fruttati che avvolge fin dal primo impatto con il calice. 



PUGLIA – TRA BARI E TARANTO 

Si puntasse il dito ad occhi chiusi sulla cartina di questa regione, e lo si facesse per più volte, si noterebbe con facilità che ogni posto indicato è un vero e proprio paradiso; la Puglia è sicuramente tra i posti più desiderati del nostro Bel Paese, e la Valle d’Itria, tra Bari, Brindisi e Taranto è un punto nevralgico che permette di vedere i vari abiti che questa regione sa indossare. Proprio qui gli amanti del vino incontrano La Verdeca, vitigno che deve il suo nome al colore verdolino delle bacche, i suoi vini offrono una gamma olfattiva che va dal campo di fiori, agli agrumi fino a frutti esotici come l’ananas. Tra i più noti vi è il Curtirussi Verdeca della cantina Mocavero, grandi esportatori di questo gioiello vinicolo dal sapore fresco e leggero ma dotato anche di una certa persistenza. 

CALABRIA – COSTA IONICA 

“L’amuri è come l’acqua: in calata va in chianata no”, l’amore è come l’acqua: va in discesa ma non in salita. Spesso ci si appella ai proverbiali detti per dare l’idea della cultura popolare di una terra e, assieme a molti altri, questo spiega la specialità di un popolo ricco di umanità e tradizioni storiche che sono il quid in più di uno dei posti più belli al mondo. Calabria e vino sono un binomio assicurato soprattutto se si considera l’eccellenza di uno dei vitigni più importanti della regione: il Gaglioppo, un vitigno a bacca nera autoctono diffusosi prevalentemente nelle zone costiere, esso è la varietà più diffusa in Calabria che troviamo in tutti i vini rossi il più significativo dei quali è il Cirò rosso. Il clima calabrese caldo e secco, la particolarità del terreno arido rappresentano le condizioni necessarie per la produzione di questo vino che ha una maturazione precoce e di elevata resistenza. L’amore per questa terra ha fatto germogliare la Cantina Ceraudo, che accoglie coloro i quali valicano la soglia di Contrada Dattilo con la scritta ‘Felice è colui che fa felici gli altri’, frase che va oltre la passione per il vino e che stringe tutti a una riflessione comune su un qualcosa che non solo si beve ma che semplicemente si vive. 



After life: la commedia nera di Ricky Gervais

Non fermatevi alle parole che leggete nelle sinossi, non abbiate paura di guardare.

After life, la serie tv targata Netflix, scritta diretta e interpretata da Ricky Gervais è la storia di un uomo che vive il lutto dovuto alla scomparsa della moglie morta di cancro; qui, l’ossimoro sembra essere dietro l’angolo perché vi accorgerete che si ride, eccome.

Per chi non conoscesse Ricky Gervais è sufficiente andare su youtube, godersi l’ultimo discorso fatto ai Golden Globe che ha presentato per ben cinque volte, e rendersi conto che pensare che abbia un approccio non proprio convenzionale è a dir poco eufemistico. 

Il famosissimo comico britannico interpreta Tony, un uomo di mezza età, giornalista del Tambury Gazzette, un giornale gratuito che lui stesso ritiene possa essere usato, nelle migliori delle ipotesi, come fondo delle lettiere per gatti, manifestando fin dalle prime battute, con frasi come questa, una repulsione verso qualsiasi essere umano che entri in rapporto con lui.

Il protagonista si fa carico di un’infelicità che non conosce consolazione ed è questa la base sulla quale lo spettatore interagisce con Tony al punto che sembra quasi affiancarlo nei ripetuti e successivi tentativi di risalita emotiva. Le puntate sono scandite da atti minimi di una quotidianità consumata da questo personaggio burbero quanto consapevole costretto a passare il tempo nella speranza che arrivi presto a fine giornata.

After life è una dramedy dal retrogusto tipicamento british, che palesa un punto di contatto tra sarcasmo e asprezza senza impedire che il tutto si affacci ad una forte umanità. La cornice di questo successo è l’ambientazione in una piccola cittadina che conferisce quel piacevole gusto di routine, oltre che i numerosi personaggi che affiancano Tony, bizzarri ed eccentrici, tanto da ricordare la citazione fatta nel corso di una puntata da una protagonista la quale afferma che a volte è come essere nel film ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’.

Ricky Gervais riesce, inoltre, nella impresa di descrivere l’amore sotto una luce completamente diversa, attraverso una visione a cui non siamo abituati, partendo da una posizione prospettica inusuale e lontana per raccontare una relazione: l’assenza.

Dopo le prime due stagioni è ufficiale l’uscita della terza, non prima però del 2021, ed è notizia di pochi giorni fa la concreta possibilità che Gervais si sieda ad un tavolo con i vertici di Netflix per discutere di una probabile puntata speciale di Natale. 

I grandi brand diventano i nuovi direttori d’orchestra del mondo digitale

Moda e musica è lo spettacolare binomio al quale i divertiti spettatori del mondo digitale stanno assistendo. Alcuni dei più famosi e conosciuti brand hanno scelto una via di comunicazione alternativa e sorprendente, e quale mezzo migliore se non la musica per veicolare emozioni, idee e ridestare sentimenti sopiti dall’ambiente domestico. La moda approda su Spotify, la piattaforma musicale entrata a far parte della nostra vita e che ora, è teatro di playlist e poadcast che colgono nel segno; le fashion house sono la cassa di risonanza di evergreen e grandi classici della musica, per intrattenere, condividere e riportare con la mente ai set di quelle sfilate che per la prima volta, il prossimo giugno, non andranno in onda. Da Philosofy di Lorenzo SerafiniBottega VenetaMonclerBurberryPrada, Msgm e Gucci, i big della moda prendono per braccio gli utenti e li accompagnano in un percorso musicale personale che evidenzia i tratti distintivi del proprio marchio. ­

Moncler presenta una serie di playlist che hanno la particolarità di essere curate dai designer della serie Moncler genius, fin’ora le prime quattro uscite vedono come protagonisti personaggi come Matthew Williams, Hiroshi Fujiwara e Craig Green; si passa dai Joy Division ai pezzi più cool di Post Malone per poi tornare a sognare con la voce di Frank Ocean. Bottega Veneta ci intrattiene settimanalmente con una playlist aggiornata dal titolo #BottegaResidency, una selezione di brani senza tempo, originali e in puro stile Daniel Lee

John Gosling, creatore della musica degli show di Alexander McQueen, crea una raccolta per celebrare gli oltre vent’anni di carriera chiamata #McQueenMusic.

Prada ha scelto di condividere varie playlist divise per stagioni, una femminile e una maschile dal gusto vintage e un’altra più vivace che richiama la capitale francese #PradamodeParis.

Gucci ci stupisce ancora una volta, infatti propone svariate playlist ispirate alla fragranza del suo profumo ‘Mèmoire d’une Odeur’ e alla playlist ‘Chilling with Massimo Bottura’, rinomato chef delle Gucci Osterie: le raccolte suonano i più grandi successi dagli anni ‘70 fino ai primi anni 2000. Interessante notare come siano soprattutto le maison italiane a scommettere su questa nuova via di comunicazione, ora non vi resta che scegliere la vostra playlist preferita, chiudere gli occhi e sfilare ovunque voi siate. 

Gli attori si riuniscono: alziamo la voce

Ci sono molti lavoratori, uomini e donne, che vivono numerose difficoltà dovute, come è noto, alla chiusura forzata durata ormai quasi due mesi e mezzo, e proprio in tale contesto, certe sensazioni di disagio e di isolamento vengono esasperate al punto che, spesso, capita che si crei un bivio che ti pone di fronte a due strade: la via dell’arresa o la via della lotta animata dalla propria passione, rinvigorita da quell’elemento dal quale non si può prescindere, la condivisione come forza comune. È questa la strada intrapresa da ‘Attrici e Attori Uniti’, una comunità di lavoratrici e lavoratori professionisti dello spettacolo in tutte le sue declinazioni che si riconoscono nella cultura etica del lavoro, nei suoi oneri e onori, nei suoi doveri e nei suoi diritti. Ad oggi conta più di 2000 membri. Essa agisce attraverso un confronto costante che è il fattore determinante di disparati tavoli di lavoro (comunicazione, azione, normative) che vedono fiorire tematiche importanti destinate ad uno spazio aperto in modo da poter cogliere delle proposte necessarie e concrete; il loro comunicato, rivolto al ministero, è espressione della volontà di non arrendersi, di affermare i diritti che vedono negati e di creare un movimento che ponga le basi per l’affermazione di tutele che non ci sono da troppo tempo.

Vedere con gli occhi della realtà la figura di chi ha la capacità di strapparci emozioni da sopra un palco appare cosa non semplice, infatti capita sovente di sottovalutare la vera dimensione all’interno della quale si muove l’attore. È doveroso andare oltre il palco, lo è per tutti noi, ma lo è ancor di più per chi ricopre un titolo politico, che ha, proprio nel termine della propria professione (politica), il significato di città, luogo di molti. Chi fa parte del mondo dello spettacolo vive di un’abnegazione quotidiana, continua che include uno sforzo psicologico e fisico estenuante, vi è una durezza riposta, dissimulata felicemente dalla gioia di fare della propria passione un mestiere.

Ci sono più di 10000 persone dello spettacolo che chiedono di istituire un dialogo con il governo, una maggiore vicinanza rispetto al contingente e difficile momento, ma soprattutto rispetto al futuro del sistema culturale del paese; una maggiore sensibilizzazione e presa di coscienza delle assenze di tutele porterebbe all’adozione di provvedimenti di sostegno emergenziale che, se in vigore, avrebbero evitato una serie di illeciti intercorsi da parte delle imprese per i quali ‘Attrici e attori uniti’ chiedono l’attivazione di un Osservatorio Nazionale. L’unione, si sa, fa la forza, e compatti la comunità chiede che si accendano i riflettori sui criteri di assegnazione di finanziamenti straordinari, con l’obbligo di onorare i contratti interrotti; non devono mancare, sottolineano, le garanzie sul versamento dei contributi e un sistema che si opponga totalmente a situazioni di sfruttamento che incredibilmente ancora esistono. 

Lo slancio di tale fenomeno ha posto le basi per l’idea di una campagna, chiamata ‘Tiriamo fuori la voce’, che ha l’intento di rinforzare le ambizioni culturali e artistiche e che, ora più che mai, necessita di un corpo normativo che valorizzi le loro prospettive. La comunità ‘Attrici e attori uniti’ risponde all’iniziativa del MiBACT di partecipare nella sezione ‘La cultura non si ferma’ con contributi e hashtag vari, attraverso la lettura senza voce dell’Infinito, la stessa opera cara al ministero che aveva voluto festeggiare il bicentenario della poesia Leopardiana facendola leggere a 22 cantanti di fama. La lettura senza voce allude chiaramente alla mancanza di voce appunto di cui è sprovvista tale categoria e che ha deciso di unirsi per segnare, con forza e grande impegno, un momento che può rappresentare una grande svolta per l’intero movimento. 

Ogni azione volta a sviluppare un legame con la cultura deve essere rispettata e se tale azione, come in questo caso, da semplice erudizione diventa parte integrante di una propria personalità morale allora merita davvero di essere vissuta. 

European Vampire: il nuovo mondo di Lorenzo Sutto

Il cantante e modello Lorenzo Sutto, e il producer Mark Ceiling hanno portato alla luce del mondo musicale il loro nuovo album European Vampire. La gemma che darà lo slancio a questo nuovo esperimento è Tom Ford, singolo che è stato lanciato il 5 maggio 2020. 

European Vampire è un progetto che trova nella profondità della passione e nella sua conseguente inesorabilità le colonne portanti di questa esperienza, forgiata dalla amicizia tra il cantante e modello Lorenzo Sutto e il producer Mark Ceiling. 

Proprio il cantante, aveva in cantiere questa idea sperimentale da molti anni, nella convinzione che tale progetto, si potesse incanalare più virtuosamente in un contesto segnato dalla fantasie cinematografiche che in una prospettiva musicale.

European Vampire è un coacervo di realtà che sembra non obbedire a nessuna regola precisa, la cui linearità è da scovare brano dopo brano, e così, veniamo toccati dalla personalità di un romantico antagonista simile a qualcuno che abbiamo già incontrato. 

Il vampiro rappresenta l’incarnazione delle forze sotterranee, divoratore di una luce che proietta un mondo corrotto e delirante, questo è EV. Esso perversa con la sua presenza gli evanescenti palcoscenici quotidiani, gli After party di moda, i giochi di potere e il loro piacevole godimento.

Il suo ruolo è di attento spettatore, con lo sguardo di chi ha negli occhi la brama di vivere, che rinasce ogni volta, e che invano cerca di dominare. EV è pervaso dalla consapevolezza delle sue nefandezze, e proprio la riconoscenza di esse, lo eleva fino a diventare uno spirito etereo, immateriale, condotto quasi alla trascendenza. 

Ogni traccia dell’album simboleggia un passo del percorso metaforico che vede coinvolto EV e, quindi, l’evoluzione di un essere che prima è stato traviato dalle leggi dell’immoralità per diventare, poi, lui stesso corruttore e solo alla fine capace di affrancarsi dalle corde della depravazione.

Tom Ford è la prorompente giovinezza che ha sete di potere, escogitando una fervida perfezione, intesa come il più alto senso di partecipazione alla vita: EV è una kermesse musicale che lascia spazio ad una fantasia distopica, costellata da quella frenetica dissolutezza che attira e cattura. Il legame con la moda appare evidente, oltre per l’omaggio dell’omonimo marchio, anche per l’uso della lingua francese che richiama i gli after party parigini. 

Dalle note che risvegliano una vivacità primordiale, accompagnate da un velato tono di malinconia, European Vampire sembra portarti a spasso nel tempo.

“The last dance”, il documentario che tutti aspettavamo

C’è un documentario, del quale si parlava già da molto tempo, che è il protagonista indiscusso dello scenario televisivo mondiale, che ha catturato l’attenzione degli appassionati di basket e non. Stiamo parlando di “The last dance”, distribuito in oltre 190 Paesi e trasmesso, in Italia, dalla piattaforma Netflix.

Il regista, Jason Heir, condizionato dalle esigenze commerciali dipese dalle restrizioni legate al coronavirus, è stato coinvolto in una rapida corsa contro il tempo per poter trasmettere il documentario che non è stato ancora completato e colmare così il vuoto lasciato dall’assenza degli eventi sportivi.

The last dance è uno spettacolo nello spettacolo che racconta, con la voce dei protagonisti, l’epopea sportiva di una squadra diventata un’icona senza tempo, i Chicago Bulls, ed è così che subito prende la scena l’uomo divenuto trascendenza di un’immagine andata ben oltre alle imprese fatte sul parquet di pallacanestro, Michael Jordan, e non poteva che essere lui il protagonista di aneddoti che fanno letteralmente impazzire chi ama lo sport.

La scelta del titolo del documentario è ineluttabilmente legata ad un’espressione usata dalla mente che faceva capo a quel coacervo di personalità così diverse ma complementari tra loro, Phil Jackson, allenatore di quei strepitosi Chicago Bulls, al quale, poco prima dell’inizio della stagione 1997/1998, venne chiesto di recarsi nell’ufficio del General Manager Jerry Krause, il quale gli disse tranchant che quella sarebbe stata l’ultima stagione. La cassa di risonanza della notizia fu forte quanto la consapevolezza che per Jordan e compagni sarebbe stato, appunto, l’ultimo ballo.