Talentuosi e inclusivi, i 4 designer italiani emergenti da conoscere

Sostenere che il futuro della moda italiana sia nelle mani di giovani di talento, alla guida di marchi dalle riconosciute potenzialità con cui, magari, hanno collezionato premi, articoli e apprezzamenti dei buyer, è persino banale. Ciononostante, le nuove leve del fashion system nostrano non hanno esattamente la strada spianata, stretti come sono tra i venerati maestri, per dirla con Arbasino, del made in Italy e la concorrenza agguerritissima della new wave francese, britannica e americana (si pensi a créateur quali Simon Porte Jacquemus, Marine Serre, Grace Wales Bonner, LaQuan Smith).
Da qualche tempo a questa parte, per fortuna, le cose stanno cambiando, istituzioni e griffe d’alto lignaggio supportano fattivamente la meglio gioventù fashionista: in tal senso, oltre all’azione della Camera Nazionale della Moda, è lodevole l’iniziativa di Valentino che, a partire dalle sfilate donna di febbraio, metterà a disposizione di uno stilista emergente l’account Instagram della maison, così da far arrivare la collezione a un’audience di milioni di utenti.

Abbiamo selezionato quattro designer di cui, con ogni probabilità, sentiremo parlare nei mesi e anni a venire; li accomuna un fattore oggi sempre più importante, il rifiuto di categorizzazioni e distinzioni di genere, lo spirito inclusivo, vicino all’etimologia della parola abito che, ricorda la Treccani, «deriva dal latino habĭtus […] un ‘modo (di essere) che si ha’, una ‘disposizione’ ad agire, a comportarsi in un determinato modo», libero da dogmi e convenzioni retrive, aggiungiamo noi.

Alessandro Vigilante



Per Alessandro Vigilante moda e danza sono un binomio inscindibile, la cornice entro cui ricondurre la tensione tra opposti (stasi vs. movimento, tailoring dalla precisione millimetrica vs. fluidità, vestibilità second skin vs. volumi scostati) che è al cuore della sua idea di prêt-à-porter.
Classe 1982, pugliese, cresciuto col mito di Pina Bausch, vestale del Tanztheater, e delle rivoluzionarie coreografie di Merce Cunningham, dopo l’interruzione della carriera da ballerino professionista e il diploma allo Ied, accumula esperienze presso griffe di assoluto prestigio come Dolce&Gabbana, Gucci, Philosophy di Lorenzo Serafini, finché due anni fa capisce di essere pronto per unire i due poli che, da sempre, orientano la sua creatività in un proprio brand.
Già nella prima collezione, Atto I, le dicotomie di cui sopra si trasferiscono in outfit risoluti, grintosi, giustapponendo abiti scultorei che inguainano il fisico («altamente espressivo ed erotico», secondo lo stilista) e overcoat o blazer rubati al guardaroba di lui, spacchi e fessure per mettere in risalto punti nevralgici (soprattutto schiena e décolleté) e pants con la riga, tessuti “convenzionali” (lana, seta, viscosa…) e lattice vegano.
Sono all’insegna dei contrasti anche la riflessione sul “corpo parlante” di Atto I – Talking Body e i look di Atto II – Body Rebirth, presentati nell’ambito della fashion week meneghina dello scorso settembre con una performance ad hoc, ritmata da movimenti sincopati e luci intermittenti, nei quali i codici dello stile maschile e femminile si incontrano, tra intagli maliziosi, silhouette affilate, audaci scollature e giacche relaxed aperte sul retro; modelli rivolti, dichiara Vigilante, intervistato da Tgcom24, «a persone coraggiose, con un punto di vista preciso, indipendentemente dal sesso», visti infatti su personalità ben consapevoli della propria fisicità come Dua Lipa, Bianca Balti, Damiano David.



Andreādamo



Crotonese, 38enne, dopo la trafila negli uffici stile di varie griffe (Elisabetta Franchi, Roberto Cavalli, Zuhair Murad, Dolce&Gabbana) Andrea Adamo decide di debuttare con la sua linea nel luglio 2020, glorificando una sensualità orgogliosa e assertiva, che elegge a materiale principe la maglia a costine, impiegata in bralette, tank top così sparuti da cingere a malapena il torace, gonne a matita, knit dress e altri pezzi bodycon, che scoprono artatamente l’epidermide mediante fenditure, oblò e cut-out, e paiono incastrarsi gli uni negli altri.
L’obiettivo è chiaro fin dalla collezione d’esordio Spring/Summer 2021, dal titolo programmatico Nudo, a rimarcare il carattere intrinsecamente sensuale di capi che mirano – parola del designer – a una «fusione tra pelle e abito», aderendo sinuosamente al corpo, seguendone le curve, modellandosi su di esse grazie alla confezione seamless, priva cioè di cuciture.
Il termine non deve far pensare a una specifica nuance chiara, perché l’abbigliamento Andreādamo, pensato per combinarsi con incarnati di ogni colore, prevede diverse varianti cromatiche del cosiddetto nude (indicate, a scanso di bias, da semplici cifre, ad esempio 01, 02, 03…), semmai alla «nudità intesa come verità, in un’esaltazione delle forme che supera gli stereotipi», come dichiarato recentemente a MFFashion.
Vale anche per la S/S 2022, che guarda al mito di Andromeda raccontato nelle Metamorfosi di Ovidio, incatenata a uno scoglio e salvata da Perseo, come sintesi ideale di femminilità e fragilità, da rendere attraverso superfici a rete, trasparenze e aperture su body, tute, shorts e abitini, rifiniti con pannelli asimmetrici e lacci attorcigliati su busto e fianchi.
Le celebrities (come Kylie Jenner, Vanessa Kirby, Elodie, Vittoria Ceretti) gradiscono, idem retailer di peso a livello internazionale, per alcuni dei quali (Selfridges, Net-a-Porter, Antonia, LuisaViaRoma) sono state concepite speciali capsule collection, cariche di sex appeal, bien sur.



CHB



Nel marchio CHB, lanciato sul finire del 2020, il direttore artistico Christian Boaro condensa elementi teoricamente inconciliabili, vale a dire la meticolosità di lavorazioni prossime alla couture (retaggio degli anni trascorsi al fianco di mostri sacri del fashion come Donatella Versace, Gianfranco Ferré, Domenico Dolce e Stefano Gabbana) e un’energia di chiara matrice street, la squisitezza di duchesse, satin di seta, merletti, trine e altri filati che potrebbero affollare i tavoli di un atelier e l’immediatezza di felpe logate, cappelli da baseball et similia, la severità del nero e la purezza del bianco, la concisione delle forme, asciutte e lineari, e il preziosismo dei dettagli gioiello. Un equilibrio volutamente labile, considerato da Boaro l’unica via per abbracciare l’unicità e individualità di ciascuno, fine ultimo di un creativo del resto sensibile a determinati temi, affrontati indirettamente già nella mostra The Naked Truth, allestita tre anni fa al PlasMA, centinaia di polaroid per «indagare la persona da un altro punto di vista», raccontava allora ad Artribune, ché «tutte le mie ossessioni sono identificabili con la bellezza, in ogni sua forma».

Una bellezza evidentemente senza pretese universalistiche, opinabile, imperfetta, sfumature che si ritrovano nelle mise della S/S 2022, scattate in riva al mare, al tramonto: colpiscono le maglie sezionate da bande verticali in materiali differenti, i fiori rossi che sbocciano su shirt, canotte e tubini dalla mano serica, la sfilza di camicette, maglie smanicate, slip dress e top XXS di pizzo operato, i capispalla extra long, i lampi acidi che intervallano la bicromia black&white; quasi tutti i modelli sono indossabili dalle donne come dagli uomini, senza distinzioni perché, chiariva lui a i-D Italy qualche mese fa, «il messaggio è, semplicemente, di totale libertà».
Non è un caso che pezzi griffati CHB siano stati indossati, tra gli altri, dai Måneskin, fautori di un approccio libertario al dress code, che abbatte tabù e cliché a colpi di look ultraglam.


Ph. by Raffaele Cerulo


Federico Cina



Un ready-to-wear che ripensi gli archetipi della sartoria maschile (completi, camicie, pullover…) tramato di accenti sognanti e sentimentali, ancorato – non solo metaforicamente – alla Romagna: è questa l’essenza della moda di Federico Cina.
27enne, il percorso accademico lo porta al Polimoda, poi in Giappone, quindi una parentesi milanese e la decisione di tornare alla base, nel Cesenate. Nel 2019 l’etichetta eponima approda ad AltaRoma, vincendo il concorso Who is on Next?; da quel momento è un crescendo, l’anno seguente presenta la proposta S/S alla Digital Fashion Week di Milano (in questi giorni debutterà nel calendario ufficiale) ed è tra i semifinalisti del LVMH Prize 2021. A guidarlo, nella realizzazione di collezioni pervase da delicatezza, intimità e dolce malinconia, le memorie d’infanzia di pranzi domenicali imbanditi su tovaglie ricamate, tralci di vite nelle campagne, giornate sul litorale, e il lirismo visivo dei fotografi che hanno saputo ritrarre in maniera inedita la regione, su tutti Luigi Ghirri e Guido Guidi.

Il legame col territorio si traduce inoltre, concretamente, nella scelta di appoggiarsi a produttori e maestranze locali, recuperandone – per valorizzarle – tecniche artigianali come la stampa a ruggine, con cui matrici in legno intagliato imprimono sui tessuti motivi agresti della tradizione romagnola (grappoli d’uva, animali, anfore…).
Nell’ultima stagione S/S 2022, Infanzia A-mare, i ricordi delle estati nelle colonie della Riviera si confondono con le impressioni suscitate dal libro fotografico Addio colonia, di Luigi Tazzari, prendendo la forma di outfit che profumano di salsedine, ampi e dalle texture materiche, tra capi tricottati, bluse ariose, rigature marinare, comodi pantaloni scivolati, addosso a ragazzi e ragazze, indistintamente, com’è normale che sia per un designer che ha rivelato a MFFashion di aver «sempre disegnato in un’ottica genderless».



Per l’immagine in apertura, credits: Federico Cina F/W 2021, ph. by Gabriele Rosati

BRAND ALERT: DZHUS

L’Ucraina sta sempre di più facendo parlare di sé grazie ai numerosi designer di avanguardia presenti nel territorio e alla Mercedes Benz di Kiev, ormai diventata un establishment nella scena emergente. Un successo planetario quello dei designer dell’est, arrivato durante un periodo di situazione politica critica, che ha dato vita ad una generazione di creativi con un approccio nuovo ed indipendente. Dzhus, della designer Ucraina Irina Dzhus, viene proprio da questo universo: tagli innovativi, indumenti multifunzionali, ispirazione industriale ed un occhio attento all’ambiente danno vita ad un brand d’avanguardia ma funzionale, che ha portato la designer Ucraina a sfilare anche nella capitale francese. Durante gli studi alla Kiev National University of Technologies and Design, Irina Dzhus ottiene un internship presso Krasnova, dove riesce ad entrare in contatto con i complessi processi del mondo fashion e le innovazioni tecnologiche, ambiti poco trattati in ambiente accademico. Al termine dei suoi studi nel 2010 lancia Dzhus, perseguendo una concezione di moda che utilizza il minimalismo privo di ornamenti per trasferire le complesse forme architettoniche della natura nelle sue creazioni, creando delle vere e proprie armature dove le donne possono trovare un rifugio distinguendosi dalle regole del fashion. Dzhus nasce inoltre con il desiderio di portare alla luce una nuova moda interamente dedicata alla natura e all’ambiente, che si configurano non solo come principale fonte d’ispirazione della designer, ma trovano un loro spazio in una nuova corrente di moda animalista, già rivendicata da Brand come Stella McCartney, Vivienne Westwood e Tommy Hilfiger. Escapism, la sua collezione autunno/inverno 2018, prende vita dal concetto di evitare la frustrazione quotidiana, focalizzandosi su una utopia soggettiva ed individuale. Un tipo di innovazione radicale quello che la designer Ucraina ha presentato nella sua ultima collezione, dove utilizzando geometrie astratte, monocromi ascetici, strutture complesse e pezzi multiuso si pone l’obbiettivo di creare un’alternativa al moderno conformismo: creazioni innovative che perseguono forse la più ambiziosa delle mission del brand. Per Irina Dzhus non c’è motivo per un designer di creare dei pezzi già presenti sul mercato, perché lo slow fashion deve poter fornire pezzi unici e spesso multifunzionali, non presenti nei negozi mainstream, e rivolti ad un pubblico attento alle innovazioni e al futuro del fashion. Certo il paragone con Rei Kawakubo, Yoshi Yamamoto e Martin Margiela è piuttosto semplice, ma la Dzhus tuttavia ha più volte affermato che i suoi lavori si ispirano solamente all’ambiente e alle sue forme, indirizzandosi verso un’estetica “Anti-fashion” che non deve e non vuole seguire il trend del momento, ma risaltare la bellezza pura ed essenziale. Una missione che non vuole solo rendere omaggio all’avant-garde, ma vuole farlo utilizzando materiali sostenibili e cruelty- free, vestendo donne intelligenti, aperte ed attente all’ambiente.

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BRAND TO WATCH: VICTOR LI DEBUTTA A NEW YORK

Nato negli Stati Uniti e cresciuto in Cina, Victor Li si forma alla Parsons School of Design per lanciare insieme a Claudia Li il proprio brand, che ha recentemente debuttato alla New York Fashion Week. Un progetto in cui si fondono e incontrano oriente e occidente, unitamente a ispirazioni al mondo dell’arte e alle culture con cui il designer è entrato in contatto grazie ai numerosi viaggi in giro per il mondo da New York all’Asia arrivando fino in Italia La collezione presenta un mix di capi dai più formali a look casual, adatti al tempo libero e perfetti per viaggiare. Le linee sono semplici e i dettagli diventano il punto focale su cui si concentra l’attenzione, come ad esempio il fiocco che viene applicato su giacche, trench e camicie, rivisitazione della pochette da taschino. Linee semplici e vestibilità confortevoli per un total look che spazia dal bianco, ai toni del beige e del marrone passando per il rosa e il grigio. Grande attenzione alla scelta dei tessuti più pregiati, selezionati attraverso un’accurata ricerca in Italia, Francia e Giappone.

ritratto VICTOR LI
In occasione della sua presentazione, lo abbiamo incontrato a New York per conoscere meglio il suo percorso

Raccontami un po’ del tuo background. Come è iniziato il tuo amore per la moda maschile?
Sono nato negli USA, ma cresciuto in Cina. Ero molto interessato all’arte e ho iniziato a studiare disegno da bambino. Sapevo che avrei fatto qualcosa di artistico, nella mia carriera futura, ma non sapevo se l’artista o il designer. Sono venuto in America al primo anno di scuola superiore e ho cominciato a focalizzare i miei interessi. Ho frequentato un programma pre-universitario in fashion design alla Parsons e una programma in arte alla Cooper Union, che ha confermato il mio amore per il design. In seguito ho preso il diploma in arte alla Parsons.

Chi è il tuo designer preferito/chi ti ispira?
Miuccia Prada. Per me, Prada è arte indossabile.

3 aggettivi che descrivono il tuo stile come designer.
Sofisticato, unico, abbigliamento per la prossima generazione.

Dove ti vedi tra 5 anni?
Business e design hanno la stessa importanza per me. Spero di creare un movimento culturale, uomini che apprezzano e amano il mio lavoro e spero di continuare a lavorare su questo ad ogni collezione. In cinque anni, speriamo di avere una base di clienti fedeli sparsi per il mondo, che continuano a sceglierci stagione dopo stagione.

Come vedi evolvere la moda maschile?
Io disegno per me, e per coloro che apprezzano la sensazione data da capi di alta qualità, uomini che apprezzano un capo, i suoi dettagli come le nostre stoffe ricercate in Italia e Giappone. Vorrei dare una prospettiva nuova e fresca su ciò che la nuova generazione vuole indossare, oltre lo streetwear quotidiano.

Hai girato il mondo, dove ti senti a casa? Qual è la tua città preferita?
Casa è dove c’è la mia famiglia, ma la mia vita si svolge a New York. La mia città preferita è Tokyo.

Parliamo della collezione: cosa ti ha ispirato e come scegli i materiali?
Dato che era la mia prima collezione, e molto personale, è come se avessi disegnato per me stesso. Viaggio parecchio e volevo che il mio lancio comprendesse dei capi che siano funzionali per quello stile di vita, pezzi che porterei e indosserei durante un viaggio estivo. Abbigliamento pratico, ma un po’ più speciale che tradizionale.

Perché hai scelto New York per il lancio?
Perché sono americano, il brand è di New York, di base in questa in città.

Ci hai detto che il tuo pezzo preferito della collezione è il trench. Da dove hai preso l’ispirazione per disegnarlo?
Per questa stagione abbiamo giocato con dettagli intrecciati e sovrapposizioni. Per me, molti trench hanno un sapore un po’ troppo maturo per i giovani di oggi. Cerco di farne una versione più attuale e divertente.

Se potessi scegliere di vestire una celebrity, chi vorresti?
Timmothee Chalamet.

La moda è…?
Moda è lifestyle. Moda è ciò che scegli di indossare, ciò che decidi di mettere in valigia per un viaggio.

 

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BRAND ALERT: EXEMPLAIRE

Nato nel 2012, dalla partenership tra Jean-Victor Meyers e Louis Leboiteux, EXEMPLAIRE, si pone il fine di creare oggetti da vivere. Se le prime intenzioni erano quelle di realizzare accessori in pelle e maglieria luxury, oggi il brand si presenta con una collezione RTW da uomo, completa di accessori e una fragranza. EXEMPLAIRE, spiega la propria filosofia ed il proprio stile attraverso tre semplici step:

Il significato degli oggetti: 
l’expertise manifatturiera, il lusso tangibile nei materiali, la cura per l’enviroment. Il brand francese aspira, ed ispira, ad un’idea di luxury che tende a durare nel tempo, con capi che si modellano e trasformano, accompagnando la persona che li possiede.

L’idea del viaggio: esemplificato nella collezione “Travel Accessory”, il riferimento al viaggio è una costante per EXEMPLAIRE. Ciò si traduce, anche, in una rete di distribuzione che rende facilmente accessibili i prodotti a ogni cliente.

Reinterpretazione contemporanea del lusso: ogni capo o oggetto del brand deve essere contemporaneo al tempo in cui viviamo. Nonstante ciò è importante l’uso delle tradizionali tecniche di produzione, che assicurano la bellezze e l’ unicità di ogni design.

Un marchio giovane, su cui tenere un occhio che mixa con perfetta sapienza la qualità di brand come Loro Piana ed Hermès, con lo spirito rock e avventuriero di Saint Laurent e Dior Homme.

 

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ME.LAND, un nuovo brand da conoscere

Si chiama ME.LAND il progetto di Frédéric Robert e  si ispira ad un bravo ragazzo con il cuore ribelle! Il designer è l’autore della prima sneaker di Lavin e dopo diverse esperienze presso celebri maison come Kenzo, Dior, Hermès, ha ideato una nuova collezione in cui rivisita le forme essenziali delle sneakers maschili aggiornate con un’incredibile leggerezza e un mix di ispirazioni, materiali e colori.  Le scarpe sono disegnate a Montmartre a Parigi e prodotte in Italia da un’azienda familiare che combina la qualità artigianale con il rispetto delle aspettative dei clienti di oggi. La forma e il comfort delle calzature infatti sono il risultato dell’insieme di anni per lo sviluppo del design del prodotto che rispetta le regole della migliore tradizione calzaturiera.

Il designer parigino spiega di aver investito tutte le sue risorse finanziarie nel progetto quando ha capito che “Sul mercato esistono la sneaker e il prodotto formale, mentre io credo nel casual-chic con una sua originalità, semplice e colorato. Ho chiamato i miei amici manifatturieri italiani, conosciuti quando lavoravo per altre griffe, ed è nata la prima collezione. So bene che le grandi aziende hanno bisogno di quantità e molti modelli: un piccolo brand come il mio, invece, può cambiare ogni settimana”. Lo stilista dichiara di essere “ambizioso, ma realista. Devo dire che se sono al punto in cui sono, lo devo ai manifatturieri italiani”.

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I 3 BRANDS EMERGENTI PORTAVOCE DELLA BELLEZZA ANTINCONVENZIONALE.

Cosa è la bellezza oggi? Quali valori la definiscono? Queste domande sono la nostra croce e delizia, specialmente nelle ultime giornate. I canoni classici della bellezza sono stati stravolti dalla moda sin dal passato, basti pensare a personalità all’avanguardia come i leggendari “Sei di Anversa”, che hanno fornito nuovi codici per interpretare la bellezza, manipolarla, dandogli nuova linfa vitale. I valori di bellezza intesa in modo classico sono stati capovolti. E’ tempo di ridefinirne i canoni, con intelligenza e quell’irresistibile voglia di ribellione. E’ per questo che il nostro fashion radar segnala oggi tre giovani brand che si sono distinti per la loro interpretazione anticonvenzionale della bellezza, ognuno con un modo di intenderla e narrarla assai originale.

Analizziamoli uno ad uno. Maroussia Rebecq è la fondatrice del collettivo artistico Andrea Crews, il cui quartier generale si trova nel coloratissimo quartiere Marais, nella capitale francese. Propone una moda unisex, con un particolare richiamo all’inizio degli anni Duemila, periodo in cui si è codificata quell’estetica internet-wave tanto cara ai millennials. Rivive la french-core dei gabber ed il loro indiscutible allure streetwear, proposto con materiali classici come il tartan ad esempio, dettagli trompe l’oeil oppure presi dal mondo biker per la collezione autunno inverno 2018, che dà nuovo significato al concetto di streetwear-couture.

E’ sempre sull’ondata dell anti-establishment che Carlo Volpi crea i suoi raffinatissimi e dissacranti capi di maglieria. Public Code è il suo marchio e la collezione AW18 “24H Delivery” riflette sulla scomparsa delle sottoculture, fornendo un senso alla definizione di “uncool”, facendo propria quella sensazione di disagio che si ha davanti alle imposizioni culturali medio-borghesi. Le stampe raffigurate sui bellissimi item si ispirano alle insegne dei take-away urbani, luoghi probabilmente cari al designer, in quanto più reali e realmente vissuti.

Anche nell’ultimo caso sono gli affetti e la memoria a comporre l’universo stilistico del brand Simon Cracker. Simone Botte, designer del marchio, si autodefinisce “talentless”, e rivive attraverso la moda i ricordi di quando seguiva il nonno che lavorava come imbianchino in un appartamento di periferia. La bellezza stavolta, nella sua collezione AW18 “Amedeo”, è intesa attraverso un ricordo speciale: i tessuti barocchi dell’appartamento rivivono sui suoi capi, così come finissaggi che ricordano gli indumenti sporchi dell’imbianchino. Che sia una forma di attivismo, una sensazione di malessere oppure un ricordo speciale, questi giovani creativi hanno qualcosa in comune: certamente il coraggio di essere sé stessi, in un modo del tutto fuori dall’ordinario.

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