WhatsApp web: come funziona

WhatsApp nasce nel 2009, creata da Jan Koum e Brian Acton, due ex dipendenti di Yahoo che vogliono dare la possibilità a tutti di messaggiare in modo gratuito (a chi ha una connessione a internet sul proprio smartphone).

Viene sempre migliorata con aggiornamenti vari, come ad esempio la possibilità di scaricare e inserire nuove immagini ed emoji, ma non solo è possibile utilizzarla in comodità anche da PC. Non lo sapevi? Ti sei perso allora una delle funzionalità di questa App che permette di restare in contatto con amici da PC, ma non solo di poterla usare anche per lavoro inviando file ai colleghi di lavoro.

Ti spieghiamo subito come funziona WhatsApp Web così anche tu potrai utilizzarla da subito.

WhatsApp Web requisiti fondamentali

L’utilizzo di WhatsApp web non significa dover avere un altro account, ma lo stesso che usi sul tuo smartphone è quello che userai in comodità dal PC per scrivere di lavoro o inviare una conversazione lunga ad un amico, ma in modo più veloce (vista la tastiera di un pc).

Devi però assicurarti che vi siano i seguenti requisiti sul tuo pc per poter utilizzare WhatsApp web:

  • avere un account WhatsApp attivo sul tuo smartphone
  • avere una connessione internet stabile sia su telefono cellulare che sul PC
  • utilizzare le versioni aggiornate del browser (Safari, Edge, Firefox, Chrome…)

Controllato che hai i requisiti fondamentali vediamo come installare WhatsApp web.

Come funziona WhatsApp web

Non ti preoccupare anche se non sei un esperto di tecnologia installare WhatsApp web è davvero molto facile, basta che segui le nostre indicazioni qui di seguito.

  1. Mettiti al computer e attiva la connessione internet, ora vai su web.whatsapp.com – sito ufficiale dell’app.
  2. Apri dal tuo smartphone l’applicazione
  3. Dalla schermata della chat troverai 3 puntini in alto a destra, cliccaci sopra e vedrai apparire un menù con anche la voce WhatsApp Web.
  4. Clicca su WhatsApp Web e avvicina il telefono al computer per scansionare il codice QR di WhatsApp Web.
  5. Pochi secondi e vedrai aprirsi sul tuo pc la schermata della tua chat, identica a quella che vedi sul tuo smartphone. Ora non ti resta che inviare i tuoi messaggi, foto o file a chi desideri fra i contatti presenti nella tua rubrica.

La connessione a WhatsApp Web su PC è vincolata al tuo smartphone, qualora questo si spenga perché ha la batteria scarica, allora non sarà utilizzabile la chat neanche dal computer.

Puoi verificare inoltre dal tuo cellulare le sessioni aperte sui PC semplicemente accedendo, come detto prima, a WhatsApp Web. In questo modo saprai se non hai chiuso la sessione a PC e farlo subito, per evitare che qualcuno possa leggere la tua chat privata.

Talent da Altaroma

Da tempo ormai il focus della fashion week romana si focalizza sulle nuove proposte e i talenti emergenti. Dall’ultima edizione abbiamo selezionato alcuni nomi da tenere d’occhio e che stanno riscuotendo interesse tra gli addetti ai lavori. Una serie di proposte:

FEDERICO CINA

Uno degli show più emozionanti di Altaroma. La collezione si ispira all’archivio fotografico di Vittorio Tonelli, maestro e scrittore, nonché appassionato studioso della storia e cultura Romagnola. Nato a Sarsina, in provincia di Forlì-Cesena, Tonelli esalta la straordinaria bellezza della sua terra attraverso il racconto di piccole storie e raccolte di fotografie. La cultura, la tradizione gastronomica e folcloristica della Romagna sono il tema principale del lavoro del “Maestro” sarsinate che dal 1974 ad oggi ha scritto una trentina di volumi, partendo sempre da una visione antropologica che mette al centro la persona, le sue emozioni e i suoi ricordi. E proprio una vena nostalgica percorre lo show di Cina che esplora tecniche diverse per un guardaroba ricco di ispirazioni, sottolineando l’aspetto artigianale che è alla base della visione del designer.

GALL

Atmosfere urban dai colori decisi e tessuti ricercati. Per Gall – marchio fondato a Roma nel 2014 da Justin Gall e Chiara Nardelli – il focus è sui tre colori primari rosso, verde e blu che coesistono in armonia, in equilibrio con l’un l’altro, come in natura, come nel “tutto” conosciuto. Da qui il nome “Omnia” per la collezione Fall Winter 20/21. La ricerca dei tessuti parla in una sinergia eccellente tra naturale e sintetico, incontrando grandi prestazioni nel rispetto completo dell’ambiente e del mondo animale. I pezzi voluminosi delle collezioni non sono confezionati con piume animali, ma con materiali lavorati dalla plastica riciclata. La funzionalità di ogni articolo è sempre un elemento chiave in ogni collezione Gall, come: tasche rimovibili, cappucci nascosti e segmenti modulari che danno spazio alla trasformabilità, comfort e facilità in ogni momento e protezione dalle condizioni estreme. 

SPENDTHRIFT

Nonostante il nome è italianissimo il brand, nato nel 2013 da un‘idea di Federico Cancelli e Marco Cuccagna. Una collezione all’insegna dell’arte e della sua condivisione. I due fondatori volevano usare la t-shirt bianca come una tela per esprimere la propria creatività.
Si sono divertiti a cambiare colori e forme giocando con grafiche accattivanti, immagini trasformate e scenari visionari che mostrano il DNA del marchio. Una collezione di pezzi forti come il cappetto con patchwork foto e i pezzi di maglieria con lettering ironici

ACCADEMIA COSTUME & MODA 

Sono 18 gli studenti (10 per l’abbigliamento e 8 per gli accessori) che hanno sfilato durante Altaroma per il Talents 2020 BA Fashion Show. I giovani hanno avuto l’opportunità di collaborare con 47 aziende del Made in Italy per la realizzazione di 18 capsule collection (6 outfit ciascuna) che sono state presentate in calendario. Tra i diversi talenti, due nomi da tenere d’occhio: Eva Bureau e Marco Passone. La prima ha vinto anche il premio Talents 2020 con la sua collezione “Hexapoda” (menswear e womenswear) incentrato sulla ricerca dell’identità e ricerca di materiali con un mix di texture e stampe davvero unico. I tessuti del progetto sono stati prodotti grazie al supporto con le aziende: Isa Seta, Italian Converter, Limonta, Ostinelli Seta, Thindown e Dyloan Bond Factory. Altro talent da tenere d’occhio è Marco Passone con la sua collezione “Gravity”, che distilla un calibrato equilibrio tra eleganza formale e tocco active. Il riferimento è alla all’attrazione gravitazionale, un’accelerazione contraria, che permette il rallentamento del paracadute durante la discesa verso il suolo. E in passerella si sono proprio visti dei spolverini in tessuto tecnico iper leggeri e abbinati a giacche e completi. Da un lato il paracadutismo militare, da cui viene ripresa la leggerezza e l’ampiezza del paracadute è riportata nei grandi volumi dei capispalla. Dall’altra è la subcultura dei Teddy Boy, in cui viene ripresa quell’eleganza Edoardiana data attraverso i tessuti lanieri maschili e da un taglio avvitato nei volumi. Di impatto le stampe grafiche di Ouzo Kim, artista Coreano, che sono state rielaborate attraverso la sovrapposizione di vedute aeree di Roma e a rilievi di mappe topografiche. La collezione –  proprio come nella migliore moda coreana – sintetizza l’eleganza contemporanea con un tocco più sporty.

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Intervista a Leo Gassmann, vincitore di Sanremo giovani

Leo Gassman, figlio del celebre attore Alessandro Gassmann (il nonno era il grande Vittorio) e di Sabrina Knaflitz oggi ha ventuno anni ma ha già maturato diverse esperienze nell’ambito musicale tra cui nel 2018 la semifinale di X Factor. Lo abbiamo incontrato dopo la vittoria a Sanremo giovani.

Ti aspettavi di vincere Sanremo Giovani ?

Assolutamente no, è stata una sorpresa per tutti. A volte si crede così tanto in una cosa che poi quando si realizza non sembra realtà. Comunque sia, sono onorato di aver raggiunto questo obbiettivo e di aver portato un messaggio di positività a varie fasce di età. 

Da cosa prendi ispirazione per scrivere le tue canzoni? 

Di solito mi ispiro alle forti emozioni che provo e che vivo da vicino. Quando conosco una persona che mi rimane nel cuore o delle storie che mi vengono narrate o che vivo. Da qui comincia la voglia di fermarle in un brano. 

Che musica ascolti? Hai delle band o musicisti di riferimento?

Tra i cantanti internazionali gli Oasis e i Coldplay per la loro attitudine. Poi i Rolling Stones , Imagine Dragons, Ben Howard , Paolo Biribi. Parlando di italiani invece: Lucio Dalla, Ivano Fossati, Bennato, Jovanotti, Vasco , Caparezza, Gianna Nannini, Brunori sas.

Che rapporto hai con la moda?

Di alti e bassi del resto sono un ragazzo, non mi piace vestirmi in modo vistoso e ad essere sinceri quando mi sveglio metto sempre la prima cosa che capita. Poi dipende dal contesto. Occasionalmente mi piace anche vestirmi un po’ più elegante ma di solito prediligo lo stile sportivo/ street.

Sogni nel cassetto ?

Fare buona musica, emozionare ed emozionarmi facendo quello che mi fa star bene.


Styling: Stefania Sciortino

Photo credits: Davide Musto

Look: Impure Alternative Basic

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Kate Upton e Canada Goose insieme per gli orsi polari

Kate Upton, la super modella e attrice americana che da più di dieci anni sostiene gli orsi polari e il loro habitat naturale, da oggi è la nuova Goose Person, con una straordinaria campagna che supporta l’ambasciatrice di Polar Bears International nel suo impegno costante contro le cause che provocano lo scioglimento dei ghiacci. Dalla vendita di cinque capi della SS20, tra cui rainwear, windwear e lightweight down, verranno devoluti cinquanta dollari a PBI, che fornirà ancora una volta un aiuto concreto agli orsi polari. Dal primo anno in cui hanno iniziato a salvare il futuro del pianeta, Canada Goose e PBI hanno raccolto oltre 3,5 milioni di dollari a questa valente organizzazione.

Un colpo di fulmine nato nel 2013 quando Kate indossò per la prima volta un Bomber Chilliwack bianco durante lo shooting di Sports Illustrated in Antartide.

Kate Upton per Canada Goose e PBI
Un capo della collezione Canada Goose PBI SS20 indossato da Kate

“Ho scoperto per la prima volta Canada Goose quando ero in Antartide e le temperature scendevano fino a -20° e quella giacca mi ha impedito di congelare! Ho usato i loro prodotti in ogni condizione estrema e la loro qualità non è seconda a nessuno,” racconta la Upton. “Dopo essere stata per lungo tempo una fan del brand, sono orgogliosa di collaborare ufficialmente e sostenere l’incredibile lavoro che svolgono per l’ambiente. Ho imparato che ciò che sta accadendo nell’Artico ha influssi in tutto il mondo e Canada Goose è un’azienda che in questo campo sta facendo la differenza”.

In contemporanea al lancio della collezione, è stato prodotto un cortometraggio “Bare Existence,” in collaborazione con Stept Studios, per testimoniare e divulgare l’importante missione di Polar Bears International per questa specie in via di estinzione e il loro habitat naturale.

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Alef: dna made in Italy

Il noto brand di borse Alef, ha scelto la settimana della moda milanese per inaugurare il suo primo monomarca in assoluto, uno spazio di 70 mq su due livelli nel Quadrilatero, in via Borgospesso angolo via della Spiga, che funge anche da showroom direzionale.

Il suo è un DNA esclusivamente Made in Italy: studio delle forme, delle tendenze, cura dei dettagli, ricerca degli accessori, scelta delle pelli, dei colori e della manifattura prettamente italiana. Ecco alcuni highlights della collezione per la prossima fw 2020/21.

Per la donna si rispettano gli ultimi trend di stagione con una particolare attenzione alla lavorazione delle pelli, che rendono ogni modello unico ed originale.

REFLECTIONS punta l’attenzione su geometrie asimmetriche e disconnesse che sublimano giochi di luce ed ombre per un risultato dai colori surreali.

URBAN GLITCH si dedica a modelli dove la pelle è protagonista; il classico black and white si trasforma creando grafismi e tridimensionalità grazie ad un approccio materico dato dalle spalmature in resina e dai patchwork di pelli dalla differente texture.

GLOSSY AND MATTE invece conferma la voglia di sperimentare con il lucido ed opaco che si declinano in versione night and day con modelli dalle forme e dalle misure particolari abbinate a chiusure resinate.

La collezione maschile invece realizza modelli in nappa, pelle martellata e introduce per la prima volta il nylon per soddisfare differenti occasioni d’uso e personalità.

DOLLARO è la linea adatta all’urban traveller.  JOY con il suo maxi zaino, rappresenta al meglio la tradizione manufatturiera toscana mentre NYLON è la vera novità. Infatti, il nylon abbinato alla pelle propone una variante più easy adatta per chi è attento alla moda e alla qualità, ma preferisce lo stile più sportivo. I colori  rimangono il verde, il nero, l’arancio ed il blu elettrico.  

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Mt Everest Fashion Runway

Una sfilata ecologica, per combattere il cambiamento climatico globale e affermare la necessità sempre più urgente di una moda etica e sostenibile. Ve la raccontiamo nel dettaglio intervistando Manuel Scrima, fotografo e regista di Milano, che ha preso parte all’ organizzazione dell’evento.

Cos’è Mt Everest Fashion Runway 2020?

Il Mt Everest Fashion Runway è la sfilata all’altezza più elevata della storia, 5643 metri, organizzata a Kala Patthar di fianco all’Everest Base Camp.
Si tratta di una sfilata ecologica, per combattere il cambiamento climatico globale e affermare la necessità sempre più urgente di una moda etica e sostenibile. Inoltre, è un Guinness dei Primati realizzato il 26 Gennaio 2020.

Chi ha organizzato l’iniziativa Mt Everest Fashion Runway 2020?

L’idea è stata di un brand di moda nepalese che si chiama Kasa. Questo marchio ha poi coinvolto sponsors e partecipanti internazionali. 
Io mi sono occupato della ricerca sponsor in Italia (mi sono rivolto a Nikon Italia e Milesi Vernici per legno) e dei modelli provenienti dall’Europa. Nikon ha fornito l’attrezzatura (fotocamere e videocamere), Milesi ha fornito la vernice per proteggere la rampa in legno della sfilata. 

Quali sono i criteri del Guinness dei primati?

Da quello che ho sentito stanno ancora formalizzando il Guinness dei primati. Occorreva superare i 4000 metri di altitudine, avere almeno 12 modelli professionisti e fare un fashion show più lungo di 30 minuti. I criteri sono stati rispettati: a brevissimo verrà formalizzato e ufficializzato il Guinness.

Raccontaci del trekking sull’Everest

Siamo partita da Luckla, celebre località nepalese a 2800 metri di altitudine che ospita l’aeroporto più pericoloso al mondo con una pista lunga appena 527 metri e larga 20. Solo per trovare il clima adatto per poter decollare e atterrare in aereo a Luckla abbiamo atteso tre giorni, sia all’andata che al ritorno. Da qui abbiamo proseguito per 6 tappe a piedi (Phakding, Namche Bazar, Tengboche, Dingboche, Lobuche, Gorak Shep) fino ad arrivare a Kala Patthar, a 5643 metri. A Namche Bazar, Dingboche e Gorak Shep ci siamo fermati due notti: a queste altezze è fondamentale dare tempo al corpo di acclimatarsi e abituarsi alle condizioni estreme. La mancanza di ossigeno è la difficoltà maggiore di questo trekking. Il gruppo era composto da una cinquantina di persone: 18 modelli, operatori televisivi, fotografi, truccatori, la stilista della sfilata, ricercatori universitari ed esperti di sostenibilità.

Che reazione hai avuto quando ti hanno parlato di questa idea?

Gli organizzatori mi hanno parlato di questa avventura quando ero a Katmandu ad agosto 2019 e mi è subito sembrata una follia. Pensavo di partecipare eventualmente andando in elicottero, ma mai affrontando un trekking così estremo. Poi il loro entusiasmo mi ha convinto a partecipare alla scalata.

Perché hai partecipato e sei stato selezionato?

Inizialmente mi sono occupato dell’organizzazione in Europa e Italia, selezionando dei modelli partecipanti e cercando sponsor. Mi dovevo occupare poi della regia di un documentario dell’evento, con una folta troupe proveniente da Bollywood. Col tempo sono arrivate altre opportunità e ho deciso di partecipare al reality show realizzato per MTV USA e di affrontare l’avventura davanti all’obiettivo e non dietro come faccio sempre. È stata una sfida ancora più difficile. Inizialmente ho fatto molta fatica ad ambientarmi, poi è andato tutto bene.

Qual è stata la reazione delle persone quando hanno saputo che avresti partecipato?

Molti mi hanno preso per pazzo, altri erano entusiasti. Io per lungo tempo non ero convinto di partecipare perché non sopporto il freddo. In effetti, è stato difficilissimo sopportare queste temperature rigide, non poter stare al caldo per due settimane, non potersi lavare, fare una doccia…

Quali sono stati i momenti più critici e le difficoltà che avete dovuto affrontare?

Il trekking di per sé è impegnativo, ma è fattibile quasi per chiunque sia un po’ allenato. La difficoltà è affrontarlo a gennaio. È un tipico viaggio che si intraprende in primavera con temperature miti. Nel nostro caso con temperature fino a -35 gradi, con tempeste di neve e vento. Oltre al trekking, 9 di noi sono stati protagonisti di un reality show e dunque hanno dovuto seguire i tempi tecnici per registrare ogni giorno interviste e video di tutto ciò che accadeva. Questo ha aggiunto molte difficoltà all’impresa, ci ha costretto a percorsi più lunghi, a viaggiare di notte e a riposare molto meno del necessario.

Le cose più estreme che hai fatto?

Credo dormire a -35 gradi a Dingboche e Gorak Shep in una camera senza riscaldamento. Le strutture di accoglienza qui sono concepite per la primavera, dunque sono fatte di legno sottile come il cartone e non hanno nessun riscaldamento. I bagni erano totalmente congelati così come tutto quello che possedevamo: dalle scarpe bagnate, al liquido per le lenti a contatto, al cibo.

È stato difficile? Quanti c’è l’ hanno fatta?

È stato molto difficile. Già dalle prime tappe 3 modelle hanno dovuto abbandonare perché infortunate. Siamo arrivati tutti stremati alla sfilata e molti di noi sono dovuti tornare facendo un pezzo di tragitto in elicottero. Solo due modelle sono riuscite a tornare a piedi per tutto il tragitto anche grazie all’aiuto di esperti Sherpa.

Quali sono stati i sintomi di chi è stato male?

La mancanza di ossigeno ad alta quota porta all’impossibilità di dormire di notte, porta nausea e mal di testa. Abbiamo sofferto tutti. Altri invece si sono infortunati durante il trekking: il terreno era molto scivoloso e spesso le salite erano molto ripide.

Che clima si è formato nel gruppo di partecipanti?

Si è formato un clima famigliare, specialmente tra i ragazzi che hanno realizzato il reality show e i membri della crew televisiva. Per capire meglio cosa abbiamo fatto bisogna guardare il programma TV. Il reality show dovrebbe essere trasmesso a Maggio negli Stati Uniti, Canada e Caraibi. Per l’Italia non si sa ancora una data.

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Marco Mengoni: canzoni, instagram e vita privata

Alla scoperta di Marco Mengoni, il cantante sbocciato a partire dalla terza edizione di X Factor. Con chi è fidanzato? È gay? Scopriamo anche di più sulla sua biografia.

Marco Mengoni è un giovane talento della musica italiana. Il cantautore di origine laziale si contraddistingue per voce profonda connotata da un timbro particolare. A breve sveliamo qualche dettaglio in più sulla vita privata di Marco Mengoni.

Chi è Marco Mengoni: vita privata e curiosità sul cantante

Biografia di Marco Mengoni

Marco Mengoni è un cantante pop italiano nato a Ronciglione in provincia di Viterbo il 25 dicembre 1988. La sua fama è iniziata dopo aver vinto la terza stagione di X Factor Italia,continuando poi con l’uscita di un singolo intitolato “Dove si vola“. I brani di Marco Mengoni di maggior successo estratti da quell’album furono: “Man in the mirror”,  “Insieme a te sto bene” e “Lontanissimo da te”. Il cantante ha ricevuto numerosi MTV Italian Music Awards e un MTV Europe Music Award. È molto popolare sui social media: su Instagram e su Twitter ha guadagnato oltre 1,4 milioni di followers. Tra le canzoni di Mengoni più famose vanno citate: “Credo negli esseri umani”,  “Guerriero” e “Ti ho voluto bene veramente”, quest’ultimo singolo di lancio dell’album “Le cose che non ho”, pubblicato il 4 dicembre 2015.

Vita privata di Marco Mengoni

Come la maggior parte delle celebrità, il cantante cerca di mantenere la sua vita personale e amorosa privata. Infatti, non ha mai fatto trapelare informazioni riservate. In molti si domandano se Marco Mengoni è gay. Anche su questo non si hanno praticamente notizie certe.

Fatti curiosi su Marco Mengoni Dei legami sentimentali di Marco Mengoni non sappiamo nulla, ma siamo in grado di darvi qualche curiosità sul cantante. Mengoni da giovane arrivò a pesare la bellezza di 100 kg. Dopo aver beccato un’influenza il cantante decise di perdere peso, dimostrando id possedere una grande forza di volontà. Oggi il peso di Marco Mengoni è di circa 75 kg per 183 cm di altezza.

Marco mette la famiglia al di sopra di tutto. In più di un’intervista ha dichiarato di aver ereditato la tenacia e la capacità di raggiungere gli obiettivi dal papà Fabrizio. Mentre dal nonno Sestilio ha ereditato la passione per le tradizioni. A tal proposito, il cantante si dice esperto nella preparazione della mozzarella e della ricotta fatte in casa.  

Saponetta: fatta in casa, naturale, da barba e allo zolfo

L’uso della saponetta oggi con il sapone liquido è spesso messo da parte, una volta invece era l’unica cosa che si trovava in casa per lavare le mani, i piatti, i vestiti o per fare la barba.

La migliore saponetta è senz’altro quella allo zolfo, dalle proprietà benefiche riconosciute che vedremo dopo. Non dimentichiamo poi la classica saponetta naturale e la saponetta da barba. Siete capaci di realizzare la vostra saponetta a casa? Ecco la ricetta per la saponetta fatta in casa tutta naturale.

Saponetta da barba

Gli uomini amano molto utilizzare la crema da barba, pratica e veloce nell’uso per procedere alla rasatura, ma è necessario prestare attenzione a questo tipo di prodotto spesso troppo ricco di agenti chimici. Per questo motivo sarebbe fondamentale passare al vecchio utilizzo della saponetta da barba, che anche se richiede un po’ più di tempo nell’uso è senz’altro la soluzione più naturale per la pelle del viso già molto delicata di suo.

La saponetta da barba richiede l’uso del pennello da barba, si utilizza bagnandolo in abbondanza e passandolo sul sapone ripetutamente, in questo modo si ottiene la schiuma necessaria per la rasatura. Il pennello deve essere ricoperto di sapone prima di essere portato al volto e procedere a tagliare la barba.

Saponetta allo zolfo

Questo tipo di saponetta naturale è fra le migliori in commercio fra le saponette viso. I suoi benefici sono riconosciuti non solo per la pulizia basilare della pelle, ma anche per combattere l’acne, i brufoli. Ideale per chi ha pelle grassa e mista, ma non solo anche per lavare i capelli eccessivamente grassi.

La saponetta allo zolfo ha proprietà astringenti, antibatteriche e disinfiammanti per questo si può definire un sapone “terapeutico” atto a risolvere molti dei disturbi della pelle anche quelli di origine psicosomatica.

Saponetta fatta in casa

Realizzare una saponetta fatta in casa non è difficile richiede solo un po’ di tempo e la passione per le creazioni fai da te. Le ricette per realizzarla sono diverse da quelle con la cenere della stufa a quelle con la soda caustica o anche senza, quest’ultima è senz’altro la saponetta più naturale che si possa creare.

Possono essere realizzate anche di forme carine, basta acquistare gli stampini per sapone e ancora per una saponetta naturale ma colorata basta utilizzare del colorante naturale.

Ora non vi resta che scegliere la vostra saponetta!

Formentera: appartamenti, hotel, spiagge, voli e meteo

Formentera è fra le Isole Baleari la più caratteristica e particolare, ricca di spiagge con un mare trasparente e con una vita notturna degna di nota.

Il periodo migliore per andare a Formentera è nei mesi estivi da luglio a settembre, dove la temperatura dell’acqua è intorno ai 24° C. Se preferite invece la tarda primavera o l’inizio dell’autunno le giornate di sole non mancano per abbronzarsi, ma forse dovrete rinunciare ad un bagno in mare.

Formentera spiagge: le 5 più belle

Le spiagge a Formentera non mancano e fra quelle presenti ve ne sono 5 fra le più belle ecco quali sono.

Playa de Ses Illetes e S’Espalmador

Una spiaggia davvero bellissima di sabbia fine e bianca con un mare azzurro indimenticabile. Questa spiaggia è anche importante perché fa parte del Parco naturale Ses Salines. Sempre piuttosto affollata durante l’alta stagione ma comunque vivibile e di straordinaria bellezza.

Playa de Llevant

Questa spiaggia si trova a Nord di Formentera, un po’ selvaggia se possiamo dire così perché quasi del tutto priva di servizi, ma ideale per chi ama stare in pace con la natura e fare il bagno in mare sempre calmo.

Playa de Es Pujols

Questa è la spiaggia più famosa di Formentera con un mare trasparente e molto spazio. Ricca di locali quasi tutti in riva al mare che rendono le sere d’estate ricche di animazione e divertimento.

Playa de Migjorn

Formentera qui vi offre una spiaggia grande e lunga, purtroppo sempre ricca di turisti per via della sua bellezza e caratterizzata da calette che si alternano a insenature rocciose.

Cala Saona

Spiaggia ideale per le famiglie con acqua bassa e sabbia bianca, alle spalle vi è una pineta ideale per stare un po’ all’ombra coi bambini nelle ore più calde della giornata, non solo dalla pineta si può vedere la costa e le colline di Ibiza

Formentera dove soggiornare

Su questa bellissima isola della Baleari non mancano di certo gli Hotel così come i villaggi, avete solo l’imbarazzo della scelta a seconda di ciò che amate di più potete scegliere di prenotare il vostro soggiorno presso gli Hotel Formentera o in uno dei tanti villaggi di Formentera.

Le zone in cui potete trovare il vostro alloggio migliore sono:

  • Es Pujols
  • Platja Migjorn
  • La Mola
  • La Savina
  • San Ferràn de ses Roques
  • Es Calò de Sant Agustì
  • Cala Saona

Formentera: come arrivare

Se state pensando di prenotare un soggiorno in questa isola e state cercando i voli Formentera non li troverete, perché non ne esistono. L’aeroporto si trova ad Ibiza e da qui potete raggiungere l’isola con il traghetto, poi potete noleggiare un’auto o spostarvi in tranquillità col taxi o coi mezzi pubblici.

Capelli uomo: i tagli per la primavera

Freschezza e comodità sono le parole chiave dei trend hairstyle 2020: tagli che giocano con sfumature razor fade, look naturale quasi spettinato, lunghezze ridotte che rispondono a una nuova esigenza di praticità e a uno stile molto easy.  Parola agli esperti di grooming di Bullfrog che ci consiglino come non sfigurare questa primavera.

Si parte dal Caesar Cut, il taglio che meglio esprime la tendenza futura, realizzato in una variante estremamente corta, con una lunghezza minima per permettere al capello di essere pettinato. La sfumatura è molto comoda e alta e la frangetta, il tratto distintivo del Caesar Cut, è molto più corta del solito e tendente allo spettinato. 

Ex aequo con il Caesar Cut, il French Crop, ancora più spavaldo rispetto all’anno scorso, con una frangettina ben definita e ordinata, quasi in stile bold fade, e una sfumatura a pelle molto alta, necessaria per enfatizzare le lunghezze sulla parte posteriore della testa, che rimangono più lunghe e morbide rispetto al precedente. 

Molto in voga sarà anche la semplicità del Messy Haircut, un taglio facile da portare eppure carismatico. Più lungo rispetto agli altri tagli, con un “effetto ciocca” spettinato dove le punte vanno via via assottigliandosi per donare un’impressione di look scolpito, di ordine nel disordine. 

Anche per il capello riccio la comodità è il must di quest’anno. Nel Riccio Morbido il capello è molto lungo, ma la lunghezza viene riassorbita dal riccio, neutralizzandone l’effetto. La sfumatura è variabile, scende nella parte posteriore ma rimane alta all’altezza delle tempie. 

L’Executive Contour, infine, un grande classico immancabile nello stile Bullfrog, si presenta in una variante rinfrescata, modernizzata da una riga spessa e segnata, con una sfumatura molto alta e decisa e lunghezze abbastanza corte che rendono il taglio più facile da gestire con diversi prodotti. 

Credits photo: Bullfrog

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Inside fashion: Daniele Giovani

Abbiamo intervistato Daniele Giovani, fashion buyer della moda di Milano, ideatore e proprietario dell’omonima boutique milanese.

Hai sempre desiderato fare questo lavoro?

Ho sempre avuto un forte interesse verso il mondo della moda. Al suo interno operano numerose figure con differenti caratteristiche, ad esempio designer, esperti di comunicazioni e marketing, stylist, influencer e molte altre. Ho deciso di dare inizio alla mia attività come buyer. Da qui è nata l’idea nel 2014 di aprire una boutique multimarca dedicata al made in Italy in cui il mio stile e il mio gusto potessero evidenziarsi. Ma questo è solo l’inizio…

Come designer ho collaborato alla creazione della Fragranza Suprema “Perdizione” di Nobile 1942. È un eau de parfum unisex avvolgente e sensuale le cui note principali sono caratterizzate da neroli, ylang ylang, fiori d’arancio e vaniglia.

Inoltre, a partire dallo scorso settembre ho creato un mio Blog in cui posso esprimere e condividere i miei gusti e interessi. Tratta di accessori moda, tendenze, made in Italy, architettura, eventi e lifestyle. Si contraddistingue per il legame tra il mondo dell’accessorio e quello dell’architettura, un legame profondo che vuole evidenziare le analogie che caratterizzano le due realtà. Intende inoltre ricercare legami inediti che si associano all’accessorio.

Raccontaci il tuo percorso formativo

Dopo aver consultato i programmi di molte scuole di moda, ho deciso di iscrivermi al Politecnico di Milano perché proponeva, nell’ambito del design, un innovativo Corso di Laurea. Avevo scelto qualcosa che mi apparteneva veramente e così ho superato il test. Sono stati tre anni molto duri ma utili perché mi hanno dato la possibilità di conoscere il mondo progettuale del design e di tutte le fasi che lo compongono. Ho poi frequentato un corso di stilismo a Parigi, all’École Esmod, la scuola di moda più antica del mondo, dove ho affinato il mio gusto in una visione internazionale.

Dato che la creazione di moda si lega necessariamente all’ambito commerciale e il design della moda non va confuso con l’arte, ho deciso successivamente d’iscrivermi all’Università IULM dove mi sono specializzato in Marketing e Comunicazione per la moda, tematiche che ho approfondito anche in un corso di livello Master allo IED di Milano. 

Come nasce l’idea di una luxury boutique?

Il concetto di boutique multimarca mi ha sempre appassionato perché dà la possibilità di creare “significati” a partire da altri “significati”. Mi è sempre piaciuto creare un mio stile riconoscibile e ben identificato partendo da altri stili. La mia boutique mi piace perché è un ”luogo” a differenza di altri negozi che sono dei “non luoghi” cioè degli spazi asettici e stereotipati.

Come mai ti sei focalizzato solo sugli accessori?

Provenendo dalla cultura del Politecnico, dove la moda trova la sua massima espressione negli accessori, la scelta è stata quasi inevitabile. Penso che gli accessori costituiscano un prolungamento di sé, un modo per esprimersi ed evidenziare la propria figura e personalità.

Cos’è per te l’eleganza?

Per creare un outfit perfetto a mio avviso bisogna realizzare un’armonia tra i diversi elementi. Mai utilizzare scarpe troppo vistose con un vestito troppo basico. Il vero stile sta nelle proporzioni e nell’abbinamento coerente degli elementi. Mi piace molto mescolare codici stilistici diversi ma bisogna farlo in modo bilanciato senza che nessun elemento predomini troppo.

Tre oggetti essenziali per un viaggio?

Non potrei partire per un viaggio senza uno smoking, la Fragranza Suprema “Perdizione” di Nobile 1942 e uno smartphone che uso soprattutto per scattare fotografie, una delle mie più grandi passioni. 

Nuovi progetti legati alla tua attività?

Nel mese di maggio sfilerà nel Principato di Monaco, nell’ambito della Monte-Carlo Fashion Week, la mia prima collezione di scarpe. Sarà costituta da 12 modelli dallo stile elegante e seduttivo. Sfilerà con il brand “Daniele Giovani Design” e sarà sul mercato per la Spring/Summer 2021. A questo progetto tengo molto e lo trovo emozionante ma, per ora, non posso dirvi di più!

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Motociclette anni 70-80: moto bellissime passate alla storia

La passione delle due ruote si dice si abbia nel DNA e chi ha questa passione senz’altro si appassiona anche dei modelli più vecchi e non solo di quelli recenti, in particolare delle motociclette belle che sono passate alla storia come quelle degli anni 70 e degli anni 80.

Alcuni modelli di motociclette anni 80 e di motocicli ani 70 sono davvero indimenticabili e chi ne possiede uno non pensa di certo a venderle ma le custodisce con estremo rigore.

Vediamo quali sono le moto anni 80 e le moto anni 70.

Moto anni 70 i modelli che hanno fatto la storia

I motocicli anni 70 che hanno fatto la storia sono:

Ducati 750 SS : moto dal motore uguale a quello della precedente Ducati GT 750, ma questa presentava un motore da 70 cavalli, invece dei 57 presenti nella Gran Turismo. Questo modello aveva inoltre una distribuzione desmodromica. La Ducata 750 SS era desiderata da tutti gli appassionati di gare d’Europa.

Laverda 750 SF: motocicletta della Casa di Breganze, presentava due freni a tamburo con ventola per il raffreddamento. Il motore aveva 60 CV e poteva raggiungere i 190 km/h. Le prestazioni erano davvero soddisfacenti con un prezzo più basso ad a quello di altre moto anni 70 per questo fu anche la maxi moto più venduta in Italia nel 1972.

Kawasaki 900 Z1: moto tutta giapponese dallo stile agile e dalla guida snella che superava i 200 km /h. Lanciata nel 1972 ebbe un forte successo e fu prodotta sino al 1977. La stampa da questa moto in poi coniò il termine superbike per chiamare le motociclette.

Moto anni 80: i modelli che hanno fatto la storia

Suzuki Gsx-R: moto della casa giapponese Suzuki lanciato nel 1974 dalla linea accattivante e dalle prestazioni sportive elevate. La versione di maggior successo fu la 750 con 106 CV e motore a raffreddamento misto (aria e olio)

Yamaha FZR 1000: un altro modello che arriva dal Giappone è questa moto anni 80 che unisce il design molto bello con prestazioni di un motore a quattro cilindri a raffreddamento ad acqua.

Ducati 851: un modello dal motore a 4 tempi con distribuzione desmodromica e raffreddamento a liquido, passata alla storia grazie al francese Roche che vinse nel 1990 il titolo piloti del Campionato Mondiale Superbike in sella a questo gioiello.

All’Off/Off Theatre di Roma in scena l’amore senza etichette

C’è una piacevole commedia di scena a Roma che con garbo e brioso umorismo affronta un tema attualissimo e oggi molto dibattuto: l’inclusione. Un tema di cui non si parla mai abbastanza in questo strano paese pervaso da uno sgradevole e aberrante rigurgito di oclocrazia populista e omofoba.

Con ‘Siamo tutti gay’ Lucilla Lupaioli che ha scritto e diretto la pièce ispirata a un’idea di Marco Marciani e che l’Off/Off Theatre mette in scena fino al 16 febbraio, fa una riflessione semiseria sullo stato dell’arte della nuova fluidità di genere. La commedia parla soprattutto alle nuove generazioni sensibili al tema focale della pièce: la ricchezza delle differenze. “Mio figlio ventenne non è gay ma è attratto come i suoi coetanei dalla possibilità di sperimentare, il futuro segnerà il superamento dell’identità, la mia pièce è ambientata nel presente ma proiettata verso il futuro”, spiega nel backstage Lucilla Lupaioli.

E in occasione di S.Valentino l’OFF/OFF Theatre che sta diventando anche un elegante spazio per eventi, nella sua ricca e interessante programmazione che in teatro definiscono ‘un festival permanente’, propone una commedia frizzante e un po’ rétro sull’amore libero trainata dalla scoppiettante vis comica di Alessandro di Marco che riteniamo molto adatto al cinema considerata la sua preponderante presenza scenica, perfetta per Ferzan Ozpetek e Pupi Avati.

Istrionico, surreale e tranchant l’attore si mette in scena en travesti nei panni della diva teatrale Maggie e convince con una interpretazione che ha ritmo e stile e che trae spunto dalla rivisitazione delle icone queer del teatro e del cinema, somigliando a una Greta Garbo ibridata con Gloria Swanson genere ‘Viale del tramonto’, il tutto filtrato da una strepitosa comicità che ha il sapore di un musical di Broadway con scenografie abbastanza minimal.

Il fulcro della trama è il ribaltamento della prospettiva tradizionale riguardo agli orientamenti sessuali: l’omosessualità diventa la norma e l’eterosessualità un tabù. Gli eterosessuali vanno allo stadio, ascoltano il rap e non sanno abbinare i colori, ma sono comunque liberi di amare. Questo è il messaggio dell’autrice, attrice e scrittrice educata alla scuola di Patroni Griffi, stella dell’Eliseo e oggi docente di arte drammatica con un buon successo.

Lupaioli che sulla scena interpreta la compagna di Maggie, Tess e che è affiancata da un gruppo di giovani e brillanti virgulti dell’arte comica fra i quali spiccano Antonio De Stefano (William) e Armando Quaranta (Max), ma non sono da meno anche Maria Antonietta Monacelli (Sheyla) e Martina Montini (Lucy), ha lavorato a stretto contatto con alcuni degli attori italiani più brillanti e famosi della scena cinematografica e televisiva italiana: Paola Cortellesi, Libero Di Rienzo e Lucia Ocone, tanto per citarne alcuni.

Applausi a scena aperta per una bella sorpresa, ludica e illuminata che i sostenitori della comunità LGBT ma non solo sapranno apprezzare. Peccato per la breve durata dello spettacolo e per la breve permanenza a teatro dovuta a motivi indipendenti dalla compagnia di Lupaioli. Ma non è questa la sede per una disamina delle tare ataviche del sistema della politica culturale in Italia che certamente non favorisce gli artisti. Stay Tuned.

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Tipi di aceto: balsamico, sherry, malto, mela, birra e xere

L’aceto così come il vino o la birra non esiste in una sola qualità ma esistono diversi tipi di aceto. I più comuni e che si trovano più comunemente nelle cucine sono l’aceto balsamico, l’aceto bianco, l’aceto rosso e l’aceto di mele.

Non finiscono qui però i tipi di aceto chi è più esperto saprà che esiste anche l’aceto di sherry, di malto, di birra e xere. Ma quali sono le caratteristiche di questi tipi di aceto che li rendono unici e diversi l’uno dall’altro? Ecco ve le elenchiamo a seguire.

Tipo di aceto

L’aceto in cucina è quasi fondamentale per conservare e insaporire le pietanze, inoltre stempera la grassezza di alcuni cibi. Utilizzato anche per realizzare alcune salse, fa bene alla salute grazie all’acido acetico che sembra ridurre l’assorbimento del glucosio da parte dell’organismo.

Aceto balsamico

L’aceto balsamico è molto apprezzato per essere bilanciato nel gusto tra acido e dolce. Si differenzia poi in aceto balsamico IGP e in semplice aceto balsamico, la differenza sta nel tipo di produzione dello stesso. Il primo richiede tempi molti lunghi e acidificazione in botti aperte, mentre l’aceto balsamico generico si produce in modo più veloce e con miscelazione fra aceto di vino e mosto concentrato a fuoco diretto.

Aceto di Sherry

L’aceto di sherry come dice il nome stesso viene prodotto dallo Sherry. Le note al gusto sono molto forti e caratterizzate da un sapore caramellato. La resa finale non è sempre la stessa ma dipende molto dall’uva utilizzata per produrre lo sherry.

Aceto di malto

L’aceto di malto viene prodotto da orzo da maltaggio, l’amido dei chicchi di orzo viene trasformato in zucchero, chiamato maltosio. La fermentazione alcolica del maltosio da origine alla birra, questa viene poi fatta ossidare e invecchiare per dare vita all’aceto di malto. L’aceto di malto non è molto utilizzato in Italia, ma principalmente in Austria, Germania e Paesi Bassi dove viene anche prodotto. Utilizzato in cucina sui fritti.

Aceto Xeres

Come per l’aceto di sherry lo xeres viene prodotto partendo da un vino in questo caso il vino di xeres. Per realizzare aceto xeres il vino viene addizionato da acetobacter bacteria e viene fatto invecchiare per oltre 5 anni in botti di rovere, con continui travasi e rabbocchi. Il colore finale di questo aceto tende all’oro ambrato, il sapore è intenso con note aromatiche e vagamente speziato con elevata acidità. L’aceto xeres è pregiato e viene utilizzato come ingrediente per la vinaigrette, le salse marinate o per condire le insalate.

080 Barcelona Fashion

Si è appena chiusa la 25a edizione della settimana della moda Barcellonese, una fucina di talenti in coro che hanno urlato il proprio motto in favore del pianeta e della libera creatività. Le passerelle si sono susseguite in uno dei maggiori esempi di modernismo catalano, Hospital de Sant Pau, tra mosaici luminosi, sculture ad alto impatto decorativo e archi in gotico fiorito immersi in un giardino che riprende il gusto lussureggiante della cultura moresca.

Avanguardia pura declinata in differenti e innovatrici personalità artistiche come quella di Juanjo Villalba Bermudez che con la sua Emotional Mythology racconta in dodici outfit unici (perché non verranno riprodotti per la vendita), un percorso dell’anima che si scontra con la bellezza e i patimenti dell’amore dal “prima di te” al “dopo di noi”. Dopo anni di brillante carriera nel marketing, fino all’età di 38 anni, la crisi colpisce anche lui portandolo alla scelta di creare una sua collezione che rappresenti la sua forza creativa, quasi un biglietto da visita portato all’ennesima potenza, nella speranza di essere notato e assunto da un’altra azienda, con un coraggio e una fiducia verso la vita mai visti prima.

Boris Bidjan Saberi
Il tedesco iraniano presenta una retrospettiva per celebrare i suoi 11 anni di creatività avanguardista. I suoi guerrieri metropolitani celebrano la sua duplice eredità culturale: da quella europea all’antico Medioriente, in cui l’attenzione alle materie prime si fonde con l’alta sartoria. Pelle e argento, materiali antifreddo e accessori in rame lavorati a mano si mixano prendendo la forma di armature contemporanee, in paesaggi metropolitani appartenenti a un’altra dimensione e latitudine, le cui coordinate sono espresse dal suono del vento ed elicotteri. Un vero sperimentatore che dal 2007 porta un contributo di alto rilievo nell’evoluzione dell’abbigliamento artigianale.

Un uscita della collezione FW20-21 di Boris Bidjan Saberi
Un’uscita della collezione FW 2020-21 di Boris Bidjan Saberi
Boris Bidjan Saberi
Boris Bidjan Saberi

La grande padronanza della lavorazione della maglieria rende la collezione di Alled Martinez per la FW 20-21 un vero capolavoro. Lo stilista, vincitore del premio LVMH dopo la laurea alla Saint Martins, riesce a entrare nel team della Maison Givenchy.  Il suo ritorno in Spagna determina la sua affermazione personale.
A 080 Barcelona Fashion, veste un dandy dal gusto anni 70, permeato di allure contemporanea prodotto Made in Italy. Completi gessati in maglia che riflettono la luce ed esaltano figure slanciate e longilinee, pantaloni in viscosa, camicie e jeans in maglia di lurex. Punti luce, leit motiv per lo stilista che li declina anche nel suo tuxedo, ancora più accattivante se portato con le più informali delle sneakers.

Un look della collezione di Alled Martinez per la FW 20-21

Sonia Carrasco
La trentunenne valenciana, molto sensibile al tema ambientale, emana buon senso ed energia positiva a primo impatto. 45.376543, 59.651328 è il nome della collezione per la stagione AW20-21, coordinate che si riferiscono alla situazione geografica del Mar d’Aral, in Kazakistan, scomparso a causa della coltivazione del cotone, che è considerata una delle peggiori catastrofi ambientali nella storia contemporanea. Capi in cui si riconosce una donna forte e pratica, votata a un’eleganza rivolta al quotidiano, al lavoro che facciamo tutti i giorni per il bene di qualcosa che appartiene a tutti. Come il mare e la biodiversità che vedono cedere il posto al deserto, ripreso nei colori e nei movimenti dei tessuti, fluidi come dune di sabbia.

Enaut
Prodotto eticamente a Barcellona, la sua collezione é una metafora del viaggio interiore che lui definisce Exodus, un esodo da un un’ambiente devastato e ostile. Il primo passo per questa fuga ben pianificata è una carta d’imbarco che è l’invito del designer a riflettere sulla sua collezione presentata tra paesaggi lunari, le cui rocce frastagliate sono riprese sulle fibbie delle cinture in metallo e suoni che riportano al decollo di uno shuttle. Le forme riprendono i volumi di una tuta da astronauta in morbida lana, tute in tessuti semilucidi e materiali rigidi, colli ampi o salopette in piumino con cerniere termosaldate.

Enaut
Un’uscita della sfilata di Enaut FW2020-21
Un’uscita della sfilata di Enaut FW2020-21

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Arriva a teatro a S.Valentino il musical ‘Ghost’ con Mirko Ranù

Un en plein fra amore e morte, mistero e magia, romanticismo ed esoterismo. Arriva in scena in un lungo tour italiano che terminerà a maggio al Politeama di Genova la faraonica versione teatrale di ‘Ghost il musical’.

Abbiamo amato tutti il testo di Bruce Joel Rubin e diretto per il grande schermo da Jerry Zucker. Un’opera inquietante e bellissima interpretata nel 1990 da Patrick Swayze e Demi Moore, una struggente love story che non ha tempo e che all’epoca a Hollywood si aggiudicò l’oscar per la migliore attrice non protagonista.

E infatti oggi dopo l’enorme successo che ha riscosso al Teatro Sistina di Roma dove è rimasto fino al 9 febbraio, questo musical magistralmente diretto da Federico Bellone lo show approderà a Milano al Teatro degli Arcimboldi fino al primo marzo per poi transitare a Lugano, Torino, Padova, Firenze e in molte altre città italiane. Un musical ma soprattutto un grande e intenso spettacolo sulla vita e sull’amore e gli intimi drammi del cuore, la passione e l’infinito oltre la morte, fra vendette ed escatologia, il tutto ambientato in una New York di venti anni fa alla quale l’autore guarda con un filo di nostalgia.

La vicenda prende le mosse da un triangolo amoroso su cui addensano delle nubi improvvise: Sam, Molly e l’orrido Carl, lo Iago della situazione, tutti e tre impersonati da artisti e performer giovani ed eccezionalmente belli e talentuosi, rispettivamente Mirko Ranù (che abbiamo amato in ‘Priscilla’ ma anche nelle riduzioni teatrali di ‘The Bodyguard’, ‘West side story’ e di ‘Profondo rosso’), Giulia Sol e Thomas Santu che è l’ambiguo e maledetto Carl (scoperto dall’attore e regista teatrale Pino Quartullo in ‘Le faremo tanto male’). Strepitosa l’attrice e cantante italo africana Glora Enchill che interpreta Oda Mae, nel ruolo che fu all’epoca di Whoopy Goldberg, una chiromante un po’ infingarda ma generosa, poliedrica e piena di verve, intuitiva e profondamente umana.

Il cuore del dramma è esaltato dagli effetti speciali di Paolo Carta, un maestro dell’affabulazione scenica, e dalle scenografie di , davvero notevoli e che non risparmiano affatto colpi di scena che per non spoilerare non vi sveleremo. Per quasi due ore non ci si stanca mai, la musica culla i nostri pensieri e la fantasia vola fino ad attingere vette poetiche.

Mirko Ranù canta e balla con eccezionale naturalezza e gli auguriamo una carriera longeva perché col suo irresistibile carisma ci ha regalato dei bei momenti affiancato dalla bella e brava Giulia Sol. Il corpo di ballo fa faville con le sue virtuosistiche coreografie opera di Chiara Vecchi e i repentini cambi di scena ideati dallo stesso regista Federico Bellone con il formidabile disegno luci di Valerio Tiberi, si susseguono a ritmo incalzante mentre cresce la tensione che dà origine a un’alternanza fra misticismo, thriller e idillio sensuale come nella famosa scena in cui Sam E Molly modellano insieme un vaso di creta sulle note della indimenticabile ‘Unchained melody’ dei Righteous Brothers.

Questa storia fatata pare mutuata dal mito di Orfeo ed Euridice ma anche dalla letteratura romantica che ha ispirato gli atti bianchi di molti balletti, animati da spiriti di fanciulle innamorate. Guest star internazionale dello show, nel ruolo del fantasma dell’ospedale, è Ronnie Jones. Compositore e cantante Jones è anche autore di grandi successi per artisti italiani, fra i quali Zucchero Fornaciari.

La colonna sonora pop-rock, arrangiata da Dave Stewart, ex componente degli Eurythmics, e da Glen Ballard, tra gli autori della musicista canadese Alanis Morissette, fa da sfondo a un racconto dove prende forma un musical sensuale e fantasy dove ogni evento cela un mistero apparentemente inspiegabile.

“La chiave di lettura dello spettacolo è suggerita, come spesso accade, dal problema che accomuna i personaggi principali: “non si può tornare indietro … le nostre scelte, azioni della vita, creano delle conseguenze spesso irreversibili” spiega il regista Federico Bellone. Che aggiunge: “L’obiettivo? Far sì che con questo romantico thriller lo spettatore possa stringere la mano della persona che è venuta con lui o lei a teatro, o correre da colui o colei a cui tiene nel profondo, per non perdere l’occasione di dire ancora una volta, o per la prima volta, “ti amo”, e per davvero, perché i treni della vita spesso passano una sola volta, e altrettanto spesso non si può tornare indietro”.

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Intervista a Emiliano di Meo

Emiliano Di Meo vive a Roma ed esordisce nel 2013 come autore autoprodotto con Il Chiaroscuro Delle Cose. A partire dalla sua prima opera sono subito evidenti i temi che gli sono più cari: l’introspezione dell’animo umano e il riconoscimento dell’amore come sentimento universale che non è più possibile imbrigliare nella distinzione tra i generi. Lo scrittore contribuisce a dar voce ad una comunità come quella LGBT che ancora oggi si trova costretta a combattere per il pieno riconoscimento dei propri diritti..

1. Come ti sei avvicinato alla letteratura? Quando hai capito che avresti voluto scrivere?

Mi ha sempre incuriosito l’arte in generale. La necessità che l’uomo ha di esprimere il proprio universo interiore. Da ragazzino iniziai con il disegno, ma avevo la sensazione che non mi permettesse di “dire tutto”, così da adolescente ho iniziato a scrivere ed eccomi qui.

2. Perché la letteratura strettamente LGBT e perché la letteratura erotica?

La scelta della letteratura LGBT è legata all’idea che ce ne sia bisogno più che mai, ma c’è bisogno di letteratura LGBT che provenga dalla comunità LGBT e non da chi crede di poter immaginare cosa significa essere un omosessuale oggi. Sono un uomo gay nel 2020 e chi non lo è non può capire cosa significa esserlo.  Ci sono cose che non si possono immaginare. O si vivono o non si possono capire appieno, nel bene e nel male. La storia del “ti capisco grazie alla mia spiccata sensibilità” con me non ha mai funzionato.

Mi irrita chi spaccia per letteratura LGBT testi che non provengono dalla comunità, perché non si tratta di letteratura LGBT, bensì di fantasy.

Della letteratura erotica poi mi incuriosisce la possibilità che ti dà di scavare nell’animo umano. Mi piace indagare e arrivare alle fantasie delle persone comuni, quelle non racconterebbero a nessuno, se non al proprio amico del cuore, ma, anche in quel caso, lo farebbero a bassa voce. Mi affascina l’idea di raccontare quello che fanno gli uomini quando nessuno li vede. Quello che fanno per godere.

3. Cosa rispondi a chi ritiene che la letteratura erotica sia un’espressione minore?

Che non devono aver paura del sesso o della voglia di sesso, perché è naturale. Ecco, una volta che avranno accettato il sesso come componente naturale della loro esistenza, senza morbosità, riusciranno a smettere di stigmatizzarlo. Mi fanno sempre sorridere quelli che si reputano troppo colti per la letteratura erotica.

4. Quali sono i tuoi riferimenti e idoli? Da dove arrivano le idee? Quanto c’è di biografico in quello che scrivi?

Nella letteratura non ho riferimenti. Voglio che le mie storie vengano riconosciute come unicamente mie. Non voglio che assomiglino alle storie di qualcun altro. Idoli non ne ho in generale. Diciamo che non subisco il fascino del famoso. Mi piacciono tutti gli anticonformisti, ma se riconosco che lo sono in maniera genuina, senza forzature. Mi piace l’animo rock n roll.

Le idee mi arrivano dalle mie curiosità. Dall’osservare la vita degli altri, ascoltare quello che dicono, come si muovono e, inevitabilmente, dall’osservare me stesso e di conseguenza c’è molto di me nelle mie storie. Non potrebbe essere altrimenti. A me piace parlare solo di quello che conosco.

5. C’è un personaggio a cui sei affezionato di più?

Ora dirò una banalità, ma essendo i miei personaggi li amo un po’ tutti. Ci sono, però, dei cuori puri sul serio che non si possono non amare in modo particolare. Mi piace Paolo da IL CHIAROSCURO DELLE COSE e Samuel, protagonista di SO QUANDO SEI FELICE DAL COLORE DEI TUOI OCCHI. Per un motivo del tutto opposto, poi, mi piace Davide, protagonista indiscusso di AMICI DI NOTTE. Lui mi piace perché è sporco come lo sono le persone vere.

6. Come è stato posare come modello per noi?

Divertente. È stato divertente. Ed è stata anche una piacevole sorpresa. Mi aspettavo personaggi un po’ “ingessati” e, invece, c’era un bel clima e molta disponibilità. Mi sono divertito.

7. Come ti poni nei confronti della moda?

Non ne so molto, lo ammetto. So quello che piace a me, ma non saprei dire se va di moda o no. È qualcosa che va oltre le mie capacità ed è sempre stato così. Ho i miei gusti e seguo quelli, se poi vanno anche di moda, bene, altrimenti pazienza.

8. Cosa non può mancare nel tuo guardaroba?

Gilet, mocassini e camicie a quadri.

9. La tua definizione di eleganza?

Sentirsi a posto con se stessi, ovunque, senza avvertire il bisogno di sembrare qualcun altro.

10.Come sei nel tempo libero? Viaggi? Altre passioni?

Casalingo. Sono poco mondano, però mi piace viaggiare. Mi piace mangiare cose nuove, mi piacciono i posti raccolti. Mi piace lo sport, ma più che una passione è quasi un bisogno, se devo essere sincero. Mi piace passeggiare per la mia città.

11. Consigliaci un luogo o un viaggio o un piatto ispirato a un tuo libro.

Vediamo, provo a fare tutte queste cose in un’unica proposta. Non ho ancora mai ambientato una storia in Turchia, ma conto di farlo prestissimo. Sono rimasto affascinato da Istanbul, dalla sua musica, dal cibo e dalla bellezza della sua gente.

12. Progetti e sogni per il futuro?

Continuare a scrivere senza lasciarmi condizionare dal pensiero di cosa potrebbe piacere o non piacere al pubblico. Voglio continuare a scrivere seguendo semplicemente il mio gusto e vedere come rispondono gli altri. 

Photographers: Carlo William Rossi and Fabio Mureddu

Stylist: Stefano Guerrini

Make-up: Carlo William Rossi using Mac Pro

Hair-style: Cosimo Bellomo using Hair by Sam McKnight 

Stylist’s Assistant:  Elisa Maria Montanaro and Stefano Mastropaolo

Set assistant: Mauro Angelozzi

Model: writer Emiliano Di Meo

Thanks to MAX SIMOTTI Studio

Sweaters DOPPIAA, shirt Corneliani 

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San Valentino 2020: gli accessori lui e lei

Una gallery di accessori da regalare a San Valentino. Ecco le nostre proposte per lui e per lei pensate appositamente per l’occasione.

Jabra

Dotati di una batteria della durata fino a 28 ore, gli auricolari Jabra sono un regalo non solo bello e d’impatto ma anche utile nella vita di tutti i giorni, per musica e chiamate in libertà e senza il fastidio dei cavi (sono infatti True Wireless).

Malo

Per lei e per lui un marsupio in morbida pelle rossa, con maxi lettere “Malo” in rilievo, da portare in vita, a spalla o cross-body.

Sparco

Orologio con cassa in acciaio, quadrante loggato e cinturino in silicone con disegno del pneumatico. Cinture scamosciate o in pelle, sono acquistabili in diversi modelli.

Rimowa

Cover in groove aluminium per IPhone 11, 11 Pro & 11 Pro Max.

Kidult 

Orologio dotato di cassa “Classic Watch” su un cinturino a doppio giro rosso di tessuto con la frase “Time flies when we are together”.

Roncato

Trolley caratterizzato da una forma contemporanea e da linee essenziali e geometriche. È realizzato al 100% in polipropilene, materiale che unisce la massima leggerezza ad una straordinaria resistenza, oltre ad essere totalmente riciclabile e resistente agli urti. 

Puma

Unendo la giocosità di SONIC al design sportivo di PUMA, la collezione PUMA x SONIC presenta le sneakers RS-X3 SONIC in due varianti colore con la griglia semitrasparente bianca o nera con esplosioni di colori accesi e dettagli dorati, disponibili in taglie per adulti e bambini.

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Notte in bianco e nero: gli Oscar premiano la vera eleganza

Glamour e sobrietà: agli Oscar trionfano il normcore e il politically correct con abiti mai troppo eccessivi e teatrali. Il trash non abita qui e perfino la mise maschile di Bill Porter (in total look Giles Deacon e stivaletti vittoriani di Jimmy Choo) che ha seguito tutto il red carpet live, sembra avere un suo perché: una corazzetta di foglie d’oro stile vello di Giasone e una gonna dal print lisergico che pareva un fungo. Divertente, c’è molto di peggio.

Ma non sul red carpet degli Oscar 2020 dove hanno sfilato tutti i big dell’alta moda italiana: da Prada che ha firmato l’oufit in iconico nylon blu di Timothée Chalamet, il nuovo teen idol di Hollywood protagonista di ‘Piccole donne’ e impreziosito con spilla di Cartier vintage, Atelier Versace che alla cerimonia ha griffato la toilette color rosa pallido indossata dal premio Oscar Regina King e l’abito da ballo bianco e silver della candidata all’Oscar Cynthia Erivo mentre ai party glam ha vestito Jessica Alba, a Valentino che ha fulminato la platea con l’abito rosso fiamma di Kristen Wiig e con la mise in velluto cangiante dell’elegantissima Maya Rudolph e la flessuosa sirena Caitriona Balfe, fino a Ermenegildo Zegna XXX che ha firmato l’oufit sartoriale di Mareshala Ali, Pemio oscar per ‘Green Book’ e Alberta Ferretti, vestale dell’eleganza tricolore che ha abbigliato le bellissime America Ferrera in chiffon rosso e in dolce attesa e Krysty Wilson Cairns, splendida in mikado e tulle color miele.

E poi immancabile Gucci by Alessandro Michele che dopo il clamore mediatico di Achille Lauro che con i suoi look scenografici ha letteralmente diviso i social, ha ‘guccificato’ la mise paganeggiante di Salma Hayek Pinault in stiel Nausicaa con tanto di coroncina dorata, quella scultorea di Saoirse Ronan, il nero ricamato di Billie Eilish per la sua performance sul palcoscenico degli academy awards, il suit ametista di Elton John (vincitore dell’oscar come miglior canzone originale) completato da occhiali da sole scarlatti di ordinanza, sneaker shock e spilla a forma di missile e il look sgargiante di Spike Lee che con il suo tuxedo viola e giallo ha voluto rendere omaggio allo sventurato Kobe Bryant, scomparso pochi giorni fa in un incidente aereo.

E ça va sans dire, Giorgio Armani che a Hollywood è di casa da tempi non sospetti, si è accaparrato tutte le star di prima grandezza presenti all’evento kolossal della settima arte: dalla vincitrice premio Oscar come migliore attrice protagonista Renée Zellweger per ‘Judy’ che ha scelto un monospalla in paillettes bianche di Armani Privé, a Laura Dern vincitrice dell’Oscar come migliore attrice non protagonista per ‘Storia di un matrimonio’ e ammiratissima per il suo long dress rosa con ricami di jais neri sul corpino sempre di Armani Privé, passando per la mitica terna Robert De Niro, Al Pacino e Martin Scorsese fino a Leo DiCaprio e Tom Hanks.

Anche Dolce & Gabbana ha dato il suo contributo alla gara di eleganza dei divi della settima arte difendendosi a colpi di colore (il giallo abbacinante di Mindi Caling, una bella donna curvy) e alta sartorialità (a scegliere Dolce&Gabbana sono stati Keanu Reeves, Antony Ramos, Gerard Butler e Harvey Keitel) Brioni ha incoronato il suo brand ambassador come vincitore dell’oscar per miglior attore non protagonista Brad Pitt che ha confermato la tendenza dominante per il dresscode maschile degli Oscar: giacca in velluto nero con revers a scialle che abbiamo notato anche sul palco dell’Ariston a Sanremo 70.

Ma qui è stato molto più netto il trionfo della giacca da smoking con baveri sciallati, forse perché slancia, forse perché è una soluzione più creativa e meno monotona, insomma un plebiscito fra i divi si direbbe. E poi un’altra tendenza imperante: il bianco e il nero, il primo soprattutto per le donne (tranne Ryan Seacrest che ha scelto una giacca bianca da smoking) e il secondo per gli uomini (tranne la bella Zazie Beetz che ha scelto un outfit sexy in paillettes con corpetto guȇpière di Thom Browne, o Margot Robbie e Penelope Cruz entrambe in Chanel Haute Couture vintage).

Era candida e Chanel custom made la mise da red carpet di Billie Eilish la nuova star emo del pop che ha esibito lunghe unghie nere.Quella del bianco e nero che abbiamo registrato a Hollywood per la notte delle statuette, sembra una dicotomia legata a doppio filo all’estetica dell’età vittoriana quando la donna doveva essere semplicemente uno status symbol maschile.

Però qui il metoo che oggi a Hollywood fa il bello e il cattivo tempo, non ci sta: presenti al galà delle stelle più abbaglianti del firmamento cinematografico Charlize Theron in cady nero fatalissimo, Greta Gerwig (regista di ‘Piccole donne’ che si è aggiudicato un oscar per i costumi), Natalie Portman in pizzo nero e oro e Sigourney Weaver (in verde smeraldo favolosa interprete di ‘Alien’, di ‘Una donna in carriera’ e di ‘Gorilla nella nebbia’) hanno rivendicato le quote rosa vestite dalla nuova paladina del femminilismo haute couture, Maria Grazia Chiuri che è il direttore creativo della maison Dior(e Kim Jones è la sua controparte maschile per Dior men che ha vestito sul tappeto rosso Antonio Banderas candidato per ‘Dolor y Gloria’ di Almodovar quest’ultimo in nero assoluto Givenchy).

Notevole la cappa nera di Natalie Portman che ha esibito i nomi ricamati delle artiste presenti nel cinema e non candidate all’oscar, una elegantissima revanche. Inclusione è stato il refrain della serata andata in scena a Los Angeles al fastoso Kodak Theatre: dalla presenza sul palcoscenico dell’attore down fino alla rivincita delle donne curvy, Rebel Wilson avvolta in un abito shock arricciato e scollato effetto Ferrero Rocher (ma apprezziamo il suo coraggio), Beanie Feldstein in abito Miu Miu ricamato a fiori in bianco e nero e Krissy Metz in un audace modello rosso fiamma, davvero temeraria, e favolosa la sua performance canora.

Il nero dicevamo è uno statement di stile per gli uomini in look da bel tenebroso, molto Julio Iglesias, o in stile Eminem che si è esibito in una intensa performance canora durante la cerimonia degli Oscar: da segnalare il total black Saint Laurent disegnato da Anthony Vaccarello (che ha vestito anche Gal Gadot e Amber Valletta al party più sfarzoso della oscar night) sfoggiato con somma leggerezza da Rami Malek che nel 2019 si è aggiudicato l’Oscar per ‘Bohemian Rapsody’ e che ritroveremo nell’ultimo capitolo attesissimo di James Bond’, un film Universal Pictures, fino a Adam Driver in Burberry, John Hamm, Dylan Sprouse e KJ Apa in Atelier Versace e dulcis in fundo Joaquin Phoenix.

E qui apriamo una bella parentesi. Il divo che ha trionfato con l’Oscar come miglior attore protagonista con ‘Joker’ di Todd Philips distribuito da Warner Bros che ha vinto anche l’oscar per la colonna sonora, ha esibito con orgoglio lo stesso smoking nero di Stella McCartney che indossava ai Golden Globes e tornando all’inclusione ci sta, perché qui si parla di upcycling e di sostenibilità.

L’attore che per noi è il nuovo paradigma mascolino dell’era del 5g e promuove il glamour sostenibile, ha puntato il dito contro il razzismo invocando i diritti umani e ha così parlato davanti alla platea degli oscar:“siamo disconnessi dalla natura e siamo egocentrici, distruggiamo la natura, non dobbiamo avere paura di cambiare, gli uomini sono geniali, dobbiamo usare amore e compassione per sviluppare sistemi a beneficio di tutti, sono stato egoista e cattivo a volte nella vita e ho avuto una seconda opportunità, bisogna sostenersi gli uni con gli altri dobbiamo sostenerci nella redenzione”, e tutta la sala applaude con una standing ovation.

Gli altri Oscar sono andati a ‘1917’ di Sam Mendes che si è aggiudicato ben tre statuette per il sonoro, gli effetti speciali e la fotografia, a ‘Bombshell’ il film sullo scandalo delle molestie sessuali in tv è andato l’oscar per trucco e parrucco, a ‘C’era una volta…a Hollywood’ di Quentin Tarantino distribuito da Warner Bros premiato oltre che per l’interpretazione di Brad Pitt, anche per la scenografia, mentre Les Mans 1966’ si è portato a casa due oscar per montaggio e montaggio sonoro.

E infine colpo di scena: per la prima volta Hollywood non premia sé stessa ma il cinema asiatico e specialmente la Corea e ‘Parasite’ fa poker di oscar con 4 statuette d’oro: miglior regia, miglior film straniero, miglior film e migliore sceneggiatura originale. Non avevamo dubbi che Parasite, il fim di Bong Joon Ho che racconta la struggle class in Corea del Sud nell’era 4.0 fosse il film dell’anno. Eccellente. Stay tuned on manintown! 

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Editorial: Luca Maurino

Photographer: Cosimo Capacchione

Stylist: Stefano Guerrini

Grooming: Fabiana Daddato

Stylist’s assistants: Daniela Cassis, Salvatore Pezzella

Model: Luca Maurino @Boom Models Milano

Location: FLASH STUDIO MILANO

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Intervista a Antonino Laspina, Italian Trade Commissioner

L’Italia torna di moda negli Stati Uniti. I nuovi trend del mercato d’Oltreoceano, che evidenziano una maggiore attenzione verso la qualità e la sostenibilità, hanno riaperto i giochi anche per le piccole e medie imprese del Made in Italy. Abbiamo incontrato Antonino Laspina, direttore esecutivo dell’Italian Trade Agency nel mercato statunitense. Nel corso della sua carriera, Laspina ha lavorato con università, comprese quelle in Cina, centri di formazione e riviste italiane e internazionali su argomenti legati al commercio internazionale e all’economia. È diventato membro del Young Leaders ‘Group (Consiglio Italia-Stati Uniti) nel 1998 fino all’attuale ultimo incarico come direttore esecutivo di ITA iniziato lo scorso Novembre.

Come stanno cambiando i mercati americani in relazione al Made in Italy?

Il mercato Americano, come tanti altri importanti mercati nel mondo, subisce profonde modifiche a seconda della composizione demografica e dei nuovi soggetti che intervengono nella spesa destinata all’acquisto di beni, in questo caso di beni di qualità, del Made in Italy. Davanti a noi abbiamo uno scenario con una forte presenza di soggetti che possiamo definire millennials, che si relazionano al Made In Italy cercando di apprezzarne alcuni aspetti che stanno emergendo recentemente, ma abbiamo anche dei clienti molto consolidati e affezionati a questo tipo di prodotti. Allo stesso tempo ci sono anche nuove tendenze relative alla possibilità che consumatori di fasce abbastanza alte possano essere interessati al Made in Italy, più di quanto lo siano stati nel passato anche per effetto della crescita della sua percezione sul mercato Americano.

E quale è la percezione del prodotto italiano negli USA?

La percezione del prodotto Italiano negli USA continua a rimanere abbastanza positiva. Direi che in alcuni settori, in termini di apprezzamento, il prodotto italiano non ha rivali perché costituisce un prodotto in una classe a se stante. Tuttavia dobbiamo tenere conto del fatto che ci sono delle tendenze che possono avvicinare i prodotti di altri paesi ad un livello pari allo standard di percezione del prodotto Made in Italy. Per noi è importante cercare di mantenere questa leadership con una fortissima azione promozionale, che deve, da un lato cercare di consolidare i consumatori nei territori dove siamo già abbastanza forti, come le zone delle coste, soprattutto con riferimento agli stati di New York e New Jersey, e la California, ma dall’altro lato andare ad operare delle azioni di promozione sui nuovi territori che stanno godendo di questa fase di crescita economica, che potrebbero essere identificati simbolicamente dallo stato del Texas.

Quali sono gli assets su cui le aziende italiane devono puntare?

Le aziende Italiane per farsi ancora strada su questo mercato e per rafforzare la propria posizione devono insistere sugli assets e i valori che hanno permesso di costruire nell’arco di questi vent’anni le posizioni di leadership che hanno ottenuto. Sostanzialmente, c’è la necessità di essere percepite come aziende che incorporano valori come la qualità, e in alcuni casi anche l’esclusività e l’utilizzazione di materie prime. Sia per quanto riguarda i prodotti attinenti al sistema della moda sia per quelli attinenti al sistema del design per la casa. Diventa importantissimo per le nostre aziende continuare ad insistere sull’ aspetto peculiare dell’Italia come centro unico rispetto ai suoi competitors, in quanto nel nostro territorio coesiste sia la fase creativa, della creative industry, che quella del settore manifatturiero. In qualche modo costituiamo un unicum e dobbiamo assolutamente puntare su questo, perché all’interno di questo meccanismo si può costruire un’ ulteriore riqualificazione del prodotto Italiano in termini di alta qualità, con delle componenti di artigianalità che sono uniche nel nostro sistema, come la craftsmanship. Tutti elementi che cominciano ad essere sempre più importanti per alcune fasce di consumatori americani. Più di quanto lo siano stati nel passato.

Come si articola e come si sviluppa il vostro piano e strategia di rilancio del made in italy?

Sulla base dei risultati degli ultimi anni si sono portati avanti un piano ed una strategia di rilancio del Made in Italy che puntano su un accresciuto valore delle risorse destinate all’attività promozionale. Come dicevo prima, questa strategia mira da un lato a fidelizzare e stabilizzare i consumatori che abbiamo in alcuni territori, ma dall’altro lato anche a conquistarne di nuovi soprattutto in quelle aree dell’interno dove le dinamiche economiche degli ultimi anni hanno permesso di avere, come ad esempio in alcune capitali, redditi pro capite che sono superiori ai 60 e 70mila dollari, e che presentano un ritardo rispetto alla percezione del prodotto italiano. Dobbiamo lavorare moltissimo per portare il prodotto sul territorio. Chiaramente uno strumento molto importante sono le attività di collaborazione con la grande distribuzione organizzata, sia che si tratti di distribuzione sul piano nazionale sia che si tratti solo di presenza di tipo interstatuale. Andremo, quindi, ad investire molto sugli inviti alla rete distributiva, svilupperemo una maggiore presenza presso le più importanti manifestazioni fieristiche italiane e addirittura ipotizziamo anche il ricorso a strumenti promozionali che sono attività proprie e autonome realizzate dall’ICE in collaborazione con altri partner. Inoltre, è importante avviare un piano di azione che copra un territorio molto più ampio per farsi conoscere maggiormente. In tutto questo c’è anche uno spazio per quanto riguarda le attività che si devono realizzare con il sistema digitale. Abbiamo, infatti, perfezionato un accordo con Amazon e stiamo studiando altre forme di collaborazione. L’idea principale è che questo mercato, come per altro i mercati che si trovano in Europa e anche in Asia, abbia bisogno di un’ utilizzazione dei due canali di commercio offline e online. Naturalmente, sarà fatto un notevole sforzo anche per recuperare l’interesse di un crescente numero di aziende Italiane per questo mercato. Tuttavia, abbiamo notato che dalla parte Italiana c’è la necessità di una fortissima azione di aggiornamento sul mercato Americano e quindi dobbiamo inviare alle aziende italiane un messaggio che gli permetta di capire che questo mercato ha regole molto rigorose per quanto riguarda la serie di normative sulla composizione dei prodotti e dei materiali, ma anche per quanto riguarda gli aspetti doganali. Questa difficoltà, però, non significa impossibilità e quindi si può pensare di aprire nuove prospettive per le aziende Italiane. La qualità comincia a farsi strada sul mercato e per questo motivo per le aziende di questo tipo potrebbe essere un’occasione per recuperare posizioni a livello globale.

Quali sono le aziende italiane che sono state supportate? I primi feedback?

I primi feedback sono abbastanza positivi. In effetti, il tempo che abbiamo avuto a disposizione per questa nuova strategia è stato abbastanza breve, ma generalmente costruiamo strategie su dei successi che sono innegabili. Per esempio, abbiamo una presenza molto consolidata nel sistema moda e una qualificata presenza di produttori di qualità. L’obiettivo è fare arrivare su questo mercato nuove tendenze, nuovi soggetti creativi e manifatturieri perché dobbiamo cogliere l’occasione che questo mercato presenta una maggiore sensibilità verso nuovi temi, come quello della sostenibilità, del green, del rispetto della natura, tutte problematiche in cui le nostre imprese si sono cimentate. Inoltre, questi temi hanno già riportato notevoli risultati positivi su altri mercati. Per noi, quindi, l’aspetto importante è quello di farci percepire come portatori di questi nuovi valori che si fanno strada sempre di più nel mercato Americano.
Per le nostre imprese, nel corso degli ultimi anni, una scommessa sono stati i trattamenti rispettosi dell’ambiente per quanto riguarda le pelli, le fibre, soprattutto quelle naturali, o altri trattamenti di prodotti necessari a costituire il processo manifatturiero del settore del tessile e dell’abbigliamento. Oggi probabilmente presentiamo in termini anche di ricerca e sviluppo una produzione più sofisticata e più in linea con queste aspettative. Siamo, quindi, molto fiduciosi sul fatto che questo tipo di risposta positiva del mercato possa rafforzarsi nel corso dei prossimi anni.

Una vostra prima valutazione dopo la collaborazione con Project?

Già con questo evento possiamo dire che abbiamo saputo cogliere e interpretare queste tendenze di cui ho parlato prima. Le nostre imprese coinvolte in questo progetto, tra l’altro, erano già un numero abbastanza interessante. Per la parte futura riteniamo che si dovrà puntare molto sugli aspetti di comunicazione di quello che oggi è il nostro sistema sia creativo che manifatturiero. Dobbiamo sapere comunicare questi valori che a volte sono peculiari o addirittura esclusivi del nostro sistema Italia. Per fare questo, abbiamo bisogno di potere utilizzare diverse piattaforme. L’idea di fondo è di potere utilizzare delle piattaforme consolidate per quanto riguarda il sistema espositivo, ma non è da escludere il fatto che a queste attività si possano aggiungere, forti di queste indicazioni che arrivano dal mercato, anche altre presenze, che possono essere di totale nuova concezione, di intesa con le imprese Italiane e con le strutture che rappresentano l’interesse delle imprese.

Si parla molto di sostenibilità, come è recepita dal mercato americano?

La sostenibilità è un fatto che si accompagna ad una sensibilità in crescita non solo sul mercato americano ma anche su altri mercati in relazione a tutte le problematiche di trattamento dei prodotti nella fase manifatturiera, ma anche alle fasi che riguardano il trattamento delle materie prime, per arrivare anche a come si coltivano le piante da cui provengono poi le fibre vegetali o come si trattano le fibre che provengono dal mondo animale. Sostenibilità, quindi, è una parola d’ordine a cui tutto il sistema deve sottostare perché sul mercato americano questa sensibilità nei confronti della natura e dei processi che non siano troppo invasivi o distruttivi, si sta facendo strada di pari passo a quello che sta avvenendo nei mercati più sofisticati. Qui la risposta del sistema Italia, secondo me, è all’altezza delle aspettative perché, come avevo evidenziato, nel nostro sistema di trattamento delle pelli abbiamo introdotto tutta una serie di processi che limitano l’utilizzazione di sostanze nocive. Abbiamo applicato le tecnologie di recupero e quindi siamo produttori di materie prime o di semilavorati che possono essere una garanzia in termini di sostenibilità. Abbiamo delle aziende che trattano fibre naturali come il cotone, però abbiamo già controllato la fase di coltivazione. Abbiamo delle società che già nella fase di selezione delle fibre naturali, come ad esempio la lana proveniente da diversi animali, hanno una grandissima attenzione e cura per quanto riguarda i processi selettivi e poi trasferiscono nel processo di lavorazione queste fibre, dove le sostanze coloranti o qualsiasi altra sostanza deve essere assolutamente compatibile con il sistema della natura. D’altra parte, siamo obbligati a fare ciò dal fatto che le nostre imprese sono collocate in un contesto della nostra campagna, del nostro sistema Italia che convive e coesiste con dei capolavori dell’architettura e dell’arte. Abbiamo una campagna che essenzialmente ha una grande protezione perché da lì derivano anche altre fonti di reddito come quelli dell’agricoltura e del turismo. È un sistema, quindi, che prima ancora che si facesse strada la sostenibilità come elemento molto forte del mercato Americano, ha dovuto fare questa scelta per causa naturale, per proprie forze interne, perché l’intervento sulla natura soprattutto in Italia deve essere molto leggero e di scarso impatto perché deve salvaguardare anche altri settori dell’economia Italiana. Quindi siamo sicuramente un sistema produttivo in grado di soddisfare questi aspetti della sostenibilità, del green, e di queste legittime aspettative che ci sono nei consumatori. D’altra parte, se il sistema Made in Italy si sta rafforzando sempre di più anche in contesti che non sono sempre stati positivi dal punto di vista dell’economia, è proprio perché è riuscito ad interpretare e dare risposte adeguate a queste aspettative.

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San Valentino: i regali beauty

Anche il mondo beauty, per la giornata più sentimentale dell’anno, sfodera il suo lato più romantico con proposte ad hoc. Tra fragranze, skincare e beauty device ecco i regali da scegliere per festeggiare questa ricorrenza speciale con i nostri partner.

GHD

Un’edizione limitata dedicata a ghd platinum+ deep scarlet, la styler con l’innovativa predictive technology che riconosce lo spessore dei capelli e la velocità dello styling. Basta una sola passata per ottenere il finish perfetto su tutti i tipi di capelli.  Oltre a un look super glamour, sarà possibile aggiungere alla styler un messaggio d’amore tramite il servizio di personalizzazione.

GLAMGLOW

Good in Bed è una crema notte al frutto della passione con acidi esfolianti delicati e acido ialuronico che rimpolpa la pelle. Grazie alla tecnologia cationica, la carica positiva della formula viene attratta dalla carica negativa della pelle, attivando la tecnologia che rende la pelle più morbida e soffice, per ritrovarla fresca, profumata e sexy anche al risveglio.

BOBBI BROWN CRUSHED OIL-INFUSED GLOSS 

Un prezioso mix di oli che regala alle labbra idratazione costante, per uno strepitoso effetto volumizzante, amplificato da una brillantezza incredibilmente glossy e supersexy.

GILLETTE SKINGUARD

La nuova tecnologia Skinguard solleva le lame delicatamente per ridurre al minimo il contatto con la pelle sensibile. Il design unico della testina, grazie alle due lame perfettamente distanziate e a bassa forza di taglio, evita di tirare e strappare il pelo, per dire basta alle irritazioni da rasatura.

COMFORT ZONE THE SHAVE ESSENTIALS KIT

Cofanetto rasatura idratante lenitivo che contiene: Skin Regimen Shaving Gel (200 ml) che facilita la rasatura e previene irritazioni da rasoio e arrossamenti. Skin Regimen Hydra Fluid (50 ml) invece idrata e calma la pelle dopo la rasatura. Ideale come dopobarba per tutti i tipi di pelle.

FRANCK BOCLET FREEDOM

Freedom è un’armonia orientale gourmand che si ispira all’atmosfera elettrizzante dei mitici eighties. Si apre con note esperidate e aromatiche di bergamotto, mandarino, basilico e cumino. Nel cuore freedom rivela un animo caraibico con note di rhum, frutto della passione, monoi e fava tonka. Il fondo orientale di vaniglia e muschio bianco dona pienezza e rotondità alla nota patchouli.

MOLINARD LES AMOUREUX DE PEYNET

Una fragranza fresca e frizzante, con note delicatamente speziate di zenzero. Una nuova eau fraîche che unisce tenerezza e romanticismo. Le note esperidate del mandarino, del pompelmo e del bergamotto si aprono su un cuore speziato e vivace per poi lasciare spazio a un’eco legnosa e muschiata.

VERSACE EROS FLAME POUR HOMME

Una fragranza persistente e avvolgente, che riesce ad essere allo stesso tempo virile. Un’ode alla passione e inno alla voluttà dei sensi.

AHAVA AGE CONTROL ALL-IN-ONE EYE CARE

Una cura specifica per il contorno occhi degli uomini progettata per combattere i segni dell’invecchiamento e della stanchezza. Con un solo gesto contrasta i principali inestetismi a cui è soggetta questa parte del viso tra cui gonfiore, occhiaie, secchezza e linee sottili.

SALVATORE FERRAGAMO UOMO SIGNATURE E SIGNORINA MISTERIOSA

Uomo signature rappresenta l’equilibrio perfetto tra mascolinità indomita ed eleganza italiana. È una nuova formulazione, più profonda e più magnetica, che muove un passo verso la temerarietà senza però tradire la sapienza artigianale e la tradizione italiana.
Signorina misteriosa riflette il lato misterioso di una ragazza elegante. È una fragranza audace che libera i segreti di una giovane donna padrona del proprio destino.

SMASHBOX ROSSETTO CREAM TO MATTE

Un rossetto a lunga durata e full coverage, che si stende facilmente e si fissa rapidamente trasformandosi in una vellutata texture matte, senza seccare le labbra. Dura ben 12 ore!

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A model’s talk: Ricki Hall

Capelli platino e barba nerissima, occhiali da nerd e baffoni intrecciati, guance nude e pizzetto: Ricki Hall (@rickisamhall su instagram) è l’esempio lampante di come ci si possa divertire a cambiare tutto – ma proprio tutto – del proprio look senza pensare alle regole, e non solo per barba e capelli. Sembra che addosso che gli stia bene tutto perché le sue scelte che sembrano casuali, non lo sono per nulla, vengono studiate con uno styling impeccabile. Eccolo nel nostro editoriale.

A cosa ti ispiri per creare il tuo stile?

Sono un fan degli indumenti da lavoro, del denim giapponese e dell’abbigliamento sportivo americano degli anni ’50. Generalmente, per il mio stile, prendo ispirazione dai film americani degli anni ’50 e ’60 in cui è presente un cenno ai film adolescenziali degli anni ’80. Un elemento fondamentale per me è sapere sempre come sono fatte le cose, capire quanto siano sostenibili, qual è la loro qualità e conoscere le persone che le hanno prodotte. 

Quanto tempo dedichi alla tua beauty routine?

Da poco tempo mi sono rasato completamente i capelli. 
Sul mio viso, invece, utilizzo Eisemberg Paris perché secondo me crea degli eccellenti idratanti e detergenti sia per la notte che per il giorno. 
Sulla barba uso l’olio e il balsamo per barba di Captain Fawcett “Booze & Bacc” per cercare di tenerla sempre controllata e profumata di fresco. Questa routine mi richiede circa 25 minuti al giorno ed è super veloce e semplice.

Viaggi spesso per lavoro, cosa non può mancare nella tua valigia quando viaggi?

Mi porto sempre dietro le mie cuffie e le mie casse di Bang & Olufsen perché senza musica non riesco né a viaggiare né a lavorare. 
Anche le candele, però, non possono mancare perché io amo che le camere d’hotel profumino di casa. Dyptique, ad esempio, ha creato una gamma fantastica: elegante e classica con un tocco di rock n roll. 
Il mio diario è un’altra cosa molto importante per me. Infatti, prendo costantemente appunti e scrivo sempre idee per i miei brands e progetti futuri.

Qual’è la tua città preferita nel mondo?

Londra per me è il top (vivo nel sud est di Londra), mentre New York City e Milano sono al secondo posto. 
Io sono un vero e proprio inglese cresciuto nelle midlands e quindi trasferirmi a Londra a 20 anni mi ha fatto scoprire un nuovo mondo. Devo molto a questa città. Ha contribuito a creare la mia carriera. Londra, infatti, possiede una cultura incredibile ed una storia splendida. Io so di essere a casa quando davanti a me ho un’enorme English breakfast che per me è il cibo dei campioni. Ci ho creato un esercito su quella roba. 

Un posto davvero cool da non perdere a Londra?

Qualche anno fa ti avrei detto The Stables Market a Camden (lavoravo lì), ma negli ultimi due anni è cambiato tutto. Tutti i negozi vintage più divertenti e stravaganti sono stati abbattuti o hanno dovuto chiudere a causa dei prezzi di affitto sempre più alti. Attualmente un posto fantastico che frequento molto è il Brixton Market dove il cibo è insuperabile. Il loro pollo piccante è considerato uno dei migliori del mondo. 
Per una splendida visita gratuit, invece, ti consiglio invece di andare a Primrose Hill. 

La canzone in cima alla tua playlist?

Mentre ero qui a New York ho ascoltato molto Tom Walker. Una delle mie sue canzoni preferite è “Fly away with me”, ma il suo album “What a time to be alive” è semplicemente eccezionale. In realtà non è molto il mio genere perché io solitamente preferisco il metal o il rock però in quell’album ci sono alcune canzoni che mi rispecchiano molto e mi fanno pensare. 

Vantaggi e svantaggi di essere un modello?

Un vantaggio è che puoi viaggiare molto. Uno svantaggio, invece, è quando le persone ti chiedono cosa fai per guadagnati da vivere, tu gli rispondi, e loro ti guardano dall’alto al basso come per vedere se realmente tu abbia i requisiti per fare modello. 

Cosa ti piace dell’Italia?

Sicuramente le tre “P” che per me sono le Persone, la Passione ed ovviamente… la Pizza. La passione che hanno gli italiani per ogni cosa che fanno è veramente d’ispirazione. 

Piani per il futuro?

Ho un brand di vestiti che si chiama “Indigo and Goods” e attualmente abbiamo in programma alcune grandi campagne e linee di abbigliamento grandiose. 
Anche dalla mia collaborazione con il brand di grooming maschile “Captain Fawcett” stanno uscendo nuovi prodotti. Alcuni di quelli che ho creato insieme a loro, sono sono già in commercio e sono tutti per la barba, mentre quelli nuovi saranno per chiunque e comprenderanno shampoo, idratanti e detergenti. Tutti con il famoso aroma Old School per il quale siamo conosciuti… andate a vederli! 🙂

Ricki HallSUPA Model Management @RickiSamHall

Photographer: Cosimo Capacchione

Stylist: Stefano Guerrini

Grooming: Fabiana Daddato

Stylist’s assistants: Daniela Cassis, Salvatore Pezzella

Model: Ricki Hall @Boom Models Milano

Location: FLASH STUDIO Milano

Intervista di Massimiliano Benetazzo

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Windsor: dal 1889 l’eccellenza fra tailoring e smart luxury

Windsor è un brand di abbigliamento uomo e donna che da oltre 130 anni è sinonimo di sartorialità moderna e lusso più vero definito “Relaxed Tailoring”. Nasce nel 1889 e fa capo da pochi anni alla Svizzera Holy Fashion Group con sede a Kreuzlingen sul lago di Costanza. È già presente nelle più importanti capitali europee con flagship store, all’interno di prestigiose boutique multibrand e nel canale online. 

La collezione autunno inverno 2020/21 è caratterizzata principalmente da cappotti realizzati con tessuti e fibre ricercati e premium come alpaca, mohair, cashmere e lana pregiata. La maglieria, invece, presenta pezzi realizzati in puro cashmere, creando look raffinati, caldi e confortevoli. L’active appare con discrezione, per spiccare nel bomber dalle forme innovative. La fantasia macro-check è un tema chiave ed è espressione di tutto spirito del Canada, pensando ai “Boscaioli” si trasforma in camicie e abiti, che in questo momento sono i veri protagonisti del fashion. 

Le chiavi del suo successo si ritrovano nell’iconico blazer femminile, nella giacca maschile in tessuti inediti ultra comfort e totalmente decostruita e nelle proposte total look che danno la sensazione di autentiche espressioni del proprio modo di essere.  Il design pulito e moderno, la vestibilità perfetta, i materiali pregiati, quasi tutti italiani, fanno di windsor il simbolo di un nuovo heritage.

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Vittorio Piani, la pelle nel dna

Tra i più grandi cultori della lavorazione della pelle della nostra penisola, figura Vittorio Piani, da sette anni presidente di Stewart, società della provincia fiorentina, da sempre terra di grandi maestri della pelle. Architetto per formazione e amante delle linee raffinate e pure, sostenitore del less is more, ha trasportato questa sua visione di eleganza nel progetto che lui stesso ha rilevato e sviluppato con un successo ogni anno più rilevante.

Stewart, con i suoi 200 punti vendita in Italia e una ventina all’estero è una delle realtà più interessanti dell’industria italiana, per il suo impegno costante nella produzione di capi in pelle nel totale rispetto dell’ambiente, evitando l’utilizzo di agenti chimici inquinanti per i lavaggi che invece vengono trattati con particolari procedimenti in acqua tiepida.

Un’anteprima della collezione di Stewart della Fall Winter 2020 – 2021
Giacca in pelle appartenente alla collezione Etere per la primavera estate 2020

Un grande classico maschile che si sposa con una tradizione di centauri da bike-movie come Peter Fonda in “Easy Rider” o “Il Selvaggio” Marlon Brando su due ruote.

Ma l’evoluzione dello stile di Stewart arriva con il successo della sua “Nuvola”, un piumino rivestito di pelle, per rispondere alle esigenze della stagione fredda senza rinunciare alla qualità 100% Made in Italy e l’eleganza grintosa di un capospalla in pelle, che, all’occasione, diventa anche trasformista perché è reversibile, nelle due varianti in pelle colorado classica e camoscio idrorepellente e in 8 mosse diventa un cuscino, ideale per i lunghi viaggi. Nella sua proposta estiva “Etere” è un’accattivante giacca in pelle sfoderata.
Comun denominatore: morbidezza al tatto e adattabilità agli spazi. La pelle viene rigorosamente trattata e bottalata prima di passare una durissima selezione e diventare un capo Stewart, morbidissimo al tatto come un foulard di seta.

Quando gli amici ritornano: Claudio Sona

A quasi un anno dall’ultimo editoriale, incontriamo nuovamente uno dei nostri men in town, Claudio Sona, che ci racconta una ritrovata quotidianità, svelandoci qualche dettaglio sui progetti imminenti.

Come sta andando il periodo successivo alla chiusura della tua attività?

Se il 2019 é stato l’anno dei cambiamenti, questo é il momento della costruzione. La realizzazione di una casa che rispecchi la mia personalità e che costituisca il mio porto sicuro insieme alla scelta di una nuova attività, nel settore ristorazione, che mi dia nuovi stimoli. Sono decisioni importanti che preferisco prendere con calma ma delle quali non mi piace parlare per scaramanzia. Quanto alla televisione, non ho progetti immediati ma sono ben accette proposte che non implichino il mero apparire.

A chi ti ispiri per creare il tuo stile?

Non mi ispiro a qualcuno in particolare, anche se ho i miei stilisti preferiti. Amo essere casual nel quotidiano, però mi sento ugualmente a mio agio se devo vestirmi elegante. Mi piace spaziare, abbinando colori e modelli, per non essere mai banale o scontato.

Stai facendo crescere i capelli, li curi con prodotti particolari?

Far crescere i capelli é stata una decisione che mette a dura prova la mia pazienza perché al momento sono ingestibili. Odio aspettare, vorrei averli lunghi e subito. Facendo palestra tutti i giorni li lavo spessissimo per cui cerco di curarli per evitare che si rovinino facendo molte maschere e, soprattutto, usando prodotti di qualità.

Quanto tempo dedichi alla tua beauty routine?

Sono un incostante, non posso dire di avere una beauty routine precisa. Ovviamente ogni giorno cerco di pulire accuratamente la pelle del viso e idratarla. Faccio delle maschere un paio di volte a settimana e alla sera uso un prodotto specifico per le occhiaie. Quando riesco, cerco di ritagliarmi del tempo  per coccolare il mio corpo con massaggi e trattamenti estetici mirati.

Il pezzo in cima alla tua playlist?

Amo tutta la musica e mi piace cantare. Mi tengo aggiornato e seguo tutte le uscite del momento. Non ho una canzone preferita ma ho degli artisti che seguo da sempre. Tra gli italiani sicuramente ascolto con piacere Vasco Rossi, Marco Mengoni e Tiziano Ferro mentre tra gli stranieri Bon Jovi, perché mi ricorda la mia adolescenza, ma anche Lady Gaga e Madonna.

Il libro che hai sul tuo comodino ora?

Cerco di leggere, quando posso, e sul mio comodino ci sono sempre molti libri in attesa di essere letti. Non ho un genere preferito. In questo periodo sto leggendo “Papà per scelta”, libro per il quale farò il moderatore alla presentazione che si terrà a Verona che mi sta prendendo molto.

La prima cosa che fai appena sveglio e l’ultima prima di addormentarti?

Ormai é diventato un rito: guardare cosa fa il mio cane Oscar. Difficile fare altro. Ogni sera si stende a terra, vicino al mio letto poi, quando si accorge che mi sono addormentato, si alza e va a dormire nell’altra stanza. Al mattino, non appena sente che mi giro nel letto, capisce che mi sto svegliando e mi raggiunge accucciandosi al mio fianco.

Intervista: Massimiliano Benetazzo

Photographer: Alisson Marks

Styling: Stefano Guerrini

Stylist’s assistants: Daniela Cassis, Salvatore Pezzella

Grooming: Rodrigo Souza

Model: Claudio Sona

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Tatuatori famosi: i migliori tatuaggi realistici e spettacolari

Quando si decide di farsi fare un tatuaggio oltre a scegliere il disegno, che di solito richiede del tempo, si pensa sempre a quale sia il tatuatore migliore a cui rivolgersi e all’igiene del luogo dove ci si presta ad andare.

Fare il tatuatore è un mestiere artistico che richiede precisione e tanta creatività in particolare quando si parla di tattoo realistici e tatuaggi spettacolari.

Conoscete chi sono i tatuatori famosi e quale è il miglior tatuatore italiano? Continuate a leggere per scoprirlo, chissà che non scegliate di farvi fare il vostro prossimo tatuaggio da uno di loro.

4 migliori tatuatori italiani

Ecco la classifica dei migliori tatuatori italiani

Andrea Afferni

Afferni è il miglior tatuatore italiano dell’età di 36 anni, non pratica i classici tatuaggi ma è il migliore nel tatuaggio realistico, il suo stile è stato nominato “magnetic” per via del tocco futuristico e moderno. I suoi tatuaggi sono realizzati con sfumature black & grey e con luci e ombre che sembrano vive. Andrea Afferni è un vero e proprio artista con studi di pittura a olio, realizza anche quadri definiti parlanti e coi colori che sembrano avere una vita propria.

Pietro Sedda

Tatuatore di origini sarde, con uno studio a Milano realizza anche lui delle vere e proprie opere d’arte sulla pelle, predilige il bianco e nero perché per lui le sfumature non hanno bisogno di colore. Pietro Sedda è stato inserito anche nella classifica dei 15 tatuatori più bravi al mondo.

Matteo Pasqualin

Questo tatuatore, fra i migliori italiani, è famoso per aver rivisitato lo stile realistico dei tatuaggi portandolo ad un livello innovativo. Trasforma i ricordi dei clienti in una storia che prende forma sulla pelle: effetti speciali, chiaro scuri, forme che si allargano e si rimpiccioliscono. I suoi lavori possono essere definiti dei tatuaggi spettacolari. Lavora a Porto Viro in provincia di Rovigo.

Claudio Pittan

Questo tatuatore è famoso per essere fra i migliori del tatuaggio in stile giapponese. Dopo essere stato a Tokyo si è innamorato della cultura giapponese al punto di non essere più solo una passione, ma farla diventare anche il suo stile di vita. Inizia la sua attività nel 1983 si fa strada nel mondo dei tatuaggi continuando a fare anche esperienze formative all’estero e spesso in Giappone, dove si fa anche tatuare da Horiyoshi III, uno dei maestri del tatuaggio giapponese che nonostante i suoi oltre 80 anni ha ancora il primato nel mestiere.

Le più belle canzoni degli anni 60 che ancora ascoltiamo

La musica italiana è fra le più belle al mondo e i cantanti, così come i cantautori italiani, sono degni di nota a livello internazionale. Quelli che non sono più in vita sono passati alla storia e gli altri sicuramente non saranno da meno, perché la tradizione della musica del Bel Paese è e resterà forte e indentitaria.

Ci sono canzoni dei decenni scorsi che ancora oggi si cantano e si ascoltano, fra queste molte sono degli anni 60. Voi le ricordate le più belle canzoni di cantanti italiani anni 60?! Ecco qui una lista per rispolverare un po’ la memoria.

6 canzoni più belle dei cantanti italiani anni 60

C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones

Canzone incisa nel 1966 per la RCA Italiana, scritta da Franco Migliacci con musica di Mauro Lusini e cantata da Gianni Morandi, che grazie a questa bellissima canzone rimase in prima posizione della Hit Parade per tre settimane nel Febbraio 1967.

Bandiera Gialla

Brano musicale del 1966 interpretato dal cantante italiano Gianni Pettenati e dalle Pecore Nere. Questa canzone degli anni 60 che si canticchia sempre volentieri, era la versione italiana del brano The Pied Piper. Gianni Pettenati è stato uno dei grandi cantanti italiani anni 60, diventato poi un critico musicale e scrittore di libri sulla musica italiana.

Non è Francesca

Il brano fu composto da Lucio Battisti e Mogol, due cantanti italiani anni 60 che hanno fatto la storia della musica italiana. Non è Francesca fu dapprima interpretato dal gruppo beat I Balordi nel 1967, ma raggiunse la notorietà che ha ancora oggi solo dopo essere stata cantata dal grande Lucio Battisti nel 1969.

Fatti mandare dalla mamma

Cantata da Gianni Morandi nel 1962 raggiunse il terzo posto come posizione massima della settimana e fu il 47° singolo più venduto del 1963. Il testo era stato scritto da Franco Migliacci, mentre la musica da Luis Enriquez.

Azzurro

Scritta da Paolo Conte fu incisa per la prima su 45 giri da Adriano Celentano e pubblicata nel 1968 dalla stessa casa discografica di Celentano. Azzurro fu una delle canzoni più cantate all’estero di uno dei cantanti italiani anni 60 e ancora oggi ricordata da molti, anche da chi non ha vissuto quegl’anni.

29 settembre

Brano musicale composto e scritto da Lucio Battisti e Mogol nel 1966, interpretato per la prima volta da Equipe 84 e pubblicato come singolo. Apprezzato dalla critica e dal pubblico rimase per ben 5 settimane al primo posto nella Hit Parade. Questo permise a Lucio Battisti di raggiungere poi il successo come compositore. Nel 1969 lo stesso Battisti la interpretò esordendo come cantante ed ebbe successo tanto quanto la versione cantata da Equipe 84.

29 Settembre è un classico della musica leggera italiana che ancora oggi ascoltiamo con piacere.

Fisico palestra: 5 consigli per un corpo tonico e muscoloso

Avere un corpo tonico e muscoloso è meta ambita da tutti uomini e donne, e si ricorre troppo spesso a diete squilibrate pensando di ottenere questi due risultati e invece ci si ritrova poi con un corpo flaccido e con altri problemi di salute.

Ecco i nostri consigli per un corpo tonico e muscoloso e poter sfoggiare il vostro fisico da palestra.

5 consigli per fisico da palestra

In breve i 5 consigli da seguire assolutamente se volete sfoggiare un corpo tonico e muscoloso per questa estate 2020.

Limitare il consumo di alcool e bevande gassate

Un corpo definito non è facile averlo e ancora meno se pensate di consumare alcolici tutti i giorni, come ad esempio vino o birra che spesso fanno gonfiare la pancia. Lo stesso vale per le bevande zuccherate ricche di conservati e zucchero, che sono deleterie per il peso e la perdita di grasso in eccesso.

Ridurre il consumo di carboidrati

Il consumo di carboidrati è spesso eccessivo rispetto a quello veramente necessario per il nostro organismo, causa i pasti veloci consumati durante la pausa lavorativa e le cene con gli amici. I carboidrati consumati in eccesso diventano grasso addominale difficile poi da perdere.

Preferite dunque carboidrati integrali, diminuite il consumo di pane e pasta da farina bianca e anche le patate. Se amate il riso preferite sempre quello integrale o quello nero “riso venere”. Abbinateli poi sempre a verdure cotte come condimento.

Aumentare il consumo di proteine

Le proteine se consumate in modo adeguato favoriscono un effetto termico, quindi il corpo brucia di più trasformandole in energia. In modo particolare viene poi bruciato il grasso addominale.

Le proteine aiutano ad aumentare la massa magra. Valutate col vostro personal trainer la quantità di proteine da consumare giornalmente in base al vostro peso/altezza e agli obiettivi che volete raggiungere per sfoggiare il vostro fisico da palestra.

5 pasti al giorno

Quando si vuole perdere peso per cercare di avere fisico da palestra si riducono i pasti pensando che sia sano e favorevole al nostro corpo. Niente di più sbagliato. I pasti dovrebbero essere 5 al giorno: colazione abbondante, spuntino mattutino, pranzo, spuntino pomeridiano e cena.

Un piccolo dopo cena solo se avete ancora fame e non riuscite a fare meno potrebbero essere 3 noci o una mela che tiene anche sotto controllo la glicemia. In alternativa consumate tisane senza zucchero.

Allenamento costante

In ultimo, ma non meno importante, anzi è l’attività fisica regolare. Un buon allenamento è fondamentale per tonificare i muscoli e avere un corpo tonico.

Allenarsi permette di bruciare la massa grassa a favore di quella magra. Via libera quindi a workout ad alta densità a giorni alterni come: squat, flessioni, affondi, piegamenti, saltelli, rotazione del busto.

Approfittate anche delle belle giornate per una corsa mattutina o una camminata a passo veloce per raggiungere anche solo il posto di lavoro.

Vini costosi: il vino più costoso al mondo

Chi non apprezza un bicchiere di buon vino da accompagnare a della carne o piatti di pesce? Diremmo solo gli astemi giusto!

Il settore vitivinicolo è uno dei più ricchi al mondo grazie alla presenza di vini di produzione limitata e di vini costosi e pregiati. Voi sapete quali sono? Rosso o Bianco? Vi lasciamo la lista di vini più costosi al mondo col primo in classifica, classifica di 10 vini stilata dal Town&Country.

10 Vini più costosi al mondo

Domaine de la Romanée-Conti Grand Cru

Al primo posto il vino più costoso al mondo abbiamo il DRC, così chiamato dai collezionisti. Prodotto in Borgogna, Francia, con un vigneto che si estende per 4 ettari. Il prezzo massimo sinora raggiunto per una bottiglia questo vino è di 551.314 $

Domaine Leroy Musigny Grand Cru

Al secondo posto si trova sempre un vino della Borgogna ma da agricoltura biodinamica il cui prezzo massimo raggiunge lo stesso del precedente 551.314 $

Egon Muller Scharzhofberger Riesling Trockenbeerenauslese

Al terzo posto ecco un vino bianco che arriva dalla famiglia Muller, produttrice di vini dal 1797 e proveniente dalla Mosella, regione tedesca. Il prezzo massimo di questo vino fra i più costosi è di 33.883 $

Domaine Georges & Christophe Roumier Musigny Grand Cru

Questo vino, al quarto posto fra i vini più costosi, arriva sempre da vigne della Borgogna in Francia, da un vitigno fondato da Georges Roumier nel 1924 di ben 28 ettari. Il costo di una bottiglia è pari a 25.222 $

Domaine Leflaive Montrachet Grand Cru

Siamo giunti al quinto posto dove una bottiglia di questo vino raggiunge i 15.242 $ ma niente paura se volete assaggiarlo si trovano anche bottiglie sotto i 70 $. Viene prodotto con uva prodotta nei 12 acri di vigneti del grand cru Domaine Leflaive.

J.S. Terrantez Madeira

Un vino passato alla storia perché prodotto nello stesso anno in cui Thomas Jefferson prestò giuramento per il 2° mandato presidenziale. Un vino vecchio e ancora bevibile che raggiungere il prezzo di 9.449 $

Domaine de la Romanée-Conti Montrachet Grand Cru

Un vino bianco che raggiunge il prezzo di 18.000 $ e di cui ogni anno vengono commercializzate solo 250 casse.

Domaine Leroy Chambertin Gran Cru

L’etichetta di questo vino è stata fondata nel 1988 da Lalou Bize-Leroy, la sua seconda etichetta dei grand cru che compare nella lista dei vini più costosi al mondo e raggiungere il prezzo di 16.769 $.

Domaine Leroy Richebourg Grand Cru

Le bottiglie di questo vino raggiungo il prezzo di 10.280 $, ne vengono prodotto solo 700 l’anno e sono note per il gusto pieno e corposo del vino.

Screaming Eagle Sauvignon Blanc

Al decimo posto troviamo questo vino bianco dalla produzione limitata e dal prezzo a bottiglia che raggiunge i 9.058 $

Fra acuti e scandali a Sanremo scocca l’ora dell’inclusione

Fuochi d’artificio, roventi polemiche e colpi di scena a Sanremo. Sarà ricordato come il festival dell’imponderabile, delle scaramucce, delle provocazioni spesso gratuite e degli scandali questo Sanremo 70, il più divisivo e trasgressivo mai visto. E lo ricorderemo anche come il festival della moda e del glamour, soprattutto maschile. Tendenza imperante sul palco dell’Ariston: la giacca sciancrata dai revers sciallati sempre più sottili perché slanciano e snelliscono la silhouette.

E’ un dogma estetico il luccichio: damasco, broccato, lamé, paillettes rosse, rosa e velluto rubino, blu e argento, bronzo e rame, cannutiglie, sete cangianti, latex e poi ricami floreali e il colore vibrante e shock profuso senza un domani. Il dettaglio fa la differenza: la maschera d’argento di Miss Keta, gli occhiali da sole color cognac di Morgan, la pochette luccicante nel taschino di Fiorello, i dreadlocks rosa shocking di Ghali, gli stivali nazi e gli harness in cuoio di Junior Cally, i sandali alla schiava di Elodie, la collana di ex voto argento di Tosca, i calzini scarlatti di Francesco Gabbani, gli zatteroni anni’70 glitterati di Levante vestita da Marco De Vincenzo, la sciarpina a pois punta di spillo portata fuori dalla camicia rossa di ‘Le vibrazioni’, il cappello Hamish viola di Zucchero, il brioso panama nero di Raphael Gualazzi, il gilet damascato del tenorile Alberto Urso, le bretelline di Riki firmate Emporio Armani. Insomma un mondo di dandy e pavoni digitali che dell’esibizionismo fanno il loro vangelo.

Ad aprire le danze della manifestazione canora più seguita in Italia ci ha pensato l’alta moda che a Sanremo ha regnato indiscussa anche se un po’ sempre nelle retrovie. Vi ricordate l’abito ricamato di Nilla Pizzi di ‘Grazie dei fior’? Era delle Sorelle Fontana. E il siderale kimono in maglia metallica di Patty Pravo del 1984? Lo creò Gianni Versace, mentre Iva Zanicchi nel 1969 calcò il palco con un look di Raffaella Curiel. E come dimenticare Raniero Gattinoni che vestì nel 1992 Alba Parietti con un frac tempestato di cristalli neri. Memorabile anche il grande Pino Lancetti che nel 1993 abbigliò Anna Falchi con sontuose mise nere e oro. Sul versante maschile lo smoking bianco disegnato da Carlo Pignatelli per Achille Lauro ha fatto scuola. Ed è proprio lui Achille Lauro, l’angelo nero della provocazione 4.0, la vera star di Sanremo.

La sua canzone ‘Me ne frego’ inno alla ribellione più dark (‘l’amore è solo panna montata al veleno’ canta Lauro osannato dai social) rifà il verso musicalmente parlando a Vasco Rossi ma poi la provocazione nella forma e nel linguaggio fa pensare a un Renato Zero acerbo contaminato da Marylin Manson. A vestirlo come al solito è stato il pifferaio magico della genderless generation Alessandro Michele che ha vestito anche Boss Doms che sfoggiava un diadema d’oro sul palco, e che ha scomodato icone della pittura (Giotto e S.Francesco evocati dalla cappa nera di velluto ricamata d’oro su tutina iridescente nude color carne), del costume (La Marchesa Casati nero totale in tulle plissé soleil con monumentale copricapo di piume stile Poiret) e del rock (Ziggy Stardust in doppiopetto satin smeraldo con tanto di trucco tematico) per riaffermare il primato di quello che forse ormai è il pensiero unico della moda: l’inclusione. In suo nome a volte si giustificano i comportamenti più estremi ma in fondo in gioco c’è il futuro dell’identità maschile, che Michele immagina sempre più fluida, ineffabile, indefinibile. Perché oggi definirsi è diventato un tabù. Però noi diciamo: anche no. Definirsi è cosa buona e giusta. E allora lunga vita a Mika: bello, bravo, luminoso, positivo, pieno di energia.

Lui si che è il simbolo dell’inclusione e della identità definita che preferiamo, se queer deve essere che sia chic come il bellissimo tuxedo color polvere in mikado di lana e seta con profili neri e la camicia solcata da volants sinusoidali in crȇpe de chine, il tutto griffato Valentino e disegnato magistralmente da Pierpaolo Piccioli. Magnifica la blusa di seta impalpabile stampata sfoggiata da Diodato che adoriamo e che indossa con effortless elegance la giacca scarlatta più vistosa intessuta di paillettes. Think pink è il mantra di Ghali, acclamata icona maschile dell’era della fluidità e che ama Gucci e Dior by Kim Jones, mentre Morgan stupisce tutti col suo frac luciferino e il tuxedo animalier.

Un’eleganza sobria e senza sbavature definisce gli interpreti di Sanremo che hanno scelto Giorgio Armani, un nome una garanzia: ringraziamo Re Giorgio per aver vestito Rula Jebreal, bellissima testimone della tolleranza e della solidarietà globale contro il sovranismo più becero e populista, per la giacca shiny di Gabbani, per i velluti impeccabili di Fiorello, per la giacca cangiante color crema della grande Gianna Nannini(che ci ha regalato una magnifica performance), per il blazer decorato da ricami geometrici blu, silver e neri di Enrico Nigiotti (il nuovo Grignani?). Bocciatissime Georgina Rodriguez (non si capisce cosa faccia e chi sia), Sabrina Salerno (ma perché quel pessimo smoking rosso?) ed Elettra Lamborghini (icona eurotrash per antonomasia) che sono tre buoni motivi per non guardare Sanremo. Bocciata più che altro per il colore l’abito da ballo giallo limone di Etro (meglio quello di velluto nero bustier) indossato da Diletta Leotta, bella che non balla. Due ottimi motivi per vedere Sanremo in tivù sono invece le bellissime e raffinate Elodie (in Versace) e Francesca Sofia Novello (in Alberta Ferretti, nero, blu cangiante e rosso fiamma). Bella la gonna plissé asimmetrica di Laura Pausini firmata N.21 che alla fashion week imminente festeggia un importante anniversario. Asfalta tutti la sublime Tosca con un lungo nero dallo scollo elegante e discreto bordato di cigno, perfetto come la sua stupenda canzone.

Niente male la giacca in velluto cangiante sottobosco di Irene Grandi con tagli sulla schiena sfoggiata dalla cantante fiorentina nella terza serata e la toilette di gala di Emma d’Aquino firmata Antonio Grimaldi (bellissima la gonna rosa pallido a balze abbinata a un top a rete di cristalli, 8) che sfila a Parigi nel calendario della haute couture. Momenti clou: il bacio fra Fiorello e Tiziano Ferro in Dolce&Gabbana bespoke (make love not war), la defezione di Bugo, la caduta studiata ad arte della controfigura di Ghali in fucsia fluo, l’esibizione da incubo di Rita Pavone che pare una Wanna Marchi clonata (orrida) e quella idilliaca e sognante della sofisticata Francesca Sofia Novello al pianoforte che interpreta l’Ave Maria di Schubert, l’apparizione in abito-lampadario di Antonella Clerici con tanto di aitanti valletti-sirenetti al seguito che fa molto Wanda Osiris.

Stendiamo un velo sulla performance costosissima (300.000 euro….un vero schiaffo alla miseria) e inutile di Benigni, ormai troppo autoreferenziale. Infine ribelle e maledetto ma in senso ironico è Piero Pelù. L’ex frontman dei Litfiba si presenta sul palco dell’Ariston con una buona canzone e un guardaroba un po’ dark, un po’ fetish assemblato per lui da Tom Rebl, lo stesso brand che l’ha vestito per il suo matrimonio e che lo segue da anni: il frac nero ha dettagli di pvc spalmato e Pelù in tuxedo rosso fiamma tuona contro il femminicidio. Il frac va alla grande: quello di Junior Cally è avorio senza collo ed è firmato Dolce&Gabbana che hanno vestito di colori vitaminici i ‘Pinguini tattici nucleari’. E dulcis in fundo il grande Pierfrancesco Favino in tuxedo di seta con giacca dai disegni geometrici di Ermenegildo Zegna.

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Chivas in The Blend, il whisky più famoso d’Italia va in tour e ci presenta il suo Regal 18

Un viaggio negli speak-easy e cocktail bar selezionati d’Italia è appena partito, per raccontare al pubblico appassionato o semplicemente incuriosito la vera anima di Chivas Regal invecchiato 12, XV o 18 anni.

Sotto la guida di Farah Jafferji, Brand Ambassador di Chivas Regal e un Whisky Expert, i partecipanti avranno modo di scoprire e sperimentare attraverso a sensibilità delle proprie papille gustative, come nasce il Blended Scotch Whisky per eccellenza. Il programma, in collaborazione con whiskyclub.it, è una straordinaria occasione per avvicinarsi al mondo dei blended e scoprire quale gusto è più adatto alla vostra personalità, con l’aiuto di un kit che contiene una mini-bottle di blended grain con note floreali e 4 mini bottle di single malt, ognuna con un particolare sentore: fruttato, cremoso, agrumato, affumicato. Attraverso una pipetta e un contenitore graduato, i partecipanti possono quindi creare il proprio blend personalizzato e conservarlo in un’altra mini bottle di Chivas Regal 12.

Una grande occasione per mettersi alla prova, ma anche di comprendere la complessità che nasconde questo pregiato distillato. Non a caso, il Master Blender di Chivas è in grado di distinguere e miscelare oltre 85 note per la creazione di un whisky.

La grande famiglia di Chivas presenta per l’occasione anche il Regal 18, creato da Colin Scott, uno dei più grandi Master blended del mondo, composto da 85 aromi diversi che dialogano l’uno con l’altro, non entrando mai in conflitto, ma creando un romanzo accattivante e ricco di spunti. Tra note di toffee, vaniglia, arancia, frutta secca, mandorla e cannella, ci vogliono almeno 18 anni in botti di ex bourbon e di ex sherry altamente selezionate per raggiungere l’inconfondibile finish caldo e persistente del 18.

Per l’occasione vi suggeriamo un cocktail per condividerlo con gli amici

Versate nello shaker 60 ml di Chivas Regal 12 anni, aggiungete 40 ml di Boero Sweet & Sour, aggiungete ghiaccio e shakerate energicamente, servite in un tumbler con 3 gocce di Angostura bitter

Seguite le date di Chivas in The Blend in giro per l’Italia sul sito whiskyclub.it/chivas-crea-il-tuoblend/

Queste solo alcune delle prossime:

12 febbraio allo speakeasy Sottovoce di Bergamo
17 febbraio at Taylor’s di Cagliari
11 marzo allo speakeasy Room 21 di Soverato
12 marzo all’Eurodrink di Lamezia Terme

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L’Arabesque, il cult store già cult nella Milano mondana

La parola “arabesque” deriva da “arabesco”, che indica uno stile ornamentale composto da motivi geometrici ed elementi calligrafici, un tipo di disegno che riporta gli elementi naturali delle foglie, delle onde, dei riccioli che tra loro si intersecano e si ripetono. A questo elegante intreccio “L’Arabesque” ha pensato quando ha creato il marchio: un’insieme di contenuti tutti sposi della stessa filosofia: la ricerca del bello

L’Arabesque è food, art, fashion and design, uno spazio unico situato nel cuore pulsante della città di Milano, in Largo Augusto, ideato dalla mente creativa di Chichi Meroni nel settembre 2010.

L’arabesque Café e L’Île de l’Arabesque sono i due ristoranti di design ispirati agli anni ’60, il primo è un ambiente accattivante che offre ricette tradizionali italiane ispirate al libro “C’era una volta a tavola” (pubblicato nel 1999) di Chichi Meroni e, ogni mercoledi sera (19.30-22.30) e sabato a pranzo per il brunch, musica jazz live con al sax Mirko Fait; il secondo è un locale dall’aria elegante ideale per eventi privati.

Il ristorante-cafè si offre come luogo di rappresentanza in una Milano che oggi esige meno rumore e più conversazione; qui gentiluomini coltivano il buon gusto e buone maniere perchè la mondanità è anche regola e saper viver bene. Ma se la qualità degli ospiti determina il nome del locale, L’Arabesque stupisce anche in cucina offrendo un menu’ alla carta di qualità con manicaretti di stampo italiano contaminati dalla cultura orientale, esattamente come negli arredi, il cui gusto dominante proviene dal Sol Levante. Una cucina che appaga vista e gusto, in perfetta sintonia con l’ambiente; riserbo e gentilezza fanno de L’Arabesque un progetto d’amore e di costume, dove virtù e costanza vengono premiati con la fedeltà della clientela.

Accanto al cafè, la libreria di ricerca, una vera chicca per appassionati lettori, una perfetta bomboniera del sapere, dove poter coltivare spirito artistico e modaiolo. Libri introvabili di moda, arte e design vi aspettano per essere sfogliati e acquistati, seguiti e consigliati per essere meglio indirizzati; la libreria è aperta spesso anche la sera durante il mercoledi in concomitanza con la serata jazz. La biblioteca è un progetto importante che rivela nuovamente il lato di Chichi Meroni, dall’inesauribile curiosità intellettuale.

Per chi inneggia all’unicità e all’originalità, L’Arabesque Research Vintage è la speciale area dedicata alla raccolta e alla vendita dei pezzi di “storia” dell’alta sartoria. Solo qui potrete trovare capi rari di grandi firme o sartoriali unici; per gli stylist e addetti al settore si propone come luogo di ricerca e di scelta per creare shooting ed editoriali moda. Una linea contemporanea di prêt-à-porter, fragranze dell’alta profumeria, kimono giapponesi di inizio ‘900, bigiotteria e arredi moderni di metà secolo di maestri del design europei e americani, oltre a una nuova collezione progettata da Chichi Meroni e lanciata alla Milano Design Week 2019, fanno de L’Arabesque un mondo completo del nuovo dandy contemporaneo. E per accontentare tutti ma proprio tutti, il nuovo salone fitness “Nautilus”, per allenare corpo con discipline cucite su misura e hammam, massaggi, cure fisioterapiche per coccolarvi.

Sembrava un sogno arabeggiante poter soddisfare tutti i propri desideri in un’unica soluzione, eppure questo sogno si è fatto realtà e si chiama “L’Arabesque”, il cult store già cult nella Milano mondana. 


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Circled ss20, una collezione dedicata allo streetstyle

SPORT, STREET e FASHION sono i punti fermi della nuova collezione SS 2020 dell’ high brand CIRCLED, realizzata rigorosamente Made in Italy e distribuita in esclusiva internazionale dallo showroom milanese Studiozeta. Dall’artista e creative director del brand, Massimo Salvoni, in collaborazione con Margherita Minuti, nasce una collezione che proviene dalla natura ancestrale del marchio, dalla combinazione tra arte contemporanea e mondo della moda. 

Oggi, forse più di ieri, si notano miscelazioni tra design, arte e fashion e la collezione non si sottrae a questa tendenza. CIRCLED è un brand che nasce con un stile Pop e che va orientandosi verso l’Hip Hop. Il grande “bersaglio”, che aveva caratterizzato il marchio nelle collezioni antecedenti, viene ora declinato in maniera diversa sui capi, ma rimane un segno distintivo che lo vede protagonista in quasi tutte le tipologie presentate. Il nuovo “bersaglio” diventa così un logo, composto da quattro cromatismi, con il bianco a rappresentare l’unione di tutti i colori e i primari ovvero giallo, rosso e blu. Diversamente da quanto è stato proposto nelle stagioni precedenti, la nuova collezione esalta principalmente il nome del brand, impiegandolo come elemento grafico e decorativo sulle superfici. Il lettering viene usato a caratteri cubitali in alcuni capi, mentre in altri viene ripetuto in dimensioni ridotte ma all’infinito.

Utilizzato in modo continuo, su alcune tipologie, evidenzia la vocazione CIRCLED della circolarità, avvolgendo i capi a 360°. I tessuti utilizzati richiamano principalmente lo street style ma, come spiegato inizialmente, sono anche riconducibili al mondo sport. L’elemento fashion si esalta nella cura del dettaglio e dei particolari. La felperia, il jersey, la maglieria in cotone e in tessuto tecnico, le giacche antipioggia, compongono l’intera collezione, che si presenta nei seguenti colori: bianco, nero, rosso, giallo, blu e con la variante rosa per la donna e azzurra per l’uomo. Mantenendo lo stile minimalista, l’effetto finale è quello di una griglia composta da campiture di colore, che ricordano a tratti le combinazioni cromatiche dell’artista olandese Piet Mondrian. 

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San Valentino 2020: i regali fashion per lui

Una gallery essenziale di idee regalo per questo San Valentino che accontentano budget e gusti diversi.

Il regalo per eccellenza, quello più fatto e ricevuto per San Valentino: l’intimo. Calvin Klein propone la sua linea iconica underwear, sia per lui che per lei, tempestandola di rose, il fiore simbolo di questa festività.

Dalla collaborazione Nike + Metthew Williams arriva questa giacca modello NRG in nylon di colore rosso. Leggera, tecnica, perfetta per l’attività sportiva e buona idea regalo per gli appassionati dello sport.

Per festeggiare il 14 febbraio Malo propone un maglione di coppia. Il dettaglio degli intrecci riprendono le cordature delle barche a simboleggiare un viaggio da intraprendere insieme.

Un’idea regalo da calzare potrebbe essere il nuovo paio di sneakers in tessuto di Gucci ispirato ai modelli degli Anno 70 e impreziosito dal logo GG in rilievo sulla gommatura. Gucci si conferma uno dei marchi preferiti dai millennials.

Ricami e dettagli floreali per questa polo Prada dal mood romantico. In perfetta sintonia con l’atmosfera di San Valentino.

Si punta ancora sul rosso con Dries Van Noten. Una giacca rossa, in morbido cotone e dal fitting slim che si modella sul corpo. Perfetta da indossare anche in versione abito abbinandola al pantalone coordinato.

Calzini. Un piccolo pensiero sempre apprezzato per la sua utilità ma che può essere anche il giusto dettaglio di stile. Interessanti e vivaci i calzini lolita del marchio Jimmy Lion.

Semplice e romantico il maglione con ricamo firmato AMI. Una A con sopra un cuore che celebra l’amore del designer per la città di Parigi (la A ricorda la Tour Eiffel) ma può essere esteso all’amore in generale.

Tinta horror per Off-White che, sempre attento all’aspetto visual delle proprie proposte, ha ricamato dei mostri sui propri maglioni rosso sangue accanto alla scritta “off” in pieno stile locandina di un film dell’orrore.

San Valentino resta una festività nel bel mezzo dell’inverno quindi potrebbe essere utile inserire nella rosa del possibile regalo anche qualcosa di caldo e pesante. Come il piumino Moncler che nonostante l’imbottitura tipica del brand, presenta una vestibilità incredibilmente slim.

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New Menswear: saranno famosi?

Dopo le passerelle dei titani del lusso di Milano e Parigi la palla passa ai giovani. Ad Altaroma lo scouting premia i talenti creativi che potrebbero riscrivere il dress code maschile del futuro. Altaroma, sotto la presidenza di Silvia Venturini Fendi, che è anche direttore artistico della maison di LVMH fondata dalla nonna Adele Fendi nel 1920, si conferma nuovamente la piattaforma privilegiata dei giovani virgulti del made in Italy con le sue varie vetrine, da Showcase alle sfilate delle scuole più importanti del belpaese, dagli stand alle passerelle dei creativi paladini della tecnologia green alle promesse del menswear Gall e Federico Cina. Insomma ne vedrete delle belle. Saranno famosi? Chi vivrà vedrà.

Intanto il rinascimento ecologico nato sotto l’egida di Greta fa proseliti e diventa la legittimazione per una nuova attitudine alla sperimentazione stilistica. E finalmente possiamo osservare una bella svolta creativa: i giovani della generazione Z si configurano come i più ecologisti in assoluto da Roma a Milano, da Torino a Cefalù.

A guidare questa legione di creativi emergenti è Italo Marseglia, un fashion designer simpatico e rotondo che propone una moda romantica e avvolgente, fortemente inclusiva declinata in un bello show coed realizzato con la regia di Rossano Giuppa: “Ragazzi smorziamo i toni-dice lo stilista nel backstage-la virilità non va urlata ed esibita e semmai penso che è mascolino chi ha le palle per accettare sé stesso anche con qualche chilo in più, le mie silhouette sono confortevoli, le camicie over di pizzo verde prato o alga si portano sui bermuda, un tocco childish che addolcisce e rende poetica la mia visione della moda; tutti i miei tessuti sono upcycled e anche i materiali degli accessori(realizzati con la collaborazione di studenti IED Roma n.d.r.), sono frutto di un recupero di pellami esotici, vedi la schiena del coccodrillo, senza contare che c’è una giacca effetto damier che è il risultato dell’assemblaggio di tessuti rigenerati”.

Gli outfit maschili sono corredati da cappelli di plastica surreali che inteneriscono. Standing ovation per il fashion designer che sicuramente farà strada. Più minimal il mood che pervade la collezione di Federico Cina che a luglio 2019 si è aggiudicato l’ambito premio Who is on next? E che definisce un’identità agender ricalcando le orme di Alessandro Michele. Niente di nuovo sotto il sole. Un’atmosfera nostalgica e sentimentale resa più stucchevole, se possibile, dalla colonna sonora struggente e piuttosto rétro di Sergio Endrigo, avvolge i look essenziali e romantici, abbastanza banali, fra bande orizzontali, pantaloni cargo, borse a bisaccia, goffi cappelli e sprazzi di rosa abbastanza fuori luogo.

L’ispirazione è, secondo lo stilista, una Romagna idilliaca vagheggiata nelle foto di Vittorio Tonelli sfruttato per fornire una patina intellettualoide alla collezione, ma l’impressione globale è di una mediocrità disarmante e lo stilista, che abbiamo ascoltato nel backstage, non pare avere una singola idea. Molto rumore per nulla. Appare sicuramente più interessante e convincente invece il mantra del menswear di Davide Gallo che con il suo progetto ‘Programma’ dopo la sfilata dello scorso luglio si prepara a calcare la passerella di Who is on next? Di luglio 2020.

Il giovane creativo che studia architettura a Roma ha una passione per il minimalismo anni’90 di Helmut Lang, Raf Simons e Martin Margiela. “Sono molto riservato e vorrei che parlassero i miei vestiti” spiega il giovane stilista, bello e gentile che adora Le Corbusier, la Bauhaus, Andy Warhol e i Massive Attack, e che tratteggia una silhouette rettilinea e netta azzerando gli orpelli e i coloracci poco appropriati per un uomo mascolino ma tenero, sensibile e determinato che predilige il grigio e il nero e li declina in giacche e spolverini molto misurati ma non privi di dettagli curiosi come il pattern grigio e nero, i volumi generosi dei pullover vagamente giap e il candido ricamo crochet che come un ludico talismano orna le tasche delle giacche.

La sua estetica, profondamente influenzata dal design industriale, rielabora l’unione distopica tra design classico e look da lavoro con spunti provenienti da culture diverse. Le proporzioni sono nuove e calibrate e il ragazzo sa quello che vuole. E lo dimostra anche a Showcase. Niente male neanche la collezione di Spenthrift (letteralmente spendaccione) un brand total look agender nato nel 2013 a Foligno dall’inventiva di Federico Cancelli e Marco Cuccagna che avevamo già notato all’edizione di Showcase di luglio scorso e che ora appare ancora più maturo e creativo. I capi sinonimo di urban luxury sono ironici e desiderabili, talora provocatori.

“La nostra cifra è il clash fra tessuti tradizionali e grafiche dirompenti”, spiega Cancelli, nipote del famoso pittore Maurizio Cancelli. Il classico camel coat ringiovanisce in una versione completamente reversibile con una fodera stampata che riproduce un collage di fotografie in bianco e nero legate alla dissacrante iconografia punk degli anni’70, un print che ritorna anche sulle camicie. I capi sono trasformabili, la maglieria è accattivante in tinte smaglianti con il lettering tipico delle t-shirt e il casual street raffinato del marchio forgia un nuovo linguaggio che può funzionare- data la sua vena artistica influenzata dalla Pop Art- soprattutto per un pubblico di trentenni e quarantenni. Un brand originale da tenere d’occhio come anche l’anima belligerante di Gall.

Nei modelli del marchio emergente creato dal designer americano Justin Gall che è vegano dal 2015 e ammette di curare ogni singolo aspetto delle sue collezioni, il look militare acquista un risalto quasi concettuale declinato in tre colori primari rosso, verde e blu che coesistono in armonia come in natura. I dettagli delle fogge militari di Gall ne esaltano la funzionalità: tasche rimovibili, cappucci nascosti e segmenti modulari danno spazio alla trasformabilità, comfort e facilità in ogni momento e protezione dalle condizioni estreme. Tutto ciò è incorporato nella tipica armatura Gall, ormai iconica. Uno stile riconoscibile dove i capi più sperimentali sono performanti e tecnologici per garantire la massima protezione a chi li indossa.

Una priorità di Gall è il rispetto del mondo animale: non a caso i capi più voluminosi sono imbottiti con piume di plastica riciclata. Interessanti anche i progetti creativi al maschile individuati sulle passerelle delle scuole romane di Maiani Accademia Moda, dove in omaggio al mito di Fellini cinque studentesse del primo anno di fashion design tentano di ridefinire l’iconografia del cinema surreale in rapporto all’identità maschile e femminile contemporanea

I capi maschili disegnati da Altea Placidi declinati in denim e broccato di seta, sono consacrati al tema dell’inclusione, quelli di Eleni Di Marcantonio-ispirata da Rick Owens e dal workwear più sperimentale- parlano di un viaggio nell’anima e si arricchiscono di texture craquelè e di dettagli couture come di accessori in ecopelle, fino ad Angela Ferrotti che riproduce il profilo di Fellini stilizzato sulla tunica bianca per lui e Noemi Mattei che contamina il classico con un tocco futuribile e colori shock.

Segnaliamo anche i look maschili disegnati per il final work del corso triennale in costume e fashion de l’Accademia di Costume e Moda che si prepara ad aprire una nuova sede a Milano in via Fogazzaro. Abbiamo apprezzato in passerella gli outfit presentati da Marco Passone che si ispira al look dei paracadutisti mixato con il mood dei Teddy Boys con stampe astratte tradotto in tinte smaglianti, Alice Piscedda con i blazer a tutto volume ispirati all’arte di Peter Clark, alla working class di Liverpool e ai murales di Belfast, Beatrice Scanni che punta sull’animalier zebra anche per gli accessori, rivangando Baudelaire attualizzato dalle canzoni di Nick Cave, Irene Valandro che modula un look maschile in denim scolorito ispirato alla scena hip-hop anni’90 per giubbini trucker dalle spalle ingigantite, Eva Bureau che intreccia il post punk con la fantascienza. Notevoli anche le soluzioni ideate dai partecipanti al fashion contest sulle wearable technologies lanciato dalla Fondazione Mondo Digitale per la Fashion Digital Night, laboratorio delle tendenze del domani.

Da segnale i progetti menswear di Zercollection, brand spagnolo che si avvale della stampa 3D e del ricamo industriale per giacconi dal minimo impatto ambientale. per non parlare di Perspective, progetto di un duo creativo peruviano che lavora con il tulle tagliato al laser in un puzzle sci-fi, mentre Primlab in tandem con Noumena sviluppano l’abito realizzato con stampa 3D che assorbe i gas serra. Suggestivo lo spettacolo ‘Lettere a Yves’ che nella aulica cornice del Teatro Torlonia ha portato in scena attraverso la voce del grande attore italiano Pino Ammendola e il romantico sound del pianoforte di Giovanni Monti e la performance canora di Maria Letizia Gorga, le lettere d’amore che Pierre Bergé dedicò prima di morire al suo compagno di una vita, il geniale Yves Saint Laurent, che ha liberato gli uomini dai lacci della schiavitù all’uniforme borghese. Davvero intenso e toccante. Appuntamento alla prossima edizione di Altaroma, stay tuned!

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Copenhagen sempre più green

Di Angelo Ruggeri

Nei giorni scorsi, si è tenuta la nuova edizione di Ciff-Copenhagen international fashion fair, che ha presentato le collezioni di due mila marchi specializzati in urbanwear e uno special project in collaborazione con Lee jeans

Copenhagen goes green. E lo fa in grandissimo stile. Perché nei giorni scorsi si è tenuta la nuova edizione di Ciff-Copenhagen International Fashion Fair di grande successo. L’appuntamento per gli addetti al settore moda ha presentato le collezioni di due mila marchi specializzati in urbanwear e uno special project in collaborazione con Lee jeans. Coniugando arte, design, moda, sostenibilità e visione del futuro. «Questo è un momento davvero entusiasmante per l’industria della moda ed è anche un momento per assumerci le nostre responsabilità», ha spiegato Kristian Andersen, chief innovation officer di Northmodern, company a capo della fiera danese. «Offrire a Lee jeans, poi, una piattaforma per ridefinire ed educare i partner è stata una scelta di grande importanza. Inoltre, la sostenibilità fa parte del nostro Dna sin dall’inizio, quindi il messaggio coerente è stato trasmesso in maniera perfetta a tutti gli ospiti presenti nei nostri spazi». Non solo. Dalla prossima edizione, in programma il prossimo agosto, la fiera organizzata al Bella center di Copenhagen offrirà circa 100 soluzioni dedicate all’intera value chain della moda. Un business annuo stimato tra 20 e 30 miliardi di euro, secondo una ricerca di Boston Consulting Group. «Con la piattaforma C+ forniremo soluzioni sostenibili a imprese fashion grandi e piccole», ha continuato Andersen. 

Tra le tematiche legate al concetto di sostenibilità della fiera, gli addetti al settore provenienti da tutto il mondo hanno potuto interagire con le installazioni legate al mondo dell’arte contemporanea curate da Stavros Karelis, founder di London retailer Machine-A e art director di Ciff. Tra i collaboratori degli special project, vi sono stati Dio Kurazawa, fondatore dell’agenzia Bear scouts, e gli stilisti Bethany Williams e Duran Lantink, finalisti dell’Lvmh prize, che hanno lavorato con Lee Jeans per creare capi in denim riciclando capi non venduti. «Ciff ha sempre sostenuto il talento, in particolare, quello delle persone che sanno mixare universi diversi e siamo stati molto felici di supportare una personalità come Asap Nast (artista americano che per l’occasione ha lanciato il suo marchio Pangea, ndr) nell’esplorazione di nuove aree del suo talento. È nel nostro DNA dare voce alle persone che vogliono esplorare e spingersi oltre i propri limiti creativi», ha concluso il manager.

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Andreas Geisen: tra danza e social

Il giovane ballerino Andreas Geisen rappresenta un equilibro perfetto tra mascolinità urbana e seduzione discreta. È naturale e autentico, si prende cura di se stesso e coltiva un’eleganza senza sforzo. Prima di tutto è uno sportivo, infatti scopre la passione per la danza da piccolo, portandola avanti con duro lavoro e sacrificio. Oggi però non c’è solo danza, arrivano anche i primi lavori nella moda e l’attività di lifestyle influencer sui social che lo entusiasma sempre di più.

Come e quando hai capito di avere una passione per la danza?

Quando ho iniziato a ballare ero davvero giovane, avevo solo 9 anni. L’idea fu di mia madre e mi piacque subito perché ero l’unico maschio circondato da bambine. Verso gli 11 mi feci male e non fui in grado di ballare. Per due mesi sentii che mancava qualcosa nella mia vita. È stato così che ho capito che il balletto era la mia passione che avrebbe guidato la mia vita.

Parlami dei tuoi studi e del tuo background professionale

Mi sono formato alla Paris Opera Ballet School e al Conservatoire Supérieur di Parigi. Successivamente sono andato al Balletto Nazionale Polacco per una stagione, poi in Germania. Ho passato 4 anni a dividere la mia vita tra Parigi e l’Opera di Bordeaux.

Ci sono persone che ti hanno ispirato sia dal punto di vista professionale che personale?

Ci sono così tante persone da cui sono ispirato, ad esempio tali Neil Patrick Harris, Hugh Jackman, Rudolf Noureev, Baryshnikov. Sono anche molto ispirato da film e storie che accadono nella vita reale, dalle persone che hanno cambiato il mondo e non l’avrevvero mai pensato. Adoro i film biografici.

Quali sono le tue opere più recenti e significative come ballerino?

Sicuramente Notre Dame de Paris di Roland Petit, in primo luogo perchè è un capolavoro del 20 ° secolo, e poi per quello che è successo a Parigi l’anno scorso. È stato davvero importante per me poter cogliere questa occasione. È un bellissimo tributo a Notre Dame.

Parlami della tua carriera come modello e della tua ultima esperienza

Fare il modello è un po ‘difficile perché il mio corpo non corrisponde ai canoni della moda. I ragazzi devono essere molto alti per farlo. Il mio ultimo lavoro importante è stato ballare all’inaugurazione dello spettacolo Dior S/S a Shanghai durante la settimana della moda ed è stato semplicemente fantastico per me. Tuttavia immagino che tutte le grandi campagne a cui prenderò parte come modello saranno sempre legate al balletto.

Sei anche un content creator che parla di viaggi e lifestyle, quando e perché hai iniziato questa attività?

Ho iniziato questa attività 3 anni fa, alla fine del 2016, e la trovo molto interessante. È un nuovo modo di connettersi con un brand senza l’intermediazione di un’agenzia. Quello che mi piace è che riesco a fare la mia campagna con le mie regole. Amo quella libertà e lasciare che la mia creatività faccia il lavoro da sé.

Com’è la tua giornata tipo?

La mia giornata tipo è svegliarmi verso le 9, svegliare il mio corpo (allenamento addominali), balletto alle 11.30 fino alle 13.30, poi stretching fino alle 2.30 e poi il pranzo. Quindi le prove, o Physio, o incontri con agenzie e brand.

Quali sono i tuoi posti preferiti a Parigi?

Adoro il 2° distretto, c’è sempre qualcosa da scoprire e la strada è bellissima lì. Soprattutto intorno a Montorgueil, è come un piccolo villaggio.

Quali sono i luoghi che ami di più per ricaricare/riabilitare te stesso?

Non ho un posto preferito, perché ogni settimana scopro nuovi bar. Nuovi hotel.  Immagino che siano dove mi sento al meglio, casa e negli studi di balletto.

Quando viaggi, quali sono gli elementi essenziali per te?

Quando viaggio i miei elementi essenziali sono il mio telefono, le mie cuffie, una bottiglia d’acqua e limone, vestiti comodi, i prodotti per la cura della pelle e un costume da bagno.

L’ultimo libro che hai letto o la musica che ami?

L’ultimo libro che ho letto è stato Notre Dame de Paris di Victor Hugo. In questi giorni ascolto l’artista francese Angel e la playlist Jazz Romance su Spotify. Inoltre, sto ascoltando il re leone perché farò l’audizione per lo spettacolo di Broadway.

I tuoi prossimi progetti e sogni nel cassetto?

Ho questa enorme audizione per lo spettacolo di Lion King the Broadway in arrivo a Febbraio, oltre a tutte le audizioni delle compagnie di balletto. E vorrei anche provare un po’ di recitazione. Vediamo cosa ha da offrire il 2020!

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Anthony Pomes @apomesphoto
Marion Colombani @studiomarioncolombani
Elle Urakova @by_elleurakova

Andreas Geisen @andrew.gsn

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Allo IED la moda diventa un film con ‘Amphibia’

La cultura dell’audiovisivo sta diventando il veicolo principale di divulgazione della moda soprattutto per l’efficacia descrittiva e semiotica del suo linguaggio.

Lo dimostra soprattutto la diffusione dei fashion film sui social media e anche nelle campagne pubblicitarie delle grandi maison che sempre di più si avvalgono di talentuosi videomaker internazionali per lanciare i propri messaggi nell’arena globale. In linea con questo trend che sta diventando un mainstream, lo IED promuove la creatività dei suoi giovani videomaker applicata al mondo fashion.

Durante l’ultima edizione di Altaroma l’Istituto Europeo di Design ha presentato davanti a un pubblico di addetti ai lavori e di profani il progetto ‘Amphibia’ dedicato all’acqua, e alla sua centralità nel quadro della salvaguardia dell’ecosistema, un tema verso il quale soprattutto le giovani generazioni manifestano una crescente sensibilità.

Per il filosofo Eraclito l’acqua era l’immagine più calzante per rappresentare l’idea del perenne divenire, nel suo flusso incessante. Nella sala cinema del comprensorio dell’ex caserma di via Guido Reni 7, sono stati esplorati, attraverso i sei fashion film degli studenti delle scuole IED di Milano, Roma e Firenze, della durata compresa fra i 90 e i 120 secondi, i temi della nascita, la trasformazione, l’evoluzione e l’adattamento all’ambiente dell’acqua. Una panoramica originale e suggestiva dedicata all’esaltazione della bellezza dell’acqua, che nel suo continuo fluire non è mai uguale a se stessa.

E fra i sei cortometraggi incentrati su questa risorsa indispensabile dell’ambiente il premio speciale della giuria tecnica composta fra gli altri da Costanza Cavalli Etro, Sara Sozzani Maino, Simonetta Gianfelici, il regista Luca Finotti e la giornalista di I-D Gloria Maria Cappelletti, e è andato al fashion film ‘Gola’. Realizzato da Simone Folli questo surreale cortometraggio che pare citare le atmosfere del visionario David Lynch rievoca nella sofisticata atmosfera di un ristorante, esseri umani e umanoidi – dalla testa di pesce – che convivono e cenano come se nulla fosse. L’umanità raccontata è quella post-umana, mutante, già stravolta dall’impatto delle attività dell’uomo e dell’inquinamento dei mari e degli oceani.

Uno short film, che ci mostra attraverso il linguaggio dell’assurdo, come le buone maniere di una cena elegante convivano con le pessime abitudini alimentari che hanno trasformato l’idrosfera in un oceano di plastica. Pregevoli anche gli altri film presentati, da ‘Crawled Ashore’ di Cristiano Naldi che è un’esortazione  a prendere coscienza del cambiamento climatico ma anche ad imparare nuovamente l’alfabeto perduto della natura, a ‘Venus’ di Pietro Cavallari che invece parla di rinascita, di adattamento e di speranza, nel segno della vita che si ridefinisce in corpi nuovi, inaspettati e meravigliosi.

Completano il quadro Out.Create che invita ad adottare un atteggiamento di speranza e ottimismo come fonte di un cambiamento reale, ‘Petricore’ in cui si rivive la sensazione della terra bagnata dalla pioggia che emana il suo inconfondibile odore, e ‘The Abstract Problem’ che affronta la realtà della costante decrescita o improvviso innalzamento del livello delle acque del pianeta. Appuntamento a luglio per il prossimo final show di IED Roma. Stay tuned!

Photographer: Stefano Casati

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La storia della Moda del Festival va in scena a The Mall Sanremo

Dal 4 al 23 Febbraio The Mall Sanremo, l’esclusivo Outlet del Lusso nel cuore della Riviera dei Fiori, ospita The Fashion Side of Festival, una mostra ideata e realizzata insieme a Rai Pubblicità e patrocinata dal Comune di Sanremo per celebrare i 70 anni del Festival di Sanremo.

Gli archivi del Festival sono ricchi non solo di magnifiche canzoni ma anche di moda e fascino. Sin dalle prime edizioni degli anni cinquanta infatti, l’Alta Moda caratterizza e punteggia le serate della gara canora. Se nel 1958 i partecipanti indossano tutti abiti del catalogo delle Sorelle Fontana, dal 1960 cantanti, vallette e ospiti d’onore scelgono il proprio designer o la propria sartoria di fiducia, portando così in scena capi unici e inimitabili.

E così, la mostra The Fashion Side of Festival racconta i decenni della manifestazione attraverso gli abiti e i look che ne hanno fatto la storia. Le teche posizionate all’interno di The Mall Sanremo, corredate da abiti, immagini, video e aneddoti, permetteranno ad ogni visitatore di percorrere un viaggio suggestivo tra passato e presente nel quale musica e moda – due icone e simboli dell’Italia – si mescolano tra loro in un connubio inscindibile di passione e creatività.

Come afferma Giorgio Motta, Direttore di The Mall Luxury Outlets “Siamo molto orgogliosi di questa mostra, la nostra realtà è sempre alla ricerca di iniziative che contribuiscano a rendere speciale ogni momento che i nostri ospiti vivono dentro al Mall e nel territorio circostante”.

“The Fashion Side of Festival è per noi un’importantissima opportunità per condividere con i nostri visitatori bellezza, qualità ed eccellenza, valori cardine che guidano il nostro lavoro di tutti i giorni fino a questa prestigiosissima collaborazione con Rai Pubblicità ed il Festival di Sanremo”.

Tra gli abiti della mostra infine saranno presenti quelli indossati da Nilla Pizzi nel 1951, Domenico Modugno nel 1958, Adriano Celentano nel 1961, Mina nel 1961, Mike Bongiorno nel 1966, Iva Zanicchi nel 1974, Anna Oxa nel 1986, Loredana Bertè nel 1986, Mia Martini nel 1989 e da Claudio Bisio e Mahmood nel 2019.

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Intervista a Marco Bianchi: il gusto della felicità

Per Marco Bianchi cucinare è un gesto d’amore, per noi stessi, per le persone che amiamo, per tutti coloro che ci vogliono bene. Ma anche parlare di cibo e di salute rappresenta un modo di esprimere questo amore. Da qualche tempo è tornato nelle case degli italiani, sempre in cucina, con un nuovo programma, Il gusto della felicità, in onda su Food Network, canale 33 del digitale terrestre. Nel suo libro invece, Il gusto della Felicità in 50 ricette, si racconta ripercorrendo i momenti più importanti, gli incontri, gli aneddoti e i ricordi che lo hanno reso la persona che i suoi tantissimi fan conoscono e amano.  

Ti definisci un food mentor, ma cosa significa nel concreto?

Significa ogni giorno andare alla ricerca di quello che il cibo ci può offrire, in qualità di prevenzione e benessere. Il mio compito è quello di studiare la letteratura scientifica e di portarla allo stato pratico nella quotidianità, attraverso i blog e i canali social.

Come è nato il tuo impegno con Fondazione Veronesi?

È nato un po’ per caso, ero ricercatore e borsista nello staff di Umberto Veronesi, nella parte di oncologia sperimentale, e chiacchierando con il Professore mi sono innamorato anche dell’aspetto divulgativo. Questo incontro ha permesso di sensibilizzarmi ulteriormente all’argomento, infatti mi sono buttato a capofitto su questo progetto che ha avuto poi un ottimo riscontro.

Quali sono oggi, secondo te, le barriere sulla prevenzione che bisogna abbattere?

Sicuramente tante, prima tra tutte quella sugli uomini. Sto portando avanti una campagna proprio dedicata a loro, ed è imbarazzante scoprire quanto un uomo oggi sia ignorante in termini di prevenzione. Un’autopalpazione ai testicoli, ad esempio, dovrebbe essere una prassi normale che chiunque potrebbe fare tutti i giorni sotto la doccia ed invece diventa per gli uomini qualcosa che non hanno mai pensato di fare. Purtroppo, invece, è un tumore che colpisce il genere maschile giovane, tra i 15 e i 45 anni, e ad oggi è ancora uno dei primi che colpisce questa fascia d’età. Abbiamo tanto da imparare dalle donne, che sono sempre in prima linea su questo, dal pap test alla visita ginecologica alla mammografia, sono certamente più attente.

Oggi ci sono molte più intolleranze rispetto ad un tempo, penso anche alla celiachia ad esempio. Perchè questo fenomeno? Quali potrebbero essere dei consigli?

Abbiamo veramente un incremento di sensibilità e intolleranze. Sembra dovuto al fatto che abbiamo perso l’abitudine di mangiare in maniera varia, ma ci focalizziamo sempre sugli stessi alimenti sensibilizzando così il nostro intestino a non accettare determinate sostanze come glutine, zuccheri e grassi. Purtoppo, ognuno di noi ha una propria sfaccettatura sotto questo punto di vista. Basterebbe resettarsi con un digiuno mirato, educato e fatto con un medico, variando la dieta. In un secondo tempo si potrebbero reintegrare pian piano alcuni alimenti mentre altri invece andrebbero allontanati per un certo periodo.

Quale è la tua giornata tipo?

Dipende, ho giornate veramente varie. La più standard vede la sveglia alle ore 7, una colazione piacevole e abbondante perché deve essere un momento bello e poi c’è lo studio dell’agenda e degli impegni da fare. Dopodiché, inizio solitamente con qualche riunione, e in base ai periodi sono più rilassato o meno. Devo anche gestire la vita da papà: c’è sempre la spesa da fare, devo cucinare, e a volte lo mostro attraverso i social mentre altre volte preparo 7/8 piatti diversi che poi presento nel corso delle settimane o dei giorni.

Prossimi libri o prossimi progetti in cui ti vedremo?

Fino a fine Gennaio sono in onda con “il gusto della felicita” su FoodNetwork dalle ore 21. Poi sto mettendo in cantiere un nuovo progetto TV che spero vada in porto e un nuovo libro. Per quest’ultimo ho ancora le idee un po’ confuse, ci metterò la testa da gennaio in poi.

Il food ha avuto un’esplosione sui canali TV negli ultimi anni. Ti piace che se ne parli così tanto?

All’italiano piace sedersi a tavola e ama cucinare e finché abbiamo programmi che fanno questo posso funzionare ancora anch’io. Tuttavia, mi distinguo dagli altri, mi piace essere un po’ di nicchia sotto quel punto di vista perché non cucino di tutto e seleziono ingredienti e ricette. Vado a cucinare per migliorare la salute altrui, e finché l’obiettivo c’è ed è forte, bisogna sempre inventarsi qualcosa di nuovo affinché non diventi tutto troppo monotono.

Rispetto ai social invece, cosa pensi anche di questa ascesa?

È la nostra rivoluzione oggigiorno. Probabilmente li guardiamo anche troppo, però dipende sempre dagli usi che ne facciamo. Personalmente, è l’unico modo che ho per scambiare opinioni con la mia community e quindi anche di migliorarmi. Le critiche possono esserci sempre e, costruttive o distruttive che siano, ci permettono di allinearci con le esigenze della fan base.

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Tattoo polinesiani e tatuaggi samoani e maori

Il mondo dei tatuaggi è davvero molto vasto ed è un’arte molto antica. Le rappresentazioni da fare sul corpo sono le più vaste e fantasiose e fra questi non mancano di certo quelle derivanti dalle tradizioni culturali di nota importanza come i tatuaggi samoani o maori polinesiano.

Il tattoo polinesiano ha un significato intrinseco scopriamolo insieme oltre al simbolismo tattoo.

Tatuaggio polinesiano la pratica

I tatuaggi nella Polinesia antica erano i simboli distintivi atti a delineare personalità e identità, poiché non era ancora sviluppata la scrittura.

Non vi era persona che non avesse un tatuaggio e questi rappresentavano la gerarchia sociale di appartenenza, la discendenza e la maturità sessuale.

I tattoo polinesiani si dividono in 2 macro categorie: Enata e Etua. La prima è legata a disegni che riportano informazioni sullo stato sociale, il luogo di nascita e gli obiettivi raggiunti nella vita. La seconda invece è legata più alla spiritualità con disegni atti a proteggere la persona da spiriti maligni. La pratica del tatuaggio veniva infine praticata con rituali e danze.

Maori Polinesiano simbolismo e pratica

Fra i tatuaggi polinesiani troviamo il Maori polinesiano, simboli legati alla cultura maori che indicano il passaggio dall’età infantile a quella adulta. La loro caratteristica è quella di proseguire sino al momento della morte. I tatuaggi maori erano di grandi dimensioni perché dovevano essere proporzionali alla paura che dovevano incutere al nemico. I tattoo maori venivano infine impressi con un ago molto spesso per far andare l’inchiostro in profondità.

Tatuaggi samoani simbolismo

I tattoo samoani, nell’antica Samoa, avevano un ruolo fondamentale nelle pratiche di guerra e nei rituali religiosi, dove venivano tatuate anche sino a 8 persone durante le cerimonie. Le rappresentazioni erano per lo più di forme geometriche e i tatuaggi fatti su mani o sulle parti inferiori del corpo partendo dalla vita e arrivando fin sotto le ginocchia per quanto riguarda quelli dei guerrieri samoani.

I tatuatori tramandavano le pratiche ai figli che ereditavano questo ruolo per diritto di sangue, inoltre i tatuatori avevano una posizione privilegiata nella società.


Significato dei simboli dei tattoo polinesiani

Fra i tattoo polinesiani i più conosciuti troviamo il sole Maori che rappresenta la rinascita e il ciclo della vita. A seguire la tartaruga simbolo di fertilità, pace, riposo e salute, che veniva tatuata nella cultura polinesiana perché collegata alla credenza che la tartaruga potesse muoversi fra il mondo dei morti e quello dei vivi aiutando a ricongiungersi coi propri cari.

Vi è poi il geco che per noi è simbolo di fortuna, ma nella Polinesia è l’animale che permetteva il contatto fra il mondo terreno e quello degli dei. Infine vi è la lucertola che rappresenta il superamento delle difficoltà e degli ostacoli della vita.

Chi ha fondato Google: 5 curiosità sui fondatori

Google, il motore di ricerca più grande al mondo, fu realizzato e fondato da Larry Page e dal suo collega Sergey Brin, nell’ormai lontano 2 settembre 1998, il dominio fu registrato un anno prima. La società si chiamava “Google Inc” con sede centrale a Mountain View in California.

Oggi Google conta oltre 100 uffici e 90 mila dipendenti ed è tradotto in diverse lingue. Conta circa 300 milioni di utenti al giorno con oltre 2 miliardi di ricerche quotidiane.

Larry Page e Sergey Brin hanno fatto una era fortuna no?! Li conoscete? Ecco qualche curiosità sui due fondatori di Google

Chi ha fondato Google: breve accenno su chi sono L. Page e S. Brin

Chi è Lawrance E.Page

Lawrence E. Page nasce nel 1973 a East Lansing, in Michigan. Sin da bambino è circondato da PC, dispositivi elettronici e riviste scientifiche, perché la madre insegnava programmazione mentre il padre era un professore di informatica presso l’Università del Michigan.

La sua infanzia ne ha sicuramente dettato quello che ha creato in seguito essendo sin dalla prima infanzia interessato alla “scienza dei computer”.

Chi è Sergey Brin

Nasce nel 1973 a Mosca, a soli sei anni con la famiglia si trasferisce negli Stati Uniti. E’ un brillante studente si laurea al College Park in Maryland in matematica e scienze informatiche. Prosegue poi gli studi a Stanford ed è qui che nasce l’amicizia con L. Page nel 1995. Iniziano a collaborare e registrano il marchio google per poi diventarne i fondatori

Curiosità su chi ha fondato Google

Oltre a quanto detto sopra i due amici e fondatori di Google hanno frequentato la scuola Montessori nella loro infanzia. Un metodo educativo che rompe gli schemi tradizionali di educazione ma spinge a formare bambini e poi ragazzi curiosi e motivati. Creativi e inventivi, ma soprattutto indipendenti.

A soli 6 anni inoltre L. Page fu il primo studente a presentare un compito in formato elettronico nella scuola elementare che frequentava.

Sergey Brin è un appassionato di sport, in particolare anche di yoga, disciplina che pratica anche durante le riunioni di Google, e che sembra aver ridotto le possibilità di sviluppare il Parkinson, una malattia neurodegenerativa ereditaria della sua famiglia.

Brin ha donato anche per la ricerca sul Parkinson ben 160 milioni di dollari.

Sia Brin che Page sono nella lista dei 15 uomini più ricchi del mondo

Non possiamo che concludere con una frase di Sergey Brin “Vogliamo che Google sia la terza metà del vostro cervello”

Ricetta pasta e fagioli: ingredienti, preparazione e consigli

Pasta e fagioli: non c’è niente di più italiano. Ecco la ricetta e qualche consiglio utile per un piatto perfetto.  

Tra le tante ricette con i fagioli, quella che stiamo per presentare è sicuramente la più buona e tradizionale. Stiamo parlando della pasta con i fagioli, un primo piatto di origine italiana tra i più famosi al mondo, delizioso, economico e nutriente. È una ricetta super calorica dato che i fagioli sono ricchi di proteine, ferro e fibre. D’altra parte questo piatto è un “vizio” da regalarsi perché ne vale davvero la pena.

La ricetta della pasta e fagioli

Ingredienti pasta e fagioli

La ricetta della pasta con i fagioli prevede l’impiego dei seguenti ingredienti:

(per 4 persone)

  • 300 grammi di fagioli secchi (o in scatola);
  • 350 grammi di pasta;
  • una patata;
  • un cipollotto;
  • un rametto di rosmarino;
  • pepe nero;
  • sale;
  • olio extravergine d’oliva.

Procedimento pasta e fagioli

La sera prima mettere i fagioli a bagno in acqua fredda e un pizzico di bicarbonato. Se si usano i fagioli in scatola, si devono sciacquare per bene sotto l’acqua corrente prima di usarli. Il giorno seguente soffriggere un cipollotto insieme ad un rametto di rosmarino.

Non appena il cipollotto si sarà dorato, aggiungere una patata tagliata a cubetti e fare insaporire il tutto per qualche minuto. Successivamente aggiungere i fagioli e fare rosolare per qualche secondo.

Aggiungere l’acqua (tre volte sopra gli ingredienti), portare a bollore e fare cuocere per il tempo necessario. Non appena i fagioli risulteranno cotti, aggiustare di sale. A questo punto, frullare circa il 20 percento degli ingredienti e rimettere in pentola.

Questo procedimento permetterà di ottenere una pasta e fagioli cremosa. Quindi mettere la pasta. Non appena spegniamo il fuoco, aggiungere pepe a piacere. Mescolare tutto insieme e servire il piatto caldo completandolo con l’aggiunta di un po’ di olio extravergine d’oliva.

Pasta e fagioli: consigli

La pasta e fagioli non deve essere un piatto liquido. Come già detto, la sua consistenza deve risultare cremosa. Raccomandiamo di fare la pasta con i fagioli precotti solo se strettamente necessario. Usare i fagioli in scatola è l’equivalente di utilizzare un fagiolo inconsistente e che non genera sapore. Infine, ricordiamo di gustare il piatto caldo, in caso contrario la consistenza della pasta risulterebbe troppo solida e quindi difficile da mangiare.  

Testosterone naturale: 6 modi per aumentare i valori

Il testosterone è un ormone steroideo prodotto dagli uomini in maggiore quantità dai testicoli, non manca nelle donne dove la produzione avviene dalle ovaie. Sia negli uomini che nelle donne è anche prodotto dalle ghiandole surrenali.

I livelli di testosterone naturale non dovrebbero mai essere troppo bassi perché si potrebbero presentare diversi disturbi come:

  • crescita muscolare lenta
  • massa grassa che si deposita facilmente
  • carenza di libido
  • mancanza di energia
  • sbalzi d’umore

Se hai uno di questi sintomi e dalle analisi scopri di avere il testosterone basso, ti suggeriamo 5 modi per aumentare i valori.

6 modi per aumentare il testosterone naturale

Omega 3

L’assunzione di Omega 3 favorisce la produzione di cortisolo riducendo lo stress, causa principale della produzione di testosterone bassa. Favorite dunque un’alimentazione a base di pesce azzurro, salmone, sgombro, sardine, acciughe e noci.

Assumere integratori

Gli integratori che favoriscono la produzione di testosterone sono diversi fra cui vi segnaliamo lo zinco.

Lo zinco favorisce diverse funzioni del nostro organismo fra cui anche la produzione di testosterone e protegge il sistema immunitario. Lo zinco si trova anche in diversi alimenti fra cui zucca, anacardi, spinaci, cozze, molluschi, ostriche, aragoste, manzo.

Un altro minerale che favorisce la produzione di testosterone è il selenio, essenziale per la fertilità maschiale. A livello alimentare si trova in patate, molluschi, fegato e noci, ma non viene mai assunto in grandi quantità solo mangiando. Quindi un integratore è senz’altro di aiuto.

Oltre ai Sali minerali sono fondamentali anche vitamina D e K, la prima limita la conversione del testosterone in estrogeni, la seconda ne stimola la produzione. Un integratore che le contiene è utile per aumentare i livelli di testosterone naturale e anche stare all’aria quando c’è il sole.

Consumare crucifere

Si sa che il consumo di verdure è salutare per il nostro organismo, in particolare le crucifere riducono l’effetto inibitorio degli estrogeni sulla produzione di testosterone. Le crucifere sono cavoli, broccoli, cavolfiore, cavoletti di Bruxelles.

Ridurre il consumo di alcool

Il consumo eccessivo di alcool agisce negativamente sulle funzionalità del fegato e ne influenza negativamente l’equilibrio fra estrogeni e testosterone. Inoltre l’alcool inibisce la produzione di questo ormone.

Colesterolo “buono”

Il colesterolo DHL aiuta la sintesi di testosterone naturale, si al consumo di uova, pollo, burro, fagioli e olio di oliva per mantenere il colesterolo buono alto e di conseguenza anche il testosterone.

No alle diete restrittive

Le diete non equilibrate con un consumo ridotto di carboidrati rallentano la produzione di testosterone, così come le diete povere di grassi. Per questo prima di mettersi a dieta è necessario rivolgersi ad uno specialista ed evitare il fai da te.

Storia del logo Adidas dalla nascita ad oggi

Adidas è il celebre brand fondato il 18 agosto del 1949 da Adi Dassler e identificato dalle tre strisce come logo, che oggi fanno parte della storia dei brand sportswear. Nacque con l’idea di fare la differenza nelle performance degli atleti e riuscì non solo in questo, ma anche nello stile della musica, della cultura e della sostenibilità.

Come nasce il logotipo Adidas, oggi icona delle scarpe più amate al mondo dagli sportivi? Ecco che vi raccontiamo la storia dalla nascita ad oggi.

Logotipo Adidas la storia

Storia di Adidas: 1924

Le scarpe sportive nascono in realtà molto prima del 1949 e della fondazione della società, quando Adolf Dassler e suo fratello Rudolf fondano la prima azienda calzaturiera con l’idea di produrre scarpe per lo sport che diano comfort agli atleti, ma anche sicurezza proteggendoli dagli infortuni.

Ecco nascere le prime scarpe con tacchetti per gli atleti, le stesse che nel 1928 indossò Lina Radke vincitrice dell’oro alle Olimpiadi. Il modello appariva con le strisce laterali, ma non tre, solo due. Il motivo è semplice, ovvero funzionale: infatti le due strisce laterali erano state poste nella zona centrale del piede atte a sostenere e mantenere la struttura della scarpa.

Storia di Adidas: 1947

Arriva la guerra e fra i due fratelli nasce una rivalità tale da dividerli, Rudolf fonda una sua azienda la RuDA, oggi conosciuta come PUMA, mentre Adolf fonda l’Adidas, il cui nome deriva proprio dall’unione del suo nomignolo e del suo cognome Adi Dassler

A questo punto Adolf non può più utilizzare le due strisce sulle sue scarpe e ne aggiunge una terza. Le tre strisce vengono messe su ogni articolo prodotto dall’azienda. Dovendo poi brevettare le 3 strisce come marchio, Dassler scopre che le stesse erano già state registrate da un’azienda finlandese. Non si da per vinto e convince i fondatori a vendergli il logo per una cifra che oggi corrisponde a circa 1.600 €.

Storia di Adidas: 1970

La strada del successo di Adidas è tutta in salita, migliorano i materiali e le strutture del design sempre alla ricerca di forme ergonomiche. Sino ad arrivare al 1970 quando iniziano ad usare la gomma in EVA. Questo utilizzo migliora le prestazioni delle calzature.

La concorrenza ovviamente non è da meno, soprattutto da parte di PUMA, a questo punto l’azienda decide di reinventare il proprio brand creando anche un logotipo Adidas che sia più dinamico, all’avanguardia e che mostri un’immagine rinnovata di sé al mondo.

Ecco nascere il Trifoglio: 3 foglie che si uniscono a creare la figura di una pianta, tagliata al centro in orizzontale a creare le 3 strisce.

Il Trifoglio Adidas oggi è legato alla linea Originals che offre calzature classiche e abbigliamento casual

Storia di Adidas Anni ‘90

Adidas non smette mai di crescere e segue l’evoluzione tecnologica delle scarpe e negli anni ’90 col grande successo della collezione ZX introduce il brand Equipment, linea che nasce per soddisfare le esigenze di performance dei diversi atleti, con le 3 strisce che tornano ad essere fondamentali per la funzione pratica che hanno avuto in passato.

Ricordiamo ad esempio i modelli EQT dove le 3 strisce del logotipo Adidas sono integrate nel sistema di allacciatura. Ai lati del piede si avvolgono una serie di corde con lo scopo di offrire maggiore stabilità