Scooter elettrico Nes: prestazioni e design

Quando libertà, dinamismo e rispetto per l’ambiente si uniscono, nasce NITO, marchio italiano che sfida i grandi brand per divenire protagonista del mercato consumer delle due ruote.

NITO offre prodotti dal forte carattere distintivo, mezzi elettrici di design e dalle prestazioni brillanti, capaci di distinguersi nel contesto metropolitano per dettagli e bellezza.
Ogni prodotto è customizzabile, il design è italiano, le forme compatte e i materiali di qualità eccellente. Chi viaggia con NITO viaggia con stile, e si diverte nel pieno rispetto dell’ambiente.
NES, lo scooter del brand torinese, è tra i più scattanti mezzi sotto i 4 kw in termini di prestazioni, il valore aggiunto di un prodotto eco-friendly e dal grande impatto estetico.

nitobikes.com

Client: NITO

Talent: Andrea Cerioli

Photographer: Pier Nicola Bruno

Stylist: Miriam De Nicolo’

Assistant Stylist: Irene Lombardini

Assistant Photographer: Delfo Bardelli

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Irritazioni e prurito post rasatura: i migliori rimedi

La rasatura tramite rasoio, negli uomini come nelle donne, può spesso avere come conseguenze irritazioni cutanee e prurito. Per gli uomini, poi, il radersi può diventare fonte di fastidio o arrossamenti, soprattutto se si tratta di una superficie delicata come quella del viso.

Per questo motivo, è importante usare determinati accorgimenti pre e post depilazione, in modo da prevenire ed eventualmente curare come si deve ogni forma di reazione della pelle. Esistono, tra l’altro, semplici passaggi naturali da poter attuare tranquillamente in casa:

1.Esfoliare la pelle

In generale, avere una pelle pulita prima della depilazione è molto importante. L’esfoliazione pre rasatura aiuta ad eliminare le cellule morte e a far emergere i peli incarniti, in modo da preparare la pelle e ad esporla meno alle irritazioni.

Per gli uomini nello specifico, non sarebbe male optare per una pulizia del viso tramite sapone e acqua calda. L’ideale sarebbe radersi proprio dopo una doccia calda e, nel frattempo, lavare il viso con del sapone esfoliante. Il risultato? Pelle liscia e pori dilatati e puliti, una buona partenza per evitare arrossamenti e prurito.

2. Applicare del ghiaccio

Se dopo la rasatura si avverte una sensazione di bruciore, il rimedio più facile ed immediato è applicare del ghiaccio sulla parte interessata. Basta avvolgere dei cubetti di ghiaccio in un asciugamano sottile e posizionare il tutto. In alternativa, è possibile utilizzare un panno precedentemente immerso in acqua fredda. Per eliminare completamente il bruciore, potrebbe essere necessario ripetere l’operazione più volte giorno.

3. Trattare l’irritazione con l’aceto di mele

Un altro rimedio naturale e casalingo per le irritazioni post rasatura è l’aceto di sidro di mele. Le sue proprietà antinfiammatorie, infatti, aiutano a ridurre infiammazione e prurito. Inoltre, l’acido acetico contenuto aiuta a prevenire eventuali infezioni.

Per farlo, basta impregnare un batuffolo di cotone con l’aceto di mele, applicarlo sulla zona interessata, lasciarlo asciugare naturalmente e poi risciacquare con acqua corrente. Se necessario, si può ripetere l’operazione più volte al giorno. Per chi ha una pelle sensibile, si consiglia di diluire l’aceto di mele con un po’ d’acqua prima di applicarlo.

4. Utilizzare l’Aloe Vera

Un’eccellente opzione naturale per alleviare l’arrossamento post depilazione è l’aloe vera: la sua natura rilassante e rinfrescante di questa pianta dona immediato sollievo da irritazioni ed infiammazioni della pelle. Inoltre, l’aloe vera mantiene la pelle idratata ed accelera il processo di guarigione.

Se si possiede una pianta di aloe in casa, basta tagliarne un ramo ed estrarne il gel. In caso contrario, quest’ultimo si trova facilmente in commercio ed è meglio applicarlo sull’irritazione freddo da frigo.

5. Usare il bicarbonato

Il bicarbonato possiede straordinarie proprietà che permettono di curare e purificare la pelle. Tra le sue caratteristiche, è antisettico e detergente, aiutando così anche nel trattamento dei brufoli.

Si può preparare facilmente un tonico al bicarbonato: basta mescolarne una piccola quantità con un po’ di acqua tiepida, per poi applicarlo sulla pelle utilizzando un batuffolo di cotone. Quest’ultimo va passato più volte, per poi lasciar asciugare la pelle naturalmente. Una volta asciutta, la superficie è pronta per la rasatura.

6. Applicare acqua fredda

Prima e durante la rasatura è decisamente meglio servirsi di acqua calda o tiepida per preparate adeguatamente la pelle. Dopo la rasatura, invece, è consigliabile risciacquare la pelle con acqua fredda. Questo perchè aiuta i pori a chiudersi rapidamente, evitando la formazione di brufoli e mantenendo il viso pulito. 

7. Usare una lozione o un balsamo dopobarba

Il mondo della cosmetica ha lanciato sul mercato numerosi prodotti adeguati al post rasatura: lozioni, creme e gel sono appositamente ideati e realizzati proprio per alleviare irritazioni, bruciori ed arrossamenti della pelle dovuti all’utilizzo del rasoio.

Se si vuole andare sul sicuro, è consigliabile optare per soluzioni senza alcool: soprattutto per le pelli sensibili, evitano che con il contatto si provi una sensazione di bruciore o, peggio, si aggravi la situazione iniziale. Diversi prodotti interessanti si possono trovare nel nostro articolo a riguardo.

8. Utilizzare un dermoregolatore prima e dopo la rasatura

Per chi è costantemente soggetto a prurito, rossore e irritazioni (o è solito tagliarsi), è consigliabile munirsi di un buon dermoregolatore, da applicare prima e dopo la rasatura.

Dalle proprietà quasi miracolose, il dermoregolatore può essere applicato anche su piccole lesioni, oltre che su escoriazioni e bruciature, o prima di fare un tatuaggio. Nel momento in cui si usa abitualmente il rasoio può seriamente diventare un supporto assolutamente indispensabile.

A questo proposito, uno dei prodotti di maggior punta è senz’altro Antidot Pro, esclusiva dello shop online di OP Cosmetics. Il boom di vendite è nato dopo che Tracey Cunningham (colorista di star del calibro di Jessica Alba, Gwyneth Paltrow, Charlize Theron) ha dichiarato di utilizzarlo sulle sue clienti. OP Cosmetics lo ha importato un paio di anni fa insieme al rinomato Olaplex (il brand cosmetico creato dai chimici Craig Hawker ed Eric Presly) e può essere acquistato in due diversi formati, ovvero 60 ml o 240 ml. 

Grazie alle approfondite ricerche degli allergologi, Antidot Pro riesce a proteggere la pelle isolandola dagli agenti esterni che possono essere causa di irritazione. Questo perchè si tratta di un dermoregolatore antistaminico naturale, che viene assorbito dolcemente dalla pelle e fa davvero la differenza su quelle sensibili. 

La sua formula è composta da diversi principi attivi quali zinco, olio di cocco, olio di bambù, olio di babassu, olio di semi d’uva, olio di avocado, burro di karitè, olio di kumquat, olio di borragine, olio di macadamia, olio di pompelmo. Grazie al suo utilizzo il prurito post rasatura, le reazioni allergiche, la secchezza o la presenza eccessiva di sebo diventeranno solo un lontano ricordo. In men che non si dica, la pelle risulterà incredibilmente rilassata e ossigenata, grazie all’incremento del microcircolo del sangue e alla nutrizione dei bulbi piliferi. 

Cinecult: Serenity di Steven Knight

Un paradiso terrestre che si tinge di rosso sangue, un thriller noir di grande effetto che non deluderà gli amanti del genere, dei brividi d’estate ma anche chi ama il filone surreale ricco di colpi di scena e di sorprese del tutto inaspettate e imprevedibili!

‘Serenity l’isola dell’inganno’ distribuito da Lucky Red, scritto e diretto da Steven Knight, è un film che nasce dall’ibridazione fra la visione misogina e al contempo femminista della bellissima e misteriosa Karen Zariakas interpretata dal premio Oscar Anne Hathaway che nel film è vittima di violenze domestiche da parte del secondo marito Frank (l’attore australiano molto convincente Jason Clarke), e la sensualità torrida e muscolare del protagonista premio Oscar Matthew Mc Conaughey, che torna a interpretare un ruolo da eroe americano disperato e profondo dalla testosteronica fisicità, quello di Backer Dill/John, un pescatore che nel tentativo di catturare il tonno perfetto cerca di sfuggire al dolore e al trauma della guerra in Iraq e dell’abbandono della moglie. Baker Dill è un personaggio che combina mascolinità e vulnerabilità, sensibilità e rudezza, un uomo che ha sofferto e annega i dispiaceri nel rum e nel sesso, consumato impetuosamente con la seducente e burrosa Diane Lane (nel ruolo di Constance) pensando al figlio Patrick che non vede più da tempo a causa della ex moglie (Karen) che lo ha inaspettatamente tradito e piantato in asso.

Dopo 10 anni dal divorzio Karen si palesa a Plymouth facendo una proposta particolarmente estrema a Baker che si troverà di fronte a un grande dilemma esistenziale. Il regista e sceneggiatore è Steven Knight, una delle ‘firme’ di Hollywood che ha ottenuto una candidatura agli Oscar nel 2002 per la sceneggiatura di ‘Piccoli affari sporchi’ diretto da un altro gigante, Stephen Frears. Per ‘Serenity’ ha tratteggiato e dato vita sul set a personaggi ambivalenti e magnetici. Il regista dopo la realizzazione del film, si è detto affascinato dalle brave persone che fanno brutte cose come il capitano Dill. Splendido lo sfondo naturale che è anch’esso poi un personaggio della pellicola: la fantomatica isola di Plymouth dove si svolge tutto il plot, è stata ricostruita nello spettacolare scenario azzurrato di un’isola delle Mauritius dalle spiagge di sabbia bianca finissima bagnata dall’Oceano Indiano di un blu cristallino. La tessitura della storia è particolarmente efficace, godibile e al contempo raffinata.

A un certo momento del film ci si può sentire persi interrogandosi sui possibili sviluppi di una trama concepita per lasciare lo spettatore a disagio, senza punti fermi. Il film che suggerisce già dal titolo un intreccio turbinoso –e occhio al titolo perché non è scontato ma studiato- è destabilizzante e avvincente e si ispira in qualche modo a certi classici noir e avventurosi della letteratura anni’40 e’50 come Ernest Hemingway e Graham Greene. Questa pellicola peraltro è una reunion di due grandi attori: McConaughey e la Hathaway avevano già recitato insieme in Interstellar.

Notevoli i costumi creati da Danny Glickman specialmente quelli indossati dalla glamourous Anne Hathaway che è abilmente trasformata in una rediviva Lauren Bacall e ricorda anche Ida Lupino e Veronica Lake, le belles dames sans merci del cinema noir anni’40. Promosso a pieni voti il monumentale Djimon Hounsou nei panni del pescatore Duke, amico e confidente di Baker Dill e che nel film incarna il coté spirituale ed emotivo, semplice e vibrante insieme.

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È street food mania, mangiare per strada è il nuovo gourmet

Altro che stellati, il vero caso di successo nel mondo della ristorazione è lo street food. Il cibo da strada batte ogni gourmet e segna dei risultati incredibili. Negli ultimi 5 anni sono raddoppiate le imprese di ristorazione ambulante ma il dato più rilevante è che sono i giovani under 35 e gli stranieri a guidare questo nuovo fenomeno.

L’ultimo rilevamento risale alla seconda metà dello scorso anno e prendeva in esame il periodo 2013-2018. In questo lasso di tempo i food truck (questo il nome dei punti vendita su ruote) è passato da 1.717 a 2.729 attuali. Di questi oltre 600 (22%) sono gestite da Millenials con una crescita, nel quinquennio, del 23,9%. La diversificazione dell’offerta è testimoniata da un altro dato che fissa al 52,1% la quota di mercato rappresentato da imprenditori stranieri. Ricercatore di street food in giro per il mondo, Maurizio Rosazza Prin, secondo classificato nella seconda edizione di MasterChef Italia e volto televisivo, riporta nel suo blog Chissenefood, ricette, idee e racconti che raccoglie nei luoghi più disparati.

Quali sono i motivi del successo dello street food che lo hanno fatto passare da cibo per i meno abbienti a proposta d’avanguardia?

Le mani, la sensazione tattile e la libertà di muoversi che ti procura il godere di un cibo senza doverti sedere in una tavola è assolutamente impagabile. Rimane la convivialità senza la geometria della tavola. Più che avanguardia è un ritorno al passato dove il cibo aveva un significato funzionale e veniva cucinato là dove doveva essere consumato. E dopo la sbornia dei menù degustazione, il trionfo della tavola con le mille portate, parallelamente è nata questa esigenza di libertà. E come ogni contro cultura ha finito per diventare la cultura dominante e non è affatto raro che venga proposto nei grandi ristoranti come un elemento in un menù di degustazione. La mia critica è che deve rimanere popolare, nei prezzi e nella proposta: ai venditori di cibo da strada vorrei dire di non farci pagare il prezzo delle vostre operazioni di marketing ma di darci qualcosa di vero, con l’anima e a un prezzo giusto. Come dovrebbe essere. E prima di pensare ai format e alle gastro operazioni di marketing pensare a far da mangiare bene, solo questo è il successo di un cibo, se è buono e giusto, preparato pensando alle persone e non ai business plan.

Per molti lo streetfood è sinonimo di cibo fatto velocemente e con poca cura, tu cosa ne pensi?

Anzi, il contrario, c’è tantissima cura. Coloro che scelgono di stare in mezzo alla strada a cucinare, scelgono di voler stare a contatto con il cliente finale e non possono più mentirgli, siamo tutti troppo attenti e notiamo tutto. Io sto vedendo grande passione da parte di chi ha scelto veramente di dedicarsi a questo stile di vita. Per noi è un fenomeno, mentre all’estero è la realtà e il motore della cultura gastronomica, pensa all’Asia, dove è normare mangiare per strada. Andare a fare file chilometriche per un piatto, in baracchini che fanno bene magari solo un piatto, ma divinamente. Un mio amico chef cinese mi racconta sempre di quando è in Cina e si sveglia alle 5 per andare al mercato al banchetto del tofu fresco, dove sanno fare solo questo con mille salse, null’altro e lo fanno da 150 anni. Pensi che in 150 anni ci abbiano messo poca cura, poco igiene nel farlo?

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Tutti al mare

C’è chi è già partito, oppure chi sta ancora contando i giorni restanti alle tanto sospirate ferie estive. La nostra selezione di capi must have da spaggia va bene per tutti, da inserire in valigia all’ultimo minuto o per completare il look di chi è già in spiaggia in prima fila.

SUN68: costume stampa hawaii e fiori.

American Vintage: camicia maniche corte fantasia germini kaki.

Baldinini: sandali in tessuto tecnico blu.

Bikkembergs: slip beachwear con logo all over.

Bikkembergs: slip beachwear neon.

Bikkembergs: duffle bag coated, 100% PU eco pelle.

Lotto Leggenda: sabot bianche logate.


Moscot: occhiale da sole realizzato artigianalmente con metallo anallergico con naselli in titani.


C.P. Company: costume con fantasia e tasche ai lati con tipico goggle.


Marina Militare: costume da bagno blu con logo e stemmi laterali.


Berwich: bermuda con doppia pinces all’italiana, comfort fit, realizzato in lino/cotone con cinta a contrasto.


Marina Militare: t-shirt manica corta fantasia.


Lotto Life’s: t-shirt bianca con scritta “Life’s”.


Rucoline: marsupio in pelle con tasca frontale in pelle scamosciata. Chiusura con fibbia logata.


Stonefly: mocassino stile barca cucito a mano in morbido camoscio microforato con cuciture a contrasto. Il laccetto è tono su tono.


Slam: costume da bagno bianco con fantasia a lato.


Alessandro Gherardi: camicia texana lavata. Polso leggermente stondato. Manica Lunga.


Pence 1979: shorts in cotone tinto filo con fantasia a righe.

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10 accessori per un viaggio all’avventura

Escursionismo, campeggio, bicicletta, interrail sono alcune tra le modalità dei viaggi all’avventura preferiti dagli italiani, del resto il viaggio ha sempre fatto parte della storia e della cultura del nostro Paese ed è uno strumento importante per aprire la mente, confrontarsi con usanze e costumi diversi affrontando nuove sfide.

Chi l’ha detto però, che anche per una vacanza zaino in spalla non si possa essere attrezzati con accessori funzionali ma molto cool? Scopriamoli nella gallery.

Ermenegildo Zegna

Uno zaino spazioso e resistente, perfetto alleato per un’escursione fuori porta o un viaggio avventuroso.

Acne Studios

Stando molte ore all’aperto sotto il sole è bene proteggersi con un cappello. Must della stagione è il modello da pescatore.

Garmin Instinct

Non segna solo l’ora e indica la data. Questo smartwatch è ultra resistente, impermeabile, possiede una bussola su tre assi e il GPS.

Borraccia 24 Bottles x Vivienne Westwood

L’idratazione è importante specialmente in estate. Per portare sempre con te dell’acqua, senza utilizzare inquinanti bottiglie di plastica, puoi utilizzare una delle borracce ecologiche in metallo.

Gucci

Ad ogni avventura corrisponde la giusta calzatura. Questo modello Gucci è perfetto per fare trekking senza rinunciare allo stile.

Dsquared2

Gli zaini non sono mai abbastanza per gli amanti dell’avventura. Con questo fedele alleato potrai portare in spalla tutto il necessario.

Balenciaga

Anche l’occhio vuole la sua parte ed è bene proteggersi dai raggi UV con un bel paio di occhiali da sole.

Off-White

Uno degli accessori streetwear del momento può essere l’ideale anche nelle situazioni più spericolate.

Palm Angels

In uno zaino puoi infilarci tutto l’indispensabile ma certe volte è meglio optare per un comodo marsupio e passare la giornata leggeri.

LG TONE Platinum+

Un’avventura perfetta necessità della perfetta colonna sonora che si può comodamente ascoltare con queste cuffie Bluetooth senza fili ad ostacolarci.

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Daniele Innocenti: la voce della Maremma

Conserva gli occhi birbanti e curiosi di un bambino, una lingua tagliente che cela a tratti un velo di malinconia, ma sopra ogni cosa una verve invidiabile con cui conquista tutti gli ascoltatori radio della Bassa Toscana. Passione si: per la musica e per i giovani che come ogni bravo pigmalione sa fare, consiglia nelle carriere e nelle mosse da intraprendere affinchè i loro sogni si realizzino. Daniele Innocenti, che delizia le serate della costa d’Argento nel suo affascinante format radiofonico Funk Shack, si racconta in esclusiva a Man in Town.

Agli albori della tua decennale carriera ti sei trasferito in Inghilterra. Parlaci di questa esperienza


Londra, non l’Inghilterra, che sono anni luce dall’essere la stessa cosa. E niente a che fare con la carriera quanto con l’inquietudine di un ragazzo di provincia che amava la musica alla follia (ero già un DJ ma sapevo che a Londra il massimo a cui potevo aspirare, perlomeno agli inizi, sarebbe stato un posto come lavapiatti ne solito ristorante italiano). E Londra era la musica, più di qualsiasi altra città al mondo. Una città che ha culturalmente, e sottolineo culturalmente, la musica pop nel suo DNA. 

Anche solo leggere la stampa specializzata (NME, ad esempio) mi comportava una goduria quasi fisica. Ho imparato l’imparabile. E soprattutto ho imparato a rispettare il pop, a comprenderne i complessissimi meccanismi che lo rendono imprescindibile dai tempi, dai costumi e dalla cultura di ogni epoca. E ovviamente veneravo la radio, di cui ero assolutamente drogato: la BBC nella fattispecie, e i suoi leggendari fuoriclasse, da cui ho imparato a calibrare ogni singolo respiro lavorando non solo sul tono della voce ma sui tempi, sui silenzi e, a rischio di suonare ampolloso, sulla psicologia. 

Londra è stata anche il primo impatto di uno “small town boy” con una comunità gay vastissima (che sino a quel momento non mi ero neppure mai sognato che potesse esistere), con la militanza (Act Up), una nightlife che mi avrebbe reso un vero e proprio castigo frequentare locali una volta rientrato alla base (il gap con la vita notturna italiana non è robetta) e certo che si, il sesso per il sesso: sempre, ovunque, in quantità industriale, per misurarmi con la mia fisicità, compresi i limiti, e acquisire una consapevolezza di me e del mio corpo che mi ha semplicemente stravolto la mia vita. Sono tornato scheletrico ma con due spalle di granito.

Cosa consiglieresti a un giovane appassionato di musica che sogna di fare lo speaker radio?
Consiglierei di prepararsi tecnicamente, musicalmente, e culturalmente. Non diventi farmacista senza una specifica, solidissima preparazione. E non vedo perchè dovrebbe essere altrimenti per una professione bella, importante (e difficile!) come quella del DJ: Ecco, questo gli direi: è un lavoro bellissimo. Ma non così facile come pensi. Se è un hobby, ok: fallo come vuoi. Ma per farlo diventare una professione, preparati.  E preparati duro.

Sei anche un event planner: cosa serve per realizzarne uno di successo?


Dipende dal tipo di eventi. La mia formulina magica però è sempre stata quella che io chiamo delle tre T: tradizione, trasgressione e un pizzico di trash. Naturalmente un po’ di maestria nel mescolare gli ingredienti male non fa.

Cosa rende Orbetello così magica?


Orbetello è un inferno, una gabbia, una riserva indiana per quell’inquietudine giovanile di cui ti parlavo poco fa. Ma una specie di piccolo paradiso in terra quando tutta quell’euforia, quella curiosità, quella smania di vita si tramuta in qualcos’altro. Magari grazie alla maturità, a quel po’ di senso di sfinimento che a un certo punto inevitabilmente subentra quando hai navigato nella tempesta più che abbastanza.

Quello che a me personalmente la rende irrinunciabile è il contatto ipnoticamente quotidiano con la natura: gli aironi, i gabbiani, il verde, la laguna, la spiaggia, gli odori. Certo, sotto un aspetto professionale o creativo, non è la Mecca. E a volte è semplicemente una rottura di palle ammorbante. Ma più in generale è il posto perfetto dove approdare quando decidi che è ora di vivere in pace.

Ti vediamo impegnato nel salvare le vite di decine di gatti ogni giorno. Una cosa ammirevole. Da dove nasce la passione per gli animali? 

Se qualcuno me l’avesse detto qualche tempo prima gli avrei riso in faccia. E’ stata una svolta totale, assoluta, definitiva: diventare un operatore volontario nel randagismo felino mi ha tramutato in un altro uomo. Non so da dove è nata questa cosa, ma so cos’è stata.

E’ stato il dire finalmente basta ad essere io stesso il centro delle mie attenzioni. E’ stato il dedicare una parte della mia vita a qualcosa che è altro da me. E’ il passare nel giro di poche ore dal chiasso, il glamour, la magia degli amplificatori, della bella gente, dei drink, dello sballo, della sensualità ad un marciapiede sudicio, faccia a faccia con delle creature in seria difficoltà, ormai ridotte a vivere in un contesto che è strutturato per essergli perfettamente ostile.

Su di me ha avuto un effetto sconvolgente: meno soldi, meno ore di sonno, meno abiti carini, meno di tutto quello che mi piaceva, ma finalmente un bel senso di tranquillità con cui andare a dormire. Fortemente consigliato.

Progetti attuali e futuri?

Niente progetti. Un infarto importante come quello che ho subito qualche settimana fa ti sbatte in faccia tutta la tua vulnerabilità. E a questo punto, l’unica cosa che mi viene voglia di progettare è un modo per poter continuare ad occuparmi dei miei gatti, di Funk Shack, degli amici, delle cose belle della mia vita quanto più a lungo possibile. Soprattutto non dandola così per scontata, la vita. Visto che evidentemente non lo è.

Sei appassionato di Motown e anni Settanta. Cosa ti lega a questi periodi?

Innanzitutto l’amore per la musica black. Il primo album che ho comprato con la paghetta di papà quando ero realmente ancora un bambino, a costo di terribili rinunce tipo il cinema e il gelato la domenica pomeriggio con li amichetti, era di Joe Tex.

Ma nello specifico, la Motown per me è riscossa, riscatto. Giovani artisti, belli e incredibilmente talentuosi a cui però non era concesso l’uso del bagno nei locali in cui si esibivano perchè neri. Salvo poi diventare nel giro di due o tre anni le megastar ultra glamour che tutti veneravano, che radio e tv si contendevano, e che i ragazzi americani (finalmente anche quelli bianchi) imitavano. La quintessenza della riscossa.

Certo, da appassionato di produzione da un punto di vista prettamente tecnico e artistico, credo che la leggendaria parabola Motown costituisca l’apice massimo mai raggiunto in termini di genio creativo e innovativo dell’intera storia della musica moderna. A mio parere (ma non solo mio) ancora lì, imbattuta e imbattibile.

Lasceresti un verso di una canzone per i nostri lettori?

Certo che si: “proprio come faceva Pagliacci – cerco di nascondere la mia tristezza – sorridendo in pubblico mentre da solo in una stanza piango – le lacrime di un clown quando nessuno lo vede”. Tutto il senso dell’essere artista in una delle mie preferite in assoluto: “The tears of a clown” di Smokey Robinson.

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CRESCENZI & Co.: reinventarsi una professione e vincere la sfida

 

Da medicina e nightlife all’agenzia di successo negli eventi e nella comunicazione; Michele Modica e Luca Crescenzi festeggiano 5 anni di Crescenzi & Co. 

Michele Modica e Luca Crescenzi fondano il 25 luglio del 2014 Crescenzi & Co., agenzia che fornisce servizi per la comunicazione e gli eventi. Oggi, a distanza di 5 anni, i due fondatori raccontano una storia di successo non priva di difficoltà, sacrifici e rischi. Crescenzi & Co. si occupa di event concept e di servizi complementari come: set-up, produzione, food&beverage concept, pr, intrattenimento e gestione talenti; promossi singolarmente o in un pacchetto componibile e personalizzato per essere utile a raggiungere gli obiettivi di comunicazione del cliente. 

“È iniziato tutto per caso, grazie al mio lavoro di art director e a quello nella vita notturna che – racconta Luca Crescenzi, co-fondatore e creative director – in 25 anni di carriera mi ha portato a collaborare con importanti realtà come Hollywood, Gasoline e soprattutto lo storico Plastic Club, e alla ideazione della serata Alphabet. La moda ha iniziato a contattarmi per le pr personalizzate di alcuni eventi e sfilate e, successivamente, a richiedermi altri servizi. É in quel momento che Michele, intuite le potenzialità di business, decide di abbandonare medicina per fondare insieme a me Crescenzi & Co.”. 

L’agenzia, come nella più classica delle tradizioni, parte con due computer portati da casa, un piccolo spazio ricavato in un soppalco e tanta caparbietà. Luca e Michele si mettono in discussione e scommettono su questa nuova avventura lasciando dietro di loro tutte le sicurezze conquistate sino a quel momento. Non pochi i pregiudizi – e la competizione – che hanno affrontato per rendere credibile il loro lavoro e quello dell’agenzia. Nel corso dei primi anni, infatti, i loro curricula – non coerenti col settore degli eventi e della moda – sono stati strumentalizzati per sminuire la loro professionalità. La realtà dei fatti ha dimostrato invece il contrario; sono proprio le differenti formazioni e le eterogenee personalità di Luca e Michele, le cifre del loro successo che gli hanno permesso di ragionare “fuori dalla scatola”. Il fatturato è cresciuto, anno dopo anno, in modo costante confermando l’affidabilità della loro strategia aziendale che pone il network al centro dell’attività. L’agenzia festeggia questo mese: 5 anni, 1 sede di 170mq ed un team di 10 persone fisse e diversi collaboratori. 

Michele Modica, co-fondatore e general manager, parlando delle strategie di business spiega: “Siamo stati in grado di raddoppiare ogni anno il volume d’affari, anche in periodi di forte contrazione del mercato, perché abbiamo garantito ai nostri clienti servizi di alta qualità e risposte flessibili alle loro esigenze di risparmio di tempo e di risorse economiche. Ciò è stato possibile internalizzando il più possibile la realizzazione dell’offerta e fornendo servizi che possono essere proposti in un pacchetto completo ‘su misura’ oppure singolarmente; questa seconda opzione ci consente di lavorare in modo sinergico con gli altri player del settore considerandoli come possibili partner, e non come competitor”. 

“Abbiamo deciso di festeggiare questo nostro primo e importante lustro di attività – aggiungono i due soci – con una serie di eventi utili a celebrare coloro che ci hanno sostenuto in questi anni: dipendenti, clienti e fornitori. Abbiamo deciso di iniziare esattamente nella settimana del nostro compleanno, il prossimo 25 luglio, con un weekend di team building e festa a Forte dei Marmi dedicato ai nostri dipendenti. Da settembre la nostra sede si trasformerà in galleria d’arte per offrire periodiche mostre d’arte aperte al nostro network. Per i nostri clienti e fornitori stiamo organizzando invece un evento esclusivo, ancora top secret, che avrà luogo il prossimo ottobre. Quale modo migliore per celebrare tutti i nostri stakeholder se non attraverso quello che ci riesce meglio, vale a dire gli eventi?! ” 

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Krug Encounters Milan 2019 – L’eccellenza della tradizione, tra suoni d’avanguardia e sapori d’oltreoceano

Un chiostro segreto nel cuore di Milano, l’anima silenziosa dell’ex monastero di Santa Maria Maddalena al Cerchio, ha ospitato il secondo appuntamento dell’esclusivo Krug Encounters. Un’esperienza immersiva che ha sfiorato tutti i sensi per godere a 360 gradi dell’intensità del suo champagne e delle sue infinite connessioni con il mondo della musica e dell’haute cuisine in grado di mettere in risalto il gusto di Krug Grande Cuvée 167ème Édition.

Olivier Krug, padrone di casa, ha invitato i partecipanti a intraprendere un viaggio tra le note 3D della musica dell’artista belga Ozark Henry, da anni in costante ricerca di nuovi metodi sonori per dar voce a esperienze emotive e sensoriali attraverso la musica d’avanguardia, combinando tradizione e tecnologia.

L’esperienza multisensoriale di Krug esplode con Krug x Pepper, il nuovo sorprendente abbinamento gastronomico scelto dalla Maison per esaltare la struttura del Krug Rosé 23ème Édition, una Cuvée de Prestige Rosé assemblata con 60 vini di annate diverse. Questo straordinario percorso è raccontato nel quinto libro voluto dalla Maison Krug, Krug x Pepper “Rock the Pepper”, all’interno del quale sono riportate le ricette dei 14 chef, tutti Krug Ambassade che hanno preso parte al progetto e raccontato del loro viaggio in Messico, alla scoperta delle origini di questo affascinante ingrediente. Per l’Italia, Giuseppe Iannotti ha creato un piatto inedito per il libro, Pollo e Peperone, una succulenta pasta ripiena di pollo aromatizzato al Parmigiano Reggiano e rosmarino, arricchita da una complessa salsa di peperoni colorati.

Una sinfonia dei cinque, inevitabilmente leali, sensi, vibra per raggiungere quella che dal 1843 è sempre stata la grande visione non convenzionale del fondatore Joseph Krug.

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Formal but damned

Testo raccolto da Giorgia Cantarini per Antonio Mancinelli, caporedattore di Marie Claire Italia

Essere ordinati fuori può lasciarci la meravigliosa opportunità di essere disordinati dentro . Quand’è successo che, quasi contemporaneamente e quasi all’improvviso, nei guardaroba dei Milllennials sono apparse (non riapparse) le giacche sartoriali, i pantaloni con le pinces e – massimo stupore – gli abiti, che i nostri papà definivano “completi”? Come mai, a Sanremo, uno dei trapper più amati dai giovani, Achille Lauro, si è presentato con un look sartorialissimo di Carlo Pignatelli, corredato da camicia bianca e cravatta, cantando una canzone che è un inno all’autodistruzione, Rolls Royce, che lui definisce – stupore raddoppiato – un «motivo elegante»?    La moda, si sa, è un linguaggio, ed è proprio con le parole che ha una parentela stretta e tormentata: quell’aggettivo lì, elegante, che fa quasi paura ripeterlo, noi critici di moda non lo sentivamo da anni, perché obsoleto, stantio. In una parola, démodé. Il problema è che Lauro ci stava dannatamente bene, vestito da adulto perbene ma con la faccia segnata da brufoli e tatuaggi da postadolescente: anzi proprio perché nato nel 1990, il contrasto, il contenitore e il contenuto era piacevole, fresco, quasi balsamico. E così, per tutti i protagonisti maschili della cultura popolare internazionale, da Harry Styles a Pharrell Williams, fino all’androgino Ezra Miller, che si è presentato al Met Ball con uno smoking superformale di Burberry, ma con più occhi dipinti sul volto: abbigliarsi in maniera convenzionale ha tutta la novità di ciò che fino a ieri consideravamo anticonvenzionale. Nei corsi e ricorsi storici dello stile, si va avanti per azione e reazione, provocazione e conservatorismo di ritorno: ma in questo caso la situazione è un po’ diversa e, antropologicamente parlando, assai appetitosa.    Per esempio, è stato molto interessante osservare come una storica maison come Ermenegildo Zegna, considerata il custode della compostezza vestimentaria, abbia proposto per questa estate un guardaroba ginnico fatto di tute, sneakers e hoodie col cappuccio, realizzati in fibre nobilissime e preziose.

Dall’altra parte, un nuovo nome della moda Made in Italy, Dorian Tarantini, ha disegnato una collezione per il suo marchio M1992, che rielabora con nuove proporzioni il binomio giacca + pantaloni, seguito, ad esempio, da Efisio Marras per LBM 1911, che si è cimentato in una capsule collection di abiti dalle silhouette classiche ma superskinny,  rinvigoriti da stampe floreali. Fino ad arrivare al Gotha della creatività rivoluzionaria del lusso di Alessandro Michele per Gucci, ma anche a quella di Hedi Slimane per Celine (dal cui logo lo stilista ha anche tolto l’accento), che porta in scena abiti a due bottoni sempre accessoriati di cravattina lunga e stretta in pieno mood anni Sessanta o rievocazione de Le iene di Quentin Tarantino, se volete.    Senza dimenticare Virgil Abloh, che ora firma la linea maschile di Louis Vuitton e il raffinatissimo ex punk Kim Jones, ora alla guida creativa di Dior Homme: tutti concentratissimi sull’abito, magari abbinato ad accessori imprevisti. C’è un punto da sottolineare: la moda è una ladra, ruba costantemente alle sottoculture per poi eliminarne ogni elemento di disturbo, sistemare sulle passerelle quella scelta dell’apparire che nasce come protesta antisistema la quale, grazie all’apparato dei grandi produttori di abbigliamento, diventa novità.

È successo così con Demna Gvasalia e Gosha Rubchinskiy, che per primi, dieci anni fa, hanno letteralmente teletrasportato nel tempo e nello spazio i look dell’Europa dell’Est anni Novanta, facendo risorgere marchi che pensavamo non esistessero più, come Fila, Robe di Kappa, Ellesse, Champion, per trasformarli in icone della desiderabilità. Quando però a quel tipo di immagine si è aggiunto anche un aumento dei prezzi….come nelle sneakers, dopo l’entusiasmo iniziale (il comfort! La libertà! Il vestire antiborghese! La ribellione quotidiana!), qualcosa si deve essere ingarbugliato, spiegazzato, sgualcito: se sembrare usciti da Decathlon richiedeva il conto in banca di Donald Trump per sembrare a tutti i costi rivoluzionari o poteva essere un piacevole gioco per il figlio del miliardario cinese o del plutocrate arabo, rappresentava anche un piccolo tradimento nei confronti di chi si mette la tuta Adidas solo per fare esercizi o in totale relax sul divano di casa.  I ragazzi della Generazione Z, quelli nati dal 1995, hanno anche un rapporto diverso con il denaro rispetto ai Millennials: sono sempre alla ricerca delle migliori offerte, analizzano la qualità dei prodotti e valutano più opzioni prima di prendere una decisione. Inoltre, gli Zeta iniziano a risparmiare molto prima rispetto alle generazioni precedenti: un effetto dell’essere cresciuti durante la Grande Recessione. Hanno visto i loro genitori affrontare la disoccupazione, e vogliono evitarlo.

Così se i Millennials hanno imparato ad apprezzare la trasparenza, quelli della Generazione Z, gli GenZer, la pretendono. Secondo uno studio di Girl Up, organizzazione dell’Onu che esplora l’universo dei teenager in tutto il pianeta, gli GenZer esigono l’autenticità: «Hanno accesso a tutte le informazioni online per formarsi opinioni forti», dichiara Anna Blue, co-executive director di Girl Up.   «Fin da giovanissimi sanno come elaborare e decifrare la comunicazione dei brand a loro interessati. La verità per loro è davvero un requisito fondamentale».   Quando tute, felpe, jeans sformati da Dad style e tutte le proposte compiute in nome del terrificante normcore, la banalità indossabile, hanno cominciato a diventare la norma, era impensabile che non diventasse necessario, uno scarto da quella regola. Anche perché, ammettiamolo chiaramente: la Grande Truffa emotiva dello streetwear consiste nell’aver fatto passare un messaggio di falsa libertà. Nel senso che sfido chiunque a fare bella figura ingolfato in un tutone di finto trilobato (ma in vero cashmere).    Altro che comodità: se c’è stata una tendenza veramente discriminatoria che esponeva tutti al body shaming – l’essere dileggiati perché fisicamente non perfetti, non snelli, non asciutti, non giovanissimi – è stata proprio quella sportiva, contrabbandata come democratica solo perché i pantaloni hanno l’elastico in vita e permettono ai più ricchi e ai più golosi di sfondarsi di cibo vestendosi all’ultimo grido. Il nuovo formale riscatta, ristruttura, fa da Photoshop tessile permettendo ai più, grazie al potere del buon taglio e delle spalline imbottite quel tanto che basta, di non ritrovarsi su Instagram pieni di dislike e con commenti all’acido prussico.  Certo, il sartoriale del Secondo Ventennio del Duemila non può e non deve andare a scimmiottare i blazer fatti con riga, squadra e cazzuola che indossano i politici di tutto il mondo quando vogliono sembrare fighi. Se c’è una rivolta da compiere adesso, è quella contro l’infantilizzazione della società, sempre più dilagante con filtri su selfie e autoscatti che spargono di stelline e unicorni. Vanessa Friedman nel 2016 scrisse sul New York Times un piccolo editoriale gioiello intitolato “How to dress like an adult: «Vestirsi da adulti serve in qualche modo a distinguere il te stesso cresciuto dal te stesso adolescente; è un modo per dire a te e a quelli che ti guardano “io sono questo in questa fase della mia vita”».     Restituire al concetto di sentirsi a posto una valenza positiva, quello sì, può essere un passo in avanti nell’evoluzione culturale del mondo. Oltretutto, essere ordinati fuori può lasciarci la meravigliosa opportunità di essere disordinati dentro. Non è forse questo, il vero comfort esistenziale? Sarà il formale a salvarci. Non i formalismi.

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Missione abbronzatura

L’obiettivo pre vacanze è preparare la pelle al sole per ottenere un’abbronzatura uniforme che non si perda nel giro di poco. La missione è possibile, il colorito perfetto si ottiene infatti con mosse semplici: una crema solare con protezione alta (da rinnovare più volte nel corso della giornata), un buon dopo sole e infine prodotti mirati per le zone più sensibili o spray idratanti per rinfrescarci anche con le temperature più alte. Abbiamo raccolto nella gallery quelle che ci sono piaciute di più. Avete già preparato la valigia?

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Cardi B protagonista della nuova campagna Reebok con l’audace “Nails”

Un cortometraggio di 60 secondi che immortala Cardi in un salone di bellezza, in compagnia di un gruppo di clienti abituali, con le sue Reebok Club C Vintage, quando le sue preziose unghie prendono vita per riallacciare una delle due sneakers attirando l’attenzione e il desiderio di tutti i presenti.

Per celebrare la campagna ‘Nails’ e l’incredibile manicure dell’artista, Reebok ha inoltre lanciato ‘Nailed It’, un integratore in grado di trasformare le unghie ‘regular-degular-schmegular’ (come le definisce Cardi) in artigli mozzafiato. Una speciale formula con cui il brand conferma il proprio impegno a rompere gli schemi tradizionali. Esattamente come la manicure hot di Cardi, la spina dorsale dello strepitoso video che dà fiato alla campagna ‘Sport The Unexpected’. 

Artista, madre e vincitrice di un Grammy Award, Cardi B è la prova vivente che solo chi ha il coraggio di intraprendere un percorso ‘unexpected’ ed originale definisce veramente cosa significa essere un’icona classica.

Le Reebok Classic Club C Vintage, lanciate originariamente negli anni ’80, presentano un design senza tempo dal look minimalista che ha resistito al susseguirsi di epoche e mode, confermandosi un must dello streetwear.

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Raw&Co, lusso contemporaneo e atemporale

Un racconto stilistico in cui si celebra un interior design dal carattere unico in chiave atemporale. Questo è lo store milanese Raw&Co, dove l’arredo vintage dei primi del secolo scorso, con escursioni fino agli anni ’70, si mescola alla selezione di complementi, accessori e oggetti contemporanei che hanno un comune denominatore: il fascino, la ricerca, la qualità assoluta e l’esclusività. Quest’accurata selezione segue il gusto délabré sofisticato e i riferimenti culturali delle due anime creative di Raw&Co: l’interior decorator Paolo Badesco e l’architetto e paesaggista Costantino Affuso.

Vi presentiamo un vero e proprio cabinet des curiosiés, segnalato tra i ‘place to be’ di Milano dalla guida Louis Vuitton. Pronti?

La boutique di Raw&Co si trova in Corso Magenta n.10 e si sviluppa su due piani di un suggestivo ed elegante palazzo di fine Ottocento.  Entrare in questi spazi è un’esperienza unica, dove vi sentirete parte di un grande progetto estetico che vi incanterà. Raw, che in inglese significa grezzo, al naturale, crudo, definisce la filosofia del brand.

Troviamo lo stile raw nell’arredo vintage, per lo più proveniente da Francia, Belgio, Regno Unito e Olanda, unito a oggetti, complementi e accessori realizzati da brand, italiani e non, che hanno come comune denominatore eccellenza e savoir faire.

Dalla cucina, intimo ambiente familiare, al salotto fino alla corte interna, colorata e fiorita con un tocco campestre e naturalmente chic, tutto esprime un’eleganza nonchalante. Un iter ordinatamente armonioso che vive dinamicamente grazie al costante supporto tecnico e stilistico dei due proprietari.

Ampia la selezione dei brand presenti, i quali, accostati ai pezzi vintage della collezione Raw&Co, rendono evidente come il patrimonio del progetto sia desideroso nel ricercare sempre qualcosa di inedito. Dai press papier e svuotatasche del newyorkese John Derian, alle ceramiche della maison francese Astier de Villatte Paris, con la quale è stato stretto un importante accordo di esclusiva; spazio alla luce con le lampade in ottone e vetro soffiato di Schwung; si possono inoltre trovare i preziosi piatti di ceramica francese Gian, la carta da parati di Antoinette Poisson, la storica azienda italiana di pelletteria e stampa di carte pregiate Pineider, le cucine taylor made italiane di Homewood, le carte da parati di Wall&Decò, i tappeti in vinile ispirati alle antiche piastrelle del sud Europa dell’azienda israeliana Beja Flor e il lino purissimo dell’azienda belga Libeco.

A questi marchi, durante l’anno, si aggiungono altre aziende con presenze temporary, che offrono sorprese e l’incontro con nuove realtà.

L’esperienza nell’ambito dell’interior design e le numerose collaborazioni con aziende e brand del settore hanno consolidato il ruolo di Raw&Co anche come consulente per la progettazione di interni. Forti dell’esperienza pluridecennale dello Studio di Architettura Paolo Badesco & Partners, i clienti si fanno accompagnare nelle scelte di arredo e anche nel progetto della propria casa.

Per gli orari d’apertura, altre curiosità, eventi in corso/futuri e tutte le informazioni utili, visitare il sito ufficiale https://www.rawmilano.it/chi-siamo/corso-magenta/ senza mancare la pagina instagram @raw_milano.

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Roma incubatrice dei giovani talenti del menswear

Nella città eterna, mecca degli antichi saperi e di nuovi miti, sono Italo Marseglia e Federico Cina i trionfatori nella categoria menswear di ricerca dell’ultima edizione di Altaroma chiusasi pochi giorni fa, di scena al Pratibus District di Viale Angelico 52.

Il primo, emerso già da alcune stagioni, assertore di un nuovo corso della moda italiana dominato da sostenibilità e virtuosismi sartoriali sviluppati anche in chiave industriale da esportazione, ha creato per la nuova passerella sperimentale di talenti ‘Rome is my runaway’ nata in seno ad Altaroma a luglio 2019 per promuovere i creativi più interessanti di Roma e del Lazio, una minicollezione da uomo demi-couture. Capi freschi, candidi e gentili, immacolati e in tessuti ricercati e aggraziati, che tratteggiano il Dolce Stil Novo della moda.

Concorda con questo giudizio anche la bellissima talent scout e fashion consultant Simonetta Gianfelici, membro della illustre giuria del premio ‘Who is on Next?’ che appunto afferma: “Il menswear è una new entry per Altaroma. Anche alcune scuole di fashion design di Roma come l’Accademia di Costume e Moda propongono degli stili maschili sempre suggestivi e interessanti da cui trarre spunto”. E aggiunge:”Direi che la grande rivelazione di quest’anno, che io ho portato a Showcase un anno fa, è Federico Cina, vincitore del premio Franca Sozzani Who is on next? E del Pitti Tutoring & Consulting Prize.

Lo stilista romagnolo che ha esordito ad Altaroma in passerella a gennaio, nello show collettivo dei finalisti della competizione internazionale di Fashion Design, sulla base di un progetto no-gender ha reinterpretato magistralmente le sue radici in chiave sartoriale proponendo sulle note struggenti di Luigi Tenco, con la sua visione fresca e originale, il patrimonio estetico local esemplificato dalle fantasie delle tovaglie romagnole”. Tutti d’accordo, stampa e buyer, nel decretare il vincitore di quest’anno.

Ma non sono mancati altri spunti interessanti provenienti da altre idee alternative destinate all’uomo e provenienti sempre da ‘Rome is my runaway’ nuovo incubatore delle tendenze moda. Molto interessante per esempio è il mantra cyber-etnico di Gall che ha mandato in passerella un guerriero metropolitano un po’ survivor arabeggiante dall’immagine futuribile e ricercata con i copricapi reinventati della legione straniera, “quasi un Lawrence d’Arabia calato nella metropoli direi” commenta Gianfelici.

La sostenibilità è un focus importante delle collezioni dei giovani talenti della kermesse della settimana di moda romana, Vanta docet. “E’ un marchio da tenere d’occhio, in passerella hanno sfilato capi nati dal recupero delle prove colore delle industrie tessili che riportavano i codici numerici della campionatura”, l’uomo di Vanta ha il pollice verde e abbina ai suoi pants con coulisse e alle sue bluse boxy bicolori delle borsette green che sono in realtà piantine su vasi da portare a mano.

Originale anche la proposta di Programma che spazia fra militare e coloniale per un gusto minimal-chic “un uomo négligé ma raffinato nei dettagli” come chiosa Gianfelici. Colpo d’occhio anche su una elegante giacca sahariana con martingala, stampata a motivi batik e vista in pedana nello show finale di Accademia Koefia che ha siglato una partnership con l’ambasciata indonesiana. “Il mainstream del menswear attualmente non è molto influenzato dalle idee alternative degli stilisti. L’unico ambito in cui vedo una vera sperimentazione è lo streetwear e lo sportswear dove l’innovazione è di casa. C’è anche un ritorno al dandismo attraverso il paradigma dei sapeurs africani per un menswear eclettico, ravvivato da tinte bold e da echi afro”.

Foto: Dragone courtesy of Altaroma

In copertina: Accademia Factory 19

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A model’s talk: Daniele Carettoni

Saluta la crew con un sorriso ammaliante e senza altri indugi si prepara a lavorare. Ha in programma altri servizi fotografici prima del volo di stasera, quindi non ha moltissimo tempo. Con in sottofondo le canzoni di Rihanna, ci racconta dei suoi ricordi e del suo passato.

Daniele Carettoni è un modello italiano che vive a New York e che non immaginava che fare il modello sarebbe diventata la sua passione. Descrive se stesso da giovane come un “ragazzo normale” che ha ottenuto la sua laurea in Information Technology, in contemporanea alla carriera nel basket e ovviamente al divertimento. E’ successo tutto quando la ex ragazza di Daniele, anch’essa modella, gli ha proposto di lavorare come modello part-time. Da quel momento è iniziata la sua carriera.

“Partecipavo a qualche evento, mi divertivo con altre persone interessanti che facevano parte del settore. Ho iniziato a viaggiare molto ed è lì che ho realizzato che non volevo passare tutta la mia vita davanti ad un computer, dentro ad un ufficio per otto ore al giorno. Volevo viaggiare di più”.

Per lavoro, è già stato in Spagna, Svizzera, Germania, Cina, Turchia, Brasile e ora si è trasferito a New York. A volte si sposta a Washington e Miami per poi andare verso Los Angeles. Nonostante i jet privati e i resort di lusso sembrino un sogno, Carrettoni afferma che ci vogliano molti sforzi e tanta disciplina per avere successo e garantirsi una carriera lunga e prosperosa in questo mondo.

Riconoscendo i grandi cambiamenti nel mondo della moda grazie all’era del digital, ora è entusiasta per le nuove sfide che gli si sono presentate, soprattutto come social media manager.

Quale è la differenza tra lavorare a Milano e a New York?

A Milano bisogna andare ai casting, incontrare gli stilisti, i clienti e altri professionisti, mentre a New York è l’agenzia che svolge tutto il lavoro. Ci sono più modelli e clienti, ma meno casting perché le agenzie prendono le decisioni per i modelli. La qualità del lavoro, il budget che hanno, il numero di persone che lavorano per te per un progetto è un’esperienza diversa.

Come concili lo sport e la dieta?

Mi sveglio presto la mattina perché se vuoi avere successo svegliarsi presto è fondamentale. Lavoro sui social perché è parte della mia vita. Fra tre settimane potrei avere almeno 3 casting, dipende. Vado in palestra quattro volte a settimana.

Sei felice di aver scelto la carriera da modello?

Si, ma sono anche un po’ un imprenditore. Bisogna occuparsi un po’ dei tutto e a volte fare il modello è solo una piccola parte. Quando sono sul set è solo il 5% del lavoro. Il resto è preparazione.

Quali sono i tuoi paesi preferiti?

Amo la Cina perché in quel momento volevo divertirmi e viaggiavo con gli amici. Sono stato 3 mesi a Shanghai ma sono stato anche a Guhan, Guangzhou e Pechino. E’ stata un’esperienza stupenda. Dato che in Cina hanno un gusto particolare per quanto riguarda le campagne e i servizi fotografici, tendono a vedere lo stile italiano in modo diverso. A volte è divertente perché parlano della mafia e del Padrino. (ride)

Qualche episodio divertente di un servizio fotografico?

Uno dei momenti più divertenti è stato in Cina, quando una makeup artist stava preparando i miei capelli per un servizio. Ha messo della cera e poi della lacca. Dopo avermi pettinato, ha cosparso dei glitter rosa su tutta la testa. Ero confuso. Non mi ero mai lamentato prima perché i make up artist possono fare ciò che vogliono. E’ la moda, e anche se non sempre capisco le scelte, le accetto comunque. Questo però è stato l’unico caso in cui ho parlato con il cliente che ha poi concordato sul fatto che i glitter fossero troppo.

Cosa fai quando hai tempo libero a New York?

Tempo libero? Mi piacerebbe. (ride) Mi piace viaggiare molto. Quando posso, prenoto un volo. Vado a Washington, Boston o a nord di New York. Cerco semplicemente su Google dei posti da visitare e ci vado.

Hai dei posti a cui non puoi rinunciare?

Si, due parole: pizza ed espresso. Ci sono dei posti gestiti da italiani come Ribalta o PizzArte. Osteria Piemonte è un altro ristorante a SoHo che offre piatti autentici italiani. Il ristorante è gestito da un ragazzo torinese che è anche un mio amico, ecco perché ci vado spesso.

Il cibo è una grande parte della mia vita. Mi piace mangiare. Un’altra attività che svolgo spesso a New York è andare a bere drink negli hotel. C’è un Mandarin Oriented a Columbus Circle, non lontano da dove abito. C’è una bellissima vista dalla vetrata su Central Park con tutti i grattacieli. Tanto crescono i grattacieli tanto cambiano i posti per raggiungere una vista più bella. Baccara è il mio secondo posto preferito dove andare.

E invece per fare festa?

Non vado a feste perche mi sveglio presto. Devo allenarmi per essere al meglio durante i servizi fotografici.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Volevo stabilizzarmi a New York, ma ora è ormai un anno e mezzo. A New York, ho iniziato a lavorare con magazine italiani e nel frattempo lavoro molto anche come social media manager. Curo il profilo di due brand americani. Da modello, penso che tutti stiano piano piano diventano digital, quindi le agenzie svaniranno entro 10 anni. Ci sono gia agenzie che lavorano solamente online. Oggi il futuro si basa sulla multifunzionalità. Sei un modello, social media manager, designer e molto altro.

Hai pensato di andare ad Hollywood?

Nel passato, mi era stato offerto un ruolo i un reality show, ma ero un po’ timido per fare video produzione. Stare dietro la telecamera e posare per le foto ed essere bravo per i video shootings significa mostrare abilità diverse. Non ho la stessa passione per poterlo fare.

Fotografo: Antonio Avolio

Stylist: Stefano Guerrini

Assistente stylist: Davide Spinella

Grooming: Livia Primofiore

Assistant grooming: Carola Di Bello

Model: Daniele Carettoni @Boom Models (Milano) @bmg (NY, CHICAGO) @ THE INDUSTRY

Interview by: Thaina Paz & Tatevik Avetisyan

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ALBINI_next, nuovi orizzonti della sosteniblità

Innovazione, imprenditoria e storia di un’azienda di successo volta ad aprirsi verso nuovi, e sostenibili, orizzonti.

Parliamo di Albini Group, azienda italiana che dal 1876 opera nel settore tessile ed oggi maggior produttrice europea di tessuti per camicia che porta in scena il suo nuovo ALBINI_next, un Think Tank volto a tracciare nuove frontiere avanguardiste e realizzare i nuovi tessuti del futuro. Centro simbolo del nuovo approccio sostenibile dell’azienda bergamasca è la sua nuova sede al Kilometro Rosso di Bergamo, polo privato dell’innovazione in Europa che ospita nei suoi 400.000 mq oltre 60 aziende.

In questo dinamico e stimolante luogo ALBINI_next vuole creare la “Silicon Valley” del tessile, un polo dove le grandi idee diventano concretezza e tangibili innovazioni in termini di business. Oggi la tematica sostenibilità, sia in termini etici che morali, sta prendendo piede in tantissimi e disparati settori come quello tessile. Ci si chiede quali saranno i tessuti di domani, oggi parliamo spesso di tessuti derivati dal cibo o riciclati, a impatto zero. Come si può concretizzare questa rivoluzione? Confronto, innovazione, partnership sono le key-words per tradurre le idee in azioni.

L’8 Luglio, prima dell’inaugurazione ufficiale del nuovo polo Albini, un panel di imprenditori e ricercatori si sono incontrati nello spazio bergamasco dell’innovazione per un costruttivo scambio di idee volto, anche, ad esplicitare come un progetto come questo necessiti una compenetrazione di saperi, abilità, maestranze ed esperienze. Ognuna diversa e singolarmente importante.

Il Presidente del Cotonificio Albini, Stefano Albini, crede fortemente nel ruolo del progetto rivoluzionario e nel suo nuovo spazio, sostiene che “sarà un luogo internazionale, interdisciplinare e aperto alle giovani generazioni, dove creare collaborazioni con partner d’eccellenza”.

Un grande problema dei nostri tempi, così come sottolineato da Carl Lili, Presidente di Swiss Textile, è che “circa il 25% dei capi prodotti ogni anno sono destinati a non esser mai indossati”. E’ quindi fondamentale lavorare sia sulla sostenibilità e sul consumatore finale, sul suo modo di pensare e riflettere in termini di acquisti, più moderati e mirati.

Con Linda Loppa, CEO e fondatore di Linda Loppa Factory, parliamo di nuove generazioni e di come sia necessario creare un “un nuovo modello di business che faccia da ponte tra i giovani talenti e i mezzi economici necessari a realizzare le loro idee.” Quanto sarà disposto il consumatore finale a pagare un premium-price per i prodotti più etici? Per Claudio Antonioli, fondatore di Antonioli Milano e presidente di News Guards Group, oltre che l’innovazione è importante parlare di customer centricity, visione del brand e conferire consapevolezza al cliente che “sarà pronto a pagare un prezzo più elevato per prodotti più sostenibili, probabilmente già con la Generazione Z.”

Parlare d’innovazione non sarebbe possibile senza l’importanza della ricerca e dell’analisi dei dati che porterà, come mette in evidenza il CEO di Herno e Presidente di Confindustria Moda, Claudio Marenzi, “allo sviluppo della consapevolezza e di conseguenza all’innovazione”

E’ d’accordo a queste affermazioni anche Isaac Nichelson, CEO e Co-fondatore di Circular Systems, che dichiara come “rompere le barriere del business tradizionale in una direzione che si basi su

creatività, business plan efficace e sostenibilità” sia la chiave del cambiamento.

Potere delle start-up, motore attivo di idee e innovazione, con Cristiano Spelta, CTO e Co-Fondatore di E-Novia che ci parla delle sue tre regole d’oro per una start-up di successo: “imprenditorialità,

lavoro in team e sensibilità del mercato”. Conclude il talk Fabio Tamburini, Ceo di Cotonificio Albini, che sostiene come “dal filato al capo finito dobbiamo aumentare il valore del prodotto, renderlo più etico e all’avanguardia per essere leader di settore attraverso la trasparenza, la tracciabilità e una migliore qualità della vita”.

Simbolo di un nuovo inizio è stato il momento finale del talk dove Salvatore Majorana ha consegnato a Stefano Albini le chiavi del nuovo spazio, concreto gesto di una propensione a creare qualcosa di grande, insieme con passione.

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Celebrando Lagerfeld Fendi goes global sempre di più

‘Asian graffiti on fur’, ovvero un ponte fra Oriente e Occidente in nome dell’arte e dello stile. Potrebbe essere questo il titolo del nuovo progetto creativo, ultima chicca di Fendi che quest’anno ha arruolato alcuni giovani talentuosi artisti asiatici, graffitisti street.

Missione: la realizzazione di psichedelici arazzi in pelliccia che saranno presto esposti in mostra a Roma al Colosseo Quadrato (ribattezzato da Fendi Palazzo della Civiltà Italiana), sede centrale del marchio. Sono veri e propri quadri che riproducono soprattutto languidi disegni esotici, motivi patchwork, il logo Fendi stilizzato, lanciato da Karl Lagerfeld negli anni’60 e reinventato dai giovani creativi con gli occhi a mandorla nella versione inscritto in una stella in technicolor, e infine una variopinta mappa del globo tutta fatta di velli preziosi.

A conferma che Fendi, il brand oggi fiore all’occhiello della multinazionale del lusso LVMH, è un marchio Made in Italy top player nell’agguerrito mercato internazionale, sinonimo di eccellenza artigianale e ad alto tasso di glamour, proiettato nel futuro e soprattutto in uno scenario dominato dal gigante asiatico, dal dragone e dal Sol levante. Siamo come nani sulle spalle dei giganti. E sulle spalle dei fondatori del marchio nato a Roma nel 1925 come epitome di pelletteria e pellicceria, e sulle spalle del gigante Karl Lagerfeld che in 54 anni di attività come direttore creativo della maison ha rinnovato l’universo asfittico e opulento dell’alta pellicceria con le sue eclatanti trovate, prospera oggi un marchio che pensa in grande e corteggia assiduamente Francia e Cina con risultati più che positivi.

In principio nel 1969 fu il debutto nella Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze, culla dell’allora nascente alta moda tricolore e svolta epocale per il marchio capitolino, già affidato alla matita di Lagerfeld e guidato da un ‘battaglione al femminile’, le cinque sorelle Fendi, Alda, Carla, Franca, Anna, Paola che alla fine degli anni’60 spiccarono il grande salto affacciandosi in una vetrina assolutamente internazionale e lanciando il prêt-à-porter in pelliccia.

Dunque la Mitteleuropa di un uomo, geniale e poliedrico, (Lagerfeld) e la romanità magniloquente di cinque donne (le Fendi) votate alla famiglia e all’azienda, ansiose di sbarcare a Hollywood e negli Stati Uniti. Già alla fine degli anni’70 le vetrine di Bergdorf Goodman a New York esponevano le meraviglie del marchio, famoso per le sue iperboliche lavorazioni manuali che sfidavano i limiti naturali dei velli, dai più preziosi ai più umili e accessibili. Per ricordare il genio di Lagerfeld scomparso quest’anno e deus ex machina dell’ascesa mondiale della griffe, l’erede talentuosa di Karl Silvia Venturini Fendi, figlia di Anna Fendi e dell’ingegnere Giulio Venturini, una gentildonna pacata ma sagace che dal maestro di Amburgo ha appreso tutti i segreti del mestieri della haute fourrure, ha concepito, in tandem con il presidente e CEO della maison Serge Brunschwig, un kolossal d’arte, moda e alto artigianato in una magica serata romana d’estate.

Una volta tanto la collezione couture di Fendi, che solitamente sfila a Parigi, ha incantato Roma con un evento faraonico sul Palatino al quale hanno assistito 600 ospiti internazionali, fra i quali star del calibro di Susan Sarandon, Catherine Zeta-Jones, Jason Momoa, Zendaya oltre a molte celebrità del cinema italiano come Isabella Ferrari, Alessandro Roja e Magherita Buy.

In questa occasione lo stato maggiore di Fendi ha presentato il progetto di restauro del tempio di Venere al Palatino, il primo nucleo storico dove è stata fondata Roma e sul quale il gruppo LVMH ha deciso di investire 2,5 milioni di euro, perseguendo la sua linea di riportare agli antichi fasti i più bei monumenti di Roma, dalla Fontana di Trevi fino al complesso delle quattro fontane e delle fontane del Gianicolo, del Mosè, del Ninfeo, del Pincio e del Peschiera. In una sfilata di 54 uscite andate in scena al crepuscolo, in una cornice solenne davanti al Colosseo, e indossate da mannequin top come Maria Carla Boscono e Freja avvolte in un’atmosfera siderale, il direttore creativo della maison ha distillato il meglio della bellezza e della raffinatezza dell’archivio delle lavorazioni degli atelier Fendi.

Una galleria di virtuosismi da cardiopalma, ispirati stavolta a temi floreali, alle geometrie della Secessione Viennese e ai motivi mutuati dalle decorazioni marmoree dell’antica Roma come i pavimenti cosmateschi, il tutto virato in toni naturali e chiari dal miele al sabbia e oro, dal verde salvia al grigio fumé, fino al rosa carne, e al binomio bianco e nero. In un video suggestivo la stilista cosmopolita ma legata a Roma a doppio filo, mostra la bellezza della città eterna e la sapienza manuale degli artigiani del brand che traduce in silhouette stilizzate. Come quelle della iconica cappa geometrica ad astuccio nata nel 1971 e indossata da Marisa Berenson nel film di Luca Guadagnino ‘Io sono l’amore’, le pellicce di cashmere o di mohair abbinate al cotone e al PVC, i trench reversibili doppiati di zibellino oppure le giacche avvitate dai riflessi dorati dalle spalle a T e dai revers di visone e zibellino abbinate a stivali alti, macrobaguette di morbida pelliccia e pantaloni a zampa. E per la sera scenografiche toilette da ballo policrome con la gonna a crinolina e le maniche ballon, rigorose robemanteau interamente ricamate a mano o lavorate a canestro in visone rasato, seducenti abiti boudoir ricamati con spighe di grano e tasselli di pelliccia completati da preziose miniclutch e sensuali boa di volpe bicolore.

Photo by Daniele Venturelli/Daniele Venturelli/ Getty Images for Fendi

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Roberto Valbuzzi e l’amore per il food

Ci diamo appuntamento sul lago, la giornata è ventosa e regala al lago un aspetto di mare, con le piccole onde biancastre, l’acqua dai riflessi mordorèe, la sensazione che il vento porti un’aria nuova e più fresca, quella dei primi giorni di primavera che d’un tratto apri gli occhi e vedi i paesaggi colorati dai fiori appena sbocciati, così, da una notte all’altra.


Sediamo al tavolino di un bar dove lo attendo con una tortina mangiata a metà e dei piccoli passerotti che fanno banchetto con le briciole. Lui ordina una centrifuga ed un cannolo siciliano, ma non essendoci si accontenta di un succo alla pesca. Voleva fare il militare Roberto Valbuzzi, chef della giurìa di “Cortesie per gli ospiti”, ma il destino gli ha scritto un incipit fatto di ristoranti e nonni agricoltori, ed è per questo che parla con deliziosa voluttà di cibo, e con rispetto di natura:

“Crotto Valtellina”, il ristorante di Malnate, è il locale di famiglia passato dal mio bisnonno al nonno, e da mio padre arrivato a me. Lo dirigo insieme a lui che mi aiuta moltissimo nell’organizzazione, insieme ad altri validi collaboratori che si occupano anche del catering. Ci vuol disciplina in cucina, ordine, obbedienza, ma soprattutto medoto, perchè tutti si aspettano che tu dia il massimo in ogni ambito della vita: lavoro, set, catering, vita privata…

E tu in cosa sei più bravo? 


Riesco a gestire tutto, altrimenti non lo farei, anche se dormo tre/quattro ore a notte, ma ritaglio 4 viaggi l’anno da dedicare a me e alla mia famiglia. E’ con loro che condivido i momenti più intimi e quelli più veri, mia moglie, i miei genitori e i miei quattro amici.

Sarà difficile avere il lusso del tempo con tutti i tuoi impegni…


Investo molto sulla formazione del personale al ristorante, così da poter delegare a persone di fiducia e poter avere sempre più tempo per me. I miei coetanei escono la sera, vanno in discoteca, spesso i miei amici mi rimproverano di non esserci, ma non sempre capiscono che sto costruendomi un futuro. Se non ora, quando?

Nel tuo passato la figura di tuo nonno è ricorrente


Faceva pascolare le pecore per i prati e io lo accompagnavo, ricordo l’odore fresco dell’erba e gli aromi di montagna, il murmure delle foglie sopra di noi quando ci riposavamo sotto la chioma di un albero a spiluccare noci, che lui rompeva col suo bastone.

E la tua nonna? 


E’ lei ad avermi insegnato a fare il primo formaggio della mia vita: la ricotta. Avrò avuto otto o nove anni. E legato a queste rievocazioni ho creato un piatto, dal nome “Scatola dei ricordi”. Rompendo la scatola emergono tutte le essenze dei fiori di montagna, quelli che fioriscono vicino casa in diversi periodi dell’anno, li ho glassati, miscelati con la ricotta fatta mantecare leggermente, e da cui si distingue l’affumicatura di tabacco, quel sentore legnoso che portava addosso mio nonno che fumava troppo. 

Pantalone e t-shirt bianca dal suo guardaroba.
Cappotto Tom scozzese beige brown e olive green: Sartoria LaTorre


Se fossi un piatto che piatto saresti?

L’hamburger.

L’hamburger?


A chi non piace l’hamburger?
E’ un comfort food, puoi mangiarlo ovunque e puoi farlo con le mani (un saluto a Csaba dalla Zorza), puoi sporcartici le mani; dall’hamburger ci si lascia coinvolgere, puoi imbottirlo con gli ingredienti più disparati ma soprattutto in un ottimo sandwich si racchiude l’essenza di un piatto in tre morsi. E’ una questione di equilibri e bilanciamenti.

Se dovessi cucinare un piatto ad personaggio storico, per chi cucineresti?

Luigi XXVI. Mi ha sempre affascinato la vita all’interno delle cucine di quel periodo, una cucina di ricerca e di sviluppo, dove il servizio a tavola era un vero e proprio show. Lo chef era necessariamente spinto a cercare e inventare, doveva essere creativo, sfornare ricette, trovare l’ingrediente esotico, divertire il re, altrimenti si passava dal taglio della torta al taglio della testa!

E cosa gli avresti cucinato? 


Probabilmente una pasta al pomodoro e sarebbe stato felice, ne sono certo!

Qual è l’ingrediente più importante in un piatto? 


L’energia. 

Io cucino e mi emoziono, non faccio distinzioni tra i commensali, cucinerei con amore per tutti perchè cucinare è un atto d’amore che rivolgo prima di tutto a me stesso. Il messaggio che cerco di lanciare sui social, in video durante “Cortesie per gli ospiti”, nei vari programmi tv, nei miei ristoranti, è il racconto di quanto sta dietro il piatto. La passione e la dedizione per gli alimenti, cibi che coltivo con le mie mani, prodotti che conosco e vedo crescere, per poi utilizzarli nelle mie cucine; so dove trovare gli ingredienti migliori e più sani, so dove pescarli e questo è un mondo che vorrei portare nel piatto, tutto l’ecosistema dalla nascita alla trasformazione. Quando chi mangia comprende questo insegnamento, di sicuro apprezzerà di più anche quello che avrà nel piatto.

E’ una vita stressante quella in cucina, che vede un alto tasso di alcolisti e depressi 


E suicidi. E’ un attimo, ti danno la stella e poi subito te la tolgono, non hai più vita sociale, un bicchiere diventa una bottiglia e si è sempre sotto pressione. Io mi reputo molto fortunato, perchè ho un ottimo autocontrollo ma soprattutto perchè spesso mi fermo, rifletto sui risultati ottenuti e godo di queste piccole felicità. 


Dovessi consigliare un viaggio, quale meta sceglieresti?

Ho un rituale, ogni anno devo trascorrere almeno tre giorni in Sardegna, la terra dove sono cresciuto. Qualche anno fa ho girato Mauritius, Maldive e Marocco e avevo ancora una certa nostalgia, era il “mal di Sardegna”. Cosa mi mancava? Il profumo del mirto, della terra bruciata, il sentirmi a casa, quella sensazione ovattata di serenità,  e i culurgiones, i malloreddus con la salsiccia, le seadas, e la “mazza frissa”, una salsa di semolino e panna simile alla polenta morbida, che accompagno al pane fatto cuocere insieme al maialino. 

Al secondo posto metterei Kunming, una città rurale di 6 milioni di abitanti situata nella regione dello Yunnan, zona meridionale della Cina. Una campagna che ricorda Bangkok e Bali con sapori e profumi di fritto, di pesce, quegli aromi forti e selvaggi che ti coinvolgono come un uragano, ti avvolgono, ti sconquassano e poi ti spazzano via. E’ come un tornado tra le papille gustative.
Da quel luogo ho portato con me il te’ pu- erh  un tè stagionato affumicato, pressato con foglie intere dalle ricche proprietà e dal costo molto alto perchè pregiato. Sono sempre a caccia di sapori nuovi. 


C’è qualcosa che ti manca della tua cucina quando sei via?


Cucinare.
Capita quando sono in vacanza o quando sto sul set per lungo tempo, per molte registrazioni. Manca il momento che dedico a me, quando sto seduto al tavolo di casa a pensare, riflettere, per poi alzarmi, andare nella mia cucina e creare. E’ come un rituale che nutre il mio spirito. 


La tua idea di cena romantica ? 

Sono un cancro ascendente cancro e devo dire che questa mia sensibilità mi ha sempre aiutato con il gentil sesso, coltivo le emozioni e mi lascio coinvolgere; ma cosa c’è di più bello nella vita?
Mi basta un pezzo di pane, un bicchiere di vino, una spiaggia sul mare, un bellissimo tramonto e l’amore della mia compagna. 


Cos’è per te la felicità ?


Quello che mi rende felice ce l’ho e la cosa molto bella è che non sento il bisognoso di altro.

Chi nasce nel mondo occidentale, oggi, nasce sotto una stella favorita, a patto ci siano complicanze di altro genere, abbiamo a disposizione mezzi che ci permettono di crearci la nostra fortuna, siamo molto facilitati dalla visibilità dei social e dallo scambio di contatti. 

Il segreto di una felicità duratura sta nel ritagliarsi il tempo per gioire delle piccole cose, dei piccoli risultati quando li si è raggiunti, per poi darsi obiettivi nuovi e crescere. 

Hai mai assaggiato qualcosa di immangiabile sul set? 

Spaghetti, cozze, vongole e sabbia. Come sgranocchiare dei gusci.

“Cortesie per gli ospiti” riconferma il suo successo e manda in onda la terza stagione, siete un trio molto affiatato? 


Csaba è una donna d’altri tempi, molto composta, educata, molto attenta alla forma, esattamente come la si vede in video;  Diego è la fotografia della festa, ci fa ridere nel momento di  grande imbarazzo e strappa sempre a tutti una risata. Andiamo molto d’accordo, siamo un trio ben assortito. 


Un gruppetto di ragazze in festa, di cui una col velo da sposa, chiede da lontano una foto con Roberto, dopo averlo riconosciuto. Lui gentilmente si alza e concede il suo tempo e una chiacchierata; poi si sposta verso il lago per una foto, lui che il lago lo conosce, lo vive e lo rimira accarezzando i suoi cani quando sta a casa. Di fronte al lago parla di felicità e di amore, di passione e di costruzione, lo fa con l’eloquio di un vecchio saggio, e mi scordo dei suoi trent’anni.(ndr)

Pantalone denim Jeckerson, giacca mèlange Sartoria LaTorre, Tshirt dal suo guardaroba.

Talent – Chef Roberto Valbuzzi

Photographer: Antonio Avolio

Stylist: Miriam De Nicolo’

Stylist Assistant: Irene Lombardini

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Sensazioni tattili e nouvelle couture per Touch me Made in IED

Tecnologia e virtuosismi sartoriali si fondono armonicamente nella passerella dei diplomati IED Roma 2019 in fashion design e Design del Gioiello che ha animato il calendario dell’ultima edizione di Altaroma.

I ragazzi di IED Roma hanno la stoffa e sanno fare squadra. Lo hanno dimostrato nel final work di qualche giorno fa dal titolo emblematico ossia ‘Touch me’, sinonimo di una miscellanea di stili e di mondi creativi, per ‘una moda che vuole essere vissuta, indossata, toccata’. La sfilata dei giovani talenti versione 2019 di fashion Design e Design del Gioiello di IED (Istituto Europeo di Design) Roma, presentata al ‘Pratibus District’ di Viale Angelico nel calendario della rassegna di Altaroma, segue di qualche settimana l’exploit di ‘The time is now!’.

Un grande evento moda che a Firenze, durante Pitti Uomo 96, ha risollevato la questione del futuro del pianeta mobilitando varie sedi IED d’Italia, il CID e Greenpeace Italia sull’emergenza della sostenibilità declinata in 5 minicollezioni da uomo molto apprezzate anche dai media. E pochi giorni fa nella capitale durante la maratona di moda, gli studenti diplomati IED Roma selezionati da una giuria di qualità composta da esperti del settore e giornalisti, hanno sfilato in pedana come stilisti veri, proponendo una roboante contaminazione fra lo streetwear hi-tech e la tradizione sartoriale.

Uno dei temi chiave della sfilata di fine corso di quest’anno è stato il phygital, una crasi di physical e digital, che fa coesistere fisico e digitale, sintetizzando la necessaria unione tra atomo e bit sulla scorta di quello che secondo Walter Benjamin era ‘il balzo della tigre all’indietro’. Touch me è un richiamo provocatorio, un invito a vivere la vita avvalendosi di tutti i sensi.

“La felice combinazione tra alta sartoria e ricerca tecnologica ha dato vita a una selezione di progetti talmente intensa da poter essere sentita in profondità, anche senza poter essere toccata” ha dichiarato Laura Negrini, direttore di IED Roma. I ragazzi si sono sbizzarriti fra pizzo sangallo e vinile, ricami certosini e tecniche avant-garde, cappe di taffetas e abiti da disco queen del futuro, tessuti olografici e iridescenti e outfit zen e molto giap. Come nel caso di Cecilia Fefè e Andrea Luisa Berger, un’italiana e una norvegese, che oltre ai progetti distinti ispirati al nuovo Oriente dalla Turchia al Sol Levante, hanno unito le forze insieme al giovane creativo Rom Uzan per il progetto ‘Parcae’ ispirato ai fluidi pepli dell’antichità classica che si racconta sul filo delle Parche, e presentato a Firenze durante ‘The time is now!’.

“I nostri studenti si sono confrontati con il ritorno alla manualità, alla tradizione e alle lavorazioni artigianali senza dimenticare il supporto che hanno potuto trarre dalla tecnologia, che in Touch Me diventa un ulteriore stimolo per la creatività”, commenta Paola Pattacini, direttore di IED Moda Roma. La sfilata si è svolta a poche settimane da un importante riconoscimento per lo IED: l’inclusione per varie categorie di premi nella classifica annuale ‘The best Fashion Schools in the World’ elaborata dalla rivista ‘Business of Fashion’ (BOF).

Foto: Luca Latrofa

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Omaggio a Carlin Dunne, campione della Ducati

“ Tutto era pronto. Dopo settimane di attesa, sessioni di test, frenetiche ore di preparazione,  emozioni, sconforto ed eccitazione, tutte quelle sensazioni che si mescolano e creano l’ebbrezza della competizione, finalmente domenica.

La bandiera a scacchi ha salutato la tua partenza, e tu hai accettato l’invito alla sfida. Gas spalancato, ginocchio a terra, e via, curva dopo curva. Erano 156 in totale, e tu ne hai fatte 155. Perfette, senza alcuna sbavatura, lottando contro il cronometro che, metro dopo metro, stava decretando il tuo successo, quello della squadra che aveva lavorato e sognato con te nei lunghi giorni di preparazione a questa gara. 155 curve su 156, ne mancava una sola. Solo pochi metri e avresti tagliato il traguardo da vincitore, conquistando quell’alloro che ti spetta di diritto, per il quale hai lottato, hai fatto sacrifici, hai dato la vita.

Avresti fatto registrare il nuovo record della gara. Avresti potuto godere del plauso di media e pubblico. Avresti conquistato il posto nell’olimpo e scritto definitivamente il tuo nome nella storia di questa gara. Ben 4 volte avevi concluso da vincitore, ma questa sarebbe stata speciale, assoluta!

Quel maledetto dosso, quella assurda fatalità, quella sorte beffarda e cattiva. Perché ti è stato negato il tuo trionfo? Perchè non abbiamo potuto tutti godere del tuo successo? Perchè…?

Prima di partire, in una delle tante interviste che hai rilasciato, sempre accompagnate da quel sorriso che resterà indelebilmente presente in tutti noi che ti abbiamo conosciuto, al giornalista che ti ha chiesto se puntavi al record, avevi risposto: “Certamente. Ma se la montagna non è d’accordo, il record non si fa…”. Oggi, quelle parole, suonano come una nefasta profezia, ma confermano il grande rispetto che avevi per questa sfida e per questo colosso di granito che, con la tua moto, scalavi e affrontavi, curva dopo curva. Ha vinto la montagna?

No Carlin, hai vinto tu, amico mio. Hai vinto la “Race of Clouds”. Hai vinto la sfida più grande, quella che consacra gli eroi. Il tributo che tutti i partecipanti, i concorrenti, gli avversari più agguerriti, hanno voluto darti a fine gara, è stata la conferma di quanto la Pikes Peak fosse tua e di quanto tu appartenessi a questa gara, a questa montagna che ti aveva conquistato e rapito, di cui oggi – e per sempre, ne farai parte. Adesso ci sei tu in quelle nuvole che ne proteggevano la vetta quando, prima della partenza, guardavi il tanto ambito traguardo. Questa gara è tua. La montagna è tua. La storia è tua. Grazie Carlin, ci mancherai tanto. “

Queste le parole con cui Francesco Rapisarda, direttore della Comunicazione della Ducati saluta il campione Carlin Dunne.

Ci lascia un campione generoso che nello stesso spirito del dare aveva documentato la preparazione alla gara in una serie di video, che rimangono a ricordo della sua grinta e della persona gioiosa e speciale che era.

Questo il suo ultimo video, filmato il giorno precedente alla gara.

Il giorno successivo, il 30 giugno 2019, Carlin ci ha lasciati a pochi metri dal traguardo della Pikes Peak, pronto a stabilire un nuovo record, ci lascia da campione a causa di un dosso, come descritto nelle parole sentite dell’amico e collega della “famiglia” Ducati. Esattamente come un membro di famiglia, Carlin Dunne era amato da tutti. Carlin Dunne correva con il numero 5. Durante l’annuale evento Superbike a Laguna Seca dal 12 al 14 Luglio, la Ducati ha scelto di celebrare il 25mo compleanno della 916 realizzando una versione della Panigale V4.

Nasce cosi’ la Panigale V4 25mo Anniversario 916, unica e realizzata in serie limitata e numerata a sole 500 unita’. Jason Chinnock (CEO della Ducati North America) e da anni amico del campione, ha annunciato la decisione della Ducati di dedicare la numero 5 della serie Panigale V4 in onore a Carlin Dunne. La numero 5 della serie Panigale V4 e’ stata in effetti “ritirata” dal mercato e verra’ messa all’asta per dedicare il ricavato alla raccolta dei fondi per offrire supporto alla madre di Carlin.

Oltre all’asta Ducati ha creato un’iniziativa GoFundme sempre a supporto della madre.

Infine, il 14 Luglio, il Team Aruba.it Racing-Ducati ha corso la Superbike a Laguna Seca con il numero 5 sulla carena delle moto ufficiali di Alvaro Bautista e Chaz Davies e con una livrea speciale ispirata alla moto presentata. Vittorioso sulla sua nuova Panigale V4 R, il giorno stesso Chaz Davies annuncia inoltre la donazione all’asta della tuta di gara sempre in onore di Carlin. E’ una famiglia unita e fedele quella Ducati e dei fans.

Copiose anche le dediche in queste due settimane dalla morte del campione sui social media da parte di fan, amici e appassionati del motociclismo, Carlin Dunne, a soli 36 anni aveva gia’ toccato la vita di migliaia di fan, lasciando un vuoto incolmabile.

Ride in Peace Carlin!

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Travel tips: Copenaghen

Copenhagen, la celebre capitale danese, è il place to be per l’estate. Innanzitutto perchè regala un clima mite soleggiato ed è la meta perfetta per chi ama girovagare tra bancarelle di preziosi vinili e sollazzarsi tra una prova di un chiodo mod’s e uno shearling per prepararsi al rigido clima danese invernale.

Tra una passeggiata all’ora del pranzo oppure per un’energica colazione perchè non fermarsi da Ibsen? Questo locale offre una mise en place irripetibile: la colazione è molto accogliente e si ha la possibilità di scegliere tra un tipico brunch danese oppure croissant, skyr o torta. Immancabile per uno spuntino veloce l’hot dog di Dop con fries.

Una visita al mercato delle pulci di Ravnsborggade per tornare a casa dal vostro viaggio estivo con ninnoli e soprammobili ( o perché no, i mobili stessi) unici e very danish. Per il vintage, grande passione di molti millennials, consigliamo gli spazi austeri con grandi vetrate divisi da minimal scaffalature nero pece di Time’s Up Vintage, dove potrete scoprire il best of dalle passate stagioni a prezzi veramente ragionevoli.

Concluderà il tutto la foto di rito (in barba a chi dice che i clichè annoiano) alla recentemente deturpata Sirenetta, ora tornata più meravigliosa che mai nell’area portuale della città. Enjoy!

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Il cuore di Marco Ferri è in Africa

Marco Ferri, classe ‘88, ex concorrente dell’edizione 2018 “Isola dei Famosi” e figlio dello storico difensore dell’Inter Riccardo Ferri, è laureato in Scienze della Comunicazione presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM (Milano) ed ha ottenuto un Master in International Marketing presso la European School of Economics (Londra). Inizia la carriera di modello all’età di 18 anni, per poi atterrare nelle tv cilene e spagnole nel 2014 con la partecipazione a reality shows. Oggi lega il ruolo di influencer marketing al volontariato, un progetto che gli sta molto a cuore. La sua più grande passione? I viaggi.


Mi dà appuntamento a casa sua e io penso che lo faccia per proteggersi, per giocare in un campo familiare, per “stare al sicuro”. Entro quindi in punta di piedi, perché intervistare è un po’ scoprire, e come lo psicologo “rovista, indaga” con una domanda, così l’intervistatore “scava” per far emergere la persona e lasciar riposare il personaggio.    Mi accoglie con un gran sorriso nella sala con il tavolo del poker, quello dedicato alle serate con gli amici, mi rivelerà più tardi. Una sottile consolle ospita due bicchieri da whisky, un Bombay, un Ramazzotti e altri liquori; alle pareti sono incorniciate copertine vintage di Vogue: raccontano la sua passione per la moda. Sul tavolo davanti al divano ecco “Valentino, at the Emperor’s Table”, il libro firmato dallo stesso couturier, conosciuto al suo compleanno nel 2018.   Iniziamo la nostra chiacchierata per ripercorrere la storia e le passioni di Marco Ferri, figlio del calciatore Riccardo Ferri da cui ha ereditato la passione per lo sport; un volto che si è fatto conoscere al grande pubblico grazie alla partecipazione all’Isola dei famosi 2018. Dopo i successi e i gossip televisivi Marco è oggi impegnato nella sua carriera e crescita nel mondo dei social media come influencer e digital marketing specialist.

La casa di questo moderno arbitro d’eleganza, ricca di dettagli che svelano il piacere delle comodità e guizzi da don Giovanni, mi fa tornare in mente un passaggio che Proust, nella «Recherche», regala al personaggio di Swann: “Diverse volte basta rovesciare le reputazioni create dalla gente per avere il giudizio esatto su una persona”.      Chi è il vero Marco Ferri, dietro l’immagine nota? Sulle pareti grigio scuro che portano alle camere ecco un prima e un dopo: Marco a un anno con pantaloncini a righe bianco e neri e una t-shirt rossa in tono con le sdraio fronte mare, in un sorriso spensierato di quell’età che non conosce ancora dolori, e Marco a 25, cui le righe fanno da sfondo a un corpo tonico e a uno sguardo che le esperienze hanno reso più sicuro. Nella camera da letto, nel loro fiero isolamento su una piccola mensola laccata di nero, una glacette e due boule da vino rosso, intonse e linde, pronte per essere servite davanti al camino che arde a comando. Saranno oggetti d’uso o simulacri rituali?

Viaggi moltissimo. Quale meta ti ha cambiato la vita? Quando si parla di mal d’Africa si parla seriamente, è qualcosa di profondo che si radica in noi e magari rimane lì per poi tornare a galla, com’è successo a me, che ho avuto la fortuna di visitarla già da bambino. Andai in Kenya con i miei genitori, era una vacanza tra Malindi, Watamu e i villaggi locali per esplorare la realtà kenyota, e quando sei giovane sì ti colpisce, ma non hai ancora i mezzi per “muoverti” e fare qualcosa. Quest’anno quella lampadina si è riaccesa, quella voce rimasta dentro di me mi ha sussurrato cosa fare e finalmente il progetto ha preso vita: ho unito il mio lavoro di influencer marketing al volontariato.

Qual è il progetto? Dedicare i miei viaggi di lavoro a realtà difficoltose come quelle africane e dare una mano concreta, acquistando mezzi di prima necessità: alimenti, pannolini per i bambini, indumenti, set per l’igiene personale… La più grande gioia è quella che ti porti a casa, quella che ti regala la luce negli occhi dei bambini che ti ringraziano per una caramella, quei sorrisi che vorresti donar loro tutti i giorni per i giorni a venire; la gratitudine delle madri (gli uomini di giorno sono fuori al lavoro, in genere svolgono lavori artigianali i più fortunati, mentre altri stanno in città a girovagare sui motorini) che si rallegrano per la visita e i piccoli doni. Ricordo i bambini che si divertivano ad acchiappare un drone, e com’erano educati in attesa del loro turno per ricevere qualcosa dalla grande spesa fatta insieme alla mia troupe. Se tutti facessimo quel poco, forse la situazione cambierebbe, questo è il messaggio che sto trasmettendo anche sui social: sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. Ma se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe.

La tua paura più grande? Ho paura di non innamorarmi più.

Sento una nota di distacco: una delusione? La società si evolve e oggi le relazioni sono diventate più effimere e superficiali: mi portano a sentirmi un poco vittima del sistema. Chi non ti conosce crede di avere in pugno la verità, solo perché legge i contenuti dei tuoi account social, che per me sono lavoro e traducono una piccolissima parte dei miei pensieri e della mia vita intima.    Ho paura che i pregiudizi, che hanno spesso le persone che incontro, possano limitare gli aspetti più romantici della conoscenza. Prima dei social c’era più naturalezza e ci si dava il tempo di scoprirsi.

Esiste una canzone che racconta il tuo viaggio? Possiedo una playlist in ordine cronologico a cui aggiungo canzoni da cinque anni, dovessimo pescarne una a caso, tra queste, saprei raccontarti la città in cui mi trovavo in quell’istante, cosa vivevo e la sensazione che mi provoca, è come sfogliare un album di ricordi.    Per esempio mi viene in mente ‘Electricity’ di Dua Lipa che mi ha accompagnato in viaggio verso Dubai. E ancora un’altra canzone ha accompagnato nel 2014 il mio percorso in Cile da Nord a Sud, dopo aver partecipato a tre programmi molto forti: Morandè con Compañia, Gran Hermano VIP 5  e la Divina Comida, un programma di cucina per il quale fui premiato.

Quali i profumi che ti caratterizzano? Ne alterno quattro in base agli stati d’animo: Eau de Rhubarbe Ecarlate di Hermes (“lo uso in estate”); Rive Gauche di YSL, daylight; Spicebomb di Viktor&Rolf, legnoso e speziato, il cui package è una bomba a mano; Wood & Spice di Montale, legnoso, ha molto successo con le donne.

E quali sono i profumi che ami sentire su una donna? Non sono un fan dei profumi forti su creature tanto delicate, sarebbe come profanarle. Coltivo la semplicità, gli odori naturali dei capelli appena lavati e quelli della crema spalmata sul viso prima di andare a letto.

Se ti dicessero “hai 30 secondi prima di partire per un lungo viaggio”, cosa porteresti con te? La mia GoPro,  un drone e il filo interdentale.

Foto: Marco Onofri
Stylist: Miriam De Nicolò
Location: Vistaterra, Via Carandini 40 Parella (TO)

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Olii essenziali: come usarli per il nostro benessere

Se avete mai sentito il profumo di una rosa, allora avete anche provato le qualità aromatiche di un olio essenziale. In questa frase è riassunta la filosofia di doTerra ®, una delle aziende leader a livello mondiale, nella diffusione degli oli essenziali e delle loro caratteristiche benefiche. Nel 2008 a Pleasant Grove nello Utah un gruppo di amici, che avevano già maturato una significativa esperienza nel settore degli oli essenziali, fonda la doTerra ® mettendo sul mercato 25 essenze speciali e scegliendo l’evocativo nome di origine latina “dono della terra”.

Quella del brand non è solo una filosofia e un business ma è prima di tutto una missione, quella di portare i benefici degli oli essenziali al maggior numero di persone possibile, nel pieno rispetto della salute e della salvaguardia del territorio. Questo è l’obiettivo del Co-Impact Sourcing ® un codice con cui l’azienda si impegna a rispettare un insieme di regole per il sostegno e lo sviluppo del territorio e delle comunità coinvolte nella coltivazione delle materie prime necessarie. Mentre la Healing Hands Foundation sostiene le comunità con progetti specifici e mirati che riguardano soprattutto sanità, educazione e microcredito. Queste caratteristiche sono alla base del successo internazionale di questa realtà, dei suoi prodotti e delle sue pratiche, come il massaggio Aromatouch ® codificato e registrato da loro per una più efficace applicazione degli olii e un potenziamento della loro efficacia. Grazie a questo successo, cinque anni fa doTerra ® arriva in Italia, dopo una forte affermazione a livello europeo. Gli oli essenziali possono essere diffusi topicamente o aromaticamente, e ognuno può sperimentare l’effetto su di sé. Ad esempio le miscele che usa per affrontare e alleviare i problemi di ogni giorno sono Balance, Serenity e Peace che aiutano a ridurre l’ansia, Motivate e Passion che aumentano l’energia, Cheers e Citrus Bliss invece sono per il buon umore.

Lo sa bene Adele Diana, fondatrice del MOT Studios di Milano presso il quale ne insegna l’utilizzo nella pratica yoga. La sua filosofia personale l’ha sempre portata a privilegiare l’uso di rimedi naturali dove possibile e in questo senso l’aromaterapia è una delle discipline che recentemente si è più sviluppata: cosa c’è di più naturale di un olio estratto dai fiori secondo una tradizione che affonda le sue radici tra gli antichi greci?

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Suprema e Arturo delle Donne a Taomoda 2019

Il mare protagonista della storia dell’uomo: da Ulisse alle più moderne migrazioni le onde segnano da sempre il destino di chi decide di affrontarle. Così Arturo delle Donne con la sua mostra fotografica “Il mare non ha paese”, dal 12 al 21 luglio a Palazzo Ciampoli di Taormina, guarda al mare come spazio di un racconto senza limiti che inizia con Ulisse che scappa da Polifemo e finisce nello stesso mare al largo delle coste catanesi, trascorsi oltre 2000 anni, con l’attracco della Motonave della Marina Militare Diciotti carica di migranti, uomini che come Ulisse vagano tra alte e basse maree in attesa di un approdo sicuro.

Due i progetti che si intrecciano nel percorso espositivo: Racconti di mare che raccoglie pagine di romanzi marinareschi (Il vecchio e il mare, Moby Dick, La rivolta dell’Elsinore, L’isola del tesoro), piccoli diorama che lo stesso Delle Donne costruisce per poi fotografare; l’altro The same sea è il grande dittico fotografico sulle migrazioni contemporanee, le grandi navi affollate, Il viaggio di speranza dove anche la documentazione delle migrazioni contemporanee, le coperte termiche che sembrano accendersi sui ponti delle navi come segnali luminosi, oltrepassano la cronaca.

È un lavoro artistico dove moda e arte si intersecano e dialogano in un mondo immaginario dove il sogno l’immaginazione diventano realtà virtuale a 180^, con le riprese del produttore e regista Alessandro Parrello per la sua casa di produzione West 46th films (docufilm Matera 2019, Nikola Tesla The man of the future), che con i nuovi sistemi di ripresa e l’ausilio della computer grafica consente un volo immaginario all’interno del modellino, potendo così vedere, scegliere, commentare i capi di Suprema.

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Foss Marai, l’azienda vinicola leader nella produzione dello spumante e la sua forza

La chiamano «viticoltura eroica» e Carlo Biasotto, fondatore dell’azienda vinicola Foss Marai, la racconta così:

«Eravamo bambini e i nostri genitori ci ordinavano di andare a cogliere l’uva: quello era il momento del pianto, perché sapevamo quanto duro e pericoloso fosse il lavoro».
Terreno con pendenza di 45 gradi, impossibilità dei terrazzamenti, necessità di intervenire a mano limitando l’ausilio dei macchinari che rischierebbero di ribaltarsi: ecco perché il lavoro dei viticoltori nel Valdobbiadene viene detto «eroico». Tanto suggestivo è il paesaggio, con le colline che intrecciano infinite sfumature di colore, dal verde trifoglio al verde felce, quanto difficile è il domarlo da parte dell’uomo.

È nell’area Conegliano-Valdobbiadene, oggi diventata Patrimonio Unesco, che nascono i vini Foss Marai, grazie al rispetto del “disciplinare dei vini di origine controllata e garantita Conegliano Valdobbiadene – Prosecco” atto alla piena tutela del prosecco, vino simbolo del Made in Italy di qualità, senza forzare le piante e il sistema di coltivazione.

Oggi la famiglia Biasotto, formata da Carlo e Adriana con i figli AndreaCristiana ed Umberto, continua la tradizione di rispetto del territorio che è nel DNA dell’azienda, nata nel 1986. È un modello agricolo dove il segreto è il saper fare, la competenza artigianale, la precisione e la cura con cui vengono gestiti processi selettivi e produttivi complessi, spesso lunghi perché basati sul lavoro manuale, e per questo dispendiosi: ogni compromesso rovinerebbe la qualità dell’esito.
Nell’utilizzo dei lieviti autoctoni e indigeni del prosecco, in particolare della zona del DOCG, la zona delle colline, sta il loro punto di forza. Una selezione accurata viene fatta dallo stato esterno dell’uva, la «pruina», una cera che ricopre gli acini; ce ne è una moltitudine di tipi, e grazie alla collaborazione con l’Università di Piacenza si è giunti alla cernita dei lieviti idonei a portare a termine la fermentazione alcolica: sia per i vini base, risultato della trasformazione primaria da mosto a vino, sia per la fermentazione in autoclave. Grazie a questi lieviti viene garantita l’unicità, la tipicità e la varietà dell’uva, e si è in grado di mantenere l’aroma originario che invece con utilizzo di lieviti commerciali si perderebbe, dando prevalenza agli aromi fermentativi anziché varietali.

In piccole fiale da chimico si mantengono i lieviti madre; ogni tre/quattro mesi va rinnovata la parte marrone di mosto aga e va presa una piccola porzione di lievito (la parte bianca), poi reinoculata in una nuova fiala; ad una temperatura di 35/37 gradi si attende la crescita per una settimana fino a quando la colonia di lievito è in buona salute, per poi porre la fiala in frigorifero per la conservazione, costantemente monitorata.
La meticolosità del processo è necessaria per controllare che non ci sia alcuna interferenza di batteri, dato che nel prosecco è importante mantenere freschezza e vivacità. Fiore all’occhiello di Foss Marai, in questo passaggio, sono gli strumenti tecnologici innovativi utilizzati: dalle macchine con laser infrarossi agli strumenti “enzimatici” per l’esame di alcol e zuccheri.

Se altri produttori utilizzano lieviti commerciali, selezionati perlopiù da multinazionali, spesso olandesi, Foss Marai sceglie e lavora in casa i propri lieviti da 20 anni, con una produzione di 20.000 bottiglie al giorno, per un totale di 2 milioni all’anno circa. Il risultato è un timbro particolare e unico, e in annate non particolarmente favorevoli si riesce, proprio grazie ai 30 lieviti autoctoni, a dare lo stesso risultato di annate più felici, con gli stessi aromi e profumi, riducendo al minimo gli scarti tra una vendemmia e l’altra.

Molte sono le riflessioni che sorgono conoscendo la storia di questa famiglia, che ha messo l’amore per il proprio territorio prima di tutto, che ha fatto diventare «lavoro» la vita stessa. Jean Giono, scrittore francese nato da una famiglia di origine piemontese, riassumerebbe il pensiero in una frase, presa dal suo saggio «Lettera ai contadini sulla povertà e sulla pace», scritto nel 1938:

«Non si può sapere qual è il vero lavoro del contadino: se è arare, seminare, falciare oppure se è nello stesso tempo mangiare e bere alimenti freschi, fare figli e respirare liberamente, poiché tutte queste cose sono intimamente unite, e quando egli fa una cosa completa l’altra. È tutto lavoro, e niente è lavoro nel senso sociale del termine. È la sua vita.»

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Gli occhiali must have per l’estate

Ammettiamolo, la stragrande maggioranza di noi, quando alle prese con il bagaglio per un week end estivo o per le tanto agognate vacanze, come prima cosa da portare prepara gli occhiali da sole. E non solo per una meta dove sarà chiaro che il sole ci potrà accecare con la sua prepotenza! Vuoi mettere certi riflessi della luce in montagna? E sia mai che fra un museo o l’altro di una metropoli supercool i nostri occhi soffrano per gli sgradevoli riverberi sugli specchi di un grattacielo! Poi, se una come Anna Wintour o uno come Brad Pitt non vanno da nessuna parte senza l’occhiale must have di stagione, perché dovremmo essere noi da meno?
Qui una selezione che potreste avere proprio ora. La parte difficile per voi sarà scegliere solo un modello!

 

SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO

Eleganza, modernità e raffinatezza definiscono un’esclusiva selezione di montature in acetato disponibili in una varietà unica di forme ecolori iconici. Il modello da sole sl 274 di design squadrato in strato lucido bianco con lenti grigie tinta unita.

GUCCI

Modello caravan anni ’80 dal design audace, definito da una costruzione in acetato sulla parte superiore e terminali delle aste allungati. L’abbinamento tra le nuance naturali e la finitura metallica è enfatizzato dalla decorazione guilloché ovale con il motivo GG, utilizzata anche sulla piccola pelletteria di Gucci.

BALENCIAGA

Nel modello Hybrid il design sportivo estremo si contrappone nettamente alle tradizionali forme classiche fissando le aste in gomma iniettata con logo Balenciaga realizzato al laser e smaltato ad audaci frontali in acetato. Frontale in acetato avana scurolucido, aste in gomma grigia/nera/ rossa con lenti marroni tinta unita.

ALEXANDER MCQUEEN

Modello pilot dalla linea elegante e intramontabile, caratterizzato da lenti sfumate e da una preziosa finitura smaltata in rilievo sulla barra superiore, intorno alle lenti e sui terminali delle aste. Il logo Alexander McQueen è inciso al laser su entrambi i lati per enfatizzare il design del modello maschile.

DOLCE&GABBANA

Gli iconici occhiali da sole Domenico sono accessori dall’eleganza senza tempo, in puro stile Dolce&Gabbana. Il modello è caratterizzato da linee squadrate, spessori importanti e dettagli metallici. Oltre al classico nero, gli occhiali Domenico sono declinati in raffinati acetati striati con i seguenti abbinamenti: marrone con lente marrone, grigio con lente marrone, blu con lente fumo fotocromatica.

BURBERRY EYEWEAR

Modello a mascherina con lente a doppia specchiatura esaltata dal logo Burberry in versione rinnovata.

RAY-BAN

Nel celebrare una tappa fondamentale della storia creativa del brand, quest’anno il Ray-Ban Wayfarer propone colori innovativi e lenti cristallo sfumato trasparente per un look all’insegna dell’espressività. La selezione cromatica include proposte pop luminose e varianti più discrete, con strati grigi, rossi, blu e marroni sovrapposti ad havana colorati per ricreare un look immortale.

VERSACE EYEWEAR

Modello da uomo caratterizzato da un’estetica avanguardista e futuristica. La mascherina glasant è abbinata a delle nuove lenti laterali, a un ciliare avvolgente in metallo flat e ad aste ornate da un motivo con logo Versace inciso a laser. La palette cromatica include due varianti: oro con lenti marroni a specchio oro o nero con lenti grigie e dettagli 

IZIPIZI 

La collezione FLASH LIGHTS, ci porta in un universo magnetico e ovattato dove l’artificiale diventa realtà. Un invito al sogno e all’incanto grazie all’incontro di colori vibranti e di forme rotonde, morbide e leggere, caratteristiche della marca e 7 nuovi colori inediti dai tratti arcobaleno futurista.

KYME

Occhiale da sole MAXIME con asta gold e lenti marroni effetto gradient.

SARAGHINA EYEWEAR

Le lenti rettangolari, ultrapiatte e la leggerezza del metallo sottile sono i tratti distintivi che rendono unico il modello Tommy. Il suo taglio deciso e grintoso li rendono un must have davvero maschile.

ESTIARA

Lenti con trattamento Chroma contro gli effetti della luce blu e protezione totale UV 400, con montatura realizzata in Amanite®, un nuovo innovativo polimero termoplastico in esclusiva per il brand.

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Pelle normale: come idratarla in estate

Tra tutte le tipologie di pelle maschile, quella normale è certamente la più diffusa e risulta la davvero semplice da gestire per quanto riguarda l’aspetto dell’idratazione quotidiana. Se questa stagione cercate delle buone soluzioni idratanti, leggere da portare ma allo stesso tempo sensoriali, ecco le novità da provare subito.

Augustinus Bader The Cream

Una formulazione leggera dalla texture impalpabile che idrata e leviga la pelle per ridonarle un aspetto giovane. Rughe e linee d’espressione sono minimizzate. Ideale nel nuovo formato da viaggio 30 ml.

LA MER Blue Heart Special Edition

Un prodotto ricco, nutriente e prezioso, ispirato dal potere innovatore del mare e realizzato con le alghe marine raccolte a mano, vicino alle coste dell’isola di Vancouver, in modo sostenibile. Una crema per veri collezionisti!

Vichy Mineral 89

Booster di Acido Ialuronico e Acqua Termale Mineralizzante di Vichy all’89% che rinforza la barriera cutanea, fortifica la pelle e la rende ogni giorno più resistente e rimpolpata.

Glam Glow MOISTURETRIP™ 

Questo prodotto contiene tre ingredienti chiave: l’olio di semi ricco di Omega di Canapa e chaga lenisce la pelle dallo stress e riduce i rossori, mentre l’acido ialuronico dona idratazione e cura la pelle disidratata.

Guudcure Urban Cream H24 

Crema viso anti-inquinamento con Zeolite che protegge la pelle da tutti i tipi di inquinamento, come smog, polveri sottili e fumo. Consigliata anche in piena estate grazie alla sua texture leggera e traspirante. 

Bullfrog Siero Idratante Anti Stress

Formulazione a base di estratti di canapa, capace di mandare in fumo lo stress e legalizzare in pochi gesti un aspetto rilassato e rigenerato.

Seventyone Percent Feel Good Crema idratante

La formula olio-gel di “Feel Good” garantisce un effetto idratante di lunga durata grazie all’aloe vera, che dona una sensazione di incredibile freschezza grazie alle sue proprietà calmanti.

Björk & Berries Deep Forest Face Mist  

Ideale per dissetare il viso e restituirgli idratazione, è un’acqua spray idratante con una miscela rinfrescante di acqua di foglie di betulla biologica e acqua a base di frutti ricchi di vitamine. 

SYS superfood 4 your skin

Con il suo estratto di fico d’India e probiotici vegani, rinforza la pelle ed è intensamente idratante. Ideale per pelli che tendono a seccarsi.

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L’arte del viaggio: Christian Pizzinini e Antonio Lodovico Scolari

I travel ambassador per l’Italia di Atelier Voyage, fondatori di Pizzinini Scolari Comunicazione, si raccontano a Manintown.

Come è nata l’avventura con Atelier Voyage?

C. Ho conosciuto Gerhard Gerhard Lindermeir e Gabriel D. Doucet Donida di Atlier Voyage presso il Rosa Alpina di San Cassiano sulle Dolomiti. Insieme abbiamo capito che condividiamo molte passioni per i viaggi tailor-made e non solo. I fondatori aperto da pochi mesi il loro atelier di Milano e noi siamo diventati i travel ambassadors per l’Italia.

A. Idem.

Come vedi l’evoluzione del mondo social legato al business travel?

C. Il mondo social legato al viaggio all’estero è già ben delineato.

A. La figura dell’influencer è molto legata alle opportunità. Pochi sono in grado di raccontare i luoghi e gli hotel, ma spesso cadono nell’autopromozione di se stessi.

Tre aggettivi per definirti.

C. Curioso, esteta, intraprendente.

A. Dinamico, alla ricerca di stimoli continui, indipendente.

Meglio partire ben organizzati o a occhi chiusi?

C. Meglio andare sul sicuro e affidarsi a un travel designer.

A. La figura del travel designer è in grado di strutturare il viaggio, non sempre costoso, sulla base di necessità e budget.

Valigia piccola o grande?

C. Un esperto viaggiatore riesce a partire abbastanza snello.

A. Spesso si esagera con cose in eccesso, ma meglio un capo in più che un acquisto last minute. E poi noi italiani sappiamo vestirci bene.

I tre viaggi del cuore.

C. Uno dei miei resort preferiti è l’isola di Jumby Bay ad Antiqua. In Italia un posto magico è il Capofaro a Salina, immerso nei vigneti di malvasia. Ed anche il Tyrol di Selva di Valgardena, un hotel di tradizione, dove soggiorni tra amici. 

A. Ladakh, piccola regione indiana ai piedi dell’Himalaya, stretta tra il Pakistan e la Cina. Le Maldive e il Venezuela con le sue isole spettacolari. Peccato che ora sia off limits, spero di ritornare a Los Roques non appena possibile.

La persona migliore con cui partire.

C. L’amico del cuore e il mio partner.

A. Preferisco viaggi con poche persone o anche da solo, trovo che sia un piacevole momento da dedicare a se stessi.

Quale sarà la tua prossima meta?

C. Cape Town in autunno.

A. San Francisco in ottobre.

Il viaggio del futuro…

C. Un safari in Sudafrica, una crociera sul Nilo, una puntata a Tel Aviv, un saluto a Lisbona, alla scoperta del Brasile.

A. La Mongolia.

Qual è una Spa o un Hotel che hai amato? 

C. La Spa dell’Alpina Dolomites Gardena sull’Alpe di Siusi e L’Aman Hotel di Venezia.

A. L’Hôtel Ritz di Parigi, prima della ristrutturazione.


Cosa non può mai mancare in valigia?

C. Un buon libro.

A. Un libro.

Tre accessori utili che metteresti in borsa.

C. T-shirt, occhiali, costume.

A. Camicia, occhiali da sole, costume.

Il mezzo preferito.

C. Aereo.

A. Aereo.

La città più bella al mondo.

C. Parigi, rimane sempre la più elegante.

A. Roma.

Dove ti vedi in un giorno lontano?

C. Continuerò a sognare come ho fatto finora.

A. Non lo so ancora di preciso, un’idea ce l’ho e vedrò di concretizzarla.

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Grand road 2019

Si è conclusa il 2 giugno la prima edizione del Grand Road Venezia-Montecarlo, la gara riservata a supercar moderne di tutte le marche costruite tra il 1982 e il 2019 e organizzata dalla Scuderia Mantova Corse. Dopo tre giorni di competizione e 1000 km percorsi, a trionfare è stato l’equipaggio composto da Davide e Matteo Penitenti (n.11), padre e figlio originari della terra di Nuvolari, al volante di una performante (640 hp) Mercedes-Benz AMG GTR: la coppia è stata in testa alla gara fin dalla seconda tappa, dimostrando grande capacità e abilità in tutte le prove.

Ha partecipato anche il nostro inviato Andrea Mazzucca, a bordo della sua auto da collezione Aston Martin Vantage N420. È la numero 235 di sole 420, un’edizione limitata caratterizzata da un elegante ma grintoso colore carbon black con muso frontale in silver a contrasto; un dettaglio ereditato dalla tradizione delle Aston Martin da competizione da cui deriva il modello N420. Basato sulla versione di serie da 4,7 litri, il poderoso V8 della N420 è in grado di erogare fino a 420 CV. Cerchi in lega a 10 razze e un abbondante uso di fibra di carbonio permettono inoltre un risparmio di peso di 27 kg. Ma non è tutto. Ad incrementare ulteriormente le performance di questo modello c’è lo Sports Pack, un pacchetto che include uno sterzo dalle reazioni più immediate, sospensioni più rigide e un sistema di scarico più sportivo. 

“La GranRoad è un’elegante fuga in perfetto stile italiano, con un tocco British grazie alla Vantage, in alcune delle strade e panorami più suggestivi al mondo: non avrei potuto immaginare niente di più perfetto” racconta Andrea, “ho provato un piacere di guida assoluto ed un grip eccezionale specialmente con i guanti The Bad One in black e suede rosso, che ho indossato per tutta la durata di quella che è stata un’indimenticabile passeggiata lungo le strade panoramiche che da Venezia, passando per passi di montagna e due laghi di assoluta bellezza ed eleganza come maggiore e Como.

Un percorso assolutamente unico, lungo il quale un meraviglioso e luminoso cielo di primavera mi ha permesso di apprezzare appieno le inconfondibili linee della GT inglese: quell’ armonia perfetta di forme e proporzioni che da sempre ritrovo nel design e nello stile di questa eccezionale auto.

Senza parlare della magnifica opportunità di guidare l’auto in circuito come quello di Monza, da sempre regno della F1 e la pista di Balocco.

Dalle prime luci del mattino al tramonto, l’obiettivo è stato quello di raggiungere la meta attraverso le prove di regolarità, certo 350km al giorno non sono pochi e all’arrivo si sentiva la stanchezza ma si vedevano nel gruppo emozioni che traboccavano, tutti arricchiti dal ricordo di giorni pieni di passione e piacere di guida.”

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Style and travel tips: Cape Town

State cercando cose da fare a Città del Capo che siano groundbreaking? Prendetevi un break dalle vostre metropoli. Poche città offrono  musei e spiagge e diversi tipi di shop come la capitale del Sud Africa.

Una fusione di Estetica Africana e Occidentale, tessuti, pelle e altri materiali, gemme e pietre preziose, omaggi alle impareggiabili culture locali. Lo shopping a Cape Town è un’interessante selection nella forma di fabrics, pellame e altri materiali. La capitale inoltre ospita grandi brand internazionali e convenienti mall dove si può godere della vista di baie mozzafiato dietro a grandi vetrate nei coloratissimi o minimal store sia di marchi emergenti sia internazionali, le boutique negli iconici quartieri come Long, Bree e Kloof.

The V&A Waterfront è lo shop più visitato che combina un design di cinque segmenti, un porto dirimpetto alla montagna Table. Disparate attività in e outdoor. Cosa si trova? Market, prenotare un viaggio in elicottero. Per lo shopping ( che in vacanza non fa mai male) acquistate da “Millionaire’s Mile”.Kat van Duinen è uno spot di lusso con una vasta sleezione di abiti di ottima manifattura dall’hint esotica. Quintessenza la produzione di piume etiche (come lo struzzo e materiali quali il pitone) che troviamo sulle handbag dal manico in bamboo.

In altri termini, versioni più economiche della Bamboo di Gucci. 2Bop è uno streetwear brand ispirato dalle macchine da sala da video giochi Arcade che hanno segnato gli anni Novanta in Sud Africa. Il nome nasce dallo slang impiegato per inserire la monetina necessaria all’avvio del gioco. Non mancheranno le sorprese in questa metropoli dall’animo selvaggio. Biglietto esoso a parte, non avete già voglia di partire all’avventura?

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Le vacanze si fanno in bici

Negli ultimi anni le vacanze attive hanno avuto un vero e proprio boom, così come la sensibilità crescente per il mondo green. La bicicletta è l’unione questi due  modi di intendere la vacanza e lo stile di vita sostenibile. Da qui nasce il cambiamento che ha portato alla crescente richiesta di mobilità dolce, e del turismo lento. «Il turismo attivo – spiega Giordano Roverato, editore di www.viagginbici.com – unito all’enogastronomia e al turismo culturale, rappresenta una importante opportunità per le nostre regioni o località.

Basta pensare che una recente indagine di Eurosport ha stimato per il turismo sportivo un valore complessivo di 800 miliardi di dollari, il 10% della spesa turistica globale. Di questi, il cicloturismo rappresenta un ruolo niente affatto marginale all’interno del più vasto fenomeno sportivo. Fonti internazionali come l’Adventure Tourism Trade Association affermano che quasi la metà delle entrate delle agenzie che si occupano di turismo d’avventura è derivato dalle vendite di viaggi in bicicletta o dai relativi servizi di viaggio». La stessa associazione stima che l’Europa, con 44 miliardi di euro di giro d’affari, sia il secondo mercato dopo gli Stati Uniti, per il turismo in bicicletta. Per tornare in Italia, malgrado la carenza di infrastrutture e servizi, le presenze cicloturistiche rilevate nel 2018 ammontano a 77,6 milioni di notti, pari all’8,4% dell’intero flusso turistico in Italia e nel quinquennio 2013-2018 le presenze dei cicloturisti in Italia sono aumentate del 41%. «Proprio per questo motivo – continua Roverato – stanno nascendo sempre più strutture anche di alto livello, come i www.luxurybikehotels.com che mettono a disposizione dei clienti servizi pensati per i bikers. Depositi per le bici, attrezzatura per le piccole riparazioni e così via. Il cicloturista è un turista che si vuole “godere” il meglio della vacanza attiva e quindi ricerca il buon cibo, il buon vino e dopo una giornata in bicicletta, non disdegna una Spa in cui ritemprarsi». Sono sempre di più le agenzie specializzate che si occupano di tutto quello che può rendere faticosa o problematica una vacanza in bici. 

Trasporto bagagli da un hotel all’altro, guida che accompagna il ciclista, furgone per eventuali problemi meccanici, massaggiatore e chef. Sono solo alcuni dei servizi che vengono messi a disposizione da queste organizzazioni pensate per coccolare il turista. I prezzi possono andare da poche centinaia di euro a diverse decine di migliaia per una vacanza di una settimana. A sfatare ulteriormente l’idea del ciclista uguale turista povero bisogna segnalare che le agenzie che propongono pacchetti superlusso, portando in Italia americani, inglesi, australiani e asiatici, hanno difficoltà ad accontentare la richiesta, per mancanza di strutture e servizi adeguati.«Esistono due grandi tipo di turista in bicicletta – distingue Roverato – il “cicloturista” in senso stretto, ossia quello che utilizza la bici come un vero e proprio mezzo per gli spostamenti e per vivere la vacanza green a tutto tondo. Poi c’è il “turista ciclista”, cioè il turista che durante la vacanza fa escursioni in bici o si dedica al ciclismo, per il quale la bicicletta è intesa soprattutto come mezzo per svolgere un’attività fisica mentre scopre il territorio». Entrando nel dettaglio delle due tipologie i recenti studi hanno stimato 21,9 milioni i pernottamenti che rientrano nel tipo cicloturista puro. Sono però i turisti ciclisti a fare la parte del leone con 55,7 milioni di pernottamenti per il 2018. In termini più semplici quasi la metà dei vacanzieri attivi fa un uso frequente della bicicletta per scoprire il territorio che li ospita. Questo “nuovo” modo di assaporare quanto ci circonda ha un impatto economico molto rilevante per le terre attraversate da questi flussi turistici. I consumi complessivamente generati da questa categoria di turisti sono stati stimati per l’Italia in circa 7,7 miliardi di euro. «Tieni presente – conclude Roverato – che escluso il viaggio e l’alloggio, la spesa media giornaliera del cicloturista si aggira sui 66 euro, mentre quella dei turisti ciclisti e si colloca intorno ai 76 euro. Questo sta a indicare con una certa chiarezza come i cicloturisti, sfatando il pensiero comune,  rappresentino un segmento esigente, attento alla qualità e ai servizi offerti e con buone possibilità economiche».

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Check-in

Foto: Davide Carson

Stylist: Stefano Guerrini

Grooming: Giuseppe Tamburrini

Stylist’s assistants: Davide Spinella, Francesca Minardi, Greta Tedeschi

Models: Baptiste Giannesini @Brave Models , Nicolas Cabral @Relatum Models, Harry Goodwins @Independent Models MGMT – I Love Models Management

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Brand to watch: Circled

Un viaggio all’interno del colore, concettuale e personale, unito all’eccellenza dei materiali e della produzione italiana. Circled si propone come nuovo brand street fashion che cela dietro le scelte stilistiche, semplici ed immediate, una profondità di pensiero inedita e non omologata. 

A partire dalla prossima SS ’20, si presenterà al mercato con un total look ispirato alle tendenze design europee, unite da un comune denominatore grafico, un grande cerchio colorato e da maxi loghi che ne delineano la forte identità.  Massimo Salvoni, fondatore del brand e  artista concettuale, declina i capi icona nelle infinite varietà del cerchio, la forma perfetta, ispirandosi all’artista statunitense Kenneth Noland, affiliato alle correnti dell’espressionismo astratto e del minimalismo. 

Raccontaci del tuo background professionale

Ho iniziato nel 2002 a Livorno, dentro allo Spazio Blu Cammello nel progetto “INSIDE OUT” a fare le mie prime idee artistiche. Nello stesso anno all’interno di un edificio storico, Palazzo Lanfranchi a Pisa, trasportai un metro cubo di sabbia bianca raccolta a Vada, piantandoci sopra un campo di 2000 spighe di grano.Iniziai così questo viaggio “artistico” che mi ha sempre liberato da ogni oppressione della quotidianità.

Una serie di altre esperienze e poi, come un fulmine a ciel sereno, arriva CIRCLED. Non pensavo che avrei trasformato alcuni cerchi di pietra che già avevo fatto in vari angoli del territorio, in pezze di tessuto e invece…

Inoltre mi sono divertito con “l’arte contemporanea”, ho liberato le mie idee partecipando a diverse mostre e ho corteggiato l’arte in tutto e per tutto. 

Come è nata l’idea del brand? e il nome?

Questa linea inizia dalla volontà di trovare un’identità immaginaria incastonata all’interno di una serie di colori nei quali riconoscere se stessi, creando così un grande cerchio, un grande occhio. Un luogo dove dare forma ai pensieri e alle sensazioni. Il cerchio ha una storia filosofica e scientifica che affonda le sue origini nell’antichità. Oggi l’idea si sviluppa e si declina nelle infinite varietà di questa forma perfetta. Alla fine degli anni ’50 Kenneth Noland, artista statunitense affiliato alle correnti dell’espressionismo astratto e del minimalismo, iniziava ad elaborare forme circolari dipinte su tela. Ispirandosi a questa esperienza, con l’ausilio di nuove tecniche e grazie alla rielaborazione di nuovi cromatismi viene trasferita questa forma interessante sulle maglie.

Come nasce e si sviluppa la collezione?

Oggi, forse più di ieri, si notano miscelazioni tra design, arte e fashion e la collezione non si sottrae a questa tendenza. CIRCLED è un brand che nasce con uno stile Pop e che va orientandosi verso l’Hip Hop. Diversamente da quanto è stato proposto nelle stagioni precedenti, la nuova collezione esalta principalmente il nome del brand, CIRCLED, impiegandolo come elemento grafico e decorativo sulle superfici. Il lettering viene usato a caratteri cubitali in alcuni capi, mentre in altri viene ripetuto in dimensioni ridotte ma all’infinito. I tessuti utilizzati richiamano principalmente lo street ma sono anche riconducibili al mondo sport.

L’importanza del colore e del messaggio legato a esso

I colori possono avere declinazioni infinite, così come infinite sono le loro interpretazioni. Il colore lo si usa anche quando non viene utilizzato. CIRCLED è colore.

Quali gli artisti per te più importanti del panorama attuale?

Anish Kapoor, Vanessa Beecroft, Wolfgang Laib, Christo, Ugo Rondinone, Loris Cecchini.

Il capo che ritieni iconico?

Decisamente la felpa con lettering della collezione SS 2020. Racchiude in se tutte le caratteristiche del marchio. Il lettering impresso in modo circolare (fronte/retro), la fascia bianca ad intarsio che avvolge il capo e l’icona simbolo del brand sul braccio.

I personaggi che vorresti vestire nel prossimo futuro

Mi piacciono le sorprese

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Profumi per l’estate

Le note fresche e acquatiche sono il must have che non deve mancare durante la bella stagione. Ci accompagnano tutte le estati, sono perfette per il giorno e sul lavoro  perchè rinfrescano le giornate che si fanno man mano più calde. Ecco le novità del momento.

Byredo Sundazed

Questa fragranza esprime l’invito ad un totale abbandono nel sogno dell’estate. In apertura note decisamente agrumate per poi passare al cuore di neroli e gelsomino d’Arabia con un fondo di zucchero filato e muschio.

Creed Virgin Island Water

La vivacità degli agrumi si addolcisce nell’incontro con conturbanti gelsomini indiani e fragranti ylang-ylang. Le emozioni veleggiano e si mescolano accarezzate dai fiori di Tiaré in un goloso crescendo di cocco, fino a giungere all’approdo dove i sentori di legni tropicali incontrano il vigoroso musk del Tonkino.

Floris Neroli Voyage

In testa note verdi e amare del neroli, corroborate dal connubio di limone e note marine. Il cuore della fragranza è avvolto dal gelsomino, reso frizzante da zenzero e semi di finocchio. Il fondo è profondo e complesso tra note di legno di quercia della Corsica e i più sensuali ambra e musk.

Dolce&Gabbana Light Blue Sun

L’iconica Light Blue Pour Homme è rivisitata con l’aggiunta di un tocco di freschezza e poi soffusa con il calore del sole. Un fresco cocktail di bergamotto italiano e di succoso pompelmo ghiacciato viene rinvigorito con un pizzico di zenzero vivace e speziato e con una fresca ondata di acqua marina.

Davidoff Cool Water Man Summer Edition 

Un frizzante accordo di mandarino, un cuore luminoso di menta che infonde freschezza e intensità al profumo e infine il fondo di legno di sandalo che aggiunge forza e mascolinità.

Ck Summer

La fragranza è caratterizzata da una freschezza decisa, espressione dell’energia dell’estate. Accompagnata da nuovo pack che richiama i colori vivaci e brillanti della pop art.

Trussardi Riflesso Blue Vibe

In testa accordi di rhum, davana e yuzu. Il cuore di geranio apre le porte della percezione alla nocciola e da lì si entra nel mondo incantato dell’artemisia. Nel fondo troviamo il cuoio italiano, legno d’ambra e tabacco che legano l’intera fragranza alla tradizione del marchio.

Terre d’Hermes

Costruito come un “odore verticale”, con un autentico gioco di paradossi: note amare e variegate di pompelmo e arancia, sentore opaco e freddo di silice, accenti briosi di pepe e bacca rossa, infine morbidi e voluttuosi cenni di cedro dell’Atlante.

Salvatore Ferragamo Punta Ala

Salvatore Ferragamo ha voluto racchiudere inPunta Alauncocktail ricco di tesori naturali italiani quali agrumi, fiori e legni pregiati. La fragranza è radiosa e incantevole, un invito a trasmettere vibrazioni positive.

Penhaligon’s Cairo

Un intrigante accenno di spezie, come lo zafferano e l’incenso che evocano l’atmosfera suggestiva della città de Il Cairo. La rosa damascena crea un cuore pieno e affascinante, l’aromatico cypriol e la morbida vaniglia sono accompagnati da un trittico di legni iconici.

Jean Paul Gaultier Le Male X Supreme

Le Mâle, tanto virile quanto sexy, è una fragranza che offre una visione anticonformistica della mascolinità. La lavanda, che richiama l’odore familiare del sapone da barba, è trasformata dalla sensualità della vaniglia.

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Beauty travel

Il viaggio è insito nella natura dell’uomo, una delle fonti primarie del sapere e suggestione fondamentale per l’epica classica e per tutta la letteratura. Il sostenitore del pensiero viandante e discepolo del nomadismo interiore e non, quando viaggia legge, quando legge viaggia anche con la mente, in perenne ricerca della domanda giusta che gli faccia capire quali sono le risposte che sta cercando. Il viaggio poi può essere inteso non solo in senso fisico ma anche in senso metaforico. Per ogni viaggio che decidiamo di intraprendere però ci sono compagni ideali.

Per un viaggio all’insegna della ricerca interiore possiamo meditare con la candela di Jo Malone London Black Berry &Bay: un’esplosione di succo di more che si fonde con la freschezza dell’alloro e di legni fruttati per creare un’atmosfera rilassante e contemplativa. 

Se il viaggio è verso mete assolate portiamo con noi il travel-kit Sun protection Reyna Natural Cosmetics. È composto da tre prodotti nel formato 100ml: Bio Sun protection spf30 uva +uvb, emulsione solare water resistant, arricchita con principi attivi anti età e antiossidanti. La presenza di acido ialuronico, aloe vera, cetriolo e olio d’oliva garantiscono alla pelle una protezione contro il foto invecchiamento. Dopo una giornata di sole, l’After Sun gel idratante dopo sole rinfrescante e lenitivo con Aloe Vera, cetriolo e Bisabololo. L’acido ialuronico associato all’olio di avocado rende la pelle compatta e luminosa, mantenendo a lungo l’ abbronzatura. Allo stesso tempo può essere utile come complemento un cuscino da meditazione da viaggio, gonfiabile a forma di mezzaluna come quelli di Samten. Per la doccia, Shower e Shampoo vi consiglio i prodotti a base di vitamina f, olio di mallo di noci, estratto di carota, echinacea e Nasturzio che aiutano a mantenere l’abbronzatura e donano ai capelli luminosità e idratazione. Per chi ha la barba il kit beard care di Gentlemen’s hardware, composto da olio per barba, balsamo e pettine di legno di pesco. E ancora l’olio da barba con aloe vera, olio di camelina e tè verde di Bulldog Skincare for Men per ammorbidire, idratare e condizionare la tua barba. Bulldog offre un’ampia gamma di prodotti (creme, detergenti, balsami, oli) studiati per le esigenze dell’uomo che combinano il meglio della natura con il meglio della scienza. 

Infine per il viaggiatore romantico suggerisco il Moleskine kit, composto dallo storico taccuino, una mappa del mondo, una penna e un’etichetta per il bagaglio. Come scriveva Charles Baudelaire:“ma i veri viaggiatori partono per partire, cuori leggeri, si allontanano come palloni al loro destino, mai cercano di sfuggire e senza sapere perché sempre dicono: andiamo! I loro desideri hanno la forma delle nuvole”.

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Tra onde e fiori

Eco-esploratore, neo-contadino, regista e waterman, Emmanuel Bouvet a 47 anni condivide con noi la sua vita tra gli oceani del mondo e il suo giardino segreto nell’isola di Maui, nell’arcipelago delle Hawaii. Una visione green.

Dice di essere che cittadino del mondo, cioè?

Amo la natura e il mare in particolare; e quindi ho un naturale desiderio di proteggerli. Sono ambasciatore per la Fondazione Race for Water: un catamarano a energia solare con una missione di scienziati che per 5 anni navigano gli oceani per studiarne l’inquinamento. Li abbiamo raggiunti sull’isola di Pasqua per raccogliere la micro-plastica che arriva sulle spiagge. Nella vita quotidiana cerco combattere la plastica. E non è facile! Sono ambasciatore di KnowledgeCotton Apparel, un marchio europeo pioniere in abbigliamento di cotone biologico con tracciabilità dei prodotti. Il loro stile cool ed elegante, poi, mi piace molto.

Ci racconta la sua giornata ideale a Maui?

Mi sveglio presto, verso le 5 e 30. Cerco di andare con Lou, mia figlia (13 anni) a fare surf un’oretta prima di portarla a scuola. Poi vado a lezione di yoga da mia moglie Carine, che insegna anche meditazione e condivide la mia passione per il surf. E così, dopo posso dedicarmi alla nostra piantagione di ninfee e ai nostri film. Se riesco, sul finire della giornata, faccio una sessione di windsurf o di foil, o andiamo a nuotare assieme alle tartarughe con Shadé, la più piccola (7 anni). Le piace molto! Mi godo l’oceano in diversi modi.

Com’è arrivato alle Hawaii ?

Sono arrivato da Parigi a Maui quando avevo 21 anni, per unire l’utile (uno stage di laurea in business school) al dilettevole (il windsurf). Per 10 anni con Carine abbiamo gestito un’agenzia di viaggi specializzata in soggiorni di surf. Poi, 15 anni fa, abbiamo comprato un’azienda agricola di ninfee e creato la Maui Water Lily Farm, senza avere grandi conoscenze di queste piante. Però il bisogno di connessione alla terra si faceva fortemente sentire.

E oggi cosa fa quando non coltiva i suoi fiori?

Viaggiamo con le figlie per la nostra serie di film The Green Wave. Dall’India all’arcipelago africano di Sao Tomé e Principe, dal Cile fino a Christmas Island nel Pacifico, o dalla Papua Nuova Guinea alla Colombia, l’idea è una: sensibilizzare all’ambiente e mostrare delle valide iniziative ecologiche, sempre scivolando tra due onde!

Com’è nata questa consapevolezza ecologica ?

Diventando padre è cresciuta in me la nozione di patrimonio e di trasmissione. Cosa lasceremo ai nostri figli? Poi, semplicemente come amante della natura, vedo è in pericolo quindi voglio proteggerla. E come surfista, vedo l’inquinamento sulle spiagge di tutto il mondo, anche in posti remoti come l’Isola di Pasqua.

Se il mare fosse una persona chi sarebbe ?

E’ la madre di tutti noi. Veniamo dall’oceano e viviamo sul “pianeta mare”. L’acqua ricopre il 71% della superficie terrestre. Noi esseri umani siamo fatti per il 71% di acqua. Coincidenza? Anche se c’è un legame materno, quasi carnale con l’oceano, c’è anche una paura nel senso animale, primitivo. Il mare è come una leonessa, capace di proteggere i suoi figli ma anche di castigarli. C’è bisogno di imparare a conoscerlo, leggerlo e soprattutto rispettarlo per sapere quando e come tuffarcisi dentro. Perché il mare puòessere un rifugio, luogo di benessere, o una tomba.

Quali sono le sue emozioni quando fa surf ?

Una grande comunione con la natura, che mi ricorda ogni volta che siamo un tutt’uno. Danneggiarla è farci del male. Sono sensibile al potere energetico del mare, alle sue virtù lenitive.

Quali sono stati i suoi viaggi più memorabili ?

La prima volta che sono partito è stato per accamparmi a 5 km dalla nostra casa di vacanza in Bretagna. E’ stato il primo viaggio che aveva il respiro della libertà e dell’avventura. “Adventure is around the corner”, come dicono gli anglosassoni! Ed è vero! Penso di non aver fatto altro da allora che ricercare questa sensazione di libertà, andando solo più lontano. Da giovane, il viaggio significa confrontarsi con il pericolo, come un rito iniziatico. Quando avevo 20 anni, con un gruppo di amici abbiamo deciso di raggiungere le isole Chagos, un mito per i navigatori, uno degli ultimi paradisi selvaggi. Sono accessibili solo in barca a vela dalle Seychelles. Abbiamo preso un catamarano di fortuna, senza moderni strumenti di navigazione. Ci sono volute 2 settimane, invece di una. La barca andava in pezzi. Siamo andati alla deriva per due giorni provando a ripararla. Imbarcavamo acqua nelle cabine. Dentro abbiamo dovuto montare delle tende. Alla fine siamo arrivati, stanchissimi ma felici. Scampati a un bel pericolo…

Che lezione ha tratto da questo viaggio pericoloso?

E’ stata un’esperienza bellissima. Sono d’accordo con Keyserling che dice che il camino più breve verso te stesso ti fa prima girare il mondo. Quindi continuo a girare! E’ anche un modo meraviglioso di incontrare la gente.

I suoi programmi attuali?

E’ appena uscito il nostro ultimo film, The Green Wave, girato in Colombia. Lo presenteremo al Festival du Film de Surf di Anglet (Biarritz), dal 10 al 13 di luglio. A giugno, saremo nella Polinesia Francese per girare un nuovo episodio.

Qual è il sogno che non ha ancora realizzato ?

Respirare sott’acqua e parlare le lingue di tutti paesi che visito.

Testo di Sabine Bouvet, Foto Pierre Bouras e Sabine Bouvet 

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In viaggio con Gin Mare

Sole, relax e tempo di qualità. Med Transfer by Gin Mare è un viaggio esperienziale nella cornice di suggestive località mediterranee, dalla Puglia al Salento fino a Barcellona. Fine ultimo del progetto, iniziato in terra pugliese nel mese di giungo e pronto ad espandersi a settembre tra Ischia e Procida, è quello di permettere ai partecipanti di far vivere i quattro pilastri del pregiato distillato spagnolo attraverso un’esperienza coinvolgente e rilassante tra: Climate, Escape, Gastrononomy e Lifestyle. Un viaggio unico, ideale per i fedeli clienti del prodotto e anche per tutti i curiosi che hanno voglia di vivere tre giorni di puro relax coccolati da buon cibo con freschi drink abbinati.

Al format globale di Med Transfer hanno aderito diversi paesi europei come Germania, Spagna, UK e Olanda. Gin Mare non è un semplice distillato ma porta con sè storia, profumi, sapori che lo rendono unico. La sua freschezza aromatizzata ai sapori del mediterraneo è data dal Timo greco, dal Basilico made in italy, dal Rosmarino turco, dagli agrumi spagnoli e dall’Oliva Arbequina, le sue botaniche distintive.

Med Transfer è sicuramente un’iniziativa interessante dove si esplicitano i valori del Brand e rendono Gin Mare, tra un pranzo in barca e un cocktail al calar del sole, molto più di un ottimo distillato.

Abbiamo avuto il piacere, nella splendida Masseria dei Potenti di Manduria – Puglia, di immergerci nell’experience. Con il workshop “Foraging ed erbe Mediterranee” a cura di Valeria Mosca e Stefano Tosoni siamo andati a toccare con mano alcuni degli ingredienti tipici di Gin Mare, scoprendo inoltre tecniche e curiosità sulla disciplina. Tra un cocktail e deliziose specialità locali passiamo ad un altro incontro quello sull’olio d’oliva con: “Olio d’oliva, viaggio fra tradizione, cucina e miscelazione” a cura di Ezio Canetti, brand ambassador di Gin Mare, Savino Muraglia, managin director di “Frantoio Muraglia” e Luciano Matera, patron del ristorante “il Turacciolo”.

Durante l’esperienza è possibile, inoltre, degustare diverse proposte di cocktail unici abbinati ai raffinati piatti che gli chef proporranno per l’occasione.

Giusto un esempio: il Savoir Fresh, a base di Gin Mare, Liquore Salvia e Limone, sciroppo al gusto di vaniglia, succo lime e una foglia di salvia viene abbinato al delicato piatto di Triglie agrumi e lampascioni.

La prossima tappa sarà dal 13 al 15 Settembre tra Ischia e Procida. Con Med Transfer non si rimane mai fermi, è un viaggio nel viaggio, si partirà il venerdì a pranzo da Napoli per poi passare alle splendide isole dell’aricpelago campano.

Sul sito è possibile prenotare il proprio posto a pagamento, visionare il calendario, scoprire di più sull’iniziativa e il programma dettagliato. Attenzione, posti limitati. Non vi resta che rimanere sintonizzati sulle piattaforme social di Gin Mare e Compagnia dei Caraibi, dinamico player che distribuisce e importa sul mercato soft drinks e distlilati tra cui anche il nostro Gin Mediterraneo.

Foto: Tony Castrovilli

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Travel design su misura: i viaggi fatti ad arte di Atelier Voyage

Nei loro spazi di Milano abbiamo incontrato due vera gentleman, Gerhard Lindermeir e Gabriel D. Doucet Donida che nel 2017 hanno fondato Atelier Voyage una realtà unica nel suo genere per chi ama il viaggio all’insegna della scoperta e dell’amore per l’arte, il design, la cultura e il bien vivre. Gerhard e Gabriel studiano e disegnano insieme ai loro clienti vere esperienze su misura, un viaggio dentro il viaggio. La loro è una storia di grande passione in cui hanno unito le loro competenze differenti per creare un nuovo concetto di travel boutique agency.Gerhard è nato nel turismo, suo zio aveva una compagnia di omnibus per viaggi dalla Germania alla Spagna e per questo motivo è stato molto coinvolto sin da giovane nel mondo dei Tour Operator. Gabriel, invece, ispirato dagli anni trascorsi a Roma, è entrato alla facoltà di Architettura in Canada. Dopo i due master in Belle Arti e Performance Studies Gabriel ha lavorato come architetto ad Ottawa e a Toronto, dove ha aperto due gallerie d’arte ad Halifax e Montreal in Canada, per poi diventare “Curator in Residence” alla Saidye Bronfman Centre for the Arts di Montreal. Nel 2006, si sono incontrati per puro caso a Florianópolis in Brasile aprendo due locali a 100m di distanza uno dall´altro! Da lì, un anno dopo, si sono ritrovati a Düsseldorf per creare Atelier Voyage, un mix tra Arte (Atelier) e Viaggi (Voyage).

Come è nata la vostra passione per il viaggio?

Gerhard:  È un insieme particolare tra passione e conoscenza approfondita del viaggio, con un amore per l’architettura, il design e l’arte. Dal 2007, Gabriel ha voluto intensificare le sue esperienze di viaggi “long-haul” (a lungo raggio ndc) per meglio informare i nostri clienti sperimentando viaggi ed esperienze speciali in Giappone, Sud Africa, Cina, Bhutan, Nuova Zelanda, India, Maldive, e altre infinite destinazioni.

Quali i vostri artisti e designer di riferimento e ispirazione?

Gabriel:  Nel panorama degli artisti abbiamo gusti particolari, ma fra i nostri preferiti ci sono molti nomi nell´arte moderna o contemporanea, al di là dei grandi e ormai noti a livello internazionale come Cildo Meireles, Kiki Smith, Pipilotti Rist, Günther Uecker, Antoni Tàpies, Niki de Saint Phalle e gli ultimi lavori grandiosi di Cy Twombly. Con Atelier Voyage siamo diventati partner esclusivi di BMW Art Journey ad Art Basel in Hong Kong e Miami. Questo progetto include talenti più giovani come Broken Fingaz, Zac Langdon-Pole, Max Hooper Schneider e artisti canadesi come Attila Richard Lukacs, Chris Curreri.  Come designerammiriamo sempre l´esuberante e teatrale Philippe Starck e nel mondo del graphic design e art direction talenti come Neville Brody e Roman Cieslewicz, senza dimenticare il grande Franco Albini e altri designer italiani degli anni Sessanta, come Marco Zanuso, Franca Petroli, Claudio Salocchi, che hanno influenzato lo stile del nostro ufficio qui a Milano.

Come è nato il progetto di Atelier Voyage?

Gerhard e Gabriel:  Abbiamo avuto l’ispirazione di coinvolgerci completamente nel mondo dei viaggi, per chi ricerca i posti meno noti, ma sempre con una sensibilità verso la cultura, l´arte al di là del turismo di lusso.

Come sviluppate le vostre travel design experience?

Gerhard e Gabriel:  Nasce tutto dalla relazione intima con il cliente. Guidiamo i suoi desideri verso le migliori destinazioni e segnaliamo degli “hot spot” culinari, culturali, eventi e gallerie (sempre nei centri urbani), arrivando a suggerimenti di libri o film da vedere in preparazione al viaggio. In questo modo si può pianificare tutto in ogni dettaglio con l’obiettivo di soddisfare le aspettative più alte. 

Come sta evolvendo il mondo del travel?

Gerhard e Gabriel:  Al momento si cercano sempre di più le destinazioni particolari, dei veri scoop in luoghi non ancora troppo sfruttati (tipo l’isola di Taketomi nel sud del Giappone, le isole del Mozambico o la quinta valle del Bhutan, per esempio) o luoghi di benessere che sanno come curare il corpo, ma anche la mente e lo spirito (Kamalaya in Koh Samui, Thailandia, Malibu Ranch in California, USA, etc.).

Le vostre partnership e i travel ambassador

Gerhard e Gabriel:  Stiamo sviluppando in primis rapporti umani e di lavoro con alcuni lifestyle partner (St Barth, Tanya Heath Paris, che sono brand beauty e moda) e anche con gruppi alberghieri internazionali (Four Seasons Preferred Partner, Belmond Bellini Club, Mandarin Oriental Fan Club, Peninsula Pen Club, Relais & Châteaux 5C Club, etc.). Finalmente, in Germania come in Italia, abbiamo sviluppato un network attraverso gli Atelier Voyage Travel Ambassador che diffondo il nostro brand, un concetto vincente per noi dal 2008. In Italia i nostri Ambassador sono Antonio Lodovico Scolari e Christian Pizzinini, veri conoscitori del mondo travel, che incarnano perfettamente quel lifestyle fatto di dettagli, attenzioni e luoghi non convenzionali in cui ci rispecchiamo.

Le destinazioni e luoghi che consigliate

Gerhard e Gabriel:Come hotel o esperienze, ne abbiamo più di 5000 da scegliere, come ad esempio la Co(o)rniche Pyla-sur-mer in Francia, La Flâneuse du Nil (crociera) in Egitto, il nuovo Hotel Fasano Salvador in Brasile. Quanto alle SPA e Wellness Destination da non perdere è Ananda sull’Himalaya in India o Schloss Elmau in Bavaria. Infine per quanto riguarda i ristoranti, sono informazioni preziose per noi che riserviamo solitamente ai nostri clienti speciali. Per nominarne due qui in Europa, vi consigliamo 7132 Restaurant Silver Vals in Svizzera o Le Grand Véfour a Parigi.

Il viaggio più strano che avete fatto

Gerhard e Gabriel: Abbiamo organizzato un matrimonio sulle isole del Mozambico, raggiungibile solo con elicottero, con la richiesta specifica di una notte magica di luna piena sulle spiagge deserte durante la cerimonia per un gruppo di familiari e amici. 

Quando partite cosa non può mancare nella vostra valigia?

Gerhard e Gabriel: Al di là del costume da bagno, c`è sempre un libro tascabile, un quaderno e il nostro Kit Samsonite della HostLab personalizzata per Atelier Voyage, con tutto il necessario: maschera per dormire e i prodotti cosmetici della Linea St Barth.

Come concepite e arredate i vostri spazi/uffici in giro per il mondo?

Gerhard: Siamo sempre  influenzati dal luogo in cui ci troviamo e ci collochiamo sempre in edifici di inizi Novecento. Dopo Düsseldorf e il suo “white space” gestito dal 2007, il nostro Headquarter a Monaco di Baviera fu concepito con atmosfera Jungendstil e accenti di Nils Holger Moormann e Philipp Starck, più formale ma guardando all´idea del Club Lounge, con zone salotto per il relax e per il bar. Abbiamo poi avuto la fortuna dal 2011 a Monaco di Baviera di lanciare la cooperazione con Linea St Barth e creare uno spazio benessere. Adesso si è aggiunto dal 2016 anche l’osteopata e il fisioterapista Sergius Werner. A Milano, abbiamo scelto di creare uno spazio colorato che rifletta lo spirito e il design di questa città, con dettagli e arredi italiani degli anni Sessanta. Certamente, poiché Gabriel è architetto laureato e artista nel cuore, lascio a lui la progettazione di ogni ufficio.

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Hotel destinations: il nuovo Fornace Suites Firenze

Nello straordinario quartiere di San Niccolò che ha conservato la sua atmosfera medievale, ricco di negozi artigianali, gallerie d’arte, ristoranti e caffetterie, a un passo dal Ponte Vecchio, scopriamo il nuovo Fornace Suite, un boutique hotel di sole sei suite completamente personalizzate che raccontano la storia dell’arte italiana. Donatello, Cellini, Bernini, Canova, Michelangelo, Ghiberti sono i nomi dei sei appartamenti dal design contemporaneo arredati con la massima cura del dettaglio ad opera dello studio Archea Associati .

Gli arredi, interamente disegnati dallo studio fiorentino con un progetto custom-made, variano da stanza a stanza per impreziosire ogni suite di vividi contrasti o morbidi ton sur ton.   

La suite Ghiberti, unico monolocale dell’intera struttura, è caratterizzata da finiture in corten e raffinati pannelli con decorazioni materiche. La suite, collegabile a quella adiacente, si trasforma facilmente in un grande appartamento che può accogliere fino a 6 ospiti.

In Donatello l’ottone è l’elemento distintivo, una nuance che si abbina perfettamente ai toni dell’acqua marina che caratterizzano gli arredi conferendole un aspetto prezioso e ricercato. 

Michelangelo ha un cuore in ferro, uno scrigno/libreria che accoglie la sala da bagno posta al centro dell’ambiente e che separa lo spazio notte da quello giorno. Una piccola terrazza si espone a nord come la prua di una nave offrendo un incantevole scorcio sulla via.

Le tonalità dell’autunno contraddistinguono la suite Cellini: la libreria-boiserie e le raffinate note dell’acciaio corten, utilizzato nelle finiture, donano all’ambiente il calore della terra toscana stemperato soltanto dai raffinati toni cerulei dell’arredo.

Al secondo piano dal lato del fiume Arno la suite Bernini ci accoglie con la luminescenza dei toni dell’ottone che contrasta amabilmente con la raffinatezza del grigio cemento di cui sono tinteggiate le pareti e i pavimenti. L’ampio specchio a tutt’altezza che pervade la camera da letto riesce ad amplificare ancor più il raggiante riverbero dei colori. 

Ferro e legno, toni freddi e toni caldi investono la suite Canova conferendole, grazie ai loro contrasti materici ed emozionali, un’atmosfera domestica e raffinata. Il bagno completamente pervaso dal colore grigio è dotato di apparecchi in ceramica opaca ton sur ton che completano la multi-sensorialità dell’esperienza tattile. 

Foto: ©Pietro Savorelli

In copertina: Neri Casamonti

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