MANGIARE INSIEME: IL GUSTO RAFFINATO DELLO CHEF MORELLI

Dalla cucina semplice e di qualità della Trattoria Trombetta di Porta Venezia al lusso pentastellato dell’hotel Viu nella zona emergente di Porta Volta, a Milano. Lo chef Giancarlo Morelli firma il Mixology Food bar Bulk e il ristorante gourmet Morelli, situati al piano terra del Viu, dei quali cura ogni dettaglio, dal menu all’ambientazione. Quest’ultima è pensata in funzione della convivialità e della condivisione: il Bulk si articola secondo le linee raffinate e armoniose di uno stile minimal, in cui poter trascorrere il momento dell’aperitivo in un’atmosfera cosmopolita rilassata, sorseggiando cocktail d’autore unici e assaggiando piatti di qualità preparati nel ristorante con cucina a vista. Qui l’esperienza gustativa va vissuta insieme, con assaggi e portate da mangiare anche con gli occhi, oltre che con il palato, e da scambiare, come in un gioco. Continuando questo percorso all’interno dell’hotel, si arriva al ristorante Morelli vero e proprio, costruito intorno allo chef’s table in legno antico da quattordici posti, illuminato da lampade anni ’70 che fanno immergere il cliente in un’atmosfera senza tempo. Il menu costituisce una sintesi di venticinque anni di ricerca e sperimentazione, con proposte heritage che rappresentano la storia dello chef, unite a piatti inediti tutti da scoprire. Abbinamenti inattesi e ricercati fanno vivere una sinestesia di gusti, nel pieno rispetto della materia prima. Morelli, già stella Michelin per il ristorante Pomiroeu di Seregno, ha progettato anche la cucina del ristorante, uno spazio di circa 200 mq ideato per far fluire il processo creativo della brigata senza interruzioni.

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PPS: Ping Pong makes life more funny

Photo by Luca Grottoli, Stylist Francesca Ferretti

Nasce a Milano un club, o meglio una società, di Ping Pong, storico sport entrato a far parte anche delle discipline olimpiche. Il progetto, oltre a partite e tornei, prevede eventi di design, fotografia, musica, fashion e lo staff che ha ideato il PPS garantisce divertimento a 360 gradi, “senza prendersi troppo sul serio”. Come ogni sport, le divise per giocare, disegnate da Champion, sono estremamente fashion e mostrano sulla schiena la scritta PPS (Ping Pong Society). Il tennis da tavolo, come prima era definito, ha lo scopo di unire in un unicum giocatori provenienti dal mondo della moda, dell’arte, del cinema, del food, mentre la crew composta dall’artista argentino Mariano Franzetti, il dj Ruggero Isacchi e il graphic designer Vittorio Marchetti ha programmato di fare ogni volta spettacolo, in un mix di eclettismo e stravaganza, set fashion e photoshooting. Il Ping pong diventerà, così, uno stile di vita ed un modo elegantemente cool di trascorrere una serata. Il primo evento si è tenuto domenica 26 marzo all’Apollo Club, vicino ai Navigli, in collaborazione con il brand di streetwear Champion e Stiga, produttori all’avanguardia di attrezzatura da Ping Pong.
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Bastianich ed Hellmann’s insieme per uno street food gourmet

Cosa lega il petto d’anatra all’avocado, al pomodoro e lattuga e allo scalogno? Risposta: l’inventiva di Joe Bastianich e la maionese Hellmann’s. Infatti, gli ingredienti appena elencati, sono quelli del Duck Club Sandwich, uno speciale panino inventato dal celebre cuoco italo/newyorkese, per festeggiare l’arrivo in Italia dell’Hellmann’s Food Truck Tour. Approdato nel Bel Paese ad aprile, questo gourmet tour – ideato e voluto da Unilever, gruppo a cui fa capo la famosa maionese – si propone di girare lo Stivale con un percorso degustativo, per solleticare le papille dei food lovers nostrani, con un mix di tradizione e innovazione culinarie. Il Duck Club Sandwich non è l’unica esperienza di gusto firmata da Bastianich, che ha inventato anche Coleslaw, un’insalata di cavolo cappuccio e Italian Submarine, un panino ai salumi vari. Il tour ha debuttato a Milano durante la Design Week e continuerà fino a Ottobre, con importanti ed imperdibili appuntamenti tra Lombardia ed Emilia Romagna.

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hellmanns.it

Stone island lancia il progetto SERIES 02_GARMENT DYED DYNEEMA

STONE ISLAND documenta in un video i luoghi in cui il progetto SERIES 02_GARMENT DYED DYNEEMA è nato, partendo dalla Production Facility di Dyneema® in Arizona, dove la fibra viene trasformata in tessuto non tessuto, per poi proseguire in Italia nell’Headquarters di Stone Island a Ravarino, in provincia di Modena, dove il capo viene confezionato e subisce il processo di tintura a capo finito realizzato nel Laboratorio del Colore. La seconda parte del progetto di edizioni limitate native è Prototype Research Series, che prevede capi realizzati in tessuti e trattamenti frutto di ricerche e sperimentazioni, non ancora industrializzati. SERIES 02_GARMENT DYED DYNEEMA® è un giaccone reversibile realizzato con la fibra più leggera al mondo e anche molto resistente e robusta. Il risultato è un tessuto composito, flessibile e super leggero, resistente a  strappi, forature e abrasioni. STONE ISLAND ne ha ingegnerizzato una versione pronta per tinta, accoppiandolo ad un’esclusiva membrana performante unita ad una tela ultra leggera di nylon. I capi sono tagliati e cuciti con nastratura interamente manuale con fettucce in Dyneema®. Prima della tintura in capo le giacche riposano per una settimana per il corretto polimerizzo delle nastrature. Un lato espone la faccia in Dyneema®, l’altro la tela di nylon che prende il colore di tintura assieme agli altri componenti in nylon del capo. Inoltre, in occasione della Milano Design Week 2017 è stata realizzata un’installazione nella quale sono stati esposti i prototipi delle giacche nelle varie colorazioni, sospese in aria e illuminate all’interno. Un’edizione limitata di 2 set da 50 pezzi tinti in capo con 50 ricette di tintura nel Laboratorio del Colore STONE ISLAND. I capi sono in vendita esclusiva su stoneisland.com a partire dalla fine di Aprile.
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Per Four Seasons, rilassarsi è un obbligo

Michael Newcombe, entrato nel team Four Seasons nel 1991, negli ultimi 4 anni ha apportato importanti e significative novità nel settore Spa e Wellness e adesso è stato nominato presidente della Global spa and Wellness Task Force. L’obiettivo del nuovo leader è unire le tecniche tradizionali alle moderne tecnologie, proponendo un percorso olistico mirato al benessere fisico e mentale del cliente, che sia in viaggio di vacanza o di lavoro. Ogni ospite avrà a disposizione professionisti capaci di orientarlo verso un programma personalizzato di alimentazione, di attività fisica e trattamenti. Newcombe ha ampliato il percorso delle Spa del Four Seasons, che contano adesso 97 centri, con tecniche prive di sostanze chimiche, terapie avanzate e inserimenti di trattamenti locali nelle varie destinazioni. Al resort di Mauritius, per esempio, è stato introdotto il massaggio a 8mani, che porta la tecnica ayurvedica ad un livello di rilassamento superiore. Al Beverly Hills di Los Angeles viene promossa una meditazione bioenergetica, che permette di ritrovare un’armonia interiore e fortificare il sistema immunitario. Al Four Seasons in Vietnam i trattamenti si fanno con l’utilizzo delle campane in cristallo per conciliare testa e cuore con il battito cardiaco della terra. In ogni resort il cliente è comunque circondato da personale competente e attento ad ogni esigenza e questo lo renderà protagonista della sua esperienza spa.
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Ariela Wertheimer: Jaffa Venice Light boxes

Il 13 maggio 2017 sarà inaugurata a Palazzo Mora la prima mostra per la biennale di Venezia di Ariela Wertheimer, curata dalla Farkash Gallery di Tel Aviv. La mostra si protrarrà fino al 26 novembre 2017 e si intitola Jaffa Venice light boxes: l’exhibition propone varie opere dell’artista israeliana che utilizza diverse tecniche e materiali, sempre basandosi sul gioco luce – ombra, introducendoci in un cammino innovativo e singolare con lavori e ritratti in light boxes.

Il significato della mostra è una lunga riflessione sul senso delle nostre vite: ognuno è una storia, un personaggio intrappolato in una piccola o grande prigione, dal passato al presente e lo scopo, per l’arte di Wertheimer, è la ricerca di una sfera più ampia. Nata in una importante famiglia in Israele, l’artista inizia la sua carriera in campo medico e per dodici anni milita nelle forze armate, ambiente in cui trova ispirazione e tecniche creative per il suo talento artistico. Madre di 5 figli, quando non si dedica all’arte, svolge volontariato al dipartimento di oncologia presso il Rambam Hospital di Haifa. La Wertheimer ha iniziato a esporre in gruppo fin dal 1997. La mostra a Venezia è ospitata dal centro di cultura europeo.

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LA SALUTE SI COLORA DI PRIMAVERA

È primavera. Come la natura rinasce dopo il torpore invernale, così anche l’organismo ha bisogno di depurarsi da qualche eccesso di troppo, per accogliere la bella stagione in piena salute ed energia. Persino il Ministero della Salute raccomanda le arcinote cinque porzioni al giorno di frutta e verdura, avendo cura di variare “i colori del benessere”, per beneficiare di tutte le proprietà nutritive che dipendono anche dai pigmenti contenuti negli alimenti, e che soddisfano tutti i fabbisogni dell’organismo. Un metodo sempre più in voga per consumare frutta e verdura sono gli estratti detox, facili da preparare e ideali per uno spuntino o addirittura come alternative “disintossicanti” del pasto, da portare anche fuori casa. Per assecondare questo trend, molte aziende hanno lanciato sul mercato estrattori di ogni tipo, dai più economici ai più sofisticati. Un esempio è Imetec SuccoVivo, un estrattore a spremitura lenta con 60 giri al minuto, le cui funzionalità sono state mostrate a noi di MANINTOWN durante l’evento Wake up Spring, organizzato a Milano da Imetec, con uno show cooking di Marco Bianchi, lo chef-scienziato più famoso del web, che ha preparato, in esclusiva per l’occasione, tre succhi “vivi” con azione diversa, per fare il pieno di vitamine e minerali:

Azione Rigenerante: a base di ananas, barbabietola, mela e kiwi, da servire con un quadretto di fondente e 5 nocciole a testa.
Un succo per migliorare l’ossigenazione muscolare, la concentrazione mentale e l’attività antinfiammatoria, grazie a bromelina, antociani, quercetina e fisetina.

Azione Rinvigorente: a base di spremuta di arancia o pompelmo, zenzero, curcuma e pepe. Un succo ad azione liberatoria delle vie respiratorie e antinfiammatorio della gola, ideale contro i malanni di stagione grazie a gingerolo, curcumina, quercetina e vitamina C.

Azione Depurante: a base di sedano, finocchio e mela.
Un succo ideale per depurare il fegato e l’intestino: un intestino pulito che lavora bene è sinonimo di un sistema immunitario forte. Chi fosse preoccupato per gli scarti prodotti dall’estrattore può stare tranquillo. Sul sito di Imetec si possono consultare i consigli di Marco Bianchi e Lisa Casali, scienziata ambientale, blogger e scrittrice, per non sprecare la fresca materia prima e le ricette ricche di suggerimenti per menu appetitosi e salutari.

Da marzo di quest’anno, inoltre, Marco Bianchi ha aperto il suo blog personale, in cui condivide consigli e ricette per una buona alimentazione e uno stile di vita sano. Rileggi la sua intervista qui .

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MARTA BASSINO YOUNG SKIER OF THE YEAR

Sugli sci da quando aveva appena due anni, Marta Bassino, classe 1996, è una delle sciatrici alpine italiane più talentuose e promettenti, nonché vincitrice del titolo di “Young Skier of the Year”, riconosciutole dalla Fis (Federazione Internazionale degli Sport Invernali) durante le Finali di Aspen, in virtù di sette piazzamenti nella top 10. MANINTOWN l’ha intervistata per voi.

Sei stata recentemente premiata con il titolo di “Young Skier of the Year”, cosa ha comportato questo riconoscimento per te?
È stato un onore per me, essere premiata come miglior giovane al fianco di Henrik Kristoffersen: mi ha fatto realizzare fino in fondo il mio potenziale e gli importanti risultati ottenuti quest’anno. Un ottimo punto di partenza per cercare di migliorarmi ancora nella prossima stagione.

Quali sono le caratteristiche delle scarpe Asics, brand di cui sei ambasciatrice, che più ti aiutano nell’allenamento?
Asics mi fornisce diverse scarpe, ognuna con caratteristiche diverse e che si adattano perfettamente a qualsiasi tipo di allenamento che vado ad affrontare. Quando non sono sulle piste da sci, infatti, mi alleno anche sul campo d’atletica, in palestra, e amo anche praticare il tennis. Apprezzo il fatto che siano confortevoli e di grande supporto e allo stesso tempo leggere ed ammortizzate. Grazie al contatto diretto con i tecnici dell’azienda abbiamo trovato per ogni situazione il modello che più si addice alle mie caratteristiche, un plus importante per riuscire ad ottenere il massimo da ogni allenamento.

Sei una ragazza giovanissima, nel tuo tempo libero che stile prediligi?
Quando posso, mi piace sentirmi femminile, prediligendo outfit semplici, ma eleganti allo stesso tempo.

Se non fossi diventata una sciatrice professionista, quale sport ti sarebbe piaciuto praticare?
Siccome da piccola praticavo la ginnastica artistica magari, non ci fosse stato lo sci, avrei continuato in questa disciplina. Vengo da una famiglia di sportivi e sono convinta che, anche se solo per diletto, avrei praticato lo stesso tanto sport.

Hai un rito scaramantico prima delle gare?
No, non sono scaramantica. Potrei parlarti dei tanti riti delle mie colleghe, ma mi dicono che raccontarli porti male! (ride ndr).

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Adidas: Eighties mood

Adidas Originals con AW LAB ha presentato il 6 aprile scorso il Madness Pack: la nuova serie ZX FLUX uomo e Los Angeles, nonché le Stan Smith e Los Angeles da donna. La versione rivisitata delle scarpe da running ZX 8000 degli anni 80 è innovativa e minimale con una pixelatura multi-color ispirata alle interferenze dei canali televisivi analogici mentre sulle Stan Smith e Los Angeles da donna dominano delle grafiche distorte con effetto 3D. L’originalità è abbinata ad un effetto attuale, moderno, con un touch nostalgico per gli amanti degli eighties. Il Madness (dal nome di un gruppo musicale di quel periodo) Pack è in vendita esclusiva in tutti gli store  AW LAB e su www.awlab.com.
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Coreon Du: il talento rompe le righe

Coreon Du è stato giudicato il musicista più eclettico del panorama africano, mentre Forbes lo ha definito uno dei 15 artisti più influenti d’Africa. Nato in Angola, Coreon Du, vero nome di José Eduardo Paulino dos Santos, si è prima imposto sulla scena internazionale come pioniere della cultura pop della sua terra, registrando riconoscimenti importanti sia nella categoria della musica, sia come produttore, direttore e scrittore televisivo. Giovane brillante, poco più che trentenne ha vissuto e studiato in America, parla varie lingue e ha unito diverse forme musicali in un mix che non è afro, non è soul, non è jazz, ma è una sintesi di tanti stili che sfociano in una performance unica e originale. Nei suoi album si sono date appuntamento voci di grandi artisti brasiliani e portoghesi. Spirito sensibile e creativo, l’artista ha inoltre ideato una linea di abbigliamento per uomo, donna, la Wedu by Coreon Du, nata in primis come merchandising ai suoi concerti e poi diventata icona di street Style per i giovani di tutto il mondo. Nello spazio espositivo di Ventura Lambrate, a Milano, i visitatori hanno potuto ammirare varie creazioni artistiche multidisciplinari di oggetti di design, nonché abiti e tessuti sperimentali della linea Wedu. Unita a questa exhibition sono stati proiettati dei video delle performance musicali e cinematografiche dell’artista, che si è imposto alla ribalta dal 2010 con grande genialità.
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Christian Pellizzari, il volto indipendente della moda

Essere indipendente, per lui, vuol dire evolversi libero da imposizioni creative e da legacci economici. Christian Pellizzari, giovane stilista trevigiano, preferisce crescere e camminare nell’agóne del fashion system con le sue gambe. Classe 1981, con un importante background cominciato al Polimoda di Firenze e proseguito nell’ufficio stile di Tonello e poi come guest designer all’Armani Teatro, Pellizzari basa la sua creatività sulla mescolanza di generi, solo in apparenza contrastanti. In bilico tra Venezia e Los Angeles, quali città ispiratrici, Pellizzari si racconta attraverso le stampe, che declina al maschile e al femminile, mentre progetta l’apertura di una boutique/atelier, dove poter mostrare ai clienti tutte le fasi ideative e produttive dei suoi capi, riportando in auge il rapporto stilista-cliente, che si è disperso con la diffusione di massa. MANINTOWN l’ha incontrato per voi.

Come sta evolvendo il brand?
Essendo un marchio indipendente, stiamo continuando a crescere stagione dopo stagione, gradatamente e secondo le nostre possibilità. Siamo presenti in sempre più punti vendita in giro per il mondo e le collezioni crescono e migliorano sempre di più, ma voglio che si cresca per gradi e stabilmente, in modo da poter seguire in prima persona tutto il percorso.

Quali le città, i luoghi che ti ispirano maggiormente?
Sono molte, ma diciamo che ultimamente soffro di una “bipolarità ispirazionale”, tra Los Angeles e Venezia. La prima è molto stimolante e sta vivendo un ottimo momento a livello culturale e artistico, e il clima aiuta rendere il tutto perfetto. Venezia, invece, in questo periodo e diventata fondamentale per me: sto cercando di passarci più tempo possibile e ogni giorno noto la sua bellezza e la sua anima che mi sorprendono continuamente, voglio vedere e scoprire tutto e voglio soprattutto perdermi. Sono, comunque, due città che mi inspirano e mi ricaricano, dei luoghi multiculturali dove tutto si fonde perfettamente, ed è una filosofia che uso anche per il mio lavoro: mescolare e mettere insieme elementi apparentemente distanti tra loro.

Personaggi (uomini e donne) che vorresti vestire? O che hai vestito perché rappresentativi del tuo stile?
Non ho mai avuto ambizioni su questo fronte. A dire il vero, sono sempre entusiasta quando qualcuno reinterpreta i miei capi, che siano personaggi noti o gente comune.

Il pezzo per te iconico del brand?
Faccio fatica a sceglierne uno solamente, Ultimamente, però, ho una passione per le camicie stampate: non toglierei mai quelle della mia ultima primavera/estate. E poi le giacche, con tessuti speciali, stampe particolari, che non mi bastano mai.

Prossimi progetti e sogni che vorresti realizzare?
In primis, essere sempre più libero e indipendente, poter continuare il mio percorso e l’evoluzione del marchio è per me molto importante. Un sogno è quello di aprire al più presto una boutique-atelier, dover poter mostrare ai clienti quello che facciamo, il lavoro che si nasconde dietro la costruzione di un abito, la ricerca delle stampe e tutti i processi che portano al prodotto finito.
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New Balance presenta la collezione Performance ss17

New Balance lancia la nuova linea d’abbigliamento sportivo PERFORMANCE SS17,  studiata per allenarsi in tutta sicurezza e per ottenere le migliori prestazioni nel corso dell’allenamento. I capi sono realizzati con la tecnologia NB ICE, che si attiva a contatto con il sudore, mantenendo il corpo asciutto e fresco anche dopo un lungo allenamento. L’outfit dell’uomo sportivo firmato New Balance, prevede la canotta NB ICE Singlet Print o la t-shirt NB ICE Short Sleeve in tessuto tecnico e inserti mesh, che si asciuga velocemente e ha proprietà anti-odore; Il pantaloncino Accelerate 5in Short con la taschina interna e dettagli catarifrangenti per essere visibili anche nelle ore notturne. Al completo si abbina la Lite Packable Jacket, ripiegabile in tessuto leggero e impermeabile, con inserti catarifrangenti, facile da richiudere e riporre nella taschina che si trova sul petto. L’item più innovativo è senz’altro la Fun Run Vest, totalmente rifrangente, è una giacca smanicata dotata di cappuccio, anti-vento e idrorepellente da piegare in un attimo.
newbalance.com
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LAMBORGHINI (UNUSUAL) SOUND DESIGN

Photo Credit : Lamborghini Milano

Durante la Design Week, nei rinnovati spazi di Lamborghini Milano realizzati in collaborazione con lo studio Archilinea, si è tenuta una performance particolare e inaspettata. Archilinea è stato scelto da Automobili Lamborghini per sviluppare le linee guida del marchio di Sant’Agata Bolognese, nel restyling del nuovo showroom meneghino, futuristico e non convenzionale. Ci accoglie, nell’atrio principale, una Centenario in fibra di carbonio, prodotta in soli quaranta esemplari per commemorare il 100° di Ferruccio Lamborghini. Per chi subisce il fascino di questi bolidi, ammirarne uno a motore spento è come osservare un capolavoro incompleto: quando attraverso la copertura del vano motore s’intravede il cuore pulsante da dodici o dieci cilindri e, con soggezione devota, si guardano i terminali di scarico metallici che ci fissano dritto negli occhi, muti, proviamo l’irrefrenabile desiderio di sentirlo urlare fino alla zona rossa del contagiri. Ci spostiamo nello spazio adiacente, dove troviamo una seducente Huracàn gialla. Ha le portiere aperte verso l’alto e il cofano posteriore sollevato. La mancanza di aeratori ci fa capire che non sarà accesa. Cresce il disappunto, ma notiamo attorno all’auto decine di microfoni e una serie di amplificatori disposti secondo un evidente criterio logico. Entrano quindi in scena tre percussioniste che iniziano, con movimenti lenti e quasi esitanti, a prendere confidenza con i suoni e le risonanze che si creano battendo sulle varie superfici della vettura. Il ritmo è in crescendo e lo scetticismo iniziale cede il posto a una sincera ammirazione. Le ragazze, interpretano la supercar con libertà e armonia, come fosse un pentagramma bianco, emozionando tutti i presenti. Tre donne, una danza ipnotica e uno spettacolo di percussioni improvvisato dove una Lamborghini ha fatto da gran cassa. Con il solo aiuto di bacchette, battenti e delle loro mani nude ci hanno letteralmente ammutoliti. Senza mai accendere il motore. Incredibile.
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Cinecult: l’altro volto della speranza di Aki Kaurismäki

A volte la grande, cruda verità può essere espressa e comunicata con toni poetici senza obbligatoriamente mettere il dito nella piaga o con il pugno nello stomaco. Film di velata denuncia e di critica di costume, ‘L’atro volto della speranza’ diretto dal regista di culto finlandese Aki Kaurismäki, che ha già firmato ‘Miracolo a le Havre’ e che è stato premiato per questa sua pellicola con l’Orso d’Argento come miglior regista all’ultimo Festival del Cinema di Berlino, rappresenta una bella esperienza visiva ed emotiva su un tema delicato, l’immigrazione in Europa dalle zone colpite da devastazioni e conflitti bellici, che affronta con sottile e arguto umorismo e con una vena di commossa solidarietà. La storia del film distribuito da Cinema di Valerio De Paolis si svolge in Finlandia dove Wilkström, commesso viaggiatore e rappresentante di camicie lascia la moglie e abbandona la sua attività per mettersi in proprio e rilevare un locale che da pub tipico del luogo si trasforma a seconda degli umori e delle tendenze in ristorante cinese alla moda e in club folkloristico di tendenza con musica dal vivo. Sulla strada dell’uomo d’affari molto fortunato al gioco si imbatte Khaled, un profugo siriano che si ritrova a Helsinki per caso dopo essersi imbarcato su una carboniera, come esito di lunghe e dolorose peripezie che lo hanno portato a separarsi a malincuore dalla sorella dopo aver perso l’intera famiglia. Khaled viene da Aleppo dove è in corso una guerra e le autorità finlandesi vorrebbero rispedircelo ma grazie a Wilkström che gli offre un lavoro e una prospettiva di sistemazione nella sua terra il rifugiato sembra trovare una dimensione di vita e una speranza. Surreale e poetico, venato a tratti da una struggente malinconia stemperata da una colonna sonora davvero memorabile, il film infrange il cliché secondo il quale i migranti dei paesi del terzo mondo sono solo degli invasori parassiti delle nostre città in cerca di alterne fortune e si prende gioco di tanti stereotipi circolanti sulla figura del rifugiato che dovrebbe godere invece di maggior rispetto e solidarietà umana. Lodevole perché con il sorriso e l’intelligenza riesce nell’intento di portare al pubblico un messaggio di autentica speranza e profonda verità. Dedicato a chi ama il cinema di qualità.
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Cinecult: Withney di Nick Broomfield

“Voglio essere normale” e ancora “ciò che ti cambia è la fama non il successo ma la fama non ti rende felice”. Sono dichiarazioni raccolte in varie interviste rilasciate ai media dalla pop star afro-americana Withney Houston morta sola ad appena 48 anni in una stanza d’albergo di Beverly Hills nel febbraio di 5 anni fa in seguito ad annegamento dovuto a una crisi vascolare legata a un eccessivo consumo di droghe. Comincia proprio dalla morte della cantante e attrice di Newark(New Jersey) il docu-film ‘Withney’ realizzato su commissione della BBC dal regista Nick Broomfield che sarà nelle sale italiane dal 24 al 28 aprile 2017 distribuito da Eagle Pictures. Realizzato con dovizia di materiali, interviste inedite, dettagli sulla vita privata della star e una approfondita ricerca su materiali d’archivio come scene ufficiali e retroscena dei concerti dei tour principali, il docu-film illumina le zone d’ombra della vita privata tormentata della cantante. “Nessuno mi fa fare qualcosa che non voglio fare. È una mia decisione. Quindi il mio più grande demone sono io. Sono il mio miglior amico o il mio peggior nemico” così si espresse Withney Houston in una famosa intervista televisiva rilasciata a Diane Sawyer negli anni’90. Withney Houston non era una persona felice: il suo enorme patrimonio accumulato in anni di successi, quasi 250 milioni di dollari veniva sperperato per soddisfare i desideri di parenti e amici. Cresciuta con solidi valori morali in una famiglia molto religiosa fu spinta al successo dalla madre severissima Cissy Houston che la controllava come una marionetta mentre il padre, con il quale aveva un rapporto profondo, nel periodo in cui lei era più vulnerabile le intentò una causa per ottenere un’indennità di 100 milioni di dollari. Nella sua vita dominata dalle droghe già prima che arrivasse il successo due figure ebbero grande influenza. Da una parte c’era l’amica e confidente Robyn Crawford con cui i media insinuarono che Withney intrattenesse rapporti saffici la qual cosa è un tabù per la comunità black, e che la abbandonò durante la fatidica tournée del 1999. Dall’altra c’era il suo compagno Bobby Brown, anche lui cantante e performer dal quale ebbe una figlia Bobby Cristina che morì poco dopo la madre sempre per problemi legati alla droga. Nemico giurato di Robyn, Bobby tendeva a sminuire e a maltrattare la pop star e in fatto di uso e abuso di droghe aveva instaurato un rapporto di co-dipendenza oltre a tenerla legata a sé con un ricatto emotivo. Fra i due c’era chimica perché venivano entrambi da ambienti molto umili e condividevano la stessa cultura ma Withney non fu mai vista come una rappresentante della musica black. Ai Soul Train Awards negli anni Ottanta Withney venne aspramente criticata perché veniva considerata un’icona pop favorita dai bianchi e la cantante ne fu devastata perché non veniva accettata dalla sua gente mentre Withney adorava cantare nei cori Gospel come faceva da bambina e adolescente. Cugina di Dionne Warwick, esplose a livello mondiale con il film ‘The bodyguard’ che pare fosse ispirato alla figura del maggiordomo e guardia del corpo della star, il quale nel docu-film rivela risvolti piuttosto inquietanti sulla vita più segreta di Withney. Nonostante luci e ombre-andò in overdose di cocaina la prima volta a metà anni’90 durante le riprese del film ‘Donne-Waiting to exhale’, resta il fatto che con il suo sound angelico e con il suo timbro vocale irripetibile Withney Houston ha cambiato la storia della musica spianando la strada a tutte le altre pop star afro americane come Mariah Carey che sono venute dopo di lei. Un vero fenomeno, da non dimenticare e da studiare come fa questo mirabile docu-film.
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Milkman, l’app per non perdere la consegna dei pacchi

“Un servizio completo, customizzabile, fruibile sia dagli eCommerce che dai consumatori”. Si presenta così Milkman, la startup che promette ai suoi utenti di non perdere più la consegna dei propri pacchi.
L’idea – nata nell’autunno 2015 dalle menti di due imprenditori, il 41enne veronese Antonio Perini e il 35enne di Padova Tommaso Baù – è semplice: “Si compra online ciò che si desidera e lo si fa spedire all’indirizzo di Milkman. Appena il pacco viene consegnato presso il magazzino della startup, un sms avvisa l’utente della nuova giacenza. Da quel momento in poi lo shopper può programmare una consegna presso un proprio indirizzo scegliendo il giorno e una fascia oraria tra le 10 e le 22”. Milkman, la cui app è scaricabile gratuitamente da App Store e Google Play, aggiorna gli utenti sugli spostamenti del collo con precisione, segnalando in quale mezz’ora, all’interno della fascia oraria scelta, suonerà il campanello. Sette minuti prima della consegna, un’altra notifica consente di farsi trovare pronti.
I costi? Da un minimo di 2,90€ per una fascia di cinque ore a un massimo di 7,90€ per la fascia più stretta, quella di un’ora. Milkman non è riservato solo ai privati cittadini. “Tra i suoi clienti – ci spiega la squadra – ci sono anche diversi eCommerce. Per le aziende Milkman propone consegne same-day, next-day e a giorno programmabile, tutte con time-windows. Tra le sue offerte ci sono diverse tipologie di sistemi integrati nel checkout al momento dell’acquisto, tra cui widget che permettono di abilitare la consegna, così da definire un appuntamento in linea con le necessità del cliente. A questi menu sono poi associati servizi di comunicazione, via mail o sms, che permettono di ripianificare le consegne e restare sempre aggiornati sulla loro puntualità”.
I numeri della startup, con sede a Milano, sono più che promettenti. Nel periodo di Natale 2016, Milkman ha permesso di realizzare 10mila consegne, con un indice di puntualità del 97,5%. Il servizio è fruibile al momento solo a Milano e zone limitrofe, ma l’idea è di espanderlo ad altre grandi città. “In questi giorni – raccontano dalla startup – abbiamo allargato il servizio della nostra app a Monza e a 38 comuni dell’hinterland milanese. Abbiamo anche aggiunto una mappa che mostra il movimento del furgone in tempo reale negli ultimi sette minuti prima di una consegna”.
L’obiettivo? “Rivoluzionare – concludono – le consegna a domicilio dello shopping online, il cosiddetto “ultimo-miglio”, uno dei punti nodali dell’eCommerce”.
www.milkman.it
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Le Male Eau Fraiche: Superman in stile Gaultier

Le famose fragranze di Jean Paul Gaultier, Classique & Le Male, partecipano a una missione importante con i due super-eroi senza tempo, Wonder Woman e Superman. La bellezza di Superman resta immutata nel tempo nonostante sia classe 1933. Indossando mantellina e stivali è senz’altro il più Gaultier-friendly fra tutti i suoi colleghi dotati di super poteri. Lo stile di Superman è perfetto per la fragranza Le Male, la novità consiste nel grido di battaglia urlato dalla confezioni che contengono il nuovo profumo: “ I love Gaultier”. L’originale Le Male Eau Fraiche interpretato da Nathalie Gracia-Cetto, contiene tracce di ammorbidente per tessuti, note di neroli, segni di menta, per concludere tocchi di salvia, fava tonka, legno di sandalo e vaniglia. É disponibile dal 4 Maggio in profumeria.

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Lee Jeans Tribe, ed è sempre denim

Lee: Arte, stile, innovazione, ma soprattutto denim. Presso il TOM – The Ordinary Market, uno dei locali più in voga del centro milanese, la Lee Jeans Tribe, composta da creativi, influencer, mixologist e barber, ci ha dimostrato quanto lo storico brand di denim abbia in corso una vera e propria rivoluzione. La serata è stata animata da tutta la crew, che ha partecipato attivamente all’evento mettendo a disposizione le proprie arti e reinterpretando il concept del marchio. Gli influencer Carlo Sestini, Roberto De Rosa, Paolo Faccio, Andrea Faccio e Lorenzo Liverani, presenti all’evento e brand ambassador per Lee, hanno scelto di farsi personalizzare una delle tasche del jeans e il retro del giubbotto, con un disegno-porta fortuna realizzato dall’artista Alessandro Malossi che, durante la serata, ha eseguito un live painting su jeans. A accompagnare e animare l’atmosfera è stato il DJ Jing Seng con la sua musica, i raffinati cocktail del mixologist Alessio Guadagnuolo e le abilità del barbiere Gabriele Valente. Media partner del progetto è stato il team di MANINTOWN, che ha realizzato per Lee uno speciale shooting dedicato esclusivamente alla Lee Jeans Tribe e documentato l’evento attraverso i propri canali social. Rimanete sintonizzati con noi per scoprire di più sulle novità Lee e la sua Crew.

www.lee.it
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ONCE IN A LIFETIME: TAHITI

Non c’è nessun altro posto al mondo in cui si senta così forte la presenza di Mana, come sull’isola di Tahiti. Tangibile e intangibile allo stesso tempo, questa forza vitale è lo spirito che circonda, connette e accoglie tutti gli esseri viventi. A dire Tahiti si entra nella sfera del mito e dell’incredibile: incorniciata da maestose cime, l’isola sovrasta l’oceano come una vera regina orgogliosa e non permette alla vita urbana di rovinare lo scenario paradisiaco. Montagne selvagge, vegetazione tropicale, mare che da turchese diventa cristallino, foreste e vita vivace e allegra, soprattutto nella sua capitale, Pape’ete, dove si trova l’aeroporto internazionale. Che sia a Tahiti Nui (grande Tahiti) o a Tahiti Iti (piccola Tahiti), questa perla della Polinesia francese sarà una delle migliori esperienze di viaggio che potrete fare.
Ecco 10 must da non perdere.

OSSERVATE LE BALENE LONTANO DALLE ROTTE PIÙ BATTUTE
La stagione migliore è compresa nei mesi che vanno da luglio a novembre, quando queste Isole Australi diventano il luogo ideale per osservare le balene a pochissima distanza dalla costa, per dare alla luce i loro piccoli.

TRASCORRETE ALMENO 1 NOTTE IN UN BUNGALOW SULL’ACQUA
L’idea è nata proprio qui ed è il massimo del comfort e del lusso lasciarsi cullare dall’acqua, osservare pesci tropicali sotto i pavimenti in vetro e risvegliarsi al profumo di una colazione speciale. Il nostro preferito è The Brando, un resort speciale e dal lusso elegante dell’isola privata di Tetiaroa, poco lontano da Tahiti.

ESPLORATE L’ENTROTERRA DELLE ISOLE
L’entroterra di tutte le isole è ricolmo di tesori da scoprire. Che sia attraverso una visita guidata (con un fuoristrada, un quad o a piedi) o una macchina a noleggio, le valli e i picchi montuosi.

IMMERGETEVI IN UN ACQUARIO NATURALE
Tahiti e le sue isole sono tra le mete migliori per i sub più appassionati: la barriera corallina e l’ampissima varietà di pesci fanno sì che queste acque siano definite la Mecca dei subacquei.

ASSAPORATE PESCE MARINATO CON LATTE DI COCCO
Passa sempre tutto dal cibo e nessuna visita a Tahiti può dirsi completa senza un assaggio delle specialità locali: tonno crudo marinato con lime e verdure a cubetti, irrorato di latte di cocco appena raccolto. Questa specialità si può trovare alle tavole calde e ai ristoranti, ma anche dai venditori ambulanti.

VISITATE IL MERCATO DI PAPE’ETE
È il cuore pulsante della capitale e per viverlo prima che si riempia di gente, il momento migliore sono le 4,00 di mattina della domenica. Poi bancarelle di frutta, verdura, pesce, fiori, ma anche artigianato trasformano tutta l’atmosfera.

FARE UNA BREVE ESCURSIONE A MOOREA, L’ISOLA GEMELLA DI TAHITI
Situata a 17 km da Pape’ete, è raggiungibile in traghetto, in appena 40 minuti. È l’isola con minore densità abitativa e offre un panorama incontaminato. È possibile limitarsi a una visita in giornata, ma per esplorarla al meglio è necessario trattenersi un po’ di più.

VISITARE UN ATOLLO NELLE ISOLE TUAMOTU
Mettere piede su un atollo è un’esperienza indimenticabile. Gli atolli più frequentati dai turisti sono Rangiroa, Fakarava e Tikehau, ognuno dei quali mette a disposizione hotel di fama internazionale. Altri atolli meno conosciuti, invece, sono dotati di pensioni a conduzione familiare, che offrono ai visitatori un caldo benvenuto.

VISITARE UN MARAE
Reperibili sulla maggior parte delle isole, questi reperti archeologici sono la testimonianza dell’organizzazione della società polinesiana prima dell’arrivo dei missionari nel XVIII secolo. I complessi archeologici più importanti si trovano a Raiatea (dove si può ammirare un marae famoso in tutto il mondo), Huahine e nelle Isole Marchesi.

ASSISTERE A UNA DANZA POLINESIANA
Proibita dai missionari, oggi la danza è profondamente radicata. La festa annuale del Heiva i Tahiti, che si tiene nel mese di luglio, è un’occasione perfetta per ammirare l’esibizione di alcuni dei professionisti più rinomati e delle scuole di danza più prestigiose.

www.tahiti-tourisme.it

thebrando.com

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Nike Air Sock Racer Ultra Flyknit: Still crazy!

Dal 1986 a oggi hanno percorso molta strada: le tradizionali scarpe da maratona Nike Air Sock Racer, che hanno anticipato molte innovazioni Nike, si arricchiscono ulteriormente della tecnologia Flyknit, per la prima volta utilizzata nella tomaia, che conferisce una maggiore traspirabilità e una migliore calzata. Comfort e performance caratterizzano da sempre la scarpa con chiusure in fibbia, ora disponibile in nuove varianti di colore, oltre al classico e audace abbinamento giallo e nero. Trentuno anni fa il designer Bruce Kilgore abbinò una suola di schiuma di poliuretano a una intersuola Nike con air bag a tutta lunghezza per conferire maggiore comodità, senza intaccare la prestazione. Rispetto alla versione originale, la nuova Nike Air Sock Racer Ultra Flyknit possiede una suola Nike Ultra più leggera, composta di foam a doppia densità e da una struttura che si ispira a Nike Free con modulo air incapsulato e inserito dall’alto nella parte superiore del tallone. Una scarpa “Still crazy” tutta da provare (di corsa!).

www.nike.com

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JEANS DIPINTI DAL TEMPO

Christian Sbergo e Diego Gualdoni

Il jeans va vissuto. E il risultato può essere sorprendente, tanto da diventarne una mostra: è quello che è successo con Denim at work, l’inedito progetto di Candiani Denim, brand storico nato in provincia di Milano, che ha fatto indossare a otto dipendenti i jeans realizzati con le tele più performanti del marchio in termini di elasticità e resistenza, senza mai lavarli per sei mesi. Il tempo, il mestiere e l’utilizzo quotidiano hanno alterato in modo unico e speciale ciascun paio, che porta il segno visibile e soggettivo di chi lo ha indossato incessantemente. L’alterazione della tela avviene, così, in modo naturale, libero e non controllato in modo artificiale e artificioso. In particolare, i due tessuti utilizzati sono stati il SIOUX PRESHRUNK e lo YESTERDAY GLASS, entrambi stretch ed estremamente confortevoli. Il progetto ridefinisce l’heritage di Candiani Denim, che pone al centro degli scatti persone reali con look autentici e veri che rispettano i capisaldi su cui da sempre si fonda il marchio: innovazione, sostenibilità e l’eccellenza del Made in Italy apprezzata in tutto il mondo.

candianidenim.it

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“All black for Spring” by Ention Sulo

Styling Luca Termine
Grooming: Giorgia Venturino
assistente fotografo: Paolo Scassa
Model: Paul @Dmanagment

TILDA SWINTON ICONA DEL DUALISMO DI GENERE

A prima vista colpisce la sua bellezza ambivalente, espressione di un dualismo che non scende a compromessi con i trend del momento, ma rimane come sospeso in una dimensione eterea. Grazie al suo fascino ambiguo e al suo stile androgino, Tilda Swinton ha potuto interpretare i ruoli più svariati, diventando icona di uno stile fluido, sfuggente a qualsiasi rigida definizione di genere. La complementarità e l’opposizione che caratterizzano l’essere umano nel profondo sono portati alla loro massima espressione in tutti i personaggi impersonati dalla  camaleontica attrice scozzese e il suo dualismo costituisce il filo conduttore di tutta la carriera artistica, diventandone il carattere distintivo. Emblematico, in tal senso, il ruolo in Orlando, film del 1992 diretto da Sally Potter e tratto dall’omonimo romanzo di Virginia Woolf, che le è valso un David di Donatello come miglior attrice straniera. In questa pellicola la Swinton interpreta Orlando, un giovane nobile inglese che ha ricevuto l’ordine dalla regina di non invecchiare mai e pertanto viaggia attraverso i secoli, provando le esperienze più disparate, fino alla decisione di cambiare sesso. Magnetica nella sua originalità, Tilda Swinton oscilla naturalmente tra il suo distintivo stile androgino e uno più glamour, tanto da essere scelta nel 2013 come testimonial dalla Maison Chanel per interpretare l’immagine perfetta della donna contemporanea, libera, spontanea, di un’eleganza senza tempo. Artista eclettica, oltre al cinema, ama partecipare a progetti sperimentali e a cimentarsi in performance innovative e d’avanguardia. Infatti, recentemente, Tilda ha collaborato con il brand coreano di occhiali Gentle Monster, per il quale ha ideato dei modelli dalle silhouette semplici e dal design minimal, che compaiono nello short film diretto da Erik Madigan, dal titolo The Mirror Stage. L’attrice ha dato prova, ancora una volta, della sua peculiare capacità di interpretare ruoli dalla duplice chiave di lettura: il progetto è un adattamento del film Il settimo sigillo, del regista Ingmar Bergman, in cui Swinton impersona sia il Cavaliere sia la Morte, sfidando se stessa a duello attraverso un’insolita partita di scacchi. Il gioco di specchi e di rimandi si riflette nelle lenti specchiate degli occhiali, misteriosi e dalle linee fluide. La campagna presenta una collezione esclusiva che celebra lo slancio creativo ed esalta gli spiriti forti e indipendenti.
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Premio Carmignac di Fotogiornalismo

©Narciso Contreras for the Fondation Carmignac

Non è facile vedere a Milano, nella sede storica e istituzionale di Palazzo Reale, un progetto fotografico così forte e drammaticamente attuale, come quello firmato da Narciso Contreras Libya: A Human Marketplace. Si tratta del reportage incentrato sul traffico di esseri umani, che il fotografo documentarista messicano è riuscito a realizzare nell’arco del 2016, dopo aver vinto il Prix Carmignac, premio di fotogiornalismo di grande importanza internazionale, ideato e promosso dalla Fondation Carmignac.
Contreras, dalla poetica dura e decisa nei suoi scatti, ha voluto concentrare tutto il suo lavoro sulla brutale realtà della tratta di schiavi ai confini della Libia post-Gheddafi, mettendo in luce una vera e propria crisi umanitaria che vede migranti, rifugiati e richiedenti asilo ritrovarsi in balia delle milizie, che li sfruttano a fini commerciali ed economici. Il Prix Carmignac di fotogiornalismo ha lo scopo di sostenere, ogni anno, un reportage fotografico e giornalistico d’inchiesta sulle violazioni dei diritti umani e della libertà d’espressione nel mondo, mettendo a disposizione un fondo di 50.000€.
La mostra è già stata ospitata all’Hôtel de l’Industrie, nel cuore di Saint-Germain-des-Prés a Parigi e, subito dopo Milano, partirà per Londra, alla Saatchi Gallery.

www.palazzorealemilano.it
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NEW ERA LANCIA LA COLLEZIONE WEST COAST

New Era, per la nuova collezione estiva 2017, propone una nuova versione dei suoi modelli iconici ispirati alla California e alle più celebri squadre della Major League di Baseball locali. La collezione West Coast percorre il tradizionale viaggio americano “on the road”  attraverso la California, dalle spiagge bianche alle catene montuose, alle distese del Pacifico. L’avventura inizia nella costa settentrionale di San Francisco, facendo tappa in tre regioni, tutte interpretate da stampe esclusive. San Francisco è rappresentata dagli storici SF Giants, vincitori di numerose partire e i più affermati nella storia del baseball. Metropoli nota per la sua atmosfera rilassata, la “Città sulla baia” è rappresentata da una versione 9FIFTY snapback con visiera a contrasto e da un 9FORTY in cotone lavato, entrambi presentano i colori del team. Scendendo verso sud, Los Angeles, è la prossima tappa lungo la West Coast. Patria di Hollywood,  questo polo d’attrazione globale vive di diversità e vanta vallate note a tutto il mondo. Qui, senza dubbio, la squadra di baseball scelta è quella dei LA Dodgers, che viene celebrata con una stampa d’atmosfera, con un motivo di palme, sulla visiera del 9FIFTY  snapback e del 9FORTY trucker. L’ultima tappa del tour nella Collezione West Coast è San Diego, definita “la città più bella d’America”, ospita una costa paradisiaca, nonché patria dei Padres. Fedele alle origini, San Diego è rappresentata da una stampa ispirata ai nativi americani,  in un’esplosione di colori sulla visiera a contrasto dello snapback e del trucker, mentre una versione dalle colorazioni più tenue  presenta berretti in cotone lavato con il logo della Padres.
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JAGUAR I-PACE Concept: il futuro scende in strada

JAGUAR I-PACE Concept, l’auto del futuro è già arrivata. Jaguar ha provato in strada il suo primo veicolo elettrico presso il famoso Olympic Park di Londra. Il suv dalle alte prestazioni è un’anteprima del modello finale che sarà presentato alla fine del 2017 e su strata nella seconda metà del 2018. Ian Callum, Jaguar Director of Design, entusiasta del progetto: “Abbiamo infranto tutte le regole per creare un veicolo con un look da supercar, prestazioni sportive e la versatilità di un SUV”. Infatti grazie alla sua batteria agli ioni di litio da 90 kWh, I-PACE sarà performante sulla lunga distanza, è in grado di accelerare da 0 a 100 km/h in circa 4 secondi e ha un’autonomia di oltre 500 km. I leggeri motori elettrici negli assali anteriori e posteriori generano una potenza combinata di 400 CV e 700 Nm di coppia e offrono tutti i vantaggi della trazione integrale in ogni condizione climatica. I-PACE offrirà anche agilità, comfort di guida e raffinatezza autentici, qualità immancabili delle autovetture  Jaguar.
www.jaguar.it
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FARFETCH E GUCCI: STORE TO DOOR IN 90 MINUTES

Farfetch inaugura un’esclusiva collaborazione con Gucci per lanciare Store to Door in 90 minutes e svela alcuni dettagli della loro idea sul nuovo Store of the Future. La partnership permetterà ai clienti di acquistare da un’accurata selezione di items Gucci attraverso il sito web e l’app Farfetch e di ricevere l’ordine effettuato in soli 90 minuti. Il concetto dello Store of the Future è presentato da Huawei al FarfetchOS, una conferenza tenuta per i brand e i retailers di lusso. Questa idea di commercio è la parte finale della realtà aumentata del retail, per collegare i mondi online e offline, usando informazioni che migliorano l’esperienza del cliente, rendendola unica. Lo Store of the Future  realizzerà soluzioni tecnologiche per ogni brand, città, negozio, umanizzano l’esperienza della vendita, consegnando servizi di personalizzazione ai clienti e mettendo il personale del negozio nelle condizioni di poter svolgere il loro ruolo nel miglior modo possibile. Una versione BETA di questo negozio del futuro sarà presentata alla conferenza, dimostrando come la tecnologia può garantire notevoli vantaggi ai marchi e ai rispettivi venditori. Quest’anno le tecnologie SOF saranno lanciate al Browns, insieme al flagship Thom Browns store a New York.
farfetch.com
gucci.com
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“UN BOSCO PER ROMA”: GLI ALBERI DIALOGANO CON LA CAPITALE

Corre il rischio di spezzarsi il legame vitale fra l’uomo e gli alberi. Perché spesso ci dimentichiamo di quanto siano preziose queste piante, che ci donano ossigeno, frutti, legno con cui scaldarci e ombra per ripararci, mentre noi le releghiamo a svolgere una funzione meramente decorativa e non necessaria alla sopravvivenza. Invece la vita dell’essere umano è sempre legata a doppio filo con quella degli alberi. Per questo prende vita il progetto “Un Bosco per Roma” – co-prodotto dal Festival del Verde e del Paesaggio e dalla Fondazione Musica per Roma – che, dai primi di maggio 2017, regala alla capitale un’autentica foresta urbana, collocata nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, progettato dall’architetto Renzo Piano, ricordando l’importanza non solo funzionale, ma anche sociale degli alberi. Il teatro all’aperto sarà popolato da oltre cento esemplari di alberi autoctoni, intervallati da radure di tappeto erboso, come piccole oasi per far riposare i visitatori. Un’esperienza emozionale e coinvolgente aperta a tutti e gratuita, per far riscoprire i molteplici ruoli assolti dagli alberi, dall’attenuazione dell’inquinamento fino a tutte le implicazioni didattiche e sociali. Un’immersione nei colori, suoni e odori della Natura, in dialogo armonico con le sovrastrutture architettoniche dell’urbe, in cui i visitatori, adulti e bambini, sono protagonisti. I visitatori sono chiamati a vivere l’esperienza sensoriale in modo interattivo, suggerendo possibili soluzioni per un miglioramento concreto della città, secondo le esigenze ecologiche e ambientali. È un’occasione importante, che stimola il dibattito, sempre più impellente, sui compromessi tra sviluppo, innovazione urbanistica e rispetto della qualità della vita. L’installazione boschiva anticipa, di fatto, la VII edizione del Festival del Verde e del Paesaggio, la Green Expo di maggior prestigio in Italia, in programma dal 19 al 21 maggio prossimi Parco della Musica di Roma. Sono tre giornate dedicate completamente alla promozione e salvaguardia del “verde” in tutte le sue declinazioni, quest’anno con un focus particolare sul fiore per eccellenza, la rosa. La rassegna è un incubatore d’idee e progetti di architetti, esperti, appassionati e di artigiani, completato da un programma che dà spazio anche a manifestazioni artistiche e musicali.
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burberry presenta Mr. burberry Eau de parfum

Calda, sensuale, legnosa. Burberry presenta la nuova fragranza Mr. Burberry Eau de parfum ispirata alla movimentata vita notturna londinese. La nuova campagna vede come protagonista l’attore britannico Joe Whitehouse.  Nel profumo vi sono fresche e aromatiche note di testa di dragoncello e cannellaspeziata, accolte in un cuore di patchouli, che si adagia su un letto robusto di ambra e smokey river. Il flacone è stato realizzato riprendendo i dettagli del classico Trench Coat nero per uomo, il tappo richiama i bottoni del capo, mentre il nodo legato a mano che avvolge il collo della bottiglia è in gabardine, l’iconico tessuto inventato da Thomas Burberry. Infine, la grooming line si completa di tre nuovi prodotti, Aftershave bath, Face Scrub e Hair and Beard Clay, tutti profumati con le delicate note di Mr. Burberry.
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Cinecult: Ghost in the shell di Rupert Sanders

Vertiginoso e ipervisivo l’attesissimo ‘Ghost in the shell’ diretto da Rupert Sanders e distribuito da Universal Pictures International Italia non è solo un film sci-fi in 3D ben costruito, carico di tensione e di romanticismo, ma è anche uno spietato atto d’accusa contro i rischi della tecnocrazia e della robotica che sempre più prospettano ipotesi realistiche e inquietanti di convivenza fra uomini e macchine. In un futuro non troppo lontano, il Maggiore Mira (Scarlett Johansson) è il primo essere del suo genere: un’umana salvata da un terribile incidente e modificata ciberneticamente con il contributo di una dottoressa piena di dubbi (Juliette Binoche) allo scopo di ottenere il soldato perfetto, il cui compito è quello di fermare i criminali più pericolosi del mondo. Il suo corpo è integralmente rifatto in laboratorio ma il suo cervello e la sua anima sono vivi e veri. Quado il terrorismo cyber raggiunge un nuovo livello che prevede la capacità di penetrare nelle menti delle persone e controllarle ad opera del temibile Kuze, il Maggiore diventa l’essere più qualificato per contrastarlo. Mentre si prepara ad affrontare un nuovo nemico, il Maggiore scopre però che le hanno mentito: la sua vita non è stata salvata, le è stata rubata così come i suoi ricordi. Fuggita da casa per inseguire i suoi ideali è rimasta vittima degli esperimenti di una grossa azienda che macina fatturati sulla cibernetica e sullo sfruttamento delle opportunità derivanti dalle nuove frontiere fra uomo e macchina. Dopo la sua scoperta Mira non si fermerà davanti a nulla pur di recuperare il proprio passato, scoprire chi le ha fatto ciò e riuscire a bloccarlo prima che possa fare la stessa cosa ad altri. Tratto dal famoso manga della Kodansha Comics scritto e illustrato da Shirow Masamune, il film basato sull’algida carnalità e la corporeità diafana e cristallina della Johansson affiancata nel cast da Michael Pitt e Takeshi Kitano oltre che dalla già citata Juliette Binoche, la dottoressa ‘pentita’ di ciò che ha fatto a Mira, è per citare la produzione, una ‘parabola sui pericoli della tecnologia che solleva questioni filosofiche interessanti legate ad un ambiente futuristico, ma altrettanto rilevanti per il mondo contemporaneo. Esplora ciò che ci definisce come individui – la nostra storia messa a confronto con le nostre azioni. E riesce a fare tutto questo, nell’ambito di un grande film d’azione molto travolgente’. In realtà il film, caratterizzato da immagini epiche, potenti e d’impatto secondo lo stile narrativo tipico dei manga, è molto trasversale e attraversa vari generi: dal thriller alla fantascienza, dal drammatico al poliziesco. Girato fra la Nuova Zelanda e Hong Kong il film sembra ambientato in una Tokyo del futuro. In attesa di vedere il nuovo film su Lara Croft con Alicia Vikander la Johansson recita con grande disinvoltura nel suo ruolo di guerriera sexy cyber un po’ androgina, con la benedizione di Steven Spielberg che ha scoperto la storia grazie alla figlia nel 2008, lo stesso anno in cui ha acquisito i diritti cinematografici insieme alla Dreamworks per realizzare un adattamento live action del manga di Masamune Shirow.
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GioPagani: celebrazione del design senza fine

Nel Brera Design district di Milano, ha aperto la Maison GioPagani  che ha presentato la nuova collezione in occasione della Milano Design Week 2017. Nei 600 metri di spazio espositivo la creatività e l’eleganza accolgono il visitatore, accompagnate dall’attenzione verso la componente materica che tanto soddisfa le esigenze della vita contemporanea. Senza Fine, una nuova capsule collection dai colori ricercati, segna l’inizio di un viaggio di bellezza, emozione e, naturalmente… stile GioPagani. La filosofia della Maison è “Reinterpretare forme vestendole di materia e colore”. I materiali molteplici si sposano in varie combinazioni e interpretazioni per attirare l’attenzione del visitatore e trasmettere emozioni indelebili, possibilità “Senza Fine”, desiderio di giocare con i colori senza mai tralasciare sensibilità e design. Quest’anno, inoltre, il brand GioPagani propone la sua prima collezione di luci. Due capsule Illogica Allegria e Eclat d’Eau, propongono lampade da terra, da soffitto, da parete, da tavolo, tutte prodotte con la tecnica del vetro soffiato a Murano, unite a metallo in ottone, rame e pigmento nero. I colori variano da un ambra intenso, acquamare, bianco sfumato, nuances che permettono una illuminazione non predominante ma creano un equilibrio estetico tipico della filosofia della maison GioPagani.
giopagani.com
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SIMONE RUGIATI: LO CHEF “FUNZIONALE” MULTITASKING

Difficile presentare l’eclettico Simone Rugiati. Chef toscano, personaggio televisivo, presentatore, autore di libri, proprietario del Foodloft, ideatore di una linea di giacche da chef funzionali e anche uno dei cinque chef europei di alto profilo partner dell’agenzia dell’ONU World Food Programme. Grazie al suo carattere esuberante e alla sua immediata spontaneità è riuscito a diffondere la sua idea di cucina genuina in tutte le case italiane, conquistando un pubblico ampio ed eterogeneo, dai giovani agli adulti. MANINTOWN lo ha incontrato nella sua Factory House, una location dinamica che ha ospitato la speciale cena gourmet organizzata da StarCasinò: due fortunati vincitori al torneo di slot machine hanno donato ai loro cari una serata esclusiva in compagnia dello chef, con cui si sono divertiti a ultimare la preparazione del menu ispirato alla Festa della Donna, ai colori vivaci e alla consistenza granulosa delle mimose.

Come definiresti il tuo stile in cucina? E quello che ti caratterizza nella vita di tutti i giorni?
Una cosa in comune in entrambi i casi è la materia prima. Sono una persona che prima di tutto guarda alla sostanza. Certo, mi piace anche l’effimero, come viziarmi con alcune cose di cui sono appassionato, per esempio da piccolo non potevo permettermi l’attrezzatura da pesca “figa”, mentre ora, durante i miei viaggi tropicali, vado a comprare le mie attrezzature strafighe. Prima del vezzo, però, sono concreto e punto sulla sostanza. Non guardo la marca, ma la funzionalità e la concretezza. È quello che cerco anche nei collaboratori, in coloro con cui posso aprirmi o raccontarmi di più. Quando trovo questa peculiarità do tantissima fiducia, anche a costo di sbagliare. Questo è un po’ il mio motto. Della moda in cucina mi è sempre importato il giusto e l’ho sempre dimostrato. Siamo in Italia, dovremmo cercare di non andare dietro alle mode, ma di dettare la tradizione, rivisitata con la tecnologia, la conoscenza, la cultura del cibo. Quando il cibo, invece, si fa effimero e manca la sostanza, allora diventa un brutto segno, perché noi siamo quello che mangiamo. Con i vestiti, invece, sono più lunatico. Magari i giorni in cui ho degli appuntamenti mi presento con un felpone e le Nike, perché ho lavorato come un matto il giorno prima e voglio star comodo. Non me ne vergogno, perché sono così. Invece il giorno dopo vado con l’abito, perché è il mio giorno libero e non devo correre da una parte all’altra e posso vestirmi bene.

Per ogni tipologia di donna esiste un piatto che la può identificare?
Per tante tipologie di donna esistono tante cose diverse ogni giorno, quindi, ormai, definire una cosa che possa piacere a una donna diventa veramente difficile. Secondo me non esiste un ingrediente afrodisiaco. Credo che una persona venga colpita da tanti fattori quando qualcuno cucina per lei. Sto parlando di un rapporto a due, non tra cliente e chef, ma tra un uomo e una donna. Non è importante il ristorante, la stella o il vino se quello che c’è dietro, l’amore, si sta sempre più perdendo.

Qual è la tua maggiore fonte di ispirazione?
Ho avuto la grande fortuna di lavorare a Parma, anni fa, con tantissimi chef nazionali e internazionali, provenienti da paesi limitrofi, che portavano le loro nuove tecniche e i loro ingredienti. Venivano ogni settimana da tutte le regioni d’Italia e io ero il loro assistente di cucina, per una rivista che promuoveva giovani ristoratori. Ho avuto una contaminazione incredibile negli anni. Ho mantenuto i rapporti, il sapore, ho fatto una sorta di esame tra quello che conoscevo, tra piccole eccellenze locali, che ricordavo, schematizzavo. Così ho imparato che la cucina non è più regionale e se ho bisogno del sapore salino del cappero, so che il migliore proviene da un posto in Pantelleria o da Vulcano, ad esempio. Quando si lavora con una materia prima buona non si deve guardare solo da dove proviene, è sufficiente che provenga da posti sani e giusti e che abbia l’eccellenza dentro. Anche quando mi chiedono quale olio uso, non posso rispondere con un tipo soltanto, non sarei uno chef.

Come si sviluppa il processo creativo del tuo lavoro?
A volte non so nemmeno io come nascono i miei piatti. Mi invento delle robe strane. Qui accanto, dove stocco le cose per uscire con il catering, mi piacerebbe aprire un piccolo laboratorio con delle vernici, perché a volte mi vengono in mente delle idee per allestire gli spazi, però dipende dai momenti, dagli sfoghi, dai tempi. L’ispirazione arriva così, da quello che vedo, dai viaggi, a volte da una frase.

Nel 2014 hai lanciato la tua linea di giacche da chef, è il primo passo per una linea di moda?
In realtà non l’abbiamo ancora lanciata, l’abbiamo realizzata perché ho un problema: viaggiando di continuo ho le giacche che si stropicciano solo a guardarle (è la maledizione delle giacche da chef!), anche avvolte nella pellicola, nei porta giacche. Poi a volte non sono comode, ma rigide, impediscono di compiere certi movimenti. Volevo una giacca che fosse elastica, comoda, che non avesse bottoni (che si possono perdere) e che avesse una cerniera e delle tasche per tenere il cellulare, le penne, e delle maniche che, mentre lavoro, si possono arrotolare facilmente. Però non le ho ancora lanciate, perché prima voglio vedere se sono comode. Girando di continuo, vedo quello che è più funzionale, prima per me viene la praticità, il pragmatismo. Prima di fare business bisogna porsi un obiettivo e assicurarsi di fare i passi giusti per raggiungerlo bene, con basi solide, un passo dopo l’altro. È un principio che vale per tutto.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Comprare terra, organizzare laboratori con bambini, spiegare loro cosa sono le verdure, con gli immigrati, i ragazzi disabili, i ragazzi che devono essere reinseriti per piccoli crimini, le associazioni che possono essere controllate, per reinserirle e fargli spiegare dai vecchi, che ormai nessuno più ascolta, come portare avanti una terra. Ormai tanti giovani si riavvicinano alla terra perché c’è poco lavoro, ma non sanno come fare le cose per bene e si fanno imbrogliare dalle industrie chimiche. È sempre più difficile trovare prodotti buoni, per questo aprirò un ristorante solo quando potrò controllare dal seme al piatto finale. Sarebbe fantastico rimangiare le zucchine quelle brutte, storte ma buone, non queste che ci sono adesso. Quindi intendo investire in terreni, sto organizzando una task force pazzesca. Tutto il prossimo anno lo dedicherò a convogliare, consorziare dei piccoli produttori; voglio dare modo a tutte le micro aziende di far sentire la differenza e magari rendere queste pietanze prelavorate, precotte, rese più fruibili, perché anche la catalogna più bella del mondo, se è piena di terriccio, a casa non la pulisce nessuno. Questo è il mio sogno, far tornare le persone alla terra. Credo tanto in questo progetto e sto investendo tutto nell’agricoltura, nel bio, nell’autosufficienza energetica. Questo è il mio progetto per i prossimi due anni.

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Il Detox benefico dell’armadio di Filippa Lagerback su ebay

La primavera è il periodo dell’anno perfetto per fare il cambio dell’armadio e per liberarsi di capi e accessori che non sono più di nostro gradimento. C’è chi lo fa per ricavarne spazio, chi per guadagnare o chi, come Filippa Lagerback, per beneficenza. Infatti, la conduttrice televisiva ha organizzato un Detox del Guardaroba con Ebay, il cui ricavato sarà devoluto a favore di CBM Italia Onlus. Fino al 19 Aprile si terranno, sulla famosa piattaforma, delle aste di beneficenza con 10 pezzi selezionati con cura dall’armadio della showgirl, che i più generosi potranno acquistare con un’offerta a partire da 1 euro. «In questo modo – spiega Filippa – i capi prendono nuova vita. I pezzi che ho amato possono essere amati anche da qualcun altro e nello stesso tempo si fa beneficenza». Inoltre, da questa collaborazione con l’e-commerce, è nata una Guida al Detox del proprio armadio, organizzata in 6 punti, ideale per affrontare nel migliore dei modi il fatidico cambio di guardaroba. La guida consiglia di passare in rassegna il proprio armadio, scartare i pezzi superflui, scattare foto interessanti dei prodotti e infine creare un’inserzione su Ebay, così da realizzare un piccolo guadagno, con cui fare ciò che si desidera, realizzare un piccolo sogno o farne beneficenza, come fa Filippa, sperando che il suo esempio sia seguito da molti. «Lo scopo di questa iniziativa – racconta la conduttrice – è di incentivare gli altri a fare altrettanto, anche con oggetti o pezzi d’arredo e non solo con i capi d’abbigliamento».
ebay.it
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L’arte incontra la moda al Basel Hong Kong

Fondato 5 anni fa, Art basel Hong Kong, la più giovane fiera sotto la bandiera di Basel, è definitvamente cresciuta. La selezione delle gallerie partecipanti è aumentata così come le sofisticate opere d’arte in mostra che hanno attirato questa volta 80,000 visitatori. L’apertura della mostra e le feste sono state affollate da jetsetters provenienti da tutto il monto, affluiti per partecipare alla miriade di eventi sociali.  Vendite straordinarie con una grande risposta da parte dei colezzionisti asiatici, includendo quelli dalla Korea, dalla Cina, da Hong Kong e dal Giappone, assicurando a Hong Kong Art Basel una posizione di rilievo come punto  di osservazione sul palco dell’arte globale.

Con una storia permeata di commercio, priva di un patrimonio artistico, è difficile immaginare  un posto che sia legato all’economia più di Hong Kong. Mentre la fiera  sta costruendo la sua fama all’interno del mondo dell’arte conservativa, l’identità della scena artistica di Hong Kong è sempre più connessa alla moda. Questa corrente meno creativa è ciò che rende Art Basel unica, differenziandola dalle altre fiere dell’arte. L’azione dei brand di lusso e dei retailers va oltre la semplice attività promozionale, punta a dare al pubblico una reale visione del creativo mondo degli stilisti, mentre crea un miscuglio dei due settori.

In questo contesto il flagship store di Joyce Boutique su Queen’s Road Central ha dato  carte blanche al Gazelli Art House Gallery, che ha trasformato lo spazio dell’iconico negozio attraverso una serie di mostre pop-up presentando artisti selezionati dall’ecclettica offerta di talenti internazionali a cura di Gazelli, includendo artisti pop e fashion designers come Philip Colbert, Charlotte Colbert, Mila Askarova tra gli altri. Anche lo Shanghai Tang Mansion è stato rinnovato, in qualità di artista Kirk Cheng lo ha trasformato in un giardino ispirato a Suzhou grazie a una notevole istallazione floreale.

Christian Louboutin ha collaborato con CJ Hendry, artista australiana con base a New York,  che ha debuttato la sua prima mostra d’arte , ‘Complimentary Colors’, in Asia in occasione della settimana di Basel. Molto nota per i suoi disegni iper-realistici e monocromatici realizzati a penna, l’artista ha utilizzato i colori per la prima volta, rappresentandoli con un’interpretazione di alto livello, mesmerizzando disegni realizzati con pittura a olio denso in diverse colorazioni, rendendo omaggio alla famosa suola rossa di Christian Louboutin.

Per esprimere l’universo incredibilmente ricco ed ecletticamente creativo di Alessandro Michele, Gucci ha invitato Dan Thawley, Editor-in Chief di ‘A MAGAZINE curated by’, per presentare una mostra multimediale. L’esibizione ha dato una nuova profondità al contenuto  presentato nell’ultima edizione di A Magazine, curata da Michele, che ha celebrato il lavoro del fotografo e la musa Petra Collins, la quale  ha anche un’importante sezione all’interno della rivista. Avendo la struttura di una trilogia, la mostra è stata presentata in anteprima ad Hong Kong dal 22 al 26 Marzo e sarà in esposizione a Pechino e Taipei.

Segnando le Itch Series del suo progetto ‘ Fusing Art with Fashion’,  il designer di calzature inglese R. Sanderson ha messo in mostra la sua ultima collezione di scarpe Shadow II, che era stata presenta insieme a un portfolio completo delle Shadows di Andy Warhol, in esposizione a Hong Kong.

Ultimo ma non meno importante, il brand di nicchia e di lusso Cherevichkiotvichki ha istallato una scultura di  grandezza  naturale all’interno di INK, concept store all’avanguardia, che si trova a Causeway Bay.  Victoria Andrejeva e la squadra di  Cherevitchkiotvichki hanno creato una figura gigante con la forma di un corpo femminile, usando pezzi di tessuti della scorsa collezione, che cuciti a mano insieme creano uno strato di pelle in patchwork.  Andrejeva ha speso tre giorni nel negozio per dare il tocco finale al capolavoro, permettendo ai clienti di dare un’occhiata all’orginale universo di Cherevichkiotvichki. La scultura, intitolata A Toppled Anatomy, incarna l’idea di una femminilità primitiva, potente e delicata allo stesso tempo, quintessenza dell’identità del brand Cherevichkiotvichki.
artbasel.com
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DESIGN WEEK: CITROËN C4 CACTUS UNEXPECTED BY GUFRAM

Nel Tortona Design District, è stata esposta la nuova concept car C4 Cactus Unexpected by Gufram in occasione del Fuorisalone presso lo Spazio Quattrocento di Via Tortona 31. L’idea di un’auto che non passa inosservata è frutto del genio creativo di due marchi protagonisti della storia del design: Citroën e Gufram. Da un lato, Citroen che, coerente con la sua politica del Be Different aveva già presentato l’Unconventional Crossover con gli Airbump. Dall’altro Gufram, marchio che si è sempre distinto per i suoi progetti non convenzionali e iconici. Il crossover presentato nella settimana milanese del design è stato reinterpretato in modo unico, gli Airbump sono stati realizzati con il texture in morbido poliuterano del Cactus® di Gufram, scultura rifinita a mano in Guflac, uno speciale brevetto. Non a caso, il dialogo creativo tra le due case nasce dall’omonimia tra il nome dell’auto francese e quello dell’icona di arredo del marchio italiano, Cactus®. Per realizzare la superficie dell’auto è stato utilizzato il clay, un materiale duttile, su tutta la concavità degli Airbump, come se fosse una scultura. Infine è stato applicato uno strato di Guflac per mantenere la morbidezza del materiale. Il tocco finale è dato dalla tinta della carrozzeria, che è sfumata gradualmente dal verde lime all’arancione nella parte del cofano, celebrando il Metacactus di Gufram del 2012. Anche gli interni della vettura presentano uno stile originale, i sedili e i pannelli sono rivestiti con un tessuto in microfibra per richiamare le nuances dell’esterno. Inoltre, il tessuto è trapuntato con cerchi concentrici e impunture arancioni. L’allestimento di Spazio Quattrocento ricrea l’atmosfera di un deserto non convenzionale, infatti la porta di ingresso rappresenta l’accesso a una realtà parallela di forte impatto visivo per i visitatori. Al centro si trova la Citroën C4 Cactus Unexpected by Gufram, che spicca grazie a fasci di luce bianca e decisa, accompagnata da altri elementi di arredamento Gufram come le panche Summertime e le nuove poltrone Feel Good, che contribuiscono a realizzare una delle promesse mantenute da Citroën. Per finire, la scultura “I feel Citroën” in legno gonfiabile, campeggia all’ingresso dell’esposizione, evocando la vita, il soffio e la traspirazione di cui la casa automobilistica  è stata sempre portavoce nel corso della sua storia.
citroen.it
gufram.it
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Oki Sato incontra Panerai

In occasione del Salone del Mobile e del collaterale e consueto Fuori Salone, Officine Panerai mette in scena il tempo relativo di Oki Sato, in arte nendo. L’installazione a Palazzo Visconti mostra il progetto ispirato alla concezione del tempo sviluppata dal famoso designer e architetto giapponese. Tra la casa produttrice di orologi e lo studio d’architettura asiatico il feeling interpretativo si esplica attraverso una scocca tubolare semi-trasparente – che in sezione riprende lo stilema tipico del quadrante Panerai -che viene tagliata ad altezze differenti, per dare un’idea concreta del tempo che tra-scorre. Con il passare del tempo il tubo estruso – affettato in momenti prestabiliti dalla lavorazione in corso, in modo da identificare con il suo spessore l’esatta quantità di tempo necessario per coprire le differenti fasi preparatorie – si accorcia fino al termine dell’installazione.
Slice of time, il nome che identifica il progetto, sarà in mostra fino al prossimo 09 aprile.
panerai.com
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Triumph si ispira al mito di Steve McQueen

Dagli anni ’60 a oggi l’immagine di Steve McQueen in sella alla Triumph non è mai passata nel dimenticatoio, rendendo l’attore statunitense un’icona senza tempo. Correre con moto veloci e di carattere è sempre stata la passione di Steve Mcqueen, per questo è uno degli interpreti più genuini dei valori di Triumph Motorcycles. Infatti, per la primavera-estate, una linea intera è dedicata al mito americano. Il capo di punta della McQueen Collection è la giacca 100% pelle nera, con orlo, collo e polsi cuciti per donarle un taglio casual senza dimenticare la sicurezza per spalle, gomiti e schiena grazie alle protezioni certificate, l’outfit è completato da guanti da moto in pelle con protezioni flessibili per le nocche e pelle traforata sulle dita per favorire la traspirazione.  Per il tempo libero invece Triumph propone le felpe blu navy Cartwright e Amherst, la polo McCregor o le  t-shirt con scritta e stampa McQueen hartney e Oliver.  La collezione è disponibile in tutte le concessionarie Triumph Motorcycles.
triumphmotorcycles.it
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Portugal Fashion tra moda e ..caffé caratteristici

Scoprire nuovi talenti fra i giovani designer emergenti è sicuramente una delle parti più interessanti e coinvolgenti del lavoro del giornalista di moda. Si viene a contatto con molte novità, s’impara, ci si incuriosisce. Allargare lo sguardo al mondo andando di persona nei luoghi dove si svolgono gli eventi è sempre stimolante. La 40th Portugal Fashion, manifestazione articolata tra Lisbona e Porto svoltasi quest’anno dal 22 al 25 marzo, è stata certamente una esperienza di quel genere. Le collezioni dei talenti portoghesi più promettenti del momento hanno mostrato, al loro Paese e alla stampa estera, il loro migliore estro creativo, con le collezioni, maschili e femminili, dedicate all’autunno/inverno 2017-18.
Hugo Costa, un giovanissimo designer con un grande potenziale, propone abiti ispirati all’esploratore norvegese Roald E. G. Amundsen che, per primo, nel 1911 esplorò il Polo Sud. La metafora di cui parla Costa attraverso le sue creazioni allude alla necessità dell’uomo di scoprire sempre orizzonti nuovi e spingersi verso ciò che non conosce. Materiali tecnici e outfit che rivisitano tute e giubbotti da esploratore sono il filo conduttore di tutta la collezione. Se molti molti giovani si sono ispirati alla storia e alle radici del loro paese, altri hanno optato per dare segnali forti di attenzione all’ambiente, come il designer Estelita Mendonça che, infatti, ha provato a lanciare un messaggio a tutto il pianeta, facendo sfilare outfit composti in gran parte da materiali riciclati. Ricorrenti in passerella sono stati capi realizzati con cotoni riciclati dove il sacco a pelo diventa un capospalla, simbolo del viaggio e del cambiamento che ogni uomo è chiamato a compiere.
Progetto dedicato esclusivamente ai giovani designer è Bloom: in sintesi una giornata dedicata ai nuovi brand e designers. Eduardo Amorim e David Catalàn sono stati i due giovani creativi che, per quanto riguarda l’universo maschile, hanno portato in passerella collezioni diverse e complesse, entrambe dal carattere forte e ben delineato. Eduardo Amorim ha sperimentato ruches e balze non solo su vestiti, maniche e gonne dedicate alla donna, ma anche su pantaloni e felpe da uomo, con outfit decisamente originali che cambiano completamente prospettiva e aspetto se visti davanti o dietro.
David Catalàn, a sua volta, prende ispirazione dalla vita notturna degli anni ‘90 proponendo una collezione tutta maschile, composta da capi iconici, come il trench e l’abito, ma rivisitati mediante l’utilizzo di tessuti a tratti luccicanti dalle texture materiche.
Una Portugal Fashion fatta di moda, nuovi talenti, ma anche di arte, di locali caratteristici e di shopping. Lisbona e Porto, che ospitano la manifestazione, hanno visto i nuovi talenti mescolarsi con la malinconica, romantica e allo stesso tempo fresca e frizzante atmosfera dei loro tipici rispettivi ambienti urbani. Anche se non molto conosciuto, e forse a un primo sguardo un po’ decadente, il Portogallo, in particolare la città di Porto, vanta luoghi caratteristici dal fascino indiscusso. Stradine strette in salita fiancheggiate da palazzi decorati da azulejos dai mille colori, edifici nuovi adiacenti a edifici in rovina, negozietti tipici, mercati e caffè dove il tempo sembra essersi fermato. Una tappa d’obbligo per un pranzo o una merenda in grande stile è il caffè Majestic che, situato nella centrale via Santa Catarina a Porto, con i suoi decori liberty, le grandi specchiere e l’usciere alla porta, trasporta il visitatore in un’altra epoca. Se nelle pause tra un impegno e l’altro, amate mescolarvi con la gente del luogo, non bisogna dimenticare la sala da thè più amata dai giovani portoghesi, Rota do chà: un luogo, all’interno della struttura “Artes em Partes”, che si articola in diverse zone, comprendendo anche un negozio di musica. L’atmosfera è calma e rilassata con tavolini e cuscini e invita a prendersi un momento di relax. Caratteristico per il pesce, la verdura e i fiori è poi lo storico mercato di Bolhão, situato nel centro della città: un punto di riferimento sia per i turisti che per gli abitanti di Porto. L’attrazione forse maggiore di Porto è perdersi tra i suoi negozietti vintage, ce n’è proprio di tutti i tipi, basta vagabondare tra le stradine attorno a rua do Galeria de Paris. Se siete degli appassionati di fotografia, e non solo, l’Embaixada do Porto è il negozio che fa per voi; situato in Praça Carlos Alberto, nº121, vi catturerà con tutti i prodotti lomography del momento e del passato. Per chi desiderasse un consiglio su dove alloggiare, soprattutto per una vacanza a due, non potete non considerare l’intimo, centrale e estremamente affascinante Palacio Fenicia. Si trova in Rua de Fernandes Tomás 21: è un piccolo un luogo magico ricavato all’interno di uno storico palazzo portoghese dove design e comfort s’integrano perfettamente perfettamente per una vacanza da favola.
Una vera e propria occasione per assaporare una Porto a 360 gradi.

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Uomini e media: il caso di FourTwoNine

In un momento in cui le dinamiche del web stanno cambiando anche le logiche dell’editoria, al contrario di ogni previsione stanno nascendo e affermandosi nuovi magazine indipendenti, a cavallo tra onpaper e digital. Il fascino della carta resiste alla velocità del consumo web. Lo dimostrano le diverse pubblicazioni di lifestyle ad alto tasso creativo in cui la fotografia e la direzione artistica sono assoluti protagonisti. E proprio nel supporto cartaceo trovano una piena espressione. La sfida più grande sia per le nuove piattaforme editoriali, sia per quelle già consolidate, sempre più ricche di contenuti e interattive, è proprio ritrovare il legame diretto con la loro audience. Di questi temi ne abbiamo parlato con Richard Klein, fondatore di Surface Magazine e ora publisher di FourTwoNine, e con Maer Roshan, giornalista tra i più affermati, chiamato a dirigere il magazine lanciato nel 2013. Un progetto nato in modo indipendente e che è partito proprio come aggregatore di un pubblico attraverso talk e incontri per diventare poi un magazine cartaceo patinato che riunisce alcuni degli scrittori più importanti, editori, artisti e fotografi. Ogni numero di FourTwoNine mette in evidenza le ultime novità di cultura, stile, sport, tecnologia, affari e politica, puntando un riflettore su leader e innovatori che stanno guidando e influenzando la contemporanea cultura.

Come ha iniziato la sua esperienza nel campo dell’editoria? E il lancio di Surface?

Richard Klein: Ho un background in design e art direction. Ho dato inizio a Surface a San Francisco mentre ero ancora un giovane ventenne. Surface è stato lanciato originariamente come una galleria. Uno spazio sociale nel distretto SOMA di San Francisco, che punta i riflettori sui giovani artisti e crea uno spazio in cui persone creative si sarebbero radunate per socializzare e scambiarsi idee creative. Non è molto diverso da come abbiamo lanciato FourTwoNine, utilizzando però come elemento aggregatore la tecnologia e i social network. Produciamo una serie di eventi con conversazioni che però comprendono dei leader mentre parlano di un soggetto particolare sul palco e cocktail party ed happening in tutti gli stati. Abbiamo fatto crescere Maer Roshan per creare un nuovo sviluppo di FourTwoNine. Maer ha un ampio background nell’editoria, dal New York Magazine, details, Radar, Talk e l’ Hollywood Reporter.

Come è nata l’idea di FourTwoNine?

Richard Klein – Maer Roshan: FourTwoNine è partito quattro anni fa come magazine e social network che era indirizzato direttamente a uomini gay, influencer e leader creativi che erano concentrati nei più importanti centri urbani dell’America. La nostra attuale incarnazione riconosce quel pubblico importante, ma lo espande anche. L’orientamento sessuale è cambiato molto nel corso degli ultimi dieci anni, le barriere tra i gay e gli eterosessuali sono molto più allentate, soprattutto tra le generazioni più giovani. La sensibilità gay – irriverente, creativa, che supera i limiti – è condivisa da molti uomini di città che non si identificano come gay. Abbiamo notato che molti eterosessuali e persino alcune donne erano fan entusiasti del magazine. Così mentre il sito e la rivista continueranno a includere alcuni contenuti gay, la maggior parte delle nostre storie, delle ricerche e dei servizi di stile saranno sufficientemente generali da attrarre un’audience più vasta.

Come vede l’evoluzione dei magazine in relazione al web?

Maer Roshan: Le pubblicazioni stampate e quelle online hanno diversi punti di forza e metabolismi, così abbiamo messo a fuoco FourTwoNine di conseguenza. Il web è ideale per mantenere i lettori il più aggiornati possibile con notizie dell’ultima ora e informazioni d’attualità, e il nostro sito web riflette questo. Cerchiamo di tenere il passo con l’attualità e la politica, così come con i trend nell’arte, musica e moda. La sfida per le riviste nell’età del digital è quella di produrre qualcosa che non può essere replicato sul web. Per me si tratta essenzialmente dell’estetica e dei sensi. Attribuiamo grande importanza alla fotografia e alla direzione artistica: la nostra testata include alcuni dei migliori fotografi sul mercato così come alcuni dei più talentuosi fotografi emergenti. Non c’è niente di meglio che sedersi con una rivista stupenda e sfogliarla. Una fotografia a colori su carta speciale non ha lo stesso impatto sul web. Inoltre, c’è qualcosa di più duraturo e speciale in un magazine che puoi tenere tra le mani. È un ricordo, mentre molti contenuti web sembrano così effimeri. Sto addirittura programmando un’edizione profumata, che permetterà ai lettori di annusare certe fragranze, che accompagnano le storie contenute nella rivista. Questo non si può fare su Internet.

Da San Francesco a Los Angeles, mi racconti la nuova direzione del magazine

Maer Roshan: FourTwoNine è una rivista nazionale, ma a differenza di altre pubblicazioni, che sono concentrate a New York, la nostra base a Los Angeles ci dà una prospettiva fresca e unica. Negli anni recenti il pendolo della cultura è oscillato drammaticamente da Est a Ovest. Ovviamente Hollywood è lì e la Silicon Valley a San Francisco e la scena musicale di Seattle. Ma città come Portland e San Diego stanno anche stabilendo dei trend in politica, musica, arte, moda e cibo. Poiché questo sta accadendo proprio qui  vicino, daremo a queste storie l’attenzione che sfugge a molti magazine, pur continuando a parlare ad un pubblico nazionale.

Come pensa di evitare stereotipi gay e cliché, offrendo un punto di vista più stimolante?

Maer Roshan: Sono allergico ai cliché e agli stereotipi e credo che il magazine rifletta questo. La nostra ultima edizione comprende quattro copertine, Trevor Noah protagonista del Daily Show, Ashton Sanders, la star di Moonlight, l’iconico regista John Waters e Brian Anderson, la prima superstar omosessuale al mondo. Tra di loro essi riflettono la diversità dei nostri interessi e mostrano che non esiste un solo modo di essere gay. Non sento che abbiamo bisogno di focalizzarci ossessivamente solo su tematiche gay. Le persone omosessuali vivono in un mondo molto più vasto e i lori interessi sono vari. Invece di un magazine che si concentra solo su contenuti gay, abbiamo una rivista che è costruita sulla sensibilità gay, creativa, che si spinge al limite in ogni modo, che è irriverente e alla moda.

Quali i progetti per il futuro?

Maer Roshan: Speriamo di far crescere il magazine e di rendere il nostro sito web ancora più dinamico e reattivo con notizie sempre più aggiornate e trend. La nostra serie di eventi e conferenze attraverso l’America han riscosso molto successo, per questo ne faremo molte altre.
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CAMPIONI OLTRE LE DIFFICOLTA’: GREGORIO PALTRINIERI

Lo sport è passione. È un sogno, raggiungibile solo se si ha la capacità di saper volare, oltre i sacrifici e gli ostacoli che inevitabilmente si incontrano lungo la strada. Gregorio Paltrinieri, classe 1994, record mondiale nei 1500 stile libero in vasca corta e primatista europeo in vasca lunga, è stato selezionato da Bridgestone come brand ambassador insieme ad altri due atleti, perché l’azienda numero uno al mondo nella produzione di pneumatici, e Partner Mondiale dei Giochi Olimpici fino al 2024, ha dato via a una campagna motivazionale, con il motto Insegui il tuo sogno, non fermarti mai. L’obiettivo è di ispirare tutte le persone a credere in se stesse e a raggiungere i propri traguardi, consapevoli che lo sport contribuisca allo sviluppo armonioso dell’umanità. E Paltrinieri ne è un limpido esempio, in quanto la sua storia personale dimostra la grinta e il coraggio di lottare contro ogni difficoltà. A soli 17 anni, nel 2012, infatti, mentre era in Ungheria per i Campionati europei, la sua città natale, Carpi, è stata colpita da un terribile terremoto che ha distrutto la sua casa e quella dei suoi amici. Tuttavia la voglia di lanciare un segnale di speranza e di rinascita è stata più forte della preoccupazione e gli ha fatto vincere la medaglia d’oro nei 1500 che lo ha incoronato campione europeo. In occasione dell’annuncio della Partnership Olimpica Mondiale, MANINTOWN ha incontrato il nuotatore olimpionico per voi.

Com’è la tua settimana tipo, sia dal punto di vista dell’alimentazione, sia del tuo training?
Mi alleno sei giorni su sette, esclusa la domenica. Ho due allenamenti al giorno, entrambi da due ore ciascuno. Il lunedì, mercoledì e venerdì ho anche palestra in più. Mi aggiro intorno ai 16-18 km al giorno di nuoto, più o meno tutto l’anno, tranne pochi giorni per le feste. Per quanto riguarda la routine alimentare, mangio tantissimo a colazione, perché poi ho tutta la giornata davanti. Durante l’allenamento, invece, bevo molta acqua e sali minerali. A pranzo mangio sempre la pasta e di secondo bresaola o prosciutto. A cena sempre pasta, a cui aggiungo un secondo più sostanzioso di carne o pesce con verdure e poi frutta. Vado a letto presto, di solito alle 23-23,30.

Ora hai l’obiettivo del nuoto in acque libere. È una sfida con te stesso o la consideri una preparazione in vista di Tokyo?
Entrambe le cose. Sicuramente la faccio per divertirmi rispetto al nuoto in piscina. Ormai sto facendo sempre quello, con buoni risultati, però sta diventando ripetitivo e vorrei provare nuove emozioni. Fare una gara in mare ci sta e, più o meno, la preparazione è la stessa. In più c’è un fine: se la prova dovesse riuscire, mi piacerebbe partecipare agli Europei, ai Mondiali, alle Olimpiadi anche in questa disciplina. Se riuscissi ad arrivare a Tokyo 2020, avendo portato i 1500 sempre ad alto livello e avendo una 10 km forte per poter competere, sarebbe il massimo.

Prima di una gara ti prepari mentalmente o studi la situazione sul momento?
La mia strategia di base è sempre la stessa, anche se credo che la grandezza di uno sportivo risieda nella sua capacità di saper leggere la situazione che gli si presenta. L’aspetto mentale è importantissimo, sono molto maniacale e prima delle gare cerco di studiare tutto, di sapere quante bracciate devo fare, come voglio trovarmi a certe distanze. Le gare, però, non vanno quasi mai come le hai preparate, quindi bisogna essere pronti, svegli, concentrati. Se si parte troppo forte o troppo piano o il ritmo si sballa, devi essere in grado di cambiare sul momento ed è questa la vera forza di uno sportivo.

Parliamo di stile. Un capo che non può mai mancare nel tuo guardaroba?
Ho sempre la cuffia addosso, quindi anche fuori dall’acqua mi piace portare tanti cappelli e cappellini. Se è inverno anche di lana. L’accessorio principale però sono le scarpe, ne ho un’infinità e mi piacciono davvero molto.

Come definiresti il tuo stile fuori dall’acqua?
Dipende dai giorni. In generale mi piace la moda e ci sto attento; seguo le tendenze del momento, però poi sono anche casual. Mi piace sempre avere i jeans, mentre sopra indossare capi larghi, come maglioni e maglie oversize. Se ho un’occasione importante preferisco indossare un abito.

Hai un rito scaramantico prima delle gare?
No, non ne ho. Ci sono movimenti che compio ripetutamente, ma senza farlo appositamente.

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BACK TO THE 70’S

Dai campi di atletica alla strada: Pony è stato il primo brand a rendere le sneaker un elemento cult dello street style, segnando lo stile di ogni generazione, dai grattacieli di Manhattan negli anni ’70 a oggi, in tutto il mondo. Campioni leggendari le hanno indossate e per la Primavera/Estate 2017 sono tornati i modelli heritage degli anni ’70, che giocano con le classiche colorazioni in bianco, rosso e blu. Un’immersione nella vecchia America, che ancora ispira libertà, trasgressione e grande creatività. Tre sono i modelli vintage che Pony ripropone: Topstar OX, il più iconico, Basic form Topstar Royal e il Topstar Royal Emboss. Il minimal streetwear acquista ancora più carattere.

www.pony-international.com

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Under Armour: Futurismo allo stato puro

La Under Armour è un’azienda produttrice di abbigliamento, sneakers, accessori sportivi, creata nel 1996 dall’ex giocatore di football americano Kevin Plank a Baltimora. La nuova scarpa, Architect futurist è una sneaker consigliata per allenamenti ad alta intensità. Il brand famoso per le caratteristiche di stabilità, leggerezza e ammortizzazione, ha coniugato nell’ultimo modello innovazione e comodità. Il marchio che fa concorrenza sia alla Nike che all’Adidas è un brand di nicchia, conosciuto inoltre per l’abbigliamento a grande traspirazione. Le futurist si distinguono per la tomaia in SpeedForm che si modella sotto il piede, per il rivestimento esterno in Compression Lace System, che dà stabilità al piede, con chiusura centrale a zip ultra comoda, e infine per l’intersuola in lattice stampato in 3, che dà sostegno e ammortizzazione sul tallone. L’intersuola in 3 è un’esclusiva della Under Armour. L’edizione limitata ne fa un vero e proprio must fra le calzature sportive.
underarmour.it
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BONOTTO & MINIWIZ PRESENTANO GARDENING THE TRASH

Per la Design Week 2017, a Palazzo Durini, splendida location milanese, Bonotto tessuti, storica azienda tessile, ha presentato al Fuori Salone 2017 un’esposizione dal vivo assieme alle tecniche di Miniwiz, leader globale di tecnologia upcycling, per una exibition senza precedenti, per un progetto rivolto al futuro. Come spiega il direttore artistico Cristiano Seganfreddo: “Il gardening The trash è un intenso dialogo tra due grandi aziende con un’unica visione: creare tessuti ad alto contenuto estetico e tecnico con materiali di scarto per un nuovo standard di mercato. Nello show room, a dir poco suggestivo, ad accogliere i visitatori ci sono due arazzi multicolor, il secondo dei quali raffigura un panorama della giungla con fiori e animali che si deformano e diventano vivi. Un invito a guardare al mondo naturale per gestire le materie che la terra ci mette a disposizione, mentre i rifiuti che abbiamo creato ci permettono con ingegno di “coltivarli “per un’economia sostenibile dove nulla viene sprecato se ben smaltito. I vecchi tessuti diventano così una nuova risorsa, mentre la coniugazione di fashion di lusso ed economia circolare favorisce l’ambiente ed i materi materiali.
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“Blooming” by Lucie Hugary

A minimal approach to sportswear turns chic during a spring walk in the woods.

Foto: Lucie Hugary
Fashion stylist: Nicholas Galletti
Model: Amine @ Rock Men

5 PROGETTI DA RICORDARE DEL SALONE SATELLITE

Photo Credit: Aratani Fey

Il satellite è la culla all’interno del Salone del Mobile per le proposte degli emergenti. Forse si farà poco business, ma si ha la possibilità di ascoltare molto. Tante idee giovani per caricarsi di entusiasmo, voglia di fare, ma anche cose belle. Per celebrare i 20 anni della nascita, è esposta una collezione di progetti inediti firmati da 46 designer internazionali, che hanno partecipato alle precedenti edizioni. Noi abbiamo scelto per voi 5 nomi, con i relativi progetti che siamo sicuri risentirete presto e che hanno portato a questa edizione 2017 del Salone, la voglia di volare lontano. Primo tra tutti l’Eccentric Garden di Jiwonx Kim, designer sud coreana che realizza tappeti in seta, pieni di animali e fiori dai colori tropicali, insieme a pouf fatti di frange di lana pressati in cilindri trasparenti di acrilico, che danno l’impressione di un agglomerato di licheni iper-pop. Il designer portoghese Andrè Teoman produce un tavolo realizzato a partire dal gioco del caleidoscopio e un tappeto che racconta delle tradizioni legate al detto “del maiale non si butta via niente”, per riportare all’attenzione delle nuove generazioni usanze cadute in disuso, attraverso oggetti comuni e quotidiani come un tavolo e un tappeto. Aratani e Fay sono uno studio di Detroit costituito da Ayako Aratani and Evan Fay. Il loro focus è la sperimentazione su forme irregolari per oggetti domestici. Ci siamo innamorati della loro panca attorcigliata. Sono da avere assolutamente gli oggetti reversibili di Elina Ulvio della serie Lampi, specchi da appendere, che si trasformano in vassoi. E infine Riflessi, il lavoro della veronese Camilla Brunelli su un prodotto tipicamente italiano: la pastina. Ovvero mattonelle in graniglia i cui sassolini sono sottilissimi. Si utilizza infatti solo la polvere del marmo. La pastina è un materiale levigabile in opera, questa particolare caratteristica permette di ottenere l’effetto lastra unica. Camilla inserisce dei dischi di vetro per creare un effetto più leggero adatto sia a interni, sia a esterni.

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INTERNATIONAL ITALIAN DRAGON CUP – PAUL&SHARK CORONA LA REGATA SANREMESE

Il fascino garbato della Riviera Ligure, i favolosi hotel con affaccio sul mare, gli scafi in vetro-resina tirati a lucido, ormeggiati placidamente in porto in attesa della partenza e l’osservatorio privilegiato dello Yacht Club a dominare l’orizzonte ceruleo. Sanremo, 23-26 Marzo 2017, queste le coordinate della celebre Italian Dragon Cup, quattro giorni di regate a bordo di natanti a vela, armati di fiocco, randa e spinnaker, meglio noti come Dragoni. Undici le nazioni chiamate a raccolta, per un totale di 150 equipaggi a governare 40 imbarcazioni con vela spiegata per contendersi l’ambito Paul&Shark Trophy. È proprio lo storico marchio italiano, che dal 1975 è ambasciatore della manifattura di qualità tricolore nel lifestyle a 360°, a sponsorizzare la prestigiosa manifestazione. Un legame ormai decennale assicurato a funi strette con lo Yacht Club sanremese su cui sventola bandiera Paul&Shark, un rifugio d’eccezione per i “lupi di mare” che, durante i quattro giorni di regate, si sono misurati con condizioni meteorologiche non esattamente rosee. Nulla ha impedito ai dragoni di domare le onde della costa ligure e non ci si poteva aspettare diversamente da una flotta con campioni del calibro di: Jochen Schumann, quattro volte medaglia olimpica e al comando di Alinghi nella vittoriosa Coppa America; Yevgen Braslavets, Oro alle Olimpiadi dei Atlanta ; Andy Beadsworth, con passato in Coppa America e Olimpico su Star e Soling; Christine Briand, la più forte velista olimpionica francese, insieme a molti altri agguerriti. Regatanti esperti che contraddistinguono da sempre questa classe velica più che mai affascinante, in cui preparazione e tecnica stanno alla base del gioco. Flotte dall’heritage regale che prediligono l’eleganza slanciata dei Dragoni per gareggiare ad alti livelli. A conclusione di questa adrenalinica competizione, sono i tedeschi di Dottor Amore a conquistare il Paul&Shark Trophy, davanti al portoghese Pedro Andrade, con la barca Powwow e ai rappresentanti degli Emirati Arabi Braslavets, con Bunker Prince. Si conferma Campione Italiano Beppe Duca, della Compagnia della Vela di Venezia, con Cloud. Al secondo posto del podio italiano Tergeste, timonata da Nando Colaninno, prima classificata nei Dragoni classici, e terza Little Diva, di Mario Quaranta.

www.paulshark.it

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Proraso presenta le fragranze di Single Blade

Single Blade è la nuova linea presentata da Proraso,  professionista eccellente nel mondo della rasatura professionale dal 1948. Gli storici prodotti, tra cui la crema da rasatura e la colonia, sono disponibili nelle tre nuove fragranze, diverse fra loro per le caratteristiche contrastanti: WOOD AND SPICE: legnosa, stimolante, balsamica e avvolgente. Inizia speziata con note pungenti di cumino e zafferano, in profondità un cuore legnoso di cedro e di sandalo. La lunga persistenza è garantita dalla vaniglia e dal cisto. Eucaliptolo e mentolo   si accordano e intensificano la componente balsamica, erbacea del cisto. Ispira ottimismo, allegria, ironia. AZUR LIME: Agrumata, fresca, muschiata. Fragranza classica, reinterpretata con tocchi di muschio e patchouli che la impreziosiscono. Inizia decisa con note di lime e menta, si sviluppa con note legnose, balsamiche di bacche di ginepro e si ferma con note musk e patchouly. Un profumo che veste come un abito classico e raffinato. CYPRESS AND VETYVER: Asciutta, legnosa, calda. Asciutta, legnosa, calda.  Fragranza decisamente maschile, immediatamente riconoscibile, fuori schema, sofisticata, impreziosita dalle note finali di ambra. Inizia con note asciutte e pulite di cipresso smorzate dal bergamotto, esplode in un cuore di vetyver e legno di cedro.  Si ferma e persiste scaldata dall’ambra. Profumo anticonformista e trasgressivo.
proraso.com
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È tempo di muoversi con Swatch Skin

Libertà di movimento, design minimal e leggerezza confortevole. Sono queste le parole che meglio rappresentano i nuovissimi 11 modelli della collezione SKIN di Swatch, incentrata sul motto e hashtag, #YOURMOVE e presentata nell’esclusiva location londinese dei The Store Studios, con una serata spettacolare, alla presenza di media e influencer internazionali. Si aggiunge, quindi, un nuovo capitolo al legame tra il famoso brand di orologi e il mondo dell’arte. Stavolta è toccato alla danza, espressione dinamica del concetto di movimento che s’incarna nei nuovi marcatempo del colosso elvetico. Rappresentazioni danzanti del Tempo e dello Spazio hanno espresso il concetto cardine della collezione, attraverso una battaglia fittizia piena di emozione, in cui le coreografie sinuose dei ballerini si stagliavano sullo sfondo di proiezioni virtuali. Un crescendo incalzante ha anticipato lo svelamento degli orologi ispirati al brivido dell’ignoto, alla bellezza del movimento e all’euforia del cambiamento. I modelli sono disponibili in due formati di cassa bicolore, per lui e per lei, e si adattano a diverse personalità, dando vita a storie uniche e individuali che raccontano sogni, aspirazioni, possibilità. Un pas de deux tra emozioni fautrici del cambiamento e l’ignoto. Le narrazioni di molteplici stili di vita (non siamo forse tutti in movimento, ma a modo nostro?) e attitudini si riflettono nell’anima del brand che le fa proprie, condividendole nell’arco dell’anno sui canali social dedicati a Swatch, con una campagna video che verrà svelata prossimamente. Tanti piccoli corti riveleranno i momenti chiave della vita di personaggi conosciuti, molti dei quali artisti, e meno conosciuti, intenti a cogliere l’attimo, il momento dell’azione, la propria mossa. Rimettere mano a un’icona come lo Skin, lanciato per la prima volta nel 1997 non è che uno dei tanti nuovi step che l’azienda vuole fare per innovarsi: dai miglioramenti sui materiali, come il vetro impiegato, fino alla creazione di un sistema operativo proprio, dopo i primi progetti satellite degli anni passati. Dal twin phone, per telefonarsi a tre negli anni ’90, allo Swatch Internet Time, in collaborazione con il laboratorio dell’MIT e lo Snow Swatch da usare come skipass. Infine, per riprendere il fil rouge che unisce Swatch alla cultura pop, è stato annunciato che presto in tutti i negozi del brand sarà possibile dare un’impronta ancora più personale all’orologio, attraverso un servizio di customizzazione, dal cinturino alla ghiera e ad altre piccole finiture, da scegliere, anche online, e da ritirare in negozio, a partire da giugno. La strada è chiara, dal restyle di un’estetica si passerà alla tecnica e al digitale, con passi ragionati e visione a lungo termine, per raccogliere i frutti dei semi piantati tanti anni fa. Swatch, sotto la guida creativa di Carlo Giordanetti, si avvia a consolidarsi come brand e non solo come prodotto, iniziando a dialogare il suo pubblico con codici di linguaggio diverso, in bilico tra la tecnologia e l’emozione, sempre con l’arte nel cuore, dove l’orologio è una tela bianca da dipingere. Questa settimana, infatti, viene presentata in anteprima la collaborazione con Paola Navone. L’architetto e designer di fama internazionale, ha disegnato per la prima volta un orologio, lo Swatch Art Special Thammada, espressione tailandese che significa “cose semplici”, disponibile in edizione limitata e numerata di 888 pezzi, in vendita nei negozi della Lombardia.

www.swatch.com
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IL PESO (PIUMA) DELLA VALIGIA

Come deve essere la valigia perfetta? Leggera, resistente, alla moda. Così ha risposto Samsonite con una campagna globale d’eccezione, scattata dal celebre ritrattista e fotografo di moda Rankin, intitolata The Serious Traveller, dove nove influencer di fama internazionale sono ripresi mentre mostrano con ironia le funzionalità del loro bagaglio, che rende i loro viaggi ancora più confortevoli. Tra i prescelti anche il solista del Royal Ballet e volto della moda Eric Underwood e la modella, presentatrice, DJ e blogger Charlotte De Carle. Samsonite ha incontrato le esigenze di chi, come loro, deve affrontare viaggi frequenti, coniugando funzionalità e stile: la nuova collezione Curv® combina i migliori materiali e le più moderne tecnologie con design innovativi e sempre attuali, che assicurano forza e protezione senza aggiungere ulteriore peso. L’estrema attenzione ai dettagli caratterizza anche l’interno, rivestito da un morbido tessuto extra, e organizzato in pastiglie divisorie con nastri incrociati regolabili, per mantenere tutti i capi perfettamente in ordine. MANINTOWN ha intervistato i due influencer per voi.

Eric:

Qual è la caratteristica più importante che deve possedere una valigia per te?
Considerando che sono spesso in giro, deve essere sicuramente leggera.

Come hai iniziato a ballare? Avresti mai immaginato che sarebbe diventato il tuo lavoro?
Ho iniziato a ballare dopo essermi dimenticato la mia battuta durante un provino come attore. Ho visto alcune ragazze che facevano delle spaccate in preparazione di un provino di danza e ho pensato che avrei provato a ballare. Non avevo idea che ci fosse la possibilità che potesse diventare il lavoro dei sogni.

Che rapporto hai con la moda?
Mi sono sempre interessato alla moda, e lavoro anche come modello. Inoltre apprezzo molto l’abbigliamento da uomo fatto bene!

Chi sono le tue icone di stile?
Sammy Davis jr. e Frank Sinatra

Quali passioni hai oltre la danza?
Ho avuto l’opportunità di lavorare in televisione qualche volta ed è un’attività che mi piace e mi appassiona.

Hai un sogno o un progetto che desideri realizzare?
Ne ho diversi che mi piacerebbe perseguire e spero si realizzino. Restate sintonizzati! (ride. N.d.r.)

Charlotte:

Qual è la caratteristica più importante, per te, che deve possedere una valigia?
Non sono sicura di poterne scegliere una sola sinceramente. Per i viaggi frequenti ci sono molti fattori da tenere in considerazione. Ho bisogno di una valigia resistente, perché tutti sappiamo che negli aeroporti non si occupano dei bagagli al meglio. Ho bisogno anche che sia maneggevole, per poterla trasportare facilmente e che sia bella. È per questo che adoro Samsonite.

Cosa non può mancare nella tua valigia?
Sicuramente il deodorante. Non mi importa di non avere vestiti, di avere il viso sporco o di non avere il mio tè preferito, ma le mie ascelle devono essere fresche (ride. N.d.r.)

Parlando di stile, chi sono le tue icone?
A essere sinceri mia madre è la mia icona di stile. Lei non ha un budget enorme, ma riesce sempre a sembrare elegante. A lei piace anche rischiare, cosa che è ammirevole. I suoi pantaloni in PVC sono una vera sorpresa!

Sembri una persona molto giocosa, qual è il tuo segreto per vedere sempre il lato positivo della vita?
La vita è troppo breve. Non c’è bisogno di preoccuparsi di ciò che gli altri pensano o fanno. Fai ciò che ti piace, che ti rende felice perché alla fine della giornata la vita è un dono, perciò focalizzati sul presente.

Hai un sogno o un progetto che vorresti realizzare?
Sinceramente il mio sogno è sempre stato quello di portare agli altri gioia e una piccola distrazione dalla vita di tutti i giorni. Dunque, lavorare con Rankin a questo servizio fotografico è stato meraviglioso perché amo tutta la creatività e il divertimento che ha messo in questi scatti. Il mio obiettivo finale è, probabilmente, quello di continuare quello che sto facendo, ma su una scala più vasta. Prendere esempio e diventare grande o tornare a casa!

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i magnifici 7: il food per una design week d’autore

Come ogni anno la design week milanese è cominciata tra i fasti di inaugurazioni e cerimonie, lasciando liberi gli storici quartieri-simbolo di questa istituzione cittadina di rubare la scena per una settimana all’insegna di cultura, ricerca e sperimentazione artistica. Un’esperienza a tutto tondo, che non può tralasciare le mete gastronomiche da godersi durante il tempo libero. Indispensabile dunque questa breve guida ai quartieri di punta e ai loro “food d’autore”.

Porta Venezia, conserva un allure signorile tra palazzi d’epoca e androni che rivelano interni Deco della Milano anni 20. Qui la design week assume i tratti patinati delle collaborazioni d’autore, con progetti innovativi che invadono le vetrine degli show-room.
Per gustarsi una cena perfetta c’è “Dim Sum”. Qui la tradizione cinese si spoglia di reminiscenze antiquate e abbraccia il suo lato più chic. Ravioli di carne e pesce diventano piccole gemme racchiuse in uno scrigno di bambù e la tazza di tè per accompagnare le portate lascia il posto ad un calice di champagne.

Non si può dire Milano senza dire Navigli e la Darsena è diventata indiscutibilmente il centro nevralgico da cui si diramano flussi di curiosi e turisti.
Adiacente a Piazza 24 Maggio, il rinnovato complesso del mercato coperto, offre una pausa disimpegnata dal caos del via vai. “Vista Darsena” è un piccolo corner bar che si cela dietro le sue tende parasole bianche e verdi. Dalle sedute in posizione privilegiata, godersi il placido flusso del naviglio sarà la cornice perfetta per un aperitivo al tramonto.

Uno dei design district più blasonati è lo storico quartiere di Brera. Crogiolo della tradizione artigiana meneghina sfoggia il suo eterno fascino radical chic attraverso le vetrine che affacciano sugli stretti corsi lastricati.
Perfetta incarnazione del mood del quartiere, “Il fioraio Bianchi”, una perla d’eccezione lucidata a dovere da Raimondo Bianchi che l’ha regala alla città quarant’anni fa. Fioraio, café e ristorante dal sapore parigino, accontenta chiunque sia alla ricerca di un rifugio dalla frenesia milanese.

Tortona è senza dubbio un concentrato di avanguardia e tendenze e non solo durante la design week: gli head quartiers dei brand più conosciuti hanno guadagnato il proprio spazio nelle vie di questo quartiere. Per un pranzo “on the go” da accompagnare ad un cocktail preparato a regola d’arte c’è “Botanical Club”. Un locale che veste perfettamente il total black e si colora dei sapori del buon cibo servito con creatività dallo staff.

Essere a Milano ed evitare Piazza Duomo è presso che impossibile, tutti vogliono dare almeno un rapido sguardo al simbolo della città ed immergersi nell’atmosfera urbana delle vie del centro.
Il “Piccolo Peck” è senza dubbio la scelta migliore per evitare trappole per turisti che inevitabilmente assiepano il centro storico. Questo café dallo stile viennese anni ’30, propone in chiave rielaborata, eccellenze gastronomiche targate Peck, dal 1883 un sinonimo di lusso e benessere nella cultura meneghina.

La Triennale di Milano rimane forse il simbolo più orgoglioso della storia del design italiano. Ospitata all’interno del Palazzo dell’Arte dal 1933 è ad oggi un punto di riferimento internazionale in ambito artistico, facendosi pregio di collezionare anno dopo anno mostre ed eventi tra i più salienti della design week milanese.
Salendo sulla Terrazza Panoramica del Palazzo dell’Arte, si scopre un vero e proprio gioiello: l’ “Osteria con vista”. Da qui si può godere di una delle viste più belle della città sorseggiando un cocktail a regola d’arte o gustando piatti stellati.

Isola è l’esempio di riqualificazione urbana più brillante di Milano. Un quartiere a misura d’uomo, radicato alle proprie origini artigiane che oggi vede la propria rivoluzione in un assetto mondano e modaiolo, tuttavia rispetto di un patrimonio culturale ricchissimo.
Cavalcando l’onda innovativa del quartiere che la ospita “Casa Ramen Super” offre una cucina giapponese decisamente pop. Dopo il successo isolano di Via Lambertenghi, lo chef Luca Catalfamo propone questo gustosissimo bis in via Ugo Bassi, dove a farla da padrone rimane il suo amato ramen.

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Il suono ossidato

Parte da un concetto di interpretazione sonora delle ossidazioni del rame la collaborazione fra The House of Marley, global brand di prodotti audio e lifestyle, e Serie di tracce, progetto nato da Pietro Algranti e Letizia Paternieri, on stage durante il Fuori Salone, all’Isola Design District, nell’ambito del Milan Design Market. Fino al 09 aprile si potrà partecipare a questa inusuale esperienza sonora di altissima precisione, resa possibile grazie alle cuffie Positive Vibration, fornite da The House of Marley – fondato dalla figlia dell’indimenticato Bob Marley – al progetto nato dalla partnership fra AlgrantiLab, laboratorio specializzato nella costruzione di mobili con materiali di recupero e diretto da Pietro Algranti, e Letizia Paternieri, concept artist elettronica, che focalizza il suo lavoro sulla sperimentazione con circuiti analogici. Tramite la decodifica dei codici naturali delle variazioni di colore sulla superficie del rame, si sviluppa un tappeto sonoro che rimanda a una materia modificata dal trascorrere del tempo, sound catturato e interpretato dalle cuffie Positive Vibration.

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Qualche volta scappano di Pino Quartullo

Arguta e salace convince per la sua sottile ironia e la sua capacità di alternare risate e riflessioni ‘Qualche volta scappano’ l’ultima, esilarante commedia diretta e interpretata da Pino Quartullo che arriva a Roma al Teatro Quirino Vittorio Gassman dall’11 al 13 aprile dopo una tournée fitta di appuntamenti in tutta Italia. Adattata dal poliedrico attore e regista dalla garbata commedia francese ‘Toutou’ di Daniel Besse e Agnès Besse, questa commedia mette in scena, dopo infinite storie di padroni che abbandonano i cani, il curioso ‘dramma’ di un cane che scappa dagli affettuosi e confusi padroni, i coniugi Alessandro (Pino Quartullo) e Marzia (Rosita Celentano) affetti come molte persone oggi dalla sindrome da pet therapy. Uscito di casa come ogni sera per il consueto giro serale con il suo barboncino nano ‘Toutou’ (che nella realtà si chiama Euphoria) Alessandro torna a casa senza il suo amato quadrupede gettando se stesso e sua moglie Marzia nella disperazione. Vittime di un’eccessiva umanizzazione degli animali domestici, i due coniugi, affermati professionisti molto confusi, rispecchiano gli stati d’animo di tanti padroni di amici a quattro zampe. Qui il cane non si è perso, né è stato abbandonato, semplicemente forse si è stancato di fare da valvola di sfogo alle nevrosi e alle carenze affettive della coppia. Nello psicodramma interviene in un ruolo interessante e demistificatore l’amico dei coniugi Paolo (Attilio Fontana) che con una buona dose di brioso e arguto cinismo ricco di risvolti e sfumature, insinua il tarlo del dubbio nella coppia un po’ ridicolizzando il dramma divampato a casa dei suoi amici per la fuga del cane. Quest’ultimo con la sua identità e la sua fiera personalità diviene il rivelatore di disagi e compromessi e il detonatore di segreti all’interno della coppia. Freschezza e vis comica ma anche una certa capacità di far pensare e la vocazione a filosofeggiare con sagacia su questioni apparentemente semplici contraddistinguono questa pièce dove, come dice il regista e interprete Quartullo “ci si interroga, si rimette tutto in discussione e si scoprono tante cose, in una notte che sembrava tranquilla come una delle tante”.

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No Waste Philosophy: Freitag apre il primo store a Milano

A pochi metri da due vie di richiamo dello shopping milanese, Corso Como e Corso Garibaldi, è da poco aperto il primo store italiano di Freitag, brand svizzero famoso per le borse ricavate con teloni di camion riciclati, sarà il primo in Italia e si caratterizzerà anche per l’alto impatto estetico della location che di fronte alla fondazione Giangiacomo Feltrinelli, si colloca esattamente al crocevia fra commercio e cultura. Il monomarca, situato in un tipico edificio industriale del XIX secolo, con pilastri in granito e volte in cotto, ospiterà 1500 pezzi unici fra borse e accessori iconici del brand, oltre che la collezione biodegradabile F-ABRIC prodotta interamente in Europa con materiali riciclati e tessuti ricavati da fibre di lino e canapa, filati anche in zone del milanese. Back to basics, come si dice. Per l’occasione MANINTOWN ha incontrato Daniel e Markus Freitag, i due fratelli fondatori del brand.

Il primo store italiano. Come mai avete scelto proprio questa location?
È stata una ricerca lunga e ben ponderata. Milano è un mix elettrizzante, una fucina unica e continua di idee, designer, stimoli. Volevamo uno store facile da raggiungere, per i turisti, ma anche per le persone che vivono in città. Uno spazio dove creare anche installazioni, e poi volevamo che fosse vicino a luoghi “rintracciabili” e d’interesse culturale e architettonico, proprio come la Fondazione Feltrinelli.

Quale l’identikit dei vostri clienti italiani?
Creativi, designer, architetti, persone anche molto giovani. Ci piace molto l’idea che, in un Paese di riferimento per il fashion system come l’Italia, il nostro concept, che è lontano dalle logiche della moda, sia stato apprezzato moltissimo in questi anni.

Avete in mente di proporre qualche limited edition per l’inaugurazione?
Potrebbe essere, ma ancora non abbiamo pianificato nulla. Anzitutto vogliamo proporre l’intera collezione di abbigliamento completamente sostenibile e accessori, come in tutto il resto dei punti vendita nel mondo. In seguito, magari, vista l’enorme curiosità e il vivacità creativa che ruota intorno a Milano, qualcosa tireremo fuori.

Riguardo ai materiali che utilizzate, sappiamo che ci sono nuove idee su cui vi state focalizzando.
Abbiamo iniziato a lavorare con i teloni riciclati dei camion negli anni ‘90, oggi abbiamo voglia di sperimentare, di esplorare nuovi territori. L’idea di base è fondata sulla sostenibilità e sul riciclo, un impegno che ci caratterizza da sempre.
La nostra identità è finalizzata all’attenzione etica e qualitativa verso i materiali che utilizziamo, i metodi di lavorazione, il ciclo produttivo e industriale. Disegniamo e realizziamo solo modelli di accessori e vestiti che indosseremmo anche noi o faremmo indossare al nostro team. Sono prototipi che, spesso, per essere sviluppati richiedono un grande investimento di energia e di denaro; amiamo molto i Paesi orientali proprio perché lì il prezzo dei nostri item viene percepito senza interferenze di nessun tipo, sanno quanto ci vuole a realizzare interamente una borsa o un capo. A fare tutto da soli e in maniera equosolidale.

Qual è il processo creativo del vostro lavoro?
Partiamo spesso dalle problematiche. Facciamo lunghi brainstorming col nostro team – la collaborazione è tutto, nella nostra azienda – dove parliamo del fitting, ma anche di ciò che non va, solleviamo obiezioni e da lì traiamo spunto per nuovi progetti e alternative. Finiamo spesso per arrivare molto lontani dal punto di partenza, ma questo è parte integrante del viaggio, no? L’essenziale, per noi, è pianificare le nostre energie, sapere come e in che direzione le spenderemo, ad esempio, nelle prossime tre settimane. L’impegno ci gratifica, purché sia sempre ottimizzato.

Fate molte lavorazioni sul mono-materiale dei teloni?
In realtà no, molte meno di quello che vorremmo fare. Il fatto è che specialmente quando è molto usurato, si tratta di un materiale che può subire poche variazioni, non si può nemmeno stamparlo. Avremo intenzione di calcare di più la mano, di osare, ma non sempre è possibile. E questo è un altro dei motivi per cui vogliamo provare a esplorare altri universi stilistici e con nuovi materiali.

Da dove nasce l’ispirazione del vostro progetto?
Diremmo da molto lontano, addirittura dai primi viaggi in India, da giovanissimi. Vedevamo tutte queste persone che raccoglievano spazzatura dalla strada per trasformarla in altro. Poi abbiamo preso le nostre strade, nella grafica pubblicitaria, l’arte, il visual e ci siamo resi conto di quante energie sprecano quei settori, tutt’oggi. E Freitag è nato proprio allora, insieme alla consapevolezza di voler creare qualcosa che guardasse alle risorse e fosse davvero utile e resistente.

Pensammo ai messenger bike e a chi girava Zurigo, da Nord a Sud, in bicicletta per andare a lavoro. Col tempo è arrivata l’idea dei teloni, i primi prototipi che facemmo fare a San Francisco e a New York, mecca per eccellenza dei bike messenger e gradualmente, col tempo e tanto impegno, sono arrivati i risultati. Lo store di Milano, fra pochi giorni, è un altro dei gratificanti coronamenti del nostro percorso.

Qual è la vostra più grande ambizione in termini, anche ideali, riguardo al riciclo e al vivere sostenibile?
D’istinto diremmo gli hotel, e i condomini. Progettare una serie di oggetti e prodotti per il vivere in albergo, che rendano l’esperienza stessa del soggiorno una sorta di percorso esperienziale su come e quanto si potrebbe fare per stare bene senza produrre spazzatura o sprecare risorse. Tuttavia, anche il settore del biking, e gli accessori per trasportare meglio le proprie cose per chi ama pedalare. Ci piacerebbe investigare molto quell’ambito, forse perché amiamo andare in bicicletta e conosciamo bene le varie problematiche funzionali e pratiche che talvolta si possono incontrare.

FREITAG STORE MILANO
Viale Pasubio 8, 20154 Milano

www.freitag.ch
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Codice di avviamento fantastico

Alcantara “sbarca” per la terza volta a Palazzo Reale, con una mostra dalle suggestioni immaginifiche e ospitata nell’Appartamento del Principe, che apre eccezionalmente le proprie stanze al pubblico, dal 28 Marzo al 30 di Aprile, in occasione di MiArt 2017.
Aki Kondo, Michael Lin, Soundwalk Collective, Georgina Starr, Nanda Vigo e Lorenzo Vitturi sono gli interpreti a cui Alcantara affida il racconto del proprio materiale, lasciando pieno sfogo alle diverse re-interpretazioni artistiche. Il risultato è una sequenza di scenari, sospesi tra fantasia e realtà che, stanza dopo stanza, documentano un utilizzo differente e più che mai innovativo di Alcantara: stampato in digitale, tagliato a laser, impiegato a ricoprire sedute oppure intere sculture.
«Infiniti mondi, infinite dimensioni hanno suggerito immediatamente a Nanda Vigo un salto in avanti. Un viaggio interstellare. Parte così Codice di avviamento fantastico, con un big bang, una sincope di tempi. Un’astronave atterra nell’Appartamento del Principe portando con sé un universo nuovo». Davide Quadrio e Massimo Torrigiani, curatori della mostra, raccontano così la chiave di lettura che anima l’allestimento della designer italiana, apripista di un susseguirsi di scenari inediti: a partire dalla giungla di luci al neon del giapponese Aki Kondo e proseguendo con l’installazione sonora di Soundwalk Collective.
Lorenzo Vitturi, «espande il Dna di Alcantara visto al microscopio in sculture-dolmen, totemiche e molecolari», raccordando la promenade del percorso espositivo con le sue creazioni multi-color. La caduta libera in stile “Alice in Wonderland”, trova la propria sintesi fantascientifica nell’opera conclusiva, affidata a Georgina Starr e citazione della pellicola del 1968, Je t’aime, Je t’aime, di Alain Resnais. “Momento, Memoria, Monumento”, si presenta come una macchina del tempo rivestita interamente in Alcantara, messa in funzione da performers che conducono il visitatore ad un viaggio a ritroso nella memoria.

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Havaianas inaugura la collezione con l’artista Riccardo Negro

Havaianas, in occasione della presentazione del progetto Ritratti del Brasile, inaugura una collezione creata dall’artista originario di San Paolo Riccardo Negro. Le stampe delle nuove infradito ritraggono la realtà dei residenti delle comunità brasiliane con lo sguardo pieno di gioia, purezza, intimità di chi ha vissuto in un tale ambiente dalla nascita. La collezione prende in prestito tre stampe tratte dai quadri dell’artista che celebra la cultura e lo stile di vita del Brasile rappresentando lo scenario reale delle favelas a colori e in un modo quasi giocoso. Il tema ricorre, infatti, anche nella collezione Ritratti del Brasile, che pone uno sguardo inedito sulla vita all’interno delle comunità brasiliane, non sempre facile. I modelli sono caratterizzati dai colori tipici di Havaianas e da stampe che mostrano una moltitudine di casette colorate e posizionate l’una di fianco all’altra, che sono un segno distintivo dell’artista. I modelli sono disponibili in tutti i negozi Havaianas in Brasile e nel mondo, oltre che sul sito del marchio.


havaianas.com
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In barba ai barbari

«Capisco la moda della barba, ma se vi cresce il pelo di un coyote moribondo lasciate perdere». Un twitter ironico e fulminante – quasi un aforisma – inquadra perfettamente l’ipertricotica situazione attuale dove, spesso e volentieri, s’incontra per strada una pletora di maschi barbuti e incolti, dall’aspetto simil vichingo d’arrembaggio. Detto questo, un rimedio c’è, ed è efficace. Affidarsi a un barbiere. Esperto. Per rompere quella dimensione di routine quotidiana più doverosa che rituale – a tu per tu con lo specchio che quasi mai rimanda un’immagine soddisfacente – e per riassaporare il piacere di affidarsi alle sapienti mani di chi la barba la taglia o la modella per professione. E siccome anche l’occhio vuole la sua parte, magari scegliere una barbieria che sia anche bella da vedere, oltre che accogliente e professionale, dove farsi scolpire l’onor del mento. Uno dei più interessanti esperimenti in proposito è Argagn, barbieria bresciana polifunzionale, perché è sia uno luogo deputato all’estetica maschile, sia un lounge bar, ma anche una galleria d’arte. Già il nome, che deriva direttamente dal dialetto locale e sinteticamente vuol dire aggeggio, richiama l’attenzione, con quel suo suono così difficile da masticare – quasi incompiuto se tradotto in italiano – poi il logo rappresenta un antico rasoio da tosatura a due manici, difficile da ricordare e da maneggiare, per chi non ha vissuto i primi anni del secolo scorso. Dietro questo nuovo concept, dedicato alla beauty routine per lui, c’è l’ispirazione di Mattia Guandalini e di sua moglie Barbara, uniti nella vita, ma con differenti percorsi lavorativi, lui è chirurgo ortopedico, lei capitano d’industria, entrambi con la passione per l’arte moderna di cui sono abili collezionisti. A completare il poker manageriale ci sono i soci Davide Bonfadini e Giacomo Priuli, che hanno importato da oltre frontiera l’idea di questo spazio multi funzionale. Così convivono, a tu per tu, sia innovative espressioni artistiche (alcune anche in vendita, altre invece fanno parte della collezione privata dei soci fondatori), sia le poltrone da barbiere di vecchio stampo, in un ambiente «dalla forte identità, un po’ bizzarra», come sottolinea Barbara, lasciando al cliente la libertà di interpretazione dello spazio, perché «è difficile da catalogare, dipende dalle emozioni che si percepiscono», come racconta Mattia. Al piacere di godersi i trattamenti in totale relax si aggiungono anche i prodotti utilizzati, che sono realizzati in esclusiva per il marchio bresciano, nato solo pochi mesi fa, ma dall’individualità già compiuta. Infatti, i cosmetici sono stati selezionati personalmente dagli ex machina, che ne hanno curato anche l’identità attraverso il packaging e sono anche disponibili online. Paradossalmente, vista l’identita maschile del locale, sembra che il lounge bar sia anche una meta prescelta dal genere femminile, ben felice di parcheggiare il consorte tra le abili mani dei barbieri e di godersi l’attesa chiacchierando amabilmente.

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ESTETIZZARE IL FUTURO CON LE FOTOGRAFIE DI ANNE DE CARBUCCIA

Credit cover: Echinodermi, Tobago Cays – Antille, Ottobre 2014 

Prendersi cura del nostro pianeta è da un lato una missione ambiziosa, dall’altro anche un percorso individuale di riflessione verso il futuro. Certamente è difficile per “Il singolo” farsi carico di questo argomento, fa subito sentire piccoli e impotenti, generalmente. Una buona dose di coraggio e un punto di partenza interessante ce lo dà l’artista e fotografa francese Anne de Carbuccia. Aprendo per la prima volta al pubblico la sede italiana della sua fondazione, la Time Shrine Foundation, con la mostra ONE – One Planet One Future. Gli edifici milanesi di una vecchia fabbrica degli anni Venti, di Lambrate, riconvertiti seguendo i più alti standard di sostenibilità, ospitano le grandi opere fotografiche di Anne divise in 4 temi: ENDANGERED SPECIES, WATER, WAR, TRASH. Anne ha girato per tre anni il mondo, realizzando le sue fotografie che fanno uso dell’iconografia della vanitas tipica dei secoli XVI e XVII, inserendo il teschio e la clessidra come classici simboli della vanità umana e del tempo che fugge. Questi oggetti, insieme a elementi organici trovati in loco, costituiscono degli altari atti a onorare le bellezze che il pianeta ci ha donato. Anne con il suo lavoro estetizzante solletica il nostro senso di responsabilità, idealizzando e cementificando nel nostro immaginario proprio quel futuro di cui dobbiamo prenderci cura.

ONE – One Planet One Future
Fino al 12 Aprile, 2017 | dalle 10.00 alle 19.30
Via Conte Rosso 8 – 20134 Milano
www.oneplanetonefuture.org

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Wrangler celebra il suo 70° anniversario

Wrangler è sempre stato il brand dei giovani e lo è tuttora, infatti quest’anno compie 70 anni  e celebra il suo stile innovativo e pop. Ad Aprile il marchio inizia i festeggiamenti con una special global collection, presentando il nuovo logo “Wrangler70years” e una nuova campagna pubblicitaria.  L’intera collezione si ispira a elementi ritrovati negli archivi: denim degli anni ’70, mood allegro e  cultura giovanile. I nuovi jeans sono stone washed, i fit regular per uomo sono disponibili in accese tonalità di blu, la collezione è inoltre ricca di top, t-shirt ringer graphic che giocano con le varianti del logo arcobaleno  firmato Wrangler. Non a caso l’arcobaleno, presente sulle maglie e sugli accessori, è il simbolo della fiducia e dell’esuberanza degli anni Settanta. La linea è stata realizzata con la collaborazione di Peter Max, influente artista della “Summer of Love”. La campagna pubblicitaria “Wrangler 70 years”  vuole ricreare l’atmosfera di quel decennio dei teenagers ribelli, enfatizzando i dettagli e una suggestività sexy.
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LO STILE NON È ACQUA

Campione di stile libero in acqua, campione di stile nella vita. Filippo Magnini, non a caso, è stato scelto come testimonial della Sport Collection Liu Jo UOMO per la Primavera/Estate 2017, disegnata appositamente per il tempo libero: design unici, esclusivi e confortevoli si mixano a tessuti tecnici che assicurano comodità, ma senza rinunciare a un gusto moderno e casual chic.

Sei testimonial della Sport Collection Liu Jo, in cui interpreti uno stile sportivo inserito in un contesto urbano. Al di fuori della piscina è uno stile che ti rispecchia?
Assolutamente sì. Durante la settimana tra un allenamento e l’altro, una cena fuori con amici un cinema ecc. ecc. preferisco essere comodo, sportivo ma comunque fashion!

Nella campagna Liu Jo ti si vede indossare il nuovo Bomber Sporttwin con cappuccio e maniche a contrasto. Con cosa ti piace abbinarlo? È un capo che si può indossare anche di sera?
Trovo che il bomber sia un capo molto trasversale e di ultima tendenza, adatto sia per il giorno, sia per un’uscita serale con amici. Come abbinamento suggerirei una felpa girocollo o anche con una t-shirt e ovviamente un denim.

Da modello d’occasione per Liu Jo a cuoco amatoriale in Celebrity Masterchef. Che dimensione occupa la cucina nella tua vita quotidiana?
La cucina è una parte fondamentale. Quello che mangio mi serve per allenarmi e per sentirmi al meglio durante le gare. Mi piace cucinare e soprattutto…sperimentare!

Il tuo piatto preferito?
Non ho un piatto preferito. Mi piace mangiare tutto…ultimamente amo particolarmente il sushi.

Hai un rito scaramantico prima delle gare?
Non sono molto scaramantico. Se mi sono allenato bene e sto bene so che andrò forte.

Hai sempre immaginato un futuro professionale nel mondo dello sport?
Fin da piccolo ho sempre sentito che avrei fatto lo sportivo di professione. Amo tutto lo sport, l’adrenalina prima di una gara e la fatica dell’allenamento.

Sei il miglior stileliberista italiano nei 100 m stile libero e vincitore di quindici ori europei. Cos’ altro sogni per il tuo futuro?
Di realizzarmi nella vita come nello sport.

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P.A.M. for Carhartt W.I.P Radio Club

P.A.M. e Carhartt presentano “Radio Club”, la nuova capsule ispirata ai programmi radiofonici pre-Internet. Prima dell’avvento dei social, dalle prime forme di comunicazione alle onde radio, le persone comunicavano pubblicamente con divertenti nomi di fantasia : Cup Cake, Pork Chop, Old Milk Can, Cuddle Bug e molti altri. Le cards confermano che contatti radio venivano intrattenuti tra le comunità, mandati da un user all’altro e dalle stazioni radio. Inizialmente nei biglietti figuravano solo gli users name, dopo, invece apparivano anche caricature, slogans, battute, disegni grafici amatoriali che oggi rappresentano una forma di arte folk. Così, seguendo le orme di questa prima forma social di comunicazione, P.A.M. e Carhartt propongono una radio portatile e una linea di abbigliamento che riprende la grafica digital di questo movimento culturale, con felpe e maglie in tre tonalità, rosa pastello, nero e bianco unendo lo stile contemporaneo e oldschool.
carhartt-wip.com
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ALESSANDRO MANNARINO: LA SUA STORIA DA RACCONTARE…

Photo Credits Ilaria Magliocchetti Lombi

Alessandro Mannarino ha debuttato al Palalottomatica di Roma con il suo Apriti Cielo Tour, produzione Vivo Concerti. Una grande festa tra ritmi travolgenti e intense interpretazioni, che conta già 50mila biglietti e tanti sold out per le prossime date di Torino, Milano, Bologna e Napoli. Sul palco Mannarino si esibisce con grande emozione, grinta e travolgente energia, in numerosi brani, ormai quasi dei classici, che lo hanno consacrato come uno dei più apprezzati cantautori italiani, così come nelle canzoni del nuovo album Apriti Cielouscito il 13 gennaio per Universal, da cui sono tratti l’omonimo singolo, L’arca di Noè e Babalù. Passo significativo per Mannarino, davanti al suo pubblico e nella sua città d’origine, dopo un percorso e una carriera artistica cominciata nel 2001 come DJ e le prime esibizioni nei locali della capitale, per passare poi alle apparizioni radiofoniche e televisive, tra le quali Viva Radio 2 di Fiorello e Parla con me di Rai 3, fino a scandire quelle che sono state le quattro tappe fondamentali che hanno portato l’artista al Palalottomatica con Apriti Cielo, il disco del “viaggio”, come lo definisce lo stesso Mannarino, nel senso più fisico che nel lato più metaforico, il viaggio della sua ricerca musicale. Ricerca che inizia nel 2009 con il primo album, Il Bar della Rabbia, da cui è tratto uno dei suoi pezzi più popolari Me so ‘mbriacato, si definisce in Supersantos (2011) e Al Monte (2014) in cui Mannarino, con i suoi testi, esplora la città attraverso tematiche politico-sociali in un mix di metafore, racconti di personaggi emarginati e contenuti espliciti, per raggiungere, poi, con Apriti Cielo la maturità, la forza dell’evasione e della ricerca dei colori oltre oceano, colori che ritrova in Brasile e nella sua samba, simbolo ed emblema della trasformazione del conflitto sociale in qualcosa di bello, in una danza. «Quando apri i giornali e te dicono lascia perde, quando i telegiornali te dicono lascia perde, la politica te dice lascia perde….continua…», questo il messaggio che il cantautore esprime sul palco, in un tourbillon di colori e suoni trascinanti, insieme a 12 musicisti di livello che si sono esibiti con oltre 30 strumenti provenienti da tutto il mondo. L’universalità delle storie parla, dunque, le lingue di tutto il mondo, in un viaggio attraverso luci, colori, costumi e scenografie. Proprio i costumi diventano elementi significativi del progetto Apriti Cielo Tour, grazie alla partnership nata con GALL Design, giovane e talentuoso brand Made in Italy, che porta le firme di Chiara Nardelli Gall e Justin Gall. La collaborazione tra Mannarino e GALL Design è nata in occasione della produzione del videoclip di Apriti Cielo e della performance live di Alessandro, ospite a Che tempo che fa di Fabio Fazio, motivo di grande orgoglio e soddisfazione come racconta la stessa Chiara, per la grande stima e ammirazione provata nei confronti del cantautore i cui testi hanno accompagnato la storia d’amore degli stessi, compagni anche nella vita. Fear no Human SS17 si sposa completamente con il progetto artistico di Mannarino, dal perfetto mood post apocalittico moderno, al quale si uniscono capi nuovi ed esclusivi che rappresentano al meglio il suo stile, mixati ed elaborati sapientemente dalle costumiste Sara e Magda, nell’identificazione dei look più rappresentativi del concerto stesso e di tutti i musicisti presenti sul palco. Chiara e Justin raccontano l’entusiasmo di poter promuovere, attraverso le loro creazioni, l’intero tour di un artista italiano che si distacca dalla scena pop televisiva di massa, esibendo e sostenendo contenuti poetici, ironici e profondi, in perfetta sintonia con la filosofia GALL Design.

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Cinecult: La vendetta di un uomo tranquillo di Raùl Arévalo

Viene dalla recitazione ma il suo esordio alla regia rivela un talento innato. “La vendetta di un uomo tranquillo” diretto da Raùl Arévalo già attore di successo, un film distribuito da BIM che si è aggiudicato 4 premi Goya fra i quali quello per il miglior film spagnolo dell’anno é un pugno nello stomaco, duro e spietato. La pellicola è concepita come un thriller drammatico e realistico ambientato nella provincia spagnola e si basa su un triangolo inconsueto : José (Antonio de la Torre) Curro (Luís Callejo) e l’avvenente Ana (Ruth Dìaz) e sulla storia di fatti di sangue perpetrati da un uomo apparentemente ordinario, ma sofferente e incapace di trovare un suo posto nel mondo, José. Questi perde in una rapina in una gioielleria di Madrid la sua fidanzata uccisa a colpi di violente percosse: uno dei responsabili del crimine, Curro che però non ha commesso materialmente l’assassinio della fidanzata di José, è l’unico della banda dei suoi complici a venire arrestato. La comparsa di José nella vita di Ana che intanto, mentre il compagno Curro è in galera a scontare la pena, ha allevato un figlio avuto da lui e gestisce un bar insieme al fratello Juanjo, uno della banda dei criminali, sembra aver trovato una nuova dimensione di sollievo e benessere grazie alla placidità e al carattere tranquillo di José. Ma quando Curro esce di prigione tutto si complica, Ana è confusa e insicura al contrario di José che vuole attuare il suo piano cruento di rivalsa. Ben girato, con un montaggio serrato e scene cariche di tensione in un crescendo di pathos girate anche in piccoli paesi della Castiglia, il film di Arévalo ha più che meritato i riconoscimenti assegnatigli puntando sulla disamina di sentimenti come l’odio, la rabbia e la paura: una ottima prova per chi ama il cinema sapientemente costruito.

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Impara l’arte e mettila… in Casa:

In un paese come l’Italia, ricco di patrimoni artistici in decadenza, fa ben sperare l’iniziativa di airbnb, che ha proposto un progetto di riconversione di edifici pubblici in residenze per accogliere artisti da tutto il mondo, orientando in questo modo il flusso di turismo da quantitativo a qualitativo e permettendo ai borghi italiani, interessati al progetto, di svolgere attività culturali per la conoscenza del territorio. A Civita di Bagnoregio, in provincia di Viterbo, conosciuta dai turisti come: città che muore, il Comune ha restaurato e concesso in affitto delle stanze in questo borgo etrusco al progetto “case d’artista”. Qui, a un prezzo più basso rispetto al mercato, saranno ospitati talenti che lasceranno al comune un segno del loro soggiorno, un omaggio per così dire, mentre con i soldi si provvederà al recupero del borgo, che prevede, per questo, una crescita importante del turismo di qualità. Il primo maestro che ha aderito alla proposta è Francesco Simeti, il quale ha soggiornato a Civita nell’ottobre 2016. Altro esempio di questa iniziativa lo troviamo sulla montagna bolognese, dove i comuni di Gaggio Montano, Grizzana Morandi, Marzabotto e Vergato, con il contributo della regione, hanno realizzato 3 tour per la conoscenza di artigianato e arte locali, nonché di musica e prodotti tipici del territorio, con lo scopo di riportare in evidenza la bellezza di questi luoghi. Case d’artista è un progetto dell’Unione Appennino Bolognese, seguito da persone che in quei luoghi ci vivono o sono andati ad abitare e che si sono identificate come Talenti. Si tratta di agricoltori biologici, attori, musicisti, artigiani, tutti con un grande bagaglio di competenze che hanno voglia e intenzione di far conoscere le attività da valorizzare. Nei 3 tour si visiteranno le case d’artista dove vivono i talenti, oltre a godere di eventi come concerti, degustazioni di prodotti locali e workshop artigianali in un contesto decisamente unico come la montagna, verso cui si auspica  un ritorno importante in termini di ripopolamento. Scopo del progetto è far conoscere i piccoli borghi, rilanciandoli come laboratori di scambio culturale e artistico e di integrazione territoriale. Tanti sono i piccoli paesi medievali completamente abbandonati dopo la guerra, i famosi paesi fantasma, dalla Basilicata alla Toscana passando per le Marche. Il comune di Asti, ad esempio, ha aperto un bando per la trasformazione dell’ex chiesa di San Giuseppe, oggi spazio Kor, per l’assegnazione di una residenza ad artisti che lavorano con il linguaggio del contemporaneo. Nel 2013, Gianni Ummarino ha proposto una mostra fotografica di ben 22 case d’artista marchigiane, sconosciute per lo più al gran pubblico, grazie alla quale ben si capisce la creatività di chi le ha abitate e tuttora le abita, destinandole a un visitatore motivato culturalmente. In valle Camonica, è stato promosso il restauro di Casa Valiga, destinata a ospitare, nei monolocali, artisti che si adoperino nella realizzazione di attività culturali. Anche in Piemonte una fondazione tedesca per l’arte ha ricavato delle abitazioni-atelier in un vecchio palazzo di un borgo sul lago Maggiore, dove i maestri vivono e realizzano le proprie opere d’arte. Negli anni ’60 in questa casa hanno soggiornato i pittori torinesi Francesco Menzio e Enrico Paulucci. Anche le case-museo di tante città italiane permettono di sintonizzarsi con il mondo dell’artista, nonché di preservare la memoria e dar linfa a nuove attività culturali.

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Anversa racconta gli anni Hermès di Martina Margiela

Hermès A/W 1998 image of the advertising campaign over-painted by Martin Margiela (Cape Cod watch designed by Henri d’Origny and double-tour strap bracelet created by Martin Margiela), Photo: Thierry Le Goues

Lo stilista che ha fatto dell’anonimato la sua firma e uno dei brand più conosciuti al mondo si sono incontrati alla fine degli anni ’90. Martin Margiela è stato il direttore artistico di Hermès dall’ottobre 1997 fino al 2003 e ora una retrospettiva al MoMu, il Mode Museum di Anversa, ne sottolinea la partnership creativa, con un’esibizione inaugurata il 21 marzo 2017 e che si protrarrà fino al 27 di agosto. Il legame fra stilista più influente e all’avanguardia degli ultimi decenni e il marchio status symbol per eccellenza non è l’unico aspetto esaminato dalla mostra, che mette in luce anche il parallelo fra la creatività espressa per Hermès e quella incarnata dalla griffe eponima Maison Martin Margiela, nel medesimo periodo. Margiela, the Hermès years, sottolinea l’approccio concettuale, espresso dal designer, e la commistione con l’esprit artigianale della maison di pelletteria più famosa al mondo. Così, lo sguardo rivolto al decostruttivismo, al riciclo e al recupero dei materiali tipico di Margiela diventa una nuova chiave di lettura per il prêt-à-porter di Hermès, che si riveste di nuova linfa ideativa. L’idea audace e innovativa fu di Jean-Louis Dumas, presidente della Maison che, alla fine degli anni Novanta decise di affidare a Martin l’incarico di disegnare il ready to wear della griffe, creando sorpresa e aspettativa. Per tutto il periodo della sua direzione artistica Margiela ha instillato in Hermès una visione di lusso contemporaneo fuori dai consueti schemi di lettura, che si identifica con i valori di autenticità, confort, tattilità e atemporalità. Qualità insite nel lavoro del brand ancora oggi, infatti, durante la Paris Fashion week dedicata all’autunno/inverno 2016-17, Margiela è stato salutato come uno dei protagonisti più brillanti della stagione. E la mostra al MoMu ne è una vibrante testimonianza.
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