World of Fashion giunge alla sua 23° edizione

Oltre 600 ospiti alla 23° edizione dell’Evento Internazionale WORLD OF FASHION che si è svolto a Palazzo Brancaccio, durante la settimana dedicata alla Moda Romana.

Il World of Fashion resta sempre uno degli eventi più attesi della Capitale. Personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, ambasciatori, giornalisti, buyer, imprenditori ed esponenti della nobiltà per una passerella d’eccezione che fa della moda un catalizzatore di costumi, usanze, tradizioni e ideali.

Con estremo orgoglio ci dicono gli organizzatori di questo appuntamento imperdibile, che con quest’ultima edizioni sono riusciti a coinvolgere ben 30 paesi da tutto il mondo.

A volte moda e cultura possono unire i popoli, come ad esempio vedere Palestinesi ed Israeliani cucire insieme nella stessa stanza.

La vera novità è l’iraniana Neda Mokhtari ha realizzato una collezione con tessuti che giungono direttamente dall’Iran, scelta dovuta per l’alta qualità dei tessuti e alla particolarità delle fantasie. Questa collezione trae ispirazione dall’arte e della cultura medio orientale, a cui sono sommati elementi minimal chip tipici della moda occidentale, con dettagli puliti, semplici e luminosi ma con grande attenzione alle rifiniture, curate nei minimi dettagli Testimonial della sua collezione è stata Sara Manfuso Presidente di #IOCOSÌ che si spende per il sociale quotidianamente.

Invece dal Mali il Progetto Sociale Pinda for Griot ha portato la collezione “Joker” dedicato alle donne libere che lottano per liberare sé stesse e tutti coloro che sono vittime di prevaricazioni o di malattie che possono cambiarti la vita. Pinda, la fashion designer che ha firmato questa collezione è, infatti, affetta da Sclerosi multipla ed ha realizzato una collezione giocosa, quasi clownesca, di chi si batte per un altro mondo possibile. Gli abiti presentati sono tutti realizzati in cotone naturale, il basin, che rispondono all’idea che il nuovo decennio appena apertosi sarà all’insegna della sostenibilità e del protagonismo femminile.

Tra gli ospiti presenti: : l’ex Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, 

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Hair care uomo: le novità per l’inverno

Trattamenti da sperimentare in salone oppure dei semplici alleati per la beauty routine dei nostri capelli da utilizzare a casa. Queste sono le ultime novità per l’inverno da provare subito!

BULLFROG

Oliocento, è il protagonista di uno dei servizi svolti nella nuovissima Grooming Lounge di Womo, lo scenografico negozio di piazza Alvar Aalto, a Milano, dove è presente anche il barbershop Bullfrog. È il primo prodotto del brand composto al 100% da ingredienti di origine naturale: alle proprietà antiossidanti, lenitive, astringenti e idratanti della canapa. La sua formula ideale per prendersi cura di barba e capelli e della pelle del viso.

TIGI COPYRIGHT SCALP SHAMPOO 

L’alleato perfetto anti-pollution per la cute sensibile. Previene la secchezza e rende i capelli più maneggevoli e li protegge dagli agenti esterni come l’inquinamento. Ricco di Tea Tree Oil, aiuta la cute a mantenere la sua idratazione e a combattere la disidratazione.

DEPOT NO. 312 CHARCOAL PASTE

Pasta al carbone con fissaggio forte per uno styling di facile applicazione grazie alla sua consistenza cremosa e malleabile. Dona texture, corposità e fissaggio duraturo. L’effetto fissativo forte e texturizzante di questa pasta è il risultato di un mix calibrato di ingredienti lmogeni altamente performanti, che rivestono lo stelo garantendo le più elevate prestazioni.

GHD HELIOS

Il nuovo asciugacapelli Ghd Helios™ è caratterizzato da un motore brushless leggero e duraturo ed è progettato per la velocità, creando un flusso d’aria potente ma altamente concentrato che viaggia a 120 km/h per velocizzare drasticamente la routine di styling. Il beccuccio sagomato facilita la distribuzione concentrata della temperatura e del flusso d’aria, offrendo un controllo preciso per uno styling davvero professionale.

LABEL.M

Quattro trattamenti “shot” da salone ricchi di uno specifico attivo che trasforma la condizione dei capelli e della cute in 5 minuti, offrendo risultati immediatamente visibili. Grazie all’innovativa struttura molecolare della formulazione, gli ingredienti attivi penetrano a fondo nella fibra capillare, fornendo ottime prestazioni.

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Musei italiani: i 10 più famosi su Instagram

Luoghi di arte e cultura, i musei sono sempre più social e maggiormente inseriti tra gli hashtag delle nostre foto su Instagram. Ecco perché Holidu, il motore di ricerca per case vacanze, ha deciso di stilare una classifica dei musei nostrani più famosi su Instagram e decretare chi si conquista il titolo di Museo con più hashtag.

I musei Vaticani a Roma si aggiudicano la medaglia d’oro superando i 388mila hashtag. Una delle raccolte più grandi al mondo frutto delle collezioni di grandi papi nel corso dei secoli. Al secondo posto non poteva mancare uno dei musei più famosi e importanti al mondo. Il museo degli Uffizi (Firenze) conquista l’argento con un toltale di 367.131 hashtag. Famosi pittori si occuparono di affrescare le bellissime stanze dell’edificio e, ad oggi, la collezione artistica che racchiude si è ampliata notevolmente con opere che vanno dal Medioevo fino all’età moderna. Il gradino più basso del podio spetta a un altro museo romano, il Maxxi, con i suoi oltre 150mila hashtag totali. Un ottimo risultato per questo enorme edificio, realizzato dell’architetto Zaha Hadid, che espone opere d’arte contemporanea del XXI secolo di artisti italiani e internazionali.

Si torna a Firenze per il quarto posto dei musei più instagrammati.  Palazzo Pitti sfiora i 110mila hashtag. Questo edificio oggi ospita tra le sue mura quattro musei: il Tesoro dei Granduchi, la Galleria Palatina e gli Appartamenti Reali ed Imperiali, la Galleria d’Arte Moderna e il Museo della Moda e del Costume. Ogni museo racchiude le proprie opere d’arte e non sempre si parla di quadri o sculture. Al quinto posto della lista c’è infatti il Museo Ferrari. Inaugurato nel 1998 a Maranello, il percorso fa rivivere la storia dell’auto rossa più iconica. Sesto classificata è la Pinacoteca di Brera, Milano. Sua la posizione con 55.240 hashtag. Questa galleria espone opere diversissime tra loro sia per stile che per periodo di riferimento. Numerosi gli esempio di importanti pittori dell’Italia Settentrionale.

Terza conquista romana al sesto posto con la lussuosa Galleria Borghese, 55mila hashtag. Dipinti e sculture per una collezione unica al mondo, specialmente per le opere del Bernini e di Caravaggio. Sempre Roma alla posizione successiva con i suoi Musei Capitolini (#49.421), la struttura museale civica più importante della Capitale considerato il primo museo al mondo e istituto grazie alle collezione di molto papi.Nono classificato il Museo del ‘900 a Milano. Un museo giovane inaugurato nel 2010 con lo scopo di “diffondere la conoscenza dell’arte del Novecento”, come si può leggere sul sito ufficiale. All’interno delle stanze è possibile ammirare dipinti di diverse correnti artistiche dalle Avanguardie internazionali, al Futurismo, all’Arte Povera. Ultimo della top10 è il Museo Nazionale del Cinema di Torino, con più di 46mila hashtag. All’interno della spettacolare Mole Antonelliana, simbolo della città, questo museo espone opere inerenti la settima arte con una particolare organizzazione espositiva lungo una spirale.

Crediti foto: Holidu

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Da Milano a Parigi è tempo di Formal Leisure

Forme striminzite addio, pantaloni skinny da varicocele? Anche no, via libera al colore saturo e vitaminico purchè sia azzeccato e portato bene, per le maglie sottili avete sbagliato indirizzo. Ora si volta pagina e si abbraccia il vero lusso, quello opulento, ottimo e abbondante, fatto di dettagli preziosi, di belle lavorazioni artigianali, di tessuti pregiati anche se talora riciclati nel nome di Greta. La password di stagione per l’autunno-inverno 2020-21 è formal leisure, ovvero una sintesi di opposti che diventa subito cool, dal boudoir alla giungla d’asfalto, facendo cambiare attitudine a un uomo che è sempre più ibridato, praticamente un maschio profiterolles, tenero ma con le palle.

E’ quanto abbiamo registrato sulle passerelle maschili di Milano e Parigi dove i marchi più branché del menswear hanno impartito le loro lezioni di stile ai nuovi, aspiranti gentlemen. Dai catwalk delle due capitali della moda globale ecco per i nostri men in town alcune pillole di stile. In pole position il cappotto, da quello shabby chic di Marlon Brando in ‘Ultimo tango a Parigi’ (costumi della meravigliosa Gitt Magrini), fino a quello a vestaglia di ‘Borsalino’ o quello doppiopetto con revers a lancia da gangster di Robert De Niro in ‘The intouchables’. Che sia check (Prada) o stampato graffiti (Iceberg), che sia leggero (Dior Homme by Kim Johnes) o riccioluto, che sia rosso (Marni) o verde (Vetements, Berluti), che sia ecologico o di cocco vero (100.000 euro da Billionaire), che sia in velluto a coste (Brunello Cucinelli) o liscio (Dolce & Gabbana) poco importa: quel che conta è che sia morbido, maestoso, ampio e confortevole come un caldo abbraccio. La giacca poi si allaccia a vestaglia o a kimono come sarebbe piaciuto a Mishima (Ermenegildo Zegna by Alessandro sartori docet) oppure perde il collo (Giorgio Armani che non perde un colpo), oppure ha dei revers frastagliati (Off-White), oppure ha la vita segnata da cinture con metal clutch incorporata (Alexander McQueen) ed è stampata a motivi paisley (Etro), oppure è ricamata di baguettes (Marcelo Burlon per County of Milan, Givenchy, Valentino) o ancora è in broccato a motivi esotici jacquard (Brioni), oppure è in satin liquido e simula una felpa da jogging (Balmain by Olivier Rousteing).

Gilet: torna protagonista soprattutto da solista, come negli anni’90 quando Gianni Versace lo esibiva in pelle nera ricamata d’oro sul torace nudo. Prada lo propone in vernice foderata di pelo color biscotto o in maglia con i profili bicolori, DSquared2 lo declina in pelle cognac da abbinare ai jeans sovrapposti, Marco De Vincenzo lo ha pensato con degli alamari, Alexander McQueen by Sarah Burton lo risolve in una ragnatela gioiello intessuta di fili d’argento, paillettes, cristalli su base in seta, per Brunello Cucinelli il gilet è in duvet bianco e beige da portare sulla felpa di cachemire grigia, per Etro è in velluto a coste fantasia paisley sempre imbottito, per Jacquemus è finestrato over e si porta sul pull di lambswool da tenerone, per Lanvin è attillato e a pois blu su giallo canarino, per Fendi è dark e si porta infilato nei pantaloni di nappa lucidi in stile ‘Cruising’ come nel film omonimo e controverso di Friedkin.

Dicevamo ibridazione? Bene allora lo sportswear si contamina con il fashion anche negli accessori, come il marsupio crossbody, che in passerella ha il dono dell’ubiquità. Portato in vita completa la belt bag mannish oppure si indossa in tono scanzonato a bandoliera persino sulla giacca doppiopetto gessata. Torna anche il borsello che si porta come una borsetta a tracolla un po’ femminile, dolce, sensuale, come da Valentino e Hermès, mentre Prada lo vuole nero, bello e funzionale. La maglieria più rustica acquista un timbro couture un po’ ovunque sia in versione pullover che in chiave sciarpone a grana grossa quasi 3D, lunghe e bellissime da portare sino ai piedi (Fendi e Dolce&Gabbana, Missoni, Loewe by JW Anderson, Hermès). Altro tormentone di stagione sarà il velluto. Molto amato da Alessandro Michele per Gucci che ne fa la divisa del suo ‘piccolo principe’, e da Kean Etro come da Ralph Lauren che lo traspone in chiave check, ma anche da Missoni che lo declina in print botanici stilizzati che sarebbero piaciuti al re del Jazz Miles Davis, mentre per Giorgio Armani è grigio di giorno effetto lapin o orylag oppure verde oliva per il parka effetto foresta, e nero e drammatico di sera per il tuxedo da red carpet degli Oscar ai quali re Giorgio si starà già preparando.

E i pantaloni? Come sopra, ampi e comodi, baggy e con un fit nipponico, da indossare sulle sneaker col carrarmato o negli stivali (Salvatore Ferragamo) oppure esotici in versione sarouel, drappeggiati ad arte (Balmain). Per un look molto ‘revenant’ l’ideale sarà vestirsi a strati dato che con questi chiari di luna chi lo sa che farà questo meteo pazzerello. Quindi sì a montoni vintage lunghi (Lanvin) o corti (Zegna, Prada, Valentino), e sì anche ai poncho e ai plaid effetto cocooning da portare sul completo formale come sul golf voluminoso da alta montagna, fra Aspen e Cortina (Etro, Hermès, Balmain, Off-White). Una camicia bianca non si nega a nessuno specialmente se è tecno-couture (Bagutta) o croccante e ricamata in pizzo (Dolce&Gabbana) o intarsiata con un lettering molto funny-cool (Valentino) o surreale (Louis Vuitton by Virgil Ablooh). Dedicato a maschi più gentili che finalmente rispettano le donne in barba ai rigurgiti di un cielodurismo sul quale sinceramente preferiamo glissare.

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Boston: signora liberal d’America

Vivacità intellettuale, capacità di accogliere e grande senso di inclusività: Boston trae fascino e ricchezza proprio dal suo essere eterogenea. Suona strano, in tempi di nazionalismo dilagante, e ancora di più negli Stati Uniti d’epoca trumpiana. 

Eppure questa è l’aria sottile che si respira in città, eleganza europea con allure decisamente internazionale. E soprattutto costante anelito alla libertà. 
Da sempre, perché nei suoi dintorni cominciò la grande avventura del Nuovo Mondo e quest’anno si festeggiano i 400 anni dallo sbarco dei Padri Pellegrini nella “Nuova Inghilterra”. Più di un secolo dopo nel porto di una giovane Boston, il blitz libertario dei coloni del tea party diede il via alla Guerra d’Indipendenza. 
Un vento di libertà che non ha mai smesso di soffiare e che anche oggi spazza i viali dell’Emerald Necklace, la stupenda collana verde di parchi che sembra adornare la città come il collo di una signora bon ton e che d’autunno assume colori vibranti dall’oro al rosso. E’ il capolavoro di Frederick Law Olmstead, architetto del paesaggio e grande demiurgo di Central Park a New York, che a Brookline, sulla collana vegetale che aveva immaginato in nuce più di un secolo fa, viveva a Fairstead, bella casa di legno; oggi si può visitare, fermarsi nel giardino ombroso, fare un pic nic sognando eleganti merende in stile New England.

Di sicuro amava la libertà anche Thomas Menino, indimenticabile sindaco di Boston di origini campane, fermato solo dalla malattia nel 2014 dopo vent’anni ininterrotti di mandato; aprì in Comune l’Office of Refugee and Immigrants apposta per assistere i nuovi arrivati a Boston. Uno spirito democratico condiviso dalla comunità, che non teme il libero pensiero della gente e la loro diversità, anzi; grazie a grassroots political networks, reti politiche di base, chi è nuovo è aiutato a indirizzarsi verso un esercizio del voto libero e consapevole. Non sorprende dunque che ogni anno si festeggino i cittadini del futuro nell’Immigrants’ Day alla State House, sede dello Stato del Massachusetts. D’altro canto, quando si chiacchiera con molti bostoniani, così istintivamente cortesi, si scopre che la loro famiglia viene dall’Italia, dalla Grecia, dalla Polonia, dal Brasile, dall’Irlanda, insomma da altrove.


I bostoniani erano gente di ampie vedute già nell’800, quando Beacon Hill, il cuore della città, era un quartiere di liberi pensatori e femministe ante litteram. Come Louise May Alcott, che ben espresse la sua visione dei diritti di genere in “Piccole Donne” e che qui visse, prima di trasferirsi con la famiglia in una comunità agricola chiamata Utopian Fruitland, una sorta di congregazione autonoma a forti contenuti spirituali con una controcultura sorprendentemente simile a quella hippie.
In linea con lo spirito liberal dei suoi abitanti, nello stesso periodo a Beacon Hill vennero aperte la prima chiesa afro-americana degli Usa e la prima scuola per neri, l’Abiel Smith School, che ancora adesso si possono visitare. 

Oggi il quartiere è rimasto intatto: le vie strette hanno il selciato di mattoni, i lampioni a gas, le case rosse in stile federale e le vetrate che, a causa di un eccesso di manganese, diventano rossastre al sole. E soprattutto quell’atmosfera da vecchia Inghilterra, come in un romanzo di Conan Doyle. 
Oggi però la via principale, Charles Street, è il paradiso dello shopping di tendenza, quello colto che va oltre le griffe. Si fa ad esempio al Salon, un po’ coffee shop, un po’ negozio di interior design, un po’ galleria d’arte moderna che ospita interessanti esposizioni di vetri artistici. Ma soprattutto questo è il regno degli antiquari, come Twentieth Century Limited, uno dei migliori indirizzi degli Stati Uniti per la bigiotteria d’antan, dove passare ore a scegliere fra pezzi di Miriam Haskell e Trifari, fra oggettidecò in bachelite e magnifici gemelli da polsino. Si va da Bruce Cherner invece per la posateria in argento con decorazioni di grande originalità, mentre l’indirizzo di riferimento per fini oggetti di porcellana giapponese e rare pitture buddhiste su seta è quello di Judith Dowling. A Beacon Hill si cammina con ritmo slow, buttando un occhio qua e là, nella boutique di Millicent Cutler, Oumillie, che vende confortevoli capi femminili, ma anche arredo casa, cucina, ufficio o da Fastachi dove, fra montagne di invitante frutta secca, si scopre che nel Massachusetts si produce ottimo cioccolato.

 Deviando per le strade laterali, si comprendere che l’ex quartiere di anarchici e intellettuali oggi ospita le residenze della happy few, fra bellissimi portoni che durante Halloween e Natale fanno a gara per le decorazioni, giardinetti pubblici colmi di giochi per i bimbi, lavanderie eco. E soprattutto la spesa da Savernor’s, minimarket per gourmet un tempo frequentato dai Kennedy e dai Rockefellers, con ogni ben di Dio, dallo speck altoatesino all’alligatore sottovuoto, dalla verdura bio di piccoli produttori locali alla finocchiona toscana, il tutto raccontato con entusiasmo e competenza da Oliver, quarta generazione di pizzicagnoli d’alto bordo. Se la stagione lo consente, viene quasi la tentazione di farsi fare un panino da mangiare poco più avanti, al Public Garden, guardando le paperette (a cui è dedicata un’iconica statua) che nuotano nel laghetto, le storiche barche a forma di cigno, il ponte sospeso più piccolo (e romantico) del mondo, le truppe d’assalto di scoiattoli interessati al cibo. Magari dalla panchina dove Robin Williams girò un famoso monologo del film Will Hunting, genio ribelle.

Boston, di animo irrimediabilmente intellettuale da sempre, ha biblioteche imperdibili; come l’ultima, dedicata al “suo” Presidente, la John F. Kennedy Presidential Library disegnata dal guru tardo-modernista Ieoh Ming Pei, marmo candido e vetrate ardite da cui si ammira la baia; e la prima, la Boston Public Library con le sue sale rinascimentali e i soffitti dipinti da John Singer Sargent che è stata la più antica biblioteca degli Stati Uniti e la prima a dare libri a prestito. Nel pomeriggio, in una sala affacciata su una corte in stile italiano, si celebra il rito del tè apparecchiato con ricercatezza, fra porcellane e posate d’argento, una ricca selezione di miscele, dolci e canapè di alta pasticceria; e alla fine chi desidera un attimo di magìa, può farsi leggere il futuro nelle foglie di tè.

Se il centro di Boston ha lo charme e anche un po’ di spleen per un’Europa lasciata ma mai dimenticata, altrove la città esprime quell’impulso in avanti che da sempre ha fatto potente l’America. Un’ambivalenza con una linea di demarcazione, il fiume Charles.

Sull’altra sponda, infatti, attraversato il Longfellow Bridge con la T, come è amichevolmente chiamata la metro più antica d’America di fine ottocento, si apre un altro mondo, Cambridge, il comune della greater Boston con le due migliori università al mondo secondo il QS World University Ranking, Harvard e il Massachusetts Institute of Technology (MIT). 
Anche la “People’s Republic of Cambridge” come viene chiamato questo microcosmo illuminato, ha lentezze da vecchio mondo accanto a accelerazioni da fisica delle particelle. E’ il luogo della nuova immigrazione, non quella dettata dalla necessità dell’800 e del secondo dopoguerra, ma quella accademica. Dove le humanities di Harvard e le technologies del MIT creano un universo eccitante in cui si muove una popolazione di studenti e insegnanti, che qui trovano la risposta alla loro sete di conoscenza. Come Franco Mormando, che dopo tanti anni a New York vive a Cambridge e insegna italiano al dipartimento di Lingue e Letterature Romanze del Boston College: «Il boom di Boston negli ultimi anni va di pari passo alla crescita delle università (36 nell’area metropolitana ndr). La ricerca scientifica ha portato grossi capitali e molta gente nuova», racconta. «Da qui l’interesse delle aziende e la costante ricerca di personale qualificato e che abbia un livello culturale alto. Ecco perché le humanities continuano a richiamare studenti». Sbucare dalla metro in Harvard Square, fare un breve giro del campus guidati dagli studenti del Trademark Tour, esplorare le strade di case vittoriane che un tempo furono residenze di professori, è come respirare direttamente una vampata d’aria democratica e liberal, quella che portò Nixon a definire Harvard il “Cremlino sul Charles”.
L’arteria principale di Cambridge, la Massachusetts Avenue, è un susseguirsi di pub come il Bartley’s Burger Cottage con piatti ad orientamento politico ancor prima che gastronomico (volete un Brexit burger o un Trump Tower?), di negozi di abiti vintage, un calzolaio old style che fa ciabattine e cinture a mano, quell’autentico antro per ghiottoni in formato drogheria che è la storica Leavitt & Pierce dove comprare tè rari; e scoperte da non perdere, come il Carpenter Center for the Visual Arts, unico edificio progettato negli States da Le Corbusier. 
Poco più di 5 km separano il mondo condito di secolari tradizioni di Harvard da quello contrapposto del MIT, dove fare quattro passi nel futuro. Alcune delle scoperte nate qui? Internet. L’email. Il radar. Il genoma umano. I robot. La strumentazione delle missioni Apollo.

Chi immagina questo tempio mondiale della scienza come una serie di laboratori asettici sbaglia. Visitando il MIT si scopre che matematica, fisica, informatica, neuroscienze sono bellezza, creatività, interconnessione. Basta mettere piede al MIT List Visual Arts Center, uno splendido spazio che diventa laboratorio creativo affinché gli artisti, anche quelli giovani e in crescita, sperimentino. Opere spesso provocatorie, in cui esiste sempre un nesso fra l’atto creativo e la scienza nella concezione, nella realizzazione, nella deformazione della realtà che diventano esposizioni temporanee motivo di incontro, studio, scambio di idee. Quelle dei grandi maestri entrano a far parte della Public Art, la collezione di oltre 70 opere che rende gli edifici e i prati del campus – insieme alla grande ricerca scientifica che vi si svolge – un luogo superlativo. Come lo Stata Center, l’incredibile edificio a torri inclinate e angoli aggettanti di Frank Gehry che ha sostituito un mito, il Building 20, teatro di grandi scoperte. Come lo straordinario coloratissimo pavimento concettuale di Sol LeWitt e la vela di Calder. Come l’ondulata Baker House, la casa dello studente di Alvar Aalto dal cui tetto per tradizione a fine corso si getta un pianoforte. Come la commuovente MIT Chapel cilindrica di Eero Saarinen con i riflessi dell’acqua che giocano sulle pareti. Un’alternanza di opere in esterno e in interno che compongono una collezione straordinaria. 
Al MIT la creatività non è solo un bel contorno, ma il cuore stesso della ricerca: basta entrare al Media Lab, nel Lifelong Kindergarten, dove si studia l’apprendimento creativo attraverso il gioco. Il laboratorio sembra un’immensa stanza dei giochi perché i ricercatori sperimentano praticamente ciò che poi viene tradotto in bit. Qui lavora con entusiasmo Carmelo Presicce, ingegnere informatico di 36 anni e da quasi cinque ricercatore e sviluppatore di Scratch, gioco online con 47 milioni di giocatori nel mondo: «a Bologna sviluppavo app e insegnavo agli adulti, finché un bimbo di sei anni mi ha fatto conoscere Scratch, ambiente di programmazione gratuito e interattivo per bambini dove si crea l’animazione e la storia del personaggio aggiungendo situazioni, come fossero mattoncini Lego. Ne sono stato conquistato». Da lì a fondare un “coder dojo”, un club per bambini di programmazione di Scratch, conoscere l’inventore del gioco, Mitch Resnick, e essere chiamato a far parte del suo team a MIT è stato un susseguirsi di possibilità che si sono avverate.

Sembra essere nella natura di Boston: un luogo dove ancora adesso si avverano le possibilità per molti. 

Certo bisogna volerlo fortemente. Essere animati da passione e/o determinazione. Quest’ultima non manca di sicuro a Julia Oliveri Orioles, studentessa italo-giapponese  alla Questrom School of Business della Boston University: «L’ambiente è molto coinvolgente e internazionale», dice. «Il fatto di avere io stessa doppia nazionalità mi ha aiutato a inserirmi e in questi quattro anni mi gioco la mia occasione per il futuro: il mio momento è adesso». Futuro dove? Negli Stati Uniti, of course!

Sono in tanti a pensare come Julia che questa sia ancora terra di opportunità: in 40 anni i sudamericani sono aumentati del 75%, gli asiatici (vietnamiti, cambogiani, ecc) dell’85%. E soprattutto i cinesi, che vantano un giovane e avvenente membro al City Council, Michelle Wu, e una ottocentesca Chinatown con tanto di Arco dell’Amicizia in stile orientale. Anch’esso divide (o connette) il passato e il futuro, gli stretti vicoli di negozietti che espongono anatre affumicate, radici della medicina tradizionale e noodles, dalla Rose Kennedy Greenway, un bellissimo nastro verde di oltre un miglio, con orti, fontane, piazze, spazi fioriti e opere d’arte che attraversa il Financial District lungo il fronte del porto. 
Merito di un cinese è anche un vanto del Theatre District, il Boch Center Wang Theatre, il teatro e cinema più grande del mondo quando fu costruito nel 1925. In uno stile barocco così eccessivo da essere affascinante, fu music hall negli anni ’60 e venne riportato agli antichi fasti da An Wang di Shangai, mecenate divenuto a Boston un pioniere nel campo dei computer e degli elaboratori. Il palcoscenico è così grande da ospitare non solo balletti classici ma musical colossali e i 3500 posti consentono concerti di grande richiamo come quelli di Lady Gaga, dei Rolling Stones, dei Queen, di Elton John, artisti di cui si conservano memorabilia in una sala del foyer
Se invece si preferisce una musica più intellettuale e intima in un ambiente raccolto, la città ha moltissimi club, come Beehive, dove farsi una dozzina di ostriche del New England ascoltando le band di jazz, reggae, soul; o il Wally’s Café, piccolissimo e storico, che offre ottimi cocktail e jam sessionininterrottamente 365 giorni all’anno.

Sì perché Boston ha anche un animo musicale. Lo conferma Matteo Casini, insegnante di storia del Rinascimento alla University of Massachusetts, nonché bluesman di talento che in città suona con diversi gruppi: «Per le mie ricerche è importante poter consultare il grande patrimonio librario di Harvard. Qui inoltre la musica, l’altra mia grande passione oltre alla storia, è radicata nel vivere quotidiano delle persone e sovente i musicisti si ritrovano per improvvisate jam session».  
La musica a Boston è davvero alla portata di tutti: tanto che la School of Honk è un meeting domenicale frequentatissimo, dove la gente si trova e suona insieme. Anche chi non è capace, tanto per provare e divertirsi. Magari steccando le note, ma in perfetto accordo con il genius loci della città.

Testo e foto di Elena Bianco

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Editorial: Contatto urbano

Photographer & Art Director: Domenico Petralia @ProductionLink

Fashion stylist: Angelina Lepper @StudioB16

Stylist assistant: Lorenzo Chiara, Jessica Mariuz

Hair Style: Valerio Sestito @Unconventionalartists

Makeup: Marianna Falci

Model 1: Enrique Farinas @Urban Models

Model 2: Oksana Plechko @Wonderwall

Casting director: Stella Ferro

Photographer assistant: Vito Calamia

Post-production: Virgil Hritcu

TEAM SOCIAL 

Photographer & Art Director: @domenicopetralia_ph @productionlink_photographers

Fashion stylist: @angelinalepperstylist @womanwhostyle

Stylist assistant: @lorenzochiara, @jessiquem

Hair Style: @valeriosestito @unconventionalartists 

Make up: @mariannafalci_makeup

Model 1:@endriquef.m @urbnmilano @unomodels

Model 2: @Zprivetom @ww_mgmt

Casting director: @stella_ferro

Photographer assistant: @vito_calamia_ph

Post-production: @virgilhritcu

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Hairstyle men: 7 pettinature di tendenza

Gli uomini negli ultimi decenni sono diventati molto più attenti alla cura del corpo e dei loro capelli, in particolare sono attenti alle pettinature di tendenza e non perdono occasione per restare sul pezzo.

Ecco gli hairstyle men di tendenza per questo 2020 che vanno dalle sfumature, ai volumi vivaci, passando per scalature.

No ai tagli cortissimi e di gran ritorno invece l’effetto bagnato per i capelli lisci e tagli versatili per i capelli ricci e mossi con anche finti spettinati. Non mancano poi le rasature, ma non estreme e il ciuffo ribelle.

7 pettinature di tendenza uomo 2020

Hairstyle men corto

I capelli corti sotto e lunghi sopra sono le tendenze del momento, in particolare ciuffo lungo, riga laterale o indietro. Il taglio cortissimo non è un’opzione di quest’anno ma se proprio amate solo questo taglio gli hairstylist consigliano di portarlo con una rasatura media e una barba corta, no a barbe trasandate.

Capelli rasati ai lati

Se siete uomini che amate i tagli rasati, niente paura, anche per quest’anno restano un classico intramontabile. Consigliati per gli uomini brizzolati che non si vogliono nascondere ma anzi vogliono valorizzare questa fase della loro età. Il rasato ai lati è abbinato al ciuffo orto o sfumato con taglio a scodella.

Nei più giovani via libera al rasato con disegni su nuca o ai lati della testa, un hairsyle men decisamente più cosmopolita.

Tagli lunghi e medi

Le acconciature uomo dal taglio lungo medio sono perfette per chi ama portare i capelli svolazzanti, per chi li ha mossi e folti. Le scalature con ciocche che ricadono lateralmente sulle orecchie sono le preferite di questo 2020. Attenzione non sono solo per i più giovani!

Hairstyle men sfumato

Quando si parla di taglio sfumato si identifica la rasatura col capello lungo sopra o con ciuffo lungo, ma anche gli undercut con riga laterale. Chi ama portare il ciuffo per quest’anno è proposto con una barba curata medio-lunga. Se invece optate per un taglio corto ma sfumato su nuca e tempie gli hairstylist consigliano di schiarire le punte e pettinare all’indietro.

Tagli effetto bagnato

L’effetto bagnato nelle pettinature uomo ritorna di moda uno stile vintage anni ’60-’70 con un taglio lunga sulla nuca e scalato davanti, ma anche sui tagli medi. Anche in questo caso non è adatto solo ai giovanissimi ma anche all’uomo maturo che porta i capelli all’indietro.

Pettinature capelli ricci e mossi

Se non vi mancano i capelli e li avete ricci e voluminosi potete sfoggiarli nella loro pienezza, facendo attenzione a portare il ciuffo molto lungo sulla fronte. Optate per un taglio versatile che vi permette di spostare la riga a piacere.

Hairstyle men stempiato

Non ci si poteva poi dimenticare di chi è stempiato, qui il trend per questa stagione è portare i capelli in modo ordinato favorendo una rasatura laterale e più importante su nuca e tempie. In caso siate giovanissimi optate per portare i capelli in avanti che permettono di nascondere la stempiatura, per gli uomini più maturi con capelli bianchi invece potete spostare la riga di lato o optare per un taglio molto corto e tutto pari.

Run Shoes: caratteristiche importanti delle scarpe da corsa

Le run shoes sono delle scarpe da corsa e come sappiamo bene, chi pratica questo sport regolarmente ha bisogno di indossare scarpe di qualità e con determinate caratteristiche per non incorrere a problemi ai piedi e alla postura. Non solo se si indossano scarpe non idonee alla corsa si possono anche compromettere le prestazioni qualora si pratichi questo sport a livello agonistico.

Per questo vogliamo fornirvi nel dettaglio le caratteristiche importanti delle scarpe da corsa da tenere presenti quando vi apprestate a fare i vostri acquisti per capire i modelli di run shoes più ideali per il vostro tipo di corsa.

Run Shoes: Caratteristiche delle scarpe da corsa

Cominciamo subito col prestare attenzione al tipo di pronazione prima di acquistare le scarpe da corsa. Questo è un punto legato al naturale movimento del corpo umano, nello specifico è la tendenza del piede a ruotare verso l’interno per scaricare il peso del corpo in fase di appoggio, oltre a distribuire l’impatto col suolo.

Inoltre le run shoes per essere di qualità devono avere:

  • la tomaia, parte esterna della scarpa, in materiale sintetico così da essere leggera, robusta e traspirante. Inoltre se realizzata in pelle sintetica resiste maggiormente all’abrasione e si asciuga più velocemente. Ideale anche la tomaia impermeabile poiché evita che l’umidità passi nella scarpa, mantenendo il piede asciutto anche in caso di umidità.
  • intersuola realizzata in materiale EVA (etilene venilacetato) con sistemi brevettati dal produttore, l’intersuola garantisce ammortizzazione e stabilità. Di solito le scarpe hanno uno strato di EVA, quando ve ne sono con più strati hanno maggiore flessibilità.
  • conchiglia o retro piede che controlla il movimento e avvolge il tallone, realizzata con materiali resistenti con interno comfort
  • battistrada robusto visto che ha lo scopo di trasmettere aderenza e trazione allo stesso tempo poggiando sul terreno.

Tipi di run shoes

Le scarpe da corsa in commercio sono diverse e dopo aver valutato le caratteristiche principali passiamo alla scoperta dei diversi tipi di run shoes.

Scarpe da corsa neutre ideali per chi tende a ruotare il piede verso, sono scarpe che assorbono bene l’impatto col suolo con un moderato supporto mediale.

Scarpe da corsa stabili indicate per chi presenta una iperpronazione moderata o lieve. Solitamente hanno un rinforzo a livello dell’arco dell’intersuola.

Run shoes per il controllo del movimento indicate per chi ha iperpronazione media o severa poiché hanno caratteristiche in più come tallone più rigido o sistemi di controllo del movimento.

Scarpe minimaliste ideali per chi soffre dell’infiammazione al tendine di Achille, sono dotate di una struttura leggera che permette un movimento naturale e un appoggio con la parte centrale del piede. Flessibili e con ottima ammortizzazione.

Scarpe per barefoot running la maggior parte di queste scarpe non hanno ammortizzazione, per questo la protezione è minima con l’impatto al suolo.

Logo Apple come nasce e come si è evoluto

Apple è la società fondata nel 1976 da Steve Jobs in California, uno dei brand più noti al mondo che tutti conosciamo. L’azienda ha fatto la storia nella tecnologia dell’informatica e il logotipo Apple, la mela morsicata è diventato uno dei loghi più famosi al mondo.

Apple oggi è una delle società più redditizie e creative al mondo, ma vi siete mai chiesti come è nato il suo logo?!

Ecco la sua storia dalla nascita ad oggi, visto che il design è cambiato nel tempo vedendo una grande evoluzione e numerosi restyling.

Logotipo Apple dalla nascita ad oggi

1977

Il primo logo Apple apparso rappresentava Newton che riposa sotto un albero con una mela pendente. La mela rappresentava ovviamente la creatività e il colpo di genio. Un logo davvero molto bello ma purtroppo poco funzionale.

1979

Vista la poca funzionalità del logo precedente, Steve Jobs commissionò un nuovo logo agenzia Regis McKenna Advertising. Ed ecco apparire per la prima volta una mela. La prima versione era una semplice mela, ma siccome non era chiara gli venne aggiunta la foglia sopra e il morso a creare una “mela morsicata”, divenuta ben presto icona della società. Il logotipo Apple ora apparve a strisce colorate orizzontali come un arcobaleno per rendere il brand più “umano” e fu utilizzato per 21 anni.

1998 – 2020

Trascorsi 21 anni con una mela morsicata multicolore Steve Jobs pensò che era ora di modificare nuovamente il logotipo Apple. La modifica non doveva essere sostanziale, ma solo rendere il logo più flessibile per i suoi prodotti essendo ormai Apple diventata un’azienda di successo in un mercato troppo competitivo.

Appare così una mela morsicata di colore monocromatico. Nel corso degli anni dal 1998 ad oggi il colore è cambiato per essere adattato ai diversi prodotti dell’azienda e ha cambiato formati per lo stesso motivo, ma il logotipo Apple non è più cambiato come forma essendo ormai marchio distintivo di un brand di successo.

Il logotipo Apple a colori è ancora nei cuori dei consumatori Apple e non li dimenticheranno mai, lo stesso vale per la mela monocromatica, per questo è improbabile che il logo verrà cambiato in maniera sostanziale nei prossimi anni.

Curiosità sul nome Apple

Vi lasciamo con queste curiosità. Se vi state chiedendo come mai si chiami Apple, le motivazioni potrebbero essere due. La prima storia racconta che Steve Jobs nell’estate del 1975 o 1976 avesse lavorato in un campo di mele, altri ancora che la mela fosse il frutto preferito di Jobs e altri ancora invece affermano che la scelta della mela sia collegata all’etichetta discografica dei Beatles “Apple Records”

In ultimo si narra che la mela di Apple sia legata ad Alan Touring, considerato il fondatore dell’informatica, che morì suicida addentando una mele in cui vi aveva iniettato del cianuro.

On stage: si nota all’imbrunire con Silvio Orlando

L’altra sera al Teatro Quirino di Roma abbiamo visto con piacere una gran bella pièce, ‘Si nota all’imbrunire’, scritta con gentilezza e umorismo fine e sagace da Lucia Calamaro, un vero talento, e interpretata magistralmente dal grandissimo Silvio Orlando che ultimamente abbiamo visto nella serie televisiva di Paolo Sorrentino ‘The young pope’ e ‘The new pope’, e che ora è a teatro a Roma fino al 2 di febbraio in un dramma esistenziale sulla solitudine.

Un tema che ha stimolato fior di scrittori e drammaturghi, Checov e Pirandello in primis, ma anche l’esistenzialista Ingmar Bergman, solo per citarne alcuni. Questo dramma leggero ma pensoso esplora con una elegante e sapida tessitura drammaturgica il tema della ‘solitudine sociale’, il morbo del terzo millennio che affligge giovani e anziani e che ha una diffusione davvero trasversale. Non per niente in Francia esiste ‘la giornata della solitudine’ mentre in Inghilterra esiste addirittura un ministero della solitudine. Non è solo depressione, non è tanto e solo spleen, è un senso di abulia che avvolge e condiziona la percezione individuale della realtà e che rimanda alla disamina umana del decadentismo.

Molti parlano di nuovo rinascimento ma in fondo si potrebbe pensare, per descrivere l’epoca in cui viviamo, a una nuova decadenza che amplificata dai social media, prima cassa di risonanza del nuovo solipsismo, corrode dall’interno l’anima umana, in un momento di grande alienazione e di inesorabile crisi di valori. Torna il soggetto sbarrato di Lacan nella riflessione amara e poetica di Silvio che, dopo aver perso la moglie, si ritrova ad adagiarsi in solitudine come un eremita.

Silvio si è seduto nel vero senso della parola, è un uomo che più che esistere desiste. La sua famiglia non gli è più familiare e i suoi tre figli Alice (Alice Redini) che ha velleità di poetessa, Maria (Maria Laura Rondanini) una psicologa molto rigida ma anche fragilissima, e Vincenzo (Vincenzo Nemolato che abbiamo visto recentemente nel cast di ‘Martin Eden’) che ha sempre deluso suo padre e ama esibirsi nel canto, sono anch’essi attanagliati da mille insicurezze e inquietudini molto radicate.

La compagnia di Silvio Orlando che porterà lo spettacolo in tournée per l’Italia fino a Maggio, è stata applaudita la sera della première da Gigi Proietti e Maurizio Lombardi. L’incomunicabilità e il senso di inettitudine erigono muri insormontabili fra Silvio e il resto del mondo. “Essere socievoli è faticoso, mi sono abituato all’assenza e mi sento debitore nei confronti di chi mi ama, in fondo il mio paese interiore è privo di abitanti”, dice il protagonista, riflettendo in modo dolente sulla sua condizione di isolamento interiore.

Fra risvolti tragicomici e intermezzi musicali questo dramma introspettivo si snoda con un testo agile e scorrevole che alterna riso e lacrime come nella vita e che approfondisce mirabilmente la psicologia dei personaggi. Da segnalare l’istrionica abilità di Roberto Nobile che ricordiamo ne ‘La scuola’ sempre accanto a Orlando e che sulla scena interpreta il fratello del protagonista solitario. La compagnia di Silvio Orlando che porterà lo spettacolo in tournée per l’Italia fino a Maggio è stata calorosamente applaudita la sera della première da Gigi Proietti e Maurizio Lombardi. Vivamente consigliato.

Ph: Claudia Pajewski

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A model’s talk: Fero Janicek

Quando e come è iniziata la tua carriera da modello?

Nella vita faccio il medico. Ho sempre avuto la passione per la moda e la bella fotografia. La carriera da modello è arrivata per caso grazie ai social. 

Il tuo lavoro ti ha permesso di conoscere l’Italia, cosa ti piace del nostro paese?

Fin da piccolo ho sempre visto l’Italia come il paese dei miei sogni, tanto che l’ho scelta come paese dove studiare per il progetto Erasmus. Dell’Italia amo tutto – la lingua, la cultura, il cibo e l’arte.

La tua città preferita nel nostro Paese?

Non ho una città preferita. Ho avuto la possibilità di conoscerla bene e ogni città è diversa, ognuna con la propria identità e particolarità che la rende magica.

La tua routine di allenamento e nutrizione?

Sono molto duro con me stesso e determinato al punto che non ho problemi a fare tanti sacrifici per raggiungere i miei obiettivi. Mi alleno anche due volte al giorno se necessario, svegliandomi alle 5 del mattino. La mia alimentazione è soprattutto proteica con pochissimi carboidrati e grassi limitati al necessario. Seguo uno schema chiamato “digiuno intermittente”. Questo tipo di alimentazione non è facile da seguire ma fornisce risultati reali. Bisogna limitare il consumo di calorie a una finestra di 8 ore e astenersi dal cibo per le altre 16. 

Tre cose indispensabili nella tua valigia?

Un bel libro, beauty case e il portafortuna che mi è stato regalato da una persona a me cara.

Dove e come ti vedi tra 10 anni?

Non mi vedo tra 10 anni. Sicuramente continuerò a svolgere il mio lavoro di medico. Per il resto vivo la vita giorno per giorno, cercando di cogliere tutte le opportunità che essa mi presenta, ma restando sempre ben saldo con i piedi per terra.

Intervista a cura di Massimiliano Benetazzo.

Photographer: Roberto Viccaro @vicroberto
Stylist: Stefano Guerrini
Stylist’s assistants: Elisa Maria Montanaro e Salvatore Pezzella
Grooming: Martina Muscariello
Model: Fero Janicek @fero.janicek

Thanks Cross+Studio e Greta Tedeschi


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Banana: valori nutrizionali, proprietà e calorie

Quante calorie ha una banana? Quali sono i suoi valori nutrizionali? E le sue proprietà? Perché è importante mangiarle?

Tutti noi conosciamo le banane. Questi eccellenti frutti tropicali sono ricchi di sostanze nutritive, in particolare di potassio, di vitamina B6 e di acido folico. La loro combinazione di energia, minerali e vitamine le rendono uno degli alimenti più adatti per qualsiasi dieta. Detto questo, non ci resta che approfondire l’argomento nei passaggi successivi.

I benefici delle banane: proprietà, valori nutrizionali, calorie e utilizzi

Valori nutrizionali delle banane (per 100 grammi di prodotto)

  • Calorie: 110 kcal
  • Proteine: 1,2 g
  • Carboidrati: 26,2 g
  • Fibra: 2,3 g
  • Potassio: 387,8 mg
  • Calcio: 18,2 mg

Nello specifico, le calorie di una banana di medie dimensioni sono circa 90.

Proprietà delle banane

Le proprietà delle banane sono eccezionali. In molti definiscono questo frutto un super-cibo, sia per la sua completezza dal punto di vista nutrizionale, sia che per il suo delizioso sapore​.

Le banane sono frutti ricchi di vitamine A, B1, B2, B6, B9 (acido folico) ed E. Hanno inoltre un elevato contenuto di fibre e di minerali come il potassio, il magnesio, il calcio, il selenio, lo zinco e il ferro. Il ferro contenuto nella banana è un toccasana per stimolare la produzione di emoglobina nel sangue, migliorando così i casi di anemia.

Le banane contengono inoltre il triptofano, un aminoacido essenziale che serve a​ regolare i ritmi del sonno e l’umore.  Le banane fanno bene alla circolazione del sangue. Inoltre evitano le ulcere allo stomaco e alleviano e proteggono la mucosa intestinale.

Ma non è tutto. Le banane promuovono il corretto funzionamento del sistema nervoso e prevengono i crampi muscolari​. Per finire, grazie al loro alto contenuto di zinco, le banane agiscono contro la caduta dei capelli e permettono una buona salute della pelle​.

Chi deve consumare le banane?

Il consumo di banane è particolarmente indicato per le persone che praticano sport e che sono molto attive sia fisicamente che mentalmente. È bene includere questo frutto anche nella dieta dei bambini e degli adolescenti. Dato che le banane contengono acido folico, sono altamente raccomandate durante la gravidanza.

Inoltre, essendo la banana un frutto molto saziante, è particolarmente indicata a tutte quelle persone che vogliono perdere peso. Infine, nel menù da adottare quando si soffre di gastrite non devono assolutamente mancare le banane.

Modelle Victoria’s Secret: 9 angeli più belli di sempre

Victoria’s Secret è un Brand di abbigliamento femminile e di prodotti di bellezza tutto made in USA, è noto in particolare però per le sue collezioni di lingerie del tutto spettacolari e preziose. La lingerie viene indossata da modelle bellissime, ma non solo anche di altissimo livello, sono definite delle “super top”.

Le passerelle hanno visto camminare le modelle più belle sempre, nessuna esclusa, in abbigliamento intimo di pizzi e seta, lustrini e piume.

Le modelle Victoria Secret, che sfilano per le collezioni di questo brand, sono tutte non troppo magre e con le forme al punto giusto.

Ma sapete quali sono gli angeli Victoria’s Secret più belli? Ecco la selezione delle riviste di moda.

Victoria Secret modelle più belle

Cominciamo col nominare le modelle degli anni ’90 fra le più famose:

  • Naomi Campbell
  • Eva Herzigova
  • Cindy Crawford

Spostandoci invece a tempi più recenti fra gli Angeli di Victoria’s Secret ci sono:

  • Adriana Lima
  • Miranda Kerr
  • Alessandra Ambrosio
  • Behati Prinsloo
  • Candice Swanepoel
  • Heidi Klum

Scegliere fra queste bellissime donne che di professione fanno le modelle, quale sia la più bella è davvero difficile, si rischia di fare un torto ad una o all’altra, ma non può passare inosservato il fatto che fra tutte una è stata degna di nota per aver fatto impennare le vendite di Victoria’s Secret. Sapete qual è? La risposta è facile: Adriana Lima, la modella dagli occhi glaciali. La sua bellezza e sensualità rappresentano l’ideale sexy della lingerie proposta dal Brand.

A dichiararlo è stato il quotidiano di Rio de Janeiro “O Globo” che basandosi su un algoritmo che ha incrociato 14 parametri, fra cui anche i followers di Instagram, ha eletto la modella brasiliana la più seducente e potente fra gli angeli di Victoria’s Secret.

Eccoci passare ad altre modelle che hanno fatto parlare di sé e per questo dobbiamo nominare nel team modelle di Victoria’s Secret anche la brasiliana Valentina Sampaio, la prima modella trans e a seguire l’americana Ali Tate Cutler. Quest’ultima è un’insegnante di yoga e influencer che si definisce “curvy” proprio per via delle sue forme e della sua taglia. Si perché ora il Brand ha deciso di scegliere una modella dalla taglia 46 e rivoluzionare così il mondo dell’immagine e del marketing che da sempre gira intorno alle passerelle e alla lingerie.

Manintown talents: Francesco Ferdinandi

Photo: Davide Musto

Stylist: Stefano Guerrini

Grooming: Domenico Mastrodicasa

Photographer assistant’s: Federico Taddonio e Dario Tucci

Stylist’s assistants: Elisa Maria Montanaro e Greta Tedeschi

Talent: Francesco Ferdinandi @Alex Pacifico

Special thanks to Palazzo Brancaccio – Spazio Field

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Tulemar, un’avventura di lusso nella giungla

Scappare in Paradiso è un istinto naturale per coloro che vivono nell’emisfero settentrionale, specialmente durante i terribili inverni freddi.

Bellezza naturale, lussuose foreste, palme che si distendono per chilometri e onde per i più coraggiosi: questo è ciò che la Costa Rica ha da offrire.
Questo inverno, proprio alla fine della stagione delle piogge, ci siamo allontanati dal nostro hub di New York per visitare l’acclamato miglior hotel di Trip Advisor nel 2019: Tulemar a Quepos, sul lato del Pacifico.

Arrivando all’aeroporto di San Jose, dove purtroppo non si trova molto da fare, siamo stati accolti dal nostro autista privato di Tulemar, inviato dal resort per salvarci dal rumore della Capitale e portarci nella zona di Manuel Antonio, dove si trova Tulemar, uno dei parchi naturali e degli ecosistemi più incredibili.
Dopo circa 3 ore in auto lungo l’unica “strada nazionale” (in Costa Rica c’è un’autostrada nazionale che attraversa tutto il Paese e collega città e paesi importanti come un’aorta principale), abbiamo raggiunto la regione più rigogliosa e turistica di Quepos.

Il verde ovunque, le infinite spiagge e le lussuose foreste pluviali sono sicuramente alcuni dei motivi per cui questa zona deve essere nella tua lista dei desideri.

Ma non è solo questo, poiché c’è ancora da aggiungere che Tulemar, oltre ad essere costruito con grazia all’interno dell’ecosistema con i suoi bungalow e ville private ​​nella giungla, è anche sede, dal 2015, di qualcosa di fantastico: lo Sloth Institute.

La STI è un’organizzazione senza scopo di lucro con la missione di migliorare il benessere e la conservazione dei bradipi selvaggi e in cattività attraverso la ricerca e l’istruzione. Si dedicano inoltre a collaborare con altri programmi di riabilitazione e rilascio di bradipi. Tulemar ospita alcune specie nel suo ambiente protetto lussuoso e tranquillo e offre passeggiate educative agli ospiti e agli altri visitatori, su prenotazione. Abbiamo partecipato al tour ed è stato abbastanza affascinante. I bradipi soccorsi vagano liberamente (ma non per così dire) intorno alla proprietà; alcuni erano visibili anche come ospiti in uno dei Café all’interno della proprietà proprio durante la prima notte del nostro viaggio, quasi come se sapessero che qualcuno era venuto lì per scrivere anche di loro.

L’area di Quepos/Manuel Antonio è una vera e propria delizia per gli amanti della natura. Il parco di Manuel Antonio, che si trova a pochi km dal resort, offre magnifici tour VIP per coloro a cui interessa conoscere meglio gli ecosistemi e il comportamento degli animali che risiedono nel parco. Noi abbiamo fatto una passeggiata di 2 ore nel il parco con una guida specializzata e ne è davvero valsa la pena!

Tulemar è un resort unico nel suo genere con 4 piscine, una spiaggia privata, ville private e bungalow accoglienti, il tutto immerso in una sorta di Jurassic Park: è un ambiente per gli amanti della natura che amano essere coccolati e le avventure di lusso.

Il servizio a Tulemar rientra nel ritmo del luogo e nello stile Pura Vida, tutto è come dovrebbe essere in vacanza: offre da uno staff amichevole che coordina senza problemi le navette per la spiaggia e il ritorno a casa o la consegna per il servizio in camera quelle mattine pigre dove guardare le palme e le scimmie cappuccine sorseggiando un delizioso caffè in una piscina privata è l’unica cosa da fare.

Consigliamo vivamente di organizzare un tour della proprietà con il proprio concierge personale che viene assegnato a ciascun ospite all’arrivo (sì, un concierge personale per il vostro soggiorno, meraviglioso!) e che trascorriate le mattine nella splendida baia privata, una delle gemme del posto, o in una delle piscine quando non state esplorando il parco di Manuel Antonio. Per i tipi più avventurosi, c’è un piccolo sentiero su entrambi i lati della baia che porta alla spiaggia meravigliosamente isolata.

Suggerimenti sulla Costa Rica:

–        “Take it easy”, il tempo è concepito in modo molto diverso rispetto alle nostre affollate capitali

–        I dollari americani sono accettati in negozi e ristoranti, ma assicuratevene prima in quanto alcuni potrebbero non farlo

–        “Pura Vida” significa grazie, ciao, come stai, sei il benvenuto…

–        Stai alla larga da fiumi ed estuari: in Costa Rica i coccodrilli amano passare il tempo lì

–        Noleggia una macchina ed esplora il più possibile

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Canada Goose: Project Atigi Collection

Una collezione artigianale di parka creata in collaborazione con 18 designers Inuit diventa un progetto sociale per lo sviluppo di un programma di impresa Inuit su larga scala.

I capi sono stati creati da designer provenienti dall’ Inuit Nunangat, la patria di questo popolo che risiede nel Canada del Nord. Costituito nel 2019, il Progetto Atigi celebra la competenza e l’importante heritage dell’artigianalità Inuit che ha loro consentito di vivere nelle più difficoltose ed estreme condizioni climatiche. Costruito sul successo e l’impatto della collezione inaugurale, quest’anno il progetto evolve attraverso la presentazione di 90 capi sartoriali creati da 18 designers Inuit che provengono da 12 differenti comunità della regione dell’Inuit Nunangat.

In collaborazione con l’organizzazione Inuit Tapiriit Kanatami (ITK), Canada Goose ha commissionato a questo gruppo di abili designers la creazione di 5 giacche a testa che riflettessero il loro heritage, la cultura comunitaria e la loro tradizione artigianale. La collezione sottolinea la profonda tradizione sartoriale del Nord ed ogni designer ha plasmato i tessuti in qualcosa di funzionale e stupendo. La collezione, che include modelli Uomo e Donna, sarà presentata in selezionati store attraverso il Nord America e l’Europa e saranno disponibili per gli ordini su canadagoose.com o contattando [email protected] dal 23 gennaio 2020.

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Wish list: un nuovo tipo di lusso

Un nuovo tipo di lusso. Un lusso quasi emotivo, in grado di rappresentare non tanto un social status, ma la nostra appartenenza ad una tribù di stile sempre più simile ad una famiglia allargata, dove tutti sono accreditati alla stessa fanzine. Questa parola non è usata per caso perché questi nuovi oggetti del desiderio sono tutti un po’ retrò, old school, figli di una nostalgia per un periodo che in realtà parte del pubblico a cui sono indirizzati non ha vissuto. Oltre agli eccessi di colore, soprattutto l’uso del viola per il guardaroba maschile fa riferimento a una cromoterapia energizzante e rivitalizzante. La moda acquisisce così aspetti rassicuranti e taumaturgici, che si aprono a nuove strade. Iniziando dal passato.

Di Ermenegildo Zegna l’abito must-have in tessuto tecnico di raso #UseTheExisting con macchie multicolori su una base viola ossidiana chiara, composta da una giacca a spalle morbide con risvolti couture iconici e pantaloni slim fit senza pinces. T-shirt oversize in maglia con scollo ampio. Occhiale modello geometrico con montatura leggera in metallo e acetato. Stivaletti con zip a Varsavia pelle grigia.

Michael J. Fox e Rob Lowe interpretati da Richard Berstein in puro stile Warhol per le copertine di Interview. E la felpa e la canotta di cotone di Coach 1941 diventano supercool e molto desiderabili tributi agli anni Ottanta!

Ci ricorda alcune vacanze al mare negli anni ’70, tra Ibiza e Saint Tropez, il sandalo con cinturini in camoscio color sabbia di Santoni. Così chic!

Dall’amatissimo Gucci disegnato da Alessandro Michele un portadocumenti in pelle rossa con dettaglio Horsebit. E puoi andare a lavorare con stile e con uno spirito elettrizzante.

Borsa in pelle di Bally con dettagli in stile escursionismo, non solo per i fine settimana in alta montagne.

La shopping bag Marni della collezione uomo p/e 2020 è in PVC con manici in pelle. Il dettaglio dei disegni di bottiglie di plastica richiama uno spirito ecologico che è assolutamente essenziale oggi.

Ci fanno pensare alle università americane, un tocco di “Grease”, un po’ di “The rules of attraction” di Bret Easton Ellis, dove i protagonisti principali sono cheerleader e giocatori di rugby. Ecco le Sneakers in gabardine di cotone di Prada: nuovi oggetti del desiderio.

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Beauty tips per l’inverno

Una gallery per la beauty routine dedicata alle principali necessità del periodo invernale: prodotti ad azione detox e validi alleati per proteggerci dal freddo.

Ahava Purifying Mud Sheet Mask

Leviga la superficie della pelle e aiuta a diminuire rughe e linee sottili, aumentando il livello di idratazione. La pelle è purificata in profondità, lenita, compatta e luminosa.

Davines A Single Shampoo

Una formula costituita dal 95% di ingredienti di origine naturale e biodegradabile al 98,2%. Ideale per la detersione delicata e quotidiana di tutti i tipi di capelli, cui garantisce idratazione ed elasticità.

Comfort Zone Specialist Hand Cream

Crema mani nutriente, non untuosa a rapido assorbimento. Ripara e protegge la barriera cutanea, lasciando le mani morbide, idratate e gradevolmente profumate grazie alle delicate note di thè bianco.

Skin Regimen Hydra Fluid

Fluido idratante e lenitivo doppio uso. Applicato tutti i giorni, protegge e idrata il viso; utilizzato dopo la rasatura, lenisce la pelle e la normalizza.

Augustinus Bader The Cream

Un trattamento ultraleggero ed idratante che aiuta a trasformare l’incarnato aiutando ad evitare la perdita di idratazione offre una pelle sana, luminosa, turgida ed un aspetto levigato. 

Glamglow Supermud limited edition 

Uno dei bestseller del brand dedicato al Capodanno Cinese. La maschera è arricchita con carbone, una miscela di sei acidi e K-17 clay. Il carbone activated-x aiuta a eliminare impurità, tossine e sebo in eccesso nelle aree più profonde e difficili.

PIXI Detoxifeye

Patch occhi che sgonfiano istantaneamente e revitalizzano la zona del contorno occhi, che risulterà subito fresca e reidratata. A base di acido ialuronico, cetriolo, caffeina e oro, lenisce, nutre e fortifica  la pelle, donando una nuova vita allo sguardo.

Biofficina Toscana Crema Labbra Riparatrice

Una crema labbra utile per riparare e nutrire in profondità con effetto rimpolpante grazie alla presenza di zuccheri e glicoli. 

Veralab Dot Eraser

È un gel che contiene Acido Salicidico e Bakuchiol, due principi attivi innovativi clinicamente testati per la loro azione anti acne. Riduce, sfiamma e leviga la zona colpita riducendo i microrganismi colpevoli degli sfoghi.

Lpg Thé Bio Minceur Express J14

Una combinazione di piante, frutta e verdura biologiche in grado di bruciare i grassi, drenare e disintossicare l’organismo. Disponibile in bustine singole per preservarne la freschezza e tutte le proprietà delle piante contenute nella sua formulazione.

Wilden Herbals

Una linea di infusi che riscoprono il potere curativo delle natura, innovando antichi rimedi della tradizione classica, ormai dimenticati. La qualità di erbe e piante selezionate creano deliziosi infusi sinergici che contribuiscono al nostro benessere.

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Facciamo chiarezza sulla canapa legale

Contraddizione e confusione è ciò che continua a caratterizzare il mondo della marijuana in Italia, in particolare dopo una sentenza della Corte di Cassazione che invece di chiarire l’oscurantismo legislativo sulla canapa legale ha generato altre domande e problematiche. Ma quali sono gli aspetti che hanno portato a una nuova indagine su questa pianta e sui prodotti contenenti CBD? Di seguito andremo ad analizzare le singole situazioni al fine di mettere chiarezza su questa realtà e comprendere se oggi sia possibile acquistare e vendere la cannabis light. Per ulteriori informazioni ti consiglio di visitare questa pagina.


La storia della cannabis light: tra cultura sociale e preconcetti

Come in tutte le indagini, dietro ad ogni evento vi è una storia. Se si guarda indietro nel passato si scoprirà quanto bizzarra sia quella che riguarda la cannabis. Infatti come pianta erbacea che cresce facilmente nelle regioni con clima mediterraneo caldo umidi, sin dall’antichità veniva utilizzata per diversi scopi. I primi ritrovamenti del suo impiego risalgono a più di 5.000 anni fa. I suoi principi attivi anche se non scientificamente provati erano ben conosciuti nell’epoca classica, sia per quanto riguarda i benefici sulla salute, sia per ciò che concerne il suo lato più oscuro ovvero gli effetti psicotropi. La canapa nei secoli si è integrata con la cultura delle singole società. Basta considerare che in Europa non solo veniva impiegata come composto medico, ma anche utilizzata per vestirsi, creare corde e oggetti, utilizzandola in maniera costante nella vita quotidiana. Le cose però sono lentamente cambiate alla fine del 1800 e in particolare agli inizi del nuovo secolo, con una nuova visione della marijuana, proveniente da oltre oceano.

Infatti in questi anni la cannabis da composto impiegato nella quotidianità si trasforma in una droga, con un’attenzione particolare solo agli effetti collaterali e non anche ai vantaggi che si possono ottenere nel suo impiego. Ben presto la concezione negativa che si crea intorno a questa pianta, prende il sopravvento in tutto il mondo occidentale, rafforzata da una serie di leggi che mettono al bando la sua coltivazione e il suo impiego e al contempo portando a considerare come l’utilizzo di questo prodotto, ormai illegale, fosse collegato a particolari tipologie di soggetti che fossero fuori dagli schemi e poco rispettosi della legge. Al di là di quello che si può pensare, il consumo di canapa anche se molto limitato, è continuato in diversi strati sociali e inoltre spingendo gli studiosi ad effettuare ricerche sulla sua composizione, analizzando i composti chimici presenti all’interno della cannabis e le interazioni che potevano derivarne sul corpo umano. Grazie alla scienza, gli effetti benefici della cannabis negli ultimi anni hanno preso il sopravvento creando aspettative in coloro che la utilizzano e confusione nei settori legislativi dei singoli Paesi. In maniera molto lenta e inesorabile si è iniziata ad integrare di nuovo questa pianta all’interno della legalità.

La cannabis light e la sentenza della Corte di Cassazione

L’oggetto dell’indagine sulla cannabis è quindi strettamente connesso ai due principali composti chimici presenti al suo interno, il CBD, ovvero il cannobidiolo e il THC o anche conosciuto scientificamente come il tetraidrocannabinolo, sostanze che sono presenti in natura anche in altre piante, ma che nella marijuana hanno una concentrazione molto elevata. Ma quali sono gli effetti di questi due composti sull’organismo dell’uomo? Il CBD produce una serie di conseguenze positive, dato che agisce sui recettori del dolore, con un’azione antidolorifica e antispasmodica, ha effetto antiemetico, cura l’ansia e inoltre può essere impiegato per il trattamento di malattie particolari come quelle autoimmuni, l’epilessia e addirittura il cancro. 

Un composto che ha degli aspetti che possono essere definiti eccezionali, grazie al quale la vita di un individuo può avere una serie di vantaggi per la sua salute, ma all’interno della marijuana è presente anche il THC il quale agisce a livello dei recettori nervosi influenzando le capacità mentali e motorie di un singolo individuo. I suoi effetti psicotropi sono quelli che hanno suscitato dubbi e perplessità sull’utilizzo della cannabis.
Limitare la percentuale del THC è quello che si è fatto negli ultimi anni con le nuove ricerche, creando dei ceppi di canapa che contenessero bassissime percentuali di questo composto. In particolare in Europa nasce la cannabis light, che viene legalizzata anche in Italia con la legge 246/2016: in base ad essa, è possibile commercializzare e vendere qualunque prodotto che contenga CBD e quindi derivante dalla marijuana, ma che abbia una percentuale di THC, pari o inferiore allo 0,6%.
Una grande vittoria per l’utilizzo medico e ricreativo di questa pianta, e che porta anche allo sviluppo di un nuovo settore commerciale, con l’apertura di migliaia di negozi, l’aumento dei terreni predisposti alla coltivazione e lo sviluppo di prodotti di varia tipologia che contengono il CBD. Dagli alimenti ai cosmetici, dai tessuti alle inflorescenze, dall’olio alle resine: l’applicazione della cannabis light ha determinato una vera e propria rivoluzione nel settore commerciale, e con enormi benefici nella vita di tutti i giorni.
L’indagine si potrebbe concludere con una piena assoluzione della cannabis light e di tutti i prodotti con alto contenuto di CBD e una percentuale inferiore alla 0,6% di THC. Invece le reticenze sociali sono rimaste, portando alla necessità da parte della Corte di Cassazione ad esprimersi con la sentenza del 30 maggio 2019, la quale invece di rendere l’orizzonte più limpido ha creato altra confusione.

La nuova realtà della cannabis light dopo la sentenza della Corte di Cassazione

In base a quanto pronunciato dai giudici della Suprema Corte si è sottolineato come la vendita della cannabis light, ovvero quella che veniva considerata legale dalla normativa del 2016, non è più definita tale, ma viene considerata illegale anche se la percentuale di THC al suo interno è inferiore dello 0,6%. Una sentenza che ha portato molte critiche, ma in realtà ha sottolineato il vuoto normativo che non era stato colmato dalla legge apposita negli ultimi tre anni. 

La Corte di Cassazione nell’entrare nel merito ha ribadito come la problematica riguardasse i prodotti che potessero essere considerati legali per la vendita, dato che all’interno della legge vengono elencati tutti i derivati della cannabis, dalle fibre a quelli alimentari, senza però far riferimento ai fiori, agli oli e alle resine. In base a quanto stabilito quindi sarebbe legale vendere biscotti o altri integratori a base di CBD ma non i semi e le escrescenze.
La sentenza appare ancora più eclatante se si pensa, che viene considerato illegale e quindi contrario alla legge qualunque composto di marijuana che abbia un effetto drogante anche se con bassi contenuti di THC, ponendo come riferimento l’elenco europeo previsto per i singoli ceppi ammessi alla coltivazione, nei quali è comunque indicata la limitazione dello 0,6% dato che non produce effetti psicotropi sull’organismo. L’ennesima contraddizione che riguarda il mondo della cannabis.
In realtà se si esamina attentamente il testo di legge, vi è un netto invito al legislatore a intervenire su questo aspetto oscuro della normativa.
Ma oggi si può vendere la cannabis light? La risposta è positiva, dato che successivamente alla sentenza della Suprema Corte, è stato aggiunto un emendamento alla legge 242/2016, in base al quale si fa chiarezza su quelli che sono i prodotti a base di CBD che possono essere oggetto di vendita e si specifica inoltre la soglia di THC che deve essere contenuta al fine di considerarli legali. Il parametro di riferimento non è più lo 0,6%, ma una percentuale inferiore, in modo da rispettare in pieno gli ambiti penali ed è lo 0,2%.
Quindi in base all’emendamento, i fiori e l’olio ad alto contenuto di CBD e con una percentuale di THC che non supera lo 0,2% possono essere regolarmente venduti presso i negozi specializzati o negli e-commerce, salvaguardando in questo modo sia l’ampio sviluppo commerciale del settore, sia l’ambito agricolo.
Affidarsi a siti specializzati in Italia e in Europa alla vendita dei prodotti a base di CBD come Justabob.it è fondamentale, dato che si avrà la sicurezza della qualità degli articoli che si stanno acquistando, e delle percentuali di composti contenuti in ogni singolo prodotto. Trasparenza e semplicità di utilizzo sono gli aspetti che caratterizzano questa piattaforma, con una scheda personalizzata e molto esplicativa di ogni articolo. Infine si avrà il vantaggio di ordinare in pieno anonimato e ricevere i prodotti direttamente a casa.

Joker contro tutti, ed è subito Toto Nomination

Hollywood è in fibrillazione in questi giorni per la notte più attesa dell’anno, la favolosa notte degli Oscar dove, a giudicare dai pronostici, il gioco si farà veramente duro. In lizza per la mitica statuetta dorata nella 92esima edizione dei premi più
ambiti della settima arte, svettano quest’anno: Joker, The Irishman e C’era una volta…a Hollywood, ovvero la terna composta da Todd Phillipps, Scorsese e Tarantino.

Sarà sicuramente una bella sfida fra titani: il favorito con 11 nomination al suo attivo, è il film della Warner sul pagliaccio killer della Marvel con Joaquim Phoenix, bad guy della scena cinematografica a stelle e strisce, protagonista di un’interpretazione da brivido, maledetta, eccezionale. Ha fatto incetta di nomination anche ‘1917’ di Sam Mendes (10 in tutto) mentre De Niro a sorpresa non ha ottenuto alcuna nomination che invece sono andate ai colleghi Al Pacino e Joe Pesci per il kolossal sulla mafia del regista di ‘Taxi Driver’ tratto da un magnifico romanzo.

Nella rosa dei migliori attori candidati all’Oscar spiccano invece Banderas per ‘Dolor y Gloria’ di Almodovar, e Jonathan Pryce per ‘I due papi’ che è candidato all’oscar per il miglior attore non protagonista con Anthony Hopkins. Una manciata di nomination fra cui quella al miglior film se l’è accaparrata ‘Le Mans 66-La grande sfida’.

Fra le donne Renée Zellweger (che ai Golden Globe si è presentata con uno strepitoso lungo color lavanda di Armani Privé e che ha annunciato che potrebbe ripetere il miracolo Bridget Johnes), per il film ‘Judy’ è l’avversario da abbattere in gara per l’Oscar alla miglior interpretazione femminile al quale sono candidate altre attrici illustri come Scarlett Johansson per ‘Storia di un matrimonio’ titolo di Netflix che si presenta agli Oscar con ‘The Irishman’ e con ‘Storia di un matrimonio’ e : Saorsie Ronan per ‘Piccole donne’, film di Greta Gerwig, una delle più accanite paladine del Metoo, che è candidato anche a migliore colonna sonora e a migliori costumi. Nella rosa delle grandi dame del cinema in pole position per l’Oscar non mancano Charlize Theron per il film femminista ‘Bombshell’ tratto da una storia vera ambientata nel mondo dello showbiz, per il quale Margot Robbie, brand ambassador di Chanel, potrebbe aggiudicarsi la statuetta come miglior attrice non protagonista.

E’ in corsa per lo stesso premio anche la bravissima Kathy Bates (la ricordiamo in ‘Misery non deve morire’ e ‘Pomodori verdi fritti’) per il film ‘Richard Jewell’ della Warner diretto da Clint Eastwood su un caso di cronaca americana che destò scalpore. Il miglior film straniero potrebbe essere (ce lo auguriamo!) ‘Parasite’ di Bong Joon-Ho, già incoronato ai Golden Globe e Palma d’Oro a Cannes, da non perdere per la sua feroce e magistrale critica sociale al vetriolo, perfetta per questa fase storica di gravissime sperequazioni nella distribuzione della ricchezza nel pianeta. Il film è candidato anche all’Oscar come miglior film e anche per la regia.

JoJo Rabbit titolo della Walt Disney e incantevole pellicola sull’antinazismo in chiave childish, potrebbe aggiudicarsi varie statuette, fra le quali migliore attrice non starring (Scarlett Johansson).Una piacevole sorpresa è la candidatura di ‘Cena con delitto’ per la miglior sceneggiatura originale.

In copertina: Joker. Ph.-Nico-Tavernise-Copyright-©-2019-Warner-Bros.-Entertainment-Inc.-All-Rights-Reserved-4-TM-©

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Riso per paella: ricetta originale e ingredienti adatti

Scopri la ricetta della paella valenciana passo passo e preparati a gustare uno dei piatti più succulenti della Spagna.

Sono state scritte dozzine di libri sulla paella Valenciana. L’argomento è stato trattato in centinaia di articoli e ci sono innumerevoli post sul web che spiegano il piatto. Ma qual è la vera paella alla valenciana? Le controversie sono infinite. Abbiamo fatto un tentativo di ricerca e alla fine abbiamo trovato una ricetta di paella di pesce e carne che ci sembra più che attendibile. Eccola.

Ricetta paella Valenciana: ingredienti e procedimento

Ingredienti paella valenciana (per 6 persone)

Vediamo ora qual è la ricetta originale della paella. Gli ingredienti di cui abbiamo bisogno sono:

  • 400 g di riso per paella (il Bomba è il migliore in assoluto);
  • 500 g di pollo tritato;
  • 500 g di coniglio tritato;
  • 500 g di calamari;
  • 500 g di cozze;
  • 500 g di vongole;
  • 200 g di piselli;
  • 100 g di garrofò fresco (tipico fagiolo della Spagna);  
  • 100 g di pomodorini tagliati a pezzetti;
  • 6 cucchiai di olio d’oliva;
  • Alcuni fili di zafferano;
  • Paprika rossa macinata q.b.;
  • 1 litro di brodo vegetale caldo;
  • Un rametto di rosmarino.

Procedimento paella valenciana

Per preparare la paella di pesce innanzitutto bisogna versare l’olio sulla padella e accendere il fuoco. Una volta che l’olio è caldo si aggiunge il coniglio, il pollo, i calamari, le cozze e le vongole e si fa rosolare finché questi ingredienti non diventano dorati. A questo punto si uniscono le verdure insieme alla paprika. Infine è il turno del pomodoro tagliato a pezzettini. Quindi si lasciano insaporire tutti gli ingredienti per qualche minuto. Poi si versa il brodo vegetale caldo, lo zafferano, il rosmarino e il sale. Si lascia cuocere il tutto a fuoco lenti per circa 30 minuti e infine si aggiunge il riso. Approfitta ora per provare a correggere di sale e mescola di tanto in tanto fin quando il riso non sarà cotto.

Il riso per paella

È domenica. Mezzogiorno. Cominci a preparare la paella. E bene, no, la paella con il basmati non la puoi fare! Né con il basmati né con altri tipi di riso lungo. L’unico riso adatto per fare una paella, se vogliamo che sia autentica, è il riso rotondo.

Best of Milano moda uomo 2020/21

Milano torna protagonista con le passerelle maschili dell’autunno inverno 2020/21. In calendario abbiamo visto un centinaio di eventi tra sfilate, presentazioni e appuntamenti mondani. Ecco alcune delle nostre preferite.

ERMENEGILDO ZEGNA

ICEBERG

MARCO DE VINCENZO

MSGM

SUNNEI

SPYDER

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App per spegnere il telefono dei figli in automatico

I genitori spesso sono in apprensione per l’uso che fanno i figli del telefono, sia per quanto riguarda l’uso dei social, i video che possono vedere ma anche per il tempo che lo usano.

Se avete paura che i vostri figli utilizzino il telefono in modo eccessivo, che vi dicano che vanno a letto e invece si nascondano sotto le coperte a giocare con lo smartphone, o ancora, voi esclamate spegni il telefono e loro non lo fanno, ecco che vi vengono in aiuto le app per spegnere il telefono dei figli in automatico.

Non le conoscete ancora queste app per spegnere il telefono in automatico? Ecco una lista di quelle più usate.

Sono importantissime e fanno in modo che siano i genitori, come è giusto che sia, a gestire il tempo di utilizzo degli smartphone dei figli adolescenti, che potrebbero perdere il controllo dell’utilizzo e senza rendersene conto, restare svegli fino alle 3 del mattino, con enormi conseguenza sull’apprendimento scolastico del giorno seguente.

App per spegnere il telefono in automatico

Family Time

Questa app permette di impostare diverse cose dall’ora dedicata ai compiti a quella per andare a letto, inoltre fra le opzioni vi è il geofencig. Si tratta di una modalità che permette di sapere quando lo smartphone entra od esce da un’area specifica oltre a bloccare siti, video e app non appropriati per il proprio figlio. Infine basta impostare l’ora di spegnimento e il telefono si spegnerà da solo.

Kukka Parental Control

App di facile utilizzo che permette di monitorare le applicazioni da utilizzare sul telefono, ma anche limitarne l’uso impostando la durata di utilizzo. E’ intuitiva ma con poca possibilità di personalizzazione, ma diciamo che se cercate solo un modo per spegnere il telefono dei figli questa potrebbe fare al caso vostro, soprattutto se non siete degli esperti di dispositivi elettronici.

Family Link

Questa funzione è stata introdotta da Google l’anno scorso nel software di controllo parentale dedicato agli smartphone. Questa modalità funziona in modo semplice una volta configurata basta semplicemente utilizzare l’assistente vocale e pronunciare le parole “Hey Google spegni telefono di ……” Tempo 5 minuti e lo smartphone nominato verrà bloccato.

Attenzione però che l’App Family Link è utilizzabile solo per i figli che hanno meno di 13 anni, al di sopra è necessario avere il loro consenso. Chissà se questo permetterà ai genitori di poter controllare i loro figli lo stesso e spostare l’attenzione dal dispositivo elettronico ad altro.

Mobile Fence

Questa app un po’ come le altre permette di controllare le attività dei figli online e anche chiamate/messaggi, bloccare alcuni siti e app che non si vuole vengano utilizzate. Inoltre per prevenire la dipendenza da smartphone è possibile impostare il tempo massimo di utilizzo giornaliero e così il telefono si spegnerà trascorso quel tempo.

L’artigiano delle fragranze: Sileno Cheloni

È il maestro profumiere toscano di fama internazionale: Sileno Cheloni si fregia del titolo di “naso della verità”, creatore di profumi “tailor made” che vanta tra i clienti il premio Oscar Hellen Mirren, il politico Matteo Renzi, collaborazioni con Gucci, Lamborghini, Richard Ginori e una linea di saponi e cosmetica.

Sileno Cheloni fa del profumo un’arte che dice “eleva al divino”, ci mette in contatto con la nostra parte spirituale. Il profumo regala all’uomo un antico magnetismo, una posizione di potere, perché col profumo si attrae, si seduce. Il profumo è anche scia dei ricordi, di gesti, di fantasie, è il criterio delle affinità elettive.

 Per la prima volta a Pitti Uomo, Sileno Cheloni presenta “Il Profumoir”, una vera e propria Bespoke Experience della profumeria, dal 7 al 10 gennaio al piano inferiore del padiglione centrale.


Per l’occasione si terrà l’apertura della nuova OL’Factory in Via San Niccolo’ 95R, il 6 gennaio 2020, uno spazio dove tutto è speciale, un salotto dove tutto è magnifico, le stanze sono piene di mille rarità che attestano la competenza di colui che le ha scelte, nell’aria aleggiano essenze che creano atmosfera, un luogo così ben ideato, che a entrarci sembra di stare sotto effetto di un incantesimo. Perché il profumo è identità e audacia, è, ancora prima dell’abito, coraggio di raccontarsi.

Può esprimere amabilità, raffinatezza, rarità, gentilezza, energia, seduzione, orgoglio, definisce un’identità specifica, qualità precise, che si materializzano in essenze, rivolte a un pubblico che capisce l’importanza di avere un profumo personalizzato, anziché accettare di indossare fragranza commerciali, scelte e condivise da milioni di altre persone.

 Sileno Cheloni ci apre il suo magico mondo in questa intervista esclusiva.

In quale parte del mondo è più interessante fare ricerca? 

L’oriente, dove inizia la via degli incensi e quindi dei profumi. 

Quali sono i segreti del mestiere?

Passione e creatività, poi un po’ di formazione, ma quanto basta.

Perché hai scelto come sede Firenze?

Perché se l’Oriente è l’origine dei profumi, Firenze ne è stata per tanto tempo la culla.

Cosa rappresenta per te un profumo? In base a quale caratteristica della persona accosti un profumo? 

Uno stato d’animo da raggiungere. Il profumo è una caratteristica dell’anima, per cui molto profonda e non percepibile al primo sguardo, va scoperta insieme. 

Dove s’indossa un profumo per renderlo più persistente?

Dove si sentono le pulsazioni del nostro sangue 

Perché hai scelto di intraprendere questo mestiere?

Non ho scelto, gli sono saltato addosso. Energia pura.

Quale è in assoluto IL PROFUMO? Quello che magari avresti voluto creare tu.

L’incenso che i re Magi hanno portato in dono a Gesù Cristo.

Esiste un personaggio vivente per cui vorresti creare un profumo? E uno storico? 

Claudio Baglioni scrisse la canzone del secolo, io vorrei fare il profumo che indossava la protagonista in quelle chiare sere d’estate.

Avrei voluto farlo per l’avvocato Agnelli, ero un suo fan.

Quanto è importante avere un profumo “su misura” e perché?

L’importante è essere consapevoli che il profumo è il nostro abito invisibile. Il naso è l’organo con il quale prendiamo le decisioni più insindacabili: si o no! In molti ambiti professionali, in amore, nella scelta di un compagno o un collaboratore. Deducete voi l’importanza di averne uno fatto su misura.

L’odore che ti trasmette allegria e uno che invece ti ricorda momenti grigi. 

Ogni profumo mi mette allegria, soltanto per il fatto di poterlo sentire. Per me i momenti grigi sono il raffreddore che mi tiene lontano dalla verità.

Quanto è persistente, nella memoria, un profumo? 

Un profumo è  per sempre, ma la magia sta nel fatto che non lo sappiamo. Fino al giorno in cui lo risentiamo, lì si confondono gli attimi con gli anni.

Quanto è importante il packaging? 

Fondamentale come un abito per un vero monaco.

Le note della Regina Elisabetta e quelle di Marilyn Manson 

Violetta e Garofano. 

Tu che profumo sei?

Una Rosa assoluta. 

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Supereroe donne: 4 protagoniste femminili di cinema e fumetti

Quando si parla di supereroi, di solito si pensa sempre a quelli maschili, ma in realtà ci sono moltissime supereroe donne protagoniste di fumetti e del mondo del cinema che sono molto amate da tutti. Eccone alcune che non si possono dimenticare.

4 supereroe donne

Wonder Woman

Non possiamo che partire dal nominare Wonder Woman, la prima supereroina della storia del fumetto. Creata da William Moulton Marston con il sogno che diventasse un simbolo per il mondo femminile, che ispirasse le donne e le incitasse a perseguire i lori sogni, idee e visione del mondo.

Nel 1941, data di creazione, Wonder Woman stravolse il mondo del fumetto americano.

Catwoman

Con Catwoman si è di fronte a una delle supereroe donne più sexy del fumetto e poi del cinema. Entrata nel cuore di molti fans della serie di Batman, è una donna seducente in grado di essere amante ma anche amica, alleata e nemica allo stesso tempo del grande Batman.

Rappresenta nelle saghe una ladra di professione, con agilità da lasciare senza parole. Amata molto non solo per il suo lato sexy, ma anche perché è stata in grado di lasciarsi alle spalle il suo passato di povertà, dovuto alla sua condizione di orfana. Passato che riesce a superare grazie alle sue doti. Sfrontata e bella, agile e intelligente è un po’ la donna che molte di noi vorrebbero essere.

Batgirl

L’eroina Batgirl (Barbara Gordon) nasce nel 1966, donna affascinante e solare che il destino colpisce amaramente. Purtroppo Joker, personaggio della serie Batman, le spara rendendola paraplegica.

La ragazza al momento entra in una forte crisi depressiva che le fa pensare al suicidio, ma poi reagisce, si rimbocca le maniche e decide di essere da supporto al Crociato Incappucciato ed ecco apparire l’Oracolo.

Non è tutto, perché la stessa Batgirl fonda anche il gruppo Birds of Prey dedicato alle donne e formato solo da donne.

Le sue caratteristiche principali sono tenacia e intelligenza, ciò che serve a una donna per farsi strada nel mondo.

Vedova Nera

Personaggio del mondo Marvel nata come agente di spionaggio russa potenziata geneticamente per il KGB, all’inizio è nemica di Iron Man, ma in seguito diventa una delle più grandi donne di spionaggio ed esperta di combattimento corpo a corpo.

Le sue doti sono l’abilità nel portare a termine le missioni di infiltrazione.

Trend beauty 2020

Skin fitness, skincare ASMR, detersione termo-facciale, e Nordic Beauty: ecco alcuni tra i fenomeni che guideranno il mercato della bellezza in questo 2020.

  1. Ritorno al minimalismo con la N-Beauty

Mettiamo da parte C-Beauty, K-Beauty e J-Beauty: c’è una nuova tendenza in città e arriva dal Nord Europa. L’N-beauty è senza dubbio la tendenza più semplice da prendere in considerazione nel 2020, con particolare attenzione al rendere il più facile possibile la nostra skincare routine per ottenere quell’invidiabile e sano bagliore tipico degli abitanti dei paesi più felici al mondo. Come fare? Il concetto è quello di ridurre il numero dei prodotti cosmetici che utilizziamo quotidianamente, preparando al meglio la pelle con una detersione corretta e in seguito applicando solo quello che realmente è necessario.

2. Detersione termo-facciale

Sempre quest’anno, la tendenza sta per cambiare ancora una volta grazie ad una nuova tecnologia pronta a rivoluzionare il mercato. I dispositivi di pulizia termo-facciale prenderanno piede in tutto il mondo, creando condizioni di pulizia ottimali difficili da ricreare manualmente. Il calore delicato scioglie le impurità all’interno dei pori rimuovendo sebo, sporcizia e inquinanti. In questo campo, Foreo è stato un precursore con il suo primo dispositivo LUNA nel 2013, ha cambiato per sempre le modalità di pulizia della pelle in tutto il mondo.

3. CBD Beauty Il CBD (o cannabidiolo)

Un estratto non intossicante della pianta di canapa – è stato accolto nel mondo del wellness. Il CBD ha fatto il suo ingresso sulla scena beauty in una nuvola di polemiche e ha rapidamente imposto altissimi livelli di precauzione. “Ciò potrebbe essere attribuito al fatto che il CBD, a differenza di altri ingredienti, sta davvero colpendo il fulcro centrale del benessere per offrire bellezza e wellness sia interni che esterni”, ha affermato Lisa Payne, Senior Beauty Editor di Global Trend Hunters Stylus.

4. Squalane antinquinamento

Se vogliamo preservare la giovinezza della pelle proteggendola dallo stress quotidiano e dall’inquinamento, lo squalane è l’ingrediente da non perdere del 2020. In poche parole, lo squalane è squalene idrogenato – sebo prodotto naturalmente dalla pelle. Diventerà il nostro nuovo must have!

5. Skin fitness

Celebrità come Kim Kardashian e J-LO si avvalgono di trattamenti per il viso a microcorrente che aiutano la pelle a raggiungere il massimo ‘fitness’. Le microcorrenti sono come un allenamento per il viso: stimolano e rassodano i muscoli per un aspetto più giovane, esattamento come l’allenamento sul resto del corpo. Mentre un trattamento in un centro specializzato può arrivare a costare tra 250 e 500 dollari, le recenti innovazioni tecnologiche in termini di skintech permettono agli utenti di portare a casa dispositivi a microcorrente al prezzo di una singola seduta in un salone di bellezza!

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Sta per arrivare la collezione di Dior con Stussy

Il mondo del fashion ha iniziato a investire su collaborazioni inedite e super richieste fra i più importanti luxury brand del momento. Le passerelle hanno fatto sognare milioni di persone in tutto il mondo con intere collezioni di capi d’abbigliamento e accessori che si avvicinano alle nuove tendenze del mercato, in parte caratterizzate dall’influenza musicale del momento, sempre più apprezzata da star e giovanissimi.

(from left to right) Christian: jacket and boiler suit: Givenchy; mesh vest: The White Briefs; cap: model’s own; Gabriel: suit: Dior Homme; shirt: 3.1 Phillip Lim

E così, con l’arrivo di un nuovo anno ricco di innovazione e avanguardismo, Dior ha scelto di far parlare di sé mediante una collaborazione che ha già catalizzato l’attenzione sul noto marchio di alta moda francese. Lo stile è già andato in scena all’Art Basel di Miami: la collezione uomo Pre Fall 2020 targata Dior e disegnata da Kim Jones – direttore artistico dell’ala Homme del brand – ha abbracciato le linee underground e metropolitane di Shawn Stussy. Una reinterpretazione delle forme morbide ed eleganti tipiche della cultura francese che vengono targettizzate e <> dall’esperienza del marchio che si è da sempre fatto portavoce della sotto-cultura urbana e delle sue manifestazioni estetiche.

Una sperimentazione il cui gusto moderno non ha mancato di catalizzare l’attenzione di quanti fossero alla ricerca di suggestioni in cui lettering, scritte, tonalità degradé e le immancabili colorazioni street fanno da padrone. In questo articolo abbiamo scelto di approfondire il legame inedito fra le due maisons, cercando di comprendere l’evoluzione dei luxury brand in attesa di un 2020 da urlo: ecco cosa sapere.

Dior + Stussy: innovazione e avanguardismo ricchi di colore

La collezione si caratterizza per la reinterpretazione inedita di alcuni capi di abbigliamento maschili tipici della casa di moda francese: camicie camp ultra decorate, t-shirts valorizzate da grafiche invadenti e predominanti, maglioni con scollo a V e pattern colorati e immediatamente riconoscibili per la loro influenza street. Un’unione stilistica e visiva che non nasconde la passione che il direttore creativo di Dior Homme provava – fin da giovane – per le tendenze maggiormente sporty e underground del collega Stussy.

Il risultato ha lo scopo di trasmettere la passione per la moda che i due luxury brand hanno cercato di comunicare di fronte agli occhi increduli degli appassionati riuniti per l’occasione all’Art Basel Miami: un mix sapientemente bilanciato di tinte sgargianti ma mai eccessive, linee sicure e ispirate ai murales dal sapore statunitense. Insomma, una sperimentazione progettuale che lascia intendere il desiderio di innovare l’utilizzo di marchi in cui la qualità della manifattura si caratterizza da sempre come il fiore all’occhiello di una fama senza tempo, che anticipa le collezioni stesse.

Collaborazione Dior e Stussy: quando la moda vuole innovare

Una sfilata con cui aprire positivamente il 2020, consapevoli che l’hype dello stile metropolitano non tende a sfiorire; e così, fra le star e i VIPs che hanno assistito alla collezione Pre Fall Man di Dior non possono mancare i volti noti di un mondo in cui il fashion fa da padrone: David Beckham e Kate Moss, passando per Lily Allen e Bella Hadid, senza dimenticare l’immancabile presenza delle sorelle Kardashian.

Un gusto che piace davvero a tutti: una passerella in stile cyber-surf in cui la rievocazione degli ultimi decenni del Novecento permette di creare un’immagine mega-colorata, in cui le sneakers fanno da padrone assieme agli immancabili calzettoni firmati dai brand, simbolo della moda underground che continua a spopolare da tempo. Il punto di forza della proposta targata Dior + Stussy? Un’interpretazione tutta avanguardista in chiave luxury di tendenze che hanno da sempre fatto parte del mondo popolare e pop, con richiami di stile nettamente in linea alla passione per le forme e le tinte di Keith Haring e Jean Michel Basquiat. In attesa dei prossimi sviluppi, non possiamo fare altro che guardare con particolare interesse alla ricerca fashion che ha caratterizzato fin da subito l’anno corrente: un mix sapientemente bilanciato in cui passione, progetto e creatività ci ricordano il valore più puro e alto della moda.

L’Innovation technology di Claudio Marenzi per il pianeta

Presidente e Amministratore Delegato di Herno, una delle aziende di punta del sistema moda italiano che vanta una storia di più di settant’anni, Claudio Marenzi è un punto di riferimento per quello che concerne l’innovazione e la crescita del mercato del nostro paese. Non a caso è Presidente di Pitti Immagine e di Confindustria Moda dove convergono 66.000 imprese del Made In Italy, appartenenti a tutte le filiere produttive della moda e dell’accessorio, che insieme generano un fatturato di 95,5 miliardi di euro.

A Pitti Uomo 97 l’innovazione tecnologica si conferma il suo pallino e, senza alcun dubbio, il segreto del successo della sua azienda, nella cui mission corre instancabile lo slogan “funzionalità oltre all’estetica”. E con cosa se non con la Herno Laminar ASSOLUTO, una scarpa da trail running ma dal look pittosto urbano. Realizzata in Gore-Tex con suola Vibram Megagrip che, grazie al suo grip ad alte prestazioni, garantisce massima stabilità su ogni terreno. Obiettivo raggiunto grazie al gioco di squadra con un azienda leader nel settore,S.C.A.R.P.A. Punto di forza, infatti, di un imprenditore come lui è quello di saper riconoscere il meglio delle eccellenze italiane per creare sodalizi in grado di produrre delle vere novità pronte a sbaragliare il mercato, grazie a ricerca e innvazione.
Ma un’impresa di successo non può più prescindere dalle esigenze ambientali del pianeta, anche per stessa richiesta dell’utente che rivela sempre più consapevole e responsabile nei confronti del pianeta. Ed ecco la vera rivoluzione: 2 piumini (un bomber e un cappotto) completamente biodegradabili perché occorrono solo 5 anni per essere completamente smaltiti, accessori e imbottitura in piuma inclusi.
A far compagnia a questo eccezionale progetto, altre 2 idee green che prestano attenzione ai filati: un parka, un cappotto e un blazer in nylon 100% rigenerato ECONYL® prodotto con reti da pesca usate e scarti di moquette destinati alla discarica, persino l’imbottitura è ricavata da duvet dismessi. Mentre un peacoat e un cappotto sono elegantemente tessuti di una lana melange anch’essa riciclata da materiali di scarto.

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Larusmiani: una storia handmade che nasce nel cuore di Milano

Il marchio sartoriale più antico di via Montenapoleone, oggi guidato dalla terza generazione, si è posizionato come una delle realtà simbolo dell’artigianalità Made in Italy.

Insieme a Guglielmo Miani Senior, un sarto specializzato in tute e raincoat cuciti a mano, impermeabili come le ali di gabbiano, in latino Larus. Sembrava già scritto nel destino che questa avventura avesse tutte le basi per spiccare il volo. Già dai primi modelli si stava identificando un target ben preciso, quello di un gentleman in continua evoluzione di stile grazie alle influenze del contemporaneo.

Le boutique arrivano in poco tempo. Dal 1939 fino agli anni Sessanta vengono inaugurati quattro spazi tra via Montenapoleone, via Manzoni, Galleria e Corso Vittorio Emanuele II. Sono punti strategici da cui prenderà vita la pietra miliare del Fashion District meneghino. Intanto il successo si fa visibile nel mondo dello spettacolo: il fondatore diventa amico e outfitter di celebrità del calibro di Buster Keaton, Totò e Charlie Chaplin, mentre nel 1970 viene insignito come il più grande importatore dell’industria tessile inglese.

Tre anni dopo il figlio Riccardo diventa ceo, iniziando un forte investimento nella divisione tessile con collezioni handmade interamente fatte in Italia; alla fine degli anni 80 viene inaugurato l’headquarter vicino allo store, mentre il marchio inizia a posizionarsi come uno dei key supplier di tessuti di alta qualità per i fashion designer di tutto il globo. Oggi ne vengono venduti 2 milioni di metri all’anno in fibre naturali come cashmere, vigogna, lino, cotone e seta, prodotti tra Como, Varese e Biella. I vestiti e gli accessori sono creati nel Tailor shop in Toscana da un team speciale di artigiani.

Nel 2006 il testimone passa a Guglielmo Miani, rappresentante della terza generazione di famiglia, che assume la carica di amministratore delegato, per poi essere eletto presidente cinque anni dopo. Un know-how quello del tessile e dell’alta sartoria che Miani respira fin dalla nascita come parte del Dna della sua famiglia, unito a passione e determinazione. Il numero uno dell’azienda dal 2010 è anche presidente di Montenaoleone District, che riunisce 150 brand internazionali del lusso nel Quadrilatero della moda di Milano. Inoltre, è membro del Consiglio della Confcommercio, organo di rappresentanza di più di 700 mila imprese impegnate nel commercio e turismo in Italia.

Con il salto generazionale si sono delineati nuovi obiettivi di business incentrati sull’offerta abbigliamento. Il sofisticato approccio diretto verso il vero lusso è simboleggiato proprio dal gabbiano, ricamato all’interno delle giacche e dei cappotti come marchio di riconoscibilità ed eccellenza. Nel 2015, ’heritage cresce con la storica coltelleria Aldo Lorenzi che viene integrata negli spazi della boutique Larusmiani in via Montenapoleone 7.

Inaugurata nel 1954 e rinnovata in seguito dall’architetto londinese David Collins, è il più antico negozio pret-a-porter di Via Montenapoleone. Una superficie di 700 metri quadrati dislocata su tre piani fa immergere in un universo di eccellenza, fatto di opere d’arte, orologi vintage, libri antichi, in cui possono essere toccati con mano i capi Larusmiani. L’espansione fuori dai confini di nascita è stato un passo più che naturale.

La boutique estiva a Porto Cervo in Sardegna aperta quattro anni fa è stata seguita da uno store sulle Alpi svizzere a Saint Moritz. Il secondo step verso l’internazionale ha visto partnership nel settore dell’hôtellerie di lusso per l’apertura di altri punti vendita nell’isola caraibica di Saint Barth e nel 2019 a Parigi, anno in cui la maison è anche approdata nello shopping center Métropole di Monte-Carlo.

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Agopuntura i benefici: ecco cosa succede al tuo corpo

L’agopuntura è un metodo di cura dalle origini antichissime, si parla di più di diecimila anni fa. Il periodo di maggior fulgore per questa disciplina fu sotto la dinastia Ming ed è anche grazie a questo che oggi possiamo usufruirei dei benefici dell’agopuntura.

La medicina tradizionale cinese utilizza l’agopuntura come metodo base di cura, si basa sulla stimolazione di punti posti sui meridiani del corpo tramite degli aghi sterilizzati, assolutamente indolore.

L’uso dell’agopuntura permette di agire sugli squilibri energetici del soggetto aiutandolo a ripristinare il benessere psico-fisico. In particolare la medicina tradizionale cinese attribuisce gli squilibri dell’organismo ad una cattiva circolazione del QI, energia vitale. Quando questa è carente o si accumula in alcune parti del corpo ecco comparire disturbi di vario genere.

Cosa succede al corpo quando ci si appresta ad una seduta di agopuntura?

I risultati sono diversi a seconda del disturbo per cui ci rivolgiamo ad un medico agopuntore, questo è fondamentale saperlo, ma è altresì chiaro che l’agopuntura apporta diversi benefici che vi spieghiamo a seguire.

Agopuntura: benefici

Prima di passare ai benefici di questa pratica, ricordiamo che nel 1979 l’agopuntura è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come strumento valido di terapia.

L’agopuntura apporta benefici a chi soffre di:

  • ansia
  • depressione
  • mal di testa e cefalea
  • insonnia
  • raffreddamento
  • dolori cervicali
  • mal di schiena
  • contratture
  • sovrappeso

Ansia depressione insonnia mal di testa

In questi casi si è rilevato un effetto rilassante del 90% sul soggetto che ne soffre solo tramite l’uso di aghi. La qualità del sonno migliora, poiché l’agopuntura aiuta a regolare il ritmo circadiano riducendo anche i risvegli notturni.

In caso di mal di testa e cefalea invece si sono rivelate diminuzioni degli attacchi e intensità inferiore nel 70% dei casi.

Dolori articolari – Mal di Schiena – Cervicale

Recenti studi hanno dimostrato come l’agopuntura regoli la percezione a livello cerebrale del dolore, per questo per trattare i dolori articoli, ma anche muscolari e le tendiniti. In circa quattro sedute già i dolori intensi vengono alleviati notevolmente.

Malattie da raffreddamento

Chi soffre di frequenti raffreddamenti e affezioni delle prime vie aeree potrebbe pensare di sottoporsi a sedute di agopuntura. La medicina tradizionale cinese impiega la stimolazione dei punti con gli aghi per stimolare l’energia di difesa del corpo per contrastare le energie patogene esterne. In questo caso le sedute sono da farsi in prevenzione prima della stagione autunnale.

Sovrappeso

In caso di sovrappeso l’agopuntura è utile per accelerare il metabolismo, ma non solo può abbassare anche i livelli di colesterolo e favorire la riduzione dei cuscinetti. Inoltre aiuta a eliminare le tossine e la ritenzione idrica.

McDonald’s: storia e curiosità sul fondatore

Conoscete la vera storia della catena McDonald’s famosa in tutto il mondo e dal fatturato da far girare la testa?

Il suo proprietario Raymond Albert Kroc è oggi uno degli uomini più conosciuti, nato nel 1902 in Illinois e morto per un attacco cardiaco a San Diego nel 1984 ha fatto dell’idea di due fratelli sull’orlo di un collasso finanziario la sua grande, enorme, indiscussa fortuna (se non l’avete già fatto andate a guardarvi il film The Founder, disponibile anche su Netflix).

Come nasce McDonald’s in realtà

Il nome McDonald’s è legato ai fratelli Dick e Mac McDonald, i due nacquero nei primi anni del Novecento. Aiutavano il padre in un ristorante e in seguito ne aprirono uno loro. A seguire nel 1940 aprirono un drive-in in California che serviva hot-dog come piatto principale. Il McDonald’s Bar B-Q di San Bernardino.

Nel 1948 i fratelli McDonald ebbero un’idea e chiusero il drive-in per qualche settimana per fare dei cambiamenti atti a migliorare il servizio e rendere le cose più veloci e semplici.

Alla riapertura i McDonald presentarono un locale che faceva hamburger ma con l’idea innovativa di ristorante self service.

Ray Kroc in quel periodo era un venditore di frullatori per la società Oak Park e andando al ristorante per motivi di lavoro, mise gli occhi sul business creato dai fratelli e rimase affascinato dalla velocità con cui il cibo veniva prodotto e servito nel locale.

Ci rifletté su e propose ai due di vendergli i diritti del nome McDonald’s con la promessa di riconoscerli in cambio percentuali sulle vendite.

Ray Kroc fondò prima la McDonald’s System Inc che poi divenne McDonald’s Corporation destinata a fornire il supporto per i ristoranti in franchising.

La storia racconta che quelle percentuali sulle vendite i fratelli non le presero mai, ma poco dopo si videro costretti a vendergli il marchio, poiché Kroc acquistò il terreno dove c’era il loro ristorante. Dalla vendita i McDonald ricavarono 2 milioni e 700 mila dollari, ma Kroc diventò il proprietario di una catena di fast food milionaria.

La catena McDonald’s è diventata così il simbolo della globalizzazione in una società volta al capitalismo e al consumismo, ma non solo, è anche identificata come junk food o da molti come “cibo spazzatura”

Curiosità sui fratelli McDonald

Si dice che i fratelli McDonald andassero in un campo da tennis a disegnare per terra la disposizione del nuovo locale durante le settimane di chiusura del drive-in e nello stesso campo facevano esercitare i dipendenti alla nuova modalità lavorativa. Non ci sono prove di questo, ma solo racconti a voce.

Il Film sulla storia di McDonald’s

Nel 2016 è uscito un film, The Founder, diretto da John Lee Hancock e con Michael Keaton a interpretare Ray Kroc. Narra la storia di Ray Kroc e di McDonald’s. In Italia è giunto nel gennaio 2017 andando in onda la prima volta su Rai 3 nel febbraio 2019.

Venezia – Cronache da una città sommersa

Cronache da una città sommersa nasce a favore della serigrafia Fallani Venezia per supportare la ripartenza delle attività a seguito dell’acqua alta che ha colpito la città lagunare il 12 novembre 2019 raggiungendo 187 cm.

Dopo questo evento eccezionale, la voglia è di guardare avanti e ripartire, riprendendo le attività quotidiane, questo spirito ha dato vita a questo progetto grazie ad una serie di amici vicini al laboratori di serigrafia che hanno coinvolto una serie di illustratori, nuove e vecchie conoscenze di Fallani, chiedendo loro di realizzare una grafica legata alla città di Venezia.

Bruno Bozzetto, Ale Giorgini, Riccardo Guasco, Franco Matticchio, Andy Rementer, Jacopo Rosati, Guido Scarabottolo, Lucio Schiavon e Olimpia Zagnoli hanno deciso di donare un proprio lavoro alla serigrafia così da permettere a Gianpaolo, deus ex-machina di questa realtà, di riprendere l’attività di stampa con nuove edizioni e sostituire i materiali danneggiati.

Le grafiche sono disponibili in pre-ordine su https://fallanivenezia.bigcartel.com/, in edizione limitata in 50 esemplari numerata e firmata dagli artisti, acquistabili singolarmente o in cartella.

Se siete a Venezia potete passare anche a scoprire il laboratorio artigianale di serigrafia artistica, attivo dal 1968, e scoprire il processo di stampa del progetto.
Nelle vicinanze potete approfittarne per una tappa in uno di questi posti:

Alla Vedova
Ramo Ca’ d’Oro, 3912

Bar/Ostello Combo
Campo dei Gesuiti, 4878

Pasticceria Rosa Salva
Calle Giazzo, 6779

Osteria Del Ricio Peoco
Strada Nova, Campo S.S. Apostoli, 4462

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Ermenegildo Zegna XXX

La visione della moda maschile attraverso l’occhio della donna con l’attenzione all’ambiente che ci circonda delinea il perfetto mind-set della collezione autunno/inverno 2020/2021 di Ermenegildo Zegna XXX firmata Alessandro Sartori.

Se l’obiettivo è far indossare il tailoring alle nuove generazioni di sicuro il primo passo è integrarlo con elementi affini alla loro cultura, attraverso la sperimentazione di tessuti tecnici mixati con lana e cashmere riciclati in grado di creare nuove silhouette moderne e d’avanguardia sartoriale.

Un cubo sospeso al centro di una ex fonderia milanese creato dall’artista newyorkese Anne Patterson con nastri ricavati da scarti di tessuto Zegna, ricrea un’illusione di colore e movimento atta ad accentuare la filosofia di Alessandro Sartori sul reale utilizzo dei materiali riciclati, ciò che potrebbe essere buttato via diventa perciò arte allo stato puro.

Da uno scenario onirico appaiono con passo deciso i giovani uomini Zegna che reinventano il tailoring con il ritorno del Gilet usato anche solo con una camicia, overshirt con zip, una cross-body bag ispirata al mondo della fotografia contemporanea e la collaborazione con Leica, storico marchio tedesco costruttore di fotocamere e ottiche, dà vita a borse, accessori e tracolle per la macchina fotografica, l’inizio di un progetto tra i due brand che porterà allo sviluppo di una mostra fotografica dal titolo “modern masculinity”.

Al centro di questa collezione ritroviamo la sperimentazione di Alessandro Sartori in molteplici forme dalla speciale selezione di materiali tessuti a mano sviluppata con la comunità di San Patrignano al gioco di metamorfosi di trame e forme esaltato da una palette di tonalità neutre.

Lo sguardo alle giovani culture a lui vicine e alla loro attenzione per l’eco-friendly rende l’iconico brand biellese un mix di semplicità e funzionalità atto a ricordare che la moda ha il dovere di rispettare il nostro pianeta.

Testo di Francesco Vavallo – @francesco_vavallo
Film by Simone Santus – @simomlcrw
Powered by LOOK MI – @lookmi.it

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Highlights Milano moda uomo

Non solo sfilate in questa Milano Moda Uomo autunno inverno 2020 2021, ma anche presentazioni sparse nelle location più cool della città. Nell’attesa della primavera siamo andati a scoprire in anteprima quali saranno i pezzi chiave per il prossimo anno.

ZEGNA

In una geometrica foresta di fili, si materializza la collezione Ermenegildo Zegna XXX Inverno 2020. Una ridefinizione del tailoring delinea lo spirito della stagione, mentre il know-how sartoriale viene esplorato in nuove direzioni ibride. La silhouette è pulita e stratificata; il layering dei capi è accentuato; dettagli ergonomici come le tasche applicate aggiungono una nota funzionale. Gli abiti a tre bottoni con giacche a un petto e mezzo leggermente squadrate e pantaloni stretti sul fondo sono indossati con blouson voluminosi; le overshirt con zip e scollo profondo sostituiscono le camicie tradizionali. Il gilet sartoriale fa il suo ritorno come passe-partout, con o senza l’abito. Il processo di evoluzione costante definisce le nuove forme che abbiamo visto in passerella.

KITON

La collezione Kiton Uomo Autunno/Inverno 2020/21 esalta l’abito quale icona di eleganza e sobrietà, offrendone una nuova interpretazione stilistica. Decostruito e modellato per essere indossato dall’uomo in diverse occasioni, l’abito è abbinato ad un dolcevita formale o ad una camicia di jeans, spezzato insieme ad un jeans dal fit perfetto, divenuto capo iconico delle ultime collezioni, un pantalone in cotone e sneakers. L’eleganza è rilassata, anche grazie alle nuove texture e alle fibre innovative che Kiton sviluppa sapientemente nel suo lanificio di Biella. 

DONDUP

Maschile e femminile. Tradizione e innovazione. Sono questi i cardini su cui lo studio creativo Dondup ha lavorato per disegnare le nuove collezioni invernali. Un’analisi che trova nella relazione, tra uomo e donna, tra artigianalità e ricerca, il suo codice distintivo. Il territorio di incontro è il mondo sartoriale: le suggestioni alla Savile Row, con i tessuti della tradizione, sposano la maestria della produzione “Made in Italy”.

BRETT JOHNSON

Brett Johnson con la nuova collezione ha voluto creare un guardaroba pensato per ogni moderno viaggiatore cosmopolitano. Una celebrazione dell’eleganza maschile attraverso codici estetici contemporanei concepiti per transitare, con medesimo aplomb chic, per New York come Milano o Monte Carlo. L’artigianalità è elemento imprescindibile per l’intera collezione, così come l’eccellenza della materia. I capi sono realizzati utilizzando materiali quali vicuña (sia lavorato a maglia che a trama), cashmere 14 micron, un tessuto dall’effetto tecnico realizzato in pura seta, cotone Sea Island, cashmere suede e coccodrillo.

GIUSEPPE ZANOTTI

Per la stagione Autunno/Inverno 2020 Giuseppe Zanotti evolve  e rinnova il concetto stesso di eleganza. La sua proposta è versatile, dinamica,  con un ampio respiro e forti contenuti stilistici. La linea formale giorno si fa strada tra materiali ricchi di texture e dettagli iconici. Il classicismo inglese sposa la dimensione grafica, dando vita ad un’espressione giovane e creativa. Chelsea boots e mocassini vestono il nuovo grazie all’incontro con tacchi plexi, futuristici e inusuali, o all’aggiunta di eleganti fibbie country. La scelta cromatica è solida e materica: croste ingrassate, morbide pelli e stampe si colorano di rosso, prugna, nero, verde bottiglia, testa di moro.

Marcelo Burlon

Distorsione è la parola d’ordine per l’autunno inverno 20/21. Fiori deformati – creati da Mirko Borsche – motivi folk, motivi pied-de-poule allover liquefatti creano effetti psichedelici su bomber, maglioni jacquard, cami- cie, anorak imbottiti, felpe e short. Anche il modo in cui tasche e i dettagli vengono applicati sui pezzi è distorto, mentre cuciture a contrasto creano un altro livello di distorsione. I piumini riflettenti, le giacche monopetto e i bomber ricoperti di cristalli Swarovski sono pensati per sfolgorare e abbagliare. La palette dei colori è una fusione di pietra, marrone, muschio, sesamo, nero illuminati da un blu abbagliante e stampe colorate.

MSGM E CULT

Una partnership davvero cool quella tra CULT, brand glam dall’anima rock nato nel 1987, e MSGM, primo designer brand Made in Italy, disegnato da Massimo Giorgetti. La speciale collaborazione è stata presentata durante la sfilata MSGM al Calabiana Hub. Due brand che sposano gli stessi valori: libertà di espressione, indipendenza, irriverenza. Il BOLT, iconico anfibio con la punta di acciaio di CULT che ha fatto la storia delle calzature per rocker e non solo, è stato rivisitato da MSGM in chiave anticonvenzionale.

ICEBERG

La location scelta dal Direttore Creativo di ICEBERG James Long per la sfilata della collezione uomo Autunno-Inverno 2020 non potrebbe rappresentare meglio questa festa visionaria: “l’Alcatraz”, club storico milanese che porta il nome della prigione più famosa al mondo. La stessa pattuglia multilogo di ICEBERG rompe le regole e si unisce al party. I “sorveglianti” con le loro divise riflettenti perdono la loro austerità e si uniscono ai ravers.

SPYDER

Spyder invita ad affrontare le sfide della vita quotidiana con uno spirito audace e sfrontato. In palestra, sul campo o nelle strade cittadine si schiera al fianco di tutti quelli che hanno un cuore coraggioso, una mente lucida e una tenacia senza limiti. Un vibe dinamico ed energetico caratterizza la collezione Performance per la prossima stagione fredda. L’iconografia audace della street art influenza l’appeal grafico della collezione, che garantisce al contempo performance d’eccellenza e la giusta dose di stile urbano.

KB HONG

40 look, uno per ogni anno dalla fondazione del brand ad oggi, celebrano il lancio di KB HONG. La collezione di debutto di KB HONG è ispirata al retro-futurismo, la corrente artistica contemporanea che trae ispirazione dal modo in cui il futuro è stato immaginato negli anni Cinquanta e Sessanta. La sua traduzione in ambito fashion si traspone in un design caratterizzato dalla combinazione di elementi retrò e futuristici.

LE TASCA

Le Tasca con la collezione FW 20-21 prosegue la sua esplorazione nel mondo dell’abbigliamento, raccontandosi attraverso l’attitudine “utlitaristica” delle sue proposte. Un linguaggio formale e funzionale che traduce il respiro di chi viaggia ed esplora la città con “le mani libere”. Un total look che prende il posto dell’accessorio: le tasche piccole, grandi o grandissime possono contenere i nostri oggetti e Le Tasca diventa divisa del vestire contemporaneo.

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La rivoluzione etica di Brunello Cucinelli

Il suo capitalismo umanistico ha cambiato il modo di fare impresa, attraverso il sostegno della cultura e del tempo libero.

È il re del cashmere, prodotto nell’antico borgo umbro di Solomeo. Secondo un sistema imprenditoriale rivoluzionario che difende e promuove i valori di cultura, tradizione e soprattutto dignità umana. Dai bonus cultura per impiegare il proprio tempo libero in maniera costruttiva, alla scelta di dare un limite ben definito alle ore di lavoro, al di fuori delle quali è fortemente consigliato di non rispondere a mail e telefonate di lavoro, per dedicare quel tempo (dalle 17.00 in poi) a tutto quello che può arricchire mente e anima nel profondo.   “Le mansioni dell’artigiano e dell’operaio sono dure e ripetitive. E se ti faccio lavorare oltre l’orario ti rubo l’anima. Inoltre, la creatività è solo dove c’è la bellezza”.

Non solo una meritatissima laurea ad honorem in filosofia, ma il maestro di eleganza e portatore sano del Made In Italy nel mondo, di un’eleganza vera e credibile, si trova al terzo posto tra gli uomini vestiti con classe nella classifica di Gq Uk.

Il suo prodotto è un vero caso di eccellenza senza eccezioni che, unito al suo metodo imprenditoriale fuori dal coro, gli ha fatto raggiungere dei traguardi incredibili anche nel periodo di crisi più buoio per l’economia italiana, fino ai brillanti risultati del 2019 che hanno registrato un’ulteriore crescita dei profitti del 9%. Un eroe dei nostri giorni, insomma, i cui interessi non si limitano mai soltanto all’impresa, la sua Fondazione Brunello Cucinelli e Federica Cucinelli sono costantemente impegnati nel restauro dei tre monumenti più rappresentativi di Norcia: la Torre Civica, il Teatro e il Museo della Castellina. “C’è bisogno di avere maggiore coraggio per dare un segnale di speranza alla gente” ha dichiarato l’imprenditore che con coraggio lavora sempre a fianco della gente, perché, parafrasando una citazione di Kant, non esiste bello senza bene morale.

Pierfrancesco Favino con un tuxedo in velluto Brunello Cucinelli durante i 32mi European Film Awards, presso la Haus Der Berliner.

BERLIN, GERMANY – DECEMBER 07: Pierfrancesco Favino, wearing Brunello Cucinelli, attends the 32nd European Film Awards ( Europaeischer Filmpreis ) at Haus Der Berliner Festspiele on December 07, 2019 in Berlin, Germany. (Photo by Matthias Nareyek/Getty Images)

Stefano Accorsi ha indossato un abito tre pezzi su misura Sartoria Solomeo, in tela di lana, camicia effetto denim e accessori Brunello Cucinelli durante la premiere del film “La Dea Fortuna” a Roma.

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Profumi per la tua serata speciale

Quali sono i profumi da scegliere per una serata speciale ed unica? Le fragranze da indossare per vivere una notte speciale sono davvero molteplici. Indubbiamente, il profumo è quell’aggiunta, quella nota delicata in più che ci permetterà di vivere una serata magnifica.

Ma, ovviamente, dobbiamo scegliere la nota giusta: quali sono i migliori? Abbiamo pensato di aiutarvi nella scelta, suggerendovi alcuni dei profumi più importanti per l’occasione.

Profumi per una serata speciale: quale fragranza scegliere

Mugler Angel Etoil Des Reves Eau de Parfum De Nuit è una delle fragranze – e delle boccette – più belle che potremmo considerare. Anzitutto, se siete delle grandi amanti del muschio bianco, è la soluzione che fa per voi. Quella sensazione vi abbraccia, quel profumo vi tiene al sicuro; una infusione, un tripudio di foresta e di bosco da indossare per vivere un capodanno speciale. Una fragranza che lascia il segno.

Siamo schietti e diretti: Chanel n^5 è un profumo che è entrato nella storia e ci rimarrà per sempre. In questo caso, è il profumo delle donne per eccellenza, di tutte le donne che amano sentirsi sicure di se stesse. Pensate che Marilyn Monroe, la grande star indimenticata, andava a letto con ben due gocce di Chanel n^5. Quelle note profumate di rosa e di gelsomino conquisteranno i vostri cuori e anche quelli delle persone al vostro fianco.

Non possiamo inoltre non menzionare Dior nella nostra lista. In particolare, ci riferiamo al Poison Girl; che dire di questa fragranza floreale dall’odore inconfondibile? Un misto di fascino e di note fresche, che ci porteranno quasi in un’altra dimensione. Dior segue delle linee molto moderne per quanto riguarda i suoi profumi e cerca sempre di essere in tendenza; tra caldo e freddo, il Poison Girl è per chi adora quelle note particolari e ricercate.

Le fragranze più In per la tua serata unica

Lasciateci dire che Dolce & Gabbana, di punta nel nostro paese, creano spesso dei profumi in grado di farci sognare a occhi aperti. Indubbiamente, Rosa Excelsa è una delle fragranze che più si avvicinano alla descrizione perfetta della primavera: le sue note olfattive ci fanno venire in mente i petali della rosa canina; un profumo incantevole, da sognare a occhi aperti.

Per l’uomo, invece, è possibile spaziare dall’Orange Bitters di Jo Malone fino al Jasmin Rouge, firmato da Tom Ford. Prima di tutto, l’Orange Bitters è un vero e proprio tripudio di profumi invernali: infatti, al suo interno, ci sono l’arancia amara, la prugna e il mandarino. Un profumo, dunque, in linea con l’inverno e che sorprende per le sue note comunque molto delicate.

Non possiamo non citare Armani, con il suo perfetto Eau de Nuit Oud. Qui abbiamo delle note di bergamotto, di pepe rosa e di cardamomo che decisamente scaldano i nostri cuori. Tra legno e spezie, è possibile respirare a pieno una fragranza tipicamente invernale, ideale per una serata da trascorrere con una persona speciale.

Abbiamo citato prima il Jasmin Rouge di Tom Ford. In questo caso, abbiamo un profumo tipicamente esotico, quasi: la cannella, le spezie, i fiori esotici, tutto ci riporta in un luogo affascinante e magnifico. Con aggiunta di gelsomino e di pepe, possiamo trovare le varianti nero e bianco per una fragranza che rimarrà addosso a noi e che soprattutto ci permetterà di stupire la propria compagna. Indubbiamente, Tom Ford è uno dei brand più importanti del settore.

Fonti di ispirazione:

  • https://www.douglas.it/Profumi/index_01.html
  • https://www.diredonna.it/come-scegliere-il-profumo-per-un-appuntamento-sexy-3047221.html
  • https://www.larise.com/it/magazine/magazine/il-profumo-per-il-primo-appuntamento
  • https://www.glamour.it/profumi/donna/2017/12/22/i-profumi-romantici-per-sedurre/

4 Film cult anni 70 da vedere assolutamente

I film non sono tutti uguali si sa, alcuni lasciano il segno nell’anima delle persone che li guardano, altri invece fanno la storia del cinema o ancora lo rivoluzionano.

Fra questi ci sono i film culti anni 70 che sono entrati nella storia del cinema e che sono da vedere assolutamente.

I film anni 70 da vedere assolutamente fanno parte della classifica di quelli con un alto profilo sia dal punto di vista degli attori che del talento del regista. Voi ve li ricordate? Ecco i 5 che dovete vedere almeno una volta.

4 film anni 70 da vedere assolutamente

C’eravamo tanto amati

Questa pellicola del 1974, di Ettore Scola, è stata interpretata da attori di spessore come Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Stefano Satta Flores.

Incalzano la parte di tre amici che hanno combattuto contro i nazifascisti e sperano in un futuro migliore. Ognuno dei tre inseguirà le sue passioni, chi diventa avvocato, chi professione di lettere e chi fa il portantino in un ospedale, amici da sempre si divideranno perché innamorati della stessa donna. Interpretata da Stefania Sandrelli. Ecco però che si ritroveranno di nuovo tutti insieme.

Questo film anni 70 vuole raccontare le illusioni e le delusioni di un’epoca rappresentata da una generazione che voleva cambiare il mondo, ma affogando nell’arrivismo non vi è riuscita.

I tre giorni del Condor

Film cult degli anni 70 diretto da Sydney Pollack e intrepretato da Robert Redford. La pellicola viene lanciata in un periodo polemico per gli Stati Uniti, prende la forma di un thriller e racconta dei punti oscuri sulla sicurezza americana del tempo. Si parla di CIA e di sicari professionisti, ma anche di stampa e libri.

Il braccio violento della legge

Siamo nel 1971 quanto William Friedkin lancia questo cult che fa molto discutere in quell’epoca. Racconta la storia di un poliziotto della narcotici di New York che è convinto stia arrivando un grosso carico di eroina da Marsiglia. Indaga e pedina per scoprirne di più, ma viene sollevato dall’ìncarico, ma questo non lo fermerà. La parte del poliziotto fu affidata a Gene Hackman e il film vinse 3 Oscar (miglior film, regia, attore protagonista, sceneggiatura e montaggio).

Io e Annie

Film anni 70 firmato dal grande Woody Allen con la collaborazione di Marshall Brickman, che qui intrepreta un uomo dal carattere nevrotico e dai ragionamenti complicati, ma un giorno incontra Annie (Keaton), donna benestante, attraente ma anche lei dal carattere particolare.

Fra i due nasce un profondo affetto, che fatica a trasformarsi in amore per via di incomprensioni e reciproche paure. Col passare del tempo i due si conoscono sempre meglio, ma la loro unione sentimentale sembra sempre sull’orlo di un naufragio.

Questo cult del 1978 vinse 4 Oscar: miglior regia, film, attrice protagonista e sceneggiatura originale.

Around Pitti Uomo 97: i 10 brand da ricordare

Ogni stagione Pitti Uomo porta oltre 1.200 espositori a Firenze che diventa la vetrina e il sismografo delle tendenze uomo e lifestyle globale. Abbiamo scelto 10 brand che ci hanno particolarmente colpito per l’impatto dei loro eventi, la progettualità e la collezione.

Karl Lagerfeld

Per la seconda volta, dopo l’edizione di Giugno dell’anno scorso, il marchio è presente presso la Fortezza da Basso con la sua nuova collezione di rtw, accessori e uno special project dal titolo “ A tribute to Karl:the white shirt project”, curato da Carine Roitfeld.

Si tratta di varie camicie bianche, ripensate e rielaborate da amici storici del Kaiser, quali Kate Moss, Cara Delevigne o Lewis Hamilton. Splendide le pelli texturizzate di pantaloni e giacche, che saranno di gran moda per il prossimo inverno.

a tribute to Karl: white shirt project

Herno

Herno presenta il suo nuovo progetto “Globe”, sinonimo di sostenibilità e artigianalità: massima importanza alla provenienza delle materie prime, allo sviluppo di nuove tecniche produttive e al rispetto dell’ambiente.

In una location verde e molto rilassante nascono I piumini, I bomber e le giacche biodegradabili, che si decompongono dopo 5 anni se gettati in discarica, oppure quelli ottenuti con materiali rigenerati derivati da materiale di scarto.

Herno

Borsalino

La sfida di Borsalino è quella di aggiornare un accessorio come il cappello, considerato retrò e obsoleto. Lo fa molto bene, proponendo il classico “Bogart” in chiave moderna o fondendo il mondo della moda con quello artistico del Rinascimento o del movimento inglese delle “Arts and crafts”.

Il risultato è una ricerca molto interessante di forme e materiali, in cui il classico scozzese inglese si fonde con velluto animalier, vernice e finta pelliccia. Divertente è l’omaggio a Raffaello, cinquecento anni dopo la sua morte.

Borsalino

Tagliatore

La raffinatezza è uno dei marchi di fabbrica di Tagliatore: a partire da una tavolozza calda e speziata, che vira poi al grigio e nero, la silhouette gioca sull’armonia tra i cappotti oversize e giacche e pantaloni più attillati.

Particolare attenzione alla giacca da camera, curata e costruita come se fosse un cappotto couture, con dettagli sofisticati e forme avvolgenti.

Lardini

Lardini rilancia il formale e il classico con una collaborazione speciale con il designer Yosuke Aizawa, fondatore di Mountaneering.

Avvolta da un’ atmosfera nordica e glaciale, la nuova moda è frutto di una contaminazione innovative tra praticità e innovazione, tra classicismo e dinamismo.

Lardini

Brioni

Un’atmosfera viscontiana a Palazzo Gerini, uno dei pochi palazzi sei-settecenteschi che si trova a Firenze: merito di Olivier Saillard, che ha saputo tradurre I festeggiamenti del 75esimo anniversario del marchio romano in un vero e proprio percorso nella cultura, tra moda e musica classica.

La preziosità dei velluti, dei pellami e delle lane più pregiate, declinate in fogge classiche e dal sapore romantico, disegnate dall’austriaco Norbert Stumpfl, si sposano perfettamente con I modelli-musicisti che cI accompagnano nelle sei sale del palazzo, tra le note di Debussy, Satie e Monteverdi. Un concetto di eleganza maschile delicato, colto e non chiassoso, in totale controtendenza con quanto abbiamo visto altrove.

Photo credit: Brioni

K-Way

Alla storica Borsa Valori, va in scena l’apotesi dell’outerwear: coloratissimo, pratico, divertente, pop, tecnologico. Partendo dallo storico slogan “Let it rain”, il brand festeggia il 55esimo anno di attività sfoggiando una miriade di proposte per tutte le esigenze, dal basic (non a caso è di proprietà del gruppo Basicnet) a proposte ricche di dettagli tecnici.

Photo credit: K-Way

Jil Sander

Nel chiostro di Santa Maria Novella, si inaugura un nuovo capitolo della coppia stilistica dei coniugi Meier, che proprio a Firenze hanno studiato e si sono conosciuti. Un’atmosfera luminosa e monacale al tempo stesso, dove a farla da padrone è la semplicità delle linee, l’ampiezza dei volumi, la neutralità della palette.

Tutto è sussurrato, accennato: il rigore di cappotti austeri ingentilito da sottili ricami e applicazioni, i tessuti più ricercati abbinati con quelli più naturali, un’aquila regale che si posa su spille e collane.

Photo credit: Alessandro Lucioni

Telfar

Il marchio fondato da Telfar Clemens parla di meltissage tra culture, generi e stili: il Rinascimento toscano, così ben incarnato dallo splendido Palazzo Corsini. Il femminile si fonde con il maschile, il 400 con la cultura street dei afroamericani, lo stile pirata (tanto caro a Vivienne) con il look biker.

Una moda un po’ confusa e caotica, dove però a regnare è la bellezza delle pelle, che si ritrova nelle giacche biker e soprattutto nei pantaloni attilati e seducenti.

Photo credit: Giovanni Giannoni

Random Identities

Sulle note di una cover di “I’m every woman” di Whitney Houston, va di scena la moda dell’ex direttore creativo di Yves Saint Laurent, un vero e prorio rtw concepito per l’era digitale. Una moda fluida, radicale, che annienta le barriere tra maschile e femminile, tra fisici efebici e bellezze curvy, tra giovinezza e maturità.

Libertà e inclusione sono le parole chiave di questo lessico, dove gli uomini indossano gonne al ginocchio, reggiseni di pizzo sopra camicie inglesi, maglioni over messi upside-down. La passerella è chiusa dallo stesso Pilati, in uno stupendo cappotto cammello, pantaloni bianchi e stivali da cavallerizza. La costante provocazione è stemperata dalla scelta di linee pulite, dal monocromatismo dominante e dalla location scarna e industriale della Stazione Leopolda.

Photo credit: Gabriele Pasceri

Di Alessandro Martinelli

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Antony Morato: intervista a Lello Caldarelli

Ossimoro: accostamento di due concetti o parole opposte. Da questa figura retorica nasce il concept creativo dell’evento di Antony Morato che ha scelto Firenze per presentare la nuova collezione Autunno Inverno – il 7 Gennaio 2020 – con una serata dedicata al binomio tra tradizione e modernità.

La nuova collezione è una rappresentazione in videomapping in cui il mood contemporaneo e underground tipico dell’heritage del brand, viene reinterpretato grazie ai dettagli e alle ispirazioni che rimandano alla tradizione sartoriale del passato.

Lello Caldarelli, presidente e direttore creativo di Antony Morato ci racconta qualcosa di più su questo brand total look che sta crescendo a livello internazionale.

Raccontaci il tuo background professionale prima di Antony Morato

Ho iniziato a lavorare sulla donna gestendo una struttura che produceva collezioni per altre aziende, ciò mi ha aiutato molto a capire le esigenze della moda contemporanea e le innovazioni in termini di materiali, accostamenti di tessuti e dettagli del prodotto finito. 

Quando ho fondato Antony Morato, nel 2007, sentivo l’esigenza di realizzare un progetto individuale: ho trasferito la conoscenza acquisita dall’esperienza con il mercato femminile adattandola alle esigenze del contemporary fashion maschile sviluppando la mia personale visione della moda.

Come sviluppi le tue collezioni che hanno anime così diverse?

L’uomo Morato è attento alla moda e cerca di esprimere la propria identità attraverso le nostre collezioni. Ecco perché, quando creo una nuova collezione, cerco sempre di soddisfare le aspettative del consumatore finale, che sono alte in termini di qualità e offerta, attraverso sempre nuove ispirazioni internazionali, ma tenendo sempre a mente le caratteristiche tipiche dei nostri clienti e il nostro DNA urbano e contemporaneo.

In che modo hai lanciato il brand e quale filosofia lo descrive meglio?

Date le mie esperienze pregresse, sarebbe stato naturale e logico cominciare dall’abbigliamento femminile,  ma quando ho lanciato il brand ho condotto un analisi di mercato e mi sono reso conto che nel segmento della moda maschile mancava un concetto già radicato nella donna, lo smart luxury.

Una ‘moda democratica’ con un prodotto ricco di contenuti fashion, tipici del mondo del lusso. È per questo che ho deciso di intraprendere l’opportunità che il mercato offriva all’epoca proponendo un brand che potesse avvicinare alla moda i consumatori maschili più esigenti.

Quali sono i capi più iconici e riconoscibili del vostro brand?

Più che di un singolo capo parlerei di un approccio al total look che mi piace proporre in ogni collezione e che definisce bene l’identità e l’estetica del marchio.  Mi riferisco al concetto del “Soft Tailoring” che consiste nell’abbinare un paio di pantaloni sartoriali con una t-shirt o un paio di sneakers. In questo contesto, il capo casual è l’ingrediente che “ammorbidisce” la formalità di un look classico, dando un tocco contemporaneo alla proposta finale.

Quale valore aggiunto da il fatto di essere un brand italiano?

Il DNA e il patrimonio italiano, visti come tradizioni consolidate e radici culturali nell’industria della moda, influenzano ogni collezione di Antony Morato in termini di rispetto di uno stile elegante e unico e di un gusto specifico sulla vestibilità e sulla lavorazione dei capi.  

Napoli, in particolare, è anche una delle città più cosmopolite e il nostro DNA internazionale, aperto alle nuove tendenze, trae origine proprio da questo melting-pot culturale e sociale.

Come sta evolvendo il brand a livello internazionale?

Dopo 12 anni di crescita graduale ora vogliamo rafforzare i mercati in cui siamo già presenti – come Italia, Spagna, Paesi Bassi, Germania, Francia, Cina e India – al fine di aumentare e consolidare la brand awareness e il potenziale di vendita.

Consolidamento anche al livello di percepito, proponendoci come principali attori del mercato del fashion contemporaneo e offrendo collezioni total look basate sul concetto di mix&match. Questo approccio  permette ai nostri clienti di raccontare le proprie storie e di esprimere la propria personalità adattando lo stile alle necessità.

Ulteriore obiettivo per i prossimi anni è quello di garantire una completa sostenibilità a qualsiasi livello aziendale: abbiamo già iniziato con un approccio ecologico all’industria 4.0 creando un nuovo hub logistico a Piacenza che è completamente eco-sostenibile e rappresenta un’avanguardia nel settore poichè ha un basso impatto ambientale garantito dalla produzione di energia attraverso il magnetismo.

Una piccola anteprima sulla prossima collezione?

La collezione autunno inverno 2020/2021 reinventa il look metropolitano grazie ad un mix di innovazione e reinterpretazione del DNA del brand. Spaziando tra quattro temi fashion, ognuno con una precisa inspirazione – dal punk/grunge allo sport sartoriale in chiave college – la collezione non rinuncia all’heritage del brand, con la linea Timeless, che propone un’eleganza contemporanea, fatta di dettagli minimal e rimandi al mondo retrò.

Cosa potete rivelarci per il 2020?

Il nostro principale obiettivo è quello di accorciare sempre di più la distanza tra marca e consumatore. Proprio per questo abbiamo pensato di dare vita ad una nuova modalità di presentazione delle nostre collezioni che sia innovativa e che rappresenti un momento di incontro tra stakeholder e consumatore finale. Il prossimo 7 Gennaio 2020 ospiteremo una serata dedicata al binomio tra tradizione e modernità.

All’Auditorium Santo Stefano al Ponte, sveleremo la nuova collezione autunnale in maniera insolita: una rappresentazione in videomapping in cui il mood contemporaneo e underground tipico dell’heritage del brand, verrà reinterpretato grazie a dettagli e ispirazioni che rimandano alla tradizione sartoriale del passato.

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I 25 anni di DSQUARED2

La loro storia inizia dall’Ontario, precisamente a Willowdale, una provincia di Toronto, per poi trasferirsi a New York nel 1984, dove studiano alla Parson’s School of Design. Il richiamo delle origini (i loro genitori vengono da un piccolo paese del Lazio) è forte: giungono a Milano nel 1991 e qui iniziano le loro collaborazioni presso alcuni importanti uffici stile.

L’irriverente creatività di Dean e Dan Caten, canadesi di origine italiana al timone creativo di DSQUARED2 da più di un ventennio è definita da una sola componente: la sinergia.

Nel 1994 l’esordio della loro linea (all’epoca solo maschile) durante la fashion week parigina. L’anno successivo debuttano a Milano nella settimana della Moda Uomo. Nel 2002 i fratelli finiscono nel radar di Renzo Rosso, che con il suo gruppo Staff International acquista il loro marchio.

Un’altra diva pop nel 2003 veste DSQUARED2 durante il suo Stripped World Tour: Christina Aguilera. Nello stesso anno un’altra importante pietra miliare nella storia di DSQUARED2: viene presentata la prima linea donna.

La collezione Fall-Winter vede protagoniste in passerella le top model Fernanda Tavares, Eva Herzigova e Naomi Campbell. Ed è proprio il caso di dirlo, “Art imitates life”: dopo aver vestito due leggendarie cantanti, il primo guardaroba pensato per la donna dal duo è un crescendo di look perfetti per la diva succinta in super sexy shorts oro, trench con collo in visone, camicie fluo e tuxedo argento.

Nel 2006 un’importante traguardo nel mondo sportivo: i gemelli disegnano le divise per la squadra bianconera Juventus. Nel 2007 sarriva una partnership con l’azienda italiana Pollini per la produzione delle loro calzature per la donna.

L’accordo con I.T.C. invece porta nello stesso anno al lancio del loro primo profumo maschile He Wood, caratterizzato da una fragranza legnosa aromatica, seguito l’anno successivo da quello femminile She Wood, anch’esso appartenente alla famiglia olfattiva “Legnoso-acquatico”.

Perdura poi il sodalizio artistico con le regine indiscusse del pop mondiale: nel 2009 DSQUARED2 realizza i costumi di scena per Britney Spears durante il The Circus Tour. I gemelli più celebri del fashion system lanciano poi la loro Guest House a Milano, Ceresio7, locale cult di design con vista sullo skyline milanese, terrazza e piscina, e completata più recentemente con un club fitness di lusso.

Il prossimo appuntamento più atteso con il duo creativo canadese è per la serata di oggi con un défilé co-ed nel quale non mancheranno sorprese significative. Ad annunciarlo sono stati proprio i vertici della casa di moda.

«Il 2020 rappresenta per noi stessi e per Dsquared2 un traguardo importante ma anche un punto di partenza per il futuro e l’evoluzione del brand», hanno spiegato Dean e Dan Caten.

«La scelta di sfilare co-ed ci permette di coniugare la nostra creatività. La formula ci piace ancora e ci permette di avere una duplice visione della collezione, più stimolante. Uomo e donna vivono la stessa storia che si racconta attraverso le collezioni».

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Milano Moda Uomo, tutte le novità

Anche per quest’anno, la Milano Moda Uomo si conferma uno degli appuntamenti di Gennaio da non perdere.

La prima grande novità sarà la partnership con il British Fashion Council, binomio che porterà a Milano una parte della London Fashion Week. Tra le varie iniziative c’è LONDON show ROOMS, che occuperà lo Spazio Savona 56. All’interno di questo contenitore di talenti verranno presentate le collezioni di 10 designer emergenti inglesi e 5 italiani, mentre i protagonisti del progetto saranno anche gli studenti italiani che studiano nelle prestigiose scuole di moda inglesi, in modo da mettere in luce la grande sinergia tra il sistema formativo italiano e quello inglese.

Tra gli altri highlights da segnalare, la sfilata di A-Cold-Wall, brand vincitore del BFC/GQ Designer Menswear Fund&Newgen e il ritorno di Alexander McQueen. Un altro ospite d’eccezione invece sarà Stella McCartney che riconferma Milano come passerella per la sua collezione menswear. 

Come commenta Carlo Capasa “Siamo molto soddisfatti della collaborazione, in questa edizione, con il British Fashion Council e Confartigianato Imprese. Come CNMI siamo convinti che la collaborazione con BFC sia, per entrambi una preziosa opportunità per realizzare un importante lavoro di congiunzione e unione tra i nostri mondi…”. Sempre lui, durante la conferenza stampa ha anche annunciato un grande party nella serata di sabato che unirà un importante brand italiano e una firma inglese e non esclude di portare un brand italiano a sfilare a Londra durante l’edizione di Giugno della London Fashion Week. 


Questo mese vedrà anche un compleanno molto importante: i 25 anni di Dsquared2, che con una sfilata e un party celebrativo darà il via ufficiale alla fashion week. Ma sarà anche una settimana di grandi ritorni come Gucci, che chiuderà le sfilate martedì 14 alle ore 12.30, Iceberg, Mia Oran, MSGM, N.21, Prada e Salvatore Ferragamo.

Debuttano invece per la prima volta : Fabio Quaranta che sfilerà supportato da CNMI, il danese Han Kjøbenhavn e il cinese Reshake. Sempre durante Milano Moda Uomo alcuni brand presenteranno le proprie collezioni co-ed: Dsquared2, Neil Barrett, Marcelo Burlon County of Milan, Han Kjøbenhavn, Spyder e Sunnei.

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Ai Golden Globe di scena il normcore con DG, Armani, Prada, Brioni e Versace

Brad Pitt, Taron Egerton per ‘Rocketman’, Renée Zellweger per ‘Judy’, Joaquin Phoenix per Joker, Tom Hanks, Russell Crowe, The Crown, 1917, The Farewell, e infine Parasite: questi i vincitori assoluti dell’edizione 77 dei Golden Globe 2020. Ed è subito gara di stile. Sul red carpet l’altra sera a Los Angeles, al Beverly Hilton di Beverly Hills, si sono misurati a colpi di glamour e lustrini i divi e le star di Hollywood più cool che hanno sfoggiato dei look meno eccessivi del solito ma pur sempre molto sontuosi e siderali.

Torna il velluto (notevole il total velvet suit di Tom Ford per il sofisticato Ansel Elgort, molto dandy, interprete dell’indimenticabile film ‘Il cardellino’), il blu pantone, colore 2020 e spuntano toni inediti come il melanzana (molto posh lo smoking dai revers a lancia spaziali di Wesley Snipes) e il verde acido (quest’ultimo griffato Dior ed esibito coraggiosamente da Charlize Theron), mentre gli uomini hanno puntato sullo smoking più classico e bespoke (favoloso quello di Daniel Craig realizzato per lui da Anderson and Sheppard, sarto londinese di Savile Row molto apprezzato dai divi), con qualche nota di ‘follia’ che non può mancare. Vedi Billy Porter, famoso per i musical, in outfit bianco che fa la ruota con tanto di gonnellone di piume da pavone angelicato stile Wanda Osiris firmato Alex Vinash, davvero too much. Non ha mancato di farsi notare anche Beyoncè, palesatasi in un lungo in cady bianco ornato da maniche arricciate dorate firmato Schiaparelli. A parte questo, normcore è stata la parola d’ordine di questo tappeto rosso dove il presentatore, il comico inglese Ricky Gervais, che si è scatenato nei suoi monologhi comici al vetriolo non sempre politically correct, ha sfoggiato un Dries Van Noten portato in modo molto noncurante.

Elegante e understated, con il lupetto sotto la giacca, Pedro Almodovar si è presentato in nero assoluto Givenchy con tanto di occhialoni anni’80. In tema di eyewear molto fancy, nessuno può insidiare il primato di Elton John, presente alla cerimonia dei Golden Globe insieme al marito David Furnish, entrambi in look griffati Gucci. Elegantissimi Tom Hanks in Tom Ford (stilista che non per niente ha deciso di sfilare a Los Angeles due giorni prima degli Oscar) e il favoloso Chris Evans in Isaia, mentre Sacha Baron Cohen e Nicholas Braun hanno optato per il blu pantone rispettivamente Dolce & Gabbana e Prada che ha vestito anche Sam Rockwell e Paul Rudd.

Prestigioso e bellissimo, Brad Pitt, 56 anni portati magnificamente e un sorriso beffardo, vincitore del premio per miglior e attore non protagonista per ‘C’era una volta…a Hollywood’ di Quentin Tarantino, non offre fianco a critiche nel suo tuxedo couture tre pezzi e papillon firmato Brioni, la maison di Kering che quest’anno festeggia 75 anni di storia al salone di moda Pitti Uomo di Firenze. Da notare anche l’avvenente Joe Manganiello, star di ‘Magic Mike’, in un magnifico smoking nero sartoriale dai revers sciallati di Dolce&Gabbana accompagnato dalla flessuosa sirena Sofia Vergara anche lei in Dolce gran sera burgundy.

Molto stylish e dandy cool Josh O’Connor che sotto lo smoking black di Loewe ha sfoggiato un vezzoso fiocco nero po’ boho-rock. Sul versante genderless segnaliamo la bella giacca forgiata a guepière di Lulu Wang, regista dell’acclamato ‘The farewell’ anch’esso fra i 25 premiati, e la coppia lesbo chic Ellen DeGeneres e Portia de Rossi, vestite per la serata di gala da Hedi Slimane, anima creativa di Celine che ha conferito alle due attrici un piglio gentlewoman in smoking di cristalli. Alla corte di Re Giorgio si sono presentati in pole position vari attori e star di prima grandezza: da Leonardo DiCaprio a Martin Scorsese, da De Niro a Pacino, da Matt Bomer (un’icona queer di grande fascino) a Pierce Brosnan, da Taron Egerton a Stellan Skarsgard premiato per la serie ‘Chernobil’. Dulcis in fundo, dopo un Rami Malek super trendy in Saint Laurent che ha vestito anche Kit Harington (imperdonabile invece la caduta di stile di Kerry Washington in Altuzarra, da dimenticare!), ha calcato il red carpet una diva favolosa, Nicole Kidman, in rosso Atelier Versace, elegante e sensuale issata su sandali di Giuseppe Zanotti, da 10 e lode! Per quanto riguarda la serata, grandi sconfitti Scorsese con il suo ‘The irishman’ che era fra i favoriti, e Netflix tranne che per ‘Storia di un matrimonio’ con una magnifica Laura Dern in Saint Laurent by Anthony Vaccarello e ‘The crown’ con una raggiante Olivia Colman un po’ goffa nelle sue maniche a sbuffo, da bocciare.

Premio alla modestia all’attore Rami Youssef, palma d’oro alla vanità a Quentin Tarantino che in velluto dark ha tenuto un discorso di ringraziamento un po’ fuori luogo per i tre premi conferiti al suo nono film, peraltro innegabilmente il suo capolavoro. Da dimenticare anche l’esibizione testosteronica di Jason Momoa, l’attore di ‘Aquaman’, che ha letteralmente ‘mostrato i muscoli’ con una canotta molto tamarra, mentre ha piacevolmente colpito il discorso politico di Patricia Arquette, premiata per la serie ‘The act’, che sul palco ha asfaltato Trump. Ci è infine parso raffinato il casto nude look color marron glacé di Gwyneth Paltrow in lungo romantico di tulle guarnito da micro rouches firmato Fendi. Appuntamento alla notte degli Oscar, stay tuned.

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Tartufo di Alba: 10 cose da sapere assolutamente

Il tartufo d’alba è uno dei più famosi al mondo il cui costo è spesso molto elevato poiché difficile da trovare nel sottobosco.

La sua colorazione varia dal bianco al grigio tendente al marrone a seconda della pianta con cui vive e si sviluppa. Generalmente viene trovato in prossimità di pioppi, tigli, salice, quercia e anche viti.

È un prodotto per palati raffinati e utilizzato da tutti i grandi chef stellati e ogni autunno vi è la Fiera Tartufo Alba, dove si possono ammirare i tartufi raccolti nella stagione e presenziare anche all’asta del tartufo bianco d’Alba.

Ricordate anche che il tartufo può essere venduto legalmente solo nel periodo di raccolta che va dal 21 settembre al 21 dicembre, in altri periodi dell’anno non può essere raccolto e la vendita risulta essere illegale.

Ma quali sono le cose da sapere assolutamente su questo tipo di tartufo? Eccone alcune.

10 cose da sapere assolutamente su Fiera Tartufo Alba

Se volete presenziare alla Fiera Tartufo Alba è necessario che siate a conoscenza di quanto segue per non dimostravi impreparati.

  • Il tartufo nasce dalle radici di specifiche piante e si raccoglie nella tarda estate sino all’inizio dell’inverno. E’ un fungo del tutto spontaneo
  • La forma del tartufo è gobbosa, ma non mancano le forme appiattite e irregolari. Le dimensioni sono variabili.
  • Il profumo è composta da ben 120 molecole volatili e potrete odorarne l’odore alla Fiera Tartufo Alba che si tiene una volta l’anno nell’omonima città.
  • Un cane specializzato accompagna sempre il cercatore di tartufi per aiutarlo nella localizzazione del tartufo.
  • La qualità migliore dei tartufi si dice sia quella nel periodo della luna nuova di novembre
  • Quando vi apprestate ad acquistare un tartufo bianco che sia durante la Fiera del Tartufo d’Alba o in altro luogo, prendetevi il tempo necessario, annusatelo con attenzione e acquistate un prodotto integro, perché si deteriora meno velocemente.
  • La consistenza deve essere leggermente elastica, compatto e turgido. Altre caratteristiche da conoscere in fase di acquisto.
  • Va pulito con delicatezza prima del consumo e solo con una spazzolina apposita, asciugato poi con attenzione e lasciato riposare per 10 minuti prima di usarlo.
  • Non va cotto ma solo lamellato a crudo con il tagliatartufi.
  • Va consumato fresco e si conserva in frigorifero avvolto in carta assorbente o contenitore di vetro con coperchio.

Manintown party @Sileno Cheloni Firenze

Ieri sera 7 Gennaio 2019, in occasione di PITTI IMMAGINE UOMO 97, si è tenuto il cocktail party di MANINTOWN per scoprire lo speciale onpaper dedicato alla moda uomo tra Firenze e Milano.

Una serata all’interno del nuovo spazio OL’FACTORY di SILENO CHELONI con  ALEF (bags) e LUBELLO FIRENZE (shoes). L’occasione speciale è stata accompagnata da una degustazione food curata da IL FRANTOIO RESTAURANT. Scopritela nella gallery.

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Birra Irlandese: 5 migliori birre da provare almeno una volta

La patria delle migliori birre sia industriali che artigianali è senz’altro l’Irlanda, presta attenzione alle sue produzioni da sempre e ha alle spalle una grande tradizione nella produzione di birra.

Se siete dei consumatori di birra non potete non conoscere la birra irlandese e senz’altro dovete conoscere le migliori da provare almeno una volta nella vita.

Le 3 macrocategorie di birra irlandese

In Irlanda si producono moltissime birre e ognuna fa parte di macrocategorie più grandi che sono:

  • birra lager: birra bionda dalla nota frizzante accentuata con gradazione media
  • birra Ale caratterizzata da gusto corposo con schiuma densa rispetto alle altre tipologie di birra e con gradazione che va dai 5 agli 8 gradi
  • birra Stout caratterizzata da colore scuro senza nota frizzante e con una schiuma densa e corposa da sembrare panna.

Sulla base delle tre macrocategorie di birra irlandese potete poi passare a scegliere di consumare quella che più si presta al vostro gusto personale.

Ora passiamo alla lista delle migliori birre da provare almeno una volta

5 migliori birre da provare almeno una volta

Smithwick’s

Birra irlandese rossa le cui origini risalgono ad oltre 300 anni fa. Esiste i due versioni classica color rosso acceso dall’aroma fruttato, leggere e rinfrescante dal sapore amarognolo con un retrogusto che ricorda il caramello.

La seconda versione è la Pale Ale dal gusto amarognolo, prodotta con malti chiari.

Guinnes

Questa birra la cui produzione è iniziata nel lontano 1779 fa parte della birra Stout, il colore è uno sfumato rubino con una schiuma cremosa. Il gusto è amaro e molto forte, ricorda il caffè e il cacao, la gradazione alcolica della Guinnes è di 4,3% Vol.

Murphy’s Irish Stout

Questa birra stout è una birra irlandese che si deve bere una volta nella vita, il colore è nero ma leggera e cremosa, dal gusto molto amaro. La gradazione è di 4% Vol. La si trova servita in tutti i Pub d’Irlanda.

Kilkenny

Una birra dal colore rosso scuro e dal sapore deciso prodotta nell’omonima città da cui prende il nome. La schiuma è cremosa.

Beamish Irish Stout

Corposa birra bruna dal gusto ricco con schiuma corposa e densa, prodotta dal 1792. La gradazione è di 4,30 % Vol. A differenza di altre birre che si abbinano bene a soli piatti a base di carne questa è deliziosa anche con un dessert a base di cioccolato.

La lista delle migliori birre da provare una volta nella vita è ancora molto lunga per ora vi lasciamo ad assaggiare queste.

Ok Boomer cosa significa questo modo di dire

I modi di dire, si sa, non passano mai di moda ed esistono fin dalla notte dei tempi e col passare degli anni e delle generazioni ne vengono coniati sempre di nuovi.

Uno di questi è OK BOOMER, utilizzato dai giovani negli ultimi mesi ed esploso nel web grazie a Twitter e al nuovo social network TikTok in particolare negli Stati Uniti.

Sapete di cosa si tratta e cosa significa questo strano modo dire?! Scopriamolo insieme

OK Boomer cosa significa

Questo meme è utilizzato dalla “Generazione Z” –  nati tra la seconda metà degli anni Novanta e la fine dei Duemila – per dare una risposta polemica ai “Baby Boomer” – nati tra la metà degli anni quaranta e sessanta. I Baby Boomer sono i figli del boom economico avvenuto dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Ma cosa vogliono dire con questa espressione OK BOOMER i giovani di oggi?

Semplicemente la usano per prendere in giro ciò che percepiscono come lamentele a parte delle generazioni degli anni cinquanta, sessanta e settanta.

Perché Ok Boomer è rivolta a queste generazioni?

Se ve lo state chiedendo la risposta è che a queste generazioni è stata attribuita la responsabilità della crisi finanziaria e climatica dei disastri di oggi. Quei disastri che le nuove generazioni vivono sulla loro pelle e spesso a discapito anche della loro salute.

Questo modo di dire sta portando con sé uno scontro generazionale che non è legato solo al mondo del web e ai canali social. E’ stato utilizzato anche dalla deputata neozelandese Chlöe Swarbrick che ha risposto con Ok Boomer ad una collega, quando quest’ultima ha provato ad interromperla mentre stata esponendo il suo pensiero su una questione ambientale.

La deputata che ha usato il meme, ha solo 25 anni, ha vissuto la crisi economica e vive in pieno la crisi climatica, questo a dimostrazione del fatto che il modo di dire è legato proprio alla fascia di età dei giovani nati tra la fine degli anni Novante e la fine dei Duemila.

Inoltre lo ha reso noto in modo particolare il New York Times con un articolo della giornalista Taylor Lorenz, portandolo così al di fuori di internet.

Brioni: il 75° anniversario a Pitti

Fondata nel 1945, Brioni celebra quest’anno il suo 75° anniversario. Facendo ritorno a Firenze, la Maison ripercorre una delle tappe principali della sua storia leggendaria. Nel 1952, Brioni è stata la prima casa di moda maschile a sfilare nella prestigiosa Sala Bianca di Palazzo Pitti; un avvenimento che ha dato inizio ad un percorso brillante. Si tratta dunque di una duplice celebrazione per Brioni.

Un evento creato e realizzato su misura in occasione di Pitti Uomo. Nell’autentica cornice di un palazzo Fiorentino, la collezione si deve scoprire e “ascoltare”. Un’esperienza paragonabile ad una giornata fuori dal tempo. Il marchio continua ad estendere i propri codici sartoriali rimanendo fedele alle origini. Radici romane e un’attitudine nonchalant e leggermente distratta.

I capi dai materiali ricercati e tagli precisi sono portati con naturalezza. Gli uomini Brioni – personalità differenti accomunate da eleganza e consapevolezza – indossano blazer impeccabili sopra a dolcevita e a camicie da sera, si avvolgono in cappotti in twill di lana, vivono la notte sfoggiando giacche in jacquard realizzati su telai veneziani secolari, abbinano camicie da lavoro a ricercati pantaloni in seta.

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E Brioni creò l’uomo

Quando si sfila la camicia hawaiiana immancabilmente gialla, svelando lascivi addominali a tartaruga in ‘C’era una volta… a Hollywood’ di Quentin Tarantino, la sala buia che fissa il grande schermo sembra quasi trasalire.

Biondo, bello e avvenente come un nuovo Adone pulp, Brad Pitt protagonista dell’intimistico ‘Ad Astra’ è la star indiscussa del firmamento cinematografico globale, l’uomo dei sogni per le donne e il bersaglio di invidie ancestrali per gli uomini.

Brioni ha annunciato che è lui, il nuovo interprete ufficiale delle sue collezioni alta moda maschile. Sul red carpet di Cannes e Venezia Brad, al pari di Omar Hassan, Stefano Sollima, Maurizio Lombardi, Adriano Giannini e Pierfrancesco Favino, che sta mandando in visibilio le platee americane con ‘Il traditore’ di Marco Bellocchio, ha già sfoggiato il celebre smoking su misura della maison entrata ormai dal 2010 nella galassia del polo del lusso francese Kering.

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Come sempre è l’America, (Hollywood, New York, Miami poco importa), a indicare la via e a segnare il nostro destino, una sorte provvida quanto ineluttabile. Così come è stato per Giorgio Armani che nel 1982 giganteggia sulla copertina del ‘Time’, così per Brioni il treno del successo planetario passa nel 1955 quando l’autorevole periodico a stelle e strisce Life dedica un articolo alla maison di menswear blasonato che da 75 anni è una certezza per emiri e businessmen, divi di Hollywood e gentlemen racé, leader politici, artisti e capitani d’industria.

Non a caso Brioni viene definito ‘Il sarto degli americani’. Le testaten di punta della stampa di costume d’oltreoceano fanno a gara per ‘immortalare’ il talento creativo del nuovo brand.

Per descrivere lo stile della griffe capitolina, fondata a Roma in via Barberini nel 1945 da due intrepidi sarti abruzzesi, Nazareno Fonticoli e Gaetano Savini Life conia l’epiteto ‘Dior per uomo’. Il New York Times che non vuole essere da meno, parla di ‘new look maschile’ e per fare la sua parte anche il Boston Herald dipinge l’atelier prediletto dalle star della Hollywood sul Tevere, come ‘capofila di un nuovo rinascimento italiano’.

E se nel nome c’è sempre un destino, quello del marchio è già segnato fin dall’inizio: si chiama Brioni l’isola dell’Istria, meta privilegiata del jet set e destinazione ambita di aristocratici nomadi, dediti a sport élitari come il golf e il polo che diventa il portafortuna evocativo della maison già prima di Ralph Lauren.

La storia è una strada in salita lastricata di opportunità. Nel 1952, Giambattista Giorgini, gran cerimoniere del nascente Made in Italy, gioca la carta ‘Cherchez l’homme’.

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E così decide di mandare in pedana, insieme ai modelli femminili di Jole Veneziani, celebre per le sue sontuose pellicce, il nuovo mood maschile delle giacche da sera in shantung di seta colorato, in velluto froissé e in mohair jacquard firmate Brioni. Gli ‘indossatori’ della casa di moda per uomo (il primo e il più popolare nel belpaese fu Angelo Vitucci), conquistano subito Mary Pickford e il buyer del department store statunitense B.Altman & Co.

Che dedica a Brioni la prima vetrina in America sulla Quinta Strada di New York. È nata una stella. Brioni è il primo marchio di moda maschile (e l’unico fino al 1965) a calcare la pedana della leggendaria Sala Bianca di Palazzo Pitti, vivaio dei vari talenti come Valentino, Capucci, Mila Schӧn, Lancetti, Missoni, Galitzine, Forquet, Krizia, Basile, Fendi e chi più ne ha più ne metta.

E quella stessa Sala Bianca oggi celebra il passato e il presente di un pilastro della moda, italiana assurto grazie alla sartoria industrializzata a marchio globale, con un’installazione-retrospettiva curata da un guru dell’intellighenzia modaiola, il francese Olivier Saillard, incensato critico di moda già noto per le sue mostre parigine al Museo della moda del Louvre e al Palais Galliera, memorabile quella su Azzedine Alaia.

Ospite d’onore alla prossima edizione di Pitti Immagine Uomo, Brioni racconta una storia al maschile in cui Peter Sellers in giacca di astrakan va a braccetto con Pierce Brosnan in veste di 007 in ‘Golden eye’, e Clark Gable si incontra con Totò, Luciano Pavarotti e Nelson Mandela. E non solo.

Brioni in realtà è stato rivoluzionario per vari aspetti nella storia della moda. Soprattutto perché grazie al ‘bold look’ legato all’avvento dello sportswear d’oltreoceano, ha restituito scioltezza ed effortless elegance anche al completo formale più impettito gettando le basi di un vero e proprio golpe: l’emancipazione della sartoria tricolore dalla sudditanza al dispotismo della perfida Albione, ovvero l’egemonia di Savile Row e dei sarti britannici.

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Un’operazione assai temeraria nella quale si cimentano, già nelle prime tre decadi del Novecento, gli alfieri della scuola napoletana, che lancia la giacca senza rollino, avvolgente come un cardigan, ma anche un altro abruzzese, Domenico Caraceni che sfida gli inglesi destrutturando la giacca maschile, svuotata di crine, ovatta e canovaccio.

Fra gli estimatori di questa felice intuizione svetta il rubacuori Galeazzo Ciano, genero del Duce. È l’alba di una nuova era, quella del gusto italiano per lo chic confortevole imparentato, neanche troppo alla lontana, con un certo easy glamour americano che fa rima con sofisticata trasandatezza.

È la ‘sprezzatura’ un po’ randagia di Sal Mineo in ‘Gioventù bruciata’ che riecheggia a modo suo l’anima nera del protagonista di ‘Una vita violenta’ di Pier Paolo Pasolini, epitome di una ‘eleganza faziosa’.

E mentre Cary Grant, Gary Cooper, Victor Mature, Richard Burton, John Wayne e Frank Sinatra si danno appuntamento con le loro magnifiche prede nell’atelier Brioni, nella capitale, stregata dalla favola hollywoodiana del giornalista Gregory Peck che seduce la principessa Audrey Hepburn in ‘Vacanze romane’, i ragazzi fanno a gara per essere ‘poveri ma belli’.

Ph: VALERY HACHE/AFP via Getty Images

Poco importa se il piatto piange, ciò che conta è far colpo sulle ragazze facendo ‘bella figura’, perché in fondo l’abito fa il monaco. Sono gli anni della grande euforia derivante dalla ricostruzione e agli italiani per essere veramente ‘stilosi’ basta un niente.

Così Brioni nel 1957 lancia al Waldorf Astoria di New York l’abito da cocktail da uomo con la collezione Hess: un tripudio di tinte sgargianti, viola ametista, bordeaux, rosa geranio, per completi tutt’altro che austeri in seta, cachemire e velluto.

Qui il look a colonna tipico del periodo, slancia la silhouette ed elimina gli orpelli prefigurando la ‘rivoluzione del pavone’ che, sulla scia delle innovazioni introdotte da Pierre Cardin, Ted Lapidus e Yves Saint Laurent nella moda maschile, affranca nella Swinging London il menswear dal tabù della rinuncia al colore sdoganando nel guardaroba virile una coquetterie che è fondamentalmente l’anticamera dell’identità fluida.

Mentre Dougie Millings crea le divise cool dei Beatles e Lansky vende i suoi stravaganti smoking neri e rosa a Elvis, il disegnatore Luigi Tarquini ‘illustra’ le divagazioni eccentriche e i folli capricci dei nuovi arbiter elegantiarum che in piena bufera ideologica sessantottina, seguono Brioni come il loro ‘profeta di stile’: per loro nulla è mai abbastanza.

Le immacolate camicie di pizzo nude look guarnite da jabot, le giacche guru blu royal e mandarino che precorrono quelle ‘Mao’ anni Ottanta disegnate da Thierry Mugler e tanto care a Jack Lang, completi da spiaggia e da tennis molto smart, mantelle a quadri stile Terence Stamp, la star di ‘Teorema’, si alternano a giacche tex mex o con il collo in visone o addirittura in broccato ricamato e ad accattivanti sahariane.

Ph: Pierre Suu/FilmMagic

Il look coloniale dal sapore etnico cede via via il passo alle più opulente creazioni da nababbo in pelliccia sommata al tessuto, cachemire per lo più, e alle giacche solcate da gessature in oro zecchino.

Insomma l’understatement di Giovanni Agnelli incontra la salottiera trasgressione del conte Giovanni Nuvoletti e di Robert Wagner. Il lusso c’è ma non si vede: il cappotto di vicuna più essenziale costa 30.000 dollari mentre per realizzare una giacca bespoke occorrono dalle 20 alle 45 ore di lavoro, a conferma di quell’eccellenza artigianale trasmessa alle nuove generazioni dalla scuola sartoriale di Penne e che è da sempre un primato da esportazione.

Se c’è una cosa che si può apprendere ripercorrendo le tappe salienti della storia di Brioni, questa risiede nel fatto che la moda sintetizza lo spirito del tempo anche attraverso delle audaci sperimentazioni, perché l’alta moda è il banco di prova delle idee del domani: si può inventare il futuro solo se si volge lo sguardo al passato.

L’avvenire della moda maschile era già stato tracciato nel 1954 da Savini e Fonticoli con una creazione pionieristica recentemente esposta a New York: giocando d’anticipo rispetto allo sbarco dell’uomo sulla Luna, i due sarti lanciavano una giacca futuribile chiusa da cerniere lampo e decorata da tasche multifunzionali e bottoni elettrici ‘voluttuari’ e ‘utilitari’, il tutto corredato da scarpe, guanti e casco avveniristici.

Un pezzo unico e originale che si rivela anche oggi di disarmante modernità.

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Highlights Pitti Uomo 97

L’appuntamento a Firenze dal 7 al 10 gennaio 2020 con Pitti Immagine Uomo riunisce gli attori più importanti dell’abbigliamento maschile e dello stile di vita contemporaneo. L’edizione invernale della fiera comprenderà progetti speciali dei brand di moda che si distinguono per la loro creatività e rispetto per la tradizione, sempre però con uno sguardo verso il futuro.

 

Tra gli eventi speciali di questa edizione troviamo: JIL SANDER, che è l’ospite designer di Pitti Uomo 97, con in mostra la nuova collezione uomo. STEFANO PILATI invece, con la sua etichetta indipendente “Identità casuali” ha oltre trent’anni di esperienza nel mondo della moda internazionale ed è considerato uno dei designer più influenti della sua generazione. TELFAR è il Progetto speciale con un evento dedicato in cui estetica, aspetto, identità e funzionalità si fondono insieme in un progetto unico. Ultimo ma non meno importante, i 75 anni di BRIONI, una delle case di lusso maschili più rinomate che verrà celebrato con un evento speciale.

BRIONI

Brioni è il primo marchio di moda maschile (e l’unico fino al 1965) a calcare la pedana della leggendaria Sala Bianca di Palazzo Pitti. E quella stessa Sala Bianca oggi celebra il passato e il presente di un pilastro della moda italiana assurto grazie alla sartoria industrializzata a marchio globale, con un’installazione-retrospettiva curata dal curatore francese Olivier Saillard. 

PAOLONI

P Paoloni Tecno Urban sono 6 stili in grado di mescolare tradizione e innovazione. Abbigliamento tecnico per uso quotidiano, con tessuti tecnici, ma anche casual e formali. Suite, capispalla e pantaloni pensati per un totale comfort ed eleganza senza limiti di occasione. Un mood minimal con un’estetica potenziata per prestazioni high-tech.

LUMBERJACK

Il fascino dell’eredità si fonde con quello dell’esperienza Thermore, azienda leader nello sviluppo di imbottiti sostenibili, per dare vita a due calzature ad alte prestazioni, flessibili e leggere per ogni passo. Tutto viene realizzato con stile e morbidezza, grazie al tocco del Lumberjack nabuk, in questi due bicolori per cavalcare l’ onda delle tendenze.

FALKE

Il marchio tedesco noto per la sua alta qualità nel legwear, calze e abbigliamento, celebrerà il suo 125 ° anniversario con una speciale presentazione a Pitti Uomo 97, onorando il suo patrimonio mentre guarda al futuro.

BGBL

Prodotto in Italia con una prospettiva economica circolare, BGBL conferma la sua vocazione urbana così come
torna a Pitti Uomo con una collaborazione speciale che utilizza gli scarti recuperati dai palloni delle squadre di basket per le sue creazioni. Partner del progetto è Da Move, la squadra italiana di freestyle nota per il suo spettacolare basket freestyle, spettacoli di calcio, bici e monociclo. Ora sono coinvolti in oltre mille spettacoli in più di quindici paesi in tutta Europa.

Re-HasH

Il marchio “Made in Italy” riconosciuto come uno dei principali attori in jeanswear, presenta la prima capsule
dedicata all’eco-sostenibilità e al denim per l’autunno-inverno 2020-21. Otto capi sono offerti in tre
diversi modelli – il RUBEN e HOPPER; cinque tasche in slim e vestibilità regolare e MUCHA; la versione chino ritagliata. Ognuna è la realizzazione di un attento studio progettuale che combina design esclusivi con la
migliore ricerca di materiali.

TAGLIATORE

Il marchio italiano affermato per la sua ricerca e materiali preziosi, modelli esclusivi e vestibilità perfette, presenterà la sua collezione a Pitti Immagine Uomo 97. Quest’anno Tagliatore si ispira agli anni ’80 e ’90: una collezione che si evolve ed esprime stesso attraverso una celebrazione di tessuti, forme e dettagli in pieno equilibrio tra tradizione e innovazione.

BLAUER

FGF Industry celebra il suo ventennale in collaborazione con Pitti Immagine Uomo, presentando una mostra immersiva del marchio Blauer presso la Dogana di Firenze. Un viaggio on the road negli Stati Uniti realizzato per Blauer dal fotografo britannico James Mollison: una narrazione visiva di paesaggi e personaggi autentici, attraverso un reale spaccato americano dei nostri tempi. La mostra sarà inaugurata martedì 7 gennaio e sarà aperta al pubblico da mercoledì 8 gennaio fino a venerdì 10 gennaio.

WOOLRICH

In occasione del 190 esimo anniversario del brand, Woolrich torna a Pitti Uomo 97 con “The Ultimate Woolrich Experience”, presso La Dogana di Firenze. Un’installazione su tre ambienti, un’esperienza unica e immersiva sull’universo multisfaccettato di Woolrich, nella quale verrà presentata per la prima volta la Woolrich Arctic Capsule, un tributo all’evoluzione dell’iconico Arctic Parka.

LUBELLO FIRENZE

Luca Lubello presenta il lancio della sua collezione di scarpe da uomo il marchio Lubello Firenze nel 2018. Dopo aver speso di più di 10 anni di attività, collaborando con alcuni di i nomi più rilevanti del settore calzaturiero, Lubello sentito il bisogno di creare il proprio marchio prendendo ispirazione dall’arte e dall’architettura, le sue passioni principali insieme a design. Voleva portare nella sua collezione lo stesso potere illuminante delle prime opere d’arte rinascimentali, introducendo design innovativi e ricchi accessori lavorare fianco a fianco con talentuosi artigiani toscani.

KWAY

In occasione di Pitti Uomo, mercoledì 8 gennaio, un evento dedicato a K-Way® e all’antipioggia per eccellenza entrato nei dizionari. Un viaggio nella storia del brand attraverso i suoi prodotti iconici, come chiave di lettura del presente e di accesso al futuro.

Foto di copertina: Oliver Spencer

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Moda sostenibile: Hand Picked

Il brand presenta a Pitti Uomo 97 una collezione ispirata alla natura e ai suoi colori, una collezione completa e ampia in cui si riconferma un’estrema qualità dei materiali e una cura per i dettagli che solo l’attenzione alla sostenibilità e il Made in Italy possono garantire. Abbiamo intervistato Franco Catania, Founder di Hand Picked e CEO di Giada Spa che ci ha raccontato come è nato il progetto.

Quando e come è nato il progetto Hand Picked?

Private label di Giada SpA, Hand Picked nasce nella PE19, presentandosi al pubblico con una capsule di 15 pezzi e una filosofia molto green. hand picked nasce dalla voglia di Giada nel mettere in campo tutto il know how acquisito in oltre 30 anni di attività che l’ha resa leader mondiale nel settore del denim di lusso

Come sta evolvendo dopo le prime stagioni?

Dopo il lancio a Pitti Uomo nel giugno 2018, Hand Picked oggi è  posizionata in oltre 250 punti vendita in tutto il mondo con una collezione che nella stagione AI20/21 è  composta da 117 capi tra pantaloni e top 

Quali sono i dettagli che rendono speciale la collezione?

I capi in collezione sono frutto di tanta ricerca, sia per quanto riguarda i materiali in prevalenza ecosostenibili, sia per quanto riguarda lo stile. Ogni pantalone, caratterizzato da una manifattura sartoriale, nell’intera filiera produttiva vede circa 80 passaggi per arrivare ad essere completo e un tempo di lavorazione  3/4 volte superiore rispetto a un qualsiasi altro 5 tasche. Giada, infatti, è sempre stata attenta ai particolari, dal sacco tasca con bordino logato, il nostro baffo – segno distintivo del brand – ricamato a punto pettine, bottoni e rivetti in rame martellato a mano, grograin cucito all’interno della bottoniera e l’innovativa salpa in appleskin.

Qual è il capo iconico della capsule?

Giada è famosa in tutto il mondo per il 5 tasche, per cui il capo che più ci rappresenta è il Ravello insieme all’Orvieto, ma anche altri capi con concezione comfort come il Colonna e il Vieste stanno riscontrando grande successo.

Quanto è importante la sostenibilità per il brand?

Hand Picked si basa sul concetto ecofriendly,  perchè riteniamo che la moda debba dare il proprio contributo nel rispetto e nella tutela dell’ambiente. oltre ai materiali, anche le diverse fasi di lavorazione sono all’insegna della sostenibilità. Infatti, oltre a riciclare il 60/70% dell’acqua, riutilizziamo gli scarti di lavorazione come la pietra pomice che viene impiegata nel giardinaggio, oppure il tessuto riutilizzato nell’industria automobilistica.

Il denim rappresenta il core business di Giada SpA, come è cambiato il mercato in questi ultimi anni?

il demin da tessuto utilizzato per la realizzazione di capi da lavoro, quindi indossati da operai, oggi è diventato un must have da indossare in qualsiasi momento della giornata e in qualsiasi contesto perché  la sua versatilità  lo trasforma da capo sportivo a capo elegante.

Le sfide e i progetti per il futuro?

Giada conta su una forza lavoro composta da circa 1000 addetti tra diretti e indiretti. personale specializzato e appassionato, con questa spinta, puntiamo a obiettivi sempre più ambiziosi e a mercati nuovi dove la richiesta di capi sartoriali si sta sempre più affermando.

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Eau de parfum vs eau de toilette: profumo più persistente

Quando siamo in procinto di acquistare una profumazione per il corpo, che sia per noi o per fare un regalo ci imbattiamo spesso nella scelta fra Eau de parfume e Eau de toilette.

Scegliere fra uno o l’altro non è solo una questione di costo ma anche di fragranza che si distinguono in modo particolare, anche da lato di profumo più persistente.

Ecco in breve le differenze fra i due per guidarvi nella scelta.

Differenza Eau de parfum Eau de toilette

La differenza fra i due è essenziale e basilare, poiché è data dalla concentrazione di alcool che contengono e di oli essenziali che ne rendono il caratteristico profumo dolce, speziato, fresco, oceano…..

Il profumo eau de toilette per essere definito tale presenta una concentrazione che va dall’ 8% al 12% di alcool e oli essenziali, quando invece si parla di eau de parfum la percentuale deve essere compresa fra il 12% e il 20%.

Non solo questi due fattori ne evidenziano la differenza, ma nell’eau de toilette troviamo note di testa a comporre la struttura olfattiva che sono quelle che evaporano in pochissimo tempo, mentre nell’eau de parfum abbiamo note di cuore e note di fondo più sviluppate. Le note di cuore sono quelle che si possono odorare quando svaniscono le note di testa e danno alla fragranza la caratteristica profumazione, le note di testa invece sono quelle che penetrano nella pelle e rendono il profumo dalla personalità decisa essendo appartenenti alle famiglie dei legni e dei muschi.

Gli eau de parfum sono profumi più persistenti indicati in particolare per chi ama sentire l’essenza del profumo per tutto il giorno.

Nelle profumerie ma anche negli shop online non è difficile trovare entrambi per poter scegliere comodamente in base al proprio portafoglio e in base a ciò che piace più indossare.

Gli stessi brand oggi tendono a creare entrambe le formulazioni per andare incontro alle richieste dei clienti come ad esempio Narciso Rodrigues eau de toilette o Black Opium eau de toilette che si possono trovare anche in versione eau de parfum.

Nodo cravatta: i nodi più famosi e come farli

Il nodo alla cravatta è una cosa che ogni uomo dovrebbe saper fare, soprattutto se single o se vive da solo, ma sembrerebbe essere per molti uomini difficile da imparare. Niente paura amici, qui vi indichiamo i quattro nodi più famosi e come farli, poiché il nodo cravatta può essere simbolo di eleganza e mettere in risalto la figura stessa, ma se fatto male potrebbe essere sinonimo di trascuratezza.

Nodo cravatta: i più famosi

Cominciamo col dire che il nodo cravatta va fatto anche in base al tipo di cravatta che si sceglie di indossare, poiché il nodo stesso dipende dal tessuto, dalla larghezza della cravatta stessa e dalla consistenza degli interni.

Si potrebbero elencare un’infinità di nodo cravatta da poter fare ma in questa sede vi facciamo presenti i 3 più famosi:

  • Nodo windsor destinato alle occasioni speciali ideali per le cravatte lunghe,
  • Semplice ideale a quasi tutte le occasioni e idoneo per quasi tutti i tipi di cravatta oltre ad essere il più moderno e giovale fra tutti,
  • Nodo cravatta farfallino ovvero il cosiddetto papillon, ideale con una camicia bianca e uno smoking nero, va realizzato con una cravatta molto corta e prende il nome dal fatto appunto di assomigliare ad una farfalla.

Come fare il nodo cravatta

Ora vi spieghiamo come fare i nodi di cui vi abbiamo parlato sopra

Nodo semplice

Il nodo semplice si esegue chiudendo gli ultimi due bottini della camicia e sollevando il colletto. Ora si prende la cravatta e la si fa passare intorno al colletto, tenendo la gamba incrociata sulla gambetta.

Ora fate passare la gamba sotto la gambetta e riportate in avanti. Con la mano destra si fa scivolare la gamba sotto la cravatta in prossimità del collo. Ora sotto la cravatta si avrete la gamba e un anello che si è formato grazie ai passaggi precedenti.

Il nodo cravatta è pronto ma la gambetta va nascosta, abbassato il colletto della camicia e stretto il nodo. Ora il vostro nodo cravatta è perfetto.

Nodo Windsor

Il nodo windsor va eseguito incrociandoo la gamba sulla gambetta e tenendo fermo l’incrocio, così potete formare un anello.

Passate la gamba sotto la cravatta portandolo dal lato opposto e passando sotto l’incrocio creato. Avrete così realizzato un secondo anello. Ora dovete portare la gamba sotto la cravatta e ripiegarla intorno in senso orizzontale. Eseguite lo stesso movimento ma in senso verticale.

Se si sono realizzate delle pieghe nei movimenti, per realizzare il nodo cravatta dovrete eliminarle e ora potete stringere il nodo

Nodo Papillon

Il papillon va realizzato alzando il colletto della camicia e posizionando la cravatta in modo asimmetrico, un lato dovrà essere più basso rispetto all’altro.

Ora passate l’ala della cravatta più lunga su quella più corta e fatela uscire dall’alto. L’ala in basso dovrà essere piegata in orizzontale permettendo così all’altra ala di scendere anteriormente.

Ora dovrete far risalire la parte più lunga e passarla sotto l’ala piegata prima. Ora dovrete solo tirare le estremità delle ali e sistemare il nodo farfallino.

Cortina d’Ampezzo: piste nuove per le olimpiadi e tanto altro

Cortina d’Ampezzo è il “diamante” delle Dolomiti, che nel 1974 ha contribuito alla nascita del comprensorio Dolomiti Superski, ma non solo: oggi Cortina fa parte delle 12 vallate considerate fra le più grandi del mondo, costituita da bene 450 impianti di risalita, con unico skipass e 1.200 km di piste.

Nel 2021 la bellissima Cortina d’Ampezzo sarà protagonista dei Mondiali di sci alpino 2021 e nel 2026 delle Olimpiadi Invernali in tandem con Milano: per questo si vedono necessari interventi importanti alle infrastrutture, come nuove piste, sistemi antivalanga super-tecnologici e nuovi impianti.

I lavori sono già iniziati, poiché già il 2020 vedrà le piste da sci di Cortina essere presenziate da grandi sfide, con le finali di Coppa del Mondo di Sci Alpino che si terranno dal 18 al 22 Marzo 2020 e saranno una sorta di test event per gli eventi segnalati sopra del 2021 e del 2026.

Cortina d’Ampezzo: innovazioni alle piste da sci

I lavori che sono in atto a Cortina sono partiti dalla sostituzione della funivia che porta dal centro a Col Drusciè utilizzando la nuova cabinovia Letiner. L’impianto attivo da questo Natale 2019 è composto da 47 cabine con 10 posti cadauna e prevede di arrivare a una portata ora di 2.000 persone in previsione delle Olimpiadi 2026 e dei Mondiali di Cortina D’Ampezzo del 2021permettendo di ridurre i tempi di attesa.

Viene realizzata anche una pista per le gare di qualificazione e le prove di slolom gigante e speciale: la pista Lacedelli sulla ski area Cinque Torri dedicata al grande alpinista Lino Lacadelli. Questa pista ha un tracciato unico in Europa grazie alla sua sicurezza al sistema in innevamento artificiale ottimale per sostenere gare e allenamenti.

Un’altra innovazione che riguarda le piste da sci è il “Salto Ghedina”, ovvero una carambola pronta verso Marzo 2020, un salto dedicato alla famosa spaccata fatta da Kristina Ghedina in volo a 140 km/h sul muro della Streif di Kitzbühel. Inoltre, allo stesso Ghedina è stato dato il titolo di Ambassador di Cortina 2021.

Cortina d’Ampezzo: la nuova tecnologia

In merito alle nuove tecnologie si parla del sistema snowsat per i mezzi battipista, che sono strumenti che permettono misurare la profondità della neve e sulla base di dati che danno, permetteranno di dosarne la produzione e di adattare l’intensità dell’innevamento. Questo tipo di tecnologia permetta di avere una gestione di innevamento programmato più sostenibile.

A monte della seggiovia San Marco è stato invece ultimato il vallo destinato a proteggere il rifugio Scoter, la pista Serpentina e tutta la Ski Area San Vito da eventuali frani e valanghe.

Non mancano poi ben 20 campane radiocomandate chiamate daisybell, ovvero un mix di idrogeno e ossigeno. Le daisybell saranno installate su supporti in acciaio che possono venire attivati a distanza da valle e permetteranno di proteggere le piste da sci da accumuli di neve e valanghe.

Agave Tequila come si beve in Messico

La tequila è un distillato consumato spesso in estate con gli amici servita al bar ma anche preparata a casa. Conoscete la sua storia e come si beve in modo corretto?!

Questo super alcolico viene prodotto in Messico e prende il nome dalla località messicana Tequila, centro della sua produzione insieme a zone limitrofe dello stato di Jalisco.

La pianta tequila ovviamente non esiste, la tequila messicana viene realizzata dalla distillazione dell’agave blu e dalla successiva fermentazione del suo succo. Attenzione che le piante d’agave utilizzate per produrre la tequila sono vecchie di almeno otto anni per essere giunte alla maturazione adeguate per la produzione di questo distillato.

Breve accenno storico sull’Agave Tequila

La storia racconta che la prima tequila venne prodotta nel XVI secolo dalle popolazioni azteche che in realtà producevano un liquore bianco ottenuto dalla fermentazione del succo della pianta dell’agave.

Fu Don Pedro Sanchez de Tagle nel 1600 a cominciare la produzione di massa della tequila messicana, a seguire re Carlo IV concesse la licenza per produrre e vendere la tequila legalmente con la tassazione del prodotto.

Oggi la tequila viene prodotta in grosse quantità dalle multinazionali, ma non mancano anche le produzioni da parte di gruppi a conduzione familiare.

Tequila come si beve

La tequila messicana per essere bevuta e apprezzata non deve essere servita in bicchieri di vetro, come si vede spesso nei locali, servita in bicchiere di terracotta. La motivazione è semplice i bicchieri non ne esaltano il vero aroma e gusto che in parte si perde.

Va poi accompagnata da sale e succo di limone sul dorso della mano e i più affermano che vada bevuta la tequila a seguire il limone e poi mangiato il sale. Non manca però anche chi non usa né sale né limone.

Tequila prezzo

La tequila per essere originale ed un vero distillato dall’aroma come prevede la tradizione e le sue origini deve essere realizzato conzucchero 100% dell’agave alla giusta maturazione. Questo ne giustifica il suo costo che va dai 20 € ai 70 € ogni 700 cl con una gradazione alcolica dal 35% al 40%.

Se trovate tequila messicana a prezzo nettamente più basso a pari quantità, badate bene che forse non è un distillato realizzato correttamente.

Torna sugli schermi nel 2020 l’eroe britannico James Bond

Un anno se ne va ma prima di deliziarci con regali, tacchino farcito e panettoni, qualche anticipazione del menu cinematografico dell’anno che verrà.

Arriva sugli schermi italiani il 9 aprile del 2020 l’ultimo capitolo della saga dell’agente segreto più famoso del mondo, 007, oggi impersonato dal nerboruto Daniel Craig. In ‘No Time To Die’ diretto da Cary Fukunaga, distribuito da Universal Pictures e ambientato anche a Matera, dopo aver lasciato la vita da agente segreto James Bond si gode un sereno riposo in Giamaica.

La pace dura poco, a causa dell’arrivo del suo vecchio amico Felix Leiter della CIA, presentatosi con una richiesta di aiuto.

La missione prevede il salvataggio di uno scienziato rapito, ma si rivela molto più complessa del previsto: Bond si trova sulle tracce di un misterioso delinquente che ha a sua disposizione una pericolosa nuova tecnologia.

Aspettatevi un cast stellare (Léa Seidoux è la nuova Bond Girl, Rami Malek il super criminale, Ralph Fiennes, Naomie Harris e il grandissimo Christoph Waltz che ricordiamo come magistrale interpret di alcune pellicole di Tarantino).

Top secret ancora la colonna sonora destinata a diventare un cult. Ne vedremo sicuramente delle belle. Stay tuned.

Credit: Nicola Dove © 2019 DANJAQ, LLC AND MGM. ALL RIGHTS RESERVED.

Di seguito il trailer ufficiale:

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Cinecult: Pinocchio di Matteo Garrone

Matteo Garrone volta pagina e taglia i ponti con l’estetica dark e un po’ maledetta delle sue opere precedenti, da ‘Gomorra’ a ‘l’imbalsamatore’ fino all’osannato ‘Dogman’ con un impareggiabile Marcello Fonte, per passare ora al registro leggero e ironico della favola, quella che unisce grandi e piccini; un’alternativa colta, visionaria ed elegante al più trash cinepanettone.

Il cinema è cultura, è magia, è affabulazione, è equilibrio fra arte e intrattenimento, e in questo Matteo Garrone si conferma un maestro.

Nella sua rilettura di ‘Pinocchio’, nei cinema italiani dal 19 dicembre e distribuito da 01 Distribution, il regista crea un affresco quanto mai moderno per una fiaba che si manifesta ecologica, socialista, pedagogica, panteistica, catartica.

Federico Ielapi è il burattino più famoso del mondo che si è sottoposto a 4 ore di trucco ogni giorno sul set per poter incarnare il pupazzo di legno in cui tutti i bambini possono riconoscersi.

Il film è ispirato alla cultura pittorica dei Macchiaioli ma anche a Hieronymus Bosch e a Enrico Mazzanti, il primo illustratore di Pinocchio ma anche un po’ a Tim Burton, e per la metamorfosi di Pinocchio in somarello anche agli effetti speciali creati per ‘Un lupo mannaro americano a Londra’ di John Landis.

Un film ricco e prezioso che nobilita la povertà, un omaggio sentito e accorato, mai retorico, alla nobiltà e alla bellezza della miseria.

“È un film popolare ed allegorico intessuto di verità sempre valide che parla di un bambino alla ricerca della libertà e della felicità che però tutti gli impediscono di realizzare, è un film sulla redenzione di un fanciullo, una rilettura della parabola del figliol prodigo” spiega Garrone.

“Pinocchio è un libro iniziatico, quasi divinatorio”, gli fa eco Roberto Benigni che nel film è Mastro Geppetto, un ruolo che il premio Oscar per ‘La vita è bella’ ha saputo modulare con grazia, ironia e poesia, in parte, come lui stesso ha dichiarato, strizzando l’occhio a Charlie Chaplin e al suo iconico Charlot.

“Pinocchio è nelle mie corde da sempre, io ho fatto il mio Pinocchio, e stavolta si parla finalmente dell’amore di un padre per il figlio, Pinocchio è un puro, vive un’odissea sentimentale, per Fellini io sono sempre stato Pinocchio e questo film è il coronamento più memorabile della mia ‘carriera’, è la povertà che diventa ricchezza, è una fantastica cornucopia”, aggiunge Benigni.

Nel cast spiccano la bellissima musa di Ozon Marine Vacth che nel film di Garrone è la fata turchina adulta, nel ruolo che fu della icona super trash Gina Lollobrigida nel Pinocchio di Comencini con Nino Manfredi, mentre Gigi Proietti è Mangiafuoco, “figura dolente e solitaria ma con una sua identità ben definita e un cuore d’oro” spiega il mattatore romano del cinema italiano, interprete indimenticabile di Fregoli e Petrolini.

E poi ci sono il gatto e la volpe, interpretati rispettivamente da Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini, che rispecchiano la plutocrazia ingorda e avida, “quelli che, come dice il grillo parlante impersonato dal simpaticissimo Davide Marotta, ti dicono che ti possono far diventare ricco senza sforzi e che sono matti o imbroglioni” (ogni riferimento a Berlusconi o a Salvini è puramente casuale?).

“Ho cercato di essere il più possibile fedele al testo di Collodi dando la parola agli animali che sono allegorie viventi e che sono il più possibile antropomorfi, questo film parla di noi e della società in cui viviamo, l’ho girato nei luoghi dell’anima, l’Italia è bellissima ma è difficile trovare oggi i luoghi ai quali si riferisce Collodi alla fine dell’Ottocento, l’Italia è stata distrutta dal boom economico degli anni’60, il paesaggio, che nei miei film è sempre personaggio, è legato ai personaggi dei miei film”.

Notevoli gli effetti speciali di Mark Coulier, due volte premio Oscar per i suoi make up prostetici che si avvalgono di protesi scolpite (nel film vediamo il silicone che simula il legno), bella e intensa la colonna sonora di Dario Marianelli con la canzone vibrante ‘Passo a passo’ cantata da Petra Magoni, notevoli e azzeccati i bei costumi di Massimo Cantini Parrini.

Visionario e surreale, questo Pinocchio esalta la natura mistica, madre e matrigna al tempo stesso e ripropone temi eterni che continuano a fare riflettere divertendo intere generazioni. Ottima prova, da non perdere, in attesa del Pinocchio per adulti di Guillermo del Toro.

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