ALESSANDRO ENRIQUEZ – THE POWER OF BEING A 360° CREATIVE

Arrivano direttamente dal cuore dell’Italia le ispirazioni di Alessandro Enriquez. Nato a Palermo, in quella Sicilia pulsante dell’immaginario collettivo, ha girato il mondo per seguire i suoi studi di moda. Riconosciuto, da subito, come un designer di successo, ha lavorato per sette anni per Costume National, prima di lanciare la sua linea di borse e quella di abbigliamento, caratterizzata dalle “collezioni all’italiana”, che invece porta il nome del primo libro pubblicato da Alessandro, “10×10 An Italian Theory”. Un testo di moda, food e lifestyle, che lo ha avvicinato alle riviste con cui collabora tuttora e che, come tiene a precisare, non può che considerare, «il proprio portafortuna».

Il tuo è un percorso eclettico: dal design al digital. Raccontaci il tuo DNA creativo e in che modo lo declini in ambiti diversi?
Il mio percorso “misto” mi ha condotto verso strade creative diverse, che mi piacciono e stimolano tanto. Invento ed elaboro, con un occhio comunicativo, proprio per la voglia e il desiderio di creare comunicando e viceversa. Laureato in Lettere e appassionato di letteratura antica e di moda, ho sempre mixato diversi mondi. Dopo gli studi mi sono dedicato al mondo della moda, disegnando per Costume National, di Ennio Capasa – che reputo uno dei mie piu bravi “maestri di vita”, oltre che professionali – per sette anni. Durante gli ultimi due anni, “di nascosto”, mi sono dedicato alla scrittura di un libro che, nel 2012, è stato pubblicato in lingua italiana. “10×10 An Italian Theory”, un testo di moda, food e life style ricco di illustrazioni. Il riscontro positivo di questo testo, che considero un portafortuna, mi ha avvicinato a diverse riviste, con le quali ho iniziato, e tuttora continuo, a collaborare. Parallelamente è nata una linea di abbigliamento che porta lo stesso nome del libro. Mi ha regalato molte soddisfazioni, soprattutto le “collezioni all’italiana”, come quella con la pasta, facendomi diventare una sorta di ambassador dell’italianità all’estero. Mi ha permesso di costruire il mio DNA creativo. Alla collezione di abbigliamento ho affiancato, nel 2016, una collezione di borse con il mio nome, interamente made in Italy.

La tua definizione di influencer/blogger/ambassador
Colui che consiglia, comunica e porta il suo esempio, il suo stile. Una formula moderna di un micro giornale – in formato app – che ognuno di noi possiede. Come tutti i giornali, il suo esito è soggetto all’interesse dei lettori.

Come vedi l’evoluzione del mondo social e del tuo business?
Sicuramente il mondo social crescerà ancora di più e assumerà sfaccettature diverse. Oggi, gli influencer sono diventati una sorta di celebrity, attraverso una forma democratica di comunicazione. Forse, domani, grazie ai social nasceranno nuove figure. Credo che tutto questo sarà di supporto per molte persone.

Quale è, secondo te, il social del futuro?
Instagram è sicuramente il più gettonato, al momento. Sono convinto che verrà potenziato e che, a poco a poco, ci saranno tanti aggiornamenti. Il passo successivo? Non saprei. Ci affidiamo ai geni, sperando di imparare velocemente l’uso delle novità.

Quanti dei tuoi consigli sono sinceri e non sponsorizzati?
I miei quote sono tutti sinceri e vengono dal cuore. Alcuni divertenti, altri con un tono più tagliente, ma tutti rispecchiano il mio pensiero.

Come vedi l’evoluzione della moda con il digital e fenomeni come “see now buy now”?
È sicuramente una soddisfazione, per i clienti fanatici della moda, ma credo che la scelta di alcune Maison francesi – di ritagliare delle piccole capsule in vendita solo in boutique, immediatamente dopo averle mostrate in passerella – possa essere una svolta positiva per risollevare il mercato. Trovo sia giusto ricreare quel rapporto cliente/negozio che oggi si sta un po’ indebolendo.

La professione dell’influencer ha una data di scadenza?
È una professione che non scade. Si è artefici della propria data di scadenza. Ognuno di noi sa bene che i social sono come le macchine e vanno alimentati tanto.

La tua passione per il mondo dei cartoon e per il lato pop nella moda
Mi ritengo un eterno Peter Pan, e il mondo dell’illustrazione è sempre stato di mio interesse. Con i cartoon ho un bellissimo rapporto e, molte volte, gli “chiedo di giocare” con le mie collezioni, donandogli una cittadinanza italiana. Titty cucina la pasta, Bugs prende il caffe napoletano, Felix sogna l’Italia. Per me, sono parte della nostra storia, di quella del cinema, e credo che abbiano un grande valore. Avere come partner colossi come Universal o Warner Bross, è un grande riconoscimento per il mio lavoro. Di loro non mi stanco mai.

I tuoi 5 posti del cuore in Italia o nel mondo?
Sono siciliano, amo la cucina e cucinare, e mi affascinano i luoghi dove posso assaporare i gusti di una volta. C’è un piccolo ristorante, nel cuore di Ortigia (Siracusa), che si chiama La Foglia: ricette tipicamente siciliane rivisitate, arredamento kitsch-vintage colorato e proprietari dolcissimi. A New York, il ristorante pugliese Mercato, mi ricorda l’Italia ogni volta che vado. A Barcellona, città del cuore, dove ho vissuto diversi anni, visito sempre il MACBA (Museo di Arte Contemporanea) e subito dopo, corro a bere un caffe e ad assaggiare i dolci realizzati nei conventi spagnoli. Tutto questo al Caelum, nella zona gotica in centro. I “marche au pouce” di Parigi e Portobello, di Londra, sono la mia passione. Banner e 10corsocomo a Milano i department store che preferisco, con una bellissima selezione e un’attenta cura al cliente.

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4 FITNESS TREND PER IL 2018

In cima alla lista dei buoni propositi per l’estate prossima c’è sempre lei: l’attività fisica. Se ancora non avete rinnovato l’abbonamento in palestra, ecco quattro nuovi trend per il 2018, in fatto di allenamento da cui lasciarvi ispirare e tentare.

GET! Gymball Evo Training

Un unico attrezzo richiesto: la gymball “Original Pezzi”® Gymnastikball MAXAFE®. È il GET! Gymball Evo Training, un allenamento funzionale, ideato da Davide Zanichelli, che sfrutta il sovraccarico naturale e che necessita solo di questo attrezzo colorato e divertente. Un’attività da fare in gruppo o da soli, ma rigorosamente a tempo di musica. Tre sono le tipologie tra cui scegliere, o, perché no?, da alternare per un training completo: G.A.G. (Gambe, Addominali e Glutei), Cardio e BODY. Il primo tipo si concentra negli arti inferiori e i glutei, il secondo richiede un lavoro più specificatamente cardiovascolare e, infine, il terzo consiste in un allenamento total body in cui sono interessati braccia, spalle, petto e dorso. I benefici sono un aumento dell’equilibrio, della coordinazione e dell’agilità, oltre a una buona dose di buonumore.

RUNNING

Un paio di scarpe buone è l’equipaggiamento sufficiente a praticare la corsa, che raccoglie sempre più appassionati, in tutte le sue forme, dalla camminata veloce al nordic walking, fino alle maratone. I neofiti potrebbero iniziare in palestra, correndo sul treadmill, che permette un controllo costante della frequenza cardiaca, migliorando, di conseguenza, la resistenza aerobica senza rischiare picchi di frequenza cardiaca. Dopo aver preso confidenza, si può passare all’allenamento all’aria aperta, che implica un maggiore dispendio di ossigeno e quindi una maggiore efficacia in termini di attivazione muscolare e sforzo fisico. Se si vuole allenare tutto il corpo, si può optare per il nordic walking, una camminata che necessita di due appositi bastoni su cui esercitare una certa forza a ogni passo. Si vanno a sforzare i muscoli della parte superiore del corpo, andando a lavorare anche sulla mobilitazione articolare di polso, gomito e spalla. Inoltre, rispetto a una semplice camminata, si registra un incremento del 46% sul consumo di calorie!

PILATES

Accanto ad attività principalmente cardio, troviamo il Pilates, una disciplina che aiuta ad assumere e a mantenere una postura corretta e a conferire maggiore agilità e fluidità nei movimenti quotidiani. Alla base si lavora sulla consapevolezza profonda del proprio corpo e della propria mente che, insieme, agiscono per eliminare rigidità, tensioni e problemi alla schiena: il Pilates, infatti, è un’attività utilizzata anche in campo riabilitativo. La respirazione è fondamentale, e deve essere coordinata ai movimenti, cosa che implica un grande controllo, precisione e concentrazione nell’esecuzione corretta delle sequenze di esercizi. Il Pilates può essere praticato a corpo libero, con l’uso di piccoli attrezzi, o con macchine come il Reformer, la Cadillac e la Chair, che sfruttano l’azione di alcune molle per andare a lavorare su muscoli profondi che normalmente non sono sollecitati in assenza di gravità. Il Matwork, invece, prevede semplicemente l’uso di un tappetino ed è più faticoso rispetto alle macchine, in quanto si va contro la forza di gravità.

YOGA

Lo yoga è una delle discipline orientali più antiche, che comprende molteplici espressioni e correnti diverse. Un esempio è l’Ashtanga Vinyasa yoga, caratterizzato da uno schema ben definito di sequenze asana, talvolta complesse e impegnative dal punto di vista fisico. Negli ultimi anni si sono sviluppate anche delle forme ibride più “estreme”, come il surfing yoga, ancor meglio se praticato nelle meravigliose spiagge del Portogallo, del Marocco o del Sud America. Per tutte le coppie più audaci di amici o innamorate esistono l’acroyoga e lo yoga volante, che consistono in sequenze da fare in due, sfruttando al massimo il peso corporeo, allenando l’equilibrio, la forza, la coordinazione e, non per ultimo, il senso di fiducia. Un esempio di yoga più cardio e combattivo è il boxing yoga, che unisce le asana, le posizioni classiche dello yoga, con elementi della boxe. Infine, se amate andare in discoteca, il clubbing yoga potrebbe fare al caso vostro. Musica elettronica, hip-hop o pop ad alto volume fa da colonna sonora per lezioni divertenti e anticonvenzionali, che favoriscono l’interazione con gli altri componenti del gruppo, siano essi principianti o esperti.

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MAGIA IN CUCINA

Nella sua cucina ingredienti, utensili, pentole e piatti levitano, creando una magia che gli ha fatto guadagnare quasi 60mila follower su Instagram. «L’idea di fotografare oggetti sospesi – spiega Francesco Mattucci, ideatore di @kitchensuspensionnasce da una situazione assolutamente quotidiana, per ragioni di spazi, necessità, esigenze la cucina è il posto della casa che vivo di più. Guardandomi attorno ho pensato di creare un luogo dove gli oggetti che popolano la mia cucina possano “animarsi” in maniera insolita, quasi a giocare tra loro e quindi uno spazio dove il cibo non abbia più una rappresentazione classica, dove possa estraniarsi dai contesti nei quali viene normalmente immortalato, vivendo quasi una vita propria e, naturalmente, divertendosi». Per lui la svolta da creativo a influencer è stata quasi immediata. Prima la pubblicazione di una serie d’immagini nella home page di Repubblica e, pochi mesi dopo, l’intervista sul blog di Instagram, hanno portato al progetto grande visibilità in tempi ristretti. «Non mi ritrovo tanto nella definizione di “influencer” – continua Mattucci – non mi sento tale e non credo che le mie immagini possano invitare le persone all’acquisto di un prodotto, invece che un altro. Io credo che il progetto di @kitchensuspension funzioni, perché le immagini che lo compongono sono sempre in grado di sorprendere e bloccare per un secondo l’attenzione degli utenti che vi incappano. Questo è un profilo studiato ad hoc per l’online e in questo contesto funziona, il mio follower sa sempre cosa aspettarsi dalla prossima foto ma, in realtà, ne rimane ogni volta sorpreso». Ogni scatto di Francesco ha dietro un lavoro lungo e paziente, basti dire che per fotografare la coppa con il gelato sospeso in volo, ci sono voluti quasi due giorni di lavoro. «Non esiste un metodo per ottenere questi scatti – conclude – ogni immagine ha le sue caratteristiche e il sistema per sostenere gli oggetti che la compongono cambiano di volta in volta, il difficile sta proprio nel costruire set diversi per ogni scatto. È comunque fondamentale una massiccia dose di post-produzione per ottenere gli effetti voluti».

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Nuovi must-have: uno zainetto per tutti!

Se c’è un accessorio che più associo alla mia adolescenza, quello è lo zaino. Dai pomeriggi interi passati davanti alla televisione – a guardare “Non è la Rai”, con il suo gioco di indovinare cosa c’era nello zainetto di Ambra – alla mia prima vacanza da solo all’estero, accompagnato dal fedele e coloratissimo Invicta. Poi, crescendo, ho preferito altre borse, per le mie avventure. Dopo un po’ di anni in cui per me zainetto era sinonimo di uno stile un po’ troppo teen, mi sono accorto, invece, di come questa proposta, fra le tante borse, sia in realtà una delle più pratiche e comode e abbia acquisito con il tempo una versatilità di uso che è perfetta per il mio quotidiano, sempre di corsa fra mille impegni. E se ne sono accorti anche brand e stilisti, perché nelle ultime stagioni si sono moltiplicate le opzioni, da quelle colorate e decorate, per un pubblico forse più giovane e fashion addicted, ad altre tecnologiche e sporty, per chi non rinuncia allo zaino per andare in palestra o per fare jogging, fino a proposte seriose e dal design essenziale e minimal, dal sapore urbano e perfette per il manager annoiato dalla solita valigetta ventiquattrore. Vi proponiamo una carrellata di backpacks che ci sono piaciuti e ce n’è davvero per tutti i gusti.

Ha collaborato Orsola Amadeo

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Carlo Sestini: cittadino del mondo

Nato e cresciuto a Firenze, Carlo Sestini si è trasferito in Svizzera all’età di tredici anni e, successivamente, a Londra per frequentare la Regent’s University. È un appassionato di arte e di alta moda. Il suo stile è sofisticato e ricercato, il suo guardaroba include pezzi iconici e capi vintage. È appena rientrato da Los Angeles, dove ha studiato recitazione.

La tua definizione di influencer/blogger/ambassador?
È una persona che riesce a influenzare i gusti e gli acquisti del pubblico attraverso i propri profili social, anche se è un termine spesso usato in modo inappropriato.

Come vedi l’evoluzione del mondo social e del tuo business?
L’universo digitale viaggia così velocemente da permettere di poter realizzare in futuro tutto quello che oggi è solo frutto di immaginazione anzi, nella maggior parte dei casi, qualcuno lo sta già brevettando. Mi piacerebbe acquistare direttamente da Instagram, senza dover passare per i singoli siti di vendita online, significherebbe risparmiare tempo e avere la possibilità di comprare esattamente quello che vedo. So che Instagram sta già testando questa nuova funzionalità in diversi Paesi, ma in Italia non è ancora possibile.

Quale secondo te il social del futuro?
Instagram, Instagram e ancora Instagram.

Lato negativo della tua professione?
Non credo ci siano lati negativi

Quanti dei tuoi consigli sono sinceri e non sponsorizzati?
Un contenuto sponsorizzato non significa necessariamente che non sia sincero, ma, personalmente, controllo tutte le mie collaborazioni. Se un marchio – o la sua richiesta – non si adattano al mio stile, ringrazio di cuore ma declino.

Consiglio pratico di stile o beauty o posti che ti piacciono?
Londra è la mia seconda casa anzi, forse, è diventata la prima. Mi sorprende sempre con ottimi ristoranti, spa, palestre e club. Suggerirei Mr Chow per una cena cinese e Annabel per un drink. Fondato quasi 50 anni fa, è uno dei club più eleganti al mondo.

La professione di influencer ha una data di scadenza? Come immagini il tuo lavoro da vecchio?
Cerco di godermi al massimo tutto quello che faccio, ora che sono giovane ed entusiasta del mio lavoro. In futuro? Probabilmente un’attività in proprio, forse un brand o qualcosa di simile legato al lifestyle.

Conta più una bella faccia o un bel contenuto?
Un buon contenuto è per sempre.

Quale applicazioni usi per ritoccare le foto e quanto ritocchi per creare lo scatto perfetto?
Dipende dal tipo di foto, ma non sono un maniaco della post-produzione. Credo che siano le imperfezioni a rendere le immagini uniche.

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Un cuoco in tv

Simone Rugiati già 13 anni orsono spignattava davanti ai fornelli, insegnando a una platea, che ancora non aveva dimestichezza con stelle e piatti d’autore, come fare il soffritto perfetto. «Io – dice Simone – vado in televisione per far cucinare le persone a casa loro. Il resto è show. Far vedere al grande pubblico come si realizza il piatto di uno chef stellato è un puro esercizio di stile, che serve solo a portare gente nei ristoranti. Infatti, per replicare certe ricette non solo ci vuole un’abilità che si acquisisce con anni di lavoro e di studio, ma sono necessarie materie prime di non facile reperibilità». Sui social, invece, ha iniziato da poco, ma ha già ottenuto un grande successo (quasi 300mila follower su Instagram e oltre 500mila su Facebook) tanto da essere, ormai, considerato un influencer. «Sono stato uno degli ultimi nel mio settore ad avere il profilo sui social network e li avevo aperti per farmi conoscere meglio da chi mi seguiva in televisione. Col tempo, mi sono strutturato e ora ho un’agenzia che mi affianca. Per me i social sono un grande bacino dove intercettare le necessità del pubblico, ma anche testare i prodotti nati dalle mie collaborazioni o interagire con chi mi segue. Molte volte porto in trasmissione proprio i temi che mi vengono suggeriti dai mei follower». A completare la vita professionale di Simone manca ormai solo un ristorante. «Molti investitori – conclude Rugiati – mi chiedono di aprire un ristorante, ma devo ancora crescere e poi nella vita non si possono fare troppe cose contemporaneamente. Uno chef, a mio parere, deve stare in cucina e io adesso ho altre priorità». Intanto Simone sta costruendo la filiera che, in futuro servirà il suo ristorante. Infatti, Foodloft (la factory house di Rugiati) è fra i partner di “Coltivatori di Emozioni”, la piattaforma che vuole avvicinare il consumatore alle attività agricole rendendolo partecipe del ciclo produttivo, “adottando” un coltivo a scelta tra ulivi, filari per il vino, arnie e frumento. Altro obiettivo di Coltivatori di Emozioni è il recupero e la valorizzazione dei terreni incolti che, a oggi, si trovano in Puglia, Sicilia, Calabria, Molise, Marche, Lombardia, Toscana, Piemonte e Veneto.

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Capelli in riga

Ogni uomo passa davanti allo specchio un tempo diverso, soprattutto nella cura dei propri capelli. Che siate precisi, sbrigativi, sportivi o perfezionisti, ricordate sempre che esistono prodotti specifici e ottimali per tutte le attitudini e ogni necessità di capello. Anche se di fretta, basta poco per avere una capigliatura ordinata, che ci rende sicuri di noi e pronti ad affrontare la giornata.
Prima di presentare alcuni degli ultimi must have maschili, tre consigli da tenere a mente per il nostro rituale quotidiano:
Lavaggio: Sì ai lavaggi frequenti, due passate di shampoo al mattino sono l’ideale: la prima deterge, la seconda rende il capello lucido e splendente.
Asciugatura: Pre-asciugare con un asciugamano in microfibra soprattutto i capelli fini. Investite in un buon phon, che unisca la giusta potenza al corretto livello di calore.
Styling: Generalmente se il prodotto è valido basta davvero una modica quantità, per fissare senza seccare e sporcare la nostra chioma. L’espressione, melius abundare quam deficere non si applica all’haircare.

Tigi
La proposta di Tigi unisce uno shampoo e un balsamo per lavaggi quotidiani, arricchiti con ingredienti molto apprezzati dalla cute maschile, come il mentolo e il peppermint.

  • Clean Up Daily Shampoo: valorizzato da estratti di palma nana, semi di girasole, citronella e mentolo, idrata e districa i capelli lasciandoli luminosi
  • Clean Up Peppermint Conditioner: dall’aroma fresco, aiuta a riparare i segni dei danni causati da fattori ambientali, aggiungendo volume e lucentezza al cuoio capelluto

Vichy
Un rituale completo disponibile direttamente nella versione coffret, per l’aumento della massa capillare.

  • Shampoo rigenera spessore e Balsamo rigenera spessore, per aumentare la consistenza dei capelli
  • Trattamento concentrato moltiplicatore di massa capillare, per accrescere il numero dei capelli

Aveda
Uno dei principali problemi del capello maschile è il diradamento. Aveda ci propone:

  • Invati men™ nourishing exfoliating shampoo: esfolia la cute e aiuta a rinforzare i capelli che tendono a diradarsi
  • Invati men™ scalp revitalizer: un trattamento per capelli subito più folti dalla radice. Da massaggiare sulla cute per rinvigorirla

L’Oreal Barber Club
Adatto per chi è molto pratico o chi ha poco tempo. Il nuovo Detergente 3 in 1 di L’Oreal Men Expert è ideale per viso, capelli e barba. La sua formula senza sapone, con olio essenziale di cedro, ravviva i capelli con un’azione confortevole sul cuoio capelluto oltre a essere ottimale per rimuovere impurità e cattivi odori dalla barba.

Label.men
Due alleati dello styling come Label.men Grooming Cream, una crema versatile, impalpabile, per garantire definizione e controllo da applicare prima dell’asciugatura. Resurrection Style Dust, polveri miracolose (per capelli chiari e scuri) per radici amplificate al massimo, un volume sotto controllo e una texture esageratamente matt.

Sebastian
Infine, per gli amanti della lacca, due spray da utilizzare prima o dopo l’asciugatura:

  • Shaper Zero Gravity™: Hairspray asciutto, pettinabile, controlla senza appesantire. Da applicare durante l’asciugatura, per cambiare ogni volta volume e forma, in una perfetta definizione.
  • Sebastian Shaper Fierce ™: Finish Hairspray tenuta extra forte. Dopo la piega, fissa lo stile dei capelli per tutto il giorno e garantisce la perfezione in ogni momento, anche dopo ore.

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Music talent da seguire: THOMAS COSTANTIN debutta col suo primo EP Fire

E’ uno dei nomi della scena musicale milanese: Thomas Costantin inizia la sua carriera a soli diciassette anni ed è oggi uno dei Resident DJ del Plastic. Ma cosa più importante il 23 febbraio, col nome d’arte di THO.MAS, sarà pubblicato Fire, il suo primo EP, dai ritmi dark e teatrali. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare non solo la sua grande passione per la musica, ma per scoprire anche le passioni che alimentano il suo immaginario. E avere un’anteprima del suo primo EP.

Qual è il primo ricordo che hai, legato alla musica?
Ricordo di un giovanissimo Thomas, di circa 5 anni, con i capelli biondissimi e corti. Ero in vacanza con mia nonna al mare, da solo, e lei aveva una musicassetta di Madonna, True Blue. L’ho consumata!

Quali sono i maestri o le persone che ti hanno ispirato o hanno avuto un ruolo importante nella tua formazione?
Non sono stati proprio i maestri, quanto le amicizie a influenzarmi e farmi scoprire cose nuove: Nicola Guiducci ha fatto nascere in me l’amore per le sonorità da club, mentre Francesco Pistoi mi ha spinto a creare la mia propria musica. Per il resto, cerco ispirazione ovunque: essendo molto curioso, in tutti questi anni mi sono creato un bel background, indirizzato a ricercare nuovi suoni e nuovi artisti.

Parlaci del concept del tuo primo EP e delle collaborazioni più importanti.
Il concept del mio primo lavoro è totalmente in linea con la mia estetica, un mix tra antico e moderno.  Ho utilizzato solo strumenti elettronici: ormai, si può fare davvero di tutto con un Mac e software come Ableton, per esempio. Adoro inserire sample di vecchi film e pezzi vintage nelle mie creazioni. In Jl ci sono dialoghi in italiano da Alphaville, di Godard, uno dei miei registi del cuore. In Fire è presente la splendida voce di Georgia Gibbs, direttamente dagli anni Cinquanta. Le collaborazioni per i remix sono state un successo! I miei amici B-Croma hanno dato un touch super londinese a Fire, Jerry Bouthier ha trasformato il THO.MAS (nome d’arte, ndr) super dark in una versione disco tutta da ballare, Ormas & Atmosphereal mi hanno conferito una dimensione house che non vedo l’ora di suonare. Infine Pisti – un maestro – ha creato un pezzo che fa vibrare, sembra di trovarsi in un club alle 4 del mattino.

Thomas e la moda: quali sono i tuoi brand preferiti e perché?
Sarò di parte, sicuramente, ma Gucci con la direzione creativa di Alessandro Michele è nel mio cuore: così sofisticato e spiritoso, con le citazioni dei miei idoli come Elton John che trovo molto interessanti e, poi, ha rivoluzionato completamente il concetto di brand, lavorando con numerosi giovani creativi e artisti. Adoro Palomo, un brand spagnolo genderless, geniale!  Mi piace moltissimo anche Missoni, i loro maglioni sono tra le cose che amo di più indossare, impazzisco per le scarpe di Church’s e adoro lo stile spaziale di Iris Van Herpen.

L’ultimo libro che hai letto o la mostra che consiglieresti di visitare?
L’ultimo libro è Antichi maestri di Bernard, consigliatomi da una persona che mi conosce molto bene e, infatti, ci ha azzeccato. Adoro il cinismo sano.
Una mostra che consiglio è l’ultima inaugurata al Pirelli Hangar Bicocca, The Dream Machine is Asleep di Eva Kot’átková, artista della Repubblica Ceca. Riflette sullo stato delle malattie mentali, sui sogni e sulle regole imposte dalla società attraverso installazioni e opere performative dalla grande forza espressiva.

 Se la tua musica fosse un piatto, sarebbe…
Penso un dolce alla frutta, il mio preferito.

Quali sono la città che più ti ispira e il luogo in cui ti rifugi per ricaricarti?
Parigi è sempre nel mio cuore, piena di energia e bellezza. Dico spesso che prima o poi mi ci trasferirò. Raramente ho bisogno di trovare un rifugio, ma, quando accade, non è importate il luogo ma la compagnia. Se voglio stare da solo, resto a casa, in mezzo alle cose che amo.

Quando parti, cosa non manca mai in valigia?
La lacca per capelli, il Mac e almeno un outfit mai indossato, per andare ad una festa. Non si sa mai…

I 5 film, per te, più significativi.

  • Laurence Anyways (2012, diretto da Xavier Dolan, con Melvil Poupaud e Suzanne Clément);
  • Orlando (1992, diretto da Sally Potter, con Tilda Swinton);
  • Le conseguenze dell’amore (2004, diretto da Paolo Sorrentino, con Toni Servillo);
  • Fantastic Mr. Fox (2009, diretto da Wes Anderson, con le voci di George Clooney e Meryl Streep);
  • Blue Jasmine (2013, diretto da Woody Allen, con Cate Blanchett e Sally Hawkins).

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A Madrid è tempo di ARCO

Cover_The Couch with Ada O’Higgins by DIS

Il mondo dell’arte – si sa – è oramai sempre più globalizzato e se anche è vero che fra un evento importante in Europa e uno in Centro America o in Asia probabilmente si vedranno uomini e donne con atteggiamenti, vestiti e accessori molti simili fra loro, quello che rende ancora, soprattutto le fiere d’arte, degli eventi unici è il contesto in cui si sviluppano. In Europa il mondo dell’arte si “risveglia” a Madrid con la fiera ARCO, che si terrà come tradizione nei padiglioni della Fiera madrilena dal 21 al 25 febbraio. Questa manifestazione decisamente accogliente e mondana non è solo un punto di riferimento culturale per la Spagna e l’Europa, ma anche per tutta l’America Latina. È questa certo un’ottima occasione per un weekend alla scoperta del lato contemporaneo della capitale spagnola. Ecco alcuni suggerimenti su dove recarsi dopo aver visitato la trentasettesima edizione di ARCO con le sue 208 gallerie provenienti da 29 paesi.
www.arcomadrid.es

Il centro culturale sperimentale La Casa Encendida presenta la mostra Thumbs That Type and Swipe: The DIS Edutainment Network del collettivo newyorkese DIS. DIS è formato da Lauren Boyle, Solomon Chase, Marco Roso e David Toro. Questo progetto di collaborazione artistica è nato con lo scoppio della crisi nel 2009, inizialmente come una lunga conversazione attraverso e-mail che ha portato in maniera organica alla fondazione di DIS Magazine, una rivista ibrida in cui sono stati analizzati i contenuti più urgenti dei nostri tempi, dando poi origine al progetto curatoriale che ha sdoganato alla Biennale di Berlino del 2014 il Post-Internet, la corrente artistica più cutting edge dei nostri giorni.

Thumbs That Type and Swipe: The DIS Edutainment Network
Dal 2 di febbraio al 13 di maggio
www.lacasaencendida.es

Tappa obbligata è il Museo Reina Sofia, che ha da poco inaugurato la mostra temporanea Pessoa. Todo arte es una forma de literatura che mira a fare scoprire al pubblico la vigorosa, ma poco conosciuta, scena d’avanguardia artistica portoghese che si è sviluppata alla prima metà del XX secolo e in cui il grande poeta portoghese Fernando Pessoa (1888 -1935), ha giocato un ruolo di primaria importanza, intervenendo attivamente attraverso i suoi scritti e le sue versatili proposte artistiche.

Pessoa. Todo arte es una forma de literatura
Dal 6 di febbraio al 7 di maggio
www.museoreinasofia.es

Una fra le più intellettuali tra le gallerie madrilene Helga de Alvear allestisce la personale dell’artista di origini canadesi Marcel Dzama. Il titolo della mostra – It ́s time – è un monito sui tempi in cui viviamo. Dzama si collega da un lato ai principi teorici, politici e sociali sviluppati dal movimento Dada come reazione alla prima guerra mondiale e dall’altro alla serie dei disastri della guerra di Francisco Goya, che riflettono la crudeltà della guerra d’indipendenza spagnola.

Marcel Dzama
It ́s time
Dal 15 di febbraio al 24 agosto
www.helgadealvear.com

Per gli amanti di un’arte più grafica e astratta consigliamo invece di visitare la mostra del pittore inglese Terry Haggerty alla galleria Ivorypress. Haggerty traduce nelle sue tele forme naturali o oggetti creati dall’uomo in coinvolgenti composizioni di linee che oscillano tra lo spazio bidimensionale e quello tridimensionale utilizzando semplici combinazioni di due colori.

Terry Haggerty
Still Motion
Dal 21 febbraio al 5 maggio
www.ivorypress.com

Tra una mostra e l’altra ci si può rilassare con un’ora di shopping nella boutique più cool di Madrid, Ekseption. Nata a Marbella negli anni ’70 e dal 1987 a Madrid Ekseption ha visto nei suoi trent’anni di attività l’avvicendarsi della tendenze più importanti nella moda, dando oggi spazio ai giovani designer tra cui Jacquemus, Simone Rocha e Magda Butrym. La forza di questo spazio di 1.000 metri quadrati ridisegnato alla fine del 2017 è quello di mescolare decorazione e pezzi d’arte in maniera ludica e giocosa.
www.ekseption.es

Dopo tutto questo girovagare fra templi dell’arte e della moda si sente quasi la necessità di lasciarsi tutto alle spalle e fare un salto nella natura selvaggia. Il ristorante Amazonico nel quartiere modaiolo di Salamanca risponderà proprio alle vostre preghiere. Vero paradiso gastronomico Amazonico vi stupirà sia per il suo ambiente tropicale ricco di piante esotiche, i suoi cocktail e i sue piatti di carne.
www.restauranteamazonico.com

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nima benati: a photography success story

Firmare a soli 25 anni le campagna pubblicitarie di Dolce&Gabbana non è da poco. D’altronde la passione per la fotografia di Nima Benati, influencer da 472 mila follower, nasce fin da quando era piccola, durante gli studi al liceo linguistico. I primi shoots sperimentali prendono ispirazione dai suoi brand preferiti: Gucci, Versace, Cavalli, Prada, Miu Miu. Una formula magica che la traghetta in poco tempo al successo.

Ci dai qualche numero del tuo business?
Se parliamo di social, sono seguita da circa 700 mila persone in totale. Mentre quest’anno ho scattato circa 40 campagne pubblicitarie. Quelle di cui vado più fiera sono di Dolce&Gabbana, un sogno divenuto realtà!

La tua definizione di influencer?
Qualcuno con un gusto spiccato, capace di erigersi sulla massa. Deve essere in grado di offrire contenuti diversi e unici, tanto da invogliare le persone ad emularli.

È meglio avere una bella faccia o un buon contenuto?
Quando lavoro con i modelli conta di più una bella faccia, nella vita metto in primo piano il contenuto.

Come vedi la tua evoluzione e quella del mondo social?
Il mio business principale, la fotografia, non viene condizionato dall’universo social. Quest’ultimo finirà per implodere, ma ha ancora diversi anni di longevità con un ricambio di piattaforme. Instagram regnerà per un altro decennio.

La professione dell’influencer ha una data di scadenza?
No, a patto che riesca a mantenere una certa credibilità. Io sono molto tranquilla, i fotografi più famosi e richiesti al mondo hanno carriere lunghissime: Peter Lindbergh ha 73 anni, Patrick Demarchelier 74 e Stevel Meisel 63! Salute permettendo, si può scattare per tutta la vita!

Un lato negativo della tuo lavoro.
Le persone credono di poter dire quello che vogliono sui social: si scordano che dietro allo schermo ci sono persone vere, alle quali non oserebbero mai rivolgersi così nella vita reale. Insultano, aggrediscono e molto spesso presuppongono cose false, senza elaborare l’immagine o il testo che hanno davanti.

 I tuoi consigli sono veri?
Condivido su Instagram stories solo le cose che trovo davvero interessanti, ma non do mai consigli.

Quante ore impieghi per il tuo look?
Quando vado al lavoro ci metto meno di 5 minuti, con i call time alle 6 di mattina non posso proprio pensare a trucco e stile.

Quali app usi per ritoccare le foto e in quanto tempo circa?
Le foto di Instagram le sistemo con Facetune e Snapseed, mentre quelle di lavoro con Photoshop. Le prime richiedono una ventina di minuti, le seconde anche 5 ore.

C’è un posto o una città che ti ha colpito in particolare?
Il Parco dei Mostri di Bomarzo. Un luogo fermato nel tempo, pieno di arte, bellezza e mistero.

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COSA NE RESTA DI: CHIAMAMI COL TUO NOME

Candidato a 4 Premi Oscar (Miglior film, Miglior attore a Timothée Chalamet, Miglior sceneggiatura non originale e Miglior canzone a Sufjan Stevens per Mistery of Love) e già vincitore del premio come Miglior adattamento ai Bafta, Chiamami col tuo nome è il film più discusso del momento. Diretto da Luca Guadagnino, come ultimo tassello della sua “trilogia del desiderio”, (dopo Io sono l’amore e A Bigger Splash), il film è ambientato nel Nord Italia e racconta la storia d’amore tra Elio, un diciassettenne residente in Italia, e lo studente americano Oliver, nell’estate del 1983. Decretato dalla redazione di MANINTOWN come un film da vedere – nonostante i pareri discordanti sul fatto che sia piaciuto o meno – quello su cui ci si sofferma è la sensazione, nuova, che si prova una volta usciti dalla sala.

BUCOLICO, LENTO E CONTROVERSO: UN FILM CHE AMMUTOLISCE (ORSOLA)
Titoli di coda, la luce si accende in sala, il silenzio. Un silenzio sacro che il solo gesto di alzarsi e mettersi la giacca si percepiva come una mancanza di rispetto nei confronti dei compagni di poltrona. Questo è successo in una piccola sala di un cinema in centro quando, dopo aver sentito parlare e riparlare di Chiamami col tuo nome, ho deciso di andare a vederlo. Cosa stava frullando nella testa di tutti quanti? Cosa stava frullando dentro la mia? Quel silenzio mi ha colpita. Mi ha colpito la titubanza con cui le persone esprimevano il proprio parere, e come allo stesso tempo non riuscissero a scostare la mente dalle scene appena viste, tanto che li faceva rimanere incollati alla sedia, in silenzio. Dopo qualche minuto ho sentito una ragazzina rompere il ghiaccio e dire agli amici «Non so se mi è piaciuto, fatemici pensare qualche giorno e ve lo dico». Un’affermazione che ho condiviso. Assolutamente sulla bocca di tutti, Chiamami col tuo nome è il classico film con il finale aperto, proprio uno di quelli che ti fanno dire, uscito dalla sala, «ho capito bene? – oppure “ma alla fine come è andata veramente?». Un finale che lascia un po’ interdetti, senza parole e allo stesso tempo con molteplici domande e con un chiaro obiettivo: scuotere le persone, portare in scena, anche attraverso scene forti, sentimenti, dubbi, confusioni e pulsioni. Un film che descrive una campagna italiana bucolica, da sogno, che con le sue scene e dialoghi lenti e controversi si presta a plurime interpretazioni.

L’EREDITA’ DELL’ARTE (LAURA)
Che piaccia o no, è certamente un film che non lascia indifferenti una volta usciti dal cinema. Ti verrebbe d’istinto di  leggere il libro da cui è stato tratto o, quanto meno, parlare a quattr’occhi con il regista, per cercare di comprendere tutti quei dettagli a cui hai dato una lettura tutta tua. Lunghi monologhi che creano un silenzio inverosimile in sala, riflessioni e spunti che portano ogni osservatore a una considerazione diversa. Non è forse questo che l’arte ha il compito di fare? Hollywood ci ha abituato a questa realtà distorta, in cui dopo uno sguardo languido tra due protagonisti scatta subito il “vissero felici e contenti”. Quante volte questo accade nella vita reale? Sinceramente, poche. Se poi il senso di queste persone che ci “scompigliano” fosse insegnarci a conoscerci meglio?

IL RIFLESSO DI ELIO SEI TU (GIUSEPPE)
Siamo stati tutti Elio. È nella crescita d’ognuno aver detto addio a un amore importante, magari sentendo di tradire i propri sentimenti o di essere traditi. I quattro minuti di titoli di coda in cui si muovono solo le mosche e le viscere di Elio, contratte dal dolore, può essere un forte pugno nello stomaco. Il nucleo del film, infatti, al contrario di quello che si è portati a credere, non è la storia d’amore omosessuale tra Elio e Oliver e nemmeno “una storia d’amore”, privata dei propri connotati. Il fulcro di tutto è l’educazione sentimentale, nella sua massima espressione: il desiderio di scoprire se stessi attraverso la scoperta dell’altro. Esplorazione che passa per i propri sentimenti, la propria eccitazione, quella altrui e il consenso/giudizio di chi ha il compito – più oneroso – di guidarci nei nostri dubbi. È il primo amore, che «non si scorda mai», quello che crediamo possa durare per sempre, perché una felicità così non l’abbiamo mai vissuta e poi, di colpo, finisce, insegnandoci, con la sua fine, a sopravvivere a qualunque dolore. Eccolo, il vero passaggio all’età adulta, l’eredità del film.

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De Martini «su Instagram condivido la mia rincorsa ai sogni»

Un profilo Instagram decisamente in fermento, con scatti e stories che coinvolgono i suoi follower (quasi 150mila, numero in continua crescita) e tifosi. Matteo De Martini, azzurro di ginnastica artistica, ci ha raccontato il suo rapporto con i social network, attraverso la sua passione, i suoi sogni e una grande determinazione nell’inseguirli.

Quanto contano per te i social network e quanto li usi?
I social network rappresentano, per me, la principale fonte di informazione mediatica, sia privata che pubblica. Ritengo che siano una parte ormai consolidata della vita quotidiana, nonostante siano spesso sminuiti da persone che non ne percepiscono la reale potenzialità.

Come ti proponi ai tuoi followers?
Credo che sia importante essere se stessi, anche dietro lo schermo di un telefono, senza creare un “personaggio” con il solo scopo di accumulare “followers”.

C’è un social che usi più degli altri e perché?
È Instagram, mi piace davvero tanto fare foto fuori dagli schemi e modificarle come preferisco. Credo che ogni singolo post rifletta, anche solo in parte, la personalità di chi ci sta dietro.

Che consigli vorresti dare a chi ti prende come modello di vita e di sportività?
Quello di perseverare nelle proprie passioni e di sbattere la testa fino al raggiungimento dei propri obiettivi. Sembrano le solite frasi fatte, ma penso che la costanza sia davvero basilare.

Le qualità mentali e fisiche che richiede il tuo sport?
La ginnastica artistica è uno sport che richiede molta disciplina e continuità. Questo provare continuamente, quasi in maniera maniacale fino alla corretta esecuzione, mi ha insegnato molto su come affrontare le sfide che mi vengono proposte regolarmente.  Bisogna essere pazienti e allenarsi tanto. L’unico requisito, che si sviluppa anch’esso con l’età, è la concentrazione: durante gli allenamenti è importante essere focalizzati su ciò che si sta facendo, per evitare infortuni e per una buona riuscita dell’esercizio.

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andré hamann: not only a model

La sua carriera come modello è iniziata per caso a Vienna mentre lavorava come commesso. Oggi André Hamann è uno dei personaggi più richiesti con un milione di follower su Instagram e una serie di collaborazioni con brand come Hugo Boss, Dolce & Gabbana, Calvin Klein, Diesel, oltre alla sua personale linea di abbigliamento Haze & Glory. Amato dal pubblico femminile per il suo corpo statuario e tatuato, adora viaggiare e farsi fotografare con il suo cane Duplo.

La tua definizione di influencer/blogger/ambassador?
È una persona con molto gusto che, per questo motivo, riesce a essere di ispirazione per altre.

Come vedi l’evoluzione del mondo social e del tuo business?
In ogni singolo momento diamo e riceviamo feedback dai follower. Per questo riusciamo restituire ai brand dei report esatti sulle tendenze e i desideri del pubblico. Il legame tra influencer e follower è diretto e questo sta diventando sempre più evidente grazie alla tecnologia come ad esempio il Live streaming.

Quale secondo te il social del futuro?
Senza alcun dubbio Instagram. È “Il” social network del futuro!

Il lato negativo della tua professione?
L’unico lato negativo del mio lavoro è non riuscire a vedere la mia famiglia quanto vorrei dato che vivono all’estero.

Quanti dei tuoi consigli sono sinceri e non sponsorizzati?
Anche se alcuni dei miei consigli sono sponsorizzati, questo non significa che non siano sinceri. Credo in tutto quello che faccio e in tutto quello che comunico sui miei social network.

La professione di influencer ha una data di scadenza? Come immagini il tuo lavoro da vecchio?
Spero di poter fare questo lavoro il più a lungo possibile e se non dovesse funzionare c’è sempre un piano b!

Conta più una bella faccia o un bel contenuto?
Personalmente credo nel contenuto, ma una bella faccia aiuta sempre.

Quante ore dedichi alla preparazione del tuo lavoro?
Per lavoro mi alleno tutte le settimane e pratico jūjutsu.

Quali applicazioni usi per ritoccare le foto e quanto ritocchi per creare lo scatto perfetto?
È come chiedere a un mago di rivelare i suoi trucchi!

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Andrea Marcaccini, un influencer fra arte e moda

Romagnolo, da molti anni uno dei modelli italiani più amati, anche grazie al suo aspetto romantico e selvaggio, con i capelli lunghi e i tantissimi tatuaggi che ormai ricoprono interamente il suo corpo. Andrea Marcaccini non è più solo un modello, ma da alcune stagioni ha anche una collezione di abiti a suo nome, è seguitissimo sui social, è passato anche dal mondo dei reality, e ha un presente come artista, il ruolo che sente più suo e che si augura per il futuro.

Come sei arrivato alla professione di modello?
Ho iniziato a fare il modello a 16 anni, perché mio cugino ha mandato delle foto ad una agenzia di Bologna che mi ha preso e così ho cominciato. Per curiosità. A Milano sono salito a 19 anni, dopo aver lavorato con Mikael Kenta, che all’epoca era molto popolare.

Non più modello, ma influencer grazie ai social, e altre attività. Come è avvenuto questo passaggio e quando sei diventato anche designer?
Non è stato certo voluto o calcolato, il passaggio da modello a influencer, considerando che si sono affiancate altre attività nel corso del tempo. Ho iniziato a postare sui social alcune mie foto, che hanno creato un seguito, sono arrivate le prime richieste di collaborazione, soprattutto come consulenza grafica e stilistica. Dopo tre anni di questo per molti marchi italiani, ho deciso di lanciare un mio brand.

 Parlando del tuo mondo sui social, quanti dei tuoi consigli e delle tue immagini sono sincere e non sponsorizzate?
Parlando della mia presenza sui social non posso dire che non ci siano immagini sponsorizzate, alcune legate al lavoro lo sono, ma c’è anche molta mia vita privata, anzi ci son stati periodi in cui questa era davvero tanto in primo piano. Anche gli scatti meno privati, son sempre frutto della mia creatività, della mia visione. Sono assolutamente sincero. Se sposo un brand, questo avviene perché c’è affinità e vicinanza di ideali e pensiero, per cui anche le foto legate al lavoro non risulteranno mai una sponsorizzazione asettica e finta.

 Come vedi l’evoluzione del mondo social e del ruolo dell’influencer? Come immagini il tuo lavoro da “vecchio”?
Fino a quando avranno vita e valore i social, ci saranno influencer, ci saranno alcune persone che detteranno mode, una cosa è imprescindibile dall’altra, a mio avviso. Il mio lavoro come modello è sicuramente stato un momento importante, forse un passaggio per quello che voglio fare da grande, che è più legato a dare uno sviluppo alla mia creatività in senso artistico.

Lato negativo della tua professione?
Che in realtà non puoi programmare nulla, soprattutto le cose private, quelle che la gente normale dà per scontate, come organizzarsi per una vacanza. Sei sempre sottoposto a cambiamenti dell’ultima ora, lavori che arrivano last minute, e devi spostare appuntamenti, magari deludere le aspettative delle persone che ti sono vicino, come gli amici che volevano farla con te quella vacanza e tu sei partito per lavoro verso tutt’altra direzione.

Hai un consiglio di stile da condividere?
Oltre a indossare gli abiti della mia collezione? (Scoppia a ridere, ndr). Ognuno si deve sentire a proprio agio con quello che indossa, deve mettere quello che rappresenta al meglio la propria personalità, ma se ve la sentite cercate di osare! Esprimete sempre quello che siete, anche attraverso il vostro guardaroba, per distinguervi da quello che indossano tutti. Osate!

Quale città, visto che hai viaggiato molto, ti è rimasta nel cuore? Hai un posto preferito (locale, monumento, ristorante) che ci consigli? 
Una città che mi è rimasta nel cuore e dove potrei davvero andare a vivere è Barcellona. Una città piena di fascino, si mangia benissimo, la gente è bella, c’è un bel gusto della vita. Ricordo la prima volta che ho visto la Sagrada Famiglia. Lascia senza fiato, maestosa, un capolavoro che tutti almeno una volta nella vita dovrebbero vedere. Ho amato molto anche Parigi, mentre trovo eccessivamente caotica e sovrastimata New York, dove sono andato più volte, abitandoci anche quattro mesi di fila. Trovo altre città più vivibili e interessanti. Mentre è sicuramente da considerare fra le più importanti per il nostro business.

Milano: dove mangiare, dove fare l’aperitivo, il locale che ti piace di più?
Per lavoro e per diletto frequento sicuramente molti locali, ma non ce n’è uno a cui sono affezionato di più. Tendo ad andare molto in quelli in zona Moscova, perché sono vicini a dive abito. Vorrei consigliare invece un ristorante. Se vi piace la cucina giapponese e il sushi, forse non per tutte le tasche, ma Iyo, in Via Piero Della Francesca, è davvero un’esperienza culinaria, imperdibile.

Chi sei in privato? Quali altri amori hai oltre la moda?
Il mio amore più grande, in realtà, è l’arte e devo confessarti che sto strutturando questa mia passione affinché diventi un lavoro in un futuro a brevissimo. A Milano ho una sorta di factory-laboratorio, dove lavoro. Si sono interessate ai miei quadri anche altre gallerie, non solamente in Italia, ma da Londra e Los Angeles. Insomma, questa passione sta davvero diventando una parte importante di me e della mia vita. Ovviamente il mio marchio è un grandissimo amore, da quando lo abbiamo lanciato a WHITE, a gennaio, ha subito acquisito aspetti considerevoli, siamo posizionati in importanti store ed è fra i quindici best seller italiani!

Un sogno nel cassetto?
Il vero sogno nel cassetto scaramanticamente non si può dire, ma spero anche di diventare un bravo artista!

Photo| Ryan Simo
Styling| 3
Grooming| Susanna Mazzola
Photo assistant| Alessandro Chiorri
Stylist assistants| Verena Kohl, Paula Anuska, Cristina Florence Galati

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L’Enfant prodige Mirko Trovato

È molto giovane, ma di premi ne ha collezionati già diversi: dal Social Award 2016 al premio come “talento esplosivo’” al Giffoni film Festival del 2014, fino al riconoscimento per il suo ruolo nelle 3 stagioni della fortunata serie Rai Braccialetti rossi, di Giacomo Campiotti, al Roma Fiction Fest, solo per citarne alcuni. Mentre si prepara alla maturità che conseguirà quest’anno, Mirko lavora sodo per plasmare la sua identità di attore, con tre anni di corsi di recitazione alle spalle mentre ora è seguito da una coach. Fresco e poliedrico, Trovato ha le carte in regola per sfondare anche al cinema. Accanto al successo televisivo delle tre stagioni di Braccialetti rossi, in cui interpreta Davide Di Salvo e alla web serie Lontana da me, il giovane attore vanta ruoli di co-protagonista per il grande schermo nei film Restiamo amici, di Antonello Grimaldi e in Non c’è campo, di Federico Moccia, cult-movie dei millennials e non solo. E da gennaio inizia le riprese di un altro film che vedremo presto al cinema. Intanto la rete lo segue con interesse: oltre 400.000 followers, con una presenza su Facebook, Instagram e Twitter.

Definisci l’influencer: quanto ha influito essere così social sulla tua carriera di attore e sulla tua popolarità?
A dire il vero non mi identifico in questo ruolo perché mi sento un ragazzo che fa cose tipiche dei ragazzi della sua età, con la differenza di essere un po’ più conosciuto per via del mio lavoro. L’essere social, nel lavoro, influisce poco: quando si deve girare un film, quello che conta è entrare nel personaggio.

In che modo ti relazioni con i social? Che tipo di contenuti posti in generale sul web e con quale criterio?
Nessun criterio. Sono un ragazzo come tutti gli altri e condivido, con le persone che mi seguono, le cose che più amo: i posti che visito, le foto con la mia famiglia e i miei cani. Cose che fanno tutti.

Essere attivo sui social ti ha portato anche un ritorno economico? C’è una strategia d’immagine da seguire per gestire al meglio i social media?
Mi hanno chiesto di sponsorizzare dei capi di abbigliamento e l’ho fatto volentieri. Nessun ritorno economico, soltanto il prodotto da sponsorizzare. Non seguo una strategia di immagine. Però spesso ho notato che molti dei miei followers condividevano le foto in cui dicevano di aver comprato qualcosa perché lo avevano visto su di me!

Un capo must-have del guardaroba. Che look prediligi in generale?
Felpe assolutamente. E mi piace molto il look “street”.

Photo| Roberta Krasnig
Stylist| Stefania Sciortino
Grooming| Maria Sole La Stars per Simone Belli Agency
Assistant| Chiara Filippi
Suit: David Naman

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julien boudet – blue as a state of mind

Forse meglio conosciuto come Bleu Mode, Julien nasce a Sète, cittadina francese sul Mar Mediterraneo. È, probabilmente, dal colore blu del mare che deriva il suo nome d’arte e la sua passione per i colori e la fotografia. Boudet infatti, è un fotografo Street Style, ormai uno dei più conosciuti a livello internazionale che, dal 2013, ama documentare l’evoluzione della moda negli anni, catturando quello che lui ama definire il “momento decisivo”. Grazie alla sua sensibilità e alla sua estrema attenzione ai dettagli, Bleu Mode, riesce a immortalare quello che risulterebbe invisibile ai più. A oggi collabora con brand del calibro di Thom Browne, Adidas, Uniqlo e testate come Elle Usa e CR Fashion book, tenendo d’occhio il mondo dello sportswear e dei designer emergenti. L’etichetta di fotografo street è riduttiva, perché si cimenta in altri campi: come il reportage, gli editoriali di moda e l’architettura.

Chi è la persona più influente sui social?
Credo si debba definire prima di che tipo di “influenza” parliamo: è quella delle celebrità (attrici, rapper, giocatori di basket…) sui loro fans, quella dei giornali e dei media sui lettori, quella degli influencer/blogger, che hanno costruito la propria carriera attraverso i social, grazie ai follower. Ci sono aspetti molto diversi da tenere in considerazione, anche se la persona più influente del momento è chi, per definizione, ha più follower su Instagram. Se poi analizzassimo un settore specifico, come la moda, direi che il più influente è sicuramente Virgil Abloh, perché riesce a raggiungere molte persone dai più diversi background, che piaccia o meno. Ti consideri un influencer dato il tuo seguito sui social? A prescindere da ciò che fai nella vita, influenzi le persone che ti circondano, sia positivamente che non. Se hai successo in ciò che fai, avrai ovviamente più influenza e raggiungerai più persone. L’unica cosa che cambierà sarà il numero di persone; per esempio, qualcuno che ha un grande seguito già dall’inizio per il proprio lavoro (e.g. il mio come fotografo) potrebbe diventare un “influencer” perché è stato capace di catturare l’attenzione della gente. Attraverso le mie immagini e il mio stile (entrambe espressioni di me stesso), ho un’influenza sulle persone, ma onestamente non mi considero un “influencer”.

In che modo i social sono importanti per il tuo lavoro?
Ad essere davvero onesto, sono stati essenziali per il mio lavoro. Ho iniziato come fotografo nel gennaio 2013, fortunatamente sono riuscito a distinguermi dalla massa e ad avere sempre più persone interessate in ciò che faccio, solo grazie ai social media, in particolare Instagram. Ottengo ancora molti lavori attraverso questa piattaforma, per questo, sì, sono molto importanti, anche adesso.

Utilizzi anche la tua immagine per promuovere il tuo lavoro e ottenere più like e follower? Funziona fare, o non fare, così?
Utilizzo la mia immagine per promuovere il mio lavoro, e molti professionisti che conoscono mi hanno incoraggiato a farlo, perché è importante per i tuoi follower vedere chi c’è dietro l’account. Aggiunge un qualcosa in più, sembra più reale, più personale. Non mi piace molto, perché preferisco stare dall’altra parte della macchina fotografica, ma cerco di farlo un po’ di più. Tuttavia non lo faccio per ottenere più like e follower.

Quale contenuto funziona meglio online?
Credo che dipenda tutto dalla propria audience. Tutti noi abbiamo pubblici molto differenti e se un collega fotografo (con lo stesso seguito, per esempio) posta la foto di un look che ho postato non avrà necessariamente lo stesso engagement.

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Le Polaroids di Philip-Lorca diCorcia: tra analogico e digitale

La David Zwirner gallery di New York – una delle voci più autorevoli del mondo dell’arte – compie 25 anni, e lo fa in grande stile, con una mostra internazionale che celebra gli artisti che hanno partecipato alla creazione della sua ultra sofisticata estetica. Per chi, in questi mesi, non potrà viaggiare tra New York, Londra o Hong Kong dove la galleria ha le sue sedi, suggeriamo di visitare la sezione The Viewing Room del loro sito web, un progetto digital only curato dagli stessi artisti della galleria. Dal 2 febbraio è, infatti, possibile visionare la mostra Polaroids by Philip-Lorca diCorcia. Classe 1951, diCorcia è considerato oggi fra i più influenti e innovativi fotografi americani, particolarmente noto per la sua capacità di creare immagini, che sono un mix tra fotografia documentaristica e scenografia teatrale. diCorcia ha scattato Polaroid per tutta la sua carriera e sono ora considerate complementari alla sua pratica artistica, offrendo un punto d’osservazione distintivo sulla sua sensibilità. La selezione di lavori in mostra online include le Polaroid create in connessione con le serie principali Hustlers (1990–1992), Heads (1999–2001), Story Book Life (2003) e East of Eden (2008–present), ma anche le sue opere autonome di nature morte, paesaggi e scene familiari, così come i test fotografici per compagne pubblicitarie di brand di moda. «Cornici di film indimenticabili che non sono mai stati realizzati», così le ha definite lo studioso Peter Galassi in occasione della prima mostra personale dell’artista al MoMA di New York, nel 1993. Questi lavori di diCorcia sottolineano senza dubbio l’approccio dell’artista alla fotografia come un mezzo sospeso tra verità e finzione. Scorrendo su un iPad, immagine per imagine, si è colpiti dalla corrispondenza di questi lavori analogici e i successivi sviluppi dell’estetica fotografica digitale e di come gli apparentemente casuali accenni voyeuristici di diCorcia siano divenuti il gold standard degli Influencer di oggi su Instagram.

www.davidzwirner.com

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© Philip-Lorca diCorcia
Courtesy the artist and David Zwirner, New York/London/Hong Kong

Reflections, i sei corti di Bottega Veneta

Bottega Veneta e la rinomata agenzia Baron & Baron hanno scritto il capitolo successivo di The Art of Collaboration, con una nuova campagna pubblicitaria Primavera/Estate 2018.
Reflections sono sei cortometraggi distinti, realizzati dal team creativo diretto da Fabien Baron, con la fotografia di Philippe Le Sourd e la scenografia di Stefan Beckman, che ha scelto di girare ogni filmato su un set diverso.
Il format di distribuzione si ispira dall’ossessione moderna per i contenuti a episodi di Netflix e Hulu, i sei filmati saranno, così, rivelati uno alla volta nel corso della stagione attraverso molteplici piattaforme e partner, oltre che su BottegaVeneta.com. I temi comuni che legano i sei corti sono la rinascita, l’inversione temporale e la riconnessione, con un chiaro riferimento all’iconico intrecciato di Bottega Veneta.
Anche per il layout della campagna print si è adottato un approccio cinematografico, usando la ripetizione delle immagini per evocare il movimento, e rievocarne uno storyboard, diventando in un certo senso, il manifesto dell’episodio corrispondente.
I modelli scelti che si alternano all’interno dei sei cortometraggi sono Vittoria Ceretti, Aube Jolicoeur, Janis Ancens, Sora Choi, facce conosciute grazie alle numerose apparizioni sulla passerella e alla loro capacità di comunicare tramite uno sguardo.

 

Elbio Bonsaglio

È uno dei fondatori del marchio Letasca, successo internazionale, che in poche stagioni è riuscito ad entrare nei più importanti store multimarca del mondo. Elbio Bonsaglio è, però, anche uno dei modelli italiani più conosciuti, che ha sfilato per i più importanti brand e scattato con nomi famosi della fotografia. Seguitissimo sui social, ci racconta qualcosa in più del suo mondo fra instagram e i viaggi.

Come sei arrivato alla professione di modello?
In realtà è stato un percorso un po’ inconsueto. Ho studiato alla Bocconi, Economia aziendale, mi sono laureato e ho iniziato a lavorare in uno studio di comunicazione come account e in sei mesi, il tempo di uno stage, ho capito che non avrei sopportato di vivere la mia vita dietro ad un computer e che volevo viaggiare. Durante una fashion week, proprio verso la fine di questo lavoro, sono stato fermato più volte da persone che mi chiedevano se volevo fare il modello, alla terza volta, frustrato dalla mia situazione lavorativa, ho accettato di andare a fare un colloquio e da lì è partito tutto.

Ora non più modello, ma influencer grazie ai social, e altre attività. Come è avvenuto questo passaggio e quando sei diventato anche designer?
Il passaggio a influencer è stato totalmente inconsapevole. Non ho mai avuto un blog e non ho mai pensato che potessi influenzare qualcuno, ho sempre cercato di essere me stesso sui social, postando su instagram quello che facevo, le mie passioni, come ad esempio la boxe, o i miei viaggi. Forse, per il fatto che prima ero un modello e ora ho anche un mio brand, la gente si è incuriosita e ha iniziato a seguirmi. Poi, ci tengo a precisare che di Letasca io non sono il designer, quella parte la segue il mio socio, io mi occupo delle pubbliche relazioni, del commerciale, dei rapporti con gli stakeholder, aspetti che sento più miei e sono decisamente più vicini ai miei studi. Anche l’avventura del brand è iniziata un po’ per gioco, io mi avvicinavo ai trenta, e il ruolo di solo modello mi stava un po’ stretto, il mio socio aveva appena finito gli studi in architettura, ci è venuta una idea, l’abbiamo portata avanti con entusiasmo, ma non mi aspettavo che in giro di poco tempo Letasca finisse da Harrods, da Selfridges e da Saks.

Parlando del tuo mondo sui social, quanti dei tuoi consigli e delle immagini sono sincere e non sponsorizzate?
Il mio instagram racconta molto di me, anche attraverso le stories. C’è tantissimo di quello che è il mio umorismo, il mio modo di scherzare, quello che faccio quotidianamente. Le sponsorizzazioni non sono molte, la maggior parte del mio tempo e delle mie attenzioni sono dedicate a Letasca, ma anche in questo caso sono sempre molto sincero.

Come vedi l’evoluzione del mondo social e del ruolo dell’influencer? Quale secondo te il social del futuro? La professione dell’influencer ha una data di scadenza?
Considera che molti dei brand contemporary, che trovi ora in un grande department store, non esisterebbero, o non avrebbero avuto il grande successo che hanno se non ci fosse stato Instagram. E grazie a questo social, in maniera molto democratica, chiunque è potuto diventare un influencer. Questo è positivo, ma anche negativo, perché non sempre chi è diventato un influencer qualitativamente è a livelli alti. Un tempo dovevi fare un certo percorso per diventare un guru della moda, avere studi alle spalle, un certo tipo di gusto. Ora non più ed è questo il motivo per cui molti criticano le app e il mondo che hanno contribuito a formare. Il futuro è difficile da prevedere, il presente della moda è sicuramente in mano a chi riesce a creare interesse attorno a un marchio. Non vedo al momento data di scadenza al ruolo di influencer.

Lato negativo della tua professione, se c’è.
È una professione che da tanto. Siamo molto coccolati, siamo considerati cool, facciamo a volte cose che altri pagherebbero per fare. In tutto questo un lato negativo c’è, cioè che saluti completamente la tua privacy. A volte invidio chi può stare una settimana intera in vacanza senza toccare mai il cellulare.

Hai un consiglio di stile da condividere con i nostri lettori?
Di esprimere sempre le proprie sfaccettature e i propri gusti. Cercate di non essere omologati, ma di mostrare ciò che vi caratterizza. Anche in questo i social sono democratici, perché potete davvero distinguervi ed essere sinceri. Penso che il modo migliore per mostrarsi non sia quello di essere ossessionati dal desiderio di piacere, ma essere più leggeri e non costruiti.

Quale città ti è rimasta nel cuore? Hai un posto preferito che ci consigli?
Viaggio molto per lavoro, per cui ci sono tanti luoghi che adoro, come New York, che ha un’energia unica, e Ibiza. Quest’ultima perché io amo la musica elettronica, del cui mondo Ibiza è un po’ il centro nevralgico. Ed è anche un ottimo compromesso per me, perché ci sono pure ristoranti fantastici, se esci in barca arrivi facilmente a Formentera e a spiagge stupende. Poi ricordo di essere stato molto bene anche a Sidney, forse perché è un tipo di città a cui io non ero abituato, con le sue spiagge e il caldo tutto l’anno.

Milano: dove mangiare, dove fare l’aperitivo, il locale che ti piace di più?
Milano è la mia città, quella in cui sono nato e cresciuto, per cui non è il posto dove eccedo o faccio qualche pazzia, la conosco troppo bene e l’ho vissuta tanto in passato, la vedo con un occhio diverso rispetto a chi ci arriva per studiare o attratto dalle molte possibilità. Non ho forse più lo spirito per viverne la night life, cosa che invece posso fare quando sono in vacanza. Adoro il momento dell’aperitivo, un vino rosso d’inverno e una birra d’estate, ma ancora di più mangiare. E ci sono dei posti tipici milanesi che vi consiglio, come Al Matarel, dove fanno l’osso buco più buono del mondo. Uno dei locali che frequento invece è il Volt, dove vado a salutare l’amico Claudio Antonioli, che è uno dei fondatori.

Chi sei oltre la tua professione, quali altri amori hai?
Vi ho già detto del mio amore per la musica elettronica poi, quando posso, cerco di andare a vedere mostre di arte contemporanea, di recente ho amato molto quella di Basquiat. Il fatto che una parte di Letasca sia particolarmente legata al travel è perché io stesso amo molto viaggiare, adoro l’idea di avventura e di scoperta che il viaggio porta con se. Raffrontarsi anche con le varie culture, è molto stimolante. Della boxe mi piace tutto, l’allenamento, lo scontro con l’avversario, il fatto che sia uno sport maschio, da duri. Se fatto rispettando le regole e l’avversario è una disciplina sportiva meravigliosa.

Photo: Ryan Simo
Styling: 3
Grooming: Susanna Mazzola
Photo assistant: Alessandro Chiorri
tylist assistants: Verena Kohl, Paula Anuska, Cristina Florence Galati

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FRANCESCO STELLA, L’UOMO DAI MILLE RUOLI

cover_pantalone e maglione dolcevia HOSIO; scarpe Burberry

Dal teatro alla TV, al cinema. Prima come attore, poi come scrittore e regista. Francesco Stella, nato ad Erice e divenuto famoso per il ruolo dell’agente Gallo, nella fiction Il commissario Montalbano, si è cimentato i ruoli diversi anche al di là dello schermo, non ponendo mai limiti alla propria creatività. In questa intervista svela non solo le proprie passioni, ma tutti i progetti futuri.
Com’è cominciata la tua carriera?
Un po’ per caso. Durante il periodo universitario ho fatto parte prima di una compagnia di teatro di strada e poi di una di formazione. Con quest’ultima ho studiato e debuttato nel mio primo spettacolo.

La tua carriera inizia nel 1995 con il teatro. Com’è avvenuto il passaggio al cinema e alla TV?
La  mia “prima volta” è stata indimenticabile, ho debuttato al Teatro Kommisar Geskaya, di San Pietroburgo, durante il periodo delle notti bianche. Ho capito che non sarei mai tornato indietro. Dopo essermi trasferito a Roma e aver fatto molti provini, ho finalmente debuttato al cinema con Besame Mucho, di Maurizio Ponzi, e in TV, con Il commissario Montalbano.

Quale tra i due mondi senti appartenerti di più?
Entrambi, ma in maniera diversa. Esattamente come la scrittura, un’altra passione che coltivo da tempo.

Da quale regista ti piacerebbe essere diretto?
Mi piacerebbe tantissimo ritornare a  lavorare con una donna e, secondo me, Valeria Golino è una di quelle in grado di scavarti dentro.

Non solo attore, ma anche regista e scrittore. Ti senti più a tuo agio sopra al palco o dietro la cinepresa?
È un agio completamente diverso. Amo molto il lavoro d’attore, ma alla fine sei nelle mani di  altri: di uno sceneggiatore che ti ha pensato, di un regista che ti ha scelto e di un pubblico che ti approva. Troppe variabili e poca obiettività: molto sta nel “gusto” delle persone e la bravura non sempre è sufficiente. La scrittura o la regia mi permettono invece di “sfogare” la parte creativa, che offre parametri più obiettivi relativi alle mie capacità e ai limiti.

Che tipo di film ti piacerebbe scrivere?
Mi piacerebbe parlare della mia terra, la Sicilia, che lotta ma che sa ridere, che non si arrende e che sa guardare lontano.

Quanto è importante lo stile per te? C’è un capo in particolare che ti caratterizza?
Credo di avere uno stile molto sobrio, mi piace l’eleganza su di me, così come mi diverte l’esuberanza negli altri. Più che un capo ci sono due oggetti: i gemelli e i papillon/cravatte.

Dove sognava di arrivare il Francesco Stella che nel 1998 è entrato a far parte del cast de, Il commissario Montalbano e cosa sogna il Francesco di oggi?
Il Francesco Stella arrivato dalla lontana Marsala, ha realizzato molto di quello che sognava. Per il futuro spero di poter continuare ad avere sempre il sorriso mentre lavoro.

Qual è la sfida più grande che il lavoro ti ha posto davanti sinora?
Quella di non scoraggiarmi e di non mollare. I tempi sono molto difficili per chi fa questo lavoro. La mia fortuna è stata quella di non fossilizzarmi in un solo campo, scelta non sempre recepita positivamente dagli altri. Sono sicuro che il tempo mi darà ragione.

Quali progetti hai in cantiere?
Tra poco uscirà Il Cacciatore, una nuova fiction Rai n cui interpreto un integerrimo carabiniere. In contemporanea sto lavorando a due format tv di prossima uscita.

Cosa porteresti con te su un’isola deserta?
Il mio cane, la playlist con le canzoni che mi accompagnano da sempre, carta e penna.

Quale film non ti stancheresti mai di guardare?
Shortbus.

Quali sono gli ingredienti per un format TV di successo in Italia?
È difficile rispondere a questa domanda, perché ormai il pubblico sceglie con cura quello che vuole vedere e l’offerta è molto ampia. Gli ingredienti dipendono sempre più dal target di riferimento. Il pubblico non si lascia più prendere in giro, cambia canale facilmente.

Photography: Karel Losenicky
Styling: Sara Leoni

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Roma palcoscenico della couture con Altaroma

cover_maison Francesco Scognamiglio

Parigi o Roma? L’alta moda non è un match di football ma l’opportunità di fare sistema basato sull’eccellenza artigianale e il savoir-faire che sono al top della piramide aspirazionale del lusso vero. Questo il parere di Maria Grazia Chiuri, direttore creativo in carica della maison Dior, una protagonista della moda che a Roma deve molto soprattutto alle Fendi e a Valentino, maison legate a doppio filo alla capitale. In un talk al Maxxi del ciclo ‘Roman’s romance’ moderato stavolta dalla giornalista Rai Barbara Modesti, la stilista ha focalizzato affinità e differenze fra l’alta moda parigina e quella italian style: “ I francesi hanno dalla loro le istituzioni che facilitano la vita e poi sono molto scenografici, da noi c’è la centralità della produzione che è un valore, e della costruzione sartoriale in cui siamo ai primi posti”. E anche se non è facile attrarre a Roma lo stesso pubblico internazionale che circola a Parigi, tuttavia Altaroma ha profuso il massimo impegno anche raccordandosi alle istituzioni per fare della capitale la culla del bello e ben fatto dove i grandi atelier siano stimolati a esibire le loro creazioni. Renato Balestra, decano dell’alta moda italiana con una longevità creativa davvero invidiabile che ha sfilato con le sue modelle a Palazzo Brancaccio, immagina un futuro green come il regista Guillermo Del Toro in ‘La forma dell’acqua’. Le sue fanciulle in fiore sembrano uscite dal giardino incantato di un pittore impressionista fra duchesse e organze preziose, fili d’erba ricamati e foglie d’edera, senza dimenticare il suo blu, più profondo e intenso. All’aula ottagona del Planetario delle Terme di Diocleziano sotto la direzione creativa di Guillermo Mariotto che non sbaglia un colpo e la presidenza del poliedrico Stefano Dominella, Gattinoni Couture porta in pedana 60 outfit rivitalizzando un archivio formidabile (quasi 1200 abiti) per definire l’estetica progressista e attualissima di una donna impegnata che per rivendicare la sua dignità e una femminilità battagliera è pronta a scendere in piazza, avvolta in giacche giustacuore in velluto, corpetti di pelle, giacchine da frac tagliate alla vita, camicie decorate da cammei, ampi cappelli neri a fedora in omaggio a Oriana Fallaci, bagliori esotici e sontuosi abiti da ballo i cui volumi lievitano sui fianchi, impreziositi da intarsi, applicazioni e ricami milionari in tessuti lievissimi, per donne forti e fragili. Viene dall’Oriente l’ispirazione per le collezioni di Filippo Laterza e Nino Lettieri. Il primo che ha esordito in pedana a Roma in Italia al Guido Reni District, ha dato vita a una magica evocazione di una Cina opulenta contaminata dallo heritage del Regno Unito in un tripudio di tessuti dai ricami certosini e dalle stampe vibranti. Lettieri è partito dalle farfalle del cielo di Hida in Giappone per raccontare una storia di abiti sciolti come kimoni in tessuti preziosi ricamati di jais e paillettes. Sono femmes fatales le donne che animano i tableaux vivant di Anton Giulio Grande che richiama i fasti della belle époque fra ventagli di piume, boa e ricami di perline e pizzi a profusione e anche le seducenti muse di Roberta Bacarelli che strizza l’occhio alla garçonne, al Charleston e a Louise Brooks per i suoi abiti dégradé, elaborati nei decori di pizzi, frange e piume. Virtuosismi stemperati da silhouette lineari per Camillo Bona che fa rivivere in passerella Silvana Mangano con le sue mise in lievi lane double, sete fruscianti, princesse stampate in bianco e nero, reti di cristalli e lunghi abiti in pizzo molto leggiadri. Magniloquenza onirica e gran senso della teatralità uniti a un senso ricercato per la silhouette negli abiti di Francesco Scognamiglio che ha già sfilato con la sua haute couture a Parigi e che ha scelto Roma per celebrare i suoi primi vent’anni di carriera nella moda. Alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna in un allestimento d’impatto hanno sfilato, indossati da top models, i modelli più iconici dell’archivio dello stilista amato da Madonna e Nicole Kidman accanto a una selezione onirica di capi della nuova collezione couture primavera-estate 2018, per creature sensuali velate dal tulle iridescente di cristalli e abbellite da piume come ne ‘Il lago dei cigni’. Un vero incantesimo.

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Cinecult: Cinquanta Sfumature di Rosso di James Foley

cover credit: Universal Pictures

Lusso, adrenalina, suspense, erotismo soft e patinato e una buona dose di romanticismo sono gli ingredienti di ‘Cinquanta Sfumature di Rosso’. Il film diretto dal talentuoso James Foley, già regista di ‘Cinquanta Sfumature di Nero’, e distribuito da Universal Pictures, chiude il cerchio della trilogia dei film campioni di incassi al botteghino, tratti dai romanzi bestseller di E. L. James con non pochi colpi di scena e rivelazioni di un passato velato da torbidi e inquietanti misteri. La love story fra Anastasia Steele (Dakota Johnson) e Christian Grey (Jamie Dornan) sembrerebbe destinata a risolversi in una bella favola fra ville miliardarie, abiti da sogno e frisson degni del più malizioso talamo coniugale animato da brividi e piaceri proibiti. Ma sulla felicità dei due amanti, stregati dal fascino di Parigi e attratti dal miraggio di una serena vita insieme dopo il matrimonio, sembra allungarsi l’ombra di un pazzo, Jack Hyde (Eric Johnson) l’inquietante ex capo di Anastasia al Seattle Independent Publishing (nel film SIP) che ha tentato di sedurla e aggredirla e continua a turbare la pace della coppia. Nel cast ritroviamo Rita Ora nel ruolo di Mia sorella di Grey, il premio Oscar Marcia Gay Harden che nel film è Grace Trevelyan, la madre adottiva di Christian, Luke Grimes nei panni di Elliot fratello di Mister Grey. Il film segna una evoluzione inevitabile nel rapporto di coppia fra Ana e Grey che appaiono sicuramente più maturi: sì ai giochi erotici disciplinati da regole ma no a un’assoluta posizione dominatrice di Christian che si sente provocato e sfidato dalla sua compagna. D’altra parte Ana si mostra più decisa, tenace, consapevole delle sue scelte e più coraggiosa che nei 2 precedenti film del 2015 e del 2017. Anche Grey interpretato da Jamie Dornan, l’attore sex symbol definito ‘la versione maschile di Kate Moss’ e che sarà di nuovo sul grande schermo nel ruolo di Will Scarlet nel nuovo adattamento per il cinema di ‘Robin Hood’, appare tormentato e protettivo, spesso in preda a dubbi e gelosie ma sicuramente sempre un gentleman anti-macho, combattuto fra la sua passione egoistica per una vita galante da libertino e la voglia di mettere su famiglia. Il glamour e la vibrante carica erotica di alcune scene piccanti convivono con una nuova concezione della femminilità e di una carnalità romantica nella rappresentazione dell’evoluzione di un’Anastasia che aldilà di qualche possibile dubbio, generato dalle ultime polemiche contro il sessismo e lo sfruttamento del corpo femminile, afferma un orgoglio e una libertà di autodeterminazione della propria bellezza che non offre nel complesso fianco a critiche. Finché si tratta di un gioco in cui i ruoli sono condivisi e in cui le regole propendono per una parità nelle rispettive condizioni, che senso ha fare del moralismo? E’ un romanzo e come tale non dovrebbe offendere la coscienza di nessuno, tanto più del pubblico femminile, perché il film è a tutti gli effetti una storia d’amore fra simili. E allora buona visione.

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MATTHEW ZORPAS

Nato a Cipro e trasferitosi a Londra per studiare Pubbliche Relazioni, Matthew Zorpas ha lanciato “The Gentleman Blogger” nel 2012, per mostrare al mondo la propria evoluzione in un moderno gentiluomo. Al secondo posto nella classifica “Best Dressed Man” del 2010 di Esquire UK e indicato da GQ, in tempi più recenti, come uno dei dieci instagrammer meglio vestiti, Matthew ha collaborato come consulente creativo per numerosi brand high level. Ambassador, da ormai due anni, di IWC Schaffhausen e nuovo Nespresso Global Ambassador, i suoi contenuti social promuovono i propri i consigli di stile e condividono l’esperienza acquisita nei viaggi intorno al mondo, così da ispirare chiunque lo segua. Oggi, è uno dei più importanti web influencer a livello mondiale.

Qual è la tua definizione di influencer/blogger/ambassador? Le definiresti delle professioni?
Un imprenditore, un creativo multitasking. Una persona che usa internet per creare contenuti stimolanti per altri, influenzando lo stile di vita dei propri followers, le loro abitudini d’acquisto e la loro visione e comprensione globale del mondo. Uno che vi tiene connessi. Soprattutto per la mia generazione, sì, la definirei una professione.

Come immagini l’evoluzione del mondo social e del tuo lavoro?
Il mio lavoro continuerà a evolversi e ad adattarsi ai nuovi scenari e alle nuove circostanze. Nonostante il settore moda sia diventato più democratico, immediato e stimolante, grazie a noi influencers, molti altri campi sono ancora indietro rispetto alla rivoluzione digital. Anche l’arredamento, l’arte, il cibo e l’alberghiero dovrebbero essere trasformate in attività più dirette e incentrate sul cliente.

Quale sarà il social del futuro?
Molti continueranno a nascere e a scomparire. Abbiamo bisogno di piattaforme che siano più dirette e intime, possibili da controllare da noi al 100%.

Ci sono lati negativi nel tuo lavoro?
Il tempo. Non ho trascorso più di 48h a casa negli ultimi due mesi. Devo vedere così tanto, esser stimolato più di quello che riesco a recepire, e incontrare troppe persone troppe volte.

Quanto guadagni con questo lavoro? I numeri del tuo business, se ti va di mostrarli. Stai pensando di lanciare un brand?
Abbiamo orgogliosamente superato il mezzo milione quest’anno. Siamo un brand che si distingue.

Come immagini sarà il tuo lavoro da vecchio?
Uguale. Creerò sempre contenuti, ma sarò più saggio e vecchio.

Quanti dei tuoi consigli sono sinceri e non sponsorizzati?
Con rispetto per il mio lavoro, ogni post è al tempo stesso sincero e sponsorizzato. Testo ogni prodotto, visito ogni hotel che recensiamo. Creiamo contenuti che siano stimolanti e che promuovano un prodotto o una location a cui siamo interessati noi stessi o che crediamo possa interessare ai nostri followers.

Cosa conta di più, una bella foto o un buon contenuto?
Un buon contenuto. Con Photoshop puoi creare una bella foto, ma non migliorare il contenuto. La prima prende molti likes, il secondo risulta stimolante.

Quanto tempo dedichi alla preparazione dei look che posti?
Di solito sono 2-3 ore per la preparazione e 3-4 ore per produrre il singolo scatto.

Quali applicazioni usi per ritoccare le foto e quanto?
Usiamo solo Lightroom, per correggere le luci. Niente di più, niente di meno.

Quali sono i brand che preferisci? Perché?
I brand che mi hanno supportato dall’inizio e hanno compreso il mio modo di vedere. IWC, miei compagni da ormai quasi due anni, Nespresso, il nostro nuovo partner, per la sua organicità e, sicuramente, Hugo Boss, per la loro visione e direzione. Mi piacciono i brand che investono senza paura e, vedendo un ritorno, ci restano accanto.

I brand preferiti di accessori?
I cappelli di Christys, le scarpe di Santoni, i gioielli di Nikos Koulis, le cravatte di Tom Ford e le borse di Prada.

Alcuni consigli beauty per gli uomini e le donne che vogliono sempre presentarsi al meglio.
La pulizia, la tonificazione e l’idratazione sono importanti per entrambi. E non dimenticate la crema occhi, ogni mattina e prima di andare a letto.

Le mete dei tuoi sogni? I tuoi consigli personali.
Il Brasile. Cinque anni dopo la mia prima visita, potete ancora trovarmi lì, quattro volte all’anno, a cercare l’ispirazione e la pace. I colori, l’energia, la magia di questo Paese non sono reali e al tempo stesso sono così diversi da quello che mi è familiare dai miei viaggi in Europa. Personalmente, andrei al Kenna Resort, in Barra de Sao Miguel. Un resort eco-chic che mi ha conquistato.

@matthewzorpas 184K

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THE WEEKND – MUSIC STAR

E’ sicuramente l’artista musicale del momento, con un album in vetta alle classifiche e i suoi solidi sedici milioni di follower su Instagram e con una media di 800.000 like alla volta. L’ultimo album, Starboy, è stato pubblicato a novembre del 2016 dalla Republic Records, debuttando alla prima posizione nella Billboard 200, vendendo 348.000 copie nella prima settimana, e presenta collaborazioni con Lana Del Rey, Kendrick Lamar, Pharell Williams, Future e i Daft Punk. È stato premiato con il disco d’oro in Australia, Brasile, Italia e Regno Unito e con il disco di platino in Canada, Danimarca, Francia e Stati Uniti. Eppure Abel Tesfaye, il vero nome di The Weeknd, è rimasto per molto tempo nell’ombra. Nel 2011 ha lanciato l’album Trilogy, ma nessuno sapeva che faccia avesse, era la sua voce vellutata e un po’ in farsetto alla Michael Jackson che conquistò i primi planetari consensi, proprio come lui stesso rivela “penso che tutto quello che facciamo alla fine abbia a che fare con come appariamo. Anche il no-branding è una sorta di branding. Per esempio se non hai un volto o un’immagine di te come artista, metti la tua musica davanti a tutto. Sono sempre stato timido davanti all’obiettivo. Tutti mettono ragazze sexy in primo piano e io lo faccio nella mia musica, è diventato un vero trend. Il concetto di artista enigmatico mi ha portato al successo, nessuno all’inizio poteva scovare foto mie”. Dall’anonimato il resto è storia. Si decide a svelare la sua immagine dopo aver lasciato che la sua musica R’N’B e rap a tinte pop parlasse per lui, anche di argomenti forti come l’amore e il sesso, le droghe e il dolore. Le pagine dei giornali impazzano parlando oltre che delle sue liriche sfacciate, anche del suo taglio di capelli: dread scultura (liberamente ispirati a quelli di Basquiat) che recentemente ha messo da parte per abbracciare un’immagine più pulita che gli permette ancora di entrare in alcuni club e non essere riconosciuto, che si accompagna anche a una tappa evolutiva del suo percorso musicale. Il timido ragazzino di origini Etiopi cresciuto nei sobborghi di Toronto sembra quasi una leggenda, lui stesso afferma con franchezza “Siamo onesti, il Canada non è mai stato un posto cool. Sono passato dal fissare quattro muri per ventun anni a vedere il mondo in soli dodici mesi”.A 17 anni, abbandona la scuola superiore e si trasferisce in un monolocale nel centro di Toronto con i suoi migliori amici, La Mar Taylor (il suo direttore creativo) e Hyghly Alleyne (suo collaboratore e affermato regista di video musicali).  L’affitto è stato pagato per lo più con assegni statali, il cibo a volte è stato rubato e sono state consumate molte sostanze di dubbia origine, mentre la futura star realizzava con i suoi amici quella che sarebbe diventata la sua trilogia R’N’B di mix musicali che avrebbero poi composto Trilogy: ‘House of Balloons’, ‘Thursday’, e ‘Echoes of Silence’. Anche prima che le sonorità e i testi personali di The Weeknd ricevesse il sostegno del collega canadese Drake, la sua decisione di caricare il suo lavoro su YouTube sotto il suo nome d’arte lo ha aiutato a raccogliere un cyber following senza precedenti. E molto di più. Perché dopo la notorietà, che deve soprattutto al mondo digitale, “Internet è una cosa fantastica” confida Abel, è arrivato anche l’interesse della moda che ha fiutato il potenziale dell’artista come taste maker digitale di una vasta gamma di pubblico, la sua musica è apprezzata da chi ama la trap tanto da chi canticchia motivi pop, anche sei lui stesso non si vede come una vera icona modaiola, ma paragona spesso il suo armadio a quello di Bart Simpson. Dal 2016 è invece diventato Global Brand Ambassador e Creative Collaborator di Puma e per l’autunno/inverno 2017 ha disegnato per il brand le sneaker PUMA x XO Parallel e la capsule Deluxe Denim fatta di bomber jackets, T-shirt e jeans, già indossata sul palco all’inizio del tour mondiale di ‘Starboy’. Il pezzo da non scordare mai secondo Tesfaye? “Per la mia generazione, il bomber ha rimpiazzato la giacca del vestito da uomo. È un capo che ogni uomo può indossare ogni giorno, ed è qualcosa che io stesso indosserei in ogni occasione, dalla strada al palco, fino agli eventi di gala”. A marzo 2017 ha anche collaborato con H&M per una capsule collection e nel 2015 perfino con Alexander Wang. In più, il cantante ha una sua linea personale “XO”. XO è anche lo slogan che il cantante usa per comunicare con i suoi fan e con cui chiama la sua Crew. Alcuni fan affermano che “XO” nella “XO Crew” di Weeknd significa semplicemente abbracci e baci, mentre altri sostengono che le lettere rappresentano l’Ecstasy e l’ossicodone. Indipendentemente da ciò, lui e tutti i suoi collaboratori si siglano così alla fine dei loro messaggi sui social, che sia un messaggio d’amore globale? Chissà, certo è che di amore The Weeknd se ne intende, da quello che è riuscito a instaurare con i suoi adepti, fino a quello con alcune delle donne più belle del mondo, dalla top model Bella Hadid fino alla recente liaison, ora terminata, con la cantante Selena Gomez, la cui unione aveva quanto di più social magico si potesse creare, essendo Selena assoluta regina di Instagram con 132 milioni di follower. Un amore, oltre che mediatico, molto veloce, perché si sono già lasciati ed entrambi si rivedono con gli ex (per la Gomez si tratta di Justin Bieber). Sembra infatti che il cuore di Abel batta sempre e ancora per Bella. Non in ultimo l’inquieto e talentuoso artista ha una passione per il cinema, dove il suo contributo è apparso nella colonna sonora di “Cinquanta sfumature di Grigio” con il brano ‘Earned it’, che ha vinto un Grammy e ha ricevuto la candidatura come miglior canzone originale all’edizione degli Oscar 2016. Insomma non finisce mai di stupire questo ragazzo dall’aspetto normale che cita tra i suoi personaggi cinematografici preferiti il Joker interpretato da Heath Ledger. “Adoro i cattivi: sono i migliori personaggi dei film, giusto? Il Joker è il mio cattivo preferito di tutti i tempi: non conosci il suo passato, sai solo quali sono i suoi piani”. Ma i piani di The Weeknd sono difficili da cogliere, non resta che attendere la prossima camaleontica evoluzione, sia nel look che nella musica. Di sicuro non mancherà di essere annunciata prima di tutto sui social, ovviamente.

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Patrick Van Negri

Patrick Van Negri è un entusiasta della vita e delle sfide. Di origini croate, attualmente vive a Miami. È cresciuto guardando Scarface, Miami Vice, CSI Miami. Non sopporta l’inverno e il freddo per questo, fin da bambino, ha sempre sognato di stabilirsi in un luogo caldo. Di recente ha conseguito la doppia specializzazione in International Business e Marketing. In più è un modello, studia recitazione, si occupa di musica ed è consulente digitale per molti brand.

La tua definizione di influencer/blogger/ambassador
Un influencer è una persona che ha saputo costruirsi una credibilità. Se indossa delle scarpe, improvvisamente tutti le desiderano. In altre parole, è qualcuno che può influenzare il pubblico con la sua autenticità.

Come vedi l’evoluzione del mondo social e del tuo business?
In crescita esponenziale. Con l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata basterà indossare delle lenti e tutto ci apparirà bello e, soprattutto, realistico. Questo è solo l’inizio.

Quale secondo te il social del futuro?
È davvero difficile fare una previsione, magari ancora non esiste. In ogni caso, credo che Instagram manterrà il suo ruolo di leadership per molto tempo e Facebook, Twitter, Snapchat continueranno ad evolversi. Conosco anche tante altre, ottime, piattaforme con un grande potenziale, come Anchor e Peach – o anche Marco Polo. Mentre spero che Pinterest diventi uno strumento “mainstream”, perché è una piattaforma davvero utile.

Lato negativo della tua professione?
Onestamente non vedo alcun aspetto negativo nel mio lavoro. Altrimenti, non lo farei. Mi piacerebbe, però, ascoltare cosa ne pensano gli altri a riguardo.

Questa professione quanto ti rende economicamente? I numeri del tuo business?
Diciamo abbastanza. Vorrei poterlo rivelare, ma per contratto non posso farlo.

Quanti dei tuoi consigli sono sinceri e non sponsorizzati?
L’unica mia risorsa è l’autenticità. In termini di branding il mio “marchio” è basato su questo. Sono sempre sincero con i followers, anche quando il contenuto è sponsorizzato. Lo considero un servizio da offrire al pubblico. Tutti i vantaggi che ne derivano dovrebbero essere un “effetto collaterale”. La bellezza è dare senza aspettarsi per forza qualcosa in cambio.

Consiglio pratico di stile o beauty o posti che ti piacciono (guida a una città)
L’unico suggerimento di stile valido è essere sè stessi e non imitare gli altri. Per il beauty consiglierei di usare prodotti naturali e biologici, senza sostanze chimiche. Per un viaggio? Ovviamente la Croazia. È un paese così bello e versatile – io lo chiamo il centro dell’universo. C’è davvero tutto: una bellissima costa con 1.200 isole, fantastiche montagne e parchi nazionali. Ogni villaggio è così autentico e con un fascino singolare. Non c’è da stupirsi che stia diventando una delle destinazioni preferite nel mondo.

La professione di influencer ha una data di scadenza? Come immagini il tuo lavoro da vecchio?
Il lavoro di “influencer” è iniziato molto tempo fa, già nell’antica Grecia – o anche prima – sono sempre esistite le persone in grado di influenzare le masse. Quindi, non credo che sia una professione a scadenza. Si evolverà e si trasformerà attraverso nuovi mezzi e piattaforme. Se l’unico talento di un influencer è il numero di followers allora, sicuramente, c’è qualcosa di sbagliato. Non immagino come sarà la mia vita da vecchio, sono concentrato sul presente, cercando di fare al meglio il mio lavoro.

Conta più una bella faccia o un bel contenuto?
Un buon contenuto vince sempre. Una bella faccia potrebbe anche nascondere una personalità finta e poco genuina.

Quanto ore dedichi alla preparazione del tuo look e del tuo lavoro?
Per i look seguo l’ispirazione istantanea. Per gli scatti, dipende. Quando non sono soddisfatto di una foto la riscatto e il tempo che impiego può variare da venti minuti a un giorno o più.

Quale applicazioni usi per ritoccare le foto e quanto ritocchi per creare lo scatto perfetto?
Non utilizzo più applicazioni. Ora uso principalmente Photoshop e Lightroom. Impara a usare questi software e avrai tutto quello di cui hai bisogno.

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Non dimenticarlo, è San Valentino anche per lui

Dopo aver trattato il lato femminile, ora tocca ai maschietti. D’altra parte, San Valentino è San Valentino e non fa distinzione di genere.
Come in tutte le occasioni speciali, la domanda sorge spontanea: Cosa gli regalo? Si sa, fare un regalo a un uomo è sempre più difficile, si rischia di cadere nel banale. Ecco un consiglio, per colpirlo e affondarlo: individuare le sue passioni. Voi sarete a cavallo e lui si sentirà compreso, amato e coccolato. Sportivo? Ambientalista? Narciso? Scopri il suo punto debole e centrerai l’obiettivo.
Per esempio, la stagione dello sci è ampiamente iniziata e la neve quest’anno non manca, perché non regalargli un accessorio utile, cool e di qualità come la mascherina Oakley? Non vedrà l’ora di avere gli sci ai piedi. Pensiero divertente ed ecologico: il nuovo monopattino elettrico Ninebot by Segway; un oggetto pratico, ripiegabile su se stesso, da usare nei brevi spostamenti; un giochino che lo farà ringalluzzire. Se, invece, avete a che fare con un uomo più vanitoso, con Proraso andrete sul sicuro, se poi porta la barba impazzirà per la linea Single Blade. Un San Valentino all’insegna dell’ironia sarà quello firmato Issey Miyake. Per l’occasione il designer prende ispirazione dalla tradizione giapponese in cui, a San Valentino, le donne regalano cioccolato agli uomini. Nasce così uno speciale packaging: all’esterno una dolce tavoletta di cioccolato, all’interno dei calzini “cacao 0%”. Non importa, invece, che siate uomo o donna per sostenere una giusta causa. Alessandro Enriquez, designer di 10×10 Anitaliantheory coglie, infatti, l’occasione per riportarci con i piedi per terra, creando una capsule di T-shirt in limited edition dedicata a Felix the Cat per sostenere i progetti di Oxfam. Acquistandola parteciperete alla raccolta fondi a favore della popolazione dello Yemen, uno dei paesi più poveri del mondo, travolto da una guerra civile. La T-shirt FULL OF LOVE firmata Alessandro Enriquez sarà presentata mercoledì 14 febbraio presso gli store del Gruppo Biffi Boutiques dove sarà esposta in esclusiva.

DA DEISEL il fake è vero più del vero

Se davvero l’imitazione è la più sincera forma di lusinga, l’esperimento messo in atto da DIESEL può definirsi un episodio di auto-adulazione. Canal Street, la via newyorkese simbolo della moda contraffatta, ha assistito nei scorsi giorni, proprio durante la Fashion Week della Grande Mela, alla nascita di un negozio dall’aspetto fasullo, chiamato DEISEL.
Una sorta di esperimento parodistico del marchio stesso, ripreso interamente da un video posizionato all’interno del negozio, che vuole evidenziare, così, la mania globale del volersi accaparrare capi high level a prezzi scontatissimi. Per il brand DEISEL…pardon, DIESEL, è arrivato il momento di celebrare quelli che «fanno grandi acquisti con soli venti dollari in tasca, alla ricerca di un risultato fo**utamente meraviglioso», per dirla alla Macklemore. Un messaggio controcorrente, che incoraggia i consumatori ad allontanarsi dall’oggetto brandizzato che tutti desiderano, e incoraggia a vestirsi come si vuole.
Lo store al numero 419 Broadway, all’angolo con Canal Street, resterà aperto fino al 12 febbraio. Nel caso in cui lo shop oltreoceano sia troppo difficile da raggiungere con così poco preavviso, potete cercare su internet qualcuno che abbia acquistato da DEISEL a pochi soldi ed ora voglia rivendere alcuni dei rari pezzi della limited edition di DIESEL. Altrimenti potete tentare la fortuna sul sito diesel.com, che dal 13 febbraio metterà in vendita l’edizione (molto) limitata della sua fake collection.

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Cinecult: The Post di Steven Spielberg

Ci sono momenti storici in cui anche gli artisti, e fra questi naturalmente anche i cineasti, sono chiamati ad assumere una posizione netta per quanto radicale e coraggiosa, su temi cruciali per la salvaguardia dell’integrità della democrazia nel proprio paese. E’ il caso di ‘The Post’ l’ultimo capolavoro di Steven Spielberg che dirige per la prima volta i due premi Oscar Meryl Streep e Tom Hanks nei ruoli rispettivamente di Catharine Graham e Ben Bradlee, la prima prudente editore e il secondo cinico direttore del quotidiano ‘The Washington Post’ nel 1971. Il film distribuito da 01 Distribution Rai Cinema S.p.A. e candidato a 2 premi Oscar, per il miglior film e la miglior attrice protagonista (Meryl Streep), affronta e ricostruisce la bufera che investì la Casa Bianca e l’opinione pubblica americana dopo la pubblicazione nel’71 prima da parte del ‘New York Times’ e poi dal ‘The Washington Post’ dei cosiddetti ‘Pentagon papers’ una relazione top secret di 7.000 pagine commissionata dall’ex ministro della difesa Robert McNamara (Bruce Greenwood nel film) che svelava segreti e misteri sul coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam a una nazione prostrata dall’oneroso contributo in termini di risorse finanziarie e vite umane, alla partecipazione americana al conflitto. Ben quattro presidenti fra i quali Kennedy, Truman, Johnson, Eisenhower, per non contare Richard Nixon che governava l’America all’epoca dello scandalo, avevano insabbiato una serie di decisive informazioni politiche sulle reali motivazioni dell’intervento militare in Vietnam e i suoi retroscena celati al Congresso e al popolo americano. E questo testo, presentato come uno studio del Pentagono, viene segretamente riprodotto e divulgato alla stampa dall’osservatore e studioso Daniel Ellsberg (un convincente Matthew Rhys) che in Vietnam aveva visto con i suoi occhi quanto la situazione già nel 1965 fosse destinata a precipitare e che l’esercito degli Stati Uniti non avrebbe mai vinto il sanguinoso conflitto. E così, sullo sfondo di un’America che in un certo senso può ricordare quella di oggi all’epoca di Trump dove, per usare le parole dello stesso Spielberg “la verità è sotto attacco soprattutto a causa della disinformazione”, nel film si combatte una dura lotta per l’emancipazione della stampa indipendente dall’ipocrisia e dalla volontà liberticida dell’establishment politico. Se i giornali che vogliono pubblicare (e poi di fatto pubblicano) i ‘Pentagon papers’ vedono l’ingiunzione di Nixon ai tribunali per impedire la rivelazione dei documenti secretati come la violazione del primo emendamento della costituzione americana che garantisce la libertà di stampa, oggi in America il governo non ricorre più ai tribunali ma alle fake news e alla manipolazione dei mezzi d’informazione per le sue mistificazioni e la sua comunicazione strategica. Il film è uno straordinario atto di impegno civile da parte di Spielberg che realizza un thriller politico vibrante di passione e dinamismo, anche nelle inquadrature così grintose e originali, quasi ‘aggressive’, che riprendono i personaggi sotto le più varie angolazioni per valorizzare la tensione che pervade il film. Un film che esalta anche la presa di posizione e l’evoluzione psicologica di una delle prime donne al potere in America, la Graham, che deve misurarsi con il suo testardo direttore, Bradlee, che da cacciatore di notizie un po’ spietato si trasforma in un professionista della libera informazione alla ricerca della verità. Perché in realtà, come recita la motivazione della sentenza della corte suprema che decise sul caso della rivelazione dei ‘Pentagon papers’ nel’71, “la stampa deve essere al servizio dei governati, non dei governatori”. Parole sante.

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RETROMOBILE 2018 a Parigi

Se avete in programma di visitare Parigi, perché non fate tappa all’Exhibition Centre di Porte de Versailles, dove verrà allestita l’edizione 2018 di Rétromobile? Se non sapete come saziare la vostra fame di auto storiche, dovete assolutamente venire a visitare questo show, per apprezzare la varietà di mezzi in esposizione.
Considerato da molti come uno dei migliori saloni dedicati alle auto da collezione, all’automobilia e alla compravendita, Rétromobile renderà l’attesa per le manifestazioni estive decisamente più piacevole. Ci sarà la 43esima edizione dello show e si celebreranno importanti eventi, come il 120esimo anniversario di Renault, la tecnica delle auto youngtimer francesi e le spettacolari aste di RM Sotheby’s, Bonhams e Artcurial. In aggiunta a tutto ciò, un’esibizione speciale, chiamata “Grandes Heures Automobiles” presso L’Autodrome de Linas-Montlhéry, metterà in mostra 20 veicoli, tra auto e moto, che hanno fatto la storia di questo leggendario circuito dove, negli anni, sono stati registrati più di 1000 record di velocità, in ogni categoria di mezzi a 2 e a 4 ruote.
Pensate a Rétromobile come una sorta di pot-pourri ripieno di ogni ben di Dio per l’appassionato, dove si possono ammirare dalle auto da corsa ai carri armati, fino ai prototipi del futuro. Costruttori, Club, ricambisti, restauratori, commercianti, case d’asta e artisti convergeranno tutti tra il 7 e l’11 di febbraio per questo evento, uno dei più grandi in Europa.
Con una grande varietà di auto e veicoli, Rétromobile è uno degli eventi più importanti nel calendario degli appassionati, che sa sempre essere un’esperienza indimenticabile.

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A GAME NIGHT FOR TITLE OF WORK

A New York, in occasione della Men’s Fashion Week, il Council of Fashion Design of America (CDFA), ha organizzato, nel cuore di Tribeca, un evento unico e spettacolare in collaborazione con Cadillac House e Assouline per celebrare l’apertura della settimana della moda maschile e il lancio della nuova collezione di Jonathan Meizler.
Ispirato al libro di Assouline “Poker, The Ultimate Guide”, Jonathan Meizler, designer e fondatore del brand newyorchese, Title of Work, ha lanciato la sua nuova collezione, un po’ sfacciata e allo stesso tempo accattivante, “Dirty Words”. Il designer ha voluto reinventare una notte da casinò e un ambiente pieno di divertimento e sfida con tavoli da poker e black jack, luci e video-installazioni con spavalde Regine di cuori e accattivanti Re di quadri.
All’arrivo gli ospiti sono stati accolti con cocktail e fiches per giocare ai tavoli di poker, con black jack personalizzati, dal set up del tavolo alle carte personalizzate.
Un’esperienza full immersion nella campagna “osare grandemente (dare greatly)” di Cadillac; una collaborazione a tutto tondo con innovatori di tendenza e ispiratori.

www.titleofwork.com

www.cdfa.com

www.cadillac.com

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È San Valentino, non deluderla!

C’è chi lo ama e chi lo salterebbe a piè pari: San Valentino. La giornata degli innamorati, quella in cui le strade, i bar e i negozi si riempiono di cuori, cuoricini e rose rosse. E voi che tipo di uomo siete? Fate parte del club dei cuori solitari, credete fortemente nel concetto “non c’è bisogno di San Valentino per dimostrare i propri sentimenti” o cogliete la palla al balzo, la portate a cena fuori e fate sentire la vostra fidanzata più speciale del solito? Se appartenete all’ultima categoria allora è tempo che iniziate a pensare a qualcosa da regalarle, oltre ai fiori, s’intende. Consiglio per chi è ancora all’inizio della relazione: andateci con i piedi di piombo. Meglio optare per un regalo semplice, scherzoso e magari anche utile; che ne dite dello specchietto da trusse HoMedics che, oltre a avere incorporate intense luci a led per ritoccare il make up, è anche munito di porta USB in modo da trasformarsi in un power bank per lo smartphone? Se invece avete a che fare con una modaiola attenta allo stile non potrà non apprezzare l’edizione limitata della Marni Mrs. Midi bag, cadrà letteralmente ai vostri piedi. Perfetto, invece, per chi ha intenzioni serie è l’iconico trolley Rimowa che, per il suo 120esimo anniversario, propone una versione completamente rinnovata della sua identità visiva; perché a San Valentino chi regala una valigia regala viaggi, avventure e nuove esperienze assieme. Prendersi cura di se è sicuramente una cosa a cui le donne prestano attenzione e, se trovano un apparecchio che le aiuta a farlo non possono che essere contente, ecco che Braun propone un kit Epilatore viso, che le permetterà di curare la propria pelle in modo completo e preciso. Regalo per lei, ma anche per voi? Il completino intimo è il classico che metterà d’accordo tutti e il miglior compromesso qualità prezzo è senza dubbio firmato Intimissimi. Regali o no, il significato di San Valentino rimane uno solo: un’occasione per prendersi cura più del solito di chi amiamo.

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Le collab e le sneaker da non perdere

Anche nel 2018 la sneaker-mania continua. Tra collaborazioni esclusive e capsule collection, sono sicuramente online le destinazioni shopping più battute, dove spesso i drop delle collezioni arrivano ancora prima che negli store fisici. Su tutti vince farfetch.com dove trovate non solo tutti i modelli scelti qui, ma anche molte altre preview di stagione.

ADIDAS BY RAF SIMONS
Bolle plastiche e suola colorata, un vero e proprio oggetto del desiderio per i malinconici degli anni ’90, che nei propri look non rinunciano a una vena futuristica. Raf Simons realizza per adidas una scarpa dall’ispirazione running, perfetta sia per i look più casual sia per chi la abbina a un capospalla classico.

Nike SB Zoom Dunk BY SOULLAND
Dopo il successo della prima collab con Nike, Soulland, brand danese in ascesa, interpreta per la seconda volta uno dei marchi di sneakers più famosi di sempre. I modelli proposti sono due, uno a tomaia bassa e uno bianco, in versione “high”. L’ispirazione è il mondo dello skateboard e il colore caratterizzante è il blu elettrico, tonalità che accomuna i dettagli di entrambi i modelli.

VANS BY FEAR OF GOD
Vibrazioni Hip Hop e sapore grunge; le nuove Vans by Fear of God portano proprio queste caratteristiche. L’iconica scarpa, personalizzata dal designer Jerry Lorenzo, enfatizza il DNA del brand miscelandosi perfettamente. Un modello esclusivo da portare tutti i giorni, un accessorio che non passerà inosservato.

SUPERGA BY PHILOSOPHY – PER LEI
Erano già comparse a settembre sulla passerella dedicata alla collezione SS18 firmata Lorenzo Serafini; e ora, dal 14 gennaio 2018, sono disponibili al grande pubblico. L’intramontabile Superga 2750 torna a far parlare di se. In co-branding con Philosophy, l’iconico modello, proposto con para bassa e alta, viene declinato in sette varianti che richiamano alcuni tra gli elementi ricorrenti delle collezioni disegnate da Serafini. Indiscusso dettaglio caratterizzante è il logo Phylosophy che, in versione maxi, ritorna stampato lungo tutte le pare in gomma.

POLLINI

La nuova sneaker di stagione unisce la forma semplificata e confortevole al dettaglio emblematico tradotto in ricami a filo o nell’originale effetto gommato realizzato con la tecnica della termosaldatura. I materiali delle tomaie, morbidi e pregiati, includono il vitello liscio, la nappa di agnello lavato con fodera in montone e il vitello bottalato effetto cervo, utilizzati sulle suole di gomma nelle cromie del bianco e nero. Il logo storico spicca sul lato esterno della scarpa, in tono a contrasto con il colore della pelle, alternando la resa tridimensionale della gommatura alle minuziose lavorazioni di fili a rilievo che includono il tocco del lurex grigio.

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San Valentino: coccolarsi con 4 beauty experience

Cover_Grand Spa, Palazzo Parigi

San Valentino è l’occasione perfetta per trascorrere una serata, una giornata e, per i più fortunati un weekend, celebrando l’amore e passando del tempo con la persona a cui si vuole bene. Regalarsi un’esperienza rigenerante si conferma, senza dubbio, uno dei pensieri più apprezzati.
Ecco alcune proposte:

Elite Spa & Wellness al Melià Campione d’Italia
A poco meno di un’ora da Milano potete raggiungere l’Elite Wellness Boutique ospitata all’interno dell’hotel Melià a Campione, sullo sfondo delle Alpi Svizzere. Grazie alla location mozzafiato, la Wellness Boutique diventa una baita dal design innovativo sulle sponde del lago di Lugano, un luogo in cui ritrovare la serenità e la forma fisica godendo di un panorama da sogno. San Valentino diventa l’occasione ideale per rilassarsi con uno dei percorsi specifici come quello Hammam, un trattamento suggestivo che si svolge all’interno del bagno turco oppure il massaggio di coppia a base di olii caldi. Per concludere in bellezza, concedetevi una cena romantica presso il Ristorante Dolce Vita che per l’occasione ha creato un sorprendente menù dai sapori partenopei.

DAY SPA, Club 10, Principe di Savoia
Due trattamenti pensati ad hoc per lei e per lui, o per entrambi, un’esclusiva esperienza all’interno di Club 10  Fitness & Beauty Center.
Per lei, Comfort Zone Hydramemory Complete, un trattamento che lascia la pelle del viso idratata e setosa. Ristabilisce compattezza, nutrimento e luminosità, prevenendo la secchezza e l’invecchiamento precoce. I benefici? Profonda idratazione cutanea, elasticità e luminosità, immediatamente visibili. Per lui, invece, Deep Tissue, un massaggio corpo defaticante e decontratturante, che aiuta a ridurre le tensioni muscolari. Perfetto per concedere ai tessuti una profonda distensione, dona una piacevole sensazione di leggerezza in soli 50 minuti.

San Valentino romantico a QC Terme
Collezionare momenti per stare insieme e lasciare che siano le emozioni a parlare, ricaricando mente e corpo per un benessere dall’aroma romantico. I centri e i resort QC Terme sono la cornice perfetta per cullare i sensi in coppia e festeggiare il giorno degli innamorati. Diverse le opzioni disponibili presso le seguenti location: QC Terme Milano, QC Termemontebianco, QC Terme Bagni di Bormio, QC Termeroma. I momenti di benessere sono acquistabili nei centri, negli store e sull’e-commerce QC Terme.

Grand Spa, Palazzo Parigi
Il prestigioso hotel, appartenente alla catena di alberghi di lusso The Leading Hotels of the World, ci propone due esperienze wellness per le coppie: II Royal Hammam, dove le coppie possono rilassarsi nella romantica piscina, dotata di getti idromassaggio, provare i 2 bagni di vapore, la cabina scrub e, infine, la cerimonia del tè; il tutto circondati dallo splendido marmo rosa, che ricopre i 100 mq di questa e vera propria “suite di benessere”. In alternativa, “Viaggio a Bali per Due”: un romantico itinerario per gli innamorati, che parte con lo scrub corpo Source of Bisses e termina con un rilassante massaggio di 80 minuti.

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Food influencer fra ricette, cocktail e vigne

Cover_Chiara Maci

Un tratto comune alle carriere degli influencer di cibo e vino è che sono iniziate quasi sempre per caso. «Ho cominciato per gioco – conferma Benedetta Rossi, cuoca-social che nel suo blog www.fattoincasadabenedetta.it prepara piatti della tradizione contadina italiana – quando lavoravo nell’agriturismo dei miei e preparavo i dolci per le colazioni e per i dessert. Succedeva spesso che i miei clienti, dopo aver assaggiato i dolci e le marmellate delle colazioni, mi chiedessero le ricette. Io, che sono una “smanettona” col pc, per fare una cosa carina, oltre a dare loro la ricetta scritta, caricavo un video su YouTube, dove potevano vedere chiaramente il procedimento. A distanza di circa un anno mio padre mi fa notare che alcuni miei video avevano superato le 100mila visualizzazioni. Incredibile! Allora, di nuovo col supporto di mio marito, ho deciso di fare una cosa più professionale, senza nessuna pretesa ma col pensiero “non si sa mai quello che può portare”. Con costanza abbiamo continuato a caricare video e, dopo un po’, l’impegno è stato premiato».
Se dalla cucina al blog il passo è breve, un po’ più difficoltoso è passare, con successo, dall’ufficio al web. È la storia di Chiara Maci che, dopo aver ricoperto un ruolo di rilievo nel marketing di Sky, decide di aprire il blog Sorelle in pentola, con la sorella Angela, che ha un successo immediato. Dopo tre mesi viene selezionata per il programma Cuochi e Fiamme su La7 e ha così tanto successo che inizia a condurre uno show tutto suo: Vita da food blogger. Quello che più amano i suoi follower è che, nei suoi profili, Chiara non parla solo di cucina, ma racconta momenti della sua vita privata. Dal web ha fatto sapere che era incinta della sua prima bambina, ma anche della sua storia d’amore con lo chef Filippo La Mantia, papà del suo secondo figlio, che nascerà a febbraio.
Se nel mondo food si diventa influencer con ricette e suggerimenti, per quanto riguarda il vino non è così facile perché gli amanti del beverage sono solitamente molto preparati. «Con i miei colleghi-follower – dice Walter Gosso, Bacardi Global Travel Retail – discutiamo di ricette, prodotti, corsi, tecniche, possibilità di lavoro. Insomma tutte dirette a fattori lavorativi e professionali. Per quanto riguarda i follower amanti del buon bere, le curiosità sono infinite. Dai prodotti, in quali locali andare a bere, come ho iniziato questo lavoro, quale cocktail preferisco bere o preparare, quale brand scelgo o quale non amo, infine, davvero infinite le curiosità, che a volte, riescono a creare in me delle domande, che magari, fino a quel determinato momento non avevo pensato».
C’è poi chi inizia a usare i social per aggirare i problemi legati alla posizione della propria attività, diventandone poi una star. «La Sicilia – spiega Marilena Barbera, vignaiola imprenditrice siciliana – è lontana dal resto del mondo e Menfi è un piccolo paesino della provincia di Agrigento. Ho iniziato a twittare quando il mondo del vino italiano usava pochissimo questo mezzo e oggi dai social si genera il 25% del fatturato della mia azienda»

Benedetta Rossi
Facebook, oltre 3milioni di follower
Instagram, più di 270mila follower
YouTube, più di 450mila follower

Chiara Maci
Facebook, 473mila follower
Instagram, 350mila follower
YouTube, 10mila follower

Walter Gosso
Facebook, 5 mila amici
Instagram, oltre 2600 follower

Marilena Barbera
Facebook, oltre 3000 amici
Instagram, oltre 3800 follower
Twitter, 7400 follower

A WEEKEND OF LOVE: A MILANO, IL FESTIVAL DELL’AMORE

Un vecchio proverbio recita «l’amore non si trova al mercato». Di certo, se ne troverà molto a Milano, questo weekend. Da venerdì 9 a domenica 11 febbraio e di nuovo, mercoledì 14, va in scena, infatti, negli spazi di BASE Milano, la prima edizione del Festival dell’Amore. Quello con la A maiuscola, come luogo della propria epica personale. Un grande evento dedicato al sentimento capace di «muovere il sole e l’altre stelle», messo in scena in tutte le sue forme, sia grazie all’intervento di personaggi famosi, sia dando un ruolo attivo a chiunque vorrà partecipare.

Organizzato dall’agenzia PianoB, in collaborazione col brand di moda donna Motivi e con la società di marketing specializzata in ambito culturale H+, il Festival è nato per affermare la potenza dei sentimenti e della passione, e si pone come una sorta di battaglia culturale contro il disincanto, il cinismo e la disillusione. Il programma è molto ricco: ci saranno musica, letture e talk e, poi, proiezioni di film, installazioni, riti d’amore, party. Artisti, filosofi, musicisti si alterneranno sul palco della sala Talk, pronti ad alternarsi per raccontare storie sul palcoscenico, trasformato in un luogo interattivo in cui dichiararsi e giocare col sentimento più straordinario che ci sia: tra gli ospiti Bebe Vio, Ambra Angiolini, Melissa P, Stefani Boeri, Luca Bianchini, Matteo Caccia, Simon & The Stars, Morgan, Boosta, Emis Killa e Arisa e molti altri. All’interno della location sarà allestito anche uno spazio arredato con 20 letti matrimoniali, per creare una platea romantica dalla quale vedere, per una notte intera, film e serie tv d’amore. La seconda sala è denominata Riti d’Amore, non a caso. Oltre a set fotografici, tattoo corner e spettacoli (come le performance del duo americano The Bumbys e quella partecipativa di Animanera, Try Creampie – Vuoi venire a letto con me?) sarà possibile, infatti, sposarsi per davvero. La Pina, Diego e La Vale, storici conduttori di Radio Deejay, celebreranno matrimoni liberi e unioni pagane. I tre, inoltre, si alterneranno con Franco Bolelli, ideatore del Festival, alla conduzione dei talk, mentre Paola Maugeri dialogherà con i grandi artisti della musica italiana, per scoprirne la personale love playlist. I partecipanti potranno diventare parte di una video-installazione caricando sulla pagina Facebook o Instagram dell’evento (@ilfestivaldellamore), un video (di massimo tre minuti) in cui si raccontano tre motivi per amare, corredato dall’hashtag #3motiviperamare o scrivendo, sull’apposito form presente sul sito, una lettera d’amore da leggere (o far leggere, per i più timidi) sul palco del Festival. Si sa, l’amore è bello, ma lo è ancora di più se condiviso.

Qui il programma completo.
Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito, fino a esaurimento posti.

Saul Nanni: il bel tenebroso

C’è chi lo paragona a River Phoenix chi, invece, a un esordiente Leonardo Di Caprio, per il suo aspetto da bello e maledetto e i suoi ruoli tosti e intensi. A soli 18 anni, Saul Nanni – che ha cominciato giovanissimo e ha alle spalle anche ruoli cinematografici accanto ad attrici come Margherita Buy e Giovanna Mezzogiorno, oltre al grande successo della serie TV, Alex & Co, della Disney, dove recitava accanto al suo fedele amico Federico Russo – ha al suo attivo un film televisivo in uscita, Il fulgore di Dony, di Pupi Avati che, come ama sottolineare, gli ha insegnato a «cercare la verità e essere credibile quando recito» e, prossimamente, uscirà sempre sul piccolo schermo con, Non dirlo al mio capo, accanto a Vanessa Incontrada. Apparentemente algido, con i suoi occhi di ghiaccio – si divide fra Nord e Sud, Bologna e Roma – Saul è in realtà un ragazzo solare, amante delle spiagge della California, dove ha vissuto per sei mesi, «un’esperienza che consiglio a tutti». Il giovane attore ha un profilo Instagram seguito da 700mila followers.

Che ne pensi degli influencer e come gestisci la tua relazione con i social? Influencer è una definizione un po’ generica, non credo di “influenzare” chi mi segue, ma mi piace pensare di avere un profilo interessante. Non amo postare momenti della mia intimità e, da qualche tempo, ho abolito i selfie, perché, per me, non funzionano.

Il social del futuro?
Sicuramente Instagram, perché è il più intuitivo e accessibile e comprende tutte le funzioni di un social network. Credo che, nel futuro, il potere dei social media crescerà sempre di più. È uno strumento di comunicazione che va usato con saggezza, senza lasciarsi trasportare troppo dalla visibilità che offre, che comunque sicuramente mi ha aiutato anche nel lavoro, sebbene speri di essere apprezzato più come attore.

Capo must-have?
Il pullover a collo alto e poi mi piace vestirmi per le occasioni eleganti. La moda mi piace. Sono stato in prima fila a una sfilata di Emporio Armani.

Sogni nel casetto?
Recitare a Hollywood, diretto da Ridley Scott e Quentin Tarantino.

Photo| Davide Musto
Stylist| Stefania Sciortino
Grooming| Charlotte Hardy per Simone Belli Agency
Location| Radisson Blu Es Hotel Roma
Saul Nanni wears Total look Paul Smith

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Che barba!

Quello della rasatura è un vero proprio rituale, che implica fasi precise e prodotti specifici per ogni tipo di pelle. Proprio per questo sarebbe opportuno dedicarci alla routine della barba con gesti lenti e delicati, per esaltarla al meglio nelle misure più lunghe o per avere una pelle perfetta e senza irritazioni quando ci si rade completamente.
Per ogni necessità è importante trovare il giusto prodotto e, poiché anche per questa primavera la barba sarà un accessorio irrinunciabile, qui di seguito una selezione delle migliori novità per la prossima stagione:
Avene Men
La routine della rasatura di Avene parte con la Shaving Cream che deterge a fondo la pelle, diminuendo il rischio connesso ai piccoli tagli. Le virtù lenitive e addolcenti dell’acqua termale procurano alla pelle una reale sensazione di comfort. L’After Shave Balm invece, lenisce istantaneamente l’epidermide aggredita dalla lama e purifica la pelle al fine di ridurre i rischi di proliferazione dei micro-organismi legati alla rasatura.

Nuxe Men
Nuxe ci propone un Gel da barba anti-irritazioni, denso e vellutato, all’estratto di Legno di Sandalo che permette una rasatura facile e precisa senza irritazioni. Il profumo è legnoso e speziato. A seguire il balsamo dopo barba con azione lenitiva, idratante 24 ore e defaticante.

Collistar
Tre nuovissimi balsami dopobarba con una texture high-tech, ricca, cremosa e di immediato assorbimento, che idrata e calma la pelle dopo la rasatura, prevenendo rossori e irritazioni. Grazie al bisabololo, glicerolo e allantoina, un mix di principi attivi lenitivi e idratanti, questo balsamo è ideale anche come crema viso quotidiana.

Bullfrog
Per chi invece desidera valorizzare la propria barba, esistono prodotti ad hoc per curarla al meglio. Bullfrog, esperto nel grooming, ha sviluppato la Pasta Esfoliante Lavabarba, il primo scrub specifico per la detersione. Per una barba morbida e profumata, poi, niente di meglio del Balsamo Multifunzione Agnostico, un fluido nutriente perfetto per idratarla, donandole una decisa fragranza a base di anice e rum, magari da mixare con qualche goccia di Olio Barba Multifunzione, per una miscela davvero esplosiva.

Alma K For Men
In esclusiva da Limoni e La Gardenia possiamo trovare questa nuova Crema da Barba Rivitalizzante, che contiene una miscela nutriente di minerali del Mar Morto, oli preziosi di argan e di olivello spinoso, vitamina E e grassi acidi essenziali, per una rasatura dolce che lascia sulla pelle una sensazione di rinnovata energia. Il Balsamo Dopobarba Nutriente offre, invece, un sollievo eccezionale grazie al mix di ingredienti naturali.

Infine, per un grooming perfetto è sempre bene applicare tre regole d’oro:

  1. Radersi al mattino prima di fare colazione, poiché la pressione sanguigna è più bassa e ridurremo così il rischio di irritazioni.
  2. Preparare la pelle sotto la doccia o passare un panno caldo e umido.
  3. Esfoliare e detergere la pelle prima della rasatura.

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Altaroma manda in pista le giovani leve del Made in Italy

Mai come in questa sua ultima edizione Altaroma ha saputo esaltare la creatività e il dinamismo dei giovani talenti come riserva di energia creativa per il futuro del Made in Italy. Grande novità per l’edizione di gennaio 2018 è stato il debutto del progetto ‘Showcase’ nato in collaborazione con ICE Agenzia e che, come ha affermato Silvia Venturini Fendi, presidente di Altaroma, costituisce “un nuovo strumento di promozione mirato alla vendita e al business”. Con questa valida iniziativa durante i 4 giorni della fashion week capitolina 40 brand emergenti con non più di 10 anni di attività, selezionati con bando pubblico da ICE Agenzia e da Altaroma, hanno presentato le loro collezioni di ready-to-wear alla stampa di settore e soprattutto ai buyer italiani e stranieri, sfruttando un’occasione unica di visibilità e di business. “Con Altaroma abbiamo tracciato un percorso di internazionalizzazione per i marchi giovani che vedrà Showcase anche all’estero durante le fashion week a cominciare da Parigi”, ha fatto sapere il presidente di ICE Agenzia Michele Scannavini. Fra i vari brand in vetrina a Showcase anche Gilberto Calzolari che propone una donna ladylike, elegante, contemporanea e orientaleggiante in tessuti sperimentali, e il modernismo sensuale di Greta Boldini il brand disegnato da Alexander Flagella che ha anche sfilato all’interno del Coin Excelsior con piumini di velluto a chevron, abiti a vita alta dalle costruzioni sapienti, tinte accese e vibranti e bluse romantiche dagli scolli generosi. In generale fra le sfilate, le presentazioni e gli eventi che hanno animato la sezione ‘hub’ banco di prova degli stilisti emergenti e ‘in town’ in cui la capitale si è aperta alla moda con vari happening, la manifestazione di fine gennaio ha registrato un upgrading nella qualità e nella varietà delle proposte in calendario. Cuore della kermesse è stato il Guido Reni District, un’ex caserma riqualificata come contenitore di eventi culturali, accanto al Maxxi e alla Galleria Nazionale di Arte Moderna che ha ospitato ‘A.I. Artisanal Intelligence’ a cura di Clara Tosi Pamphili e Alessio de’ Navasques con un focus sugli ultimi 50 anni di ricerca e creatività fra moda e cultura sociale, coinvolgendo gli studenti di varie scuole di moda italiane fra cui anche lo IED che hanno riletto il fermento degli anni della rivoluzione giovanile con soluzioni originali e contemporanee. Fra le novità di gennaio anche l’esordio in pedana a Roma del giovane brand Act N°1 vincitore di “Who Is On Next? 2017” fra suggestioni orientali ed echi grunge anni’90. Viene dall’Oriente, e in particolare dall’Iran Narguess Hatami, stilista di Miahatami che si è ispirata ai cappotti militari iraniani combinati con forme soft, maglieria e tessuti dalle stampe preziose. In calendario da segnalare anche le trasgressive fogge dei modelli di Sadie Clayton, designer britannica che a Villa Wolkonsky ha portato in pedana modelle ‘diverse’ per età, taglia, abilità ed etnia. Sempre più osservatorio internazionale sulle nuove tendenze del mondo fashion Altaroma ha accolto nuovamente le proposte d’avanguardia ed estrose degli esponenti del collettivo creativo ‘Portugal Fashion’ ma anche il gusto dei contrasti fra maschile e femminile di Soocha disegnato dalla coreana Soojung Cha che opta per il patchwork e per inedite stampe floreali. Marianna Cimini convince con i suoi abiti coulisse e i crop top in eco pelliccia stampata come nuova tela laddove Davide Grillo è catturato dall’idea di un Eden imperfetto. Da segnalare anche le fantasie dagli accenti esotici dei capi firmati Gentile Catone e le t-shirts di wearable art presentate da MANINTOWN con un evento speciale che riproducono i ritratti fotografici e alcune opere dell’artista Francesca Galliani ispirate al transgenderismo e alla bellezza di soggetti ‘diversi’.

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FABIO ATTANASIO: il nuovo sguardo sull’eleganza classica

Suits: Sartoria Dalcuore, Shirt: Sartoriale, Tie: F. Marino Napoli, Glasses: TBD Eyewear

Non chiamatelo #fashionblogger. Fabio Attanasio, il fondatore di The Bespoke Dudes, la piattaforma dedicata alla sartoria e all’artigianato di qualità, è diventato il punto di riferimento dei gentleman 2.0. Nel 2015 ha sviluppato anche un progetto di eyewear, realizzato a mano da specializzati artigiani italiani. La sua grande passione per la sartoria e per l’hand made lo hanno reso l’ambassador perfetto per brand illustri, contribuendo a diffonderne la conoscenza e l’eleganza.

Qual è la tua definizione di influencer/blogger/ambassador?
È una nuova forma di media legittimata dal basso, dai lettori/utenti del web. È anche un’evoluzione del giornalista, del classico editore e, in alcuni casi, della figura del modello e dello scrittore.

Come vedi l’evoluzione del mondo social e del tuo business?
Ottimisticamente mi dico che non morirà, ma che si evolverà. Almeno per chi ha dei contenuti veri e parla a un pubblico reale.

Qual è il social del futuro?
Sembrava fosse Snapchat, poi Instagram e le sue Stories ci hanno dimostrato il contrario. Credo che chi ha qualcosa da dire troverà sempre il modo di parlare al suo pubblico, a prescindere dalla piattaforma utilizzata.

Qual è il lato negativo della tua professione?
Così come lo sport agonistico è inquinato dal doping, questo settore è rovinato dalla pratica, purtroppo molto diffusa e non sanzionata, dell’acquisto di follower e interazioni in generale. Speriamo che Instagram faccia presto una nuova pulizia. Un altro lato negativo è rappresentato da alcune digital agency, che sono solo dei meri intermediari tra l’influencer e il brand. Spesso non sanno nulla sull’influencer, eccetto quel numeretto che vedono scritto sul suo profilo IG (il numero dei follower), che oggi sembra diventato tristemente importante. Alla stregua di un titolo di studio. Io ho co-fondato un marchio di occhiali, quante volte credi che mi sia stato proposto da queste magnifiche agenzie di lavorare per dei miei competitor? Non erano arrivati a leggere nemmeno il terzo rigo del mio profilo dove c’è scritto Co-founder of TBD Eyewear.

Questa professione quanto ti rende economicamente?
Per fortuna non posso lamentarmi.

Quanti dei tuoi consigli sono sinceri e non sponsorizzati?
In generale non lavoro con aziende che non sposano il mio concetto di qualità, qualunque sia il budget sul tavolo. E se lavoro con un marchio che mi piace, mi ritaglio sempre il mio spazio di libertà per esprimere le mie opinioni liberamente ed educatamente, per me è importante esprimere un’opinione sempre, anche se al cliente può non piacere. Breve aneddoto: qualche anno fa un marchio coreano mi offrì €50.000 per due giorni di shooting. Avevano un nome e un look italiano, mancava solo l’ambassador italiano che li sdoganasse. Ho rifiutato l’offerta, perché non lo sentivo affine al mio gusto, perché ritenevo che l’attività non fosse coerente con la mia ricerca sartoriale delle eccellenze artigianali. Oggi voglio credere che se lavoro con alcuni marchi importanti quali Omega, Vacheron Constantin e Montblanc è anche perché ho preso e continuo quotidianamente a prendere decisioni di questo tipo.

La professione dell’influencer ha una data di scadenza? Come immagini il tuo lavoro da vecchio?
È già da un po’ che ho smesso di chiedermi quanto e se durerà tutto ciò, preferisco fare del mio meglio per continuare a innamorarmi quotidianamente del mio lavoro. Se non perdi l’entusiasmo per quello che fai, non c’è data di scadenza che tenga. Il difficile è tenere viva quella fiamma. Bisogna sapersi evolvere, adeguare e adattare in tempo al cambiamento.

Quale applicazioni usi per ritoccare le foto e quanto ritocchi per creare lo scatto perfetto?Snapseed, Photoshop Express e Touch Retouch.

Quali sono, secondo te, le 10 sartorie italiane/internazionali da tenere d’occhio?
Caraceni, Ministro della giacca milanese
Musella Dembech, una giovane giacca meneghina
Liverano, la giacca fiorentina per eccellenza
Habitus, giovani romantici romani con suggestioni da tutto il mondo
Eduardo De Simone, la giacca napoletana contaminata da un un know-how di haute couture
Rubinacci/Ciardi/Solito/Panico/Dal Cuore i maestri della giacca napoletana
Sciamát, rivoluzionari pugliesi
Crimi, La giacca siciliana

Photo| Karel Losenicky
Stylist| Lucio Colapietro
MUA & Hair| Giuseppe Giarratana
Fashion Collaborators| Orsola Amadeo and Dario Amato

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VEDUTE ROMANE E FIGURE: LA ROMA DI AMEDEO BROGLI IN MOSTRA A PALAZZO COLONNA

Negli spazi della Coffee House di Palazzo Colonna (Roma), giovedì 8 febbraio alle 18.30, inaugura la mostra di dipinti di Amedeo Brogli, Vedute romane e figure. Aperta gratuitamente al pubblico dal 9 al 14 febbraio e realizzata con il contributo dell’Asset Management Carmignac, la serie di dipinti racconta la Città Eterna, attraverso scenari che conferiscono agli spazi un’identità contemporanea e visionaria e i nudi femminili delle “nuove romane”. «Ho lavorato su un immaginario preesistente, in dipinti che raccontano una Roma tra Sacro e Profano. Le mie scelte stilistiche ed espressive sono caratterizzate da un figurativo a volte lirico, in una visione estetica pervasa da una connotazione spiritualistica, che si converte in opere, spero, di suggestione» – afferma Brogli – «In me, romano di adozione, la pittura figurativa supporta il culto della memoria e Vedute Romane e Figure è uno storytelling, che rivisita in chiave contemporanea i simboli, i personaggi storici e non, i monumenti  della “Caput mundi”, ma anche l’attualità della città, che vive il presente negli spazi del passato, attraverso una figurazione contemporanea». Madrina della mostra sarà la Principessa Jeanne Colonna, mentre il cocktail sarà curato da La Maison di Bacco e dalla Cantina Casata Mergè, storica azienda familiare, situata sulla cornice dei castelli romani. Elena Parmegiani, Direttore Eventi della Coffee House di Palazzo Colonna, asserisce: «Siamo davvero grati ad Amedeo Brogli per aver scelto la nostra location per la sua personale, ad arricchire la sua esposizione, sabato 10 febbraio, interverrà anche lo stilista marchigiano Vittorio Camaiani, con una sfilata di alta moda, Vittorio Camaiani Inside, omaggio a Marina Ripa di Meana». Domenica 11 febbraio dalle ore 11.00 alle 19.00 lo stilista si tratterrà in Coffee House per il suo “Atelier per un giorno”, allestito all’interno della mostra, tra le splendide e espressive figure di Amedeo Brogli.

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PIETRO SEDDA, il re dei tattoo

Pietro Sedda ha abbracciato il mare con la propria arte, quella del tatuaggio. Una disciplina in cui è maestro e che assume le sembianze dei marinai delle novelle – coloro che solcavano il mare in un’alternanza di donne e paesi – e delle balene leggendarie, e che lo ha portato a diventare uno degli artisti più richiesti. Chino sul tavolo da disegno, ha chiamato il suo studio nell’unico modo in cui, poi, non si può che finire per soprannominare lui: The Saint Mariner.

Come ti sei avvicinato alla tua professione?
Mi sono avvicinato al tatuaggio più per necessità che per predisposizione romantica, con l’aiuto di amici che mi hanno spinto e sostenuto.

In che modo i social l’hanno influenzata?
Quando ho iniziato io, servivano almeno dieci anni d’esperienza per carpire i segreti e riuscire a tenere collegati il cervello e la mano. Ora, dopo sei mesi, si è già delle star, anche se non si conosce propriamente il mestiere.

È possibile diventare tatuatori famosi più come personaggi che per la bravura?
È capitato spesso che molte persone venissero da me solo per il mio nome e non perché seguissero il mio lavoro e le mie ricerche. Io faccio un po’ la vita del bottegaio, molti mi conoscono, io non conosco nessuno: mi sembra una posizione perfetta.

Il tuo rapporto con i social?
Non intervengo né commento mai, cerco di essere il più asettico possibile.

Cosa pensi della figura dell’influencer?
Mi sembra un gioco torbido, più un divertissement che un lavoro. Con MySpace era diverso, mostravi un contenuto, mentre ora sembra di entrare nella gabbia dei leoni: sono tutti giudicanti, tutti migliori, tutti devono dire la loro.

Perché credi abbiano successo?
Siamo lobotomizzati.

Come è nata la collaborazione con Parfumerie Particulière?
I ragazzi di Parfumerie Particulière mi hanno coinvolto nel progetto per illustrare il packaging. È stato un lavoro durato un anno, ma molto soddisfacente: da venti illustrazioni ne sono state scelte otto. L’ultima, Madeleine, è nata prima come un’illustrazione femminile e poi si è evoluta in quella attuale, un volto maschile, senza genere. A Marzo uscirà, poi, “Pietro Sedda – The Saint Mariner”, con una fragranza dalle suggestioni legate al mare, ai marinai ubriachi e alla loro vita balorda.

Cosa pensi del discusso tema gender?
Non sono giudicante per la sessualità. Per tanti anni ho sostenuto la cultura queer, alquanto frammentata in Italia, nonostante un tempo fosse molto attiva. Se una bambina, una mattina, guardandosi allo specchio capisse di essere un bambino sarebbe fantastico, ma tutto dipenderebbe dal contesto sociale, dalle condizioni di vita, dai genitori. Nell’ambiente del tatuaggio, un mondo nato tra motociclette e tette, c’è stata molta omofobia. Fino a sette anni fa era difficile che qualcuno si tatuasse il volto di un uomo, preferendo quello della propria donna. Il mio lavoro è partito anche dal trovare i clienti giusti.

Mare e marinai sono da sempre il fil rouge del tuo lavoro. Da dove arrivano?
Ho sempre avuto il mare davanti, anche d’inverno, quando lavoravo nel mio studio ad Oristano. Contemplarlo mi fa stare bene. È l’unica cosa che manca in questa città perfetta che è Milano.

L’odore che ti è più caro?
Il cisto selvatico. Inebriante.

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In viaggio per gusto

Il museo aziendale dedicato alla famosa Guinness; la cantina con il look rifatto da una grande archistar; il museo a Bordeaux con ingressi da capogiro; il mercato coperto rivoluzionario queste le nuove mete che il viaggiatore italiano affianca alla visita di musei e monumenti. I dati rilevano come il fenomeno del turismo enogastronomico sia in netta crescita, dal 21% del 2016 al 30% dello scorso anno. Inoltre, se rimane in patria, la meta preferita del viaggiatore gourmet italiano è la Toscana, ma si riscontra anche un forte interesse per il Sud, in primis Sicilia e Puglia. Molte regioni hanno un potenziale inespresso e non vengono percepite come mete enogastronomiche rilevanti, nonostante siano ricche di eccellenze. Lombardia, Piemonte e Veneto, per esempio, vantano un’offerta che in termini numerici si colloca immediatamente dietro alla Toscana. Queste due delle principali evidenze che emergono dal primo rapporto sul turismo enogastronomico italiano, studio che traccia un quadro sul settore e delinea le tendenze di un segmento in forte crescita in tutto il mondo. «Questo lavoro – spiega Roberta Garibaldi, esperta a livello internazionale di turismo enogastronomico, coordinatrice dell’Osservatorio e promotrice della ricerca – mette a fuoco un trend in forte ascesa. Risulta sempre più evidente come la gastromania stia condizionando la scelta dei viaggi. Troviamo un rafforzamento su ogni fronte: ora gli italiani si muovono anche per cercare esperienze legate al cibo e al vino. Un atteggiamento sempre più simile a quello di molti stranieri». Chiude il rapporto una sezione con il profilo del turista enogastronomico internazionale, la situazione nei principali Paesi del mondo e best pratice estere. In relazione a questa nuova forma di turismo nasce una domanda crescente di servizi, che va soddisfatta di più e meglio. La ricezione turistica, anche attraverso l’apertura delle strutture produttive ai visitatori, può diventare uno strumento essenziale per avvicinare produttori e consumatori, oltre che essere una voce di reddito aggiuntiva.

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Il gusto del reale – in conversazione con gli Gnambox

Un racconto onesto, rassicurante, ma con quel “twist in più”, che lo rende unico e decisamente addictive. Gnambox, blog di cucina e lifestyle, è per i suoi fondatori, Stefano e Riccardo, un modus vivendi. Contenitore di esperienze, gusti, consigli ed incontri, ad oggi, Gnambox si è già trasformato in un libro di cucina stagionale e contemporanea, in una guida super cool di Milano, ma soprattutto in una realtà social da migliaia di followers. Li abbiamo intervistati per trovare la ragione di un progetto genuino e fresco, cogliendo i limiti imposti da un lavoro 3.0 e rubando i segreti del suo successo.

Gnambox: un lavoro o uno stile di vita?
Siamo partiti mettendo online tutto ciò che ci piaceva, creando un contenitore di ricette e tantissime altre passioni, come suggerisce il nome. Senza nemmeno doverci pensare troppo, lo vedevamo trasformarsi con noi e diventare la naturale trasposizione del nostro gusto, della nostra estetica, quindi senza dubbio del nostro stile di vita. Poter definire una linea editoriale in questo modo, in funzione del proprio stile, è stato l’ingrediente principale per un prodotto vincente. Ci sentiamo estremamente fortunati di poter raccontare semplicemente la nostra vita quotidiana, rendendola un’esperienza gradevole per chi decide di seguirla: le ricette che scattiamo sono ciò che mangiamo, così come i piatti in cui vengono servite, vengono dalla nostra dispensa. Tutto questo senza dover mai fingere o scendere a compromessi comunicando qualcosa in cui non crediamo. Ora che il progetto si è ingrandito, ha necessariamente una struttura più articolata, in cui è diventato essenziale tracciare dei confini e per farlo, seguiamo una semplice regola: quando ne abbiamo voglia! (ci comunicano con rara e preziosa spontaneità ndr). Non ci siamo mai forzati di dover pubblicare qualcosa in funzione di engagement o visibilità, anche se, a volte, ci sentiamo fin troppo votati alla riservatezza. Potremmo “cavalcare l’onda” assecondando i macro-trend social? Certo, ma per ora non è una strategia che ci appartiene. Qualche domenica fa, eravamo a pranzo con le nostre famiglie e abbiamo pubblicato un boomerang di gruppo, proprio come faremmo a tavola con qualsiasi amico. Abbiamo invece ricevuto centinaia di messaggi da persone sorprese e affascinate da quel tipo di condivisione della nostra vita di coppia…non ce lo aspettavamo! Fossimo quel genere di trend catchers, organizzeremmo un pranzo social, con le nostre famiglie, tutte le domeniche (ridono), ma non è ciò che ci interessa.

Blogger e influencer di successo, la versatilità e la novità sono essenziali. Siete evidentemente riusciti a non chiudervi nella vostra “Gnam box”, come?
Mai essere solo auto referenziali! Introdurre continuamente nuovi temi e spunti per lasciare aperta la box, che pur rimanendo un personale contenitore di cose che amiamo, diventa occasione di scambio continui con l’esterno. Abbiamo passato il primo anno di vita del progetto in totale anonimato, siamo comparsi per la prima volta, con una foto scattata il giorno di San Valentino, nel 2013 e abbiamo subito capito che sarebbe stata la scelta vincente. Mostrare chi stava dietro ai fornelli, chi realmente creava Gnambox, è stata la risposta dovuta a tutti i followers, che erano curiosi di saperlo. – Quanti siete? Esiste una redazione? Dove si trova? Che aspetto ha? – Erano le domande più frequenti di chi ci seguiva; rispondere ha dato al progetto la forma che oggi tutti conoscono. Versatili? Se ora dovessimo descrivere la “Gnambox”, sarebbe un mix con molte sfumature: siamo partiti parlando di food e nel corso del tempo è rimasto il filo conduttore per molti altri contenuti, che abbiamo sviluppato strada facendo. La sezione travel, per esempio, ad ora è la parte più consistente insieme dopo il food.

A chi volesse percorrere le vostre orme e fare della propria passione un lavoro, cosa consigliereste?
Deve innanzi tutto essere una grande passione. È un percorso in cui dover investire tanto impegno e tante energie; nel nostro caso, essere in due è stata una grande risorsa, soprattutto pensando alla costanza necessaria; ovunque non arriva uno, ci può pensare l’altro. Avere una visione chiara di ciò che si vuole comunicare, considerando che la qualità del progetto risiede nel taglio personale che gli viene dato: il proprio potrebbe anche essere l’ennesimo blog food e lifestyle, eppure mantenere la sua unicità proprio perché personale e decisamente soggettivo. Il punto fondamentale diventa la coerenza. Essere coerenti con se stessi o con la linea che ci si impone e nel nostro caso le due cose coincidono. Coerenza, costanza e unicità, sono regole che ci sentiamo di suggerire, soprattutto perché siamo i primi ad osservarle.

Essere influencer comporta avere un’agenda impegnata, com’è cambiata la vostra routine? Quanto di questo è stress e quanto fun?
La “questione influencer” non è mai voluta diventare un lavoro, quanto più, invece, la parte editoriale di Gnambox: pianificare, studiare e produrre contenuti; influenzare le persone è una conseguenza di tutto questo. Non ci svegliamo la mattina pensando – che bella la nostra vita da influencer – (ironizza Stefano, ridendo. ndr); è solamente un passaggio necessario, un’evoluzione. Essere influencer diventa l’espressione del gradimento di chi ti segue, se i tuoi follower apprezzano ciò che fai, ne verranno in qualche modo influenzati. L’agenda? Sì, è sempre impegnata, anche perché non esiste una netta distinzione tra lavoro e vita “quotidiana”, o meglio, la quotidianità è il nostro lavoro. Eventi, appuntamenti, incontri sono uno step fondamentale e per noi molto stimolante, anche se stressante e a volte quasi alienante: ritagliarsi dei momenti in cui essere off-line è fondamentale. L’esempio più evidente è il viaggio: è occasione di comunicazione, quindi di ricerca e produzione (ci mostrano alcune coloratissime istantanee del loro ultimo viaggio in Africa). Se lasciassimo che questa attività prendesse il sopravvento ogni volta che facciamo le valige, non avremmo mai un istante in cui goderci il tempo libero. L’agenda è effettivamente pianificata al contrario! Dobbiamo capire in anticipo quali saranno i momenti on e off-line, quando poter dire a priori – di tutto questo conserveremo “solo” il nostro personalissimo ricordo – . La parte più funny è sicuramente scoprire un’infinità di cose sui luoghi che visitiamo, grazie anche alle connessioni che si creano con gente sempre diversa, che, in qualche modo, entra a far parte del progetto. Tenere sempre gli occhi oltre lo schermo è un mantra che ci aiuta, per non rischiare di pensare che tutto quel che ci accade vi debba per forza passare attraverso.

Partner sul lavoro e anche nella vita privata, come ha influito sul vostro progetto?
In assoluto, anche perché lo ha fatto nascere. Facevamo entrambi lavori creativi, di cui non eravamo pienamente soddisfatti e confrontandoci è nata questa esigenza comune: un progetto da far crescere insieme, in cui crescere insieme. Pensando alle molte coppie che scelgono di non collaborare mai in ambito lavorativo, ci sentiamo fortunati, per esserci trovati concordi e disposti a farlo. Circoscrivere il “racconto” alla nostra vita personale di coppia, ha decisamente aiutato e lo ha reso ancora più coerente. Una complicità che si deve “creare” solo di fronte alle telecamere, non sempre funziona, la nostra, d’altra parte, non ha bisogno di un interruttore, anzi, diamo il meglio e il peggio di noi 24 ore su 24… non potremmo mai rischiare di scadere nella finzione. Vivendo insieme, siamo cresciuti insieme e il progetto con noi!

Belli ai fornelli. raccontateci il Gnambox style
Per noi l’estetica è una parte imprescindibile, che arricchisce Gnambox e lo rende effettivamente nostro, lo specchio più fedele di ciò che siamo, evitando ovviamente di trasformarlo in un mero esercizio di styling. Definire il nostro stile? Non avremmo saputo dargli un nome ben preciso fino a qualche tempo fa, quando sul New York Times abbiamo letto un’ intervista riguardo il “new normal”. Quella normalità che rassicura l’occhio di chi guarda, mai portata all’eccesso, mai estrema, eppure mai noiosa. Una normalità contemporanea e divertente, come per la nostra cucina, con quel twist in più, che la renda interessante e irresistibile.

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TALENTS DU LUXE ET DE LA CRÉATION: A SILVIA STEIN BOCCHESE, IL PREMIO PER L’INNOVAZIONE

È Silvia Stein Bocchese, alla guida del Maglificio Miles, l’imprenditore più innovativo, secondo Talents du Luxe et de la Création. La 18esima edizione della cerimonia di premiazione, che ogni anno assegna un riconoscimento ai migliori creatori e protagonisti del lusso e svoltasi durante la cena di Gala, presso il prestigioso Cercle de l’Union Interalliée sul Faubourg Saint Honoré, ha visto trionfare la manager nella categoria, appunto, dell’Innovazione. A capo del maglificio vicentino dal 1962, Silvia ha lavorato per unire la maestria artigiana alle più sofisticate tecnologie, sperimentando e spingendosi verso le ultime frontiere della maglieria in 3D con il carisma, la passione e l’eleganza che la contraddistinguono da sempre. «Desidero condividere questo premio con la mia famiglia e con i miei figli, con cui formiamo una grande squadra!» ha spiegato l’imprenditrice, «ho avuto la fortuna di lavorare con i più grandi creatori della moda, da cui ho imparato molto e a cui, spero, di aver dimostrato il mio amore per l’innovazione e l’eccellenza». I premi, consegnati dal Centre du Luxe et de la Création, sono la più alta forma di gratificazione per creativi e manager, capaci di distinguersi per il know-how acquisito e per l’eccellenza del proprio lavoro e riguardano la totalità dei settori del lusso: dalla moda al design, dall’orologeria all’alberghiero, senza dimenticare la gioielleria, la ristorazione e molti altri. Ai nove, dei dodici premi consegnati, che riconoscono i più alti valori, come l’audacia, il benessere, l’eleganza, l’armonia, l’innovazione, l’inventiva, l’originalità, la rarità e la seduzione, se ne aggiungono tre: il Management Talent Award, l’Hallmark of the year, per l’avanguardia e il Golden Talent Award. Silvia Stein Bocchese ha dedicato il proprio riconoscimento a Azzedine Alaïa, a cui era legata da quasi 40 anni di collaborazione.

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The Woolmark Company & adidas: the new contest

La lana Merino che diventa un tessuto performante nell’ambito dello sport. Woolmark Performance Challenge è la nuova competizione dedicata allo sviluppo di prodotti innovativi e all’avanguardia, indetta da The Woolmark Company e adidas, due autorità di caratura globale: uno della lana Merino, l’altro leader nello sport. Forse non è di lana che siamo soliti immaginare il leggings da indossare per i nostri momenti fitness, ma quando due aziende di questo calibro lanciano una sfida, siamo certi che il risultato non potrà che sorprenderci.
Invitati a partecipare al contest sono gli studenti universitari provenienti da scuole di moda e design d’Europa e Nord America.
Le iscrizioni rimarranno aperte dal 29 gennaio 2018 al 25 maggio 2018; a giugno 2018 verranno annunciati i finalisti, la proclamazione del vincitore avverrà, invece, durante l’ISPO Munich 2019. Il talentuoso che si aggiudicherà il primo posto firmerà un periodo di stage presso adidas, oltre a ricevere un premio in denaro di €10.000.
L’abbigliamento sportivo è uno dei settori più in rapida ascesa nel mercato tessile globale e la lana Merino australiana è una fibra in grado di offrire benefici in termini di comfort e prestazioni. I suoi vantaggi tecnici, come la resistenza all’odore, la traspirabilità e le capacità di reagire all’umidità mantenendo il corpo asciutto, sono terreno fertile per far nascere nuove tendenze sportive e nuove tecnologie innovative.

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MiMoto finalista di B Heroes

MiMoto, il primo servizio di scooter sharing elettrico nato a Milano ha partecipato al progetto B Heroes, promosso da Fabio Carnavale – presidente della Last Minute Foundation – con Intesa Sanpaolo. Un programma di accelerazione, che punta a rafforzare l’ecosistema delle startup nel nostro Paese. 32 in totale le startup che accederanno alle successive fasi di accelerazione. MiMoto è riuscita a classificarsi tra queste nella categoria “Sharing & Social”. Un traguardo importante per la giovane azienda, che in pochi mesi dalla sua creazione, è riuscita a prendere parte a un progetto così importante per le startup e il loro percorso verso il successo. L’idea, nata da Alessandro Vincenti, Gianluca Iorio e Vittorio Muratore, è quella di unire il rispetto per l’ambiente, il made in Italy e la sicurezza stradale, ponendosi come obiettivo quello di rivoluzionare il concetto di mobilità urbana. L’attività si sviluppa attraverso due fattori principali: il green e lo scooter sharing. Gli scooter scelti da MiMoto sono omologati per due, e sono eco-sostenibili al 100%, grazie all’utilizzo dell’energia elettrica. I mezzi sono easy-to-use, leggeri e facili da guidare per le strade delle grandi aree urbane, abbattendo i tempi di viaggio e con tariffe alla portata di tutti. Inoltre, si possono prenotare e gestire attraverso l’utilizzo di una semplice App, disponibile su App Store e Google Play. I mezzi sono free floating, vale a dire che non hanno vincoli per la restituzione ed è possibile lasciare il mezzo anche lontano dalle stazioni di ricarica. Un progetto che mira a promuovere uno stile di vita sostenibile e vantaggioso, per chi ne usufruisce. Questo scooter sharing aiuta i cittadini negli spostamenti della vita quotidiana e, nel contempo, non contribuisce all’inquinamento. Per questo motivo, MiMoto è in lista per l’European Startup Prize for Mobility, che premia le migliori idee nel campo dei trasporti e la mobilità sostenibile. Il programma darà alle aziende una grande visibilità a livello internazionale e consentirà ai vincitori di incontrare investitori e futuri clienti.

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IED Roma con SINsation rivisita il passato con gli occhi del futuro

Cover_Courtesy of IED

Un ponte fra passato e contemporaneità per dare vita ad abiti non più solo da portare ma fatti per sognare in un percorso creativo che rompe gli schemi della solita passerella per mettere in scena un evento dal sapore sperimentale nato dall’interazione fra fashion styling, arti visive e nuove sonorità. Tutto questo è SINsation, l’happening che IED Roma ovvero la branch romana dell’Istituto Europeo di Design ha messo in scena nella sede di via Alcamo a Roma durante l’ultima fashion week di Altaroma. Un appuntamento suggestivo con un progetto di 24 giovani creativi, gli studenti del terzo anno del corso triennale di fashion stylist and editor artefici di altrettanti outfit maschili e femminili, che hanno collaborato con gli studenti – nuove leve della scuola di arti visive autori di un video proiettato durante l’evento e con i giovani sound designer di IED Roma che hanno composto la colonna sonora dello show. Risultato: una rivisitazione con un’ottica sbarazzina e audace in chiave rock, glamour e street di alcuni costumi e abiti storici provenienti dall’archivio della prestigiosa sartoria teatrale e cinematografica Annamode selezionati da film importanti: da Marie Antoinette a La Danseuse, da Wolfman a Ridicule fino ai costumi dell’opera lirica La sonnambula e tanti altri ancora. “L’idea è quella di smitizzare la formula rituale dell’evento – sfilata promuovendo una autentica interazione fra creativi di varia estrazione perché la moda è un’esperienza totalizzante, il tutto nel segno di una interdisciplinarietà che ci contraddistingue come scuola e vivaio di giovani talenti – spiega Nerina Di Nunzio, direttore IED Roma – SINsation è la crasi fra sin(peccato) e sensation (sensazione, esperienza) ovvero desacralizzazione di abiti mitici appartenenti a un archivio con 70 anni di storia perché qui a IED Roma ci sentiamo un po’ peccatori, trasgressivi, quasi blasfemi”. E così nei saloni della sede di via Alcamo prende vita l’evoluzione di un’icona della storia della moda, Maria Antonietta che si corica regina a Versailles e si risveglia protagonista di una favola dark. Un mix audace fra la sontuosa regalità di sete, broccati e velluti e di taffetas plissettati – un tripudio di corsetti, piccoli panier, cappe preziosamente ricamate e marsine – e dall’altra calze a rete gioiello, marsupi, pratici borsoni, felpe, vernici, jeans semi distroyed e tocchi androgini appartenenti al dress code delle giovani generazioni. “Volevamo valorizzare per una volta la vena creativa e il gusto dei nostri giovani fashion stylist che si sono divertiti a dissacrare Maria Antonietta in chiave gotica partendo da una loro selezione di capi d’archivio di Annamode – ha spiegato Paola Pattacini, art director dell’evento e direttore moda di IED Roma – d’ora in poi dedicheremo all’area di fashion styling il nostro progetto creativo in calendario nell’edizione di Altaroma di gennaio mentre i giovani aspiranti fashion designer saranno protagonisti dell’evento della scuola a luglio”. Finora il corso triennale per fashion stylist and editor di IED Roma è l’unico iter formativo della capitale nel suo settore didattico ad essere riconosciuto dal MIUR. Made in Italy, sostenibilità, innovazione e fatto su misura sono i temi focali di un nuovo percorso formativo proposto da IED Roma, il master in comunicazione e marketing per la moda che partirà a marzo 2018 con frequenza weekend.

Credito Photo Francesco Ormando
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The Paris Club Music Renaissance

La scena della musica disco francese si è attenuata dopo l’era del French Touch negli anni ’90, ma ora, con l’arrivo di una nuova generazione dinamica di DJ e produttori francesi, il revival della cultura dei club parigini è in corso. Riempiendo le piste da ballo, sostituendo la radio, girando il mondo e lanciando cd con case discografiche internazionali, questa nuova guardia di musicisti sta portando un eclettico sound elettronico – una combinazione che sfida i generi tradizionali e che include musica techno, house e hip hop con influenze britanniche e africane – sul più ampio palcoscenico mondiale. Abbiamo incontrato dieci delle figure più influenti sulla scena, per capire di più riguardo al ritorno di Parigi sulla scena della musica contemporanea.
In questa prima parte: NSDOS, Bambounou  e Detente.

NSDOS è una sorta di scienziato pazzo contemporaneo, che crea suoni concettuali, usando registrazioni sul campo che raccoglie durante i suoi viaggi. Intuition, il suo ultimo progetto, è un album in due volumi, inciso nelle lande selvagge dell’Alaska e composto di dati digitali raccolti direttamente dalla natura; Il produttore musicale parigino e DJ Bambounou è un nome influente e assodato nella scena della musica elettronica internazionale, dopo essere emerso nel 2010 e ora suona in giro per il mondo. Il suo successo continua nel 2018 con un nuovo EP, un tour mondiale e un remix lanciato con l’etichetta discografica britannica Young Turks. Il DJ e produttore Detente mixa suoni di ambienti astratti e club hit per creare uno stile frammentario, che spinge i suoi fan a ballare a Parigi e oltre, o attraverso il suo programma radiofonico sulla stazione musicale urbana Rinse France. Co-dirige l’etichetta discografica PermaInk e, attualmente, sta lavorando a un nuovo progetto per l’inizio del 2018.

Parigi è tornata sulla scena musicale? Qual è il tuo ruolo in questa community?
N:
Mi sono sempre battuto con la città di Parigi. Dormo lì, mangio lì e basta. Insieme a un gruppo di persone, ho iniziato a credere di non aspettarmi più nulla da una città come Parigi. Abbiamo creato un “Operating System” chiamato “∞OS”, che è stato fondato a Berlino e poi trasferito a Mosca. Abbiamo deciso di organizzarlo a Parigi. L’idea è di usare tutte le risorse che generiamo – come l’attività fisica, l’arte, l’esplorazione dei sogni e il riciclo dei dati – per trasformarli, usando gli strumenti che abbiamo programmato.
B:Parigi è sempre stata ben piazzata nella scena musicale internazionale, ma è vero che c’è una differenza tra adesso e cinque anni fa, in particolare con la nuova musica elettronica. Sta accadendo una vera e propria emancipazione culturale e artistica che si sta definendo dall’ambizione di questa nuova generazione, di cui sono orgoglioso di fare parte.
D: Ci sono molti artisti che stanno producendo un nuovo sound e vedo l’ambiente allargarsi sempre di più, per togliere le barriere tra nozioni di stile. Personalmente, l’idea di fare qualcosa di nuovo e attuale è importante ed è anche la direzione che sto prendendo con la mia etichetta PermaInk.

Come descriveresti il tuo stile?
N:
Ho un approccio scientifico alla musica, ma si esprime con un senso di urgenza. La poesia comincia con la creazione di un suono nel mio lavoro, visto che uso algoritmi estratti da dati che sono collegati alla natura, all’attività delle reti internet, alla danza e al DNA. Il mio lavoro è molto vicino alla scienza, ma è anche un riflesso spirituale tra l’uomo e le nuove tecnologie.
B: Il mio stile non ha niente a che fare con la musica che produco. Non ci presto molta attenzione. In realtà indosso molte cose che mi sono date, così spesso finisco per indossare strane felpe! Quando mi esibisco ho una sorta di uniforme: metto sempre una t-shirt bianca e pantaloni scuri.
D:Indosso molti capi neri, sportswear e abbigliamento tecnico. In riferimento al mio sound, compenso la musica dance e la musica elettronica sperimentale: Dark Survivalism.

Chi e cosa influenza te e la tua musica?
N:
La natura e gli umani che cercano di capire. Gli artisti che erano pionieri nella ricerca e invisibili in questo mondo.
B: Al momento sono più ispirato da ciò che leggo, mi piace molto Kundera. Altrimenti, sono andato a vedere la retrospettiva di Hockney e ho trovato interessanti i colori.
D: Al momento sto ascoltando molto Jim O’Rourke. In riferimento alle mie influenze, quando sono in fase di produzione cerco di non controllarle o di non pensarci. È qualcosa di inconscio.

I social media sono importanti nel tuo lavoro?
B: No, ma li trovo divertenti. Detto questo, sono consapevole che oggi una carriera in qualunque ambito artistico richieda un’attiva partecipazione sui social media.
D: Molto importanti. Li uso per comunicare le novità e per condividere i miei progetti attuali. Detto questo, creare dei contenuti non-stop diventa velocemente noioso così, di tanto in tanto, mi piace stare un po’ lontano dai radar.

Photographer| Lucie Hugary
Stylist| Nicholas Galletti
Assistant Stylist| Ariane Haas
Hair Stylist| Delphine Goichon @Backstage Agency
Make up Artist| Ludovic Cadeo @Backstage Agency

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