Apre a Milano Manintown Gallery

Nel cuore di Porta Venezia a Milano, in via Felice Casati 21, apre un nuovo spazio in cui convivono amore per la cultura, commercio e condivisione anche social. È MANINTOWN + PROGETTO NOMADE un concept dove la passione per la moda e il design si uniscono alla ricerca di inedite eccellenze e storie da raccontare. Il progetto è nato grazie all’unione di due realtà: da un lato MANINTOWN magazine, che esplora le passioni maschili fondato nel 2014 da Federico Poletti, dall’altro PROGETTO NOMADE, un nuovo contenitore itinerante che si ispira alla passione per l’arte, il design e la collezione di pezzi anni 50 di Christian Pizzinini e Antonio Lodovico Scolari.
Da questa sinergia si è sviluppato un nuovo format espositivo e narrativo curato nel visual design dall’art director e brand strategist Cecilia Melli



MANINTOWN NOMADE GALLERY vuole essere in primis un luogo di incontro, un piccolo salotto nel centro di Milano, dove si daranno appuntamento appassionati di moda, artigianato o design, ma anche addetti ai lavori e insider. Uno spazio dove ogni mese saranno in mostra selezionate eccellenze produttive nel campo della moda, arte e del design. Lo spazio ospiterà creativi italiani e internazionali che potranno esporre le loro produzioni, ma anche avere opportunità di networking grazie a presentazioni, piccoli happening e appuntamenti mirati.
Un piccolo ‘urban living room’ in cui ogni mese sarà affrontato un tema diverso con nuovi protagonisti.
Si parte all’insegna del design con una serie di pezzi selezionati da Nomade Gallery in partnership con TommasoSpinzi, interior designer e consulente specializzato nella decorazione di interni e nella progettazione di arredo. Oltre a essere un collezionista di arredi, automobili e moto italiane Mid-Century, Tommaso progetta anche pezzi in edizione limitata per gallerie e clienti. Per la parte moda – curata da Riccardo Bettoni –  è un brand mix con focus accessori con marchi che puntano sulla ricercaartigianalità e sostenibilità.



Troviamo 3QUARTERS, label di moda sostenibile fondato nel 2015 ad Atene, con particolare attenzione agli accessori riciclati. Ogni borsa è progettata e prodotta separatamente, le combinazioni di colore e materiale sono accuratamente selezionate e tutto viene realizzato a mano. E sempre la sostenibilità è protagonista grazie alle proposte abbigliamento di nuove realtà come Mikolaj Sokolowski e Yekaterina Ivankova, che riusa abiti vintage o materiali di stock cambiandone la forma per realizzare un prodotto di moda eco sostenibile. E non poteva mancare il beauty con le fragranze e linea corpo di PARCO1923, il profumo di una storia antica, fatta di boschi millenari, piante magiche e uniche al mondo. Dopo una lunga ricerca condotta da esperti botanici sulla combinazione olfattiva perfetta tra gli arbusti che crescono nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, nasce un’essenza speciale e una linea bodycare che affondano le radici nella storia di luoghi secolari.



Per gli occhiali due importanti presenze come VAVA, che si ispira al minimalismo e al movimento Bauhaus, guardando ad artisti come Sol Lewitt, Malevich o Josef Albers. E i modelli timeless di The Bespoke Dudes Eyewear, brand fondato da Andrea Viganò e Fabio Attanasio, il pioniere del blogging in temi di sartoria su misura. Per gli amanti dell’artigianalità tutta italiana da non perdere le calzature di CB Made in Italy – marchio fondato da Cecilia Bringheli – che punta su assoluta qualità e un concetto di chic-comfort. E ancora Kinloch con una selezione di foulard, stole avvolgenti, camicie e accessori in morbidi e pregiati tessuti che combina la passione sartoriale e Made in Italy con alta tecnologia per confezionare capi unici, prodotti anche in piccole serie o su misura. E infine tradizione e ricerca sono sinonimi per Alberto Gallinari che firma una sua collezione di gioielli sofisticati; il jewellery designer ha inoltre collaborato con Anita Treccani, esperta in
incisione e decorazione, per alcune suggestive stampe ispirate dalle sue creazioni.


Olio di cade, ingrediente segreto per la bellezza maschile

Generalmente più spessa e con una tendenza mista la pelle dell’uomo da un lato contiene più collagene e mantenendo così fermezza, elasticità e presenta un invecchiamento più tardivo rispetto a quella delle donne. Dall’altro, una volta comparse, le rughe sono spesso più profonde e pronunciate. Inoltre può essere danneggiata dalla rasatura quotidiana.

La una nuova linea de L’Occitane dedicata all’uomo è a base di un ingrediente naturale perfetto per la pelle maschile: l’olio essenziale di cade. Questo prezioso alleato ha proprietà protettive e lenitive, basti pensare che per generazioni, i pastori hanno tramandato il segreto di questo ingrediente, un arbusto selvatico della gariga. Conosciuto anche come ginepro spinoso, l’olio essenziale di cade risulta raro e difficile da estrarre. Il legno viene tagliato da ottobre ad aprile e poi fatto essiccare per almeno due anni per ottenere un prodotto di altissima qualità. Da provare.

Editorial: Fallen angel

Feather coat Helen Yarmak, trousers Sabato Russo, necklace Futuro Remoto



Coat and trousers Sabato Russo, high neck military vest vintage A.N.G.E.L.O., neck brooche vintage A.N.G.E.L.O., ring Futuro Remoto, boots N°21


Total look Yezael by Angelo Cruciani


Suit MTL Matteo Lamandini, shirt and leather hasness vintage A.N.G.E.L.O., hat Stetson, boots Paciotti


Total look Christian Pellizzari, cape vintage Comme Des Garçons from A.N.G.E.L.O.


Total look N°21, earrings vintage A.N.G.E.L.O.


Total look N°21


Total look Giordano Mercante, hat Stetson, necklace and ring Futuro Remoto, pearl necklace vintage A.N.G.E.L.O., shoes Paciotti


Suit Yezael by Angelo Cruciani, pleated mantle vintage A.N.G.E.L.O., rosary and cross Archivio Guerrini, gloves DUECCIGUANTI, boots N°21


Total look Versace


Coat Sabato Russo, long sleeved T-shirt and trousers Skill_Officine, necklace Futuro Remoto, feather stole vintage A.N.G.E.L.O.

Photographer: Davide Carson, @davidecarson
Stylist: Stefano Guerrini, @stefano_guerrini
Stylist’s assistant: Salvatore Pezzella
Groming: Francesco Filomena, @fra.fillo
Model: Andrea Pa. from Esprit Model Management @espritmodelmanagement Video maker: Irene Cacciarini @irene.cacciarini

I dieci anni della Bao Bao Bag, borsa cult anche in versione maschile

Lanciata nel 2010 e diventata un instant classic del brand, la Bao Bao Bag di Issey Miyake taglia il traguardo dei dieci anni come meglio non si potrebbe, continuando a esercitare un fascino trasversale sui consumatori, tanto da poter forse scomodare l’espressione, spesso abusata, di accessorio-icona.

La genesi del modello e, in generale, il profilo del suo autore risultano in realtà piuttosto distanti dalla cultura dell’hypeormai comune nel fashion system. Membro, insieme a Rei KawakuboYohji Yamamoto e Hanae Mori, di quel manipolo di creativi giapponesi affermatisi sulla scena della moda parigina a cavallo degli anni ’70 e ’80, grazie a un approccio cerebrale e incline al decostruttivismo (in antitesi al glamour sfavillante tipico degli eighties), Issey Miyake è infatti uno stilista sui generis, fautore di una visione sincretica nella quale coesistono progettazione, décor, tecnologia e sperimentazione materica.

Intenzionato a stravolgere silhouette, volumi, texture e, di conseguenza, il rapporto fino ad allora univoco tra le forme del corpo e quelle degli indumenti, il designer ha fatto della plissettatura un marchio di fabbrica, perfezionandola in modo da rendere ingualcibili i tessuti e realizzando abiti adatti ad ogni fisicità, maschile o femminile. Tra le sue numerose innovazioni si ricorda A-POC, acronimo di A piece of Cloth, un processo unico per ricavare capi d’abbigliamento finiti da un singolo filato.

Un simile connubio di ricerca, funzionalità e pragmatismo non poteva non riversarsi sugli accessori della griffe, a cominciare appunto dalla Bao Bao: nel 2000, lasciandosi ispirare dal Guggenheim Museum Bilbao dell’archistar Frank Gehry, un turbinio di linee curve e ritorte perfettamente scolpite, Miyake realizza una borsa in PVC dalla struttura modulare, nella quale tutto ruota intorno al triangolo, inscritto in un reticolo e moltiplicato sull’intero rivestimento esterno; questa ripetizione della figura geometrica conferisce un aspetto pressoché tridimensionale alle superfici, ulteriormente accentuato dai riflessi delle stesse quando esposte alla luce. Leggerezza e flessibilità del materiale, inoltre, permettono alle forme di modificarsi, adeguandosi alla posizione verticale o orizzontale dell’accessorio come al contenuto dell’interno; tutte caratteristiche racchiuse icasticamente nel concetto shapes made by chance”, coniato dallo stesso stilista.

Il successo è tale che, dieci anni dopo, Bao Bao diventa una collezione a sé, declinata di volta in volta in borse a spalla, shopper, cabas, clutch, perfino portafogli o trousse. Di lì a breve l’offerta viene estesa alla clientela maschile, che può tuttora scegliere tra versioni a mano o con tracolla, capienti e strutturate – è il caso di tote bag, cartelle e sacche – oppure dalle misure più contenute, tipiche di zaini, messenger, marsupi e buste. La palette cromatica è in linea con l’ampio assortimento di formati: si va dai basilari bianco e nero alle sfumature accese di giallo, turchese o paprika, passando per grigi, blu e verdi dall’effetto satinato.

Il rigore geometrico del modello, esaltato da giochi di luce ed effetti ottici, conquista rapidamente art director, stylist, grafici e altri insider dell’industria creativa. A confermare come la borsa sia ormai considerata un oggetto di design piuttosto che un “semplice” accessorio griffato è poi l’elenco dei rivenditori, dove, oltre a note boutique ed e-tailer come FarfetchSsense e Bloomingdale’s, spiccano gli store di due fra i più rilevanti musei in attività, LACMA e MoMa
Del valore non meramente estetico del proprio lavoro sembrava d’altra parte consapevole lo stesso Miyake, quando dichiarò di pensare alle sue creazioni come «strumenti al servizio della creatività di chi li indossa»; una definizione oltremodo appropriata anche per la Bao Bao Bag.

Come sostituire lo zucchero con dolcificanti naturali

Lo zucchero è il must dei dolcificanti per caffè, latte e the oltre che per essere aggiunto per dolci di ogni tipo.  Sostituirlo quando ormai se ne è dipendenti per alcuni diventa davvero difficile, ma sappiate che ne va della vostra salute, lo zucchero bianco raffinato non è di certo salutare.

Le alternative per dolcificare e preparare dolci sono diverse e anche naturali, basta solo farci l’abitudine e poi non potrete più farne a meno e rinnegherete lo zucchero bianco per sempre.

Ecco i 6 dolcificanti naturali per sostituire lo zucchero raffinato.

6 dolcificanti naturali

1. Zucchero di canna

Sicuramente il più conosciuto, è presente in due varianti quello grezzo più scuro e quello chiaro. Preferite per una maggior naturalezza quello integrale.

2. Zucchero di cocco

Non molto conosciuto e presente nei nostri supermercati, viene realizzato dalla linfa di cocco che viene estratta, bollita e cristallizzata. Due caratteristiche ottime che lo rendono un ottimo sostituto dello zucchero bianco sono:

  • non sa di cocco
  • non comporta un innalzamento dell’indice glicemico.

3. Stevia

La stevia una pianta di origine sudamericana con un potere molto alto di dolcificazione sino a 300 volte di più dello zucchero raffinato bianco. Un vantaggio non indifferente della stevia è che non ha calorie per questo viene utilizzata in molti preparati come sostituti del pasto, barrette proteiche o nelle diete ipocaloriche.

4. Miele

Il miele è un ottimo dolcificante naturale, prodotto dalle api come sappiamo e anche un alimento energetico naturale. Consigliato a ottimo a chi fa attività fisica e per i bambini in fase di sviluppo. Le varietà in commercio sono numerose, attenzione a quando lo acquistate preferite sempre quello direttamente dagli apicoltori per avere un prodotto davvero naturale e 100% miele senza aggiunte strane, spesso neanche dichiarate in etichetta.

Potete sceglie fra quello di acacia, millefiori, tiglio, corbezzolo, agli agrumi e via dicendo. Badate bene che quello di castagno è molto amaro.

5. Fruttosio

Il Fruttosio è un dolcificante naturale che troviamo nella frutta dolcifica il 20 % in più rispetto allo zucchero bianco. Quindi se siete abituati a usare 100 grammi di quello bianco nei dolci, di fruttosio ne bastano 80.

6. Sciroppo d’acero

Utilizzato per dolcificare i pancake e anche ricco di ferro vitamine e saccarosio. Il suo sapore delicato ricorda il miele. Unito a un bicchiere di acqua e limone a digiuno aiuta a depurare l’organismo.

Surf: 2 surfisti uomini più famosi al mondo

Il mondo del surf è bellissimo mare e sole per chi lo vede da fuori e tanta adrenalina nel cavalcare onde che solo a vederle possono fare paura a un comune mortale.

Alcuni surfisti hanno dedicato tutta la loro vita a questo sport e sono riusciti a malapena a raggiungere una posizione considerevole in termini di competizione, mentre alcuni di loro riescono ad essere tra i migliori surfisti del mondo.

In ogni generazione, c’è un surfista professionista il cui nome si può riconoscere, anche se si è appena entrati nel mondo del surf.

Vuoi saperne di più sui migliori surfisti del mondo? Ecco la lista dei maggiori surfisti al mondo

I 2 surfisti uomini più famosi

Le pubblicazioni sportive e i siti ufficiali della Surf League ogni anno pubblicano la classifica dei surfisti più bravi al mondo e le loro storie fra queste vi segnaliamo i due più famosi che sono:

Robert Kelly Slater

Iniziamo con uno degli “idoli del surf”: Robert Kelly Slater. Forse lo riconosci semplicemente con il suo cognome (Slater) o con il soprannome di “Slats”, è il surfista che ha vinto più campionati del mondo.

È nato negli Stati Uniti ed è una delle leggende più emblematiche del surf.  Slater ha vinto il campionato del mondo più di 11 volte, conquistando il posto di CAMPIONE ASP consecutivamente fino a 5 volte negli anni ’90. Inoltre, ha vinto 6 titoli della Eastern Surfing Association e 4 titoli nazionali negli Stati Uniti prima di qualificarsi come surfista professionista.

Gabriel Medina

Gabriele Medina è una sorpresa per la nuova generazione di professionisti del surf. Come molti dei surfisti più importanti, ha iniziato la sua pratica all’età di 9 anni e a 11 anni ha vinto il suo primo titolo nazionale brasiliano. Ora è il campione del Volom U-14, Quiksilver King of Groms, Rip Curl Grom Search e il tre volte campione Paulista.

Nel 2011 è entrato in quella che chiamano l’elite del world surf (ASP World Tour) nel 2011 a soli 17 anni.

Questo surfista professionista è stato campione del mondo nel 2014 eliminando rapidamente i suoi concorrenti e nel 2018 ripetendo l’impresa con le manovre di surf più rare e difficili come il back flip.

Gabriel Medina è anche il surfista che ha guidato la classifica mondiale per il periodo più lungo nella storia del surf, oltre ad essere stato il primo brasiliano a vincere la tappa nella Gold Coast in Australia.

Vacanze in Italia: 7 mete per viaggiare nel Bel Paese

L’Italia è il bel paese per eccellenza in ogni sua parte vi sono luoghi di straordinaria bellezza e ricchi di luoghi storici e artistici che una volta nella vita si devono vedere e perché no fotografare per un ricordo.

Qui vi proponiamo 7 mete per le vacanze in Italia che secondo noi sono quelle da non perdere assolutamente.

7 mete di vacanze in Italia

1. Costiera Amalfitana

Il primo posto che vi consigliamo e la Costiera Amalfitana, una delle perle della Campania, poco estesa ma con dei bellissimi paesi. Ricca di bellezze naturali ed enogastronomiche come: Amalfi, Atrani, Cetara, Maiori, Ravello, tutti collegati dalla SS 163, considerata una delle più belle strade dell’Italia.

2. Cinque Terre

 La zona delle Cinque Terre è una tra le mete più belle della Liguria. Comprende i comuni di Monterosso al Mare, Vernazza, Corniglia, Manarola, Riomaggiore, inseriti nella lista delle località Patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

3. Strada del Chianti

È la Strada del Chianti, anche chiamata Chiantigiana, che unisce Firenze e Siena. Si snoda fra diversi paesi tra cui Greve in Chianti, Radda in Chianti, Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti fino ad arrivare a Siena tra cantine vitivinicole, produttori di pecorino e luoghi dove il tempo sembra essersi fermato. Dove bere un buon bicchiere di Chianti e mangiare una fiorentina di certo non può mancare.

4. Viterbo e dintorni

In Lazio potete passare dal Lago di Vico a Viterbo con le sue strutture risalenti al periodo papale senza dimenticare Bomarzo ed il suo Parco dei Mostri. Ma anche Soriano nel Cimino, Tuscania e le sue Necropoli etrusche e Tarquinia, antica città etrusca che si affaccia sia sulla Maremma laziale che sul mar Tirreno.

5. Calabria

Fra le 7 mete del paese in cui fare le vacanze in Italia di certo non può mancare la Calabria e in particolare la bellissima Tropea, affacciata sul mare con un mare limpido e gente cordiale. Vi sembrerà di essere a casa vostra. Inoltre anche qui le prelibatezze culinarie delizieranno il vostro palato, soprattutto per chi ama il piccante.

6. Puglia

In Puglia senz’altro il Salento è fra le meraviglie che un turista vuole vedere, mare cristallino e tantissimi luoghi da visitare come le masserie, storia italiana antica che oggigiorno viene rivalutata. Non dimenticate anche di andare a vedere Alberobello con le sue caratteristiche case in tufu.

7. Emilia Romagna

L’Emilia Romagna è un’altra regione d’Italia da visitare in lungo e in largo, se amate il mare senz’altro non possiamo che consigliarvi di andare sulla Riviera Romagnola dove avete imbarazzo della scelta fra Rimini, Riccione, Cattolica o Ravenna. Le attrattive non mancano neanche per il divertimento di grandi e piccini. Inoltre qui in riviera romagnola la tradizione culinaria vi degusterà con prelibatezze che non dimenticherete. Anzi ricordate di assaggiare la piadina romagnola in ogni sua variante non ve ne pentierete.

Monopattini elettrici: le regole di sicurezza da osservare

Da marzo 2020 sono entrate in vigore le nuove norme per il movimento dei monopattini elettrici. Mezzo di trasporto sempre più apprezzato da chi lavora vicino casa e da chi vuole fare semplicemente un giro all’aria aperta, ma non ha molta voglia di camminare e fare diciamo “fatica”.

L’uso dei monopattini elettrici prevede che vengano portati con sicurezza, sia per sé stessi che per chi si incontra lungo il tragitto. Questo per evitare sgradevoli incidenti.

Vediamo quindi le nuove regole di sicurezza da osservare.

Regole di sicurezza da osservare nell’uso dei monopattini elettrici

  1. Possono andare su strada solo i monopattini “a propulsione esclusivamente elettrici”, fino a un massimo di 500 watt e senza posti a sedere. I monopattini elettrici con potenza superiore non possono per nessun motivo circolare su strade a traffico normale.
  • Possono essere portati sola chi ha superato i 14 anni, ma senza alcuna patente.
  • Non possono essere guidati sui marciapiedi.
  • Il casco è obbligatorio per i minorenni. Possono essere guidati da 30 minuti dopo il tramonto a 30 minuti prima dell’alba, in caso di scarsa visibilità i conducenti devono indossare il giubbino e le bretelle catarifrangenti, i monopattini devono avere luci a posteriori e anteriori. In caso di marcia devono procedere su unica fila “dove sono richieste dalle condizioni di circolazione”.
  • Non si può circolare coi monopattini elettrici a due a due, ovvero uno al fianco dell’altro.
  • Chi li porta deve avere le braccia libere e con le mani sulla parte destra e sinistra del manubrio, solo nei casi in cui bisogna svoltare.
  • Non si possono portare sui monopattini altre persone, oggetti o animali, trainare o essere trianti da altri veicoli.
  • Non è previsto obbligo dell’assicurazione ma ciò non esclude la responsabilità civile da parte del conducente. Il conducente risponderà in prima persona in caso di danno a cose o persone (in caso di minorenni ne risponderà chi ha la patria potestà). In caso di locazione dei monopattini, regolamentati della giunta comunale, vi è l’obbligo di copertura assicurativa.
  • Le multe sono di 100 € per circolazione di monopattini con caratteristiche diverse da quelle richieste (maggiore potenza, dotato di portapacchi, condotto da due o più persone etc). La multa è di 50 € in caso ci si faccia trainare o si viaggi uno fianco all’altro.

Infine fra le regole più portanti ricordate quanto segue sulle zone dove possono circolare i monopattini elettrici:

  • aree pedonali ma non devono superare i 6 km/h di velocità
  • sulle strade urbane con limite di velocità fino a 50 km/h, ma non devono superare i 25 km/h
  • sulle strade extraurbane su pista ciclabile e non devono superare i 25 km/h
  • se la strada non ha la pista ciclabile non possono circolare
  • su tutte le strade urbane ed extraurbane non devono superare i 25 km/h.

Il dandy bohémien: Robert Cavalli

Le sue movenze sono feline, il timbro di voce risoluto. D’altronde non potevamo aspettarci altro dal figlio di Roberto ed Eva Cavalli. Ho osservato a lungo le stories su instagram di Robert Cavalli prima di scrivere l’incipit dell’intervista che ha rilasciato a noi di Man In Town. E riflettendo mi sono reso conto che come pochi altri protagonisti della moda contemporanea egli celebra le sue radici. La sua amata Firenze: la culla del Rinascimento senz’altro, ma anche la pioniera della scena underground del clubbing italiano. Questo DNA perdura non soltanto nei suoi abiti, ma anche nel suo appartamento pieno di animali e squisitamente barocco. I suoi devoti follower, che ama chiamare ‘lovers’, sicuramente apprezzano la sua positività e spiritualità. E anche noi.



Cucina preferita?

La cucina fatta con creatività, in questo periodo ho avuto modo di sperimentare con semplicità dei piatti caserecci. Tante spezie, tanti odori per rendere ogni piatto appetibile e unico.

La cucina italiana, la nostra cucina, cosi completa, piena di storia dalla tavola fino al momento in cui ci si ritrova per gustare tutti insieme con gioia i miei pasti meravigliosi.

Se non fossi stato un designer cosa avresti fatto come lavoro?

Non mi definirei designer, sono uno spirito creativo, ho una sensibilità molto forte, tante volte mi perdo nelle mie creazioni, ho la fortuna di avere qualcuno che riesce subito a prendere l’idea e renderla tangibile. Magari mi esprimo prima attraverso un oggetto, che si trasforma in una melodia fino ad arrivare ad un ricamo nelle mie vestaglie Triple RRR. Non mi limiterò alla moda, specialmente ora che è momento di innovazione e visioni nuove.

Album o canzone preferiti?

Ascolto musica particolare, sono un amante delle frequenze, il mio genere si definisce Berlin school ambient, un genere di musica elettronica nata a Berlino negli anni 70’ che consiste in elementi di ambient music combinata di ripetitive e corte frequenze di note, tante volte psicodeliche creando cosí un ritmo di musica molto spirituale per me. Una vera e propria esperienza musicale.

Film, attore e attrice preferiti?

La storia di Frida Kahlo è il mio film preferito in assoluto, l’interpretazione di Salma Hayak mi fa sognare, una storia piena di colori in tutti sensi. Una donna che ha saputo, nella sofferenza della sua vita, creare tanta arte di una potenza assoluta, per le nostre generazioni da ammirare e darci tante emozioni. A suo tempo il film con una interpretazione artistica da premio Oscar.



Descrivi la tua giornata ideale.

Quello che era prima la mia routine non è quella che è oggi o perlomeno quello che sarà domani, ho trovato una espressione di vita nuova, sono più felice, ho avuto modo di vedere il mio day to day life da un’altra prospettiva fino a trovare un po’ la mia chiave per affrontare il mio futuro con una armonia nuova, piena di sorrisi, obiettivi e tanta creatività. Sono cambiate le mie usanze. Dall’apprezzare le piccole cose che sono quelle che mi danno veramente il sorriso sul viso, e l’amore per la vita.

Inizio ad avere cura di me attraverso lo sport, la meditazione e da lí nasce l’ispirazione più pura. Da lí sto portando fuori il mio nuovo concetto di immagination station, una stazione creativa nata dalla mia vita in quarantena, tra i miei animali, amori e voglia di vivere.

Quali sono le tue piú grandi ispirazioni?

Viaggiare tanto, le culture che conosci nei viaggi e le meravigliose persone che riflettono le loro usanze a loro modo. Sono affasciato da Israele, forse il paese che mi ha lasciato più un segno dentro. Gli animali mi ispirano, può essere un cliché dato chi sono, ma niente mi emoziona di più che andare ad osservare la vita animale nel loro habitat naturale. Vedere tanti Leopardi, e vedere come ognuno di loro ha le sue piccole differenze di colorazioni, grandezza dei patch, vorrei fare ogni stampa leopardata diversa dall’altra… come se ogni pezzo avesse la sua unicità come nella vita. 

Le più grandi sfide che hai affrontato nella tua vita?

La vita è tutta una sfida se tu vuoi affrontarla con questo spirito: io vivo di missioni… da completare, rinnovare, per passare cosí alla sfida successiva con il sorriso.

Piú che sfide ho tante responsabilità che sono i miei traguardi, dall’amore che do alla mia famiglia, agli amici, i miei tanti animali e cosa voglio dare per aiutare a rendere questo mondo migliore per le persone che incontrerò nel mio percorso.



Covid-19 a parte, sogni (e soprattutto speranze per il futuro)?

Spero che il Covid, assieme purtroppo alla sua drammaticità, abbia portato anche  una maggiore consapevolezza di ciò che siamo e abbiamo. 

Ci insegnerà a non dare le cose per scontate: spero in un cambiamento, dobbiamo imparare a voler bene al prossimo e alla nostra terra. Augurandomi di poterla vivere presto in tutta la sua bellezza senza mancarle mai più di rispetto.

Il cinema e Netflix celebrano l’identità gay

Riflettori puntati sul cinema rainbow, come si addice ai veri cinefili nel mese del Gay Pride. Mentre in un Parlamento rissoso da far west si discute il primo disegno di legge contro l’omofobia proposto dall’ottimo senatore del PD Alessandro Zan e il giornalista de ‘L’Espresso’ Simone Alliva pubblica la sua meritoria inchiesta ‘Caccia all’omo’ trasformata in libro sugli episodi italiani di omofobia di cui chissà perché non si parla mai, su miocinema.it, la piattaforma di cinema in streaming ideata da Luckyred e guidata dal suo illustre fondatore Andrea Occhipinti, approda una rassegna molto suggestiva che chi scrive consiglia a tutti i lettori: ‘Pride’.


Moonlight

Si tratta di un ‘rivediamoli’ abilissimo, orchestrato ad arte per vedere o rivedere classici a tematica LGBT che non hanno mancato di emozionarci in passato: da ‘La vie d’Adèle’ a ‘I segreti di Brockeback Mountain’, da ‘Pride’ a ‘Stonewall’, da ‘i ragazzi stanno bene’ a ‘Carol’, da Tomboy a Weekend, da ‘Eisenstein in Messico’ a ‘Milk’, e molti altri bellissimi titoli. “Ho sempre scelto i film che distribuisco da anni con la ‘Luckyred’ in base alla reazione emotiva che suscitano in me”, ha dichiarato Andrea Occhipinti che ha prodotto anche il bellissimo film su Stefano Cucchi ‘Sulla mia pelle’, un atto di denuncia contro la barbarie liberticida della polizia. E aggiunge: “Ho scelto di organizzare questa rassegna non solo perché sono openly gay da molti anni ormai, ma anche perché sono film che appassionano tutti secondo me, non solo il pubblico queer perché parlano il linguaggio universale del cinema”.



E Vladimir Luxuria, intervistata sulla rassegna di Miocinema ha dichiarato: ”il gay pride storicamente nasce dai moti di Stonewall a New York nel 1969 in cui per la prima volta un gruppo di trans del Greenwich Village ebbero la meglio sulla polizia omofoba, oggi siamo di nuovo in un periodo oscurantista in cui i diritti faticosamente conquistati dai gay in tutto il mondo sono in pericolo a causa del sovranismo più becero, siamo di fronte a un regresso: in Egitto per esempio Sarah Hijazi si è tolta la vita a 30 anni perché è stata umiliata e seviziata nelle prigioni del suo paese solo per aver sbandierato il vessillo arcobaleno in un concerto. Ebbene questo ci dà la percezione di quanto sta accadendo: dedichiamo a Sarah questa bella rassegna di cinema alto e di spessore che mette le ali alla nostra immaginazione e benedice la tolleranza e l’umanità”. Appuntamento quindi su miocinema anche con ‘Matthias e Maxime’ il nuovo film di Xavier Dolan, già enfant prodige del cinema francese e già testimonial di Louis Vuitton. Nel suo ultimo film presentato a Cannes, il regista di ‘Mommy’, ‘Tom à la ferme’ e ‘J’ai tué ma mère’, torna ad approfondire i temi a lui più cari: la famiglia, la ricerca della propria identità sessuale e le relazioni fra generazioni diverse.

Nella gallery: foto 1 e 2 serie tv Sex Education, foto 3 e 4 due pezzi della capsule collection di JW Anderson

Intanto mentre l’osannato stilista agender JW Anderson rinverdisce i fasti del mito erotico gay di Tom of Finland, simbolo della ‘clone generation’ anni ’70, e Versace, Diesel, Etro, Eastpak, Asos, Philosophy di Lorenzo Serafini e altri top brands del lusso dedicano originali e ghiotte capsule collection al Pride Month e alle sue festose celebrazioni seppur virtuali in tutto il mondo, confermando l’impegno costante del pianeta fashion a favore dell’inclusione e di tutte le diversità, anche Netflix fa la sua parte. La più grande e prestigiosa piattaforma mondiale di streaming online, che con le sue produzioni esclusive diffuse in 190 paesi del mondo ha allietato la nostra difficile quarantena, propone un ampio e succulento ventaglio di opzioni per gli estimatori del cinema a sfondo LGBT: Sex Education (acuto, garbato ed esilarante, una vera chicca), Special (unica stagione finora ma aspettiamo il sequel), Elite, La casa de Papel (acclamatissimo e monumentale, un vero gioiello), Toyboy, Sense8, Dynasty (un’apoteosi del glamour anni ’80 da vedere anche per i bellissimi abiti di scena firmati Gucci, Balmain, Dolce&Gabbana, Tom Ford e Versace), Hollywood e molte altre bellissime serie televisive.


In particolare ci soffermiamo su Elite: una serie tv da cardiopalma in tre stagioni che racconta il dramma dell’esclusione sociale e gli intrighi sentimentali in una scuola privata riservata ai rampolli della ‘elite’ spagnola di oggi. La lotta di classe e le liaison a sfondo omoerotico si intrecciano inestricabilmente in una raffica di colpi di scena, assolutamente da non perdere, incentrati sull’ambiguità del bel Polo, figlio di una coppia lesbo. Gli attori, giovani ma di grande talento, Jaime Lorente, Miguel Herràn, e la bellissima Marìa Pedraza, sono in parte gli stessi che spiccano anche in altre serie Netflix di enorme successo come ‘La casa de papel’ un autentico capolavoro di suspence e di fiction interpretato fra gli altri da Alvaro Morte (il professore), Itziar Ituno, Miguél Herràn, Rodrigo De la Serna (formidabile nel ruolo del rapinatore gay Palermo) e Ursula Còrberò (Tokyo) che sembra una Lara Croft rediviva.

Affronta in parte la tematica rainbow anche ‘Toyboy’ un thriller in 4 stagioni che rivela le trame oscure della upper class spagnola contro uno stripper professionista, l’aitante Hugo (Jesùs Mosquera), colpevole di essersi invaghito di una avvenente miliardaria arida e senza scrupoli, Macarena Medìn (Cristina Castano). Nel plot si dipana la love story del figlio di Macarena, il fragile Andrea dall’anima dark (Juanjo Almeida) e il bellissimo Jairo (Carlo Costanzia), spogliarellista latino muto e sensibile.

Notevole anche Hollywood, la serie prodotta e ideata da Ian Brennan e da Ryan Murphy (lo ricordiamo per Glee e Nip/Tuck che abbiamo amato molto) in cui campeggia una versione altamente idealizzata del giovane Rock Hudson, umiliato dal suo manager che si aggira fra i leggendari party queer di Cole Porter e George Cukor che attiravano una ridda di disponibili giovanotti. La serie ambientata negli anni ’50 racconta l’odissea sociale e sentimentale di un gruppo di aspiranti attori, registi, sceneggiatori alle prese con i pregiudizi della mecca del cinema a stelle e strisce in cui imperava all’epoca il Codice Hays. E così i protagonisti, tutti bravissimi, da Darren Criss a David Corenswet, da Patti LuPone a Jake Picking (nel ruolo del giovane Rock Hudson), si dibattono in un mondo dominato dai tabù sul genere e il colore della pelle, alla ricerca di un avvenire concreto che superi le barriere sessuali e razziali. Una serie attualissima nell’epoca dei tumulti per l’assassinio di George Floyd in America. Buona visione.

Instagram: @enricomariaa

Le migliori boat shoes per la bella stagione, aspettando le regate dell’America’s Cup

Con l’aumento delle temperature e le vacanze imminenti – o almeno si spera – la scelta delle calzature con cui completare i look stagionali non può non adeguarsi. Le boat shoes, o desk shoes che dir si voglia, rappresentano un buon compromesso tra l’informalità di espadrillas, trainers, sandali & Co. e l’eleganza inappuntabile dei mocassini penny loafer.

Fatta eccezione per la parentesi di popolarità degli anni ’80, queste scarpe sono state a lungo una prerogativa degli irriducibili dello stile preppy caro all’upper class americana, scelte per completare outfit a base di camicie dal collo button-down, pullover collegiali e chinos; eppure di recente il menswear è tornato ad interessarsi alle boat shoes, e in questo senso va segnalato, innanzitutto, lo zampino di una protagonista assoluta del settore come Miuccia Prada, abituata a recuperare stilemi di epoche passate per trasformarli in feticci à la page del presente, opportunamente rivisti e corretti: la stilista, nel 2018, ha mandato in passerella una versione color blocking dai pannelli in colori brillanti quali rosa, rosso, verde e azzurro, con tanto di calzettoni in spugna.


Backstage at Prada Men’s Spring 2019

È quindi venuto il turno di Virgil Abloh, che nella pre-collezione Louis Vuitton uomo p/e 2020 ha rivisitato le scarpe da barca, tingendole di nero o, in alternativa, di tonalità sature (ciano, cremisi, giallo citrino), dilatandone la silhouette con l’innesto di una spessa suola carrarmato, aggiungendo inoltre occhielli logati e impunture a contrasto; nelle immagini del lookbook spuntavano sotto pantaloni con la piega affilati e altri dalla vestibilità morbida, abbinati a loro volta a blazer check o capospalla voluminosi, a conferma di come questa calzatura possa rivelarsi insospettabilmente versatile. 


Louis Vuitton Pre-collezione P/E 2020 lookbook

Non va dimenticato neppure che, lo scorso aprile, sarebbero dovute svolgersi le prime regate di qualificazione all’America’s Cup 2021, poi rimandate per la pandemia; resta tuttavia intatto l’appeal della competizione sportiva più antica al mondo, nonché del suo corollario estetico di giacche a vento, gilet, pantaloncini tecnici e, appunto, boat shoes.

In fondo, parliamo di accessori collegati al mondo nautico fin dalle origini, risalenti alla metà dei 30’s, quando Paul Sperry, marinaio e fondatore del marchio omonimo, prese spunto dalle zampe del suo cane – che poteva muoversi sul ghiaccio senza problemi – e incise delle scanalature sulla suola, così da aumentarne l’attrito sulle superfici scivolose. Di lì a breve si sarebbero precisate le altre peculiarità, dal fondo in gomma antiscivolo alle stringhe che bordano la tomaia per avvolgere al meglio il piede, al cuoio degli stessi lacci. Sarà in seguito John F. Kennedy, nume tutelare del suddetto preppy style d’oltreoceano, a fare della scarpa un must sfoggiandola spesso e volentieri, sullo yacht al largo del New England come nel buen retiro di Martha’s Vineyard.



Tornando ai nostri giorni, si contano diverse riletture del modello, ad opera tanto di aziende specializzate nel footwear quanto di blasonate maison di lusso, a cominciare da quelle sopracitate: la Summerland di Louis Vuitton è caratterizzata dall’alternanza di vitello liscio e pelle Épi zigrinata, con lacci a tono in tessuto; Prada sceglie invece la lucentezza del pellame nero spazzolato, rafforzata dalle impunture bianche e dal tocco scarlatto ad altezza linguetta.

Per I fashionisti più audaci i mocassini Christian Louboutin sono l’opzione ideale, grazie al mix di materiali scuri -nappa e scamosciato – profilati di borchie metalliche, oltre alla firma grafica del designer, l’imprescindibile suola rossa. Di segno opposto la proposta targata Loewe, boat shoes essenziali in pelle kaki, nobilitate da lavorazioni a regola d’arte, evidenti negli intrecci a mo’ di nappina sui lacci o nelle cuciture a rilievo.

Va menzionato senz’altro uno specialista della categoria come Sebago, che per la stagione attuale rinnova le sue scarpe da barca più rappresentative collaborando con due istituzioni del casual, Baracuta e Roy Roger’s: dal primo co-branding ha origine la Portland Baracuta in suede, disponibile in tre diverse combinazioni di nuance rosse, verdi e blu, omaggio al Fraser Tartan utilizzato dal brand inglese per le fodere delle giacche; dal secondo la Portland Roy Roger’s, con tomaia sulla quale si sovrappongono nabuk dall’aspetto vissuto e tessuto denim, paradigmatico dei jeans; comuni ad entrambe sono il sistema di allacciatura a 360 gradi e la suola striata, a prova di scivolo. 



Altro nome cult per le calzature navy è Quoddy, che offre un modello senza fronzoli interamente in pelle color tabacco. Anche le boat shoes Polo Ralph Lauren e Lacoste si distinguono per la pulizia di linee e particolari: se il primo marchio sottolinea il contrasto cromatico tra camoscio indaco della parte superiore e marrone della para, il secondo preferisce la tradizionale accoppiata bianco-blu, arricchita da inserti in gomma alle estremità e dal logo del coccodrillo, impresso sul fianco.

La scarpa da barca per antonomasia rimane però la Authentic Original 2-Eye Classic di Sperry: si tratta, nomen omen, di un’iterazione di quella originaria, con due occhielli, tomaia testa di moro e stringhe in una gradazione più chiara di marrone; semplice ma d’effetto, oggi come negli anni ’30.

Jw Anderson dedica una capsule collection al Re dell’omoerotica Tom Of Finland.

In occasione del Pride Month, il creatore e fashion designer Jonathan Anderson lancia una nuova capsule collection in edizione limitata, ispirata ai disegni iconici di Tom of Finland, noto illustratore e disegnatore di di arte omoerotica in cui raffigura uomini muscolosi archetipi della mascolinità così come veniva vista dalla comunità omosessuale a fine XX secolo. 

La capsule collection comprende una tote bag in feltro con manici in pelle e una visiera in neoprene stampato, entrambi caratterizzati un disegno del 1958 della serie “The Saddle Thief” una delle opere meno conosciute dell’artista Finlandese ma che hanno catturato l’attenzione del designer che ha affermato “Colleziono molti tipi di arte, ma i disegni sono sempre stati una passione”, in merito alla sua ispirazione. “E come omosessuale e designer, Tom of Finland mi ha sempre affascinato. Prendere i suoi disegni ed utilizzarli nella mia collezione è un po’ un sogno diventato realtà.”


Durk Dehner amico di Tom ed attuale presidente della Fondazione Tom Of Finland afferma che che “Mi fa molto piacere vedere designer di talento che utilizzano il lavoro di Tom, specialmente in un’espressione così amorevole e vivace. Tom ha sempre desiderato che ciò che faceva fosse edificante e che lavorasse in maniera innovativa. Con Jonathan Anderson, lo spirito dell’artista è portato avanti con gioia “.

Anche l’iconico portachiavi Penis di JW Anderson si trasforma con pelle di vitello nera e borchie degne di un viaggio a Folsom.

La collezione dedicata a Tom of Finland è disponibile dal 22 giugno su JWAnderson.com e presso il flagship JW Anderson di Soho a Londra. 

Photos courtesy of JW ANDERSON

L’installazione di Angelo Cruciani a Piazza Duomo chiude il Pride 2020

Un immenso cuore bianco formato da tantissimi altri cuori: questa l’installazione di Angelo Cruciani, designer del brand Yezael, che è apparsa a Piazza Duomo a Milano la mattina di domenica 21 giugno. “Come pagine bianche di una storia da riscrivere tutti insieme, questo cuore rappresenta la speranza verso un mondo pronto a regole eque e concepite sulla fratellanza che lega ogni essere umano” spiega l’artista.



Duemila cuori fatti di cartoni riciclati e riciclabili che rappresentano un veicolo, un mezzo per esprimere sogni e desideri sul futuro della nostra società. Un’iniziativa realizzata in seguito alle riprese dell’evento finale del Digital Milano Pride il 27 Giugno in esclusiva live su YOUTUBE e autorizzata dal comune di Milano seguendo le norme del distanziamento sociale. 



La manifestazione esorta al cambiamento e vuole essere speranza dopo un periodo difficile come quello della pandemia globale. “Ho pensato ai cuori bianchi ispirato dalla fragilità che stiamo vivendo globalmente, abbiamo bisogno di evolvere e trasformare le priorità per cambiare abitudini. Dobbiamo smettere di sentirci padroni della Natura” sottolinea Angelo Cruciani.

Un’iniziativa interessante che sicuramente darà il via ad altrettante. Manifestazione in favore del cambiamento e della speranza per un nuovo inizio.

Credits foto: Manuel Scrima

Moda e musica. Una lunga storia d’amore

La grande attrazione che da sempre ha coinvolto cantanti, musicisti e designer, ha a che fare con tutto quello che la creatività può raccontare rispetto al suo tempo, a quel tempo che la ospita e ne detta le condizioni, perché dia vita a nuovi linguaggi, a nuovi sound e nuovi codici stilistici che possano rappresentarlo, tanto da diventare perfettamente riconoscibili e collocabili nel loro tempo.

Dalle influenze stilistiche di icone musicali a vere e proprie collaborazioni che si traducono in capsule collections, firmate da pop star per brand che condividono la stessa linea di pensiero. Non si sa chi aspiri all’altro, quel che è certo è che inutile sottrarsi a un’attrazione, soprattutto se si tratta di star del panorama musicale e brand di moda, il cui connubio ha sempre portato grande fortuna. Basti pensare alla collezione dedicata a tutta la famiglia, creata dalla rapper Nicki Minaj per Fendi, o il successo degli abiti gemelli per mamma e figlia di Madonna per H&M.

La collaborazione del momento, che scalda le vetrine già dal 15 Giugno grazie ai suoi colori, porta il marchio Bikkembergs ed è firmata dal cantautore Fedez, possessore di 60 dischi di platino e da sempre attento allo stile, con una forte personalità, lontana dagli stereotipi ma sempre incline a nuove tendenze e rivelazioni, un po’ come nella musica. L’idea è quella di “contaminare lo spirito sporty del marchio con il mio stile urban” spiega il cantante. Il risultato è un modello simbolo del brand con la grafica della fiamma che compare all-over sulla tomaia.
Le parole del direttore creativo Lee Wood si uniscono all’entusiasmo di Fedez, elogiandone talento e forza comunicativa e guardando alla creatività futura del brand sempre con spirito d’innovazione e progetti stimolanti.

È tra Billie Eilish e l’artista Takashi Murakami l’altra imperdibile collaborazione del momento, stretta per Uniqlo, il brand giapponese di fama mondiale. Potere dei social, i due hanno stretto amicizia su Instagram, da lì la decisione di creare insieme il video musicale della canzone di Eilish You Should See Me in a Crown, in cui Murakami ha “disegnato” le idee di Eilish. Il video ha ottenuto più di 68 milioni di visualizzazioni su YouTube. La collezione creata per Uniqlo vede protagoniste le grafiche che mixano il simbolo di Eilish, il Blohsh, e gli iconici fiori di Murakami. I design includono anche un collage delle foto di Eilish, uno schizzo preso dal suo video musicale e un logo UT di Billie.

Quando il nuovo è figlio del tempo, i must have di Cristian Sutti

“L’Heritage come concetto riletto nella sua più totale essenza, ma solo per riviverlo di contemporaneità e non solo con malinconia”. È questa la filosofia alla base del progetto di Cristian Sutti, designer ed architetto con una forte passione al vintage, ai pezzi rari ed al collezionismo.



Come è arrivato a questo progetto? Quale il suo percorso e perché la voglia di esprimersi attraverso una linea di oggetti che partono dall’idea del ri-uso?

Sono arrivato alla creazione del marchio 2010L.E. disegnando una possibile fiche con cui avrei creato dei portachiavi preziosi. Contemporaneamente ho sviluppato un mio concetto di limited edition, che si discosta da quello che è invece il suo significato standard. L’idea del ri-uso nasce dalla mia passione per tutto ciò che è vintage originale, e da creativo quale sono, ho sempre amato girare i vari mercatini delle pulci sparsi in giro per il mondo, cercando oggetti che mi colpissero e che mi trasmettessero qualcosa.

Proprio il re-made, ancora di più se pensato in un’ottica emozionale, di pensare a oggetti speciali, sembra molto importante e interessante collegato al momento storico, che guarda proprio all’etica e all’eco. Come si pone nei confronti di queste istanze? Cosa ne pensa?

Penso che più passa il tempo, più aumenta il consumismo e proprio questo aspetto incide sulla durevolezza degli oggetti, dei vestiti, delle auto e così via. Molti non sanno e non si rendono conto che una borsa in tela magari degli anni 40, appartenuta ad uno o più soldati, ha mantenuto quasi intatta la sua struttura, aggiungendo a tutto ciò quel plus dato dai segni evidenti di quella che è stata la storia di questo accessorio. Una domanda che mi sono sempre posto è stata come mai questo accessorio fosse ancora utilizzabile dopo quasi 80 anni. Il segreto è l’uso di materiali sicuramente meno performanti di quelli di oggi ma molto più di qualità.



Ci parla in generale degli oggetti che propone? Quale è l’iter progettuale?

Gli oggetti proposti nel progetto 2010 I.e. sono di varia natura. Il comune denominatore è il loro essere vintage originali. Essendo un architetto con la propensione all’industrial design, devo dire che tutto ciò che è in grado di trasmettermi qualcosa poi diventa parte di 2010 I.e. Inoltre, è curioso come spesso, mentre giro per mercatini, rimanga colpito da un oggetto, il quale a primo impatto potrebbe risultare neutro alla vista. Alla fine però potrebbe risultare che mi trasmette una forte energia e questa si traduce in creatività.

Che cosa la ispira? Quali altri mondi la affascinano? Chi sono i suoi riferimenti creativi e i personaggi che segue?

Parlare di una situazione particolare che rafforza e guida la mia ispirazione è troppo riduttivo. Sicuramente ho imparato a utilizzare la noia, poiché dalla noia e in quello che io definisco “zero mentale” escono delle ottime idee ispiratrici. Un altro aspetto estremamente importante è la tranquillità, che viaggia a strettissimo contatto proprio con la noia. Purtroppo non ho delle “muse” ispiratrici o dei personaggi di riferimento perché credo che se ci si focalizza su un elemento di riferimento si rischia poi di creare delle brutte o belle copie … ma sempre di copie si tratta ovvero di un qualcosa che non è totalmente tuo. Il futuro invece va creato, non previsto.

Da cosa nasce la sua passione per il collezionismo?

La passione per il collezionismo nasce spontaneamente. Devo dire che forse alla base c’è stato un inizio causato dal mio mood da “accumulatore seriale” per la quantità di oggetti che colpivano la mia attenzione e che andavano a toccare le mie passioni. Poi pochi anni fa ad un certo punto mi sono fermato davanti a questo grande accumulo e ho eliminato tutto ciò che consideravo statico e inutilizzabile ed ho invece trasformato ciò che avevo selezionato con cura in “utilizzabile”.

Dove scova gli oggetti più belli?

Non ci sono dei posti classici dove trovo gli oggetti più giusti. Mi può capitare di notare qualcosa di interessante camminando in campagna magari in qualche fienile o in qualche bancarella di qualche mercatino trovato per caso.



Quale è il capo vintage al quale è più legato e perché?

L’oggetto al quale sono più legato è il mio anello heritage letters creato con un vecchio tasto in bachelite proveniente da una vecchia macchina da scrivere del 1924. È sempre con me da 10 anni.

Quale il suo ideale di eleganza?

Non ho un vero e proprio ideale. Per me l’eleganza è tutto ciò che fa star bene con se stessi nelle situazioni più svariate. Preferisco parlare invece di un ideale legato più alle proporzioni, che significa che si è eleganti quando si riesce a trovare il giusto equilibrio tra il proprio fisico e ciò che si indossa.

Che cosa è invece per lei il bello?

Penso che la bellezza sia soggettiva. Bella per me è la mia compagna, belle sono le mie figlie e bello è tutto ciò che è proporzionato, in equilibrio e dove tutto è in perfetta sintonia.

Cosa non può mancare nel suo guardaroba e cosa in generale non deve mancare in quello di un uomo?

Sicuramente non devono mancare i jeans, le camicie dalle fantasie vintage, i giubbotti dei quali sono un grande appassionato e le sneakers. Diciamo che nel guardaroba maschile non deve mai mancare ciò che lo fa sentire bene, in ordine ed in equilibrio, a prescindere dal capo, qualunque esso sia.



Il suo motto personale?

Tutto è perfetto e nulla capita per caso. La prima parte di questa frase però è la più importante.

Man in Town è molto legato ai viaggi, anche se questo non è il momento ideale, viaggiamo con la fantasia. Ci porta in un luogo che ama?

Ho amato il viaggio che mi ha portato a visitare e a conoscere il Vietnam del nord e del sud, realtà incredibilmente diverse tra loro ed intrise di storia e di sofferenza. È incredibile vedere come una popolazione di contadini sia riuscita con l’ingegno e per disperazione, a tener testa ad una nazione come gli Stati Uniti.

Parlando invece di beauty al maschile, cosa non manca nel suo beauty case quotidiano e in quello da viaggio?

Non mancano mai lo spazzolino, il dentifricio, il filo interdentale e la Nivea, crema multitasking. In quello da viaggio? Troppo lungo l’elenco.

La sua Puglia e la sua Milano? Quali luoghi ci consiglia? Quali i suoi rifugi?

La mia Puglia oramai è diventata molto conosciuta e frequentata. Ci sono posti che non sono ancora stati raggiunti dal turismo consumistico e che hanno mantenuto così le loro tradizioni. Ovviamente se ve li svelassi non rientrerebbero più tra quelli più nascosti e poco frequentati. Milano poi in realtà è la mia città, quella dove sono cresciuto, mi sono laureato, quella che mi ha formato e che continua a formarmi come creativo. Milano è la città stimolante che però è capace anche di concederti la noia. Il mio rifugio principale è la mia casa, la mia sala giochi, la mia officina.



Sogni e progetti per il futuro?

Il progetto 2010 l.e. e tutto il dream team che lo segue è già un sogno. Il progetto è quello di continuare a sognare e far sognare divertendoci, anche di proseguire la mia ricerca in giro per il mondo di “pezzi” unici, oggetti che diventano parte di te e tu della loro storia.

Marco Bozzato, dal palcoscenico alle passerelle

Ballerino, modello e cittadino del mondo. Si è formato a La Scala di Milano e all’English National Ballet School di Londra. Marco Bozzato ha tutte le carte in regola per un futuro di successo e in questa intervista ci racconta quanto il vivere nuove esperienze sia indispensabile per capire bene chi si è veramente, cosa si può fare e fino a che punto ci si può spingere.

@marcbozz


Credits: Foto di Dmitry Maximov

Quando hai capito che il balletto era la tua passione? 

Non c’è stato un momento in cui è scattato qualcosa e ho capito che la danza era la mia passione, è sempre stata parte della mia vita da quando ho iniziato a quattro anni ed è stata una cosa graduale e inconscia. Quando ho iniziato a maturare mi sono reso conto di quanto realmente mi piacesse quello che già stavo facendo e così è andata.


Credits: Foto di Dmitry Maximov

Qual è il tuo più grande ricordo del balletto?

Uno dei miei più bei ricordi è sicuramente quello del mio primo spettacolo a San Pietroburgo. 

Dopo vari problemi burocratici legati al visto, ero finalmente libero di poter andare in scena e così ho fatto il mio primo spettacolo e ho avuto il mio primo ruolo da solista con il Teatro Mariinsky.

Un altro ricordo speciale è sicuramente quando ho avuto l’onore di ballare un pezzo di passo a due con una delle mia ballerine preferite, Alina Somova.


Credits: Foto di Ksenia Kirsanova

Ti sei mai sentito come se volessi rinunciare? Cosa ti ha aiutato a superarlo?

Capita spesso di scherzarci ma non ho mai pensato di lasciare la danza seriamente, perché anche nei momenti più brutti è il modo in cui io riesco a sfogarmi, liberarmi e sentirmi leggero, prova a chiederlo a qualsiasi ballerino, ballare è peggio di una droga.  

La sensazione che provo quando ballo – intendo quando ballo veramente con tutto me stesso – è qualcosa di troppo grande, potente e bello per poterci rinunciare.



Sei anche un modello, come hai iniziato questa carriera? 

Ho iniziato fare il modello subito dopo un infortunio che mi ha tenuto distante dalla sala di danza per quasi un anno. 

Dopo il diploma, mi ero rotto il legamento crociato – atterrando da un salto – poco dopo l’inizio del mio primo contratto di lavoro come professionista e sono dovuto tornare in Italia per operarmi. Sapendo che la riabilitazione sarebbe stata dura e molto lunga, la moda è una cosa che mi ha sempre affascinato e visto che mi sono guardato tutte le stagioni di America’s Next Top Model almeno quinci volte ho pensato di provare a realizzare anche questo mio sogno. 

Quindi appena ho ripreso a camminare dopo l’intervento mi sono messo in contatto con delle agenzie e così che D’Management ha deciso di rappresentarmi e affiancarmi un questo percorso.


Credits: Foto di Antonino Cafiero

La tua formazione da ballerino ti aiuta sul set fotografico?

Di sicuro la mia formazione mi permette di avere una consapevolezza e un controllo del mio corpo che chi non ha studiato danza classica per tanti anni non ha.

La difficoltà sta però nel prendere tutta la disciplina e il controllo insegnatami e trasformarli in scioltezza e naturalezza quando sono sul set.


Credits: Foto di Anastasia Senikova

Ci sono delle esperienze che ricordi con particolare piacere?

Una delle mie esperienze preferite – come modello – è di sicuro quella che ho fatto per Vogue e l’hotel St Regis a Roma l’anno scorso, aggiungerei anche la campagna che ho scattato e girato sui tetti di Parigi per Alphatauri. 

Oppure un’altra esperienza memorabile è stato il mio primo fashion show a San Pietroburgo per DLT. Sono state cose totalmente diverse tra loro ma tutte divertenti, appaganti e ragioni di crescita.


Credits: Foto di Daniel Estrada Gutierrez

Anche se siamo sicuri che non ci siano mai due giorni uguali, come è la tua “giornata tipica”?

In effetti è raro che io abbia giornate uguali nella mia vita ma in linea di massima la mia giornata tipica al momento inizia con la lezione di danza la mattina poi finita la lezione e fatto un po’ di stretching prendo il mio book e giro per Milano tra casting e shooting.


Credits: Foto di Diana Materukhina

Hai un account Instagram straordinario e un ottimo seguito, quali consigli potresti darci per distinguerci sui social?

Per quanto riguarda Instagram e i social media in generale io penso che il segreto sia quello di essere se stessi, di non copiare quello che fa il mondo ma di essere più possibile fedeli a quello che si è davvero, alla propria estetica e stile, ai propri gusti e ai propri pensieri. Oggigiorno la gente quando deve capire chi è una persona la prima cosa che fa è cercarla su Instagram, ai casting molto spesso ti chiedono il tuo nickname per vedere cosa, quanto e come pubblichi. Sinceramente anch’io sono il primo che appena mi arriva un lavoro vado a cercarmi ogni membro del team su Instagram così da farmi un’idea delle persone con cui lavorerò. Quindi quello a cui dobbiamo fare attenzione è proprio che l’impressione che il mondo ha di noi dai nostri profili social rappresenti al meglio quello che siamo davvero.


Credits: Foto di Diana Materukhina

Dove ti vedi nei prossimi cinque o dieci anni? 

Questa è una domanda molto difficile per me.

Io vivo tutto molto alla giornata e programmare il futuro non mi piace, anche se sinceramente tra cinque o dieci anni non mi immagino una vita molto diversa da quella che ho ora, a me piace la mia vita. Me la immagino migliorata, le mie carriere cresciute e io di sicuro più maturo, con occhi che vedono le cose diversamente, alla fine non si smette mai di imparare. Quindi per rispondere a questa domanda ti dico che mi immagino vivendo un update, un miglioramento, della mia vita attuale se così si può dire! 


Credits: Foto di Daniel Julia Orisha

Special thanks:

Marco Di Ciuccio – D’Management

Credits: Foto in evidenza di Emilio Tini

Best of e-store nostrani

La situazione pandemica in atto, il tratto più peculiare di questo 2020 da dimenticare, ha portato lo shopping online ad essere uno dei bisogni fondamentali dei consumatori. La industry non è certamente rimasta a guardare, potenziando gli e-store e i servizi online. Di brand e retailer ce n’è per tutti i gusti, noi di Man in Town ve ne segnaliamo due da tenere sott’occhio e vi spieghiamo sotto anche il perché.

UPDF

UPDF nasce nel 2019 dalla tenacia di un team di imprenditori bergamaschi, specializzati in graphic design guidati dall’agenzia RZ STUDIO MILANO di Iside Pellegrino Preite e Roberto Zampiero (www.robertozampiero.com). Appena lanciato sul mercato grazie all’apertura dell’e-store, il brand sta attualmente lavorando alla presentazione di alcune co-lab ancora top secret. Nel dna del brand c’è una maniacale attenzione allo studio dei volumi, modellistica e fit. Il taglio infatti dei capi non è over ma “cozy”, quindi molto morbido ma allo stesso tempo viene mantenuto sempre uno sguardo attento alle proporzioni del corpo femminile e maschile. 



La produzione di felpe e tee prevede l’uso di jersey made in Italy. Mentre per la collezione prettamente donna si divide tra una collezione 100 % cotone e una prodotta con la tecnologia LYCRA SPORT, tessuto generalmente utilizzato per la produzione di prodotti activewear. L’attitdude cosmoplita del brand ci ha rapiti: vibes californiane, colori scandinavi e manifattura Made in Italy.



Come dice l’acronimo UPDF, urban people fucking dreamer, la collezione nasce proprio per giovani sognatori di tutto il mondo. Un cozy wear da un’identità forte, caratterizzata da colori e messaggi. UPDF ci piace perchè rappresenta la risposta perfetta alla crescente richiesta di “infit” (contrario di “outfit”), la tendenza di stile nata a seguito del lockdown per gli outfit casalinghi che la quarantena e lo smart working hanno imposto. Comfy sì, ma sempre stylish! 



FOLLI FOLLIE E TheDoubleF

Il 2020 segna il 50mo anno di attività di uno dei più importanti retailer italiani, trainato con successo da Lucia Schiavi e Giuseppe Galli. Negli anni Settanta la coppia apre a Mantova una boutique che lascia il segno, seguendo la loro innata passione per lo stile. Intensificano i rapporti con le più prestigiose case di moda, tra cui la famiglia Prada. In seguito il branding si amplia, portando all’apertura di boutique a Riccione, Brescia, Verona e Bologna. Il segreto del loro successo? Un’esperienza unica di shopping, pensata ad hoc in base alle esigenze del consumatore. Nel 2016 si passa alla seconda generazione: viene nominato Ceo dell’azienda il figlio della coppia di imprenditori, Francesco Galli. Siamo nell’era digitale, Francesco lancia l’e-commerce TheDoubleF.



L’e-shop, con headquarter a Milano, ospita oltre 180 marchi di abbigliamento, scarpe, borse e accessori, e il digital magazine The Rooster con fashion news e articoli sempre aggiornati. La selezione dei prodotti presente su TheDoubleF è curata dai buyer secondo osservazioni di mercato e tendenze stagionali. Il 2020 per il gruppo Folli Follie significa un cambiamento meno visibile dei precedenti ma sicuramente efficace e duraturo: il consolidamento dell’omnicanalità. Saranno impiegate nuove tecnologie così da migliorare l’esperienza dei clienti e rafforzare la presenza nei mercati europei, asiatici, americani e mediorientali. A Mantova è stato recentemente inaugurato un grande polo logistico, fortemente voluto dalla famiglia Galli, strutturato e organizzato per essere quanto più efficiente nella gestione della merce dell’intero gruppo. Un nuovo progetto legato al CRM sarà introdotto in tutte le boutique così da curare il rapporto con i clienti e meglio rispondere alle loro esigenze. 

Folli Follie festeggia così mezzo secolo nel retail haute de gamme.

Body Pillow: la tendenza del momento durante la quarantena

La quarantena ha creato oltre al panico anche tante diverse mode fra queste è nata la Body Pillow. Sapete già di cosa si tratta? Ecco che ve lo svegliamo noi e chissà che vi possa essere utile per passare notti più tranquille con un sonno ristoratore.

Body Pillow cos’è e perché utilizzarlo

Il Body Pillow non è altro che un cuscino utilizzato per dormire e riposare, ma ovviamente non un cuscino normale di quelli che siamo abituati a trovare nei nostri letti. Questo è un cuscino più grande della dimensione abituale. E’ lungo e stretto e va tenuto tra le gambe dormendo supini su un lato del letto.

La dimensione standard di un cuscino di body pillow per il corpo è 66 X 137 centimetri.

Uno dei principali motivi per utilizzare questo cuscino per il corpo è quello di migliorare l’allineamento spinale. Aiuta anche nei problemi per i punti di pressione del corpo.

Questi cuscini per il corpo aiutano le cosce a riallinearsi mentre si è stanchi e stressati dalla giornata, donano maggior relax e comfort quando si cerca di riposare e dormire.

I body pillow sono ideali per chi soffre di mal di schiena, dolori alle anche e al collo e in particolare per le donne in stato di gravidanza, quando trovare conforto e riposare bene durante l’ultimo trimestre diventa sempre più difficile.

Diversi tipi Body Pillow

I Body Pillow sono diversi in commercio ecco fra quali puoi scegliere:

  • Body Pillow di I: Questo cuscino a forma di I ti aiuta a sostenere il ginocchio, la gamba e la testa anche mentre sei nel tuo letto.
  • Cuscino a forma di U: questo cuscino per il corpo è disponibile in curva a U, perfetto per sostenere le braccia e la schiena sia dal lato destro che da quello sinistro. Questo cuscino per il corpo a forma di U è molto utile per le donne incinte.
  • Cuscino a forma di C: vi aiuterà anche, sostenendo le ginocchia o il collo durante il sonno.
  • Cuscino a forma di J: questo cuscino a forma di J rende confortevoli le notti a coloro che soffrono di russamento.

Romanzi: 4 titoli da leggere sotto l’ombrellone

Il Libro è un grande amico da portare con sé leggerlo nei momenti di svago, o per non annoiarsi nei momenti di pausa dal lavoro e dallo stress quotidiano. Vi proponiamo 5 libri da leggere sotto l’ombrellone per quest’estate.

5 libri da leggere sotto l’ombrellone

Leggere sotto l’ombrellone è un passatempo che piace a molti, oggi poi grazia anche ai libri digitali di facile lettura sia su tablet che smartphone è ancora più facile poter scegliere ottime letture.

Ecco qui la nostra scelta.

1. Tre volte noi di Laura Barnett

Un incontro fortuito nato tra le strade di Cambridge, una passione che sembra durerà per sempre, tipo storia da Sliding Doors. Ma….. il finale tutto da leggere fino all’ultima pagina. Il romanzo d’esodio di Laura Barnett.

2. Da dove la vita è perfetta di Silvia Avallone

Varie storie si intrecciano tra la le strade di Bologna, tra i vari personaggi del romanzo come Adel e Manuel, una che non si aspetta nulla dalla vita mentre l’altro ha tanti sogni ma che si arrende spesso alle sfide della vita, oppure tra Dora e Fabio, separati dal desiderio di un figlio. Un libro dove le vicende della vita si intrecciano inesorabilmente e contrastano col loro naturale fluire.

3. Avremo sempre Parigi di Serena Dandini

Serena Dandini ci guida tra le strade della città romantica per eccellenza la bellissima e amata Parigi. Il racconto si snoda fra le strade di Parigi in ordine alfabetico, ricche del loro fascino e dai racconti indimenticabili che ne hanno fatto la storia sino ai giorni nostri.

4. L’ultima storia di John Grisman

Il grande John Grisman non delude neanche questa volta, qui ci porta in racconto fatto di mistero. Siamo a Camino Island in piena estate, sono andati via quasi tutti per via di un uragano, solo il libraio che colleziona libri antichi p rimasto. Bruce Cable, il libraio, al termine dell’uragano scopre che il suo amico Nelson Kerr, uno scrittore e rimasto ucciso. Cosa nasconde la sua morte? Non è stato l’uragano ma è stato ucciso. Bruce inizia così a cercare l’assassino e il motivo che lo ha spinto a farlo. Il computer di Nelson nasconde forse la risposta?!

5. Il buio oltre la siepe di Harper Lee

Anche se è un libro scritto più di cinquantasette anni fa è sempre attuale. Parla della segregazione razziale del profondo sud negli Stati. La voce narrante è una bambina Scout figlia di Atticus Finch un avvocato che difende un ragazzo nero accusato ingiustamente di stupro. Proprio lei snocciola tutta la storia nella cruda ferocia del razzismo e del pregiudizio che angustia una cittadina dell’Alabama pur mantenendo l’ingenuità che contraddistingue una bambina ma che è più lucida e razionale della società in cui vive.

Il buio oltre la siepe è il libro consigliato da Obama contro ogni forma di razzismo e contro il diverso.

Vip finiti in carcere: i più famosi guai giudiziari delle star

Si sa il mondo dello spettacolo è pieno di stravaganze e non mancano certo i casi giudiziari che hanno visto vip finiti in carcere per diversi motivi fra cui:

  • droga
  • omicidi
  • detenzioni di armi
  • truffe

e molto altro ancora

Alcuni dei vip finiti in carcere stanno scontando una pena carceraria di diversi anni, altri sono stati in galera per solo una notte, ma senz’altro chi più chi meno hanno fatto parlare di loro.

Ecco alcuni dei vip finiti in carcere negli ultimi anni.

5 Vip finiti in carcere negli ultimi anni

Fabrizio Corona

Nel panorama dei vip italiani finiti in carcere quello che ha fatto parlare più di sé è stato Fabrizio Corona. Finito in carcere per tanti procedimenti giudiziari fra cui estorsione e ricatti ai danni di altri vip famosi.

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi è fra i politici che ha fatto parlare più di sé sia nel bene che nel male.

Condannato per corruzione e favoreggiamento alla prostituzione per il noto caso di Vallettopoli per Ruby Gate. La sua condanna ha previsto il dover prestare servizio presso una casa di riposo di Milano ed esonerato per ben 5 anni dai pubblici uffici.

Daniele Diele

Domenico Diele ha recitato in varie fiction e nel 2013 ha preso parte al film di Claudio Noce: “La foresta ghiaccio” recitando al fianco di Emir Kusturica. Nel 2017, l’attore investì una donna mentre si trovava alla guida della sua auto senza patente (tolta per utilizzo di stupefacenti). Venne condannato a 8 anni, ridotti a 5 anni.

Bernardino Terracciano

L’attore per un caso d’omicidio Bernardino Terracciano che recitava la parte di un boss dei casalesi nel famoso film di Gomorra, condannato all’ergastolo nel 2008 per un caso di doppio omicidio avvenuto nel 1998.


Stefano Dionisi

Stefano Dionisi ha recitato in alcune fiction di successo come l’Onore e il rispetto e un medico in famiglia, arrestato nel 2016 per detenzione di marijuana ai fini di spaccio: ha scontato una pena di 4 mesi in carcere. Concludiamo la lista col famoso Marco Carta, accusato di aver rubato delle magliette firmate alla Rinascente di Milano e poi assolto dal caso a lui imputato. Insieme a Marco Carta era presente un’amica, Fabiana Muscas, condannata ai servizi sociali per lavori socialmente utili.

E adesso viene il bello(?)

La bellezza salverà il mondo’ diceva Dostoevskij e ci viene da dire che un fatto è certo: ed è che nonostante la funesta segregazione legata alla pandemia, la bellezza fortunatamente non è andata in quarantena. Lo ha ribadito anche il nostro presidente del consiglio, Giuseppe Conte, che quanto a bellezza, saggezza e stile non ha nulla da invidiare a nessuno, specialmente nella magniloquenza di Palazzo Chigi. Insomma la bellezza va preservata quindi, anche quella maschile, almeno nei nostri pensieri, nei nostri auspici, nei nostri desideri e nei nostri gesti. E tanto tempo è passato da quando l’esposizione del corpo maschile integralmente nudo era considerato un tabù. Pensavo a questo l’altro giorno mentre guardavo con sommo stupore la meravigliosa statua colossale di Napoleone, studio in gesso di Antonio Canova, un nudo integrale al quale il ‘geniale’ Mussolini fece mettere la foglia di fico sul pube in omaggio ai piccolo-borghesi che sostenevano il suo squallido regime fortunatamente archiviato dalla storia delle democrazie moderne.


Statua di Napoleone – Canova

Inutile dire che per fortuna quella foglia di fico è stata col tempo rimossa. Questa torreggiante ode alla bellezza virile che idealizza la fisicità ben poco archetipica dell’imperatore francese giganteggia nel vestibolo di Palazzo Bonaparte, il magnifico palazzo storico romano del Seicento restaurato da Generali e un tempo di proprietà della madre di Napoleone I Letizia Ramolino fino alla sua morte nel 1836. Il palazzo ha ospitato fino al 7 giugno una straordinaria mostra sui capolavori inediti degli Impressionisti e dei neo impressionisti francesi ed europei curata con esiti di enorme successo di pubblico e critica da Arthemisia, leader nelle manifestazioni culturali di rilievo-artistico nel Lazio e in tutta l’Italia.

Beh aggirandomi nei saloni dell’edificio in mezzo a tanta magnificenza che avrebbe potuto causarmi una sindrome di Stendhal, pensavo che se c’è una tipologia di bellezza che è assolutamente incontrovertibile e sulla quale esiste o dovrebbe esistere il cosiddetto consensus gentium, è quella che è stata codificata da Policleto e da Vitruvio nell’antichità. La bellezza, almeno nella sua accezione occidentale, è un valore estetico oggettivo come sottolineava Kant ne ‘La critica del giudizio’ e come ribadì anche Winckelmann che alla fine del Settecento, in concomitanza con gli scavi di Pompeo ed Ercolano, teorizzò il cosiddetto ‘bello ideale’, è fatta di armonia e simmetria, di proporzioni quasi pitagoriche, di corrispondenze geometriche. Quindi il fatto che la bellezza sia nell’occhio di chi guarda è assai opinabile. Va bene che grazie all’inclusione abbiamo accettato molte situazioni borderline ma quelle con la bellezza vera hanno poco a che vedere.


Doriforo di Policleto

Chi sono i nuovi adoni? Ce lo siamo chiesti e siccome la bellezza più di tanto non si può relativizzare, siamo andati sui social dove sono i follower a raccontarci lo stato dell’arte sulla bellezza maschile di quelli che vengono definiti ‘gli instaseductores’ e che qualcuno, data la sintesi nei loro corpi fra peluria del viso e muscolarità ‘smooth’, descrive come ‘gymsters’ (crasi fra gym e hipsters). Sono ragazzi disinibiti, desiderati e desiderabili da uomini e donne, prede con istinto predatorio, toy boy con cui intrattenere relazioni ‘mordi e fuggi’, corifei del nuovo narcisismo digitale. Depilati, scolpiti, apparentemente disponibili, seducono senza filtri esibendo generosamente la loro prorompente e nerboruta fisicità, veri e propri sirenetti nati come funghi dopo il trionfo mediatico dei velini.

I più seguiti su Instagram sono Christian Hogue ma anche Mario Hervas, Andred Cruz, Eric Janicky, Ivan Akula, David Castilla, Rowan Rowe, Bruno Santos, Mike Thurston, Casey Christopher, senza dimenticare la perfezione statuaria del modello Nick Topel legato al brand di swimwear Aronik e il bellissimo Alessandro Cavagnola, molto apprezzato a livello internazionale, cosmopolita cover man e fitness model che l’affermato fotografo Roberto Chiovitti ha immortalato per la copertina di DNA, magazine australiano gay friendly nel numero di agosto 2019 e per la copertina del mensile For Men di maggio 2020 diretto da Andrea Biavardi.


Pietro Boselli

In Italia svetta Riccardo Bosio che segue a ruota Pietro Boselli, il modello scoperto da Giorgio Armani, docente di matematica molto social e spesso ritratto senza veli sdoganando una bellezza classica, molto ‘pagana’ perché ispirata alla visione romana del bello teorizzata da Giovenale nel suo ‘Mens sana in corpore sana’. Insomma, più sani più belli. Una visione congeniale alla tanto auspicata rinascita attesa messianicamente per la fase 2. Perché quelle barbe perfette e leggermente scruffy evocano il look dei gentiluomini italiani e francesi delle corti rinascimentali dei Medici e dei Valois, da Cesare Borgia a Baldassarre Castiglione fino a Francesco I re di Francia che protesse Leonardo Da Vinci nel XVI secolo e che ristrutturò i castelli della Loira.

E se il fisico glabro levigato da ore e ore di palestra, nuovo santuario dell’estetica 4.0, è abbinato a una barba scolpita da filosofo greco forse si può ipotizzare il ritorno a una bellezza più atletica e plastica laddove però la muscolarità fa sempre rima con benessere, come spesso spiega anche sui suoi social e nei suoi libri il formidabile dottor Massimo Spattini. Ex campione di culturismo negli anni’80, Spattini è oggi maturo interprete, con la sue teorie antiage basate su un’alimentazione illuminata, di una bellezza maschile che è iconica perché timeless. Impossibile dare infatti un’età a questo elegante ed educato signore di Parma che ama Leonardo (non a caso) e che non teme di confessare che adorerebbe sfoggiare un outfit formale sartoriale color confetto, professando una fede incrollabile in un’estetica di equilibrio e proporzioni, figlio di un’epoca in cui i campioni di culturismo, disciplina oggi piuttosto vituperata, erano paradigmi di eccellenza fisica, plasmati dal ferro, forgiati nel marmo.



Uno per tutti? Bob Paris, che è stato anche l’unico bodybuilder al mondo ad aver dichiarato apertamente e assai coraggiosamente la sua identità gay in un’America puritana falcidiata dal virus dell’HIV. Bob, che nel 1992 sfilò a Miami in costume quasi adamitico per Thierry Mugler insieme al suo sposo, l’aitante modello e atleta Rod Jackson, fu definito ai suoi tempi d’oro ‘mister simmetry’ per la sua straordinaria bellezza. Immortalato dall’obbiettivo di Herb Ritts, Robert Mapplethorpe, Tom Bianchi e Bruce Weber, nessuno dei suoi colleghi e antagonisti fra i quali spiccano Berry De Mey, Francis Benfatto, Shawn Ray e Lee Labrada, riuscirono a eguagliarlo in bellezza e perfezione estetica.

Gli anni’80, segnati dalla supremazia dell’uomo-oggetto esaltato da Gaultier nella sua prima sfilata maschile della primavera-estate 1983, hanno decretato il trionfo del macho pin-up frutto dell’erotizzazione del corpo virile con il risultato di sancire la sovranità dell’archetipo mascolino di matrice prettamente camp, per il piacere delle donne ma anche degli uomini. Una tendenza che oggi è tornata in auge. La questione cruciale è come il mondo dell’arte riesca a cogliere questi stimoli orientati alla riscoperta della più classica bellezza maschile, portata ai più alti fasti dai divi della nuova Hollywood come Armie Hammer, Chris e Liam Hemsworth, Joe Manganiello, Henry Cavill e Chris Evans o da atleti come Ronaldo e Immobile, e come quindi questa riesca a rigenerarli attraverso il prisma della contemporaneità.



Qualche esempio? Anzitutto la mostra dedicata a Canova (una delle tre a livello nazionale) nel museo di Roma a Palazzo Braschi, aperta fino al 21 giugno. Inoltre ho avuto modo di partecipare al vernissage della mostra fotografica del talentuoso Sergio Goglia il cui mentore Mimmo Jodice, un oracolo della fotografia italiana del Novecento, ha definito ‘emozionante’. Nelle auliche sale di un magnifico palazzo incastonato nel cuore della Napoli più aristocratica il fotografo, formatosi all’accademia di belle Arti di Napoli in scenografia teatrale, ha al suo attivo campagne pubblicitarie ed editorials con i marchi di punta del mondo della moda (memorabile la campagna del 2019 per il marchio Alcoolique) e ha presentato alla stampa e agli ospiti fra i quali il famoso shoe-designer Ernesto Esposito pochi giorni prima del lockdown 16 nudi, sedici capolavori emblematici della sua strabiliante vena ‘pittorica’ che per il luminismo raffinato e per la sensibilità squisita ai soggetti trattati, i corpi più belli che essere umano possa incarnare, è stata definita ‘caravaggesca’.

“Sono un esteta, ho un gusto plastico e pittorico è vero, ho sempre ammirato il linguaggio visivo di Caravaggio per il suo approccio realistico, i miei nudi maschili e femminili rispecchiano la mia visione dell’arte e della fotografia che sono strettamente interdipendenti, ammiro l’opera di David La Chapelle per i suoi magici cromatismi e considero la macchina fotografica un pennello tecnologico-dice Goglia-la mia mostra ‘back to the future’ racconta un percorso fra passato e futuro, fra Leon Battista Alberti e Man Ray, fra classicismo e scenari futuri. Il nudo integrale maschile è ancora un tabù soprattutto sui social network ma sinceramente non ho avuto problemi quando nel 1999, in collaborazione con il mio amico Ernesto Esposito, ho creato un allestimento suggestivo a Grenoble di alcuni miei scatti di uomini nudi full frontal. Credo che gli uomini temano di spogliarsi davanti all’obbiettivo perché sono fondamentalmente insicuri e hanno paura di non essere ‘all’altezza delle aspettative’, ma io nella mia carriera non ho mai avuto problemi a scattare foto di nudo e anzi, nel tempo, mi sono specializzato come maestro del nudo artistico soprattutto maschile”.

Nella gallery foto di Sergio Goglia: “Cattura”, “Dietro fronte”, “Osmosi”, “Black & Gold”, “Oro Nudo”

Un’altra conferma di questa riscoperta di una bellezza maschile ancestrale e di una mascolinità autentica, quasi mitologica, prefigurata dal libro fotografico ‘Uomini’ di Dolce&Gabbana realizzato dal talentuoso Mariano Vivanco, fotografo che ha lanciato nel 2007 il super modello David Gandy, epitome di una virilità da maschio alpha sulle falsariga dei modelli anni’90 di Gianni Versace e delle sue iconiche e sensuali campagne create da Bruce Weber e Richard Avedon, è la suggestiva mostra sui disegni di nudi maschili di Publio Morbiducci, allievo dell’artista Duilio Cambellotti, che ho avuto modo di ammirare nella galleria romana ‘il Laocoonte’ di proprietà della colta studiosa d’arte Monica Cardarelli. In uno spazio situato in via di Monterone, a pochi passi da Largo di Torre Argentina si può ammirare una crestomazia di trentasei studi preparatori, per lo più disegni e bozzetti eseguiti con carboncino, matita e sanguigna, per sculture che l’artista e architetto particolarmente apprezzato in epoca littoria, aveva realizzato.

La fisicità virile, in quella fase storica basata sulla retorica apoteosi di una mascolinità patriottica, come osserva giustamente Leonardo Iuffrida nel suo illuminate saggio ‘il nudo maschile nella fotografia e nella moda’, è un’astrazione dalla carnalità perché deve idealmente rappresentare il trionfo di un machismo ideologizzato, ancorato a un modello patriarcale fortunatamente desueto. Morbiducci, noto come l’autore delle sculture che dominano alcune piazze romane storiche come Porta Pia con il suo monumento al bersagliere e l’Eur con la coppia dei Dioscuri con i loro cavalli impennati che superano i sette metri di altezza- senza contare la statua del ‘discobolo in riposo’ che fu collocata nel 1938 nello stadio dei marmi- propone nei suoi magnifici disegni una sintesi fra ideale e realtà, trasfigurando in una dimensione estetizzante la bellezza un po’ ruvida dei suoi modelli, per lo più manovali e operai di Testaccio e del mattatoio i cui muscoli derivavano da ore e ore di impegno fisico piuttosto che da un’attività ginnica in stile olimpico.

Nella gallery: immagini relative alla mostra di Publio Morbiducci

Morbiducci non sarà forse Leni Riefenstahl regista di ‘Olimpia’ tanto caro a Hitler e Goebbels, ma i suoi nudi maschili rappresentano pur sempre il manifesto di una virilità attualissima, memore della bellezza atletica pagana che oggi riafferma la centralità di un’estetica ‘testosterotica’ dove il nudo integrale di lui è l’ultima frontiera sociale del pudore. E mentre ammiravo i bellissimi disegni di Morbiducci mi sono chiesto: chi ha paura del nudo maschile? Censurato dai social, il nudo maschile full frontal, legittimato socialmente dal bodybuilding fin dagli anni ’50 grazie a Bob Mizer e a Bruce of Los Angeles, e privato di quella anacronistica foglia di fico imposta dal Concilio di Trento e dal perbenismo fascista, può essere anche molto osteggiato in rete per una serie di motivazioni sociali e religiose legate alla mentalità puritana e patriarcale degli americani.

Il fotografo Allan Spiers ha denunciato su Facebook i social network per la loro arretrata prospettiva sulla nudità maschile e vengono puntualmente stigmatizzati anche Luis Rafael, Dylan Rosser, Ulrich Ohemen, Joan Crisol, Mark Henderson, Paul Freeman, Carlos Campos, Michael Stokes e David Vance, solo per citare alcuni dei più celebri e apprezzati. Lo stesso Herb Ritts, che di questi fotografi è stato un po’ l’antesignano, destò scalpore nel 1988 per un nudo integrale circoscritto in una bolla d’aria soprattutto fra i giapponesi che oscurarono i genitali del modello ritratto, un culturista. Per non parlare di Avedon che tenne a lungo nel cassetto il ritratto in costume adamitico full frontal di Rudolph Nureiev, Andy Warhol le cui polaroid hot rimasero a lungo occultate e Robert Mapplethorpe che nei suoi scatti sofisticati e scultorei celebrava il sincretismo fra bellezza classica e pornografia pop a sfondo gay.


Bruce Weber CK Obsession
Duo Bob e Rod di Herb Ritts 1990
Herb Ritts per Valentino 1995

Nella gallery: foto 1 – Bruce Weber CK Obsession, foto 2 – duo Bob e Rod di Herb Ritts 1990, foto 3 – Herb Ritts per Valentino 1995

Osservando questa ampia rassegna di opere prese di mira dagli anatemi della censura mi viene da interrogarmi sulla fonte primaria del disagio che alcuni uomini tuttora devono affrontare di fronte alla prospettiva di posare senza veli davanti a un fotografo. La prima considerazione che mi viene in mente è la cosiddetta ‘paura di castrazione’, da ricondurre forse a una fragilità congenita al maschio che spesso teme il momento della verità, abituato a concepire la sua genitalità come una competizione da locker room fra maschi. Poi va aggiunto che i consumatori prevalenti del nudo maschile sono in realtà gli omosessuali e questo per gli etero old school non è accettabile. La nudità maschile viene ancora intesa in occidente, in barba anche alle nuove generazioni che professano una fede incrollabile nella fluidità (vedi il magazine Dust), come un concetto pagano che il cristianesimo e le altre religioni monoteiste confessionali hanno ripudiato senza appello in quanto sinonimo di corruzione morale. In realtà nell’antica Grecia la bellezza era sempre sorretta da un’etica, e chi scrive auspica che tale illuminata concezione possa tornare ad assumere la vibrante valenza di un imperativo categorico.

Il punto in realtà è questo: dopo secoli in cui è stata la donna a essere reificata spogliandosi per soddisfare la libido virile, ora dopo il femminismo e dopo l’empowerment delle donne è il turno dell’uomo di mettersi in discussione e diventare oggetto del desiderio, con buona pace dei paladini della ‘antrocrazia’. Di fronte a un nudo integrale maschile che cioè esibisca l’epicentro del piacere e della fecondità, le donne fantasticano su un uomo ‘meno macho e più micio’, il cosiddetto uomo ‘profitterolles’ tenero ma con le palle. Un nudo che è soprattutto verità e autenticità perché come scrisse John Keats nella sua ‘Ode su un’urna greca’, ‘bellezza è verità e verità e bellezza’. 

Instagram: @enricomariaa.

In forma con gli sportivi, tre profili fitness da seguire

La routine giornaliera di uno sportivo non è semplice. Per mantenere una forma fisica invidiabile servono allenamenti quotidiani, stretching, pesi, alimentazione equilibrata ma soprattutto costanza e determinazione. Tutto questo non esclude anche qualche piccolo sgarro, l’importante è non perdere di vista l’obiettivo e restare sempre in un corretto regime alimentare. Tre sportivi ci hanno raccontato le loro abitudini di allenamento, e, a giudicare dai loro profili social varrebbe la pena prendere un po’ di ispirazione! 


Nicola Cinelli (@nicola.cinelli.93.p.t)


Il suo segreto è il calisthenic, una disciplina associata al fitness che prevede il raggiungimento di abilità atletiche a corpo libero con il supporto di strutture come sbarre, parallele e anelli della ginnastica ed eventualmente di pesi usati come sovraccarico al proprio peso corporeo. Si raggiungono prestazioni atletiche di vario genere (forza, flessibilità, equilibrio) e l’incremento della massa muscolare.

“Pratico calisthenic da circa 5 anni e sono personal trainer da tre. Gli allenamenti variano dai 4 ai 6 a settimana e comprendono oltre alla pesistica moltissima resistenza e mobilità. L’alimentazione è normo calorica e di mantenimento”.


Aldo Londero (@aldolondero)

Modello, atleta Myprotein e online coach, pratica nuoto e arti marziali miste, uno sport da combattimento a contatto pieno il cui regolamento consente l’utilizzo di tutte le tecniche sportive delle arti marziali (muay thai, judo) e degli sport di combattimento (lotta libera, grappling, pugilato, kickboxing).

“Mi alleno complessivamente 6 volte a settimana. Per quanto riguarda il mio regime alimentare, non è sempre rigido, mi permetto ogni tanto qualche sgarro piacevole, ma a grandi linee seguo una dieta iper proteica.”


Lorenzo Pisano (@lorenzo.pisano1)


Come ex ginnasta della nazionale Lorenzo era abituato ad allenarsi tutti i giorni per una disciplina olimpica che prevede sei differenti specialità, corpo libero, cavallo con maniglie, anelli, volteggio, parallele, sbarra. 

“Ora vado in palestra regolarmente 6 volte a settimana e mi concedo un giorno di riposo. 
Per quanto riguarda l’alimentazione non seguo particolari diete. Evito il sale e il cibo fritto il più possibile e cerco di fare attenzione a mangiare sano, pur concedendomi qualche sgarro ogni tanto, come la pizza del sabato sera”.

Credits photo: Alan Pasotti

Passione accessori, anticipazioni dal prossimo autunno

Mentre attendiamo la meritata e tanto sospirata estate, ecco il nostro consueto sguardo alle anticipazioni e tendenze per la prossima stagione.

Canali

L’ abito è in lana ed è composto da giacca monopetto 2 bottoni con rever e pantaloni con tasche all’americana e cintura alta senza passanti. La camicia è slim fit in puro cotone bianca. Completano il look una cravatta in seta-cashmere a quadretti e la pochette in puro cotone bianca. Le sneaker sono color avorio, con allacciatura in pelle e suola in gomma leggera.


Prada

Shopping bags in pelle Saffiano color fuoco e cannella, con tracolla removibile.

Gallo

Le calze Gallo Velvet sono la conferma del savoir faire del brand, intriso della preziosa capacità di innestare tecnologia su antichi telai.

Bally

Linee pulite, materiali naturali e toni neutri riflettono l’impegno di Bally a favore dell’ambiente e la passione per le innovazioni tecniche, in un continuo intreccio fra tradizione svizzera e visione moderna.

Drumhor

L’iconico “biscottino” di Drumhor diventa da sole! Un modello unisex per quattro differenti nuance coordinate alle grafiche interne delle stanghette (un point de neige rigorosamente biscottino/razor blade).

Premiata

Sneaker con tomaia colorata a incastri in pelle, suede e nylon e con suola in gomma. 

Tecnochic

Il nuovissimo smart watch TC-ZL01s di Tecnochic unisce scienza e tecnologia in un orologio dalle forme eleganti e dai materiali pregiati. Oltre al quadrante full touch screen di nuova generazione, misura frequenza cardiaca, pressione arteriosa e livello ossigeno nel sangue. Vi sono poi otto modalità sportive, che permettono di ottenere una completa analisi del workout comparando i diversi risultati.

Eastpak

La collezione RE-BUILT TO RESIST è una soluzione sostenibile ideale per ridurre gli sprechi preservando nel contempo il proprio stile. Infatti le borse che presentano difetti e non possono essere riparate, vengono trasformate in versioni uniche del classico zaino, caratterizzate da due colori o motivi.

New Era

Tra le novità New Era per la prossima stagione, il cappellino regolabile arancione fluo con visiera tono su tono e cappellino regolabile camo e logo arancione fluo.

Spinzi Design tra le novità del Fuori salone Digitale

In questi giorni, dal 15 al 21 giugno, il Salone Digitale sarà un grande spazio mediatico dedicato all’arredamento, che quest’anno sostituisce il Salone del Mobile, la più grande vetrina dedicata alle eccellenze del settore. Tra i protagonisti c’è anche Spinzi Design, il brand fondato da Tommaso Spinzi, designer creativo e consulente specializzato nella decorazione di interni e nella progettazione di arredo.

Durante la diretta live via Instagram dallo Spazio Spinzi di Milano, sono state presentate le nuove collezioni LaméPlanar e Meccano.

Lamé

Una collezione di sedute dall’aspetto tecnico e tattile che vuole unire il mondo “metallico” dei motori a quello “caldo” del design e della moda. La struttura è solida e ricorda i motori usurati dal tempo è in contrasto con l’imbottito soffice ed accogliente e nel loro insieme evocano l’idea di solidità eterea.

Planar

Una collezione che unisce la delicatezza e la leggerezza delle superfici piane dei velivoli alla natura morbida delle finiture. Essenziali ma “classy”, questi tavolini sono opere d’arte che combinano l’onestà e la purezza dei materiali invecchiati dal tempo a dettagli raffinati che regalano luminosità ai colori scuri.

Meccano

Una collezione unica – con pezzi spigolosi ma eleganti, dal carattere classico e innovativo al contempo – che si ispira al mondo delle costruzioni, evoca l’universo automobilistico e ben rappresenta l’approccio intimo di Spinzi al Design.

Intervista a Marco Guazzone: “sono uno studente privilegiato”

Abbiamo incontrato Marco Guazzone, cantante, pianista e frontman del gruppo STAG. Il suo percorso inizia con gli studi di pianoforte al Conservatorio di Musica Santa Cecilia e composizione per musica da film al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Nel 2010 poi, auto-produce e pubblica il suo primo singolo Love Will Save Us, che viene scelto come colonna sonora ufficiale dello spot Fox Life di San Valentino. Ma è solo l’inizio, tra il 2012 e oggi sono diverse le apparizioni in televisione e i lavori per la televisione ed altri nomi noti del panorama musicale italiano. Lo scorso Aprile esce la sua cover di Azzurro di Adriano Celentano, che diventa la sigla ufficiale del programma radio C’è sempre una canzone – Live da casa.



In che modo le tue radici inglesi e la tua esperienza nel Regno Unito hanno influenzato la tua carriera da musicista?

La parte della mia famiglia dal lato di mio padre che vive a Londra mi ha permesso di poter visitare fin da piccolo la città più volte e quindi viverla sentendomi sempre un po’ a casa imparando subito la lingua. Nel tempo che poi ho passato lì dopo il liceo, grazie alla facilità in cui ci si può esibire davanti a un pubblico, (si chiamano “open mic nights” quelle serate in cui ti segni su una lista e suoni in locali sempre pieni di gente) sono venuto a contatto con delle realtà di musica dal vivo molto forti che quando sono tornato in Italia mi hanno spinto a mettere su una band con cui lavorare.

Come si è evoluto nel tempo il rapporto con gli altri membri degli Stag?

Sono quasi dieci anni che ci conosciamo e siamo praticamente diventati una famiglia. La vita in sala prove, in studio di registrazione e in tour ti avvicina così profondamente che a un certo punto ti ritrovi ad avere dei fratelli acquisiti, non si è più solo amici o collaboratori. E poi scrivere una canzone é un processo così intimo che richiede un grande atto di fiducia. Diventa indispensabile quindi poterlo fare con le persone giuste che ti conosco per davvero.



Che tipo di immagine cerchi di avere sui diversi social network e perché?

Ho un rapporto controverso con i social perché se da una parte sono fondamentali per chi fa il musicista al giorno d’oggi, dall’altra parte non mi ci sono mai impegnato seriamente. Nel senso che non sono uno che bada ai numeri e nonostante riconosca l’importanza di una piattaforma che ti da la possibilità di azzerare la distanza tra te e chi ti ascolta dall’altra parte ho sempre preferito fare musica sui palchi, sui dischi e concentrare le mie energie sulla creatività piuttosto che sull’esposizione di questa. Sicuramente quando lo uso mi ci confronto un po’ come uno specchio che in maniera molto affascinante mi permette di far riflettere la mia immagine sul mondo esterno.

Come vivi le diverse collaborazioni con artisti di fama internazionale? 

Ho avuto la fortuna di lavorare con degli artisti di fama mondiale che mi hanno insegnato tantissimo. In queste occasioni mi sento come uno studente privilegiato che ha l’opportunità di ascoltare una lezione di vita, di umanità e mestiere che mi ricorda sempre come la musica sia capace di unire e cancellare i confini geografici, di genere e di lingua.

Hai qualche tour in programma, da solista o in gruppo?

Con gli STAG abbiamo concluso prima dell’estate una tournée in cui presentavamo in versione acustica i brani del nostro disco ultimo disco, “Verso Le Meraviglie”. Ora siamo in fase di scrittura di nuovi brani.



Qual è la differenza tra lo scrivere musica per una colonna sonora e scriverla per un artista? Quale delle due suscita maggiormente il tuo interesse?

Direi che sono due stimoli diversi che richiedono metodi creativi differenti. Da una parte hai le immagini di un film e dall’altra un artista con un mondo musicale ben preciso. In entrambi i casi secondo me il risultato è già lì, nascosto nelle immagini o nelle corde di chi hai davanti, sta a me guardare, ascoltare per farmi guidare e tirar fuori l’abito migliore con cui vestire un film o la voce dell’artista.

Quanto ha influito la tua comparsa a Sanremo Giovani con i lavori che hai realizzato in seguito?

Potermi esibire dal vivo suonando un mio brano con un’orchestra di sessanta elementi di fronte a milioni di persone è un’esperienza magica che mi porterò sempre nel cuore. A livello professionale mi ha permesso di “entrare” ufficialmente nel mondo discografico. Per esempio, a Sanremo ho conosciuto Arisa (che era in gara con “La Notte”) che dopo quell’incontro mi ha chiesto di scrivere l’inedito di X Factor dello stesso anno. Da lì è nata una collaborazione che mi ha portato a scrivere per il suo disco “Se Vedo Te” fino a ritrovarla quest’anno di nuovo a Sanremo dove per lei ho scritto e curato la versione inglese del suo brano “Mi Sento Bene” per il duetto con Tony Hadley.

Dieci variazioni della bowling shirt

(Ri)apparsa in gran numero nelle sfilate maschili del 2016, la bowling shirt è tuttora oggetto di un revival modaiolo che la vede protagonista dei look per la bella stagione più rilassati e dégagé. L’identikit del capo è presto fatto: collo a V con piccoli revers ben distesi, maniche corte, abbottonatura frontale e silhouette leggermente squadrata; altri segni distintivi sono la leggerezza dei materiali – ad esempio cotone, lino, popeline o, nelle versioni di maggior pregio, texture dalla mano soffice quali seta o rayon – e la creatività di color block, righe, figure geometriche e stampe varie.

Al di là di corsi e ricorsi della moda la camicia in questione, chiamata anche cuban o camp collar shirt, vanta una storia di tutto rispetto, risalente agli anni Cinquanta, quando negli Stati Uniti iniziò a moltiplicarsi nelle sale da ballo e negli altri locali frequentati dai fan del rockabilly. Per un lungo periodo, quindi, ogni variante di camicia da bowling, in primis quella hawaiana, ha evocato soprattutto le tenute sfoggiate dai turisti nelle località più esotiche, corredate magari di cocktail, sigaro, occhiali a specchio e altri cliché dell’iconografia vacanziera; tutt’al più, ha fatto capolino in pellicole care agli appassionati di cinema come Il grande LebowskiScarface Il talento di Mr. Ripley.

MILAN, ITALY - JUNE 15: Models walk the runway at the Dolce & Gabbana fashion show during the Milan Men's Fashion Week Spring/Summer 2020 on June 15, 2019 in Milan, Italy. (Photo by Ernesto S. Ruscio/Getty Images)
PARIS, FRANCE - JUNE 19: A model walks the runway during the Valentino Menswear Spring Summer 2020 show as part of Paris Fashion Week on June 19, 2019 in Paris, France. (Photo by Pascal Le Segretain/Getty Images)

In tempi più recenti, sulla scia di quello stile dadcore all’insegna di vestibilità over, pantaloni slavati e sneakers massicce glorificato dai nuovi alfieri del menswear contemporaneo – su tutti Demna Gvasalia e Gosha Rubchinskiy -, le bowling shirt sono tornate alla ribalta. Nelle collezioni maschili per la stagione in corso sono numerose, infatti, le nuove interpretazioni di questo capo dall’animo retrò: da Valentino, Pierpaolo Piccioli lo considera una tela sulla quale sbizzarrirsi con tinte al neon, ricami, motivi floreali e fantasmagorie ideate dall’artista Roger Dean; anche Dolce&Gabbana dà libero corso alla fantasia, dispiegando sui tessuti un armamentario di frutti, piante, animali, pin-up e altri simboli di un immaginario “tropico siciliano”; un estro creativo speculare a quello di griffe quali Dsquared2, Amiri, Iceberg, Casablanca, Dries Van Noten, non ultima Prada che, effettivamente, ha reso la camicia a maniche corte un caposaldo della propria linea uomo, al punto da dare ai clienti la possibilità di personalizzarla, combinando liberamente le stampe più rappresentative del brand.

Qualsiasi selezione in materia di bowling shirt non può dunque prescindere dall’offerta della maison milanese, che quanto ad assortimento non teme confronti: si va dalle versioni basilari total white o rigate a quelle viste sulla passerella p/e 2020, con riproduzioni di walkman, videocamere e altri gadget iconici degli anni ’80. Gucci, dal canto suo, alterna il logo della doppia G a stelle, quadrifogli e altri ghirigori, evidenziando inoltre i profili con il nastro Web.
 Il modello di Bottega Veneta, in 100% viscosa, utilizza il classico binomio bianco e nero per mettere in risalto una grafica d’ispirazione tropicale, mentre Fendi trasla le suggestioni bucoliche dell’ultimo défilé su un tessuto arioso, percorso da un motivo a spirale nei toni del verde e grigio.

Se Marni sposa l’estetica naïf, espressa in una blusa quadrettata con disegni di alberi e tocchi saturi di colore, dal giallo al viola, Acne Studios gioca con dimensioni e sfumature delle righe verticali, che si stagliano su una base dalla nuance pastello. NN07 punta sull’effetto vintage, stampando paesaggi da cartolina sull’intera superficie del capo.
Le proposte di Ami e Sandro Paris seguono invece il mantra less is more, optando nel primo caso per il bianco panna, “interrotto” solamente dalla firma del designer (un cuore stilizzato sul taschino), nel secondo per l’intensità cromatica del blu navy; nemmeno COS, infine, tradisce la vocazione al minimalismo: la sua camicia immacolata in cotone organico, dal fit rilassato, è un inno all’essenzialità. 

Bienvenue Monsieur Williams!

Dall’urban-streetwear del brand 1017 ALYX 95 M alla storica maison francese Givenchy, LVMH accontenta ancora una volta, dopo l’arrivo di Virgil Abloh a Louis Vuitton, la richiesta della Generazione Z e gran parte dei Millennials. 



Matthew Williams, classe ’85, sostituisce Claire Waight Keller come direttore creativo di Givenchy, la storica maison parigina adotta una svolta moderna ed innovativa con la visione minimalista ed urbana del designer americano. 
Autodidatta, Mr Williams è stato direttore artistico per Lady Gaga e Kanye West collaborando con artisti come Drake (che lo cita in alcune sue recenti canzoni) fino alla fondazione del suo brand 1017 ALYX 95 M che porta il nome della figlia. 



Candidato tra i finalisti del premio LVMH per giovani designer, Matthew Williams dal 2016 continua a stupire le nuove generazioni con una visione contemporanea ed ecologica della moda, avanguardista ed esperto del tessuto con le sue ultime collezioni ha spopolato su ogni social media, divenendo precursore di una nuova “Streetwear wave”, conquistando top model come Bella Hadid e Kendall Jenner. 



Sono molto felice e grato a LVMH per avermi dato questa possibilità, per me è un sogno che si realizza e non vedo l’ora di iniziare questo percorso con il team di Givenchy” afferma Mr. Williams dopo la comunicazione ufficiale di Sidney Toledano, presidente e Ceo di LVMH Fashion Group, per cui attendiamo con ansia la presentazione della sua prima collezione che si terrà ad Ottobre.

Talenti da scoprire: Louis Rubi

Anche se ancora poco conosciuto, Louis Rubi è uno stilyst e designer con sede a Barcellona, che ha rapidamente guadagnato un seguito sostanziale grazie ai suoi outfit su Instagram, sempre accattivanti e altamente inventivi. Vi raccontiamo il suo percorso..

Come, quando e perché ti sei approcciato alla moda? Quando hai deciso che sarebbe diventata il tuo futuro ed il tuo lavoro?

Da bambino giocavo sempre con tutti i tipi di tessuto che trovavo in casa, una coperta poteva diventare un mantello. Ero solito travestirmi da Zorro, D’Artagnan, un(a) principe(ssa) arabo(a) o qualsiasi altro costume fosse in giro. Ho sempre saputo che avrei voluto lavorare nella moda, mi trasferii a Londra per questo motivo e lavorai come assistente alle vendite da Harvey Nichols. Da quel momento capii che la moda sarebbe stata il mio futuro.


Louis Rubi
Louis Rubi

Raccontami qualcosa del tuo brand. Come lo definiresti? Qual è il tuo consumatore tipo e a chi ti stai rivolgendo?

LR3 riguarda principalmente il voler far divertire le persone con i propri vestiti, non importa la tua origine, il colore della tua pelle, la forma del tuo corpo, il tuo genere o la tua età.

Il focus è sulle persone reali che indossano i nostri abiti, ognuna delle quali ha caratteristiche proprie. Sul nostro sito trovi moltissime persone completamente diverse le une dalle altre che indossano indumenti della stessa taglia.

Volevamo creare un brand slow fashion. Per noi è fondamentale non ripetere le cose che non stanno funzionando nella moda.

Abbiamo fatto una lista di queste ultime e le abbiamo trasformate nel nostro ethos: no ai trend/ispirazione e divertimento; nessun genere/tutti i generi; poche taglie/tutte le forme del corpo; no alle razze/siamo tutti umani; no limite d’età/tutte le età; no ai manichini/personalità reali; no al fast fashion/slow fashion; no stagionalità/collezioni permanenti; no agli stock/fatto per te; no vendite all’ingrosso/direttamente al consumatore.



Da dove arriva l’ispirazione? Quali altre passioni hai oltre alla moda? Quali sono le persone che ammiri, i tuoi “eroi”?

Probabilmente l’ispirazione maggiore mi arriva dai viaggi, esperienze che mi hanno fatto davvero aprire gli occhi. Sono davvero fortunato, perché ho la possibilità di viaggiare molto sia per lavoro che per divertimento. Là fuori ci sono così tante realtà, ciò che è “normale” in un posto non lo è in un altro. Anche internet ogni giorno è una fantastica fonte di ispirazione per nuove esperienze e viaggi. Ho un debole per le cose belle, che siano oggetti, luoghi, edifici … mi affascina la storia che sta dietro. Amo ascoltare come le persone hanno costruito i propri sogni, questi sono eroi: sono riuscite a realizzare ciò che una volta era un sogno seguendo ciò che il cuore diceva loro. 



Tu hai un grande seguito sui social, come hanno cambiato questi il tuo lavoro e la sua visione di esso?

Ancora non capisco come sia possibile, è stupendo. Le persone con me sono sempre state gentili, positive ed incoraggianti. È stato il primo posto in cui ho sentito di poter mettere realmente in gioco il mio punto di vista. I social media danno voce a coloro i quali inizialmente non avevano una piattaforma, ma già avevano un messaggio da raccontare, è strepitoso. 


Louis Rubi

Una definizione di bellezza?

La bellezza non è definita da canoni, si trova ovunque. Fermati ad osservare qualcosa per più di tre secondi e la troverai lì.


Louis Rubi

Secondo te, come può un uomo essere elegante?

In generale penso che gli uomini siano più limitati in fatto a cosa possono indossare, è un po’ noioso. L’eleganza riguarda il sentirsi sicuri di sé, l’accettarsi e il vestirsi con gioia. Mi piacciono gli uomini che si prendono cura della scelta dell’outfit ogni giorno. 


@lr3_community

Raccontami qualcosa sul tuo stile, il quale ha un ruolo importante sui tuoi social. Cosa non può mai mancare nel tuo guardaroba? Perché questo amore per l’oversize?

Le persone apprezzano il fatto che io giochi con volumi e proporzioni, mi piace sbizzarrirmi anche con i colori. Io amo indossare abiti larghi ed oversize da quando sono bambino, è una sensazione pazzesca.



Puoi darmi la tuo opinione in merito a questo periodo molto difficile? Come credi cambierà il sistema moda dopo il Covid-19?

Quando ripenso alle cose accadute in passato, i momenti peggiori della mia carriera si sono sempre trasformati nei più positivi. Ogni periodo difficile ed ogni crisi sono perfetti per riflettere e fare valutazioni sulle cose che non stanno funzionando come dovrebbero e su come cambiarle. Nella nostra industria la lista è lunga e dunque c’è molto lavoro da fare. Mi riferisco a molti fattori: cultura e cambiamenti nell’atteggiamento, internet, bisogni ambientali, cicli stagionali … ecc. Dobbiamo rivoluzionare l’industria ancora una volta.



Siccome Man in Town è molto affine al tema dei viaggi, puoi raccontarmi quale sarebbe la tua destinazione dei sogni (anche se ora possiamo viaggiare più che altro con la mente)?

Sarebbe o una città movimentata come Tokyo, oppure un posto lontano per trovare pace e quiete.

Sei mai stato in Italia? Hai un ricordo speciale o qualcosa che ti è piaciuto in modo particolare?

Sì, molte volte. Amo follemente l’Italia. Spagna e Italia condividono molte cose. Mi piace come le persone in Italia siano passionali ed il fatto che l’Italia è un Paese che si prende davvero cura ed è orgoglioso della sua eredità culturale. Gli italiani comprendono l’importanza della creatività e della bellezza, d’altronde ne sono circondati!



Raccontami della tua città e del tuo Paese, qualcosa da vedere e da fare

Io sono originario di un paese chiamato Badajoz, a sud ovest della Spagna. Me ne andai quando ero piccolo e da lì ho vissuto in luoghi diversi. Attualmente sono stabile a Barcellona, una città meravigliosa in cui è facile vivere e che è collegata bene a tutto il mondo.

La Spagna ha un sacco da offrire, se dovessi visitarla per la prima volta sicuramente farei un roadtrip, attraversandola tutta in macchina.

Il tuo motto personale, una citazione che ti caratterizza?

FALLO DIVERTENDOTI … altrimenti ogni cosa diventa un lavoro.



Quali sono i tuoi progetti e sogni per il futuro?

Il mio sogno sarebbe vedere LR3 crescere e mostrare che anche nell’industria della moda le cose possono essere fatte in maniera differente.

Disinfettare lo smartphone: come e quando farlo

Lo sapevi che lo smartphone che usi abitualmente ogni giorno, può trattenere sino a 9 giorni ogni tipo di virus o battere? Ebbene si è così, lo confermano anche studi recenti tedeschi condotti per verificare quanto il covid-19 rimane sulle superfici come metallo, vetro e plastica. Da questi studi è apparso anche che non solo il coronavirus resta sulle superfici per diversi giorni ma anche altri come la sindrome acuta respiratorie, (SARS), La sindrome respiratoria del Medio Oriente (Mers) e il coronavirus umano endemico (Hcov).

Di fronte a questi studi non resta altor che disinfettare lo smartphone con attenzione, ma sapete come fare? Ecco i nostri migliori consigli per una pulizia accurate del vostro dispositivo telefonico.

Come disinfettare lo smartphone

Prima di disinfettare lo smartphone scollegatelo dalla corrente e spegnetelo, a seguire se possibile togliete anche la batteria (se il modello in vostro possesso lo permette).

A seguire passate alla pulizia utilizzando solo un panno inumidito con una soluzione realizzata in casa con 50% di acqua e 50% di alcool. Disinfettate così lo schermo e il retro del telefono oltre alla custodia con attenzione.

Il panno che potete utilizzare per la pulizia può essere un dischetto di cotone levatrucco o di cotone, pelle di daino o ancora la salvietta che utilizzate per pulire i vostri occhiali da vista o da sole. Questi panni per la pulizia sono molto delicati ed evitano di graffiare il telefono.

Importante dopo aver disinfettato il vostro smartphone lavate con accuratezza il panno che avete per evitare di contaminare altri oggetti in casa. Se invece avete usato del cotone gettatelo subito nella spazzatura.

Non spruzzate mai spray o acqua qua e là, potreste così danneggiare irreparabilmente il vostro smartphone.

Inoltre fate attenzione a non usare neanche tovaglioli, fazzoletti di carta o altre fibre di carta sono abrasivi e possono sfrisare il telefono.

Altra accortezza va alla custodia che quando si rovina è bene venga sostituita quanto prima.

Leggere attentamente le indicazioni di pulitura di ogni singolo produttore di cellulare, ogni produttore ha le sue regole e i prodotti da utilizzare per pulire il proprio telefono pena la decadenza della garanzia, se si danneggia il dispositivo per averlo gestito in maniera incorretta.

Riaprono le palestre: 5 consigli per allenarsi in totale sicurezza

Dopo mesi di lockdowm di quasi tutte le attività ecco che la vita sta riprendendo più o meno normale. Da poco hanno riaperto anche le palestre i vari centri sportivi come le piscine, i circoli del tennis o del golf e via dicendo, ma tutto in totale sicurezza seguendo rigidi protocolli per la sanificazione per proteggere la salute di tutti.

Se anche tu fai parte degli amanti della palestra e vuoi ricominciare a frequentarla ecco i consigli per allenarsi in totale sicurezza.

5 consigli per allenarsi in totale sicurezza

Cominciamo col dire se potete di misurarvi la temperatura corporea a casa prima di recarvi in palestra, in questo modo se la avete alterata evitate di andarvici.

Se non lo fate a casa prima dell’ingresso in palestra un incaricato vi potrà rilevare la temperatura e se questa è uguale o superiore ai 37,5° vi vieterà l’ingresso.

Stabilita la vostra temperatura idonea all’ingresso in palestra per allenarvi in sicurezza seguite anche questi 5 consigli.

Igiene delle mani

All’entrata deli locali della palestra, troverete un dispenser per igienizzanti mani da utilizzare in entrata e in uscita.

Distanze di sicurezza e igiene negli spogliatoi

All’interno di docce e spogliatoi va assicurata una distanza minima di 1 metro. Il titolare della struttura dovrà garantire un adeguata igienizzazione e sanificazione di tutti gli ambienti: armadietti, spogliatoi, docce e luogo di allenamento a fine giornata.

Sala attrezzi

Durante l’utilizzo degli attrezzi la distanza di sicurezza aumenta di un minimo di 2 metri. Gli attrezzi avranno un maggior distanziamento e anche la limitazione ad alcune zone di allenamento.

All’interno della palestra se vi sono diverse stanze di allenamento troverete anche vari dispenser per l’igienizzazione delle mani.

Ogni singolo attrezzo dopo essere stato utilizzato deve essere igienizzato dal personale, se vedete che questo non viene fatto portatelo all’attenzione del gestore e prima di usarlo assicuratevi che venga pulito.

Telo

Portate con voi un telo per coprire ogni singola macchina prima di utilizzarla, così non entrerete mai in contatto diretto con essa ed eviterete ancora di più eventuali contagi.

Scambio di oggetti personali

E’ vietato anche lo scambio di ogni oggetto personale come bottiglia di acqua, borraccia con bibita, asciugamano, auricolari per la musica e via dicendo.

Ognuno deve portarsi i suoi oggetti da casa e tenerli con cura a fianco a sé senza che vengano utilizzati da altri e senza dimenticarli in giro per la palestra.

“Il sogno dell’alieno” il mockumentary che fa satira politica


Che cos’è la politica? Per definizione si intende “la scienza e la tecnica, come teoria e prassi, che ha per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica”. Quale percezione collettiva pare che la teoria sovrasti di gran lunga la pratica, cioè la prassi, e che la politica venga avvertita come un concetto impalpabile, come un’insieme di idee irrealizzabili, come un’utopia
A confermarlo è il mockumentary di Alberto D’Onofrio “Il sogno dell’alieno”, sceneggiato insieme a Carlo Fabrizio ed Alessandra Ugolini e prodotto da Zodiack Active; un documentario finzione che ha intento parodico e satirico, uno sbeffeggiamento al mestiere del politico, uno sfotto’ a cui tutti, parlamentari e media, hanno abboccato. 

Il regista Alberto D’Onofrio ha selezionato un team di artisti, quattro per l’esattezza, che hanno inscenato un fasullo partito politico manifestante per la durata di un anno intero; 365 giorni di proteste, manifestazioni, striscioni presentati in mutande, sì perchè il primo slogan è “Siamo giovani in mutande e cresceremo in mutande”, una frase pessimistica che contesta la mancanza di sostegno al lavoro per i giovani e le continue fughe di cervello all’estero. 


Quattro attori si sono immersi nella parte di giovani rivoluzionari con l’impegno comune di cambiare l’Italia, di farla diventare un paese libero e concreto, ragazzi che vorrebbero una politica di fatti e non di parole ma che, grazie a questo esperimento sociale, hanno di fatto dimostrato quanto invece la parola sia l’unico mezzo utilizzato nel grande show che è la politica stessa. 

Dai primi blocchi e infiniti controlli della Polizia e delle Forze dell’Ordine, il “gruppo di alieni” si fa strada nei comizi e sui giornali. Le immagini dei rivoluzionari in boxer e giacca nera fanno il giro del web; i giornalisti iniziano a intervistarli, la stampa ne pubblica il manifesto, addirittura le loro maschere maxi da alieni nuotano oltre il confine italiano e “Il sogno dell’alieno” diventa un’ eco, che sarà poi la base di un ipotetico partito politico. 

Andrea Amaducci è la voce grossa, è lui che parla in pubblico, un artista di strada ferrarese dai grandi occhi indagatori, uno di quelli a metà tra il folle e il bravo ragazzo; Matteo è un cuoco e un rapper italiano che scriverà delle proteste in rima; Paola è una performer milanese e Marta è una studentessa iscritta a Farmacia. Le loro facce saranno stampate su tutti i rotocalchi italiani, anche quando si presenteranno vestiti da mummie per ironizzare su un titolo francese che faceva riferimento al ritorno in campo di Berlusconi. Li vedremo colorati da capo a piedi a mo’ di bandiera italiana durante il Festival del Cinema di Venezia quando, i paparazzi in attesa di Ben Affleck, si ritroveranno questi folli mezzi nudi trasportati da una imbarcazione per le merci. 

D’altronde la politica è piena di performer, pensiamo a Beppe Grillo che è un ex comico, a Ilona Staller, alias Cicciolina, ex porno attrice, e la lista è lunga; pensiamo a dei concetti basici, banali, talvolta privi di significato e a frasi fatte, componiamo in questo modo il linguaggio della politica ed il gioco è fatto; con questi pochi ingredienti è sufficiente prendere tutti per il naso! Non è quello che vediamo e di cui siamo spettatori da secoli?! 

Ed ecco che dalle grandi piazze italiane ai comizi pubblici, i ragazzi alieni col sogno della politica raccolgono le firme degli esponenti di PD, Rivoluzione civile, Scelta Civica; sottoscrivono l’Agenda anche Daniela Santanchè, Matteo Salvini, Ignazio La Russa, Vittorio Sgarbi che corregge un punto dell’agenda trasformando un “L’Italia può diventare il primo paese per la produzione di cultura” in “L’Italia E’ il primo paese per la produzione di cultura”; uno Sgarbi coinvolto che scommette su questi smutandati dalla volontà di ferro e che ricorda un Renato Guttuso politicante e spera in un Picasso parlamentare. 

“Via la SIAE” dice Salvini; “Spazio ai giovani e più diritti per tutti” grida Alessandra Moretti del PD; “Più lavoro ai giovani” sottolinea Lara Comi; Federico Bocci incita all’aumento delle nascite; “Più Nord Italia” sottoscrive la Santanchè; “Diffondiamo l’amor di patria” inneggia La Russa. Un elenco di ovvietà condito da una sottile ironia, fa notare Massimo Giannini, vicedirettore de La Repubblica, e una grande promozione di utopie riferisce Renato Mannheimer, sociologo italiano. In fondo sono artisti questi quattro di noi, e gli artisti non favoleggiano sulle nuvole inseguendo un goal? Ma quanti segnano e quanti invece rimangono in mutande?! 

Come fece Joaquin Phoenix nel mockumentary “Io sono qui” interpretando un rapper e abbandonando i panni dell’attore, gli alieni de “Il sogno dell’alieno – Storia di un grande bluff” si sono calati nella parte per un intero anno, il 2012, per poi rivedersi dal divano di casa nel febbraio 2013 su Sky Cinema

Il finale rimane aperto con una domanda: “E se Amaducci si fosse candidato?” 
A voi rispondere!

Essenziali per l’uomo in vacanza: la guida ai capi cult dell’estate

L’estate sembra quasi arrivata, almeno dalle temperature, e anche se in questo momento le vacanze sono rimandate a tempi migliori noi vogliamo ricordarvi che lo stile non ha tempo e magari, vogliamo rinfrescarvi le idee. 

Le scelte dell’uomo che veste di stile cercano sempre di rimandare a un’identità, vogliono comunicare un messaggio: chilling sotto le palme, al fresco, con i colori, il mare e le mete lontane. Ecco, la moda dell’estate gioca con la geografia del mondo per essere oggi orientale, domani afro, o hawaiano. 

Ecco una piccola, ma evocativa, guida allo stile maschile dell’uomo in vacanza.

Camicie con stampe tropicali, a manica corta per il perfetto gentleman on holiday con colletto “camp”, o ancora stesso modello ma con stampe in perfetto mood anni ‘50. Blazer per le occasioni daily o anche serali in cui non si rinuncia allo stile, verde menta, blu cobalto e beige chiaro, ecco i colori dell’estate.

Nella gallery: Sandro Paris, Chimala, Faherty, Dolce & Gabbana, Gucci, Maison Margiela, Deveaux New York, Versace, Saint Laurent.

Shorts e bermuda sopra il ginocchio, pratici e trendy per molte delle occasioni estive. 

Sandali, alla schiava o sabot, che richiamano ora il safari, ora l’Havana, da tenere nella withlist dell’estate, perfetti anche con pantaloni in lino, classici. 

Occhiali da sole pop, sofisticati e futuristici per l’uomo casual in vacanza, sempre on time. 

Nella gallery: Prada, Dolce & Gabbana, Mykita

E a proposito di tempo, gli orologi per le vacanze possono essere un trait d’union tra sport e leisure time con dettagli eclettici e funzioni hi-tech di ultima generazione. 

E per finire, le borse, comode, ma sempre più personali. D’altronde quello che conta è l’attesa delle nuove avventure e le immagini di noi stessi in un contesto nuovo, surreale e suggestivo che solo una vacanza può regalare.

Intervista a Marco Ferrero-ICONIZE

Marco Ferrero, alias ICONIZE, è uno degli influencer e Tik-Toker Italiani più famosi al mondo. Nato a Biella ma adottato da Milano sin da quando aveva diciotto anni. Giugno è il mese dell’orgoglio omosessuale, e proprio lui del suo coming-out ne ha fatto un video virale che è passato alla storia, gioca e scherza sull’argomento con contenuti esilaranti. Segni particolari: bello e pazzo da far innamorare.



Come hai iniziato a fare i tuoi video?

Sin da piccolo ho sempre avuto questa passione per la fotografia che mi ha trasmesso mio nonno, che era un appassionato d’arte lavorando nel tessile, e così ho iniziato a scattare foto ai miei amici per poi postarle su facebook.

Praticamente loro erano i miei modelli, e poi un po’ per caso e un po’ per fortuna i miei video hanno iniziato a diventare virali, ma non era assolutamente quella la mia intenzione.

Alla fine, la mia creatività è stata premiata, quindi mi reputo anche fortunato.

Questi video li fai tutti da solo o hai un team che ti aiuta?

Credo che sia proprio la mia caratteristica, non ho persone che lavorano per me, anzi faccio tutto da solo dal montaggio alla regia.

Poi a volte quando lavoro per un brand importante mi appoggio a qualcuno, ma penso sempre che sia l’idea quella importante e non la tecnica.



A proposito dei tuoi video, voglio sapere tutto su quello del “pene saltellante”.

In quel periodo ero a Miami, e una mia a mica ha pensato ovviamente di regalarmi questo costume di carnevale a forma di pene con dimensioni umane, era sicura che qualcosa avrei combinato di certo.

Infatti, ho iniziato ad andare in giro per la città, con la gente che nel frattempo scattava foto e faceva video, in quanto capisci bene che non è da tutti i giorni vedere un pene che saltella in giro!

Come lo hai vissuto il periodo del lockdown?

Chiaramente è stata una tragedia un po’ per tutti, però io dai momenti no riesco sempre a trarne qualcosa di buono, ed infatti mi son messo a creare contenuti che magari rimandavo da tempo, ed invece avendone molto a disposizione ho messi a frutto le idee.

Ho sfruttato anche il momento visto che non ero solo io ad avere troppo tempo a disposizione, tutti quanti erano sui social molto più del solito.



Ho visto che ti sei cimentato anche nella conduzione, vorresti diventare un Mike Bongiorno? 

Mi vedrei a condurre qualcosa tipo “Total request Live” come quello che facevano da piazza Duomo a Milano, e poi mi son divertito a condurre “Mai dire quarantena”, idea che mi era venuta appunto stando a casa.

Come ti è venuto in mente il tuo nome d’arte ovvero ICONIZE.

Sinceramente non lo so nemmeno io, però mi ricordo che era di notte, sempre dal fatto che fotografavo i miei amici, ed alla fine li volevo iconizzare, e tutt’ora sono convinto che sia stata la scelta giusta, mi ci rispecchio.



Raccontaci del tuo coming-out.

Normalmente quando le persone scelgono di fare questo passo, iniziano dagli amici più stretti, hanno sempre un po’ di timori nei confronti della famiglia, io invece nel 2011 ho scelto di farlo nel modo più plateale possibile, ho fatto un video e l’ho messo in rete. Sono felice di averlo fatto perché in quel momento c’erano veramente pochi personaggi pubblici che sceglievano di farlo e questo mi ha dato una grande forza.

I 50 anni di Glastonbury nell’estate silente dei festival

“Do you recognise this noise?” È il suono del calpestio danzereccio dei piedi, del battito secco e ritmato delle mani, è l’odore dell’estate e l’eco corale di milioni di voci che colorano i luoghi di “culto” della musica dal vivo. È il rumore insonne e festoso dei figli putativi di “Woodstock” e dell’”Isola di Wight”, di quell’itinerante comunità di revellers che, ogni anno, affolla i “vivai del suono” a partire dai palchi del Coachella, nei californiani Empire Polo Fields di Indio, fino ad arrivare nel cuore dell’Europa, nella campagna verde e fangosa della contea del Somerset, per il Glastonbury Festival.

Nel settembre del 1970, il giorno dopo la morte di Jimi Hendrix, il lattaio di Pilton Michael Eavis allestisce, nella Worthy Farm di 150 acri ereditata dal padre, il primo sperimentale antesignano del “Glasto”, il Pilton Pop, Blues & Folk Festival. Marc Bolan, Keith Christmas, Stackridge e Al Stewart si esibiscono davanti a un pubblico di 1.500 persone simbolicamente paganti, il prezzo di una sterlina incluso il latte gratuito della fattoria. L’anno successivo prende forma e sembianza il Glastonbury Fayre, un grande raduno hippie dal libertino e idealistico spirito da “Summer of Love” documentato, in chiave cut up, nell’omonimo film diretto da Nicolas Roeg e Peter Neal.



La seconda edizione è ricordata come uno degli avvenimenti leggendari della musica underground inglese, una delle rare occasioni in grado di superare le barriere tra il pubblico e i musicisti, con musica, danza, poesia, teatro ed esibizioni estemporanee. È anche l’anno in cui a esibirsi è un giovane capellone, sconosciuto ai più, un certo David Bowie che si presentò bizzarramente vestito in foggia androgina con cappello da moschettiere, pantaloni a zampa e scarpe con tacco alla “Re Sole” e cantava, al levar del sole, il viaggio spaziale di Major Tom di Space Oddity.

Gli anni ottanta hanno visto il Festival trasformarsi in un vero e proprio evento annuale che, nonostante il clima non sempre favorevole, ricordiamo le piogge torrenziali del 1985 (che non impedirono di certo agli audaci partygoers di assistere agli spettacoli con la fanghiglia alta fino alle ginocchia), resta uno degli appuntamenti più attesi e longevi. Uno straordinario melting pot di arte, musica (non c’è nome che conti che non abbia calcato il suo palco) e persone. “Puoi sederti intorno ad un falò qualunque o fare la fila a una bancarella e sentire come un caldo abbraccio collettivo. Guardi un estraneo e ti rendi conto di avere tantissime cose in comune”. Ci sarà un motivo perché i biglietti (al costo di 250 sterline) sono sold out in una manciata di minuti mesi prima dell’evento, quando ancora non si ha la più pallida idea di quale sarà la line up dei cantanti?

Il Glastonbury è un “luna park” ideato su misura per i bambini e fatto a misura di “festival habituè”, è intergenerazionale, è un punto di unione tra culture, è respirare per tre giorni una libertà parallela e anacronistica, è immergersi in una gioviale atmosfera atemporale. 



La bucolica Valle di Avalon, la leggendaria isola di Re Artù e del Sacro Graal, e la distesa da 900 acri della tenuta di Michael Eavis, anche quest’anno, erano pronti ad accogliere gli oltre 180.000 festanti “pellegrini” per celebrare tutti insieme quello che sarebbe stato il Festival dei Festival. I 50 di Glastonbury. Ma il 24 giugno non ci saranno “wellies”, tende e campeggi a calpestare le verdi campagne della storica Worthy Farm. Il Pyramid Satge di Bill Harkin dall’alto dei suoi 30 m non si illuminerà a festa. L’evento è annullato. Così come non ci sarà il consueto raduno, in mezzo al Danubio, della “Love Revolution” con i suoi 400.000 Szitizens e la baldoria dei 60 palchi dello Sziget sull’isola della libertà di Óbuda, a nord di Budapest. Gli spettacoli pirotecnici e i colori iper saturi delle scenografie idilliache e favoleggianti del Tomorrowland non illumineranno il cielo della piccola cittadina belga di Boom. Anche il tempio della musica elettronica spegne le sue console. Nel cuore del deserto del Nevada il grande fantoccio di legno non brucerà nel rituale del Burning Man. La sua comunità non celebrerà il solstizio d’estate nell’immaginaria città dall’anarchia organizzata di Black Rock City. Per le strade di Perugia, nell’Arena Santa Giuliana, in Piazza IV Novembre e nel Chiostro di San Fiorenzo non echeggerà il beat del jazz. 

Dal Sonar di Barcellona all’Ariano Folk Festival, la musica dal vivo indossa la fascia nera al braccio. Tutti gli eventi sono annullati a causa dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di Coronavirus. I lavoratori dei concerti sono stati i primi a chiudere e saranno gli ultimi a riaprire. Se per gli altri ambiti culturali di “visione”, come il teatro o il cinema, è possibile pensare a protocolli di ripartenza, per i luoghi di “interazione”, come i festival musicali, ciò crea dei cortocircuiti. 



Un Festival, come ci suggerisce l’etimo stesso, è una grande “festa” che non conosce, per sua natura, forme di distanziamento. È aggregazione, socialità, condivisione. È massa, contatto, è il piacere di stare insieme. L’idea di contingentare la folla riducendola a mò di soldatini di terracotta trincerati in quadrati divisori, apparirebbe difficile e contro natura. Per questo, in tanti pensano che una vera ripresa del settore dei concerti non avverrà fino alla scoperta e alla distribuzione del vaccino: cioè quando il rischio del contagio sarà riportato allo zero o quasi. Spesso abbiamo sentito la frase “Music will save the world|La musica salverà il mondo”, questa volta ha incontrato un avversario più temibile della sua forza. Ma ritorneremo laddove abbiamo lasciato. È solo un momentaneo “a data da destinarsi”.

Hype sensation: Vision of Super

Saper abbracciare la molteplicità delle discipline artistiche: è questa la mission del brand Vision of Super. Lo streetwear di Dario Pozzi ha già conquistato artisti del calibro di Sfera Ebbasta, Junior Cally ed Elettra Lamborghini e vanta una distribuzione in oltre 100 selezionati negozi (80 in Italia e 20 tra Asia e Australia).


“Il nostro obiettivo – dichiara Pozzi in esclusiva a Man in Town – è quello di fornire prodotti di altissima qualità con un prezzo competitivo e un’ottima distribuzione. Vogliamo essere il primo approccio a un marchio di lusso. Lo scorso gennaio abbiamo creato anche una fantastica collezione in cobranding con Colmar, il lancio ufficiale è per il prossimo settembre.” La fiamma è il simbolo del brand, e nonostante la pandemia in atto, non accenna certamente ad affievolirsi. “Stiamo ampliando le nostre strategie di comunicazione online e offline, in modo da essere pronti e veloci una volta si ritorni alla normalità. Inoltre, stiamo cercando di tradurre tutti i nostri progetti in ottica di sostenibilità: a breve, infatti, lanceremo un nuovo capitolo green legato al marchio. Le vendite online, sul nostro e-commerce, durante questa pandemia, non sono diminuite. Anzi, si sono rafforzate, così come l’acquisto di accessori in edizione limitata, da collezione.”



Abbiamo chiesto al direttore creativo come muterà lo streetwear dopo l’era Coronavirus. “È forse la domanda che ci stiamo ponendo più frequentemente in queste ultime settimane. Continuerà a esistere, ne siamo certi, ma si tradurrà in qualcosa di più specifico, ancor più settoriale, per dialogare al meglio con i clienti. Lo streetwear, poi, si fonderà ancor di più con l’universo del lifestyle: è facile, quindi, che felpe e T-shirt, nel futuro, verranno vendute all’intero di concept store riproposti in hotel di lusso. O, ancora, le grandi palestre dedicate ai nuovi sport utilizzeranno i capi streetstyle come divisa di activewear. Sempre più interazione, quindi. E sempre più possibilità di crescita.”



Inoltre Vision of Super si è schierato fermamente a sostegno del movimento a favore della fine del razzismo in solidarietà alla comunità black

Sinestesia tra i sensi: slow drinking, food pairing e fragrance bar

La sinestesia è un fenomeno che prevede la contaminazione dei sensi e le esperienze sinestetiche dimostrano tre caratteristiche principali: sono provocate da uno stimolo, sono percezioni coscienti e sono automatiche. Abbiamo chiesto a tre esperti del settore beverage, food e fragrance di raccontarci i loro esperimenti e di come la stimolazione di un senso innesca una risposta predicibile e riproducibile in un altro senso.

Radici ben salde nella tradizione, da cui partono per innovare, ma con uno sguardo rivolto alla sostenibilità e alle tendenze del momento, che talvolta possono rivelarsi nuove vie su cui soffermarsi e fare ricerca.

La nostra intervista a BE Barman Eventi, Mimosa Milano e Campomarzio70

@be.barman.eventi

@mimosa_milano

@campomarzio70

Che cosa fa un bartender oggi e come nasce la tua passione per la mixology? 

Alessandro – BE Barman Eventi: Quella che fino allora avevo creduto fosse semplice curiosità, si è palesata quale passione che non avrei più abbandonato, in occasione del primo corso di mixology che mi regalarono al termine del mio percorso di Laurea in Economia e Commercio. Il mio fu un vero riconoscimento.

Fare della mia passione la mia professione, è senz’altro un privilegio. E ancor più aver potuto interpretare e vivere in “prima linea” l’ultimo decennio, in cui è avvenuta la divulgazione della mixology in Italia, e la ricerca è divenuta trainante. Oggi il bartender ruba letteralmente dalla cucina dei grandi chef tecniche d’avanguardia, ricette, ingredienti e attrezzature e riedita i grandi classici nella versione “twist on classic”, ricercando, scoprendo e interpretando ingredienti particolari e un po’ sorprendenti, per elaborare sciroppi, acque aromatizzate, estratti, infusi, olii essenziali e shrub.

Un abbinamento nuovo può esaltare e svelare caratteristiche e potenzialità nascoste di un ingrediente, fino allora destinato a un uso ormai consolidato e che invece è ancora tutto da scoprire e da esaltare, e da cui veder nascere nuovi sapori in cocktail innovativi, sorprendenti e di qualità. 

Parlateci di trend e di stile. Negli ultimi anni il mondo del beverage sta cambiando, in che direzione stiamo andando? 

Alessandro e Giovanna – BE Barman Eventi: Il mondo dei cocktail è variegato e complesso e nel corso del tempo ha assistito a un cambio di gusti, di materie prime e di tecniche utilizzate. In continua evoluzione, proprio per la contaminazione con altre arti ma anche per fenomeni che ne hanno accelerato la divulgazione. 

Da una parte il boom che ha visto come protagonista il Gin, la cui versatilità gustativa dovuta alle diverse combinazioni di botaniche al suo interno, ha consacrato il Gin&Tonic tra i drink più popolari, aumentando la consapevolezza del consumatore. Dall’altra, l’utilizzo e la sperimentazione legata a ingredienti inediti quali ad esempio il Sakè, i Mezcal o provenienti dal foraging, e non ultimi i fermentati, o ancora il thè e il caffè, con cui mi piace creare sciroppi, infusi alcolici e analcolici, polveri da utilizzare per decorare.

Oltre al tema imprescindibile legato alla sostenibilità, la grande tendenza è volta all’esperienza creativa, emotiva e sensoriale, che si esprime nella qualità attraverso la selezione della materia prima.

La Mixology oggi è tesa a mettere al centro e amplificare l’esperienza sensoriale, e lo fa mettendo il focus sul drink pairing, il cui protagonista indiscusso è l’abbinamento fra food e drink, lo scambio reciproco di sapori che esalta il viaggio gustativo, con lo scopo di riuscire a creare delle emozioni, delle alchimie in bocca e sul palato; e lo slow drinking, inteso come lo stile di vita volto a trasformare una semplice consumazione in arte della degustazione. 

Quali messaggi si possono trasmettere attraverso il beverage? 

Giovanna – BE Barman Eventi: penso che la convivialità sia uno dei messaggi più forti che si possa trasmettere. L’atmosfera e l’intimità che si creano nella degustazione vissuta come esperienza condivisa, sono uniche e sempre diverse. Accomunano e creano vicinanza.

Movimenti eleganti, misurazione attenta degli ingredienti e una spiegazione raffinata, affascinante ed esaustiva di quello che si sta andando a degustare rimarrebbero fini a e stessi se non si facessero tramite di qualità e bellezza. Il mantra oggi è scoprire per conoscersi meglio, per evolversi e migliorarsi. 

Le nostre drink list sono sempre pensate ad hoc, proprio perché con la personalizzazione delle ricette, dell’estetica e dei sapori, e attraverso la degustazione anche visiva, vogliamo andare incontro alle aspettative del cliente, rendendo fruibili i messaggi da veicolare.

Cultura, passione, bellezza nel senso più ampio del termine e pertanto fare e stare bene, ogni volta un po’ di più.

Come nasce il tuo concetto di catering Mimosa Milano e secondo te esiste una sinestesia tra cocktail e food? 

Mimosa – Mimosa Milano: nasce nel gennaio 2018, quando dopo aver lavorato in svariate realtà stellate e avendo osservato con attenzione l’ambiente che mi circondava, decisi di concentrare tutte le mie forze e la mia passione in un progetto che mi rispecchiasse appieno, così ho aperto. Il concetto alla base del mio lavoro è di offrire un servizio quanto più attento ai dettagli, alla qualità dei prodotti e alla bellezza in senso ampio. Il rispetto delle materie prime è alla base di tutto. Anche per questo mi sono trovata subito in sinergia con il lavoro di Giovanna e Alessandro, abbiamo una visione molto simile e questo ci fa avere tanta affinità professionale.

Più che una sinestesia, che li pone quasi su piani differenti, penso che tra cocktail e food ci sia un forte legame di sensi, si può giocare con la vista, l’olfatto e il gusto per creare un pairing che susciti emozioni e sensazioni differenti.

Nei nostri esercizi di stile, Alessandro ed io ci divertiamo a decidere cosa far assaggiare prima e cosa dopo e come determinare un prolungamento del sapore quanto un rimando olfattivo. 

Quali sono gli abbinamenti meglio riusciti e come nascono?

Mimosa – Mimosa Milano: quando si abbina il food al beverage esistono delle combinazioni “storiche”, date anche dalla conoscenza degli abbinamenti vino-pietanze, che ci suggeriscono i sapori e gli odori che si sposano meglio tra loro. Sto pensando per esempio a un sapore tendente all’affumicato, al morbido, o strutturato come può essere una carne, che ben si abbina a un alcolico con sentori di legno come un Wiskey, caldo, accogliente, aromatico; o ancora un cibo dal sapore leggero, acido, allegro, come un pesce crudo o una verdura fresca marinata, che immaginerei accompagnati a un drink altrettanto acido, fresco e perché no, con una punta di bollicine. 

Penso che la buona riuscita di un pairing avvenga quando si crea equilibrio, il beverage non deve sovrastare il sapore del cibo e viceversa, ma trovare forza e identità l’uno nell’altro.

Ancora più divertente è quando si riesce a combinare sapori che si completano e si prolungano durante la degustazione alternata. Con Alessandro abbiamo lavorato molto bene a un pairing per un evento autunnale che prevedeva due proposte, la prima un bignè craquelin allo zafferano ripieno di spuma di cicerchie e liquirizia in abbinamento a un drink composto da gin aromatizzato al mandarino, sciroppo di camomilla, infuso di zenzero e liquirizia, una punta di sale al mandarino, in questa proposta avevamo scelto di dare risalto all’aroma balsamico della liquirizia proponendolo come richiamo, lo zafferano ne allungava il sapore, mentre il mandarino, lo zenzero e la camomilla alleggerivano il tutto e coloravano di freschezza e allegria l’esperienza. Per la seconda proposta abbiamo scelto di abbinare un uovo di quaglia leggermente affumicato, marinato nella soia con l’aggiunta di miele di castagno, zenzero, te nero a un drink a base di Mezcal, infuso al tè nero al gelsomino, frutti rossi, marmellata di pere e miele di castagno, devo dire che qui la sensazione era totalmente diversa: l’affumicato dell’uovo e il Mezcal, il salato della soia e la marmellata di pere, creavano un sorprendente equilibrio di contrasti, dando la sensazione che food e beverage fossero un tutt’uno, concepiti come un unico sapore. Davvero sorprendente.

Quali sono le nuove tendenze in ambito food

Mimosa – Mimosa Milano: Come per il beverage anche l’ambito food è in continua evoluzione. Purtroppo le mode che negli anni si sono avvicendate, parlo di mode di prodotti, non hanno tenuto conto di tanti aspetti che oggi sono imprescindibili. La cucina negli ultimi anni si sta facendo portavoce di quelle che devono essere scelte etiche e di sostenibilità in materia di prodotti e di stili di cucina, inutile dire che un avocado che viene dal Brasile o un salmone allevato a mangimi e antibiotici non hanno un valore qualitativo né etico, se paragonati alla quantità di prodotti unici ed eccezionali che può vantare la nostra penisola. A tal proposito sono davvero felice che il mondo del food stia tornando a una cucina più semplice, meno fronzoli e più sostanza, che avvicina le persone, una cucina comprensibile che stupisce per la genuinità delle materie prime e per la conoscenza dei cuochi che le trasformano. La nuova “moda” sono le storie che ci sono dietro, trovo di una ricchezza assoluta poter assaporare un pomodorino del piennolo e conoscere la storia dell’agricoltore che l’ha coltivato, riuscire a percepire l’acidità e la dolcezza che solo la terra, il sole e il vento gli hanno dato. Sostenibilità è di tendenza, ed era ora! Ormai non può esistere una cucina che non faccia attenzione a proporre piatti sostenibili e in linea con le problematiche attuali, chi ancora non l’ha capito è vecchio, resta indietro, ecco, in questo caso la parola “moda” abbinata al cibo mi piace! Per terminare cucina italiana e prodotti italiani, questa è la tendenza.

Continuando con le sinestesie, se volessimo coinvolgere altri sensi? 

Valentino Di Liello – CAMPOMARZIO70: di certo anche l’olfatto è protagonista di quest’esperienza, inscindibile dal gusto.  

È in conformità a quest’intuizione che abbiamo sviluppato e consolidato la nostra collaborazione con BE Barman Eventi sul Fragrance Bar e il pairing olfattivo. 

Campomarzio70 coltiva da quattro generazioni la cultura olfattiva, prima ancora di occuparsi di distribuzione e vendita di fragranze di ricerca. Durante il lockdown abbiamo organizzato numerose dirette Instagram con i nostri nasi (i creatori di fragranze, ndr), postando al termine di ciascuna la ricetta di un cocktail ispirato al profumo best-seller proprio di quel naso, ideata da BE Barman Eventi. Soprattutto in questo contesto, in cui si sta riscoprendo il valore della lentezza, concedersi il tempo per immergersi, a più livelli, in un momento in grado di coinvolgere più sensi, riconoscendo l’effetto su ciascuno e l’armonia dell’insieme, crediamo possa regalare un approccio nuovo alla fruizione di una fragranza, così come di un piatto o di un cocktail. 

Quando la percezione di una fragranza diventa immediata e ti emoziona? 

Valentino Di Liello – CAMPOMARZIO70: è una reazione istantanea quando nel profumo che stiamo annusando, riconosciamo un elemento familiare che la nostra memoria olfattiva ha incamerato, ad esempio. È un processo fortemente inconscio. Nel tempo abbiamo osservato nei nostri clienti le reazioni più diverse, dal sorriso alla sorpresa o ancora alla commozione. Il potere evocativo dell’olfatto è straordinario e al tempo stesso siamo forse poco abituati a riconoscerne l’impatto. 

C’è un criterio per scegliere il profumo perfetto o ci s’innamora e basta di quell’odore? 

Valentino Di Liello – CAMPOMARZIO70: un profumo è perfetto nella misura in cui emana quello che noi vogliamo comunicare di noi stessi, che tra l’altro può cambiare da un giorno all’altro. Possiamo aver voglia di sentirci più autorevoli, oppure cerchiamo una carica di energia, oppure qualcosa di più intimo e personale. L’abilità sta nel saper leggere, da parte di chi propone una fragranza, questi desideri. E interpretarli, poi, nella maniera più corretta.

Quali sono i sapori, gusti e profumi che preferite? 

Valentino Di Liello – CAMPOMARZIO70: di certo quelli che invitano a un’interpretazione creativa. Trasferire su cibo e bevande le note gourmand di una fragranza è più scontato. Farlo, come nel caso di Citizen X di Ex Nihilo, che al pepe bianco combina note di legni di mastice e iris, oltre a un’innata brillantezza, è di certo una sfida molto più intrigante.

Avete pensato a una sinestesia da dedicare a ManInTown?

Pariamo di un uomo cittadino del mondo, che ama viaggiare ed esplorare ma non rinuncia allo stile.

Valentino Di Liello – CAMPOMARZIO70: Citizen X, in questo senso, è molto calzante. Anche Wake Me Up di Familia Familia, con la sua freschezza agrumata, o Cedarise, legnoso aromatico della nuova linea di profumi molecolari Hermetica, completamente priva di alcol e molto persistente, darebbe il giusto allure a questo “man in town”.

Illustrazione di Irene Ghillani

Alessandro – BE Barman Eventi & Mimosa – Mimosa Milano: Partendo dalla piramide olfattiva di Citizen X, abbiamo estrapolato le note della fragranza per creare un pairing tra drink e food. Alessandro – BE Barman Eventi: Il cocktail che abbiamo pensato è a base di Gin aromatizzato all’olio essenziale di iris, uno sciroppo al pepe bianco che rimanda alla nota pungente tipica della fragranza e infine abbiamo bilanciato l’acidità con del succo di bergamotto. In degustazione la prima sensazione è di spiccata freschezza alla quale seguono note floreali e pungenti di iris e pepe bianco, lasciando 

sul finale le note balsamiche e amaricanti del bergamotto. Il drink è presentato in un bicchiere le cui forme prendono ispirazione dal flacone di Citizen X, linee nette, maschili che rimandano anche alla forma del cubo singolo di ghiaccio presente nel bicchiere.

Una foglia d’argento completa il drink con un ulteriore rimando al design del profumo.

Mimosa – Mimosa Milano: Il finger proposto è un cubo di melone bianco non ancora maturo, messo in osmosi in un estratto di sedano, timo limone, finocchietto selvatico, sale e aceto, in questo modo le sensazioni verdi del sedano e aromatiche delle erbe penetrano all’interno del melone coprendone il sapore ma conservandone la consistenza cruda/croccante. Una goccia di emulsione alle mandorle e pepe bianco completa il finger. Alla degustazione si avvertono subito sensazioni fresche e acide, accompagnate da note balsamiche e infine la nota di pepe bianco avvolge la bocca. Come per il drink anche il finger riprende il design del flacone, è presentato su un disco metallico che rimanda al tappo della fragranza.

Per la degustazione vi consigliamo di iniziare con un assaggio di drink per preparare la bocca al finger.

Come vi siete reinventati in questo periodo e quali sono i vostri prossimi progetti?

Alessandro e Giovanna – BE Barman Eventi: il lockdown ha imposto a noi tutti dei rallentamenti, se non addirittura uno stop, che però ha permesso di risintonizzarci con quel concetto slow di cui parlavamo in apertura, con il concedersi del tempo per apprezzare fino in fondo il sapore del momento, il poter fare un’esperienza multisensoriale e, in definitiva, il vivere meglio. Abbiamo così colto l’opportunità data dal periodo per coniugare tutto ciò con la ritrovata esigenza di rimanere un po’ più a casa, scegliendo di trascorrere il proprio tempo con le persone a noi più vicine, e in primo luogo con noi stessi. Naturalmente portando a casa un’esperienza! Sono nate così le nostre Drink Experience Box, collegate ai corsi digitali one-to-one con Alessandro e contenenti tutto il necessario, dalle attrezzature alle materie prime, per cimentarsi (o regalare) un’esperienza immersiva nel mondo della Mixology, a propria scelta. 

A breve vedrà inoltre la luce, un progetto in gestazione da più di un anno, cui teniamo molto: “Eleven”, la gamma di cocktail ready-to-serve da noi ideata sia nelle ricette uniche che nel packaging completamente sostenibile, unitamente al nostro Gin, Vermouth e Bitter.

Mimosa – Mimosa Milano: Devo dire che questi mesi sebbene difficili per tanti motivi, sono stati per altrettanti, un rinnovarsi. In questa chiusura ho potuto riflettere davvero su quelle che sono le tematiche importanti, la natura, i rapporti tra le persone, il tempo a disposizione e ho voluto tradurre questi pensieri nella mia attività. È nato da marzo un bellissimo progetto di beneficenza che si chiama SOSTENIAMOCI, per cui ho voluto sostenere sia i piccoli produttori che lavoravano abitualmente con me proponendo i loro prodotti sotto forma di ricette della tradizione italiana in bag acquistabili dal mio sito, sia le persone a casa regalando loro un momento speciale e di condivisione, il tutto in un’ottica più grande, perché l’intero ricavato del progetto, sotto forma di generi alimentari freschi, è devoluto settimanalmente alla onlus CAF che si prende cura di minori allontanati da famiglie difficili.

Di certo non possiamo ancora pensare agli eventi con l’idea che avevamo prima, ma ho pensato a tanti nuovi modi per poter far vivere l’esperienza Mimosa Milano, come con le box aperitivo che sto sviluppando con BE Barman Eventi, prossimamente acquistabili online, o con gli eventi digitalbrand experience per cui oltre al food & beverage offro un servizio di event planning o ancora con le lezioni di cucina online. Sto sviluppando un servizio di chef a domicilio, avvalendomi anche del mio team di collaboratori specializzati, considerando che la propria casa sarà ancora per un po’ il luogo dove ci sentiremo più a nostro agio.

Entrambi siamo d’accordo nel dire che questo periodo ci ha portato a riflettere sulla bellezza dell’essere slow, sull’importanza di concedersi del tempo per apprezzare quello che ci circonda, ha rafforzato le nostre idee sull’agire nella semplicità, puntando all’essenza del prodotto, ha infine avvalorato l’idea della condivisione, e della ricchezza che ne deriva.

“Belvedere Vodka”, la vodka di lusso e le ricette da star

Perché Belvedere Vodka è definita la vodka da degustazione e speciali ricette da rifare a casa


L’angelo più elegante del cinema lo sorseggiava con noia sfiorandolo con lunghi guanti in raso: è la Audrey Hepburn di “Breakfast at Tiffany’s”, e il cocktail in questione è il “White Angel”, un preparato di vodka e gin in parti uguali. Bisogna avere personalità per berne senza esitare, e la stramba Holly ne aveva da vendere! 

In “The Blues Brothers”, durante il concerto al Palace Hotel, ormai circondati dalla polizia i ragazzi si esibiscono e lo sceriffo, interpretato da John Candy, si gode lo spettacolo ordinando un “Orange Whip”, un mix di vodka secca, rum ambrato, succo d’arancia e panna. Uno show per il palato!

L’“Atomica bionda” impersonata da Charlize Theron ha lanciato la “vodka alla Lorraine”, un drink anarchico in cui aggiungere alla coppa vodka e ghiaccio a piacere! Per vere ribelli! 

E nella stagione più divertente della serie di tutti i tempi, “Peaky Blinders”, la terza per l’esattezza, una frizzante contessa dal nome Petrovna strappa gli equilibri ed entra prepotentemente nella vita del protagonista, Thomas Shelby, coinvolgendolo in piccanti festini a suon di vodka e donne dalla dubbia moralità. 

Insomma la vodka vuol farsi sentire al cinema come nei bar, modificando gusti e preferenze degli amanti del bere bene. Ma se fino ad oggi l’immaginario collettivo ha sempre ricordato la vodka come un distillato utile alla miscelazione di altri ingredienti, c’è qualcuno che ne cambia le sorti: Belvedere Vodka! Il primo marchio al mondo che inserisce il concetto di “terroir” nel mondo della vodka! Un concetto che ben si sposa alla storia dello champagne, ma che nel distillato vodka ha una nuova strada tutta in salita. 

Belvedere Vodka infatti vanta l’appellativo di “Polska Vodka”, un fregio similare al DOC esteso ai vini. Caratteristiche fondamentali sono l’uso della segale coltivata esclusivamente in Polonia, la totale assenza di zuccheri e additivi aggiunti, la presenza di acqua sorgiva di proprietà di Belvedere Vodka. 

A rendere Belvedere Vodka non più un distillato come altri inodore e insapore, è proprio la presenza della segale che conferisce un aroma naturale al liquido, che le regala un retrogusto di pepe bianco e vaniglia grazie al quale può essere utilizzata come alcolico da degustazione
Non ultimo, il package, un’elegante bottiglia trasparente che permette di vedere la freschezza e la chiarezza del distillato e l’effetto tridimensionale del disegno: il Palazzo Reale da cui prende il nome. A tutti gli effetti Belvedere Vodka è definita la vodka di lusso, da sorseggiare sola o per rendere preziosi i vostri drink. 

Nella nostra diretta Instagram (@manintowofficial), insieme al brand ambassador di Belvedere Vodka, Paolo Viola, ne abbiamo selezionati due per voi, che potrete riproporre a casa ai vostri amici o per un brindisi à deux

1 – Il Cosmopolitan di Miriam

E’ il cocktail preferito da Carrie Bradshaw, che in Sex and the City lo ordina ad ogni party, evento o serata di gala. 
La ricetta originale, dal sapore agrumato, prevede succo di cranberry, il mirtillo rosso americano, e una base classica di vodka, triple sec (aromaticità e dolcezza) e succo di lime.

La rivisitazione “Cosmopolitan di Miriam”: 

Belvedere Vodka Pure 50ml 
Liquore all’arancia 20 ml 
Succo di Pompelmo Rosa 
Ghiaccio

Utensili:

1 Shaker (o barattolo) 
1 Jigger (o tazzina)
1 Spremi Agrumi (o a mano)
1 Tagliere 
1 Coltello 
1 strainer (o colino)
1 Cucchiaio 
1 Pela patate

Bicchiere di servizio: Coppa Martini

Procedimento:

Dopo aver sistemato la postazione con tutti gli ingredienti, bisogna preparare il succo di pompelmo rosa: tagliare dunque il pompelmo a metà e con uno spremi agrumi ottenere il succo. 
Versare poi gli ingredienti nello shaker: prima il succo di pompelmo rosa fresco, poi il liquore all’arancia e infine Belvedere Vodka. Riempire ora lo shaker con ghiaccio, chiudere e shakerare energicamente. Versare il liquido in una coppa martini precedentemente rinfrescata con un passaggio in congelatore e procedere con una doppia filtrazione (strainer dello shaker + colino). Come decorazione possiamo fare un peel di pompelmo rosa con un pela patate e coltello. 
La struttura del drink è data dall’utilizzo di Belvedere Vodka, a base di segale, che lo rende un drink con ancora più carattere. 

2 – Belvedere Vodka Sour aromatizzato al basilico

Nel mondo della miscelazione, “sour” allude all’utilizzo di una parte dolce (Sciroppo di zucchero) e una acida (agrume). 
Curiosità: a dare voga a questo tipo di drink è il whisky, con la nascita del whisky sour. Oggi qualsiasi utilizzo di base alcolica che viene miscelato con succo di lime e sciroppo di zucchero è considerato un “Sour”, ed ecco il Vodka Sour con Belvedere Vodka. 
Ricetta Originale: Vodka, succo di lime e sciroppo di zucchero. 

Rivisitazione al basilico: 

Belvedere Vodka 50ml 
Succo di lime 15 ml 
Sciroppo al basilico fatto in casa
Basilico fresco
Ghiaccio
Utensili:
1 Shaker (o barattolo) 
1 Jigger (o tazzina)
1 Spremi Agrumi
1 Tagliere 
1 Coltello 
1 Colino 
1 Cucchiaio 

Bicchiere di servizio: Tumbler Basso 

Procedimento:
Dopo aver sistemato la postazione con tutti gli ingredienti, preparare il succo di lime fresco. Tagliare dunque il lime a metà, spremerlo e versare il succo dentro lo shaker, insieme allo sciroppo al basilico e infine Belvedere Vodka. Riempire lo shaker con ghiaccio e shakerare con tanta energia per almeno 10 secondi, versare poi il liquido in un tumbler basso, facendo una doppia filtrazione con un colino. Riempire il bicchiere di ghiaccio e come decorazione una fogliolina di basilico. 

Preparazione Sciroppo al Basilico: 
1KG Zucchero
500ml Acqua 
10\15 foglie Basilico

Procedimento:
In una pentola metti a scaldare l’acqua. Appena l’acqua inizia a scaldarsi, versa lo zucchero. Mescola in continuazione per evitare che lo zucchero si attacchi alla pentola. Porta ad ebollizione. Lascia bollire per almeno 2\3 minuti e spegni il fuoco. A fuoco spento metti dentro la pentola le foglie di basilico e mescola bene affinchè liberi tutti gli aromi. Togliere poi le foglie di basilico una volta che lo sciroppo si è raffreddato. 

E buon divertimento! 

L’eccellenza British di Smythson, dalle agende tascabili agli accessori amati da reali e celebrità

Nonostante la pervasività del digitale abbia inglobato, da anni, la scrittura a tutti i livelli, alcuni connoisseur restano devoti alla calligrafia, con la sua liturgia di agende, lettere, taccuini e altri articoli di cancelleria. Smythson è uno dei (rari) templi di questo singolare culto, un marchio e, prima ancora, uno store londinese dove la cartoleria di alta gamma trova la sua massima espressione, diventato nel corso dei suoi 133 anni di storia una realtà d’eccellenza anche nella produzione di accessori in pelle.

Un percorso iniziato nel 1887 con l’artigiano Frank Smythson, che inaugura un negozio di “cancelleria elegante e di classe” al 133 di Bond Street, la via dello shopping più elitario nel cuore di Londra. La possibilità di personalizzare la carta da lettere, incidendovi con apposite matrici parole, nomi o stemmi araldici, attira ben presto l’attenzione dell’alta società, a cominciare dalla Corona britannica.

I traguardi più significativi vengono tuttavia raggiunti all’inizio del Novecento, quando il fondatore lancia una versione particolarmente capiente e strutturata della doctor bag, un modello di borsa a mano squadrato all’epoca molto diffuso, e soprattutto l’accessorio simbolo dell’azienda, l’agenda in pelle, che rivoluziona da par suo: Smythson, infatti, ne riduce le dimensioni e lavora il pellame in modo da renderlo leggero e flessibile, preservandone al tempo stesso la robustezza; nel 1908 nasce così un modello tanto discreto da poter essere tenuto nella tasca interna della giacca o, nel caso delle signore, nel bauletto.

Il successo è immediato, nell’arco di pochi anni le agende tascabili della boutique diventano un must del jet set, conquistando famiglie reali europee, maharaja, dive della golden age hollywoodiana e altre celebrità: tra gli aficionados di Symthson si contano le attrici Vivien Leigh, Grace Kelly, Claudette Colbert e Katherine Hepburn (la star quattro volte premio Oscar possedeva due quaderni speciali, caratterizzati dalla dicitura “London California New York” e dalle iniziali puntate sulla copertina), avventurieri di fama mondiale quali Sir Ranulph Fiennes e Charles R. Burton, il padre della psicoanalisi Sigmund Freud… Per non parlare di Winston Churchill o Lady Diana.
Nel 1964 per l’insegna di Bond Street arriva il primo Royal Warrant, l’onorificenza concessa dalla monarchia alle aziende sue fornitrici da almeno un lustro, cui seguiranno altri tre sigilli reali fra gli anni ’80 e il 2002.

Nel tempo Smythson amplia ulteriormente il proprio ventaglio di proposte, che continua a ruotare intorno all’universo della scrittura e del viaggio: le borse di ogni formato, da quello mini di pochette e portadocumenti al medio e maxi di zaini, tote bag e borsoni, affiancano buste, cartelle, diari, biglietti bon voyage, ecc.

Il denominatore comune è la qualità di materiali e lavorazioni, fondamentali per realizzare accessori con tutti i crismi dell’artigianalità, pensati per una clientela sofisticata e cosmopolita, amante del lusso discreto, suggerito soltanto dai particolari: ad esempio, le impunture ton sur ton o la firma, ossia la denominazione completa del marchio – “Smythson of Bond Street, Est. 1887”-, stampigliata in piccoli caratteri dorati.

Tra le agende attuali, il modello di punta è rappresentato dalla serie Panama, evoluzione del suddetto “antenato” ideato nel 1908 da Frank Smythson, talmente iconico da venire soprannonimato, appunto, “The Panama hat of books”, in omaggio al cappello maschile più popolare d’inizio secolo. Tutti i diary e quaderni presentano comunque pagine in carta Featherweight dall’inconfondibile nuance azzurro polvere, diventata la cifra cromatica del brand insieme a quella, leggermente più scura, del Nile Blue.

Smythson è oggi presente, oltre alle dieci boutique di proprietà, in department store come Saks Fifth Avenue, Selfridges, Harrods e Le Bon Marché. Sotto la guida dall’ex chief designer officer di Burberry Luc Goidadin, arrivato a dirigere l’ufficio stile nel 2018, il marchio londinese sembra pronto ad aggiungere al suo heritage ultracentenario molte nuove pagine, ovviamente di colore azzurro. 

After life: la commedia nera di Ricky Gervais

Non fermatevi alle parole che leggete nelle sinossi, non abbiate paura di guardare.

After life, la serie tv targata Netflix, scritta diretta e interpretata da Ricky Gervais è la storia di un uomo che vive il lutto dovuto alla scomparsa della moglie morta di cancro; qui, l’ossimoro sembra essere dietro l’angolo perché vi accorgerete che si ride, eccome.

Per chi non conoscesse Ricky Gervais è sufficiente andare su youtube, godersi l’ultimo discorso fatto ai Golden Globe che ha presentato per ben cinque volte, e rendersi conto che pensare che abbia un approccio non proprio convenzionale è a dir poco eufemistico. 

Il famosissimo comico britannico interpreta Tony, un uomo di mezza età, giornalista del Tambury Gazzette, un giornale gratuito che lui stesso ritiene possa essere usato, nelle migliori delle ipotesi, come fondo delle lettiere per gatti, manifestando fin dalle prime battute, con frasi come questa, una repulsione verso qualsiasi essere umano che entri in rapporto con lui.

Il protagonista si fa carico di un’infelicità che non conosce consolazione ed è questa la base sulla quale lo spettatore interagisce con Tony al punto che sembra quasi affiancarlo nei ripetuti e successivi tentativi di risalita emotiva. Le puntate sono scandite da atti minimi di una quotidianità consumata da questo personaggio burbero quanto consapevole costretto a passare il tempo nella speranza che arrivi presto a fine giornata.

After life è una dramedy dal retrogusto tipicamento british, che palesa un punto di contatto tra sarcasmo e asprezza senza impedire che il tutto si affacci ad una forte umanità. La cornice di questo successo è l’ambientazione in una piccola cittadina che conferisce quel piacevole gusto di routine, oltre che i numerosi personaggi che affiancano Tony, bizzarri ed eccentrici, tanto da ricordare la citazione fatta nel corso di una puntata da una protagonista la quale afferma che a volte è come essere nel film ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’.

Ricky Gervais riesce, inoltre, nella impresa di descrivere l’amore sotto una luce completamente diversa, attraverso una visione a cui non siamo abituati, partendo da una posizione prospettica inusuale e lontana per raccontare una relazione: l’assenza.

Dopo le prime due stagioni è ufficiale l’uscita della terza, non prima però del 2021, ed è notizia di pochi giorni fa la concreta possibilità che Gervais si sieda ad un tavolo con i vertici di Netflix per discutere di una probabile puntata speciale di Natale. 

La colazione perfetta

Dopo un lungo periodo di lockdown, abbiamo ripreso tutti a lavorare e ora più che mai abbiamo bisogno di concentrazione ed una buona dose di energia per affrontare al meglio le nostre giornate. La base di tutto? Una sana ed equilibrata alimentazione, partendo dalla colazione. Quante volte avete sentito dire “La colazione é il pasto più importante della giornata?”. Ecco qualche spunto per iniziare al meglio una giornata lavorativa da Nicole Carosini (@nicolecarosini), imprenditrice digitale e mamma a tempo pieno.

Partiamo con il dire che la prima colazione deve contenere i nutrienti principali: proteine, vitamine, fibre e carboidrati. Se state già pensando alla classica colazione italiana composta da caffè o cappuccino con brioches, siamo sulla cattiva strada! Dopo il digiuno notturno, é meglio evitare di aggredire improvvisamente il pancreas con una carica di zuccheri. Una colazione sana ci farà guadagnare molta più energia e concentrazione. La prima cosa da fare è quella di selezionare esclusivamente alimenti freschi e di qualità, accantonando il cibo spazzatura o insaccati pieni di conservanti. 

La mia colazione preferita in assoluto è composta proprio da questi alimenti, che uso per creare le mie energy bowl mattutine.  Utilizzo sempre come base lo yogurt greco o skyr e lo unisco agli altri alimenti. Oggi ad esempio prendiamo la papaya, con cacao amaro, avena e semi di lino. Ecco nello specifico gli alimenti utilizzati:

Yogurt greco e skyr

Entrambi ricchissimi di proteine, ma con una differenza sostanziale. Lo skyr è un formaggio cremoso di origini islandesi, più denso rispetto allo yogurt e leggermente più acidulo. La quota proteica é di circa 11 gr di proteine per 100gr di prodotto. Lo yogurt greco invece nasce in Grecia ed è uno yogurt più cremoso rispetto ai classici yogurt, prodotto con latte di pecora o capra. Anche in questo caso il contenuto proteico è alto 11 gr di proteine per 100gr di prodotto, ma è più grasso rispetto allo skyr.

Infine, lo yogurt greco contiene fermenti lattici vivi, che sono un probiotico di grande aiuto per la nostra flora batterica intestinale. Lo skyr essendo un formaggio non può vantare la stessa qualità.

Papaya 

Frutto dolce e leggermente aromatico dalla polpa morbida e pastosa. Perfetto per gli snack dolci, ma anche un ottimo ingrediente per le insalate e ricco di vitamina C. La papaya è uno dei frutti esotici che mettono al riparo l’organismo dagli stress della stagione fredda.. quindi è un ottimo integratore naturale contro i mali stagionali.

Cacao amaro 

Ingrediente consigliato a chi pratica attività fisica essendo ricco sali minerali. Oltre ad essere un componente energico, ci limita anche il colesterolo.

Avena

Cereale ricco di fibre utile per regolare i livelli di colesterolo nel sangue. Da alcune ricerche sembrerebbe che sia un ottimo riequilibrante del sistema nervoso dando ottimi risultati in caso di depressione e nervosismo. 

Semi di lino 

Semi ad alto contenuto di fosforo, magnesio e proteine. Conosciuti per le loro proprietà emollienti e protettive, sono utili per combattere le infiammazioni interne (ad esempio in caso di cistite) o esterne a livello epidermico.


Mixando tutti gli ingredienti possiamo ottenere una TROPICAL ENERGY BOWL come raffigurato nell’immagine.

Da ultimo, una serie di utili consigli validi per tutti i giorni per evitare il gonfiore addominale da applicare durante la giornata: mangiare lentamente, bere tisana al mattino e sera, evitare di masticare gomme, consumare probiotici, fare piu pasti ma di piccole quantità, utilizzare lo zenzero.

Testo di Nicole Carosini

Capelli e sole, i prodotti per l’estate

Tra sole, cloro e acqua salata, in estate i nostri capelli sono messi a dura prova ogni giorno. Per mantenerli in buona salute però, bastano piccoli accorgimenti da mettere in pratica tutti i giorni.  

Partiamo ad esempio con gli shampoo delicati, purificanti o riparatori. Dato il forte caldo, i capelli tendono a diventare grassi più in fretta e quando in programma ci sono piscina, mare e sport da spiaggia, è spesso necessario lavarli tutti i giorni, motivo per cui è meglio optare per formule delicate. Se i capelli tendono a seccarsi velocemente, è meglio optare per le formule specifiche studiate per l’esposizione al sole. Interessanti anche gli shampoo bar, un’alternativa sostenibile a quello liquido e ideale per vacanze in barca o brevi weekend grazie al poco ingombro.

Altro alleato sono le maschere. Che siano corti, di media lunghezza o lunghi, per aumentare la resistenza dei capelli alle aggressioni basta lasciare in posa una maschera riparatrice dopo lo shampoo per reidratare e ristrutturare la fibra in profondità.


Insieme alla maschere specifiche, sono ottimi anche gli spray solari, ideali da utilizzare in spiaggia o in piscina durante l’esposizione al sole o dopo i bagni in acqua.

Schwarzkopf

Ogni giorno è un #oceansday

La giornata mondiale degli oceani non si limita a un singolo evento in cui i riflettori vengono puntati sul tema della salvaguardia del pianeta. Dare continuità a un’iniziativa così importante per le nostre vite, significa creare delle nuove abitudini e alimentare la speranza di un futuro per l’ambiente delle generazioni future e di tutte le meravigliose specie animali e vegetali che fanno parte del nostro straordinario ecosistema.

Da piccoli gesti che riguardano la responsabilità del singolo individuo, ad iniziative portate avanti da nomi altisonanti del settore moda, tutto deve essere fonte d’ispirazione perché nessuno pensi di poter rimandare a domani, perché tutti dobbiamo fare la nostra parte.
La plastica che si accumula nel mare, in pochissimo tempo, si frammenta in microplastiche che inevitabilmente viene ingerita dai suoi abitanti marini, un processo che finisce per portare nelle nostre tavole i nostri stessi rifiuti.

Tra le aziende impegnate in prima linea per la salvaguardia degli oceani, North Sails ha un ruolo di grande importanza, perché da 25 anni, insieme a WWF Italia, si prende cura attivamente della tartaruga Caretta Caretta, attraverso un attento monitoraggio, salvaguardia dei siti di nidificazione, cura e riabilitazione degli esemplari che rimangono feriti proprio a causa dei rifiuti che possono essere letali per molti animali. Grazie a “WWF e North Sails insieme per le Tartarughe Marine” fino al 16 giugno, sarà possibile acquistare “Free the sea”: una limited edition di t-shirts realizzate con l’uso di materiali misti, cotone e fibre a base di cellulosa ricavate da viscosa, bambù e alghe. Il 10% del ricavato sarà devoluto per sostenere quest’attività che ogni anno salva almeno 500 tartarughe marine che popolano il nostro Mar Mediterraneo.

Anche Carvico, Jersey Lomellina e Aquafil danno, da diversi anni, il loro fondamentale contributo per promuovere un’industria della moda sostenibile, creando le tecnologie adeguate per un prodotto sostenibile. Aquafil è l’azienda che ha dato vita alla rivoluzionaria fibra ECONYL®, un filo di poliammide rigenerato fatto al 100% di materiali di rifiuti e materiali di scarto pre e post consumer, tra cui anche le reti da pesca recuperate dai fondali marini. Mentre Carvico e Jersey Lomellina s’impegnano quotidianamente di proporre ecotessuti prodotti con materie prime riciclate.

Inoltre, nel 2013 quando Aquafil ha sugellato il suo profondo impegno nei confronti dell’oceano con Healthy Seas, a Journey from waste to wear, l’iniziativa che si pone come l’obiettivo di disintossicare le acque dalle reti da pesca incagliate nei relitti o dispersi nei fondali. Carvico e Jersey Lomellina sono stati tra i primi a partecipare all’iniziativa diventandone partner.

Osteria Candalla, il paradiso in Versilia

Per chi ama, conosce e frequenta la Versilia, sa benissimo che la bellezza di questo luogo non è circoscritta solo al lungomare, infatti basta alzare gli occhi e vedere la maestosità delle Alpi Apuane.



Infatti, proprio a Camaiore nella località Lombrici appena sulla collina sorgono le cascate naturali di Candalla che danno nome alla oramai rinomata Osteria.

Ai piedi del monte Prana appoggiata magicamente sul letto del fiume troviamo un ex mulino che trasformato dal genio e follia dei proprietari Alessandro, Daniela, Giulio e Massimo nel giro di pochissimo tempo è diventato “The place to be” per tutto il jet-set Versiliese.



La prima volta che si arriva si ha l’impressione di aver preso la strada sbagliata, in quanto la strada sale fino ad arrivare a destinazione.

L’effetto scenico della natura è davvero unico. La serata parte con l’aperitivo al “Bananas Bar” dove soprattutto quest’anno è diventata obbligatoria la prenotazione anche per questo rito di degustazione di vini e di cocktails, nel pieno rispetto delle misure di sicurezza.



Anche se diciamocelo, la vastità di spazio all’aperto che ha a disposizione questo ristorante è davvero invidiabile.

La maggior parte dei tavoli esterni sono disposti con un sistema a terrazze tanto amato dai vip, proprio per il senso di estrema privacy offerto ai clienti come Michelle Hunziker, Jodie Foster, Giorgio Panariello, Giobbe Covatta, Alessandro Sallusti e Patrizia D’Asburgo Lorena per citarne alcuni tra i più affezionati.



La carta vincente del menù è sicuramente un abbinamento di piatti tipici della Lucchesia come i famosi “tordelli” fatti a mano ed un’attenzione ricercata anche per clienti vegetariani, insomma praticamente impossibile non uscirne felici e con la voglia di ritornarci.

Jawline: come realizzare il contouring della mandibola

Cosa hanno in comune, da sempre, tutti i sex symbol più desiderati del grande schermo? La mandibola squadrata!



La “jawline” o linea mandibolare ben definita è la nuova pressante richiesta degli uomini di tutto il mondo: una mandibola ben evidente ed il mento squadrato rendono, infatti, l’uomo sexy, maschile, volitivo, sicuro di se’ stesso; e chi non è nato con questa caratteristica oggi può facilmente ottenerla grazie alla medicina estetica. Esistono infatti dei filler riempitivi a base di acido ialuronico ad alta densità, studiati appositamente per incrementare il volume della mandibola e del mento (fra i nuovi filler troviamo ‘Volux’, prodotto dalla Allergan, un’azienda che investe molto nella moda). In termini medici si chiama “Profiloplastica”. Alla University of Hospital di Brussel hanno perfino individuato con l’analisi fotometrica che l’angolo perfetto della mascella col volto maschile si attesta a 130 gradi nel profilo del viso; hanno inoltre constatato che nell’uomo mento e mascella sono molto più importanti della forma delle labbra, al contrario di quanto accada per quelle femminili; le labbra maschili piacciono infatti sottili e perciò ci vuole molta prudenza nel riempirle. 


Dr. Cesare Giampietro

Il Dr. Cesare Giampietro, specialista in medicina estetica ci spiega che occorre grande capacità tecnica e prudenza nel trattare un volto maschile che ha infatti delle scavature da rispettare e altre da ridurre, evitando nel contempo l’effetto di arrotondamento del viso (cosa invece da fare quando si tratta un viso femminile).

Trattando l’uomo si devono cambiare dosi e tecniche iniettive e in generale il rapporto di correzione e di 1/3 come qualità ed entità rispetto al trattamento di una donna.



Il trattamento non è affatto doloroso ed è di lunga durata; i prodotti più innovativi promettono infatti una durata che può arrivare anche a 24 mesi; è molto semplice e si svolge in meno di un’ora.

Dopo la seduta si può tornare alla propria vita sociale normalmente, anche se sarebbe opportuno evitare saune e bagni turchi, e rimanere a riposo dallo sport per qualche giorno per permettere al prodotto di espandersi e consolidarsi al meglio.

Il risultato è visibile immediatamente, ma tenderà poi a migliorare nei giorni successivi.

Ma come avviene il trattamento?

Si utilizzano siringhe pre riempite di acido ialuronico o idrossiepatite di calcio (si tratta di specifici dispositivi medicali certificati ed approvati per tale uso), il cui contenuto viene rilasciato direttamente sul periostio dell’osso mandibolare, utilizzando un ago o una cannula.

Per avere un risultato ben evidente e duraturo è opportuno usare un numero adeguato di fiale (ma ovviamente dipende dal punto di partenza del paziente e dal tipo di risultato che voglia ottenere).



Il trattamento non è assolutamente doloroso (i migliori prodotti hanno all’interno già l’anestetico).

Nei giorni successivi il paziente può avvertire una minima dolorabilità, assolutamente compatibile con le normali attività quotidiane.

In taluni casi il filler mandibolare può inoltre essere associato a “fili di trazione” allorquando ci sia anche la presenza di rughe nasolabiali particolarmente pronunciate, o se, a causa del sopravanzare degli anni, si noti un cedimento “verso il basso” dei tessuti del volto dovuto alla gravità e alla perdita di tono e compattezza della pelle.



Una tendenza sconcertante, nata sui social, è quella di utilizzare delle palline di plastica da masticare ripetutamente durante il giorno per aumentare il volume della mandibola; si tratta di una pratica che però può causare seri problemi di salute; in questo modo, inoltre, si va determinare una semplice ipertrofia dei muscoli mandibolari (muscoli masseteri) e non un vero e proprio aumento del volume dell’osso che è invece ciò che rende sexy. L’ipertrofia dei masseteri dà un aspetto a criceto (oltre a causare digrignamento dei denti durante la notte e deterioramento degli stessi, stato di tensione in tutto il corpo, cefalea e addirittura alterazioni della postura!)


Naturalmente la profiloplastica o “Jawline con acido ialutonco è un trattamento che va fatto solo da medici e per di più molto esperti; quella zona è ricca di terminazioni nervose ed arteriose per cui bisogna sapere come, dove e con quali tecniche iniettare; se eseguito da mani esperte il trattamento è assolutamente sicuro.


Profumi per dandy: L’Officine Universelle Buly 1803

Entrarvi è un’iniziazione. Che sia la boutique a Saint-Germain-Des-Près o il sito web. Varcata la soglia de L’Officine Universelle Buly, il tempo si dilata fino al 1803, anno di nascita della Maison, che acquisì notorietà in tutta Europa per le sue lozioni aromatiche, i cosiddetti vinaigres de toilette. Il fondatore ispirò addirittura a Balzac un personaggio de La Comédie Humaine.

In tempi recenti, questo marchio prestigioso è stato riportato in vita da Ramdane Touhami e Victoire de Taillac con grande rispetto della tradizione, ma anche di valori contemporanei quali sostenibilità e approvvigionamento etico delle materie prime. A Parigi sono sorti tre punti vendita dall’atmosfera retro-futurista, seguiti da altri a Londra, Hong Kong, Tokyo, Osaka, Kyoto, Séoul, Taipei, New York e San Francisco. Per la gioia dei dandy e delle muse di oggi.

La cura del corpo per il benessere dello spirito. La raffinatezza estrema come presa di posizione individuale contro la pseudocultura di massa e l’omologazione. Il rituale di bellezza come sublimazione della routine quotidiana. Questa è la filosofia de L’Officine Universelle Buly.

Una filosofia da cui derivano 87 (esatto, ben 87) oli naturali di bellezza per lo skincare più sofisticato. Pettini in materiali rigorosamente vegetali. Saponette personalizzabili con le proprie iniziali. Una collezione di profumi ispirati ai capolavori artistici del Louvre, creati dai più celebri nez per trasformare la materia plasmata dall’atto creativo in qualcosa d’immateriale ed evanescente quanto un’essenza. Una sfida impossibile, quasi esoterica. 

Le texture sono tanto sensoriali quanto evocatori sono i nomi dei prodotti: dal Sang de Dragon all’Encens du Mont Athos Byzantine. I dettagli delle confezioni richiamano alla mente i versi di Charles Beaudelaire: “Là, tout n’est qu’ordre et beauté, luxe, calme et volupté.”

Eppure, il vero tratto distintivo della Maison è la spasmodica ricerca dei segreti di bellezza ai quattro angoli del mondo. Un afflato cosmopolita che emerge in particolare nelle sue bizzarreries. Vezzi suggestivi, ma efficaci: dal magnesio transcutaneo che induce un sonno riparatore dopo il più intenso dei workout alla gomma di Chio, autentico chewing-gum dell’antica Grecia per rinfrescare la bocca. Per non parlare delle pietre semipreziose remineralizzanti, che distendono i tratti del volto o infondono lucentezza ai capelli. 

E se ancora non bastasse, quando visiterete il sito per fare o farvi un regalo, ricorrete al servizio esclusivo del telegramma calligrafato. Per inviare una missiva che non si può dimenticare.

“L’Italia che tace si è svegliata! BLM è giustizia”

Che tu sia tornato a casa completamente bagnato dalla pioggia Milanese o che per le strade di Roma, Bologna, Pisa e molte altre città tu abbia alzato un pugno chiuso al cielo, hai cambiato qualcosa. 
L’Italia che spesso tace, si nasconde ed accenna consensi questa volta è scesa in piazza per una giusta causa, il razzismo è un reato a tutti gli effetti, la violenza è una condanna e il potere di coloro che governano le società e regolano la libertà non può rimanere in silenzio innanzi alla richiesta di equità ma soprattutto rispetto. 
George Floyd probabilmente non immaginava che un giorno avrebbe mosso la coscienza addormentata di intere nazioni, ma ha pagato questo prezzo con la vita, senza respiro. 
“Black Lives Matter” non è un semplice movimento in trend sui social network, non è solo una rivolta contro uno il potere ma è un vero e proprio manifesto liberale, di giustizia e di condanna verso chi rimane in silenzio. 
Questa manifestazione di giustizia e rispetto è solo l’inizio di una rivolta sociale, chi tace è complice. 



Foto di Andrea Pascale

World Oceans Day, non c’è più tempo

L’oceano è il polmone più grande del nostro pianeta, della nostra casa, e il fornitore della maggior parte d’ossigeno che respiriamo. Per il suo inestimabile valore, dal 1992 è stata istituita la Giornata Mondiale degli Oceani, dal primo summit internazionale svoltosi questo stesso giorno a Rio De Janeiro, con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione mondiale sull’impatto che può avere sulle nostre vite il rispetto delle sue acque e preservare la maestosa bellezza dei suoi fondali, in molti luoghi ridotti allo stato brado.

Ci sono voluti anni di pressioni, finché le condizioni delle acque del nostro pianeta hanno raggiunto livelli così drammatici, che l’evento ha raggiunto un’eco potentissima, tanto da costringere i responsabili di ogni settore industriale a rivoluzionare i loro sistemi di produzione, al fine di trovare soluzioni non invasive per l’ambiente.

E poi c’è chi alla salvaguardia della terra e dei suoi mari ha dedicato la sua intera esistenza, rappresentando uno dei protagonisti più attivi di quella lotta costante che si svolge ormai da anni. Con ostinazione e un credo da guerriero, in armatura cento per cento sostenibile, Javier Goyeneche, fondatore e attuale proprietario di Ecoalf, ha portato avanti la sua causa con un approccio rivoluzionario dal 2009, che ha battezzato “Upcycling the Oceans”. Collaborando con i pescherecci, nelle cui reti rimangono intrappolate tonnellate di rifiuti di plastica, è riuscito a creare una nuova generazione di prodotti riciclati, con le stesse caratteristiche tecniche e qualità estetiche di qualsiasi altro prodotto industriale non riciclato, arrivando a sviluppare ben 400 tessuti che prendono le forme di stilosissimi accessori e capi d’abbigliamento.

Tra le nuove collezioni AI20-21 che ha riscosso un grande successo all’ultima fiera internazionale di Palazzo Pitti la giacca Glacier, la sacca Montana e la sneaker portano i colori simbolo del cambiamento climatico (rosso), il blu dell’oceano e il bianco dei ghiacciai.

E proprio in occasione dell’Ocean Week, il brand ha organizzato quattro imperdibili dirette IG con quattro Oceans Heroes d’eccezione #becausethereisnoplanetb

Il Mediterraneo al MAXXI inizia l’estate

Lunedì 1° giugno vi è stata l’inaugurazione del ristorante Mediterraneo all’interno del cortile del MAXXI a Roma, il bellissimo museo di arte contemporanea disegnato da Zaha Hadid, archistar di fama internazionale.



La cornice più unica che rara è davvero incantevole quello che ha voluto presentare l’imprenditore romano Alessandro Cantagallo è un contesto raffinato, elegante e visti gli ampi spazi che possa dare la completa sicurezza richiesta da questo momento storico.



La scelta dell’allestimento con “Homy”, ovvero degli igloo sparsi per il giardino costituiti da canne di bamboo e luci luminose i quali creano un’atmosfera accogliente e raccolta, come ricorda il proprietario è assolutamente necessaria la prenotazione, visto il numero ridotto degli ospiti rispetto ad anni passati, diventa fondamentale la telefonata per assicurarsi il proprio posto.



Questo è stato il primo vero evento post quarantena, un’immagine nuova con le persone distanziate e con mascherina obbligatoria, a tal punto da stentare a riconoscere i tanti ospiti vip intervenuti come: Bebe Vio, Isabella Rauti, Manfredi Alemanno (direttore artistico di Mediterraneo), Tess Masazza, Fasma, Antonio Aiello, Leonardo Bocci, Matteo Martinez, Beatrice Grannò.



Il progetto MEDÏTERRANEO estivo è in collaborazione con Spirito, Helbiz (con le sue soluzione di micro-mobilità green come i monopattini) e Verde Pistacchio. 

Disponibile il servizio di consegna a domicilio sulle piattaforme online Deliveroo, Just Eat, Glovo e Uber Eats. 

Sarà inoltre possibile ordinare da asporto tutti i prodotti del ristorante. La location resterà aperta tutti i giorni a pranzo (escluso il lunedì), all’ora dell’aperitivo, a cena e per il dopocena.


Born Romantic: “SAVE we believe in the power of change”

Camminando per le vie di Milano se si alza lo sguardo al di sopra del proprio Iphone potrete notare alcuni fiori appassiti catturati con una bomboletta spray sui muri della metropoli, accompagnati da un manifesto che urla “BORN ROMANTIC”. 


Collettivo di giovani artisti ribelli sotto la direzione artistica di Alessio Pomioli, i Born Romantic sono i punk della generazione Z e proprio come la natura il mondo punk nasce ovunque anche se cerchi di estirparlo, è un fiore spinoso, è cyber, è metallico, è sporco di trucco, è un fiore di città che molto spesso rimane nascosto ma che mai arrugginisce sotto i temporali, è protesta, è valore, è caos focalizzato. Born Romantic indossa le vesti del proprio io devenendo Punk Romantic. 


“Save we believe in the power of change” è il manifesto della nuova – e super green – capsule collection Punk Romantic che prova, attraverso un’identità ribelle, portando alla luce problematiche e soluzioni del nuovo millennio.
I materiali sono biologici e riciclati, dando la possibilità di scegliere in maniera green anche inconsapevolmente, sensibilizzando tutti coloro che dell’eco-sostenibilità ne fanno il proprio manifesto con una leggera vena di romanticismo e malinconia. 


“Chiedere al romantico di non essere romantico è come chiedere alla rosa di non profumare più.
Essere romantici in un mondo digitale significa essere organici in un mondo sintetico, sentirsi come un pezzo di carne nel cellophane dell’esselunga”.

Deodorante uomo: quale usare per le camicie

Mentre lavori al computer, durante una riunione importante, sui mezzi pubblici a un appuntamento importante: aloni e macchie di sudore compaiono nel momento meno opportuno. Come evitare questo fastidioso problema? Ci soffre di ipersudorazione o sudorazione eccessiva, spesso porta con sé degli abiti di ricambio, ma non sempre è possibile cambiarsi o ancora e se ci si dimentica il cambio?! Ecco qui si ha davvero un problema che spesso è piuttosto imbarazzante. Allora perché non risolvere prima dell’insorgere del problema, scegliendo il deodorante uomo più adatto?!

In commercio ve ne sono per ogni tipo di pelle e con ogni fragranza possibile, ideali anche per chi porta capi neri, così da non lasciare macchie di deodorante sul tessuto. Senz’altro in estate si cercano poi quelli che offrono freschezza come prima cosa e ancora meglio se combattono il sudore e gli aloni che può lasciare.

Se ancora non sai quale deodorante uomo scegliere per prevenire le inestetiche macchie di sudore sotto le ascelle con le camicie? Non preoccuparti scopri con questa breve guida quello più adatto a combattere le formazioni di macchie e di aloni del sudore.

Come scegliere il deodorante uomo giusto

Molti uomini hanno dichiarato che evitare la comparsa di aloni è un problema importante e prioritario quando scelgono un deodorante. In particolare perché per via dello stress, della vita frenetica e spesso anche per le condizioni di lavoro il sudore fa capolino quando meno se lo aspettano.

La scelta del deodorante uomo può ricadere su quelli spray o quelli roll-on. In quest’ultimo caso optate per quelli ad asciugatura rapida e non indossate subito la maglietta, camicia o maglione, ma aspettate che asciughi.

Il deodorante uomo spray invece va scelto fra quelli con fragranze fresche e con meno profumazione possibile. Vanno poi spruzzati a debita distanza dalla pelle per evitare che si formi una patina bianca sulla pelle.

Infine che il deodorate sia roll-on o spray optate sempre per quelli più naturali possibile con agenti chimici ridotti o addirittura senza.

Al momento il prodotto che ha riscontrato maggior successo fra i deodoranti uomo è Vichy Homme deodorante Anti-traspirante + Anti Macchie. Realizzato con una formula che offre protezione per 48 e il 95% dei consumatori ha affermato che nelle 4 settimane che lo hanno provato, i loro vestiti erano freschi e senza macchie.

Come eliminare le macchie più ostinate

Quando le macchie sono già apparse su camicie e maglie come fare per eliminarle? Basta aggiungere un po’ di bicarbonato quando i capi vanno lavati in lavatrice e insaponare a mano con sapone di marsiglia, lasciare riposare una mezz’ora e poi procedi al normale lavaggio.

Rivendicare un cambiamento: le proteste dei brand contro il razzismo

Anche la moda manifesta la propria solidarietà al movimento Black Lives Matter, nato nel 2013, per combattere il razzismo efferati gesti compiuti dalla polizia nei confronti di Travyon Martin. Oggi le proteste si riaccendono dopo l’uccisione di George Floyd, in Minneapolis. 

Al centro del dibattito la discriminazione razziale, precisamente quella dei neri, oggi il fulcro delle proteste che in tutto il mondo stanno scoppiando. Non solo tra le strade di molte città degli Stati Uniti, ma anche sui social dilaga la protesta: per l’occasione è stato creato l’hashtag #BlackOutTusday, con feed di Instagram in cui compaiono foto completamente nere, in segno di solidarietà. 

Anche il fashion system ha adottato le proprie forme di protesta postando sui social, frasi, immagini, sfondi neri: dai brand del lusso fino a quelli del fast fashion. Tutti uniti nel manifestare il proprio intento egualitario, di unicità e fratellanza con messaggi di inclusione, rispetto, cambiamento. Un cambiamento che il mondo intero oggi grida disperatamente. Ed è proprio a partire dalla moda, dall’abbracciare i valori a lei connessa, che questi messaggi debbano arrivare a tutto il pubblico. 

Da Prada che intende combattere ogni ingiustizia, a Valentino che si schiera apertamente con il movimento, o ancora Versace che rivendica l’uguaglianza, la diversità e l’inclusione con un post che dice “No al razzismo”. C’é stato anche una voce unica, quella della moda, che tocca tutto il mondo: Dior e il suo grido anti razziale, Saint Laurent chiama in causa il rispetto. Un settore come la moda deve essere in prima linea su questioni sociali come queste, sulla diversità e sul genere, a favore delle minoranze che in questo momento chiedono aiuto con tutte le forze. Louis Vuitton con un video esorta al cambiamento, alla libertà e alla pace.

Anche i brand dello sport si schierano a favore delle proteste: Nike pubblica un video emozionale con frasi che esortano al non accettare alcuna forma di razzismo, Adidas esorta tutti a unirci per combattere contro razzismo e violenza. 

Anche i marchi popolari tra i giovani non sono da meno, anzi: hanno creato una maratona con tanto di donazioni tramite i social, e non mancheranno contributi futuri da parte dei brand del fashion system. 

Il mondo impone un cambiamento epocale verso l’unione tra i popoli, la fratellanza e la pace, ora più che mai. Ci aspettiamo che la moda sia tra i primi un promotore del cambiamento epocale.

Opera Illustration

Opera è un’agenzia che rappresenta solo ed esclusivamente illustratori, pittori e artisti multimediali. 

Una realtà italiana ma con un roster che include anche artisti internazionali con un portfolio clienti worldwide.

Nata verso la fine del 2019 e operativa da gennaio 2020, Opera nasce dall’esigenza di aprire un’agenzia al servizio unicamente d’illustratori per colmare la mancanza di realtà in grado di fornire agenti per questo tipo di talents.

In Italia, infatti, sono ancora molto poche le agenzie che si occupano totalmente d’illustratori.

Abbiamo intervistato Erika Grupillo e Federica Ciuci Priori – che dopo il successo di SoapOpera Fanzine – hanno fondato Opera Illustration.

www.operaillustration.com

@opera_illustration

Copertina by: Andrea Mongia @operaillustration


Credits: Evgeniya Manko @operaillustration

Erika e Federica, che ruolo avete all’interno della vostra agenzia? 

Siamo entrambe co-fondatrici ed agenti e ci occupiamo di ogni cosa in egual modo!

Veniamo entrambe da una formazione nel campo editoriale e abbiamo sviluppato successivamente le nostre carriere in ambiti differenti ma paralleli.

Erika è una producer e agente di fotografi e videomaker, Federica è una casting director.

Nonostante i nostri lavori full-time, abbiamo fondato SoapOpera Fanzine nel 2014 (magazine di arte e fotografia) e abbiamo quindi avuto modo negli ultimi 6 anni di scoprire e conoscere tantissimi talenti che, molto spesso, non avevano la possibilità di essere rappresentati da un agente.

Il numero di agenzie che rappresentano fotografi, stylist e altri professionisti del settore è, infatti, impressionante ma sono davvero poche quelle nate solo per illustratori.

Ed è così che abbiamo deciso di lanciarci in questa nuova avventura spinte dalla grandissima passione per l’arte e dalla voglia di mettere le nostre competenze al servizio di tanti artisti che avevano collaborato con noi in passato. 

Credits: Marialaura Fedi @operaillustration

Con quale criterio selezionate i vostri artisti? C’è qualcosa che accomuna e rende unica la vostra selezione?

Il nostro roster è formato da artisti con competenze, tecniche e tratti differenti tra di loro.

Dal digitale alla pittura, dall’animazione 4d al gouache, l’obiettivo è di avere una squadra di talenti che possano coprire richieste di mercato differenti e che possano essere adatti per tante tipologie di lavori e clienti diversi.

Il fil rouge che li accomuna tutti è ovviamente il nostro gusto personale ma anche il loro avere una marcia in più: freschezza, positività, delicatezza ma anche sperimentazione e soprattutto una fortissima creatività. 

Siamo delle estete e le illustrazioni devono portare anche tanta bellezza.

Le illustrazioni devono essere un mezzo valido al pari della fotografia, una finestra per raccontare… i nostri talents devono essere degli entusiasti narratori.

Oltre a questo seguiamo e analizziamo anche le varie tendenze e richieste del momento.

Ad esempio se un settore richiede particolarmente l’animazione, ci muoviamo con lo scouting in quella direzione e così via.

Credits: Shut Up Claudia @operaillustration

Illustrazione e moda spesso camminano in parallelo. In che direzione stiamo andando? 

Con la diffusione del Covid non possiamo negare che l’illustrazione abbia avuto una piccola impennata nel settore moda. Non essendoci la possibilità di scattare con la stessa frequenza di prima, piuttosto che per mancanza di grossi budget in grado di mettere in piedi produzioni di un certo livello, tante aziende hanno preferito la realizzazione di contenuti illustrati piuttosto che di scatti fotografici.

Per non parlare del bisogno di ricollocare tanti eventi fisici in forma telematica – almeno per i prossimi mesi – di conseguenza rappresentazioni grafiche alternative piuttosto che umanoidi in 4d fanno gola a tanti brands, ma in linea di massima c’è una riscoperta dell’illustrazione da parte della moda già da qualche tempo, basti pensare al recente numero di Vogue Italia dedicato all’arte come forma di comunicazione moda…d’altra parte l’illustrazione è l’anima e la storia dell’editoria di moda!

Credits: Yuliya Yg @operaillustration

C’è un lavoro che vi ha reso particolarmente orgogliose tra quelli che avete elaborato?

La collaborazione più stimolante e recente è stata sicuramente quella di Sasha Katz x Burberry che consisteva nello sviluppo di immagini in 4d per il brand. Il lavoro ruotava intorno al tema dello stare insieme usando come leitmotiv il foulard storico della maison.

Un’altra bellissima collaborazione di cui andiamo fiere – e che si sta rivelando continuativa – è quella di Andrea Mongia per Architectural Digest.

La più poetica? Spoiler Alert: sul numero di Marieclaire di giugno troverete una bellissima storia illustrata da Yuliya G. 

Credits: Sasha Katz @operaillustration

Che cosa state imparando da questa esperienza?

Arrivando da un campo più circonciso come quello della moda, stiamo imparando che il mondo dell’illustrazioni non ha confini ne in termini di tipologia di clientela ne in termini di creatività. Un Illustratore può realizzare una tavola per ogni campo, dall’enogastronomia all’interior, dal settore automobilistico a quello dell’editoria. È un percorso stimolante che sta allargando i nostri orizzonti e ci permette di circondarci non solo di deadlines ma anche di progetti bellissimi.

Credits: Benedikte Klüver @operaillustration

In che modo guidate i vostri artisti durante il percorso creativo?

La nostra figura affianca i talents dalla A alla Z. 

Prendiamo contatti con i clienti che pensiamo possano essere giusti per il loro profilo, ragioniamo con il cliente riguardo a tempistiche, budget, fattibilità, aiutiamo l’illustratore nella comunicazione con gli art directors, li consigliamo se necessario in fase di stesura creativa e li accompagniamo verso le deadline fino ovviamente ad arrivare alla gestione di tutta la parte burocratica che li riguarda.

Credits: Chronopoulos @operaillustration

Per gli artisti che non hanno seriamente preso in considerazione la ricerca di un agente o di un’agenzia che li rappresenti, che consiglio gli dareste?

Crediamo davvero che trovarsi in sintonia con il proprio agente sia il modo migliore per iniziare una collaborazione di questo tipo. L’agenzia dovrebbe funzionare come una famiglia e si dovrebbe avere la sensazione di trovarsi a proprio agio nel roster di appartenenza sia a livello creativo che personale. È un rapporto basato sulla fiducia. Essere rappresentati da un’agenzia è un plus non indifferente. Si ha l’opportunità di entrare a far parte di una rete ampia, di moltiplicare le possibilità lavorative, di potenziare il proprio profilo e lanciarsi anche, perché no, in sfide nuove e stimolanti sapendo di poter essere aiutati da qualcuno. Un qualcuno che possa ricoprire competenze che l’artista non è tenuto ad avere. Per questo è molto importante scegliere l’agenzia giusta.

Prima di salutarvi, vorremmo sapere quali sono le new entry nel vostro network? 

Sasha Katz, un’artista che realizza opere in 4d, davvero molto interessante, e Didier Falzone, un illustratore specializzato nel menswear capace di spaziare tra tecniche differenti, dal collage all’animazione. Davvero poliedrico!

Credits: Didier Falzone @operaillustration

Nuovi traguardi per il luxury brand Alef Bags

Il suo nome è fonte d’ispirazione in una fase storica come quella che stiamo attraversando, una fase tre, caratterizzata da importanti riaperture in cui una buona dose di fiducia non può che essere accompagnata da energia positiva e invito alla continuità, ad andare avanti. Da qui Alef, il nome della prima lettera dell’alfabeto, la prima unità da cui tutto ha inizio. Un successo già annunciato in Italia e all’estero, nelle capitali più sensibili alle continue evoluzioni della moda, tra cui New York che dentro i suoi concept store ha reso le Alef Bags la cassa di risonanza dell’alta manifattura italiana. Dalle mani esperte di Tiziano Colasante che da vent’anni opera nel settore creando prototipi di grande originalità, e la marketing manager Alessia Auriemma, nasce un prodotto dinamico, in grado di coniugare eleganza e qualità estetica con la praticità, elemento necessario per conquistare il favore del mercato delle nuove generazioni.

E il 2020 sembrerebbe essere iniziato bene per Alef Bags, che ha visto inaugurare poco prima del lockdown la sua boutique nel cuore del quadrilatero milanese, in via Borgospesso, via del lusso, e vetrina di grande pregio per un prodotto che ha in sé tutti i valori del Made in Italy.

Uno spazio su due livelli caratterizzato dalla materia in resina e dai colori neutri che rendono protagonisti tagli e materiali di prima scelta degli accessori Alef e le eleganti griglie di rami in oro chiaro spazzolato. La materia e la sua sperimentazione stanno alla base del concept del brand che con le sue collezioni per l’uomo e per la donna ha messo d’accordo personalità dallo stile apparentemente divergente, ma attento alla cura dei dettagli e all’unicità del prodotto.

Pelli preziose e piacevoli al tatto, mixate ai nuovi e più tecnici materiali, sono protagonisti delle tre linee maschili: Dollaro, dedicata all’urban traveller e l’instacabile business man; Joy, per il backpack addicted ad alto impatto cromatico che non vuole passare inosservato e Nylon scelta dallo sportivo che non vuole rinunciare a un tocco di stile e alla positività, con cui i colori di questa collezione, dal verde, all’arancio, al blu elettrico, si affacciano alla calda stagione.

Le coordinate digitali del menswear in Italia secondo Lyst

Abbozzare una panoramica della moda maschile, pur limitandosi al contesto nazionale, è piuttosto complicato, di sicuro, però, le statistiche del portale Lyst rappresentano un ottimo inizio. La piattaforma britannica, infatti, fornisce con cadenza regolare l’elenco dei brand e delle tipologie di prodotto più cercati dai propri utenti, italiani compresi.

Iniziando dai marchi, la top 5, per il mese appena trascorso, vede in cima alle preferenze Off-White, seguito nell’ordine da Nike, Palm Angels, Gucci e Stone Island. Una lista che sembra certificare l’eccellente stato di salute dello streetwear: se appare scontato il primato del “solito” Virgil Abloh, dominus riconosciuto del settore, anche grazie alla direzione della linea uomo di Louis Vuitton, il secondo posto è occupato da un gigante dello sport mondiale (Nike), peraltro abituato alla collaborazione con griffe altrettanto celebri (basti nominare Supreme, Dior, Comme des Garçons, Stüssy, lo stesso Off-White, ecc).

Completa il podio Palm Angels, label profondamente influenzata dall’immaginario degli skater e, più in generale, dei giovani della West Coast americana. L’unico nome del lusso canonico, per così dire, è dunque quello di Gucci, che pure, sotto la guida di Alessandro Michele, è riuscito a rinnovare la propria estetica sui generis, nel segno del massimalismo. Leggermente diverso dai precedenti il caso di Stone Island, la cui ascesa parte da lontano, precisamente dagli anni ’80, e si intreccia alla storia di diverse sottoculture, dai paninari nostrani al brit pop, passando per i supporter delle squadre di calcio inglesi; arrivando, infine, al gotha dell’industria musicale e creativa odierna (leggi Drake o Travis Scott). A rimanere immutato, d’altro canto, è il mix di casual e sperimentalismo tecnico, imprescindibile per il marchio italiano.

Spostando il discorso sui singoli articoli, la sostanza non cambia granché: il primo posto spetta infatti all’archetipo dello streetwear, cioè la sneaker, quella bassa ad essere precisi (il modello high-top compare, invece, alla quarta voce); una calzatura ormai ubiqua, oggetto spesso di un vero e proprio culto, che meriterebbe un discorso a sé. Troviamo quindi la t-shirt, indumento trasversale quanto a gusti ed età. In terza posizione, un altro passepartout del guardaroba uomo, la giacca informale, una certezza per ogni occasione, dall’ufficio all’aperitivo (Covid-19 permettendo, ça va sans dire).

Si va sul sicuro, del resto, anche con capi quali camicia e pantalone chino, rispettivamente al quinto e sesto posto nelle preferenze degli utenti di Lyst. La lista prosegue, tanto per cambiare, con due pezzi d’impronta street: se tuttavia la felpa con cappuccio è ormai considerata una valida alternativa alla maglieria tradizionale, regolarmente presente nelle collezioni di qualsivoglia griffe, la traiettoria della ciabatta è meno lineare.

I modelli in gomma, in effetti, prima di essere sdoganati dai più temerari come alternativa a sandali e altre scarpe estive, sono rimasti a lungo confinati nell’anonimato di piscine e palestre. Negli ultimi tempi, alla fortuna delle slide ha forse contribuito la quarantena generalizzata dovuta alla pandemia, presumibilmente trascorsa indossando abiti pratici e confortevoli. Nessuna sorpresa in fondo alla classifica, dove troviamo due evergreen dell’armadio maschile, jeans e polo, rispettivamente alla nona e decima posizione.

I grandi brand diventano i nuovi direttori d’orchestra del mondo digitale

Moda e musica è lo spettacolare binomio al quale i divertiti spettatori del mondo digitale stanno assistendo. Alcuni dei più famosi e conosciuti brand hanno scelto una via di comunicazione alternativa e sorprendente, e quale mezzo migliore se non la musica per veicolare emozioni, idee e ridestare sentimenti sopiti dall’ambiente domestico. La moda approda su Spotify, la piattaforma musicale entrata a far parte della nostra vita e che ora, è teatro di playlist e poadcast che colgono nel segno; le fashion house sono la cassa di risonanza di evergreen e grandi classici della musica, per intrattenere, condividere e riportare con la mente ai set di quelle sfilate che per la prima volta, il prossimo giugno, non andranno in onda. Da Philosofy di Lorenzo SerafiniBottega VenetaMonclerBurberryPrada, Msgm e Gucci, i big della moda prendono per braccio gli utenti e li accompagnano in un percorso musicale personale che evidenzia i tratti distintivi del proprio marchio. ­

Moncler presenta una serie di playlist che hanno la particolarità di essere curate dai designer della serie Moncler genius, fin’ora le prime quattro uscite vedono come protagonisti personaggi come Matthew Williams, Hiroshi Fujiwara e Craig Green; si passa dai Joy Division ai pezzi più cool di Post Malone per poi tornare a sognare con la voce di Frank Ocean. Bottega Veneta ci intrattiene settimanalmente con una playlist aggiornata dal titolo #BottegaResidency, una selezione di brani senza tempo, originali e in puro stile Daniel Lee

John Gosling, creatore della musica degli show di Alexander McQueen, crea una raccolta per celebrare gli oltre vent’anni di carriera chiamata #McQueenMusic.

Prada ha scelto di condividere varie playlist divise per stagioni, una femminile e una maschile dal gusto vintage e un’altra più vivace che richiama la capitale francese #PradamodeParis.

Gucci ci stupisce ancora una volta, infatti propone svariate playlist ispirate alla fragranza del suo profumo ‘Mèmoire d’une Odeur’ e alla playlist ‘Chilling with Massimo Bottura’, rinomato chef delle Gucci Osterie: le raccolte suonano i più grandi successi dagli anni ‘70 fino ai primi anni 2000. Interessante notare come siano soprattutto le maison italiane a scommettere su questa nuova via di comunicazione, ora non vi resta che scegliere la vostra playlist preferita, chiudere gli occhi e sfilare ovunque voi siate. 

Karman Verdi: “There are so many ghosts at my spot”

La solitudine dell’uomo nell’era digitale raccontata da Karman Verdi.


Aperitivi virtuali, video-call lavorative e Facetime con amici fino a tarda notte, in questi mesi abbiamo appreso come la tecnologia abbia un ruolo così importante nelle nostre vite da esserne quasi dipendenti. 
Ma quando le luci dello schermo si spengono rimaniamo con noi stessi all’interno di una casa senza sbarre ma che sembra una prigione a chi ci si rivolge? Abbiamo solo i nostri fantasmi a farci compagnia? 


Karman Verdi è un giovane fotografo e compositore di Mosca, oltre ad aver fotografato personaggi come Quentin Tarantino ed aver avuto la possibilità di mostrare la sua “lente” con esposizioni, durante il lockdown si è approcciato ad un nuovo modo di rappresentare la solitudine, il sentirsi distanti anche guardandosi attraverso uno schermo, proprio come due fantasmi. 


“Non ero solo quella sera. L’aria è diventata un po’ più aspra e più aromatizzata. La gente andò in letargo in quarantena e le rare macchine che circolavano emettevano un suono simile alle onde dell’oceano lontane. Un vicino stava suonando una lenta melodia alla chitarra, mentre il mio appartamento era pieno di fantasmi.”


Prova a immaginare un progetto in cui puoi “teletrasportare” qualcosa di animato proprio nella tua stanza. Prova a immaginare come in pochi minuti uno spazio vuoto e freddo si trasformi favolosamente in qualcosa di quasi tattile.


No, non si tratta solo di fare proiezioni. Comunicare, interagire e raccontare una storia completa nei suoi veri colori: ecco di cosa sto parlando.

Le tecnologie a cui siamo abituati possono sempre essere reinventate. Le chiamate tramite FaceTime e Skype erano possibili circa 5 anni fa, ma solo ora non sembra così assurdo.


Un photoset remoto provoca una sensazione di irreale imbarazzo, come se fossimo tutti tornati agli anni ’00 e avessimo imparato a fare selfie con uno sguardo di condanna per gli spettatori. “THERE ARE SO MANY GHOSTS AT MY SPOT” è una storia su qualcosa di genuino, reale. Questo progetto riguarda l’auto-isolamento e il bisogno umano nell’intimità quotidiana. Questa è una storia di persone provenienti da tutto il mondo che hanno ancora bisogno di più comunicazione e contatto umano nonostante la quarantena e le nuove realtà.”

Foto Karman Verdi

Prodotti eco-friendly e dove acquistarli

Il mondo sta cambiando e le nostre abitudini non possono restare le stesse. Mentre la società riconosce le sfide ambientali che affrontiamo, i consumatori stanno diventando più consapevoli del loro comportamento d’acquisto.

Negli ultimi anni stanno prendendo piede nuove realtà che sposano questa ideologia e hanno deciso di puntare tutto sulla promozione e distribuzione di prodotti eco-sostenibili, pensati con l’obiettivo di accompagnare ogni persona, verso uno stile di vita waste-free – plastic-free – pakaging-free, partendo dai più semplici gesti nella routine quotidiana. Ecco una selezione di e-commerce da visitare per fare shopping in maniera eco-sostenibile.


Friendly Shop

@friendlyshopitalia

Il primo negozio d’Italia specializzato in prodotti eco-sostenibili e zero waste, non alimentari. Punto di partenza innovativo per chiunque voglia rispettare il pianeta in cui viviamo, riducendo sprechi e impatto ambientale, questo negozio apre le porte a una filosofia di vita, basata sul concreto impegno quotidiano.

Dai prodotti per la casa, abbigliamento, cancelleria, a quelli per la cura della persona. Qui si trova tutto ciò che normalmente non si trova!

Gea Shop

@shopforgea

Piattaforma dedicata alla cosmetica sostenibile, che raccoglie le migliori produzioni italiane ed europee.

Nata da un’idea di Gaia e Pasquale, alla fine dell’estate 2019, con l’obiettivo di cambiare la propria vita e seguire il loro sogno: fare qualcosa di concreto per il pianeta.

Qui potrai trovare una vasta gamma di prodotti: detergenti per il viso, scrub, saponi, shampoo, deodoranti, creme e tanto altro per la vostra beauty routine sostenibile ed efficace.

Make You Greener

@makeyougreener

Sonia e Valeria, due amiche innamorate del Pianeta Terra e grate per aver avuto la fortuna di poterlo scoprire e ammirare.

Da quest’ammirazione è nata la volontà di voler condividere le meraviglie che lo caratterizzano grazie a Make You Greener.

Un facilitatore per la transizione ecologica che si attiva mediante tre canali: consulenza e fornitura all’ingrosso di materiali sostitutivi alla plastica, commercio al dettaglio tramite e-commerce; e comunicazione tramite web.

L’aspirazione finale è quella di rendere l’ambiente e l’ecologia degli argomenti più diffusi e alla portata di tutti, di cui si discute frequentemente anche durante le #chiacchieredabar.

Serendipity 

@serendipityshopitalia

Serendipity indica la fortuna di fare felici scoperte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra.

Proprio per questo, qui troverete le alternative che stavate cercando: il bambù, l’acciaio inox, il cotone e tanti altri materiali che vi accompagneranno nella vostra nuova vita plastic free.

Tanti prodotti che spaziano dalle borracce, contenitori, articoli per l’igiene quotidiana e una particolare attenzione all’infanzia.

Il binomio (vincente) moda e sostenibilità nel report 2020 di Lyst

Concetti come riciclo, ecologia, impatto ambientale, biodegradabilità e affini, entrati ormai stabilmente nel discorso pubblico, hanno un’incidenza sempre maggiore anche quando si tratta di abiti o accessori; sembra essere questo il dato saliente del Sustainability Fashion Report 2020 di Lyst, studio ad hoc pubblicato annualmente dal motore di ricerca di moda che aggrega migliaia tra retailer internazionali e brand.

I dati utilizzati dalla piattaforma, forte dei suoi 104 milioni di utenti e oltre 20 milioni di articoli caricati soltanto nell’ultimo anno, fanno riferimento alle ricerche effettuate su Lyst e Google, ai tassi di conversione e vendita, alle visualizzazioni delle pagine, tenendo presenti anche i social network e la copertura mediatica globale. L’analisi si avvale inoltre del sistema di valutazione dell’associazione Good on You, imperniato su tre principi, ossia persone, pianeta e animali.

Per quanto riguarda il menswear, il documento offre interessanti spunti di riflessione, che si tratti di griffe o specifiche categorie di prodotto. Tra le prime, una posizione di assoluto rilievo è occupata dalla francese Veja: le sue sneakers, rigorosamente eco, sono le calzature sostenibili di maggior successo su Lyst, con un aumento delle ricerche, rispetto al 2019, del 115%. In particolare le Veja Campo, bestseller del marchio, spiccano come accessorio non in pelle più gettonato dagli utenti, apprezzato in ugual misura dal pubblico maschile e femminile.

Va poi menzionato Nudie Jeans, brand svedese votato al green fin dalle origini che, tra le altre cose, garantisce alla clientela la riparazione gratuita a vita. Il modello di punta, in questo caso, è il Grim Tim Dry, un cinque tasche in denim grezzo dalla gamba affusolata.

Altra categoria decisamente popolare su Lyst è quella dei capispalla, e il nome di riferimento è senz’altro Patagonia: nell’ultimo anno si sono registrate oltre 100.000 ricerche di giacche dell’azienda di outdoor californiana, pioniera in fatto di etica e sostenibilità. Tra gli uomini è molto apprezzato il Lone Mountain Parka, un giubbotto con zip dal design basilare, proposto nelle “rassicuranti” tonalità del kaki e del verde oliva. Restando in tema outerwear, Lyst cita il designer Greg Lauren, che, lavorando su capi vintage d’ispirazione street o militare, scompone e ricompone, in modo ogni volta diverso, materiali e texture.


In termini generali, dall’inizio del 2020 l’aumento di ricerche relative alla sostenibilità è stato del 37%: soprattutto nel caso di sneakers, borse e orologi, gli utenti tendono a utilizzare termini quali “upcycled” (+42% nello scorso trimestre), “seconda mano” e “usato” (+45%). È significativa la cifra della social impression associata, nell’arco dei dodici mesi, all’espressione “slow fashion” (oltre 90 milioni), un approccio che contrappone alla bulimia produttiva dei vari Zara, H&M e simili la qualità di capi timeless, realizzati nel rispetto dell’ambiente e delle condizioni dei lavoratori.

Concentrando l’attenzione sul nostro paese, negli ultimi tre mesi la ricerca di moda riciclata ha visto un incremento del 64% e, su base regionale, i consumatori lombardi sono quelli maggiormente sensibili all’argomento. I numeri mostrano, infine, come le donne siano più ferrate in materia rispetto agli uomini: la ricerca di marchi di abbigliamento femminile sostenibile è stata superiore del 45% rispetto a quella delle controparti maschili.

Manintown Live Talks

Appuntamento fisso di questo periodo sono le dirette instagram settimanali sulla nostra pagina @manintownofficial per raccontare volti noti e talenti emergenti del mondo del cinema, sport, food e cultura. Ecco gli appuntamenti delle prossime settimane da non perdere!

Paolo Viola

Paolo è uno dei più telentuosi bartender italiani, attualmente anche ambassador di Belvedere Vodka. Inizia la sua carriera giovanissimo e, dopo un’esperienza formativa a Londra, sente la necessità di tornare in Italia, dove ha all’attivo numerosi progetti.

Mercoledì 3 Giugno alle 19 in dialogo con @miriamdenicolo

Francesco Martino

Francesco è un attore italiano, formatosi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Grazie al teatro riesce a vincere la sua timidezza e tra i suoi film di maggiore successo troviamo “Imago Mortis”, “Fango e Gloria” e “Gli anni Amari”.

Venerdì 5 Giugno alle 18 in dialogo con @fabrizioimas

Nicola Di Benedetto

Classe 1992, disegnatore e con un’esperienza teatrale alle spalle, Nicola è una giovane promessa del cinema italiano. Tra i suoi lavori più interessanti si annovera la partecipazione nel film “Gli anni amari” del 2019, nel quale interpreta la difficile parte di Mario Mieli.

Venerdì 12 Giugno alle 18 in dialogo con @fabrizioimas

Estate 2020: le vacanze si fanno in Italia

Sarà un’estate un po’ insolita quella del 2020, ormai lo sappiamo. Di convivenza con il Coronavirus innanzitutto ma anche di distanziamento e preferibilmente di un turismo di prossimità. Questo ci permetterà di riscoprire (e sostenere) l’Italia ed evitare lunghi spostamenti che potrebbero rivelarsi complicati. Tra novità e prestigiose insegne della tradizione italiana, ecco alcune proposte per cominciare al meglio la stagione.


Hotel Tyrol

Dopo mesi di “cielo in una stanza”, il desiderio di aria aperta abbraccia anche la notte. L’Hotel Tyrol di Selva in Val Gardena, ha organizzato un pacchetto speciale, che prevede l’osservazione delle stelle con un binocolo comodamente (e privatamente) sdraiati nel prato di una baita di legno isolata (di proprietà dell’hotel), situata nello scenario favoloso delle Dolomiti. Per l’estate 2020, stagione che ricorderemo a lungo in quanto mai come in questo momento apprezzeremo i due grandi temi che da tanti mesi ci accompagnano: distanziamento fisico (la baita viene prenotata per la singola coppia) e spazio aperto, in questo caso davvero infinito. 


Falkensteiner Club Funimation Garden Calabria

Sulle magnifiche coste del Tirreno calabrese, Falkensteiner Hotels & Residences, Gruppo Alberghiero di origine altoatesina, apre a breve distanza dalla Costa degli Dei la sua nuova struttura “Falkensteiner Club Funimation Garden Calabria”. Il resort è stato ampliato e rinnovato per offrire agli ospiti un luogo incantevole, dove assaporare il flair mediterraneo in un ambiente nuovo e raffinato, a pochi chilometri dalle bellezze di Tropea, Capo Vaticano, Scilla e con le isole Eolie situate proprio di fronte, raggiungibili in barca.


Almar Jesolo Resort & Spa

L’elegante resort cinque stelle ha inaugurato la nuova stagione lo scorso 28 maggio. Con le sue 197 camere e suite, 2 ristoranti e 2 bar, la pluripremiata Almablu Spa e diversi servizi su misura. L’hotel riaprirà in tutta sicurezza per garantire un soggiorno senza pensieri, in famiglia, in coppia o con gli amici, sul lido di Jesolo.


Renaissance Tuscany Il Ciocco Resort & Spa

La struttura è davvero affascinante, circondata da un territorio ricco di bellezze da scoprire, dalla natura ai luoghi storici fino alla tavola. La Toscana è infatti una Regione che offre prodotti e sapori rinomati in tutto il mondo e anche la Garfagnana propone delizie locali tutte da assaporare. Grazie alla sua posizione privilegiata in un parco di oltre 600 ettari la vista è il panorama mozzafiato della Valle del Serchio. Gli ospiti infine potranno concedersi gli esclusivi rituali proposti nella Beauty Spa del resort, ispirati alla natura e ai prodotti del territorio.


Vivosa Apulia Resort 

In Salento, il Vivosa Apulia Resort annuncia l’apertura per sabato 20 giugno, l’estate, il desiderio di rigenerarsi e fare il pieno di energia parte proprio da qui, in un luogo immerso in 23 ettari di spazi aperti dove ritrovare il proprio equilibrio in un’atmosfera incantata, profumata di mare e di pineta, di interminabili passeggiate a piedi scalzi sulla sabbia finissima, di benessere e di buona cucina, da gustare anche all’aria aperta nel grande giardino antistante il ristorante. 


Private Luxury Chalet Purmontes

La gioia di trascorrere una vacanza in un elegante chalet alpino, nella propria privacy e in totale sicurezza sarà indescrivibile. Il piccolo paese di Mantana regala uno scenario fiabesco grazie alla posizione panoramica e privilegiata in cui è situato. Il servizio di questo gioiello architettonico è costruito su misura, a richiesta dei singoli ospiti e, in un periodo delicato come questo, costituisce davvero un plus.


Grand Hotel Alassio

Un angolo di Ponente Ligure ricco di natura e cultura che dal 1898 rappresenta una delle eccellenze dell’ospitalità italiana, per lusso, raffinatezza e comfort. 

Il cinque stelle lusso è ubicato in una posizione privilegiata della costa, al centro del Golfo di Alassio, a pochi passi dall’antico Budello, uno dei carruggi più noti della regione insieme al celebre Muretto. Questa stagione, troviamo una serie di interessanti innovazioni anti-Covid, per citarne alcune: un nuovo concept di breakfast à la carte, opere d’arte di Bansky e Warhol a “riempire” il maggiore spazio tra i tavoli, un’app dedicata per gestire tutti i servizi delle strutture, attività sportive one-to-one all’aperto. 


Serra Fanny

Serra Fanny sorge a Specchia, uno dei cento borghi più belli d’Italia, sul secondo promontorio più alto del Salento, la serra di Presicce. La sua storia è quella di una casa di famiglia, costruita dai nonni Fausto e Fanny su un terreno di 7000 metri quadri acquistato alla fine degli anni ’60 e progettata dal loro figlio, Enzo, diciottenne ed appena iscritto all’Università che, per il suo primo esame, aveva realizzato il plastico, in compensato, di una villetta unifamiliare.

La tenuta è così sempre stata il simbolo del raccoglimento della famiglia, un fulcro, un luogo perfetto in cui recarsi per trovare un angolo di pace dalla frenesia cittadina, tra la vista del panorama verso il mare Adriatico e i tramonti tra gli ulivi che si affacciano sullo Ionio.

“Il mestiere dello scrittore” di Haruki Murakami


Un saggio autobiografico, un taccuino di lunghi appunti e pensieri messi in ordine, Haruki Murakami ci regala 186 pagine di interessanti spunti e riflessioni che possono essere letti come consigli per intraprendere il mestiere dello scrittore

Molti si interrogano sul metodo di chi sceglie questo lavoro, si lasciano trasportare dall’ispirazione del momento o si mettono a tavolino come un impiegato? Come ci si avvicina al mondo dell’editoria? Qual è la giornata tipo di un romanziere? Quanto sono importanti i premi letterari? Per chi si scrive? La formazione scolastica influenza il lavoro dello scrittore? Che cos’è l’originalità? Questi e altri interrogativi troveranno risposte dalla mano di Murakami, con il suo tipico sarcasmo e una modestia fasulla (molto divertente). 

Secondo Murakami esistono pochi geni al mondo, parla di Mozart, Schubert, Einstein…, persone in grado di creare capolavori senza particolari sforzi; tutti gli altri sono i semplici lavoratori, come lui, che compongono opere con forza di volontà, esercizio, metodo. La mattina Murakami si alza molto presto e con la tazza di caffè ancora fumante alla mano, si siede davanti al suo Mac e scrive 10 pagine di 400 battute ciascuna, questo è il suo obiettivo quotidiano. Nè una riga più, né una riga meno; se l’ispirazione prende il sopravvento, si ferma e ricomincia il giorno dopo. 

Durante la giornata ritaglia un’ora di attività fisica, tendenzialmente il mattino, per correre o nuotare, questo perchè allenare il fisico aiuta la creatività. C’è un capitolo molto bello a cui dedica questo concetto e lo giustifica così: 

Da studi recenti sul cervello umano, sappiamo che il numero di neuroni che nascono nell’ippocampo aumenta notevolmente in proporzione al movimento all’aria aperta che si fa. Con “movimento all’aria aperta” si intende nuoto, jogging, esercizio fisico moderato fatto per un tempo abbastanza lungo. I nuovi neuroni appena nati, se li si lascia riposare, dopo ventotto ore spariscono senza essere di alcuna utilità. Valeva proprio la pena di farli nascere! Se invece si dà a questi neuroni uno stimolo intellettivo, prendono vita, vengono assorbiti nella rete interna del cervello e diventano una parte organica nella trasmissione dei segnali nel cervello. La capacità di apprendere e di ricordare migliora. Il risultato è che diventa più facile adattare il pensiero alle circostanze e sviluppare una creatività superiore alla media. Il ragionamento si fa più complesso, l’ispirazione più audace. Cioè la combinazione quotidiana dell’esercizio fisico e del lavoro intellettuale ha un’influenza ideale su quel genere di sforzo creativo che compie lo scrittore.

Insomma se si sceglie un mestiere che richiede l’uso dell’intelletto, è necessario equilibrare tempi per la cura del corpo. Ovviamente, porta un esempio Murakami, se si ha mal di denti sarà complicato mettersi a scrivere, bisognerà prima recarsi dal dentista e poi a mente libera sarà possibile scrivere. L’attività fisica è indispensabile per temprare il corpo (e lo spirito di conseguenza), da sé serve a poco, ma legata all’esercizio della mente, dona creatività e capacità mnemoniche e analitiche moltiplicate. Propendere da un lato in maniera eccessiva farà nascere o un pompato incapace di usare la mente alla sua massima potenza, o un topo obeso da biblioteca che faticherà a pensare. Per non creare contraccolpi è necessario stabilire un equilibrio tra uso di mente e corpo. Niente di particolare, potremmo pensare, eppure i consigli di stile (di vita) di Murakami sembrano risultare un vero e proprio manifesto motivazionale, potremmo definirlo un coach della letteratura. 



Certo chi sogna di fare lo scrittore prenderà alla lettera questi “TO DO”, che non vogliono risultare obblighi ma una finestra sulla sua stanza, gasati all’idea di diventare dei romanzieri che vivono delle proprie parole da trentacinque anni, come lui, perchè a scrivere un buon romanzo sono bravi tanti, difficile è invece rimanere sulla cresta dell’onda per molto tempo. 

L’idea dello scrittore sempre sbronzo, fogli e whisky alla mano, è un’idea molto romantica, un po’ come quando pensiamo che tutte le canzoni scritte da un cantautore siano destinate a donne in carne ed ossa, mentre la verità è che spesso i nomi e le parole sono semplici sotterfugi per finire in rima una frase. Romanticismo svanito, gli scrittori alcolisti come Hemingway ci hanno lasciato troppo presto e in condizioni drammatiche, e questa è la fine che non si augura nessuno, si presume. 

Prima di ogni punto su cui focalizzare tempo e sudore, Murakami ci fa una domanda molto semplice, che è quello che si è posto lui al punto in cui ha compreso la strada che sarebbe stata quella giusta: 

Prima di cercare qualcosa, come sono io?” 

Ma soprattutto, come facciamo a capire cosa è necessario e cosa non lo è? E la domanda da porsi è la seguente: 

Ti ha dato gioia?” 

E questa domanda si può applicare ad ogni ambito della nostra vita; se la risposta è “SI”, continuiamo ad abbracciare quel luogo con gioia ed entusiasmo, ma se la risposta è “NO”, la scelta è molto semplice, accantonare e passare oltre. Quante volte ci siamo arrovellati in giustificazioni per i comportamenti degli altri, in sensi di colpa inutili, quando invece se ci chiediamo se quella persona, quella cosa ci procura gioia e dolore, sarebbe molto più semplice potare i rami secchi e dedicarsi a qualcosa che invece ci accresce spiritualmente ed emotivamente. 

Oltre alla composizione di un racconto o di un romanzo, alla creazione di personaggi interessanti e imprevedibili, all’uso delle figure retoriche e alla scelta di estranearsi in un paese lontano da casa per dedicarsi alla scrittura, Murakami ci regala un saggio che viaggia tra i suoi flussi di coscienza, tra i sassolini nelle scarpe che ai sessanta superati ha deciso di togliersi (in merito ai premi letterari ad esempio). 

Murakami, infine, boccia dei critici “l’annientamento che finge di elogiare”, e tutti sappiamo che quanto più critichiamo, spesso (non sempre) combacia con quanto più vicino è ai nostri difetti e al nostro carattere. E’ nel sarcasmo dello scrittore che si rivelano le fucilate travestite da fiori, in questo bisogna ammettere meriterebbe il Nobel, è un talento innato, ma noi lo amiamo anche per questo.