DI-VI-NA, per vocazione star di Riccardo Castagnari

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Nella realtà come sul palcoscenico nulla è come appare. Lo sa bene Alex protagonista di ‘DI-VI-NA, per vocazione star’, uno spettacolo in sapiente equilibro fra dramma e commedia scritto, diretto e interpretato dall’attore e drammaturgo Riccardo Castagnari, in scena all’Off/Off Theatre di Roma in via Giulia fino al 4 febbraio. Alex si esibisce come drag-queen col nome di DI-VI-NA nei locali gay cantando e intrattenendo il pubblico con il suo linguaggio colorito e il suo humour al vetriolo. Una sera arriva sul palcoscenico in ritardo vestito di tutto punto per esibirsi in scena con guêpière e tacchi a spillo ma decide di andare a ruota libera, lontano dagli stereotipi della solita drag-queen. E così con uno stato d’animo pensoso ma anche spumeggiante ed euforico offre a un pubblico trasversale e compiaciuto uno spettacolo vibrante e intenso e anche molto autentico in cui si racconta senza filtri. Uno spaccato di vita che pur abbracciando tematiche tipicamente queer in realtà fa breccia nel cuore di tutti perché parla di vita, di amore, di speranze, di sesso e di problemi sociali come il bullismo, o di temi profondi come la religione vissuta come fede intima senza ipocrisie. E anche se usa un linguaggio che i benpensanti potrebbero definire ‘volgare’ DI-VI-NA sa di essere nel giusto affermando la sua diversità come fonte di libertà, perché, per usare le sue parole “io non sono volgare, sono diretto, la vera volgarità è l’ipocrisia e la menzogna”. Una drag singer piena di saggezza che dà lezioni di vita narrando le sue complesse e a tratti dolorose esperienze che lo hanno arricchito e rafforzato interiormente, in un racconto proposto come una informale chiacchierata con il pubblico, deliziato da canzoni attinte a piene mani al repertorio camp e interpretate storicamente da Gloria Gaynor, Judy Garland, Aretha Franklin e Madonna solo per citare alcune delle icone in cui DI-VI-NA si trasforma sul palcoscenico con costumi sontuosi e scenografici cantando accompagnato dalle note del pianista Andrea Calvani. Noto al pubblico fra l’altro anche per il successo di ‘Marlene D. The Legend’ in cui si cala nei panni della grande Marlene Dietrich, uno spettacolo premiato in Francia che viene portato in scena da 17 anni, Riccardo Castagnari dimostra un talento acrobatico e poliedrico, dividendosi fra parole e musica con estrema disinvoltura per dare vita a uno storytelling dagli inediti risvolti esistenziali, carico di pathos e di lucida ironia e che riserva una clamorosa sorpresa nel finale. Una bella prova autoriale che convince ed emoziona, che fa sorridere e pensare.

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FEBBRAIO CON AMORE: 5 APPUNTAMENTI CON L’ARTE

Cover_ © Oliviero Toscani

Febbraio, si sa, rientra, a pieno, nella categoria dei mesi dalle domande scomode. “Cosa fai, a San Valentino?”. Che siate single, fidanzati o eterni indecisi, l’amore per l’arte non tramonta mai. Ecco cinque imperdibili mostre, da usare come idea per un primo – o un quinto – appuntamento, come scusa per sfuggirne uno o, semplicemente, per tenere viva la propria passione e rallegrarsi, aspettando la fine dell’inverno.

MILANO – Da giovedì 1 febbraio e sino al 3 giugno 2018, arriva al MUDEC – Museo Delle Culture, una grande e nuova retrospettiva per celebrare Frida Kahlo. Frida. Oltre il Mito propone una visione dell’artista – in questi anni inflazionata, ripetuta, sottovalutata o sopravvalutata, a seconda dei casi, tanto da divenire un’icona pop – al di là degli eventi che ne hanno caratterizzato la vita, ponendo il focus sulle opere: il rapporto della pittrice con il Messico, i famosi autoritratti, lo stile e i contenuti rivoluzionari. Curata da Diego Sileo, la mostra riunisce, dopo 15 anni, tutte le opere provenienti dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha Gelman Collection, oltre alle recenti scoperte (2007) dell’archivio di Casa Azul.

ROMA – Il Complesso del Vittoriano – Ala Brasini ospita la mostra Monet, inaugurata lo scorso autunno e prorogata, a grande richiesta, fino al 3 giugno 2018. Dalle celebri caricature ai paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi e delle sue dimore; dai ritratti dei figli alle tele dedicate ai fiori del suo giardino – fino alle monumentali e più famose Ninfee – le 60 opere esposte provengono dal Musée Marmottan Monet, di Parigi (a cui sono state donate dal figlio del pittore, Michel) e restituiscono la ricchezza della produzione artistica del padre dell’Impressionismo, ripercorrendone la carriera ed esaltandone le molteplici sfaccettature.

GENOVA – Picasso. Capolavori dal Museo Picasso, Parigi (10 novembre 2017 – 6 maggio 2018) è l’articolata mostra promossa negli spazi del Palazzo Ducale e inserita all’interno dell’evento culturale internazionale, Picasso-Mediterraneo (promosso dal Museo Picasso di Parigi) per rinsaldare i legami da entrambe le parti del Mediterraneo. Il focus dell’esposizione è, infatti, sulle radici mediterranee e sulla grande vitalità da cui sono contraddistinte le opere del “fondatore” del Cubismo, da quelle d’ispirazione africana – dei primissimi anni del Novecento – sino alle più note bagnanti e ai celebri ritratti di donna, degli anni Trenta e Cinquanta. In esposizione anche numerose fotografie, che lo ritraggono accanto alle opere nei suoi diversi atelier.

BOLOGNA – A 60 anni dalla sua nascita, Bologna celebra Keith Haring (1958-1990) nelle due sedi della Pinacoteca Nazionale. Dal 30 gennaio al 25 febbraio 2018, Party of Life. Keith Haring, a vision propone più di 60 opere dell’artista – e una video installazione – provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private, molte delle quali inedite al grande pubblico, per diffondere il messaggio sociale e commemorare il valore di un artista, pioniere della street art. Ad arricchire il progetto, collaborazioni con organizzazioni non profit e enti votati alla lotta contro l’AIDS, nel rispetto dell’impegno dell’artista contro la malattia che lo portò alla morte.

OTRANTO – Theutra e Comune di Otranto propongono, nelle sale del Castello Aragonese e sino al 31 marzo 2018, la mostra che celebra la carriera di Oliviero Toscani, fotografo pubblicitario tra i più provocatori e discussi dello scenario contemporaneo, noto per il forte impatto emotivo. Più di cinquant’anni di magnifici fallimenti porta in scena la carriera del fotografo, attraverso le immagini che più hanno fatto discutere il mondo, su temi come il razzismo, la pena di morte, l’AIDS e la guerra. Presenti in mostra anche i lavori realizzati per il mondo della moda e alcune fotografie di Razza Umana, progetto sulle diverse morfologie e condizioni umane che, dal 2007, Oliviero Toscani porta avanti, realizzando ritratti nelle strade e nelle piazze di tutto il mondo.

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FRANCESCA GALLIANI – FROM HERE ON

Giochi di sovrapposizioni tra fotografia e interventi pittorici, lettering con messaggi di forte impatto politico e sociale e grafiche tratte da pubblicità e giornali d’arte, storia e letteratura, hanno caratterizzato la speciale installazione FROM HERE ON dell’artista Francesca Galliani, presso lo Studio TiEpolo 38 a Roma durante ALTAROMA.

Oltre alla serie dei Transgender, in cui l’artista mostra la forza, la dignità e la bellezza di uomini e donne transessuali, che vivono ai margini delle tradizionali categorie con cui definiamo la società e i ruoli, è stata esposta la collezione ‘Made In Me 8’, con protagoniste t-shirt e felpe serigrafate e dipinte a mano, con slogan come “love wins” o “No Sexual Activity Allowed”, il mezzo espressivo più efficace per diffondere un’idea, un valore e per poterlo condividere in modo molto personale.

Credito Photo – Andrea Sgambelluri

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Cinque indirizzi lacustri da non tralasciare. Assolutamente

Vecchia Malcesine
  • Capriccio: a Manerba del Garda, un luogo dove cenare a pelo d’acqua, da un ampio salotto che domina tutto il lago. La chef patron Giuliana Germiniasi ha continuato la tradizione di famiglia, portando nuovi spunti a piatti tradizionali, supportata dalla attenta maitre (e figlia) Francesca Tassi. Una cucina tutta al femminile.
  • Il ristorante Regio Patio, all’interno dell’hotel Regina Adelaide: un gioiello di ospitalità seguito dalla famiglia Tedeschi che, da Garda, porta alto il nome della cucina dello chef Andrea Costantini, non solo nella parte veronese del lago di Garda. Signature dish dello chef da non perdere il ramen all’italiana, con pesce di lago.
  • Vecchia Malcesine: una terrazza che guarda a strabiombo su Malcesine, dal suo castello scaligero fino ai surfisti, che godono delle sue onde. Lo chef Leandro Luppi guarda sempre avanti: l’innovazione è dietro l’angolo, come per il piatto Perla nera, divertente antipasto dove la capasanta ha la consistenza di quella cruda, ma la si scopre cotta.
  • Pesce d’oro: ristorante storico, fronte lago nel comune di Chiusi, borgo bandiera arancione del Touring Club, al Pesce d’oro si gusta una prelibatezza dimenticata, tipica dalla cucina etrusca: il brustico, ovvero il persico di lago abbrustolito secondo le ricette tramandate nei secoli e cotto con le sottili canne del lago di Chiusi.
  • La Trota: a Rivodutri la scommessa dei fratelli Serva, Sandro e Maurizio, è stata immane, ovvero conquistare il palato degli avventori con un ingrediente tra i più poveri, il pesce di acqua dolce, e creare su questo tema piatti raffinati, eleganti e gustosi. I colori della Riserva Naturale dei Laghi si specchiano nei piatti: dalla Zuppa di tinca alla Carpa in crosta di semi di papavero, dalle Zite arrostite con coregone affumicato e carciofi chips al Luccio perca cotto sulla pelle.

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Edward Holcroft, la stella britannica dallo spazio esterno

Salutato da Screen International come una delle: “UK Stars of Tomorrow”, Edward Holcroft, attor giovane inglese, classe 1987, ha un viso che sembra discendere direttamente da quello di Guglielmo il Conquistatore e un’aura un po’ distaccata, che lo porta a indossare bene sia i ruoli del nemico (nel blockbuster, Kingsman, primo e secondo capitolo della Spy story) sia quelli in costume (Gunpowder, Walf Hall), ma che preferirebbe impersonare un alieno. Holcroft sarà nel cast di Alias Grace, su Netflix nel 2018, ed è anche il protagonista di una fashion story su Manintown, dove ha dato la sua definizione di stile. Of Course.

Quanta differenza c’è tra il cinema e la TV oggi?
Per me, come attore, non c’è molta differenza, il processo è lo stesso e l’approccio alle parti è il medesimo a ogni progetto.

Quanto è importante l’abilità fisica per un attore oggi?
Dipende dal ruolo, fai quello che la parte richiede.

Quali fattori consideri quando scegli un ruolo?
Il copione e il personaggio. Chi è il personaggio e anche le relazioni che hanno i protagonisti con le altre parti è sempre uno dei fattori principali.

Tu alterni personaggi moderni e storici, in quali ti trovi più a tuo agio?
Nessuno, mi piacerebbe impersonare un alieno.

Quale dei personaggi che hai interpretato ti si addice di più?
Tendo a provare e a scegliere ruoli che sono distanti dai tratti della mia personalità, quindi nessuno dei personaggi che ho interpretato è simile a me.

Qual è la tua definizione di stile?
Direi che è sentirsi a proprio agio nel proprio corpo.

Cosa pensi dei tuoi social network?
Non sono molto interessato ai social network. Non sono su nessuna piattaforma, quindi tendo a starne lontano.

Torneresti mai a teatro?
Certo! Mi piacerebbe tornare indietro, qualora si presentasse il giusto ruolo.

Che consiglio daresti a quelli che vogliono diventare attori?
Fidatevi del vostro istinto e credete nelle vostre abilità.

Quali sono i posti che tieni nel cuore?
Preferirei tenerli vicino al mio petto.

Talent: Edward Holcroft
Photographer: Francesco Barion
Photo assistant: Giorgio Lattanzi
Stylist: Nicholas Galletti
Hair Stylist: Ben Talbott @ The Wall Group, using Bumble&Bumble
Make up: Sergio Corvacho

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C’era una volta una Giacca Perduta

J’ai Perdu Ma Veste. La giacca, Nabile Quenum l’ha persa davvero, in un club parigino e, da questa storia, ha trovato lo spunto perfetto per il suo sito (Jaiperdumaveste, appunto), una sorta di diario fotografico in cui raccoglie i suoi scatti di moda, catturati per le strade del mondo. Nabile è un fotografo di street style da 217mila followers su Instagram. Originario della Repubblica del Benin, nell’Africa occidentale, appena ventenne, si è trasferito a Parigi, dove ormai è un pilastro della Fashion Week. Una storia d’amore, quella per la fotografia, nata un po’ per caso e unita all’altra sua grande passione, la moda.

Chi è la persona più influente sui social?
Ci sono così tante persone che esercitano una grande influenza sui social, per molte ragioni, come, ad esempio, Neymar e Asap Rocky. Io non la chiamo influenza. È semplicemente il risultato del fatto che alle persone piace cosa fai o cosa rappresenti.

Ti consideri un influencer, dato il tuo numero di follower?
Non mi considero un influencer, sarei un folle a pensarlo.

In che modo i social sono importanti per il tuo lavoro?
I social sono molto importanti nel mio lavoro, così come in tutti lavori al giorno d’oggi. Consentono a chiunque di costruire relazioni, con persone che potrebbero essere interessate a ciò che dici, che fai o che mostri. I social creano opportunità di lavoro, aprono le porte, aiutano molto.

Utilizzi anche la tua immagine per promuovere il tuo lavoro e ottenere più like e follower? Funziona fare o non fare così?
Prima usavo la mia immagine, ma ho smesso, perché stavo perdendo me stesso. I social sono una droga, li assaggi, funzionano, ricevi una risposta positiva (i like e i followers). Credevo che fossero il mezzo per esprimermi, ma non lo sono. Per questo non lo faccio più. Mi sento libero di non guardare i miei numeri sui social, di non postare in modo aggressivo. Mi sento libero, e non prigioniero dei like.

Quale contenuto va meglio online?
È una domanda difficile. Credo davvero che sia piuttosto casuale. In generale, ragazze sexy e celebrità.

Nabile purtroppo ci ha lasciato poco dopo questa intervista. Lo ricordiamo così.

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Valentino mette in scena la ribellione

Il savoir faire Couture che muta in ordinario e diventa prêt-à-porter. Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, ha messo in scena lo scorso 17 gennaio all’Hotel Salomon de Rothschild 11, di Parigi, la sua eleganza maschile per il prossimo inverno, una visione di “divisa sartoriale”, declinata in tema metropolitano. Una collezione che coniuga in una perfetta forma, il romanticismo con l’aristopunk. Un romanticismo da non confondere con l’estenuazione, ma «con un modo aggraziato di porgersi», come lo stesso Piccioli ha affermato dopo la sfilata. Per poter infrangere le regole è necessario averne una grande consapevolezza, e questo dogma Valentino lo sa bene, tanto da usarlo come chiave di volta per rendere gentile un animo punk. Tra i fortunati ospiti che hanno assistito allo show, moltissime star e neo-star, tra cui i Maneskin, Fab 4 del talent X-Factor, ma anche Mark Ruffalo, Dave Franco, Eduardo Valdarnini e Joe Keery. Sulla passerella abbiamo visto sfilare anche i nuovi duvet, frutto della collaborazione con Moncler, maestro del know-how sul fronte del capospalla, declinati con lo stile unico di Valentino. Alcuni capi della collezione erano stati già presentati a New York il 10 gennaio, in occasione della pre-collezione donna Valentino fall 2018. Gli item nati dalla collaborazione Moncler/Valentino saranno venduti a partire da fine agosto, in 65 boutique della griffe romana nel mondo e su valentino.com.

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“Senza riserve”, di Raffaele Pappadà

“Senza riserve” (Musicaos Editore), il romanzo del giovane e talentuoso telecronista sportivo Raffaele Pappadà (Mediaset Premium), comincia dove iniziano e finiscono tutte le partite di calcio, dalle finali di Champions agli incontri settimanali di calcio a cinque: in uno spogliatoio. È lì che Thomas, al termine di un allenamento, cerca di fare un bilancio di quella che, al momento, è la sua esistenza. Un giovane, poco più che ragazzo, con alle spalle una storia d’amore fallita, da cui è nato un figlio bellissimo e un futuro tutto da giocare, sul campo, a forza di parate. Già, perché Thomas è l’ultimo uomo, il portiere, il calciatore che nel bene e nel male decide le sorti di ogni incontro calcistico.
Se un attaccante sbaglia, dopo un minuto ha occasione di rifarsi, i tifosi se ne dimenticheranno, avranno memoria corta, se sbaglia un portiere il suo errore è lì, sotto gli occhi di tutti, ci vorranno gli sforzi di altri dieci giocatori, bravura e un pizzico di fortuna, per recuperare o ribaltare il risultato. La particolare stagione della vita che Thomas si trova a vivere coincide con una stagione altrettanto particolare, quella della sua squadra, il Lecce, che è in Serie A, e vive un anno magico di scontri al vertice con le squadre più blasonate del paese, e soprattutto gioca i suoi incontri davanti al suo amato pubblico, al Via del Mare, stadio che compare anche nella copertina del libro. La vicenda di Thomas è raccontata in modo incalzante, sia dentro che fuori il campo da gioco, alternando le vittorie e le sconfitte di uno sportivo alle vicende di vita e sentimentali di un ragazzo che cerca la propria strada nel mondo, nell’amore, da sottolineare nuovamente il fatto che si tratta di un romanzo di esordio, perché l’autore dimostra già di conoscere bene i meccanismi del racconto, e sa tenere alta l’attesa e la concentrazione del lettore, alternando rapidamente i capitoli, quarantaquattro, quasi quanto un ideale “primo tempo”, di un incontro che, solo alla fine, rivelerà il suo risultato.
Non ci importa sapere, prima di immergerci in questa lettura avvincente, se si tratterà di una vittoria o una sconfitta, anche perché, come dice l’autore, “il calcio è una metafora della vita, più di altri sport, proprio per questo motivo: perché ammette il pareggio, e a volte esistono pareggi più significativi di certe vittorie”. Bella anche la musica, che fa sottofondo al testo, accompagnando il lettore nei viaggi e negli incontri di Thomas, in una terra, il Salento, che impariamo ad apprezzare anche dal punto di vista sportivo. Una nota che impreziosisce questo romanzo, infatti, è l’ispirazione diretta dell’autore, nata anche essa sui campi di gioco e nelle redazioni sportive, prima salentine (Telerama) e poi milanesi, la storia di Thomas è infatti liberamente ispirata alle vicende di Massimiliano Benassi, che ha militato nel Lecce negli anni 2010-2013 e 2015-2016, con 66 presenze. La sua storia sportiva è stata la traccia che ha ispirato e motivato l’autore, facendo nascere questo romanzo e fornendo i giusti elementi di corrispondenza e veridicità, anche nella finzione della storia inventata, non è un caso se al termine del romanzo è ospitato proprio il portiere, Massimiliano Benassi, con un’intervista, corredata da fotografie e ritagli di giornale, a testimonianza che la realtà può ispirare un buon romanzo e, allo stesso tempo, una bella storia può richiamare alla memoria, con passione, episodi sportivi di sicuro interesse.

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DA EMPORIO ARMANI EVERYONE WEARS A DIFFERENT STORY

Everyone has a different story…and everyone wears Emporio Armani. Con questo claim Emporio Armani lancia la nuova campagna, per la primavera/estate 2018. Ciò che viene messo in risalto con il format pubblicitario è l’attitude, il modo di essere di ciascuna persona fotografata: l’essere indipendente, la possibilità di interpretare stili diversi, dal formale, allo sportivo al più fashion, ognuno secondo la propria personalità. Per questo motivo compare sui cartelloni – nelle vie più trafficate del centro di Milano, da via Cusani a corso Garibaldi – una galleria di personaggi veri, di diverse età, etnie e professioni, selezionati attraverso uno street casting in Italia e in alcune grandi città d’Europa. I volti immortalati sono primi piani di persone comuni e gli scatti, realizzati tutti nel capoluogo lombardo, sono dei giovani fotografi Ben Weller, Mark Peckmezian e Pawel Pysz.

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SIMONE BELLI INSEGNA LA BELLEZZA

Dietro ai volti perfetti e luminosi del mondo del cinema e della tv ci sono il talento e le sapienti mani di Simone Belli, il make-up artist delle star di fama internazionale. Originario di Valmontone, nella provincia romana, Simone dal 2007 è il National Make-up designer di L’Oréal Paris e dal 2010, con il suo team di esperti viaggia incessantemente tra set, festival, eventi e i backstage delle sfilate. Non solo insegnante in accademia, ma anche tutor di bellezza nel programma pomeridiano Detto Fatto, in onda su Rai2. MANINTOWN ha cercato di raccogliere i suoi preziosi suggerimenti e rituali per una beauty routine maschile impeccabile.

Durante il percorso formativo hai studiato arte. Applichi questi studi alla tua professione?
Ho sempre disegnato, da quando avevo sei anni. L’arte l’ho conosciuta da giovane, attraverso l’enciclopedia “I Quindici” e ricordo uno di questi volumi incentrato sulle discipline pittoriche. A otto-nove anni mi sono avvicinato a quel mondo, che poi ho ritrovato nella mia professione. Quando una persona – che s’intende di arte – guardando il modo in cui muovo i pennelli o come mixo i colori mi chiede per prima cosa se dipingo, senza sapere chi sono o conoscere il mio background precedente, per me è la più grande soddisfazione. Persino l’artista internazionale Piero Casentini definì il mio lavoro: pittura. Per l’eleganza e l’armonia del trucco che avevo realizzato su sua sorella. con un contrasto cromatico tra il rosso vinaccia e il verde acido, che può spaventare. Io sostengo da sempre che tutto ciò che ha a che fare con il colore, con l’arte, con la sensibilità, con l’emotività è qualcosa di innato. Un dono che nessuno può regalarti. Non si può diventare ciò che non si è. Nella mia accademia, (Simone Belli Makeup Academy, a Roma) puntiamo moltissimo sulla sensibilizzazione artistica dello studente, anche attraverso mostre, fashion film, musica ecc. Quanto funzioni è difficile da verificare, perché purtroppo il 70% delle persone che si avvicinano a questo mondo aspira solamente a guadagni immediati. A me dispiace, perché è sbagliata la concezione culturale rispetto a questo mondo, non si tratta solo di applicare un ombretto o contornare le labbra con una matita e colorarle, è un’arte, come la danza o il canto, per cui si deve essere portati naturalmente. Un’altra cosa che mi è servita molto è stata l’università, non tanto a livello culturale, ma come lezione di vita, di insegnamento del sacrificio e del metodo, che riconosco anche negli altri.

Esiste un canone di bellezza senza tempo?
La bellezza è senza tempo. Sono le mode a cambiarne la percezione. Prima esistevano le famose “icone” da imitare. Oggi si è più orientati verso la ricerca di sé stessi. L’errore più grande che si può commettere è di voler rapportare sempre tutto ai canoni del classicismo, e quindi alle armonie perfette, che non si adattano a tutti. L’uomo, oggi, tende a essere la copia della donna. Quando l’uomo approccia la bellezza, spesso lo fa in modo ossessivo: le sopracciglia molto delineate, la barba eccessivamente disegnata, il capello super laccato. Tutto questo porta alla perdita della mascolinità e quindi di quello che è il carisma, la sensualità, il sex appeal. Questo non significa che non bisogna curarsi, ma che non si deve cadere negli eccessi. La bellezza senza tempo è quella che non punta esclusivamente sull’artefatto, ma sulla valorizzazione di una parte forte di se stessi, che può essere anche un difetto. Spesso ci si rapporta alle copertine dei giornali, dove tutto è molto costruito, le stesse persone che noi vediamo su una copertina, nella vita di tutti i giorni non sono così. C’è confusione tra la vita reale e la vita patinata.

Descrivi la tua beauty routine quotidiana
Specialmente per l’uomo, posso dire che oggi siamo molto aiutati nel camuffare piccoli difetti all’80 percento, a volte anche al 100 percento. L’uomo è diventato molto più attento, e ormai esistono molti prodotti specifici per lui. Personalmente, sono molto accurato nella cura del viso, mentre trascuro di più il corpo. Per il viso cambio spesso routine, ma, di base, ciò che va sempre fatto è una buona detersione. In questo periodo, alterno due trattamenti, uno per la mattina e uno per la sera. La mattina utilizzo il Clarisonic, un detergente che regola l’eccesso di sebo, che preferisco agli altri per la sua praticità; un siero di Kiehl’s alternato alla Crème De La Mer o un fluido vitaminico leggero e un contorno occhi al retinolo. Senza una buona pulizia, che va a eliminare gli strati più superficiali della pelle, è inutile applicare le creme, anche le più costose, perché non possono agire in profondità. La sera, invece, preferisco utilizzare prodotti più corposi. Quelli per me fondamentali sono di una linea, Gernétic, che si trova solo nei centri specializzati, e sono due creme: una si chiama Synchro, dalla consistenza molto corposa e grassa, da utilizzare insieme a Immuno, perché insieme si attivano e aumentano le capacità curative, oltre che la densità. Questi due prodotti ad azione combinata leniscono e nascono per rigenerare totalmente la pelle, infatti sono indicate anche contro le ustioni. Io le applico la sera, a volte anche come impacco, lasciandole agire tutta la notte. Mentre posso alternare gli altri prodotti, questi due fanno parte del mio rituale da dieci anni. Una volta al mese, per una settimana, faccio un cocktail di sieri alla vitamina più potenti di SkinCeuticals e un trattamento laser che agisce sulla luminosità della pelle, sui pori, sulle piccole rughe, sulla stimolazione dei fibroplasti, ma senza trasformare il viso come farebbe un botulino. A casa ho il fai-da-te, da portare anche in viaggio, e che faccio prima di un evento importante: il peeling all’acido mandelico, con una formula leggera. Lo consiglio a tutti gli uomini, ma anche a tutte le donne, che hanno la pelle spenta, anche dopo l’abbronzatura. Poi ho un rituale per quando sono in viaggio: nella mia pochette ho sempre un’acqua spray di Kiehl’s al cactus, Cactus Flower, e un balm sulle labbra. Infine, intervengo con tantissimi integratori, seguito da una naturopata.

Un prodotto irrinunciabile per l’uomo
L’acido mandelico, perché da solo stimola la produzione di collagene, elimina la percezione dei pori dilatati, attenua il grigiore, assottiglia le rughe e conferisce alla pelle una luminosità pazzesca.

Gli step fondamentali per apparire al meglio, anche con poco tempo?
Personalmente applico ogni giorno una mousse primer, che ho realizzato io stesso in laboratorio, che è un perfezionatore leggermente colorato dall’effetto naturale, dopo una sorta di pennarello, che utilizzo per le sopracciglia in modo assolutamente naturale e impercettibile, andando a intensificare il contrasto delle sopracciglia e delle ciglia, poi metto il mio Blistex sulle labbra ed esco.

Ci sono dei nuovi prodotti innovativi da provare assolutamente?
Tra i prodotti che preferisco ci sono i sieri della Kiehl’s. che ha una gamma di prodotti eccellenti per l’uomo, tra cui quelli dedicati alla cura della barba, ora molto di tendenza. Per l’uomo che vuole spendere un po’ meno, c’è la linea Men Expert di L’Oréal Paris, che propone alternative davvero interessanti. Le ricerche marketing hanno evidenziato che l’uomo preferisce dei prodotti facili da stendere e performanti, però di base, per me, non esiste una differenziazione tra uomo e donna nel concetto di crema, bisogna scegliere quella giusta, a seconda del tipo di pelle.

Un segreto di bellezza rubato dai backstage?
Sembra una follia, ma spesso viene utilizzata per fare impacchi sul viso una crema per le parti intime, che funziona secondo il principio della forte idratazione: tutti quei prodotti sono molto idratanti, quindi sul viso intervengono in profondità sulle rughe. Un’altra cosa, che secondo me non funziona, è la preparazione H sotto gli occhi. Noi utilizziamo delle fiale di argilla rosa della Ageless, con un principio attivo che tende a fare da tensore, che istantaneamente eliminano borse, occhiaie e rughe. Io le faccio applicare bagnando il viso con l’acqua e poi picchiettando questa fiala. Bisogna imparare a gestirla, perché essendo un’argilla, si rischia che diventi bianca. Si utilizza molto anche la crema contro la sudorazione dei piedi sul viso, in occasioni particolari, come le sfilate, proprio per non far sudare il viso dei modelli. Questi sono segreti last-minute per alcuni momenti, non sono cose da fare tutti i giorni. Un’altra cosa che si può utilizzare è la pasta lenitiva Fissan per bambini, che è pazzesca per fare un impacco dopo un’esposizione al sole, o per la pelle irritata.

Se dovessi creare una tua linea, quale sarebbe l’ingrediente fondamentale?
In realtà sto creando una mia linea in laboratorio. L’ingrediente è la cosa più difficile da decidere, perché alcune componenti in Italia non sono legali e quindi non si possono utilizzare. Sulle creme non rinuncerei mai al concetto di vitamine (A, C, E), estrapolate e sviluppate in tantissimi modi. Per quanto riguarda, invece, il trucco, il discorso è più complesso. In generale, non amo le forti profumazioni e mi piace il Made in Italy. Quello che sto cercando nella mia linea, sia nella parte make-up sia in quella skincare, è l’effetto WOW. Sono uscite due maschere, una a livello commerciale, la black, e una bianca. La seconda è un alginato, con un forte potere idratante, da tenere per 5 minuti e, quando si sta asciugando, ho preparato un cocktail di minerali da spruzzare sul viso, che forma una pellicola, oltre al fatto che il minerale va a interagire sull’idratazione della pelle e sui pori. Quando si toglie la maschera, la pelle è stupenda, compatta e meravigliosa.

Chi non truccheresti mai? Perché?
Non amo truccare chi non desidera essere truccato. Quando trucco qualcuno avviene uno scambio di energia, anche se può sembrare folle, e quando una persona non ama essere truccata ti distrugge, quindi preferisco non farlo. In generale, non amo molto truccare le pelli abbronzate, perché non ho la possibilità di creare i miei contrasti.

simonebelliscuolatrucco.com

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‘L’ORA PIÙ BUIA’, HENRY POOL & CO. VESTE (DI NUOVO) CHURCHILL

L’ora più buia, il nuovo film di Joe Wright, è uscito da pochi giorni anche nelle sale italiane e vede come protagonisti Gary Oldman e Ben Mendelsohn, nei panni rispettivamente di Winston Churchill e Re Giorgio VI.
Ad occuparsi dei costumi è Henry Poole & Co., il brand britannico fondato agli inizi del XIX secolo dal sarto Angus Cundey e da suo figlio Simon, con un negozio ancora presente al nr.15 di Savile Row, a Londra. Attualmente gestita dalla settima generazione, la prestigiosa sartoria creò appositamente nel 1936 The Churchill Chalk Stripe, l’iconico abito gessato grigio scuro indossato dal Primo Ministro britannico. Mendelsohnm, che interpreta re Giorgio VI, veste un doppio petto in panno pettinato blu e un’uniforme della Marina reale, come Ammiraglio della Flotta, mentre Oldman indossa proprio lo stesso abito di Churchill, ricreato per il film, e tuttora prodotto da Fox Brothers, per Henry Poole.
Ambientato negli Anni ’40 della Gran Bretagna, prima che la Seconda Guerra Mondiale segnasse l’inizio di una stagione cupa per l’Europa – piegata dall’avanzata nazista e dai folli piani di Adolf Hitler – il film racconta l’elezione di Winston Churchill come Primo Ministro, chiesta a gran voce dalla Camera, per l’incapacità di Neville Chamberlain di gestire le emergenze e di guidare un governo di larghe intese.
Il film è stato presentato al Telluride Film Festival il 1º settembre 2017 e, successivamente, al Toronto International Film Festival ed è ora candidato ai Premi Oscar, quali Miglior film, Miglior attore, Miglior fotografia, Migliori costumi, Miglior trucco e Migliore scenografia.

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LE BIANCHE SCOGLIERE DI CHURCH’S

Per la nuova campagna Spring/Summer 2018, Church’s sceglie le radici della propria tradizione, utilizzando le bianche scogliere di Denver come teatro, immagine simbolo dell’inglesità. Il brand è, infatti, stato fondato nel 1873 a Northampton, in Gran Bretagna. Realizzati dal fotografo Jamie Hawkesworth, il cortometraggio e i fotogrammi, illustrano scene oniriche e ironiche: una corsa sulla spiaggia; una scarpa dimenticata nella sabbia, tra le onde, al tramonto; il divertimento di un bambino che indossa le scarpe, rubate al papà, come fossero guanti. Elementi – per la prima volta a colori – che lasciano spazio all’immaginazione e alle più svariate interpretazioni, senza tempo, in cui la natura e i personaggi si fondono perfettamente, facendo risaltare la collezione, vera protagonista di un racconto a cavallo tra tradizione e modernità.

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L’editoria indipendente va in mostra a Bologna

Fruit Exhibition è un festival e un market internazionale dell’editoria d’arte indipendente, che avrà luogo nel Palazzo Re Enzo dal 2 al 4 febbraio 2018, a Bologna. In sostanza, un’opportunità per tutti gli appassionati di editoria, arte visiva e design, di partecipare a conferenze, workshop, mostre e installazioni e di acquistare libri d’artista, cataloghi, progetti di graphic design, periodici e zines, introvabili nelle librerie di catene.
La selezione in mostra comprende un centinaio tra i migliori editori indipendenti italiani, come ad esempio Gram Publishing, legato all’arte visiva underground e stranieri; quale l’olandese Monorheotrik, che unisce arte e musica dell’artista Matt Plezier; o l’inglese Ottographic, che raccoglie poster serigrafati del designer e artista Otto Dettmer.
I due trend culturali scelti quest’anno e su cui focalizzare l’attenzione sono il “queer” e il “fashion”.
Lets Queer! raccoglie una selezione worldwide di pubblicazioni in differenti formati, che analizza il tema della “differenza” attraverso la performatività dell’identità di genere.
Il tema del queer, inevitabilmente, ci conduce all’idea di costume e quindi di fashion; protagonista del secondo focus è Saul Marcadent (Università IUAV, Venezia) con Fashion Documents, con una raccolta selezionata di produzioni editoriali, riviste e libri, che utilizzano la lente della moda per osservare l’orizzonte contemporaneo.
Se nel weekend dal 2 al 4 febbraio vi capita di trovarvi a Bologna, non potete perdervi la sesta edizione di Fruit Exhibition e, nel caso non vi troviate nel bolognese, è comunque una buona scusa per una gita fuori porta.

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LE GRAMME, un viaggio nell’ Art Déco

LE GRAMME, brand francese di accessori e bijoux dall’essenza minimale, lancia, in esclusiva sul suo sito web, una nuova capsule collection di braccialetti incisi ispirata all’Art Déco. Stile che da anni continua a ispirare architetti, designer, decoratori, tipografi, artisti e designer di tutto il mondo.
Ecco che oggi le linee pulite e geometriche firmate LE GRAMME vengono contaminate da un grafismo divenuto emblematico; il brand, che fin dalla sua nascita esplora il rigore del movimento, propone infatti una nuova impronta incisa dai richiami Art Déco, un modello iconico per 3 braccialetti in argento 925 lucido: il 33 g, 15 g e 21 g. Ogni bracciale, indossabile anche singolarmente, porta una incisione che, se abbinata alle altre due, svela il disegno completo. Questa capsule collection rappresenta solo il primo passo di un viaggio molto più lungo, il brand infatti presenterà una serie di variazioni, sempre in Argento 925, che verranno presentate al pubblico con frequenza biennale.

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Mario Valentino – Una storia tra moda, design e arte”

Ornella Cirillo, docente universitaria di Storia dell’Architettura e di Storia della Moda, ha raccolto gli esiti di una appassionata e meticolosa ricerca, condotta nell’archivio dell’impresa napoletana di Mario Valentino, nel libro Mario Valentino – Una storia tra moda, design e arte. Il volume verrà presentato il 6 febbraio 2018, alla Triennale di Milano, ma sarà in vendita nelle librerie a partire da fine gennaio 2018.
Il racconto s’intreccia sull’articolata storia imprenditoriale dell’azienda di Mario Valentino, dalle prime esperienze creative autonome, nel campo calzaturiero – risalenti ai primi anni del secolo scorso – alla piena affermazione come marchio leader nel settore dell’abbigliamento di lusso.
Importanti sono i contributi di noti artisti, di cui l’imprenditore si è avvalso per stabilire la sua identità di brand: stilisti come Karl Lagerfeld e Gianni Versace, ma anche illustratori come Brunetta e Antonio Lopez e autorevoli fotografi, tra cui spiccano i nomi di Franco Rubartelli, Roberto Carra, Richard Avedon ed Helmut Newton.
Sullo sfondo delle fasi salienti della storia della moda italiana e internazionale, si tratteggiano i toni di una straordinaria impresa: le ambizioni, le strategie, i successi del suo fondatore, fino a tracciare l’ascesa di un imprenditore napoletano illuminato, che ha fatto della ricerca dell’originalità il suo obiettivo e si è adoperato in ogni modo per riuscire a perseguirlo.

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Lo stile del nodo alla cravatta

La cravatta, sempre, anche in ufficio, o solo per le occasioni speciali? Se optate per questo accessorio solo quando è strettamente necessario la domanda sorge spontanea, siate sinceri: il nodo, ve lo fate voi o la vostra fidanzata? Ecco, forse ormai il classico Four in Hand lo sapete fare anche a occhi chiusi, ma, senza dubbio, non vi siete mai cimentati in quelli più fantasiosi e complicati, come il Windsor o l’Onassis. Che poi, complicati, nulla è impossibile, anzi, basta solo provare e riprovare. Insomma diciamolo, non è giusto che siano solo le donne a doversi complicare la vita per essere più belle. Un unico accorgimento, attenzione alla fantasia della cravatta che scegliete, se abbinata al nodo giusto farà la sua parte e contribuirà a rendere un look classico un po’ più colorato e spiritoso, ma se la sbagliate c’è il rischio che il motivo risalti sul nodo, rendendo, così, vano ogni sforzo. Non c’è poi troppo da preoccuparsi, infatti, di cravatte ce n’è davvero per tutti i gusti, a righe colorate – magari fatte a mano – come quelle proposte da Bigi Cravatte; in micro-fantasia, come le spiritosissime Salvatore Ferragamo; di seta, ma anche, perché no? per un inverno più casual, in lana, un limpido esempio sono le proposte multicolor di Cividini. Non importa che si caldo o freddo, a seconda della stagione potrete sbizzarrirvi, dalle più formali alle più casual, senza prendervi per forza troppo sul serio.

Photographer | Marco Paris
Fashion Stylist | Orsola Amadeo
Talent | Giuseppe Porrovecchio

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PARIS MEN’S FASHION WEEK F/W 2018

La settimana della moda maschile a Parigi, per la nuova stagione autunno-inverno 2018/19 ha catalizzato l’attenzione su cinque brand, capaci di conquistare le passerelle parigine.
Al primo posto lui, Monsier Oliver Rousteing, il talentuoso direttore creativo di Balmain, che ha presentato Balmain Army: pantaloni super attillati in latex effetto seconda pelle e giacche a maglia larga di lamé, bomber e giubbini in panno di lana, con inserti in pelle e maglioni oversize o dolcevita aderenti di paillettes iridescenti. Nero, oro, verde scuro, grigio i colori scesi in passerella. L’uomo “soldato” di Balmain è sexy e languido. Audace.
Al secondo posto l’inglese Paul Smith, che ha creato una collezione puntando sul total black. Cappotti doppio petto lunghi fino alla caviglia, pantalone a sigaretta e camicia aderente. Tocchi di colore blu elettrico sui maglioni larghi e morbidi. Very Britsh.
Terzo assist di stagione l’emergente Pigalle, marchio francese al suo debutto sulle passerelle parigine. Rosso fuoco per i pantaloni larghi e le casacche preziose, fatte di velluto e broccato. L’uomo di Pigalle, usa le righe e i tessuti damascati per dare fluidità ai movimenti, giocando con gli accostamenti di nero e grigio, fino ad arrivare ai bomber porpora o ai giubbini con stampa animalier. La danza come tema principale della sfilata è un ricordo d’infanzia del direttore creativo Stephane Ashpool, che continua a fondere capi sportivi con l’eleganza sartoriale del Made in Paris. Artistico.
Al quarto posto l’italianissimo Antonio Marras che, per la nuova stagione 2018/19, scende in pista con tradizione ed eleganza tutte italiane. Grigio perla per i cappotti e i panciotti, marrone caldo per gli impermeabili con dettagli a quadri, maglioni stampati e righe su camicie dal taglio sartoriale. I pantaloni in lana pregiata spaziano dalla tinta unita ai tessuti intarsiati color oro. Gentiluomo.
Quinto e ultimo atout d’Oltralpe il marchio Kenzo, che veste l’uomo dei colori dell’autunno: giallo, rosso, testa di moro e azzurro cielo. Pezzo forte della collezione il montgomery color senape da portare sopra ai maglioni leggeri a colto alto metallizzati. I pantaloni si accendono di rosso o giallo e sono aderenti, ma non troppo, dal taglio sartoriale e senza tanti fronzoli. Il punto forte: il twin-set celeste per un effetto bon-ton. Romantico.

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La Francia conquista la Coppa del mondo di Gelateria

Quest’anno la Coppa del mondo di gelateria è andata alla Francia e con questo risultato i cugini d’Oltralpe raggiungono la Nazionale italiana, nell’albo d’oro delle coppe vinte. Infatti, delle 8 edizioni sin qui disputate, 4 sono andate in Francia e 4 sono rimaste in Italia. Sul podio, al secondo posto, la Spagna e al terzo l’Australia. La premiazione è avvenuta in occasione del 39esimo Sigep conclusosi ieri alla Fiera di Rimini. Le 12 le nazioni in gara, per 4 giorni, si sono sfidate in otto prove: vaschetta di gelato decorata, coppa decorata, mystery box, torta artistica gelato, alta cucina entrée, pezzi artistici e snack di gelato, oltre al gran buffet finale dove sono stati presentati tutti gli elaborati. Alla Coppa del Mondo della Gelateria 2018 hanno partecipato anche Argentina, Brasile, Corea, Giappone, Marocco, Polonia, Svizzera, Ucraina e Usa. Complessivamente, 60 concorrenti, con la giuria formata dai 12 team manager delle squadre, dal presidente del comitato mondiale d’onore Pier Paolo Magni, accompagnato da Eliseo Tonti, tra i fondatori della Coppa, e dal vicepresidente del comitato mondiale d’onore, il marocchino Kamal Rahal Essoulami. La Coppa del mondo della gelateria è una competizione biennale organizzata da Sigep e Gelato e Cultura e tornerà nel 2020, con alcune novità. Tutte le squadre partecipanti dovranno scaturire da selezioni nei singoli Paesi. Già ora accade, ma è stato definito come requisito vincolante per l’iscrizione. Inoltre, la squadra vincitrice non sarà più esclusa dall’edizione seguente, motivo per cui quest’anno l’Italia non era in gara. La selezione italiana per la Coppa 2020 scaturirà a gennaio 2019, nel corso del 40esimo Sigep, in programma dal 19 al 23 gennaio, alla fine della competizione Sigep Gelato d’Oro. Oltre ad altre norme squisitamente tecniche, gli organizzatori della Coppa del Mondo della Gelateria si sono impegnati anche a dar corpo alla proposta rivolta all’inaugurazione di Sigep al ministro Dario Franceschini, ossia quella di rendere il gelato artigianale patrimonio dell’umanità.

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From cocoon to butterfly

Bouke de Vries, Split camel, 2017, tecnica mista e cammello della dinastia Tang

«Un oggetto danneggiato può ancora essere bello, così come un oggetto perfetto», ragiona Bouke de Vries, artista olandese di stanza a Londra, che presenta a Milano la sua nuova mostra personale, “Sometimes I look east, Sometimes I look west” presso le Officine Saffi, centro di ricerca specializzato nella ceramica contemporanea, on stage dal 24 gennaio fino al 14 marzo 2018.
Il lavoro di questo raffinato artista riflette perfettamente il nostro tempo, nutrendosi del paradosso contemporaneo della bellezza: una ricerca spasmodica di unicità e perfezione, avviluppata alla banalizzazione estetica del consumismo. Tale visione nasce dalla sua precedente esperienza come restauratore. De Vries punta, infatti, il suo sguardo artistico sul modello culturale occidentale, secondo cui la rottura di un oggetto ne comporta automaticamente il suo scarto. Egli, invece, si sente più vicino alla sensibilità della tradizione cinese e giapponese di riparare importanti manufatti in modo che la rottura sia celebrata, piuttosto che nascosta. Silenziose, meditative, ma al contempo ingegnose e sovversive, le sculture di de Vries offrono una seconda opportunità narrativa a manufatti dalla fattura squisita, come un vaso cinese a bozzolo in terracotta di epoca Han, che per un urto si è mutato in pochi istanti da feticcio a coccio. De Vries decostruisce nello spazio questi antichi frammenti, dando loro una nuova simbologia. Lo sciame di farfalle che circonda il vaso, nell’opera “Resurrectio Jar 2”, da un lato allude alla forma a bozzolo del vaso, dall’altro al loro uso iconografico, come simbolo di resurrezione nelle famose nature morte del Secolo d’Oro olandese. In questa mostra Cina e Olanda sono i poli estremi della sua narrazione. Da un lato de Vries sembra voler ricordare il monito di Napoleone Bonaparte: «Lasciate dormire la Cina, perché al suo risveglio il mondo tremerà», dall’altro la lezione dei maestri fiamminghi de Heem, Kalf, van Alst e van Huysum nei cui dipinti il vasellame di uso comune – come lattiere, teiere, o scolapiatti – è intriso di riferimenti alla vanitas e al memento mori. Se i lavori de Vries si presentano sotto forma di esplosioni, bruciature, destrutturazioni o, al contrario, sono ricomposti utilizzando la tecnica kintsugi – la pratica giapponese di usare l’oro per saldare i frammenti di oggetti in ceramica – la qualità di esecuzione è ciò che contraddistingue ognuna di queste lavorazioni. In diversi lavori in mostra i resti archeologici sono il punto di partenza per una nuova narrativa. Forse un giorno anche loro spariranno nella terra e forse saranno ritrovati in un futuro inimmaginabile. Che storie allora rievocheranno?

Bouke de Vries
Sometimes I look east, Sometimes I look west
24.01 – 14.03.2018
Officine Saffi
Via A. Saffi, 7 – 20123 – Milano
www.officinesaffi.com

Photo Courtesy of Bouke de Vries and Officine Saffi

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In riva al lago: i cinque ristoranti da non perdere

Il Fagiano del Grand Hotel Fasano

Il fascino di una passeggiata sul lago, un piacere da vivere in ogni stagione, anche d’inverno. Tappa doverosa di un Grand Tour, quella verso il lago è un’attrazione atavica. Perfetto per un gita fuoriporta o per un weekend di relax. Abbiamo selezionato 5 indirizzi da non perdere, affacciati sui maggiori laghi italiani.

Piccolo lago: sul lago di Mergozzo, un ristorante 2 stelle Michelin, che è una bomboniera di romanticismo. Tavolini che si affacciano sullo specchio che riflette chi desina qui. Lo chef Marco Sacco, nell’ultimo anno, ha portato avanti il progetto Gente di Lago, per la valorizzazione dei pesci di acqua dolce. Lo spunto in più? Allo chef table’s non c’è preparazione culinaria per i 23 assaggi di Sacco, sempre sublimi.

Battipalo: sul lago Maggiore a Lesa. A pochi chilometri da Stresa e Isola Bella un romantico ristorante che ha visto il recupero di una stazione di attracco dei traghetti. Qui la chef Simona Benetti tratta magistralmente il pesce di lago, per una cucina sincera e delicata, piena di amore per la stagionalità e con un tocco di erbe dell’orto. Gabriele, in sala, si occupa dell’abbinamento dei piatti con champagne di nicchia, che ricerca personalmente.

Berton al lago: recente stella Michelin allocata dentro l’hotel Il Sereno a Torno, sul lago di Como, con la consulenza dello chef Andrea Berton. La proprietà di Luis Contreras vuole replicare Il Sereno Hotel, già presente a Saint Barth, nelle Antille francesi. La cucina è nelle mani di Raffaele Lenzi, napoletano doc, appena uscito dall’hotel Bulgari, di Milano. Il piatto da non perdere? Merluzzo marinato alla soia, chips di riso, verza arrostita e umeboshi, piatto accompagnato da una tazzina da caffè con, all’interno, brodo di baccalà.

Lido 84: una stella Michelin per Riccardo Camamini, ma si vocifera possa raggiungere la seconda. Una cucina fatta da tanta ricerca e cura maniacale a un prezzo, contenuto, per l’esperienza fatta. Qui, dove tra canfori e ulivi, oleandri e buganvillee, comincia la meravigliosa “Riviera dei Limoni” e i sapori si concentrano decisi in perfetto equilibrio.

Il Fagiano del Grand Hotel Fasano: una proposta che richiama la Belle Époque, la simpatia dello chef Matteo Felter e una linea di piatti classici dallo stile moderno, con tante specialità lacustri. Una sala in legno, che richiama il calore di un’altra epoca e una gin lounge, pieds dans l’eau, che ci riporta nel presente.

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FROM HERE ON DI FRANCESCA GALLIANI APRE A ROMA

Dopo l’inaugurazione a Milano presso il M.A.C., in occasione del party di MANINTOWN, venerdì 26 gennaio presso lo Studio TiEpolo 38 di Roma apre la speciale installazione FROM HERE ON dell’artista Francesca Galliani che torna in Italia con un progetto in esclusiva per MANINTOWN, magazine di lifestyle maschile online e on paper.
Proprio in occasione di ALTAROMA, Francesca Galliani espone un’inedita serie di ritratti fotografici dedicati ai Transgender in cui l’artista mostra la forza, la dignità e la bellezza di uomini e donne transessuali, che vivono ai margini delle tradizionali categorie con cui definiamo la società e i ruoli. Storie di coraggio che celebrano la diversità e il diritto di essere veramente se stessi, un omaggio alla fragilità, alla fugacità e alla natura sempre mutevole di identità e memoria.
Oltre alla serie dei Transgender, l’installazione di Roma prevede anche alcune opere da cui sono tratte le stampe per il progetto ‘Made In Me 8’, una collezione di t-shirt e felpe serigrafate e dipinte a mano. La fotografia, applicata a un tema molto caro all’artista, come quello del gender e del diritto all’amore tra tutti gli esseri umani, ha portato in modo naturale e organico a Made In Me 8, che vede protagoniste alcune T-shirt con slogan come “love wins” o “No Sexual Activity Allowed”, il mezzo espressivo più efficace per diffondere un’idea, un valore e per poterlo condividere in modo molto personale.
Giochi di sovrapposizioni tra fotografia e interventi pittorici, lettering con messaggi di forte impatto politico e sociale e grafiche tratte da pubblicità e giornali d’arte, storia e letteratura.
Il risultato è sempre di grande intensità narrativa e simbolica, grazie anche alle manipolazioni degli elementi chimici in camera oscura.

Francesca Galliani – From Here On
A cura di Federico Poletti

Opening su invito
venerdì 26 gennaio 2018 dalle 16.00 alle 20.00

Mostra aperta fino a domenica 28 gennaio
Orari mostra
Sabato 27 gennaio, dalle 16.00 alle 24.00

Domenica 28 gennaio, dalle 16.00 alle 22.00

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Il Bisonte guarda lontano, ma è fedele al suo territorio

Cover_Sofia Ciucchi_ad Il Bisonte 

Con Sofia Ciucchi un excursus nel mondo de, Il Bisonte. Dalla riattivazione stilistica alle aperture worldwide, dall’ideazione del km 30 all’Australia – passando per la ricchezza dell’heritage e per l’anti convenzionalità delle creazioni – l’AD dello storico brand toscano di pelletteria racconta il nuovo corso del marchio, ideato nel 1970 da Wanny Di Filippo (attuale presidente del consiglio di amministrazione), che, oggi come allora, parte dai dintorni di Pontassieve, per raggiungere l’altro capo del mondo.

Altro che grandi praterie nordamericane, Il Bisonte si muove circoscritto in un raggio di 30km, nei dintorni di Pontassieve. E non oltre. Infatti, per la storica label toscana di borse e di pelletteria è fondamentale mantenere intatto il know-how artigianale e ben salde le radici territoriali, pur guardando lontano: ai Paesi oltreoceano e anche al sud-est asiatico, ancora da esplorare con i suoi prodotti. Questa sostanziale filiera corta è stata protagonista di una video installazione, curata dallo story teller digitale Felice Limosani, nella nuova showroom di Palazzo Corsini, a Firenze, durante la recente edizione di Pitti Immagine Uomo. A raccontarla e a illustrare il futuro del marchio interprete della vacchetta conciata al vegetale, l’ad Sofia Ciucchi, che ha preso le redini de Il Bisonte dopo Wanny Di Filippo, cuore e anima del brand nato nel 1970.

Com’è nata questa idea del km 30?
È un po’ il racconto della marca attraverso la sua struttura e la filiera. Siamo partiti come in un gioco perché quando sono arrivata in azienda, vedendo i vari fornitori e cercando di capire la provenienza di ogni componente, ho scoperto, ogni volta, un piccolo paese nelle vicinanze di Pontassieve e quindi ridendo, ho detto che non stiamo lavorando a chilometro zero, ma a km30, ed è la verità. Anche con l’installazione nella nostra showroom, che abbiamo sviluppato assieme a Felice Limosani, dove abbiamo rappresentato una mappa – così come si fa con Google Maps – ci siamo divertiti a indicare i paesi da cui provengono i componenti principali delle borse e della piccola pelletteria. Effettivamente tutto si svolge nell’ambito di un territorio ben definito, della Val di Sieve, del Mugello, a Est di Firenze in cui, da sempre, la marca opera e produce. Solo il pellame d’elezione, che è la vacchetta conciata vegetale, viene da più lontano, da Santa Croce sull’Arno a 50km, ma è tutto prodotto in Toscana. Ci sembrava un racconto di particolare interesse oggi, non per celebrare l’immagine del prodotto toscano e della fiorentinità, ma per ribadire la sostanza vera di territorio, di valori, del saper fare e anche di un certo tipo di gusto e di stile. Questa specificità abbiamo voluto raccontarla, senza avere complessi, pensando che una realtà territoriale forte e con radici salde, anche in un distretto di provincia, non impedisce di arrivare all’altro capo del mondo con i suoi modelli, come fa Il Bisonte da quasi 50anni.

Qual è il Paese più lontano che raggiungete?
L’Australia, però quello più importante è il Giappone che, ormai da decenni, rappresenta la maggior parte del nostro fatturato. Lì abbiamo 38 negozi monomarca, gestiti da un distributore. Il Giappone apprezza questo tipo di prodotto, la sua storia, il fatto che invecchia bene, per la pelle con cui è fatto, sviluppando un rapporto molto personale con chi lo indossa. L’invecchiamento è diverso a seconda dell’uso che se ne fa, quindi anche la patina che viene sopra e anche l’abbronzatura dipende da quanta esposizione alla luce del sole e da quanto contatto con la pelle c’è stato.

Se dovesse dare un peso specifico all’heritage del marchio?
Trovo che avere una storia, un heritage e anche un fondatore che ancora vive nella marca – è il presidente del nostro consiglio d’amministrazione – coinvolto nelle attività d’immagine e di comunicazione, sia una ricchezza eccezionale. È quello che alla fine distingue il marchio, che esprime un punto di vista sullo stile e sulla vita. Stiamo lavorando per recuperare al massimo ed evolvere questo heritage.

Di che cosa Il Bisonte non può fare a meno?
Sicuramente della vacchetta; poi non può fare a meno del livello speciale di artigianalità che solo un made in Italy può dare. E di uno spirito anti convenzionale che fa la differenza tra noi e i competitor di pelletteria toscana.

Cinque cose che Il Bisonte garantisce?
Personalità, unicità del prodotto, grande qualità, valore. Nel rapporto con il prezzo credo che diamo una qualità abbastanza unica. E poi il calore. Sono un prodotto e un marchio molto personali.

Cosa state preparando per il futuro?
Stiamo lavorando sia sul prodotto e sia sulla marca. C’è una riattivazione da un punto di vista stilistico e anche di marketing e comunicazione, inoltre stiamo operando attivamente sulla parte distributiva. Il prossimo step importante è il ritorno a Parigi. Per noi il mercato francese è sempre stato una piazza d’elezione. Abbiamo due piccole boutique che stiamo ristrutturando e, alla fine di gennaio, apriremo un pop up che rimarrà on stage fino a giugno, in zona Rue du Faubourg Saint-Honoré, dove l’idea è di rappresentare la marca con il suo heritage, ma anche con il suo spirito un po’ scanzonato.

Quanti negozi monomarca ci sono nel mondo?
Quelli gestiti direttamente sono gli europei. Ad oggi sono sette, ma sono destinati a diventare otto con quello di Parigi e stiamo lavorando su altri progetti di rafforzamento su Londra e un’altra piazza europea. Sono due a Roma, due a Parigi, uno a Londra, quello storico di Firenze e uno di recente apertura a Milano in via Santo Spirito, che rappresenta il nuovo concept de Il Bisonte, con un mix di elementi vintage e iconici e con un’interpretazione un po’ più nuova. In termini di monomarca indiretti ne abbiamo altri 50, 38 in Giappone e altri 12 nel resto dell’Asia, tra Hong Kong, Indonesia, Taiwan e Corea.

E il mercato americano?
È stato estremamente importante fino a qualche decennio fa e ritengo che sia abbastanza in linea con il nostro gusto. Ci crediamo molto e stiamo cercando di farlo ripartire con slancio. Per ora siamo presenti soltanto con una distribuzione multimarca; abbiamo iniziato a luglio una collaborazione con una showroom a New York e stiamo ipotizzando l’apertura di un paio di punti vendita diretti.

Dove?
Costa Est e Costa Ovest. Tra l’altro il marchio è particolarmente amato in California quindi, al di là di New York, l’idea è di avere un punto vendita proprio lì.

Come si è chiuso il fatturato del 2017?
Un po’ sopra i 27 milioni, con una crescita di quasi il 30% e stiamo affrontando il 2018 con obiettivi analoghi. Vogliamo mantenerci su questo tipo di sviluppo, sfruttando anche un’espansione di perimetro che per il marchio è ancora possibile fare. Abbiamo molte opportunità nel sud-est asiatico ancora da esplorare e non siamo presenti in Cina. Inoltre, l’America è sicuramente il mercato nel quale provare a crescere.

Chi è il vostro cliente tipo?
È difficile da definire in termini di fascia d’età e di reddito. Direi che si caratterizza più per un certo stile. Abbiamo dei Paesi come il Giappone dove il nostro cliente è giovanissimo, dai 20 ai 35 anni, invece nei mercati europeo e statunitense è più maturo. Quello che collega tutti è l’occhio un po’ sportivo, però che sa apprezzare il prodotto bello e ben fatto. Sono persone che non gradiscono le metallerie troppo evidenti e a cui piace distinguersi dal gusto di massa.

C’è una frase per identificare il marchio?
Ne cito due che sono di Wanny (Di Filippo, il fondatore, ndr.) e che sono strepitose. Il motto della sua partenza è stato: “Se lo posso disegnare, lo posso anche realizzare”. L’altro è, “libertà, amici, salute”, alla fine sono i valori forti e veri di un marchio vicino alla vita delle persone.

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MADE IN ITALY, LA PRECARIETÀ DEI NOSTRI GIORNI NEL NUOVO FILM DI LIGABUE

Godere i pregi, notare i difetti, subirne gli effetti e, nonostante tutto, amare. È la sintesi perfetta del percorso parallelo, che Luciano Ligabue fa compiere ai protagonisti di Made in Italy, il suo nuovo film, nelle sale cinematografiche da domani. Doppio perché, oltre a raccontare l’amore di Riko (Stefano Accorsi) e Sara (Kasia Smutniak), la pellicola esprime il sentimento nei confronti dell’Italia: una «tormentata dichiarazione d’amore verso il nostro Paese», come l’ha definita il regista. Made in Italy è, essenzialmente, un film reale, che racconta i tormenti e i pensieri di un uomo alle prese con la precarietà: lavora in un salumificio – sporcandosi le mani nel senso letterale del termine, non certo il lavoro dei suoi sogni – il matrimonio con Sara è stagnante, il figlio Pietro sembra non volerne sapere d’indipendenza, una casa costruita dal nonno ed ereditata dal padre, che non può permettersi.
Problematiche tremendamente reali e comuni, acuite da un profondo senso d’ingiustizia sociale per i continui licenziamenti in azienda, in nome della gelida crisi che spegne i sogni rimasti e riduce al minimo la dignità dei lavoratori mandati a casa.
I fantasmi di Riko esplodono quando scopre il tradimento di Sara che, però, riconosce il suo errore e da quello costruisce la rinascita del rapporto di coppia, ritrovando partecipazione e complicità persi per strada.
Un personaggio, quello interpretato da Kasia Smutniak, di grande forza, in grado di sostenere Riko anche quando gli eventi sembrano piegarlo fino all’annullamento completo. L’esaltazione di quella forza femminile che Luciano ha sempre raccontato e cantato: Le donne lo sanno che niente è perduto, che il cielo è leggero però non è vuoto, torna più che bene.
Riko, invece, sommando i suoi momenti emotivi profondamente diversi (tra l’esaltazione e la goliardia delle serate in balera, nonostante l’età e la profonda crisi di chi rifiuta anche il cibo, in preda ai pensieri negativi) regala comunque un messaggio di speranza, di rifiuto dell’arrendevolezza, espresso perfettamente nella scena che precede la partecipazione al corteo di protesta in difesa dei diritti dei lavoratori: “Qualche cosa va fatto”.
Altro tema centrale, come nelle due precedenti pellicole di Ligabue, è l’amicizia: forte, fortissima, al punto da arrivare a scontrarsi anche fisicamente, senza mai separarsi davvero, pure davanti a incidenti di percorso tutt’altro che piccoli. Il film è scandito dalle tracce scelte dal regista, molte prese da Made in Italy, omonimo concept album che raccontava già la storia di Riko, alter ego di Ligabue (che di secondo nome fa Riccardo).
Un personaggio che fa i conti con la sua voce interiore, quella che si chiede «di cosa è fatto quel pulviscolo che sopravvive quando muoiono le nostre cellule» e arriva a capire che “siamo fatti” anche della bellezza e delle contraddizioni dei nostri paesi, che apprezza durante l’insolita “luna di miele in Italia” dopo il secondo, simbolico, matrimonio con Sara.
Made in Italy è un flusso continuo di introspezione, emozione, riflessione e «colpi di coda, una lunga serie di colpi di coda». Da vedere e assimilare, perché Riko e Sara sono quanto di più vicino alla gente comune.

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Cinecult: Ella & John di Paolo Virzì

Una botta di vita, una fuga per la libertà carica di sense of humour ma anche di pathos per prendere le distanze da malattie e problemi in un’America densa di contraddizioni che nel 2016 affrontava la campagna per le presidenziali destinate a portare Donald Trump nella sala ovale. Si può trovare questo e molto altro ancora nell’ultimo, intenso film di Paolo Virzì ‘The Leisure Seeker’ tratto dall’omonimo romanzo di Michael Zadoorian e che in Italia è appena uscito con il titolo ‘Ella & John’. Il film, presentato all’ultimo festival di Venezia e distribuito da 01 Distribution-Rai Cinema è un road movie pieno di sorprese e colpi di scena, vitale e romantico girato con tutta la sensibilità, la capacità di penetrazione psicologica e il fine umorismo del regista de ‘Il capitale umano’ e de ‘La pazza Gioia’ che ha valso al talentuoso cineasta italiano un meritatissimo David di Donatello per la regia. Lavorando alla sceneggiatura insieme a un valido team comprendente anche Francesca Archibugi, Virzì ha tradotto per il grande schermo la storia della fuga dei due anziani coniugi Spencer Ella (una strepitosa e carismatica Helen Mirren) e John (un Donald Sutherland sempre a suo agio in ogni ruolo, versatile e istrionico) professore di letteratura inglese in pensione, entrambi affetti da malattie gravi ma pronti a mollare casa e i figli ormai adulti, Will e Jane, per salire a bordo del loro epico camper anni’70 ‘Leisure seeker’, letteralmente ‘il cerca svago’ con cui quando erano ancora giovani i due protagonisti portavano in vacanza i figli. Partendo dal Massachusetts i due si dirigono verso la Florida con destinazione Key West per visitare la residenza di Ernest Hemingway, vero e proprio idolo letterario di John, che ne cita in continuazione frasi e massime. Una fotografia piena di naturale respiro e di bellezza e inquadrature gestite al meglio anche nello spazio angusto del camper impreziosiscono un film che nobilita il valore della memoria che Ella vorrebbe disperatamente far ritornare al marito, il quale, negli anni, le ha celato alcune circostanze delicate della loro relazione. Tenerezza e forza, ma anche vitalità e voglia di godere la vita attimo per attimo, caratterizzano le coraggiose e spesso esilaranti peripezie sul viale della memoria e in parte della nostalgia dei due protagonisti, che sfidano l’ineluttabile passare del tempo, l’ormai sopravvenuta fragilità e il dolore fisico, per assaporare qualche momento di felicità e continuare a vivere in simbiosi come hanno sempre fatto, condividendo gioie e sofferenze di una lunga vita insieme. Virzì si conferma formidabile nel dosare sapientemente il dolce e l’amaro, il tragico e il comico, in un intreccio di emozioni che, con tocco garbato, lasciano il segno e fanno sorridere e riflettere per i loro risvolti di sublime umanità e autenticità.

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CLIO MAKE UP: IL SUCCESSO DELLA SEMPLICITÀ

Se in Italia sappiamo cos’è un primer, un blush o un piega ciglia lo dobbiamo a lei, Clio Zammatteo, in arte ClioMakeUp che, nel 2008, ha aperto il suo canale YouTube, quando la professione di Youtuber, soprattutto in Italia, non esisteva. Mentre viveva il suo sogno americano a New York, condivideva ciò che imparava nella scuola di make-up attraverso dei brevi tutorial, sempre più tecnici con il passare del tempo, contribuendo a diffondere l’arte del trucco: dalle passerelle alla vita quotidiana. Ora Clio è make-up artist,YouTuber, beauty blogger, autrice di libri e personaggio televisivo, ma è rimasta sempre la ragazza dolce e un po’ impacciata degli inizi, l’amica virtuale a cui chiedere consiglio e da cui ci si aspetta una risposta sincera. Da poco ha creato anche una linea di rossetti, prodotti interamente in Italia e venduti online, che dopo solo 14 ore dal lancio, è andata sold out. Un momento d’oro per Clio, coronato dalla nascita della piccola Grace. MANINTOWN l’ha intervistata per voi.

Quando hai capito di poter investire tutto su questo tuo sogno e progetto?
In realtà l’ho capito abbastanza tardi, verso il 2012, perché fino a quel momento ho avuto tante collaborazioni, programmi TV, libri, però facevo quasi tutto da sola, ero più una YouTuber vera e propria, un personaggio singolo che guadagnava grazie alla sua passione. Verso il 2012, quando in più persone abbiamo cominciato a lavorare al progetto, e soprattutto abbiamo aperto il blog, ho iniziato a capire che potesse diventare una professione, perché stavo dando lavoro ad altre persone, non stavo soltanto sostenendo me stessa. Ogni anno c’è stata una piccola crescita, cosa che mi ha fatto credere nella longevità del progetto, mentre sul web, molto spesso, ci sono fenomeni che nascono, ma che poi si spengono in fretta. Questo, invece, ha continuato a crescere, perché io, mio marito e mia cognata, che siamo il trio principale di ClioMakeUp, abbiamo sempre pensato a come poter crescere.

Dimostri che i sogni possono avverarsi. Quali sono stati gli ingredienti del successo?Sicuramente l’onestà e il lavoro di squadra, perché ormai ClioMakeUp è una realtà formata da una ventina di persone. Vogliamo comunicare un’idea di casa, di famiglia, di lealtà e onestà, i valori su cui abbiamo sempre puntato in tutto ciò che facciamo. Anche le collaborazioni esterne partono sempre dai prodotti, dai test e dalla volontà di essere corretta nei confronti di una community che ci ha sempre seguito e supportato. Poi, il fatto di non aver mai perso le mie origini ed essere rimasta sempre me stessa è stato importante.

Ti sei sempre schierata a favore di messaggi body-positive, senza distorcere la realtà con Photoshop e simili. Cosa ne pensi di chi ricerca ossessivamente la perfezione?
Penso che l’aspetto fisico sia solo una piccola parte di ciò che una persona è. Detto questo, non posso criticare le scelte altrui. Un sedere un po’ più grosso o un naso un po’ più lungo non fanno la differenza oggigiorno, anzi bisogna pensare ad altro. È ovvio che per me il trucco e apparire al meglio conta, ma non è una cosa con cui combatto quotidianamente e non è un aspetto che fa di me una persona migliore o peggiore. Nel mio piccolo io sono sempre stata onesta, anche con me stessa, riguardo ai miei pregi e difetti.

Qual è il segreto per accettarsi?
La chiave sta nel capire quali sono le cose importanti nella vita, dopodiché il resto passa in secondo piano. Un’altra cosa fondamentale è circondarsi di persone che ti amano per quello che sei. Trovare una persona come Claudio, mio marito, che mi ha sempre apprezzato e sostenuto, ha fatto sì che anch’io iniziassi ad amarmi di più.

Un altro tema delicato su cui hai puntato l’attenzione riguarda la maternità e l’invadenza, anche involontaria, dei follower, che a volte può ferire. Per chi condivide (quasi) tutto sui social ci sono dei paletti da rispettare?
Sicuramente ci sono, io stessa non pubblico tutto della mia vita. Nessuno lo fa. Molto spesso la gente cerca di pubblicare solo le cose positive, nel mio caso non è neanche così, non cerco di far vedere la mia realtà edulcorata. La cosa importante è non condividere tutto, altrimenti la gente si aspetta troppo da te, e non è giusto che si aspettino di sapere qualsiasi cosa della tua vita. Secondo me è un bilanciamento che si impara col tempo.

Cosa rende diversa la tua linea di rossetti?
Parla a tutti. Spesso oggigiorno, soprattutto i nuovi brand, sono rivolti soltanto a un target specifico. Il mio marchio, invece, parla a tutte: alle ragazze che si vedono belle e a quelle che si vedono meno belle e che hanno voglia di sperimentare. Alle giovanissime, ma anche alle signore. È un brand che non fa distinzioni, facile da utilizzare. Soprattutto, la gente che compra i miei prodotti è consapevole che dietro c’è stato tanto lavoro, ricerca e sperimentazione, mesi e mesi di test e non è un’attività nata solo per fare soldi. Quindi le persone si fidano, perché sanno che nella mia esperienza ne ho provati tantissimi e che se presento qualcosa vuol dire che per me è il meglio.

Com’è il tuo rapporto con la moda? Cosa non può mai mancare nel tuo guardaroba?
Non c’è un grandissimo rapporto con la moda (ride, ndr). Mi sono resa conto che, avendo scelto il trucco, la moda passa un pochino in secondo piano. Più che altro, non spendo tantissimo per vestirmi, perché la moda è un po’ come il trucco, ogni giorno escono milioni di vestiti, scarpe, borse nuovi, se apriamo la pagina di un sito, ogni settimana è aggiornata. Se il make-up è il mio lavoro e ci posso investire, sulla moda non così tanto e cerco di contenermi. Acquisto dei capi basic che si possono utilizzare quasi sempre. Inoltre, sono una patita dei vestiti e li metto quasi sempre, sia d’estate che d’inverno. Quelli estivi li indosso anche nella stagione fredda con calze pesanti e maglioni oversize. Ho il mio stile ben definito, per questo non seguo molto le tendenze. Mi piacciono le stampe floreali, ma non possono mai mancare abiti neri, sia perché come make-up artist, quando vado a fare dei lavori, il nero è il colore classico, così quando ci si sporca non si nota, sia perché è un colore che mi piace e che si abbina con tutto, va sempre bene e soprattutto, con diversi abbinamenti, risulta sempre differente. Poi è un evergreen, non ha era, stagione o periodo.

Non solo tutorial, ma anche vlog. Il viaggio più bello che hai fatto?
Ne ho fatti tanti, ma quello che più mi è rimasto nel cuore è stato in Islanda, in cui ho fatto tre vlog. È stato un viaggio meraviglioso, anche se siamo andati in un periodo un po’ misero, verso i primi di gennaio, quando c’erano solo quattro ore di sole al giorno e un freddo incredibile. Nonostante la situazione climatica non fosse delle migliori, è stato un viaggio emozionante, i tramonti che ho trovato lì non li mai visti in nessun altro posto. La serenità che mi ha trasmesso quel luogo, l’accoglienza delle persone, è stato tutto veramente fantastico. Sono stati dei giorni bellissimi, non vedo l’ora che Grace sia un po’ più grande per poterla portare, perché secondo me anche a lei piacerà.

Nei tuoi post traspare, spesso, il profondo amore per l’Italia. Hai mai pensato di tornare a viverci?
Sì, ci ho pensato tante volte. Dobbiamo ancora finire la nostra esperienza in America, che ci ha dato già tanto, ma ci sono ancora un paio di cose che dobbiamo fare. Sicuramente per il futuro abbiamo iniziato già a pensare alla città italiana in cui ci piacerebbe vivere con Grace, soprattutto perché mi piacerebbe far crescere la mia piccolina più vicino a casa e ai nostri affetti.

Un progetto ancora irrealizzato?
Posso dire di essere fortunata, sto realizzando tutti i miei sogni, è una sensazione incredibile. Direi che il mio goal futuro sia quello di far crescere la nostra linea, ancora piccola, però senza fretta, non sono una di quelle persone che vuole tutto e subito, sono consapevole che per far bene le cose bisogna prendersi i propri tempi e quindi lo stiamo facendo. Grazie alle persone che ci seguono e alla qualità, sono sicura che si potranno fare grandi cose in futuro.

Che prodotti consiglieresti per l’uomo?
Secondo la mia esperienza con Claudio, consiglierei i sieri per idratare perché, rispetto alle creme, hanno una consistenza più leggera, quindi si adattano soprattutto agli uomini che odiano gli effetti “pesantoni” o l’effetto un po’ grasso di alcune creme, e anche a quelli che hanno la barba, come Claudio, che usa il siero perché penetra senza lasciare la barba unta e riesce ad arrivare in profondità. Altri due prodotti sono le creme opacizzanti, di cui ce ne sono di ottime in commercio specifiche per la zona “T”, soprattutto per gli uomini con la pelle grassa, e poi tutti gli oli per la barba, specialmente in questo momento in cui la barba lunga è di tendenza. Gli oli fanno sì che la barba sia più disciplinata, più lucente e applicandoli si vede proprio la differenza.

cliomakeupshop.com


Tips per le ciglia: Nanolash

Quale donna non ha mai sognato di avere delle ciglia folte, lunghe e dall’aspetto pieno, senza dover ricorrere alle ciglia finte?Finalmente ci si potrà lasciare alle spalle questo noioso pensiero ed ottenere delle ciglia folte, voluminose e favolose in meno di un mese. Come? Semplicemente utilizzando il nuovo siero di Nanolash!

Questo siero offre un modo perfetto e non invasivo per migliorare la lunghezza delle ciglia naturali. Il suo principio è molto semplice: si concentra principalmente sulla stimolazione dei follicoli, i quali regolano la crescita delle ciglia, fornendo loro i nutrienti necessari. In questo modo, le ciglia diventeranno più spesse, scure, resistenti ai danni ed incredibilmente lunghe. In due settimane il loro colore sará più intenso ed il pelo più spesso e resistente. Dopo 6-8 settimane, invece, difficilmente si riuscirà a credere che le ciglia naturali abbiano subito una tale trasformazione.

Il siero per ciglia Nanolash è disponibile sul sito ufficiale Nanolash.

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Le classiche vanno forte

Kawasaki

Il recupero di temi estetici classici sta caratterizzando una fetta sempre più grande delle nuove proposte motociclistiche, tanto che l’ultima edizione di EICMA ha visto un trionfo di idee da parte di quasi tutte le Case. Quelle giapponesi hanno recitato la parte del leone, con il disvelo da parte di Kawasaki della Z900RS, primo esempio di performance classic, che unisce le prestazioni moderne della base Z900 a un’estetica che omaggia dichiaratamente la storica Z1 del 1972. Non da meno Honda, che ha proposto la CB 1000R e il concept CB4 Interceptor evitando le citazioni, ma con linee classicamente minimaliste, anche in questo caso disegnate sopra una sostanza modernissima e, diversamente da Kawasaki, praticamente del tutto inedita. Due modelli esplicitamente diretti agli appassionati forti di un po’ di esperienza e capacità di guida, viste le prestazioni molto interessanti – sono capaci rispettivamente di 110 e 145 cavalli. Un po’ meno specialistici gli esemplari di Ducati e Moto Morini: il primo fa lievitare il proprio Scrambler alla cilindrata 1100, sacrificando un po’ di accessibilità per regalare qualche emozione in più agli appassionati più esperti. Le prestazioni crescono con moderazione, la raffinatezza anche. Del tutto inedita invece la Moto Morini Milano, sia pure sulla collaudata base del bicilindrico Corsacorta 1200, che si affida alla mano del designer Angel Lussiana per realizzare una moto con diverse citazioni dal passato della Casa. E non possiamo non citare le due novità – America e Bobber Black – con cui Triumph completa la sua nuova gamma Bonneville, da sempre una delle più apprezzate dagli appassionati di classiche. Fra le altre, interessanti, novità vale la pena di sottolineare la proposta alternativa di Energica, che propone il primo esempio di classic su base a emissioni zero: la versione EsseEsseNove -citazione riservata alla Via Emilia che attraversa Modena, sede della factory – della raffinatissima supernaked elettrica Eva, che unisce un’estetica e una posizione più classica a prestazioni da riferimento.

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Uno per tutti

O meglio, Orbi per tutti. Sì, perché basta un solo dispositivo per soddisfare le esigenze WIFI di tutti. È il nuovo Netgear Orbi, il sistema WiFi Tri-band ideato da Netgear, per connettere tutta la famiglia. In tutta la casa. Non importa che sia un monolocale, un appartamento o una soluzione abitativa con struttura irregolare, i sistemi WiFi di Netgear garantiscono la connessione a Internet ad alta velocità, non solo all’interno di casa propria, ma anche all’esterno, eliminando, di fatto, le zone morte. Oggi, sempre più famiglie sentono la necessità di essere costantemente connesse alla rete e questo comporta più device collegati simultaneamente, nei diversi ambienti dell’abitazione. Se tutti hanno questa esigenza, unica può essere la risposta. I sistemi Orbi di Netgear, sfruttando la tecnologia WiFi tri-band, riescono a fornire un canale wireless dedicato tra il router e ciascun satellite Orbi. Insomma, un moderno – e virtuale – filo di Arianna, che permette la massima velocità di navigazione fornita dal proprio provider a tutti i dispositivi collegati, in contemporanea e senza limiti di device. Naturalmente, oltre alla connessione, anche l’occhio vuole la sua parte, per questo i sistemi WiFi di Netgear hanno un design che si integra perfettamente con l’arredamento circostante. Belli e veloci, questi dispositivi sono estremamente facili da installare, basta collegare il router al modem e posizionare il satellite Orbi dove si preferisce, oppure dov’è necessario avere il segnale WiFi. Tre tipologie di sistema permettono di rispondere a ogni esigenza: dal RBK50 – ideale per spazi fino a 350mq – al RBK40, ideato per soluzioni abitative di 250mq, fino al RBK30, che copre una superficie di 200mq.

BE AROUND: LO SPORTSWEAR MADE IN ITALY

Un progetto lungimirante, concepito negli Stati Uniti e realizzato interamente in Italia. È Bearound, il brand di capi outerwear e capispalla dalla forte influenza sportswear, ideato da Chiara Trezzi, che ha affidato a Luca Larenza la Direzione dell’ufficio Stile. Qualità e attenzione ai dettagli caratterizzano le collezioni, create con l’ausilio delle più moderne tecnologie applicate a tessuti e filati pregiati. Tante sono le proposte di maglieria e jersey, accomunate da un’eleganza sportiva e da scelte cromatiche vivaci e attuali, che conferiscono carattere alla collezione. La SS18 segna il debutto di Bearound sul mercato, portando un punto di vista inedito sullo sportswear, reinterpretato e valorizzato dalla continua ricerca delle nuove tendenze. A dare il volto alla campagna David Moss, cestista statunitense di Serie A, attualmente impegnato come ala piccola nel Basket Brescia Leonessa, che ribadisce ancora una volta il legame del brand agli Stati Uniti e all’Italia. Il giocatore incarna perfettamente i valori cardine di Bearound, imperniati sulla continua ricerca dell’eccellenza, senza dimenticare fascino, stile e la vivacità dei colori. Il percorso del marchio continua con la collezione FW18, arricchita con nuovi capispalla e un gioco di materiali. Inoltre, entro la fine di febbraio, Bearound inaugurerà il primo punto vendita monomarca a Milano.

bearoundofficial.com

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JOKER, DIETRO LA MASCHERA: 10 ANNI SENZA HEATH LEDGER

Si racconta che durante la scena del fatidico bacio gay, ne I segreti di Brokeback Mountain, Heath Ledger mise così tanto impegno (e impeto) da rompere il naso al collega Jake Gyllenhaal, con cui aveva stretto una forte amicizia già anni prima, durante i provini per Moulin Rouge!, per cui entrambi erano stati scartati. La fine della sua storia – con la morte – la conosciamo e la ricordiamo tutti, anche a distanza di dieci anni, perché con l’incertezza delle cause e l’irruenza della gioventù spezzata, aveva violentemente colpito l’opinione pubblica. Prima della sua anticipata scomparsa, Heath Ledger era impegnato sul set di Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo (2009) di Terry Gilliam, di cui sarebbe dovuto essere (e comunque lo sarà postumo) il protagonista. Erano state girate, infatti, solo le scene esterne, prima del fatidico 22 gennaio 2008, ma la produzione, dopo aver subito una fase di arresto, dichiarò di voler finire a tutti i costi le riprese, proprio per non sprecare il lavoro che il giovane aveva svolto. A lui, nelle scene di interni, si sono, così, sostituiti ben tre attori: Johnny Depp, Colin Farrell e Jude Law (rappresentanti le tre trasformazioni del personaggio di Heath, Tony, nelle varie dimensioni dello specchio di Parnassus) accomunati dalla decisione di prendere parte al progetto gratuitamente, come tributo al collega scomparso. Nato a Perth, in Australia, il suo nome è un prestito dal romanzo ottocentesco di Emily Bronte, Cime Tempestose, da quel protagonista, Heathcliff, di cui ne ricalca la tempra passionale. Heath Ledger era, infatti, noto per la maniacale preparazione e documentazione sui personaggi che interpretava. Durante le riprese de, Il Patriota (2002) visse nella foresta per calarsi al meglio nei panni di un soldato coloniale, durante il periodo della Guerra d’Indipendenza americana, mentre per Lords of Dogtown (2005) ottenne in prestito i vecchi abiti del leggendario skater Skip Engblom. Molto più che dal destino insito nel nome, però, quello di Heath sembra essere stato segnato dai personaggi a cui si è prestato e che costituiscono un lascito immortale. Dopo la morte improvvisa, si è impresso nelle menti con la maschera tragica e distruttiva di Joker, l’antieroe per eccellenza, indossata ne, Il Cavaliere Oscuro (2009) diretto da Christopher Nolan. Il modo strano di parlare, dovuto nella finzione alle due cicatrici che ne disegnano il ghigno, fonte di aneddoti agghiaccianti, il modo goffo di ravvivarsi i capelli, sporchi, verdastri, quasi plastici, soprattutto i discorsi anarcoidi: un universo immaginifico, costruito trascorrendo sei settimane di preparazione isolato in una stanza d’albergo, annotando su un diario il lavoro quotidiano e concentrandosi sulla ricerca di una voce e una postura iconiche, in accordo all’aggressività di Joker. Il risultato è: «uno psicopatico senza coscienza delle sue azioni, un sociopatico assoluto, un assassino di massa a sangue freddo, con zero empatia», ma anche il ruolo più divertente della propria carriera. Un talento interrotto, il volto di un ragazzo destinato a un successo più grande, come conferma l’Oscar, vinto postumo, come miglior attore non protagonista (2009) proprio per il ruolo di Joker.

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10X10 ANITALIANTHEORY – TUTTI I COLORI DEL CARNEVALE ITALIANO

Sorseggiando un cocktail all’americana, preparato appositamente da Jack Daniel’s per celebrare FELIX THE CAT, lunedì 15 gennaio, all’interno del Garage Showroom di Marina Guidi, in via Novi 5 a Milano, gli ospiti hanno potuto ammirare la collezione autunno-inverno 2018/19, “Carnevale Italiano” di 10X10 ANITALIANTHEORY by Alessandro Enriquez. Modellato sulla figura di Charlot e primo personaggio animato della storia del cinema, Felix è tratteggiato dal designer su T-shirt in technicolor e camicie 100% made in Italy, per celebrare il tema di Pitti Uomo 93: il cinema. Un tocco nostalgico, che si riverbera anche nella struttura dei capi, che con la loro vestibilità loose, i giromanica scesi e la palette di colori primari – combinati a materie prime premium, come cashmere lavorato a diverse finezze e lana Merino – richiamano le forme dello streetwear degli Anni ’80 e ’90. Da Venezia a Sciacca, passando per Viareggio, la nuova collezione ritrae, poi, l’incontro tra i personaggi più amati del Carnevale – da cui il nome della collezione – come Arlecchino, Colombina e Pulcinella, in versione cartoon nei disegni di Studio Fantasma e i ricami propri della tradizione italiana, come pizza, spaghetti e mandolino. Un manifesto, tutto italiano, capace di diffondere il sorriso!

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Il nuovo menswear di Milano vive nel segno di un caos calmo

Se è vero che il tempo è un fiume che scorre dal passato e come scrive Zygmunt Bauman nel suo volume ‘Retrotopia’ “ il futuro è finito alla gogna e il passato è il luogo in cui le speranze non sono state ancora screditate” allora l’ultima fashion week maschile milanese per l’inverno 2018-19 ha colto nel segno. In un mondo dominato dal caos digitale in cui selfie e pensieri privati si affastellano in un unico contenitore che è il nostro presente a portata di smartphone, meglio optare per l’ibridazione fra memorie di archivio e il nuovo hi-tech che però flirta sempre con formule vintage. Il tutto nel segno di un caos calmo sospeso fra anarchia creativa e nuovo classicismo sartoriale. Mentre fuori dalle location delle sfilate e delle presentazioni, il pubblico delle passerelle sfoggiava completi sartoriali sotto capospalla estremamente sportivi, dal piumino al parka fino all’eschimo, vero must di stagione, in pedana si delineavano le nuove tendenze. Che poi sono i valori estetici che da sempre definiscono l’identità delle griffe. Al Metropol da Dolce&Gabbana è di scena la favola intrisa di nostalgia e romanticismo che fa pensare al film ‘The greatest showman’ e anche al romanzo ‘Il piccolo principe’ con modelli reclutati fra artisti, musicisti e rampolli di attori e rockstar e putti che reggono corone, cappotti con martingale di pelliccia e marsine ricamate d’oro: una fantasmagoria decorativa. A un decorativismo nuovo di zecca ma sempre legato al retaggio del passato, in questo caso gli anni’90 del brand, sembra essersi ispirata anche Donatella Versace che negli ambienti impreziositi da lampadari di cristalli e stucchi dorati del Circolo del Giardino dove Versace ha sfilato nel 1985, ha mandato in scena una collezione perfetta per chi ha voglia di comfort sontuoso fra cappotti, piumini, camicie, felpe, completi a quadri, accessori ricercati e voluttuosi maxi o formato bonsai il tutto formulato nel linguaggio vibrante e prezioso del velluto. Velluto principesco, barocco da Versace, essenziale e neoclassico, con una rivisitazione dei divi di Hollywood anni’40 per Giorgio Armani che ha firmato una delle sue collezioni più riuscite esaltando la sensualità della silhouette con una gestualità morbida e radiosa. Perché il velluto capta la luce e si accende di mille riflessi. Sembra velluto ma è montone rovesciato con le doppie F stampigliate a contrasto il capo cult disegnato da Silvia Venturini Fendi per la collezione maschile da lei disegnata per la griffe Fendi. La vita imita l’arte e allora l’artista digitale Hey Reilly ha creato per il dinamico uomo di Fendi che si muove e viaggia instancabilmente, mosaici digitali di motivi ornamentali di archivio proiettando nel futuro il look ludico e ironico dello heritage della maison. Ritorno alle radici e a una linea creativa vincente che ha eroso i canoni della divisa borghese per un novo comfort è lo statement di Miuccia Prada che ha consacrato il nylon come fulcro della nuova collezione maschile ambientata per la prima volta in un magazzino industriale vicino ala Fondazione Prada. La stilista ha chiesto a Rem Koolhaas, Ronan & Erwan Bouroullec, Herzog & de Meuron e Konstantin Grcic di rileggere il nylon, icona della maison, attraverso quattro creazioni, due capi d’abbigliamento e due accessori, puntando su soluzioni funzionali per un uomo che vive il proprio presente in un’ottica giocosa e austera laddove il minimalismo diventa l’elaborazione colta e concettuale del disordine estetico della nostra epoca ma senza alcuna astrazione. Da segnalare la raffinatezza e la ricerca fra indoor e outdoor di Alessandro Sartori per Ermenegildo Zegna Couture, il look scanzonato e irriverente molto genderless e fetish-chic di Jeremy Scott per Moschino che ha mandato in pedana con il menswear anche la pre collezione donna per l’inverno 2018, il dandismo sofisticato di Etro che quest’anno spegne 50 candeline, lo sportswear di lusso di Lee Wood per Dirk Bikkembergs memore dell’Olanda e lo charme onirico delle creazioni di BIUU, brand di Shanghai fondato a Parigi nel 2016 dallo stilista e imprenditore cinese Wu Hao.

NICOLO’ DE DEVITIIS

Nato come l’antinfluencer per scimmiottare i fashion blogger all’apice del fenomeno,
Nicolò De Devitiis è ricordato dalla vasta nicchia del web come il primo bike blogger italiano.

Faccia da iena, una laurea in marketing e la neodefinizione da sex symbol della TV italiana, come vivi da Millenial questa tua ascesa?
Vivo i successi con molta serenità avendo realizzato tutti i miei sogni da bambino. Inoltre, cerco di godermi ogni singolo istante dando il massimo in tutto ciò che faccio. Da iena lavoro tanto e spesso mi capita di dormire in auto per più giorni a costo di portare a termine un servizio.

La tua è la fame di una generazione che grazie alle creative startup sta valicando le porte della comunicazione globale. Per chi ti ha dato del raccomandato in realtà non sa che ogni successo è scaturito dalla capacità di esporti e generare nuove idee. Come giungi alla creatività di nuovi servizi?
Sono molto creativo, tutti i progetti nascono dalle mie idee e ogni volta che vengono messi in onda si riparte da zero. Mi documento costantemente sull’attualità ed ho sempre un occhio su tutto ciò che accade nel mondo. L’aspettativa di chi mi segue è molto alta e non voglio deluderla.

Quale è la conquista mediatica che in questi ultimi anni di sperimentazione ti rende più fiero? Ad esempio, si dice che prima di diventare una Iena effettiva hai fatto un “duro“ periodo di affiancamento ai veterani…
Sono molto fiero, dopo una lunga gavetta, di aver intervistato Valentino Rossi quando si negava a tutta la stampa e di aver raggiunto Gian Piero Ventura e Carlo Tavecchio dopo l’uscita dalle qualificazioni per i Mondiali.

Nicolò e la moda, hai dichiarato, al di fuori del look da Iena, di preferire uno stile urban e casual perfettamente allineato con il tuo imprinting da bike lover. Se dovessi scegliere un modo diverso di vederti allo specchio, come ti immagineresti?
Mi immagino sul Red Carpet con smoking, papillon e attitude da attore britannico d’altri tempi.

Dall’immaginazione alla realtà quali sono le pedalate professionali che ti aspettano nel 2018?
Sono davvero molto scaramantico, voglio assolutamente continuare con il lavoro per le Iene, Goal Deejay e Car Karaoke. Poi si vedrà!

Fashion stylist & art director| Alessia Caliendo
Photographer| Riccardo Ambrosio
Grooming| Ginevra Calie
Fashion assistant| Veronica Carrocci
Location| Roots Milano Hair & Tattoo www.rootsmilano.com

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Da Parigi, 7 cult brand per lui

Dopo Milano, la moda internazionale si sposta a Parigi con un calendario sempre ricco di fashion show ed eventi, tra marchi consolidati e label emergenti. Abbiamo selezionato per voi 7 cult label da non perdere.

LOEWE
Proprio durante la settimana della moda uomo di Parigi, LOEWE – maison di lusso spagnola fondata nel 1846 e oggi diretta da Jonathan Anderson – svela la sua nuova campagna pubblicitaria attraverso 5000 cartelloni esposti in tutta la città per 12 giorni. Protagonista di questa campagna l’attore inglese Josh O’Connor, nuovo volto di LOEWE Uomo e giovane stella di God’s Own Country, per il quale lo scorso mese ha ricevuto il premio come Migliore Attore ai British Independent Film Awards. L’attore è stato ritratto da Steven Meisel, che lo ha colto mentre è immerso nella lettura di un’edizione speciale di Madame Bovary
con copertina rigida LOEWE e custodia con Amber Valetta (sempre dello stesso Meisel che apparse originariamente in un servizio pubblicato nel 2006 da Vogue USA). Un gioco di rimandi tra letteratura, moda e glamour che apre le porte a una collezione di classici letterari che saranno pubblicati durante il corso del 2018, riproponendo altri iconici scatti di Meisel.

STELLA McCARTNEY
Da Parigi a Los Angeles, tra moda e musica, Stella McCartney celebra il lancio delle nuove collezioni uomo e donna grazie a straordinarie performance musicali di BØRNS, Leon Bridges, Dr. Pepper’s Jaded Hearts Club Band, Grimes, St. Vincent e Beck. L’uomo di Stella Mc Cartney, come per la donna, mostra una sensibilità forte verso l’ambiente e la sostenibilità: protagonista della collezione è Loop, la nuova sneaker realizzata con tomaia elasticizzata e prodotta senza l’uso di colla. Le sneaker sono caratterizzate da una suola in gomma in TPU biologico proveniente da risorse rinnovabili. Capi confortevoli che rivisitano motivi della tradizione, ma abbinati e ripensati in modo imprevisto, come il disegno quadrettato o lo stile mimetico militare. La campagna arriva in città grazie alle immagini della fauna selvatica realizzate dall’artista Martin Ridley e stampate su camicie e t-shirt di popeline organico, e ai maglioni nelle tonalità kaki e grigio in tessuto spazzolato con stampe animalier.

3.PARADIS
A Parigi non solo big brand, ma anche molti marchi di tendenza e innovazione come 3.Paradis, label fondata nel 2013 dai designer Emeric Tchatchoua e Raymond Cheung. I due designer provengono da due angoli opposti del mondo (Parigi e Hong Kong) con una visione artistica comune e il sogno di unire culture differenti. Di base tra Parigi e Montreal, 3.Paradis prende ispirazione dalla cultura pop e dallo streetwear giapponese ed è animata da un senso di ribellione. Racconta lo stesso Emeric Tchatchoua: “ il ‘3’ sta per equilibrio e ‘Paradise’ [‘paradiso’] simboleggia la felicità e l’equilibrio che arriva dal mio lavoro. 3.PARADIS rappresenta la perfetta armonia tra mente, corpo e anima.”Una marchio da tenere d’occhio.

ISABEL MARANT
Uno stile rilassato ma che si accende con accenti rock and roll caratterizza anche la silhouette maschile di Isabel Marant. Per celebrare il lancio della linea uomo la designer ha organizzato un evento con cena privata nella sua showroom di Place des Victoires. La serata è stata animata da una live performance del giovane rapper Lomepal, una delle figure più interessanti della scena musicale parigina. Appassionato di skate e di rap, Antoine Valentinelli aka Lomepal, a soli 26 anni, ancor prima di lanciare il suo primo album Flip, ha raccolto intorno a sé una grande community di appassionati e rap addicted. Quando la moda si sposa perfettamente con la musica.

HOLIDAY BOILEAU x VESTIARE COLLECTIVE
Per tutti i fan del denim, durante la settimana della moda uomo a Parigi ha debuttato la collaborazione tra Vestiaire Collective e Holiday Boileau, brand di lifestyle francese, che ha sviluppato una serie di giacche in jeans vintage in edizione limitata acquistabili su vestiairecollective.com. Ciascuno pezzo, che si ispira allo stile esuberante degli anni Ottanta, è ricamato con il logo del marchio parigino. Commenta Gauthier Borsarello, direttore crreativo di Holiday Boileau: “A Holiday Boileau sviluppiamo le nostre collezioni rielaborando pezzi iconici. La collaborazione con Vestiaire Collective è stata naturale in vista della comune passione per il vintage e il loro catalogo ricco di pezzi eccezionali! Da non perdere per tutti gli online shopper!

JULIEN DAVID
Parigino di nascita, classe 1978, Julien David dopo New York (dove ha studiato alla Parsons School of Design) si è trasferito poi a Tokyo nel 2006 dove ha poi fondato la sua label. Dal 2012 è una presenza fissa nel calendario della moda parigina e si è imposto per uno stile molto ironico tutto giocato con stampe e colori. Oggi le sue collezioni sono vendute in negozi come Dover Street Market, 10 Corso Como, Galleries Lafayette, Isetan, tanto per citarne alcuni. Per la prossima stagione David propone un guardaroba per l’uomo moderno, che deve mostrare la sua personalità, cultura, passione e interessi. Uno stile adatto a occasioni diverse, come ci mostra in modo ironico nella sua presentazione durante la Paris Fashion Week.

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NIKE JUMPS HIGHER

La sfida era quella realizzare la prima sneakers Air, creata al 100% per il lifestyle, ma con la stessa precisione richiesta dalle performance sportive.

Il percorso dal concept al mercato, durato due anni, ha dato vita alla Air Unit più alta di sempre – ben 32 mm – anima delle Nike Air Max 270, valorizzata da un design minimal e materiali leggeri, che si adattano al movimento naturale del piede.

L’altezza della air-unit della Air Max 270 offre il più grande spostamento di volumi sul tallone, per garantire la massima ammortizzazione e la maggiore comodità, tanto da essere descritta dai tester di prodotto come una sneakers dall’effetto-trampolino. I dettagli che definiscono l’innovazione sono la nuova tomaia tecnica in mesh a zone, per garantire flessibilità e traspirazione, una schiuma a doppia densità, sagomata per la transizione morbida dal tallone all’avampiede e un’unità Max Air nuova dal punto di vista tecnico e a pieno volume, per un maggiore assorbimento dell’impatto.

Una comodità scelta anche da chi di sneakers e ammonizzazione se ne intende; la più grande Air Max 270 – SIZE 18 US! – è stata indossata da Kevin Durant il 22 Novembre, prima di sfidare Oklahoma City Thunder e poi il 5 Dicembre durante un giorno di riposo.

La Air Max 270 sarà disponibile su SNKRS dal 1 febbraio e, per il 2018, è attesa l’uscita di una varietà di numerose silhouette e colorazioni della air-unit. Siete pronti a saltare più in alto?

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VISTI PER VOI A MILANO: 5 HIGHLIGHTS DALLA MFW

M140

Le tendenze non sfilano solo sulle passerelle. Anche gli eventi di presentazione delle nuove collezioni offrono l’occasione per sbirciare in anteprima le novità della prossima stagione. La Fashion Week milanese, appena conclusa, non fa eccezione. MANINTOWN ha selezionato alcuni trend per l’uomo che vuole lasciarsi ispirare fin da ora.

ELEVENTY
L’Inghilterra e la Scozia degli anni ’70 e ’80, con i loro colori caldi e le affascinanti tinte del sottobosco e dei giardini curati, ispirano la fall-winter 2018/19 di Eleventy, caratterizzata da filati e tessuti di storiche aziende britanniche, sapientemente lavorati e modernizzati da artigiani italiani. Un nuovo concetto di abbigliamento formale mixa cappotti e giacche in maglia spigata dalla texture irregolare, con cappotti in stile militare e pantaloni jogging in velluto a righe larghe in British mood. La particolarità risiede nei dettagli, come i preziosi colli sciallati e le trecce tridimensionali tinte a mano nelle maglie, o i bottoni intrecciati in pelle o in ottone antico. Immancabili anche i patch, cuciti a mano sui pantaloni.

TESTONI
Creatività è bellezza. La SIMPLE BEAUTY COLLECTION firmata Testoni celebra la bellezza semplice, spontanea e auto-evidente, che trapela dalle proporzioni delle calzature, dalle linee e dalle forme pulite e armoniose. I modelli più formali e chic, da abbinare anche allo smoking, in morbidissima vernice lucida bordeaux amaranto si alternano a francesine con fibbie e frange in vitello e tessuto tweed, da indossare in città. Non possono mancare le sneakers, nel modello Shadow, in cui l’effetto della tomaia è ottenuto da un particolare disegno pittorico, poi stampato sul pellame, disponibile in due varianti di colore. Completa la collezione la shopping bag in nappa nera, dal design raffinato, personalizzato dalle iniziali del brand.

CIFONELLI
Ispirazione British anche per Cifonelli, che disegna un guardaroba di lusso per l’uomo moderno, diviso tra vita metropolitana e weekend fuori città. Un mix di sartorialità e sportswear esemplifica l’idea del Creative Director John Vizzone, che riprende i classici della tradizione inglese, come il Principe di Galles, il pied-de-poule e il motivo a spina di pesce, ingrandendoli e abbinandoli a una palette colori tipicamente British, che oscilla tra toni bruciati e tinte fredde e scure. Le silhouette sartoriali caratterizzano la divisa cittadina, mentre lo sportswear influenza look rilassati, da indossare nei momenti di relax. Senza mai rinunciare all’eleganza del moderno gentleman.

MILANO140
Libertà. È questa la parola-chiave dell’autunno-inverno 2018/19 di M140, che sancisce una rottura dei tradizionali schemi della sartoria maschile, lasciando spazio all’inatteso. Il PVC colorato, abbinato al panno di lana, cappotti e vestaglie sono arricchiti di dettagli tecnici, coulisse da arrampicata modificano vestibilità strutturate. Impunture a contrasto formano geometrie astratte, mentre lo schema cromatico accosta tonalità classiche ad altre chimiche. Le opere dell’artista Giuliano Sale, che ha collaborato con il marchio, diventano patch sovrastampati, che contribuiscono, ancora di più, a definire il concetto di libertà. Il duo di giovani stilisti formato da Michele Canziani e Stefano Ghidotti, secondo vincitore del Premio Herno, rivisita capi classici provenienti dall’archivio storico del brand, attraverso interventi di decomposizione e ricomposizione dei capi, con contaminazioni dal mondo sporty. I tessuti vanno dalle lane effetto moquette al cotone al lino cerato; i volumi, invece, sono messi in risalto da doppie abbottonature e giochi di coulisse o combinati in modo creativo.

ROSSIGNOL
Rossignol firma la capsule collection Studio in collaborazione con Andrea Pompilio, incentrata sulla ricerca tecnica e la funzionalità dei capi da montagna, resi urban da sovrapposizioni e accostamenti di tessuti e materiali performanti. La funzionalità si fonde con l’estetica e produce dettagli distintivi e caratterizzanti il mountain-lifestyle. I colori caldi e intensi creano un deciso contrasto con i paesaggi innevati immacolati.

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IL NUOVO uomo VALENTINO

Nuovo logo, nuova prospettiva. VLTN è la linea firmata Valentino, che, dopo il debutto globale con la P/E 2018, si dedica all’universo maschile. Dopo Firenze e Milano, il 18 gennaio 2018 prosegue a Parigi il pop-up itinerante, per poi spostarsi a New York, Seoul, Tokyo, Hong Kong, Mosca e Londra, per presentare la nuova collezione VLTN Uomo. Elementi dello sportswear si inseriscono in una visione couture, rendendo classico il guardaroba sportivo, emblema prima delle nicchie artistiche e poi costume di massa. I capi, come la tuta active, completano e danno un twist all’eleganza maschile, modificandone la percezione, il gusto e le opportunità di manifestazione. L’installazione interpreta questa nuova direzione, configurandosi come una palestra stilizzata, con cemento, legno grezzo, reti metalliche e panche, inseriti in uno spazio totalmente privo di colore. Il Direttore Creativo Pierpaolo Piccioli ha voluto ridefinire i canoni dell’abbigliamento maschile per promuovere la libertà e la possibilità di autodefinizione, temi cardine del mondo estetico di Valentino.

www.valentino.com

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Di cuore e di coraggio, un libro per conoscere Antonia Klugmann

È la prima donna a entrare nella cucina più famosa d’Italia e, per fare da giurata a MasterChef, Antonia Klugmann ha dovuto lasciare il suo ristorante stellato L’Argine, a Vencò, in provincia di Gorizia. Conosciuta dai gourmet di tutto il mondo, apre le pagine della sua vita anche al grande pubblico, con il libro “Di cuore e di coraggio” (edito da Giunti), partendo dagli elementi cui tiene di più e senza mai dimenticarsi che il cuore della cucina è, prima di tutto, quello di chi si mette ai fornelli. La sua storia ha inizio con il desiderio di libertà, che l’ha spinta a lasciare l’università per inseguire il sogno di diventare una chef, mettendo in luce una determinazione e una creatività senza limiti, che l’hanno portata a ricevere la stella Michelin a pochi mesi dall’apertura dell’Argine. Gli ingredienti attorno ai quali nasce ogni suo piatto sono il frutto del territorio dolce e aspro che ha imparato a conoscere quando, a seguito di un grave incidente automobilistico, rimane ferma per quasi un anno. Per fare rieducazione inizia a camminare tanto in campagna, dove scopre i fiori, le erbe spontanee, le bacche che entrano a pieno titolo nella sua cucina. Così, il cervo si accompagna alle foglie di cavolo dell’orto e alla brovada (rape macerate nelle vinacce e poi cotte in pentola), gli spätzle al tarassaco e prezzemolo sono conditi con midollo e aceto di Sirk (prodotto da uve intere nella vicina Cormons) e per chiudere il sorbetto è di abete e more.

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ALICE VENTURI: LA WEB STAR DALLE MILLE RISORSE

MUA, YouTuber di successo, speaker radiofonica e personaggio televisivo: è Alice Venturi, meglio conosciuta come AliceLikeAudrey, la webstar da più di 300mila iscritti sul suo canale YouTube, seguitissima anche sui social. Recentemente ha partecipato all’ultima edizione dell’adventure-game “Pechino Express”, nel team #Amici, in coppia con un’altra stella del web, Guglielmo Scilla, in arte Willwoosh, ed è stata una delle protagoniste del programma tutto al femminile “Pink Different”, in onda su FoxLife, insieme a Camihawke, Alice Mangione e Ludovica Martini.

Quali sono stati gli ingredienti del tuo successo sul web?
Sicuramente sono stata molto fortunata per la tempistica. Ho iniziato su YouTube quasi dieci anni fa, quando c’era molto più bisogno dei make-up tutorial, che non c’erano, soprattutto in Italia, quindi ho coperto un segmento che era ancora vuoto nel 2008. Poi sono sempre stata molto curiosa. Ero una studentessa delle superiori e, rispetto alle mie amiche che uscivano il pomeriggio o rimanevano a casa a guardare la tv, io ero una frequentatrice del web. Mi sono sempre chiesta come far parte di questo mondo che mi divertiva tanto. Credo che sia stata principalmente la curiosità a spingermi verso questa strada. In più, non ho mai costruito su di me un personaggio, sono stata molto onesta con il pubblico e sono sempre rimasta me stessa, non ho mai alterato il mio carattere né il mio pensiero su determinate cose, sono così anche nella vita di tutti i giorni. Mi fa piacere quando incontro per strada persone che mi seguono e mi dicono “Sei proprio come sei nei video!”. È uno dei complimenti più belli che mi possano fare.

Dai tutorial di make-up, alla tv e alla radio. Com’è avvenuta questa evoluzione?
È avvenuto tutto in maniera molto naturale. Ho iniziato con i make-up tutorial, poi ho cambiato perché erano diventati troppo limitanti per me, che mi diverto molto a prendermi in giro, a essere ironica. Il mio canale YouTube è diventato quindi più d’intrattenimento. Mi sono accorta del mio amore per la radio quando ho fatto la co-speaker con Guglielmo (Scilla, ndr) a Radio Deejay, circa quattro anni fa, prima ancora della mia esperienza a Radio2. La radio è un’esperienza meravigliosa, me ne sono proprio innamorata. La televisione, invece, è venuta un po’ di conseguenza, perché era il modo per trasmettere sia la mia passione per il trucco, sia per il prendersi un po’ in giro e il divertirsi. La cosa buffa è che Guglielmo, dopo la nostra esperienza in radio, l’ho ritrovato come partner a Pechino Express, ed è stato molto divertente.

Come vedi l’evoluzione del mondo social?
È una risposta molto difficile da dare. Dieci anni fa non avrei mai immaginato che saremmo arrivati al punto in cui siamo ora. Non riesco nemmeno a capire quale possa essere l’evoluzione successiva perché, attualmente, sul web c’è di tutto. È anche vero, però, che il web e soprattutto le persone che ci lavorano sono talmente creative che riescono a tirare fuori delle idee che sembrano impensabili. La cosa bella del web è che è in continuo rinnovamento, in continua evoluzione. Secondo me diventerà sempre più “solving”, potrà risolvere dei grossi problemi.

In Girl Solving e Pink different le protagoniste sono sempre le donne. Ci puoi parlare di questi due programmi tutti al femminile?
Girl Solving è un programma a cui sono molto legata. Inizialmente l’ho scritto pensando di chiamarlo “Problem Solving”, includendo anche dei maschi poi, però, ho pensato che gli uomini non sono tanto in grado di risolvere i problemi, a meno che non siano specifici come quelli di idraulica (ride, ndr). Per i problemi d’amore un maschio non sarà mai adatto a risolvere la situazione, quindi ho pensato che le donne avrebbero potuto veramente dare quello sprint in più. Con Camilla (Camihawke, ndr) ci divertiamo tantissimo, ascoltiamo tutti i problemi, da quelli di cucina, alle questioni d’amore, a quelli scolastici o all’università. Le nostre soluzioni sono in chiave ironica, perché noi non siamo in grado di risolvere i problemi, però speriamo di strappare un sorriso ai nostri ascoltatori, che, invece, riescono a darci dei consigli seri. In Pink Different di problemi ne avremo tanti durante le varie puntate, però non diamo soluzioni, perché in realtà viviamo le nostre giornate in modo un po’ romanzato. Siamo tre coinquiline più una vicina, in una sorta di sit-com, incentrata sulle nostre giornate, senza dare delle soluzioni, tranne Alice, la nostra vicina, che riesce sempre a risolvere i problemi, essendo la mamma di famiglia, con più esperienza. Noi, invece, siamo un po’ delle “scappate di casa” e creiamo un problema diverso in ogni puntata. Noi abbiamo quattro personalità totalmente diverse, quindi affrontiamo le giornate con i nostri caratteri a confronto, e la cosa bella è che ogni donna si può rispecchiare in uno di questi.

Gli step fondamentali per una beauty routine maschile?
Negli ultimi anni, gli uomini sono diventati super attenti, a volte anche più delle donne. Mi è capitato di lavorare come truccatrice durante la fashion week maschile, quindi, per diversi anni, ho avuto a che fare con la bellezza maschile. Sicuramente, secondo me, è necessario avere una crema, soprattutto per il giorno e particolarmente d’inverno, perché anche gli uomini hanno la pelle delicata. La crema giorno permette di mantenere un buon livello di idratazione durante la giornata. Per la sera, ci sono le creme notte e suggerisco anche un’acqua micellare o un sapone delicato, per detergere il viso e rimuovere le tracce di inquinamento.

Un prodotto beauty irrinunciabile per lei e per lui?
La crema idratante. È indispensabile per entrambi, anche se con caratteristiche differenti. La crema, poi, può essere incrementata dal siero.

Recentemente hai partecipato a Pechino Express. Qual è stato il luogo che ti è rimasto più nel cuore e perché?
Decisamente e in assoluto le Filippine. Mi sono innamorata del popolo filippino, del suo amore incondizionato. Ci hanno aiutato in numerose situazioni, pur non avendo quasi niente da dare. Erano in grado di offrire una quantità d’affetto incredibile. In più, ci sono dei paesaggi meravigliosi. Le Filippine hanno tutto: il mare, la collina, la montagna. In alcuni momenti sembrava di essere in Canada, in altri alle Hawaii.

Il tuo prossimo viaggio?
Le mie mete potrebbero essere Londra, oppure New York, in cui sono stata la scorsa estate, e che vorrei vivere in un’atmosfera fredda, soprattutto dopo il caldo delle Filippine!

www.instagram.com/alicelikeaudrey/

www.youtube.com/user/AlicelikeAudrey

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Un viaggio in Toscana tra i Borghi Bandiera Arancione

San Casciano dei Bagni

L’incrocio tra Val di Chiana e Val d’Orcia è un riempirsi gli occhi di castelli, torrette, colline e boschi; l’olfatto del delizioso tartufo e la forchetta di una buona chianina. Grandi spazi verdeggianti al sole, che parlano di nobiltà, di guerre antiche e di cultura. Un itinerario di un weekend, per tre borghi Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, tra i più interessanti della Toscana, da Chiusi a San Casciano dei Bagni, fino a Sarteano. Piccole frazioni nell’entroterra, immerse nella natura, entro i diecimila abitanti e con una pregnante attività culturale. D’altronde, il 2017 è stato dichiarato anche “l’anno dei borghi”, dal Ministero del Turismo e si sta sempre più sviluppando una tendenza a preferire piccole perle di storia, da Bergolo in Piemonte, – il più piccolo borgo Bandiere Arancioni con 71 abitanti – a San Vito al Tagliamento, in Friuli, con quasi 15mila. La ricerca delle tombe etrusche ci porta a Chiusi, patria di Re Porsenna: leggenda narra che per un periodo dominò Roma e proprio sei mesi fa è stata scoperta una nuova sfarzosa tomba nella necropoli di Poggio Renzo, che sembrerebbe essere regale. Una Toscana di confine che regala emozioni, come quelle che si provano di fronte all’abbraccio del Museo Etrusco, un coperchio funerario che simboleggia un amore straziante, come quello dell’ultimo addio tra innamorati. Tra canopi, vasi antropomorfi e tombe funerarie anche le opere di Bizhan Bassiri, artista iraniano trasferitosi a Chiusi, che ha recentemente esposto le sue opere alla Biennale di Venezia, creano un suggestivo contrasto. Poco distante il museo della cattedrale, con una tra le più importanti collezioni di codici miniati e il labirinto di Porsenna, una rete cunicolare che attraversa i sotterranei del paese, dove vengono organizzati divertenti caccie al tesoro etrusco. Qui è terra del brustico: il particolare persico di lago abbrustolito secondo le ricette etrusche, con le sottili canne del lago di Chiusi, che si possono degustare al ristorante Pesce d’Oro, in abbinamento al suggestivo Kernos, il vino che matura in un cunicolo dell’azienda Poggio ai Chiari. Altro ristorantino da frequentare, proprio in centro paese è La Solita Zuppa: tra l’aglio del bacio (ovvero l’aglione della Val di Chiana, non contente allina, quindi ovvia alla consueta cattiva digeribilità), ragù toscano e le ricette medicee è un indirizzo da provare. Il giorno successivo approcciate il borgo medioevale di San Casciano, qui un’ampia terrazza che si affaccia sulla valle è spesso teatro d’incontri con vip e personaggi dello spettacolo, che vengono in vacanza in questo borgo. Senza dimenticare essere il paese con il più alto numero di chianine in provincia di Siena, come ricorda Serena Mori, presidentessa del Consorzio Terre e Terme. Poco distante si trovano le Cantine Ravazzi, “azienda toscana in cantine umbre”, dove degustare una microproduzione di sole 2mila bottiglie di Vinsanto Occhio di Pernice, 98 punti per la guida vini di Luca Maroni, il migliore nella sua categoria. Da qui ci si sposta alla frazione di Palazzone, dove assaporare la produzione di vino e olio biologico di Cantina Mori, alla quarta generazione, dove ammirare anche il frantoio settecentesco, con la macina a pietra. Sempre poco distante, se avete la fortuna di strapparlo ai suoi boschi, è interessante scambiare quattro chiacchiere con un tartufaio doc, Gianni Barzi di Podere Bulgherino, 100 ettari incontaminati dove, con i suoi lagotti romagnoli e spinoni, ricerca i pregiati tuberi. Perla gastronomica locale e non solo, a Castello di Fighine, altra frazione di San Casciano, lo chef Heinz Beck – 3 stelle Michelin de La Pergola a Roma – ha formato il giovane e promettente chef Gianluca Renzi, già stellato a soli 28 anni. Al Castello è affascinante pranzare sulla terrazza coperta di glicine bianco, rimbalzando tra la tecnica della scuola di Heinz e ottimi prodotti del territorio, senza perdere la visita, a pochi metri, della bucolica Pieve di San Michele Arcangelo. Altra meta per gli amanti dei sapori autentici è l’agriturismo Il Poggio, piccolo resort con ristorante e 100 ettari di coltivazione bio, con oltre 2400 olivi, il vigneto che produce Orcia Doc, lino bio, allevamenti di cinta senese, polli bio di razza rustica e un maneggio con quindici cavalli tra arabi e maremmani, un vero gioiello nella campagna più autentica, un’azienda agricola alla 14esima generazione. Prima di ripartire è d’obbligo una sosta ristoratrice alla stazione termale di Fonteverde: un maestoso palazzo rinascimentale che domina la fonte, voluto dal Granduca Ferdinando I de Medici, fra dolci colline, boschetti di cipressi e piccole chiese. Ci si può riposare guardando l’orizzonte dalle piscine panoramiche, lasciandosi cullare da una temperatura costante a 42 gradi. Il tour si conclude a Sarteano, con il racconto della giostra del Saracino, sentito quanto il Palio di Siena. Lo scopo è quello di infilare l’anello tenuto dal moro nella lancia, senza essere disarcionato. Un borgo che è la fedele riproposizione dell’Italia medioevale e che ha dato i natali a Papa Francesco Tedeschini dei Piccolomini, al secolo Pio III. Proprio qui si trova uno degli affreschi meglio conservati dell’epoca etrusca: la tomba della quadriga infernale, proveniente dalla necropoli di Pianacce. La tappa a Sarteano merita anche solo per ammirare la magnificenza del serpente a tre teste, più grande nella storia antica e il colorato ippocampo, in una città che, tra i tanti archi murati, vuole mantenere netta la separazione tra mondo dei vivi e dei morti.

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4 indirizzi per ritrovare il piacere di stare in forma

Barry’s Bootcamp

Con l’inizio del nuovo anno, tra i buoni propositi in cima alle nostre liste c’è senza dubbio quello di ritrovare, migliorare o mantenere la nostra forma fisica. La classica palestra, resta il luogo più gettonato per fare un po’ di movimento, ma ci sono altre discipline valide sia per gli sportivi più esperti, ma anche per i più pigri, che guardano con diffidenza agli abbonamenti troppo vincolanti nei principali club della città. Proprio in questo frangente, Milano ci offre diversi spunti, che vanno da forme di allenamento più rilassate a circuiti all’ultimo respiro. Ecco di seguito alcune proposte:

Barry’s Bootcamp
Un’esperienza di full body workout coinvolgente ed efficace, direttamente dagli USA! L’allenamento è basato su una combinazione efficace di un high intensity interval training, ossia 30 minuti di esercizi cardio su tapis roulant, 25 minuti con pesi liberi, bande e altri attrezzi per il corpo libero. Ogni giorno le classi di Barry’s ci propongono il training di un gruppo muscolare diverso. Non sono previsti costi di iscrizione o abbonamenti, ma qualora ci prendessimo gusto è possibile acquistare dei pacchetti convenienti. Molto adatto per chi è già esperto di fitness, ma anche per i principianti che hanno bisogno di essere incoraggiati e motivati, i trainer infatti, vi spingeranno a fare del vostro meglio e a dare il massimo sin dalle prime lezioni.
Barry’s Bootcamp è in Via Senato 36, Milano.

GYROTONIC® Milano
GYROTONIC®  è un metodo di allenamento, che stimola le articolazioni ed esercita la muscolatura. Permette al corpo di allungarsi e rinforzarsi nello stesso tempo. Ispirato ai principi chiave della danza, ogni esercizio è accompagnato dalla respirazione che, usata propriamente, rigenera il corretto funzionamento del diaframma, lasciando una piacevole sensazione di fluidità e mobilità. Consigliato a tutti coloro che vogliono correggere i difetti dati dalla postura errata, tenuta in molteplici occasioni quotidiane (lavoro, al pc, al telefono) e che prediligono un allenamento lontano dalla folla della palestra e dalle classi, con musica a tutto volume.
GYROTONIC® Milano è in via Ascanio Sforza 21.

Inner Revolution Studio
Da Inner possiamo scegliere 5 tipologie di allenamento: yoga, pilates, allenamento funzionale, calistenica o sedute di personal training. Il team è affiatato, esperto e proveniente dai più svariati background. Le lezioni di yoga con la fondatrice Virginia Tucci, o le classi di funzionale del trainer Claudio Vesponi sono oltre che semplici allenamenti, delle vere esperienze. Perfetto per chi muove i primi passi nel mondo del fitness e ideale per gli esperti che vogliono migliorare e implementare con sessioni speciali la propria condizione fisica. Per ogni specialità sono previste sessioni individuali, di coppia o mini classi.
Lo studio si trova presso l’Edificio 16 in Viale Sarca 336/F Milano.

McFIT
Per chi non può rinunciare alla palestra, un club pensato per venire incontro ad ogni esigenza. Da McFIT le possibilità di allenamento e le aree sono molteplici: una grande e luminosa sala centrale circondata da più sale attrezzate dove troviamo cardio zone, la zona power con i pesi liberi, stretching, glutei e gambe, crossfit e funzionale, spinning room e sala corsi ( da svolgere in modalità virtuale o reale). Con un solo abbonamento si possono frequentare TUTTI i centri fitness della catena nel mondo. La fusione di fitness e design rende piacevole e facilmente fruibile l’esperienza di allenamento.
Presente in Italia con 28 centri, a Milano si trova in Viale Fulvio Testi, Via Battistotti Sassi e Viale Certosa.

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il debutto di Huge Underground Business

Huge Underground Business: un nome internazionale per un duo creativo italiano, giovane ma radicato nel puro stile underground anni ’70. Alessandro e Jamila hanno scelto Firenze, con il suo mix culturale in continua evoluzione, per presentare durante Pitti Uomo 93 una prima collezione costruita su pezzi basici dello street style contemporaneo, riletto in chiave Vintage. Il richiamo della cultura Hip Hop di Kool Herc e Grandmaster Flash sono il punto di partenza per creazioni di carattere che prendono spunto dalla cultura del ghetto, dalla strada, dove le forme over si arricchiscono di dettagli, stampe e impunture a contrasto. Dalle t-shirts alle felpe logate, dagli shorts alle giacche ricamate, la prima collezione di Alessandro e Jamila, tocca tutti i temi del puro sportswear, arricchito da una capacità sartoriale ricercata che non si definisce nel genere ma che vede nei capi una perfetta rilettura delle ispirazioni personali dei designers. La pallette colori si compone di tradizionali accostamenti: bianco, panna e carta da zucchero, le nuance del marsala e mattone che giocano con il carattere grafico-minimale del logo, ripetuto come un mantra, su shorts irriverenti e pantaloni morbidi. Una giacca sartoriale in lana di tasmania, rivestita in pvc, capi denim e in raso, jersey, gabardine e popeline. Le felpe con cappuccio, i bomber e le t-shirt richiamano immagini del mondo hip hop e street style d’oltreoceano. Lo stile young, costruito grazie al sapere sartoriale dei due giovani creativi che interpretano alla perfezione le tendenze contemporanee, senza dimenticare le loro origini.

www.hugeundergroundbusiness.it

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FROM HERE ON mostra di Francesca Galliani

FROM HERE ON è il titolo della mostra e intervista esclusiva con Francesca Galliani, artista che sin dagli anni Novanta ha mostrato tramite le sue opere, la forza e la bellezza di uomini e donne transessuali, che vivono ai margini delle tradizionali categorie con cui definiamo la società e i ruoli. Storie di coraggio che celebrano la diversità e il diritto di essere veramente se stessi.

Quando hai realizzato di voler diventare un’artista?
Mi sono trasferita negli Stati Uniti che avevo diciannove anni, per frequentare una scuola d’arte a Washington D.C. Mi sono laureata alla Corcoran School of Art. Ho seguito anche un corso base di fotografia in cui ho imparato come usare al meglio la macchina. Mi sono immediatamente innamorata della fotografia, e ho trascorso molto tempo chiusa nella camera oscura a lavorare sulle foto. Il mio insegnante mi ha poi supportata e incoraggiata a coltivare questa nuova passione. Così ho scoperto quanto vita potesse darmi la fotografia e in quanti modi riesce ad arricchirmi.

Che legame hai con l’Italia e con New York?
Le mie radici sono italiane, ma sono orgogliosamente newyorkese. Devo così tanto a questa città. Mi è stata di fondamentale aiuto per arrivare a conoscermi davvero, per accettare e celebrare la donna che sono. È una città che pulsa di libertà, tolleranza, accettazione, apertura mentale e che celebra le differenze. New York è una città che prospera e si espande grazie alle differenze, alle diverse culture e religioni, alla sessualità e al gender.

Parlaci del tuo processo creativo.
La prima cosa di cui ho bisogno è fare silenzio dentro di me, ascoltare cosa viene fuori e, senza pormi domande, dargli vita. La mia tecnica supporta l’urgenza espressiva. Nella camera oscura ho sperimentato metodologie personali, modificando a mio piacimento antichi processi: tonalità seppia eseguite a mano, punzoni di selenio e sbiancamento. Interventi materiali sulla superficie dell’immagine, che la rendono unica.

Come sostenitrice della comunità LGBTQ, in che modo ti relazioni all’attuale clima politico e come utilizzi il tuo lavoro per trasmettere un messaggio?
Come artista ho la responsabilità di difendere la libertà di espressione, i diritti umani fondamentali e la libertà civile e politica che è tuttora soppressa nella nostra società moderna, che purtroppo ha fatto grandi passi indietro dopo i risultati delle ultime elezioni americane. È una realtà che l’arte aiuta a cambiare il mondo, e la mia intenzione e passione è quella di contribuire a questo cambiamento con i miei lavori.

Qual è la tua definizione di ‘gender’ e cosa vorresti trasmettere con la tua arte?
“You are more than just neither, honey. There’s other ways to be than either-or. It’s not so simple. Otherwise there wouldn’t be so many people who don’t fit.”(Leslie Feinberg, Stone Butch Blues 1993)
Come mezzo per la scoperta di sé, ho fotografato persone transgender sin dagli anni Novanta, mostrando la dignità, la forza e la bellezza di essere esseri umani con qualunque aspetto estetico si scelga, e ciò include anche la transessualità. Fotografo uomini e donne transessuali che vivono ai margini delle tradizionali categorie con cui definiamo la società e i ruoli. Spesso questi ritratti alludono agli aspetti più tragici della vita: “basta sofferenza”, “spazzatura”, “difenditi”, “distruggi l’oppressione dei gay”. La tensione in queste opere si manifesta dalla combinazione di volti e corpi di genere apparentemente non ambigui, con espressioni emotive che variano da seduttive, tenere ed introspettive a scoraggiate, di sfida, e trionfanti.

Com’è nato il progetto ‘Made In Me 8’?
‘Made In Me 8’ è nato da solo. È stato un processo stimolante, iniziato durante il Gay Pride del 2015, alcuni giorni prima che la Corte Suprema approvasse il matrimonio omosessuale in tutti e cinquanta gli Stati. Ho deciso di dipingere alcune t-shirt con la frase ‘love wins’ (coniata dal Presidente Obama dopo la legalizzazione dei matrimoni gay). È stato tra la folla, marciando sulla 5th Avenue, che ho trovato una nuova piattaforma. Ho visto l’opportunità di rendere la mia arte pubblica, indossabile a un prezzo accessibile, per renderla fruibile da un pubblico più vasto. Le magliette serigrafate sono realizzate con l’opera originale stampata. Ho scelto lavori che esprimono il mio punto di vista. Fanno nascere un dibattito, che è un tema molto difficile in questo clima di tensione. Le t-shirt trasmettono messaggi forti di speranza e accettazione. Le parole portano con sé molto potere e attirano ancor di più quando vengono usate al di fuori del solito contesto.

Cosa esporrai a Milano? Cosa ti lega a questa città?
Esporrò due serie: una composta da ritratti di uomini e donne transessuali e una legata alla continua evoluzione di New York. Nonostante faccia parte del passato, Milano vive ancora dentro di me, un posto un po’ lontano, ma mai dimenticato.

Photos by Francesca Galliani

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GUARDIANI: ONESOUL, MANY PERSONALITIES.

Per raccontare la nuova sneakers unisex icona della casa, ONESOUL, un accessorio minimalista e versatile che ben si adatta a look leisure quanto a look più formali o fashion, Alberto Guardiani sceglie proprio delle coppie di micro- influencer metropolitani, persone non necessariamente con un’identità digitale e numeri a sottolinearne il peso sociale della loro influenza sui social media ma con una reale e concreta vita sociale.
Persone che, per la loro naturale vita quotidiana, hanno un’influenza nel loro ambiente, in particolar modo Guardiani sceglie di lavorare con le coppie con una dinamica vita urbana, per veicolare la natura unisex e versatile della nuova sneakers, nonché le sue diverse personalità.
Il progetto ha come fine quello di contestualizzare la nuova sneakers “Onesoul” unisex nei tanti stili e personalità di chi ha aderito al progetto, persone simili per lifestyle, ma diverse come mood, e lo fa immortalando queste coppie in momenti della loro vita quotidiana. Immagini, video e interviste danno, così, vita a un collage di mondi di riferimento possibili, capaci di esprimere le diverse sfumature di questa sneaker, offrendo un modo alternativo di dare visibilità al prodotto.
Ne sono un esempio Ceylan Atinc e Can Baydar, protagonisti di ONESOUL_MANY PERSONALITIES: CEYLAN X CAN: un breve fashion film sulla loro giornata. Lei, fashion editor di Marie Claire Turchia, nonché insegnante alla IMA Fashion School di Istanbul e lui che con la moda c’entra poco o nulla, essendo il frontman di una delle band più alternative della Turchia. Due personalità così diverse e con stili di vita così lontani, che sono accomunati, però, dalla stessa necessità di avere un accessorio funzionale, versatile nell’utilizzo, ma che sia anche esteticamente interessante.
Entrambi, infatti, interpretano due diverse varianti uomo e donna della sneakers icona unisex ONESOUL, che unisce design minimalista, combinazioni di colori e materiali di una calzatura formale, con la funzionalità 24/7, la leggerezza e la praticità di una sneakers.
In questo contesto genderless e di molteplici personalità si iscrive anche la nuova campagna PE18, popolata di immagini che oscillano tra l’ironia naïf a tinte pastello, à la Wes Anderson e i contesti ’50 perfezionistici, ma caricaturali di Pleasantville. Qui le snaekers unisex ONESOUL sono immerse in tanti tableau vivant, dove queste sono assolute protagoniste, nonché unico elemento cromatico, che stacca dall’imperante monocromatismo. Emblematica è l’immagine della coppia uomo-donna, con indosso lo stesso paio di sneakers unisex e con i volti coperti da un giornale, la cui immagine si ripete all’infinito nella pubblicità nel retro di copertina in un surrealismo Magrittiano dal sapore d’antan.
Mondi onirici e vite reali sono i modi in cui Guardiani ha scelto di interpretare le molte personalità di ONESOUL, evidenziando le infinite possibilità in cui questa possa essere declinata da una sola persona, ma anche lo stesso modo in cui molte personalità la possono interpretare.

www.albertoguardiani.com

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MASTERS OF CEREMONY

Per un certo periodo il paradigma del menswear ha oscillato tra il classico, il casual e l’urban. La continua ricerca di una nuova tendenza non si è attenuata, i brand di lusso, un tempo associati a outfit classici, si sono buttati nel mondo del casual, e persino i brand street wear sono caduti nella tentazione di far salire di fascia le proprie collezioni. Questi brand stanno esplorando nuovi territori e spesso creano pezzi interessanti, tuttavia, alcuni nuovissime realtà hanno deciso di attenersi alle proprie capacità, e di concentrarsi sull’essere tra i migliori nel proprio campo.
Sciamát, Ambrosi, e John Sheep si sono silenziosamente imposti come maison da osservare per la loro creatività e da cui imparare per la loro maestria.
In relativamente poco tempo, Valentino e Nicola Ricci fondano Sciamát nel 2002 nella loro città, Bitonto, emergendo, come uno dei maestri capaci di trasforma i tessuti in opere d’arte. Anche avere diverse filosofie non é abbastanza per differenziarsi da brand simili, e Valentino Ricci, forza creativa di Sciamát, sulla base di questo ha iniziato a ridisegnare la forma base dell’abito per creare qualcosa che sembrasse una seconda pelle. Mentre molti possono pretendere di creare qualcosa di artistico, pochi possono esprimerlo al meglio attraverso i propri prodotti come Sciamát.
Ambrosi, situato nel cuore del quartiere spagnolo di Napoli, gestisce un negozio di pantaloni che abbraccia due generazioni, creando un prodotto, eccellente per dettagli, artigianalità, e il perfetto fit; Salvatore Ambrosi, il figlio, ha esteso il suo raggio nel resto del mondo, viaggiando costantemente tra New York, Hong Kong, e varie mete durante l’anno. Salvatore ha trovato un modo per spostare i riflettori dalle giacche, felpe, magliette per puntare l’attenzione sui pantaloni. Comfort ed eleganza sono il risultato del lavoro di padre e figlio, mentre la tradizione e il carattere irriverente di Napoli fanno di Ambrosi un nome per un pubblico selezionato.
John Sheep è una inaspettata perla che, con estrema facilità, unisce diversi mondi. Questo marchio di blazer nel distretto artigianale di Martina Franca, produce giacche da navigazione/vela che congiungono lo stile dell’ Ivy college con il lato raffinato del Sud Italia. Specializzatosi nelle giacche a maglia sfoderate, John Sheep ha accuratamente esplorato quell’area grigia tra il divertente e il classico. Coniugando entrambi gli spiriti, questa giacca rappresenta il lato “cool”, non mirato a una determinata fascia di età, bensì a quell’ attitudine che ruota intorno a stile e comfort.
Benchè Sciamát, Ambrosi e John Sheep vivano in un periodo dove mix e rifacimenti sono all’ordine del giorno, loro hanno scelto di rimanere fedeli a ciò in cui credono ed eccellono. Sciamát e John Sheep sono presenti a Pitti Uomo, uno dei più prestigiosi eventi del settore menswear. Ambrosi, invece, che non espone in Fortezza da Basso, si vedrà comunque indossato da alcuni degli uomini più stilosi nell’industria della moda in giro per la fiera.

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MUST HAVE

Sarà che stiamo parlando della primavera/estate 2018 e, lo sappiamo bene, i mesi caldi prevedono un guardaroba dai colori più accesi; sarà che d’estate si osa di più e si ha voglia di giocare con il proprio stile, cosa che d’inverno accade meno. Sarà che il periodo storico che stiamo affrontando non ci porta, quotidianamente, a sorridere tanto, che ho deciso nell’approcciarmi alla mia consueta rubrica dei ‘must-have’ di stagione, di scegliere pensando a una parola che sembra un po’ fuori moda: brio! Le proposte sono tutte all’insegna del colore, della vivacità, se non eccessivamente esuberanti, devono portare un pizzico di effervescenza nel nostro outi e, di conseguenza, nel nostro vissuto. Ecco a voi, gli accessori, i capi e gli oggetti del desiderio della prossima spring/summer 2018.

PALM ANGELS
Sarà che ci siamo follemente innamorati di The Get Down, serie di Baz Luhrmann che raccontava gli esordi della scena hip hop, in una New York da Studio 54, ma la tuta da b-boy declinata nei colori più accesi e in altri pastello proposta da Palm Angels, ci sembra una delle immagini più forti della primavera/estate 2018. Francesco Ragazzi, il designer italiano dietro il marchio, ha conquistato pubblico e critica alla seconda prova in passerella, lo scorso giugno. Lo sportswear non ci è mai sembrato più cool di così!

ERMENEGILDO ZEGNA COUTURE
Anche le sneakers “Tiziano”, di Ermenegildo Zegna Couture, high top in pelle di vitello off white, sono attualissime, pur suscitando un rimando old-school, che le rende ancora più desiderabili, grazie allo stile pulito e minimalista, ma anche ai tagli tutti dipinti a mano, come le XXX beige laterali, con una posizione asimmetrica. Completano questa scarpa must-have dettagli come lacci e gros-grain beige, oltre a una suola in gomma bianca ultra leggera, disegnata con un inserto in pelle color vicuña, con il logo impresso a caldo.

PRADA
Da sempre sono un lettore di comics, figlio di un fan accanito delle avventure di Tex Willer. Io per anni ho spaziato dai manga a Dylan Dog. Per questo ho amato moltissimo la collezione primavera/estate 2018 di Prada, dove capi e accessori trovano in immagini da futuribili fumetti un elemento decorativo davvero cool. Irresistibile, e di grande tendenza, il marsupio in pelle, ovviamente anche lui con stampa comics. Non c’è fashion addicted che non sia già in fibrillazione per averlo.

PARROT POT
Un vaso da fiori così smart, che innaffia le piante al nostro posto? Sembra incredibile, ma Parrot Pot, vaso wireless per uso interno o esterno, è in grado di prendersi cura delle piante in autonomia, adattandosi alle loro esigenze misurando, grazie a quattro sensori, i dati essenziali alla buona salute della nostra amata pianta, dettagli che – per me che non ho il pollice verde – sarebbero quasi incomprensibili, come l’umidità del terreno o l’intensità della luce. Il tutto può essere gestito dall’app su smartphone, tablet e android, Parrot Flower Power, che può controllare fino a 256 vasi, ricevendo anche consigli dagli esperti. Indispensabile per chi ama le piante, ma anche per chi di solito riesce a far morire anche quelle finte!

ALAIN MIKLI LUNETTES
Per chi ama farsi notare, indossando accessori dalla spiccata personalità. Come questi
occhiali di Alain Mikli Lunettes. Il modello unisex Ayer, della collezione Resort 2018,
ha un’estetica raffinata, caratterizzata da intagli e giochi di volumi. Ci ha fatto pensare
ai video delle nostre icone preferite degli anni Ottanta e il colore dell’acetato della
montatura è davvero da star!

MARNI
Ricorda l’abitudine dei nostri nonni di legare le valigie stracolme per un viaggio, con una
vecchia cintura. Forse è per il rimando così sentimentale che mi piace questa proposta di
Marni, in sintonia con il mood un po’ rètro che caratterizza il lavoro di Francesco Risso da
quando è creative director del marchio. La cintura in tessuto tecnico e fibbia in ottone è
decorata da cinque spille in metallo, mentre la borsa in pelle è stampata con un motivo a
barchette, che la rende perfetta per le gite al lago primaverili.

GUCCI
Inusuali, forse, in un guardaroba maschile, ma da quando è creative director di Gucci, il molto amato Alessandro Michele ci ha abituato alla sua attitudine a mescolare i generi. E queste shopping bag, così vicine come stile a quelle che useremmo nei mercati di certi paesi esotici, ci hanno subito conquistato, al punto che non riusciamo a sceglierne una sola. Come sempre d’eccellenza gli elementi decorativi, fra scritte e immagini dal mondo garden e ortofrutticolo.

HERMÈS
Non siete tipi da sneaker, ma siete stanchi delle calzature classiche da uomo? È di Hermès il mocassino più divertente della spring/summer 2018. In denim e suede, fa pensare ai playboy degli anni Settanta, che passavano le vacanze sulla Costa Azzurra a fianco di Jane Birkin o di B.B.! Non dimenticate di indossare al collo anche un foulard della Maison, per completare il look alla Gunter Sachs.

CERAMIC CACTUS
Un tocco spiritoso e colorato nelle nostre case, ma un’idea per rendere divertente anche la nostra scrivania in ufficio, perché no? Una collezione di soprammobili in ceramica, a forma di cactus, dal nome facilissimo da ricordare: Cacti. Sono di Hay e li trovate in vendita su designrepublic.com.

SUPERDUPER HATS
Da sempre SuperDuper Hats, il brand di accessori di Matteo Gioli, Veronica e Ilaria Cornacchini, ci sta a cuore, perché è stato capace di riportare un gesto antico, come quello di indossare un cappello, nelle abitudini dell’uomo e della donna contemporanei. Anche per la spring/summer 2018 ci conquistano grazie a un modello che ci regala leggerezza e sogno, quello di volare lontano come gli uccelli che si alzano in volo da un loro copricapo. Per veri romantici!

COACH 1941
Il lavoro negli anni Ottanta e Novanta di Keith Haring ha lasciato un segno indelebile, non solo nella scena artistica underground, ma anche in quella mainstream. Esempio di come Haring con la sua graffiti art sia ancora oggi amatissimo è la collezione primavera/estate 2018 di Coach 1941, il cui direttore creativo Stuart Vevers ha scelto proprio alcuni disegni simbolo dell’artista americano, usati non solo sugli abiti, ma anche sugli accessori. E la sneaker e lo zainetto in cui i personaggi di Haring si sovrappongono a una stampa hawaiana sono davvero strepitosi.

PENS PRODIR
Per chi, come noi, ama ancora scrivere in tempi sempre più dedicati alla tecnologia. Quattro modelli, Twenty, Eight, Ten, Six, per sei colori, ventiquattro combinazioni attraverso le quali possiamo trasmettere un’emozione, raccontare il nostro modo di essere. Prodir, con le sue penne Swiss made, sinonimo di qualità, design, sostenibilità e durata nel tempo, torna a ricordarci, con la collezione “Me, Myself and I”, firmata dal designer tedesco Christoph Schnug, che scrivere è la massima espressione della propria personalità, unica ed individuale, tempo che dedichiamo a noi stessi. Il vero lusso di questo nuovo millennio.

GOLDEN GOOSE DELUXE BRAND
Noto per le calzature, da tempo Golden Goose Deluxe Brand propone una collezione a 360 gradi, che ha molti fan. Ci siamo innamorati della perfecto jacket, che viene proposta per la primavera/estate in un colore insolito, cioè il total white, interrotto da segni grafici neri, essenziali, che fanno pensare alla tattoo art e agli States. Come il fenicottero che, con la sua imagine, ingentilisce un capo da sempre simbolo di stile biker, infondendogli una coolness che lo rende oggetto del desiderio.

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Pitti Style: Pence 1979 men’s collection FW 2018/19

Ha debuttato a Firenze, durante la 93ma edizione di Pitti Uomo, la collezione maschile, autunno-inverno 2018/19 di Pence 1979, designed by Dora Zecchin. I capi traggono ispirazione dallo in voga negli anni ’30. Il decennio vide certamente un cambiamento radicale nelle fogge rispetto ai Twenties, connotato essenzialmente dalla fascinazione stilistica per il mondo agonistico sportivo e da un accorciamento delle lunghezze, con grande importanza al punto vita. Pence 1979 Uomo riprende la linea morbida e comoda degli abiti di quegli anni, riproponendone i pantaloni “slacks” informali e loose, oppure i classici con pinces dal fondo ampio. Completano i looks camicie con collo a punta, che ammiccano agli eterni divi Hollywoodiani del bianco e nero. La collezione sfoggia anche la Polo, che fece proprio nei Trenta il suo ingresso nell’abbigliamento quotidiano e non solo sportivo, da portare sotto la giacca o da sole, con i pantaloni a vita alta. Per i tessuti tornano i grandi classici del guardaroba maschile quali il gessato, il Principe di Galles, la flanella di lana e il velluto. Il gessato è rivisitato in una versione stropicciata, mentre il Principe di Galles è ravvivato da sottili linee di rosso o carta da zucchero. E poi, ancora. Giacche dai volumi morbidi, doppiopetto o monopetto, camicie in tono unito, polo o lupetti in lana, da portare anche sotto le giacche: questo l’universo di stile pensato dalla designer Dora Zecchin. Omaggio al passato sì, ma anche spazio ad uno stile più prettamente urban, come i pantaloni “tracking” in lana o in jersey molto performanti e sofisticati, nei colori tipici della città: i grigi, i blu, l’azzurro cenere e il nero, mescolati con toni più caldi del cognac, panna, rosso scuro e ocra. In questo paradiso del “workwear“ c’è spazio anche per i jersey dall’aspetto usurato, per dare un “vintage allure” a pantaloni in cotone, le felpe, le T-shirt, le serafino e i pantaloni della tuta, arricchiti da piccoli dettagli a contrasto e rammendi ad arte. I colori che tingono questa parte della collezione sono i tipici dell’abbigliamento da lavoro o militare: oliva, salvia, ocra, kaki e blu. Giacche da lavoro e i parka imbottiti con dettagli e trattamento vintage completano gli outfit.

La designer ci ricorda che, sempre nei Trenta, fu inventata la chitarra elettrica. Nascono così i capi più rock inseriti nella capsule denim della collezione di Pence 1979. I denim sono per lo più rigidi, dai pesi più tradizionali. Non mancano le tele dal color blu profondo e molto fiammate, color kaki, rosso acceso e bianche. I classici nero e blu sono esaltati da lavaggi vintage e con numerosi rammendi fatti a mano, che si ispirano all’antica tecnica del ricamo giapponese sashiko, nata per conferire resistenza in maniera decorativa agli indumenti usurati. Da lì, l’uso sempre più frequente come decoro. Una ampia rilettura di una “golden age” dello stile, per indossare classici senza tempo della contemporaneità.

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Cinecult: Tutti i soldi del mondo di Ridley Scott

“Tutto ha un prezzo. Lo scopo della vita è venire a patti con quel prezzo”, parola di Jean Paul Getty, il leggendario petroliere descritto magistralmente nell’ultimo film di Ridley Scott ‘Tutti i soldi del mondo’. Distribuita da Lucky Red e candidata a tre Golden Globe, la pellicola del grande regista che ha firmato capolavori come ‘Blade Runner’ e ‘Thelma e Louise’ porta sul grande schermo le trame e i retroscena di un episodio di cronaca raccapricciante del 1973: il rapimento in Italia da parte della ‘ndrangheta calabrese di John Paul Getty III, nipote prediletto del magnate del petrolio raffinato collezionista di opere d’arte e uomo d’affari senza scrupoli. Nel film lo interpreta un grandioso Christopher Plummer che incarna senza pari l’avidità e la spregiudicatezza del grande tycoon americano : un uomo duro e ambizioso che credeva di essere la reincarnazione dell’imperatore Adriano e sognava di fare della sua famiglia una dinastia. Dei suoi 14 nipoti John Paul Getty III(un efebico e inquietante Charlie Plummer davvero convincente nella parte) era quello che secondo il ricchissimo nonno doveva subentrargli sul trono del suo impero. Ma all’inizio Getty senior pensò che il sequestro del nipote a Roma fosse solo uno scherzo architettato dal ragazzo, un po’ testa calda e ribelle- cresciuto con un padre debole e tossicodipendente e una madre dai saldi principi, Abigail interpretata da una formidabile Michelle Williams- con lo scopo di trarne dei benefici economici. Ma aldilà dei sospetti della polizia italiana sulle Brigate Rosse i cui esponenti dell’epoca conoscevano bene il ragazzo rapito, in realtà il sequestro fu messo in atto dalla mafia calabrese che portò il ragazzo a Fiumara. La vicenda, ricca di colpi di scena e di momenti mozzafiato anche leggermente cruenti, vede contrapposti a Fletcher Chace ex agente della CIA e mediatore di Getty impersonato da un testosteronico e spesso contraddittorio Mark Wahlberg prima la madre del ragazzo, Gail, alla quale la Williams ha saputo infondere la grinta e la forza d’animo di una madre moderna che nel film sembra assurgere a eroina dai saldi valori, e poi ‘l’imperatore’ Getty che non credeva nella famiglia né negli esseri umani ma solo nella bellezza delle cose, per lo più opere d’arte la cui innocenza secondo Jean Paul Getty supera quella delle persone. Nell’intrigo delle vicende riccamente sfaccettate e gestite con grande sapienza registica e di sceneggiatura che rielabora il libro ‘Painfully rich’ di John Pearson spicca il lato umano del ‘male’ ovvero il rapitore Cinquanta interpretato con notevole spessore e intensità dal ‘nervoso’ Romain Duris. Il film in parte girato in Italia con un cast che schiera sul set vari attori nazionali-fra gli interpreti anche Marco Leonardi, Francesca Inaudi, Giulio Base e Nicolas Vaporidis-si presenta particolarmente suggestivo per la vibrante magniloquenza espressiva di Scott che si traduce nell’efficace luminismo e nell’uso espertissimo e sottile dell’inquadratura e per il talento degli attori, tutti perfettamente calati nei loro ruoli drammatici ma emblematici di una saga familiare che è rimasta un caso mediatico internazionale. Un film affascinante, chiaroscurale, denso di energia da thriller con interessanti risvolti umani come quelli del mitico Jean Paul Getty, rappresentato come un ‘taccagno’ dall’inestimabile patrimonio, che è anche un po’ il simbolo di una certa plutocrazia americana e della sua etica attuale.

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CARTOON RE-EDITION

“The cat is back”! T-shirt in technicolor e camiceria 100% made in Italy sono la tela sui cui Alessandro Enriquez disegna i celeberrimi tratti di FELIX THE CAT. Nato sulle movenze di Charlot e illustrato da un team di geni del bozzetto animato, nel lontano 1919, Felix diventa protagonista della capsule di 10X10 ANITALIANTHEORY. Nostalgica ed ammiccante apparizione pop, che celebra il tema del Pitti Uomo 93, il cinema. Un cameo felino attentamente ricamato, che si affianca a quello delle maschere della tradizione italiana, illustrate da Studio Fantasma. Da Venezia a Sciacca, passando per Viareggio, la collezione main fall winter ritrae in versione cartoon i personaggi più amati del Carnevale, come Arlecchino , Colombina e Pulcinella. Decisamente daily, l’intera collezione ricalca le linee disimpegnate dello streetwear anni ’80: vestibilità loose, giromanica scesi e palette di colori primari, combinati a materie prime premium, come cashmere lavorato a diverse finezze e lana Merino.

www.alessandroenriquez.com

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Nuova vita per il Palazzo Gucci di Firenze

Con la proiezione di un gigantesco occhio sulla facciata dello storico Palazzo della Mercanzia si è inaugurato a Firenze Gucci Garden. Progettato dal direttore creativo della maison, Alessandro Michele, nelle sale del Gucci Garden si può ripercorrere la storia della griffe dalle sue origini nel 1921 fino a oggi. «Il giardino è reale – spiega Alessandro Michele – ma appartiene soprattutto alla sfera dell’immaginario, popolato com’è di piante e animali; come il serpente, che si insinua dappertutto e che, in un certo senso, simbolizza un perpetuo inizio e un perpetuo ritorno».

Su due piani sarà raccontata la storia della maison tramite abbigliamento, accessori, installazioni video, elaborazioni grafiche, documenti e manufatti organizzati per aree tematiche. Oggetti contemporanei sono accostati ad articoli vintage mentre amici della Maison, quali gli artisti Jayde Fish, Trevor Andrew (noto anche con lo pseudonimo GucciGhost) e Coco Capitán sono stati chiamati a decorare le pareti, e i loro lavori figurano fianco a fianco con le carte da parati Gucci in tessuto stampato e un gigantesco ritratto a olio del XIX secolo, Fantino con bambina, di Domenico Induno.

Al piano terra del Palazzo ci sarà l’Osteria Gucci, realizzata insieme a Massimo Bottura, tristellato chef dell’Osteria Francescana di Modena oltre che ai primi posti delle classifiche San Pellegrino ed Espresso. Partendo dalla tradizione gastronomica italiana, lo chef ha elaborato un menù che, come un taccuino di viaggio, riporta i sapori che Bottura ha raccolto in giro per il mondo. Nei piatti dell’Osteria Gucci la palamita (pesce azzurro del Mediterraneo) è arricchita con tostadas messicane (sfoglie di mais), l’hot dog racchiude la Chianina e le melanzane fritte si tuffano nella salsa thai piccante.

Di fianco all’Osteria c’è uno spazio di vendita diviso in due grandi stanze dove sarà possibile trovare articoli disegnati esclusivamente per il Gucci Garden. Gli articoli includono calzature e borse in materiali speciali, gonne e cappotti in broccato, e numerose creazioni uniche, come il bomber in seta con scritte nei caratteri gotici del Gucci Garden. La seconda sala è dedicata agli accessori, alle pubblicazioni, ed è arricchita da numerosi oggetti da esposizione appositamente creati, quali teste di manichino in legno dipinto, riproduzioni di busti femminili in stile modernista, mani e piedi decorati in legno, appendiabiti in ottone decorativo e scatole a scomparti rivestite nei classici tessuti stampati Gucci. Qui si trovano anche articoli da regalo, cancelleria, cartoline, fiammiferi, borse di tela, carillon, piantine di Firenze e scatole rivestite in stampati decorativi.

Al primo piano ci sono le sale intitolate De Rerum Natura dove si possono vedere la passione di Gucci per la flora e la fauna espressa attraverso capi d’abbigliamento vintage e contemporanei, statuette di animali in argento prodotte dalla maison negli anni ’50, e materiale grafico originale di Vittorio Accornero, al quale era stato affidato il compito di creare lo stampato Gucci Flora nel 1966. Sempre al primo piano trovano posto Ephemera (percorso attraverso le tappe storiche del brand con documenti, video, memorabilia), Guccification (rassegna dei numerosi modi in cui il classico logo è stato trasformato da vari artisti), Paraphernalia (dedicata alle famose icone del marchio), Cosmorama (spazio dedicato a borse, valigie e articoli da viaggio) e un piccolo cinema auditorium per trenta persone nel quale gli spettatori possono assistere a film sperimentali.

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STYLE SUGGESTIONS & TRENDS FROM PITTI UOMO 93

The Despoke Dudes EyEwear

Stagione dopo stagione, Pitti Immagine Uomo si riconferma la piattaforma internazionale di riferimento per le collezioni di moda maschile e per il lancio di progetti lifestyle a dimensione globale. A questa edizione sono presenti 1.230 marchi di cui 541 provenienti dall’estero per restituire il più ampio panorama del menswear internazionale; inoltre un focus speciale sul fenomeno dell’athleisure e un potenziamento delle sezioni che esprimono gli stili più contemporanei e di ricerca del moda uomo oggi, nonché delle aree fashion-forward. In scena anche le nuove generazioni di artigiani da tutto il mondo, il design cutting-edge e i marchi dell’underground di alta gamma. E ancora le collezioni agender e le proposte più all’avanguardia, senza dimenticare i talenti internazionali da scoprire.
Tra le tendenze da scoprire per la prossima stagione si può parlare di GENTLEMAN ATTIRE, ovvero il mix tra il raffinato senso dello stile e una rilassata discrezione. Silhouette decontratte e look dal tratto nomade o raffinatamente sportivo nell’accezione anglossassone del termine. Elementi sportswear dal gusto artigianale ma tecnico. È il guardaroba che riflette le inclinazioni del gentleman contemporaneo, all’insegna di un nuovo concetto di comfort. Su tutto, la nozione anche tattile della qualità, tracciato per un savoir faire & savoir vivre vissuto tra ispirazioni heritage e design contemporaneo.

Emozionarsi per un capo d’antan: L’heritage in chiave contemporanea
L’heritage infonde sicurezza e ci riavvicina alle nostre radici. E’ un outfit che attinge al passato per creare forme e stili dal sapore vintage ma reinterpretati in chiave contemporanea, attualizzati nell’aspetto e nella vestibilità. Un sapiente mix tra passato e futuro in cui la collezione si sviluppa attraverso materiali tradizionali e legati alla natura ma al contempo densi di ricerca.
In un momento di costante cambiamento ci troviamo a oscillare tra il monitoraggio ossessivo dei dati personali, dei social media, delle notizie e del controllo di sé. Sempre di più si sente il bisogno di entrare in contatto con oggetti, sensazioni che ci toccano emotivamente e fisicamente, oggetti, capi “caldi”, che possano emozionare al tatto, farci ricordare o farci immaginare. Abiti dalle forme asciutte ma rivisitati con rever pronunciati e abiti tre pezzi con gilet doppio e monopetto. Le mescole dei tessuti interpretano una nuova opulenza dalla mano naturale e grezza: lane finissime pettinate e aspetti flanella convivono assieme creando microarmature e gessati con righe distanti tra loro, ma anche check e quadri fusi, e poi tessuti leggeri in fustagno e velluto di lana stretch.

Collezioni sempre più Sporty & future-oriented
Il guardaroba dell’uomo classico si arricchisce di capitoli ancora più future-oriented, pensati per i momenti leisure del vivere. Il panorama è quello del jersey per felpe e pantaloni spiccatamente tecnici, dai tagli base, che accentuano i tocchi di colore. Il nylon è presente in tutta la sua evidenza, grazie a membrane traspiranti e accoppiature con texture neoprene perfette per condizioni climatiche difficili. Il finissaggio punta sempre a valenze waterproof, su parka, ma anche gilet imbottiti, oppure abbinato alla maglia e all’elastan, per le sneaker in maglia a metà caviglia, iper-leggere e iper-flessibili. La tradizione incontra tessuti tecnici, lo stile classico si sposa con quello sporty.
I capi ispirati agli sport invernali sono rivisti nelle proporzioni pur conservando uno stile dallo charme senza tempo. I materiali come lana e caschemire tricot, duvet, tessuti tecnici elasticizzati, pile, flanelle laminate e nylon melange, giocano di sovrapposizioni per look multilayer dallo stile metropolitano. Linee pulite, colli di maglia e quilting geometrico rendono il tutto raffinato. E ancora, oltre l’athleisure, c’è uno stile unico che ne riproduce perfettamente la sintesi tra sportivo e formale creando capi di nuova concezione da indossare in casa e fuori. Nuovi blazer adottano la forma della classica giacca ma ne trasformano la vestibilità con una scelta di materiali orientata al massimo comfort.

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SPICE UP YOUR LIFE – COME SOPRAVVIVERE AL RIENTRO DALLE FESTE

Gennaio è, per antonomasia, il momento dell’anno in cui si volta pagina e si ricomincia. Il nuovo anno inizia accompagnato da buoni propositi, più o meno concreti: andare in palestra, leggere di più, prenotare in anticipo le prossime ferie. Complice il clima di festa natalizio, rientrare in ufficio dopo qualche settimana di vacanza può essere davvero traumatico. Il segreto, però, è uno solo: organizzare qualcosa di entusiasmante da fare una volta ripresa la propria routine, per rendere più piacevole il ritorno. Qui, alcuni consigli per non dover attendere la successiva vacanza e concedersi un po’ di svago, ma anche per consolarsi in vista del Blue Monday (15 gennaio), il giorno più triste dell’anno (secondo alcuni esperti, infatti, il lunedì della terza settimana di gennaio, sarebbero più alte le variabili che causano tristezza e malinconia).

LIBRI – Dal 25 gennaio arrivano in libreria quarant’anni di racconti (1948 -1985) di Charles Bukowski, nella raccolta La campana non suona per te (Guanda Editore). Nei pezzi, pubblicati inizialmente su riviste underground, si spazia dalla satira contro la guerra e il razzismo alla fantascienza, dal racconto di formazione alla fiction vera e propria, senza dimenticare le celebri avventure sessuali del Vecchio Sporcaccione.

Il 16 gennaio esce La grande truffa (Mondadori), l’ultimo thriller di John Grisham, in cui, con piglio brillante ed efficace, vengono messi a nudo gli interessi e i profitti maturati nel grande business delle scuole private.

Indispensabile, poi, la lettura di Ragazze elettriche, di Naomi Alderman (presente tra i libri dell’anno del New York Times) sugli scaffali già da dicembre. La scrittrice immagina un universo distopico dominato dalle donne, in cui gli uomini sono ridotti in semi-schiavitù e le adolescenti hanno sviluppato il potere di fulminare chiunque cerchi di molestarle (tema attualissimo, considerato gli ultimi scandali hollywoodiani, la serata “in nero” dei Golden Globe e la scelta, del Times, di eleggere “Person of the Year” le donne che hanno trovato la forza di denunciare gli abusi subiti).

CINEMA – Uscito questa settimana nelle sale, Tutti i soldi del mondo, candidato a 3 Golden Globes (di Ridley Scott, con Michelle Williams, Christopher Plummer e Mark Whalberg) il thriller drammatico che vede il sequestro, da parte della ‘Ndrangheta, del nipote dell’uomo più ricco del mondo e la corsa disperata di Gail (la madre del ragazzo) per salvarlo, dopo il rifiuto del pagamento del riscatto.

Dal 25 gennaio verrà distribuito, anche in Italia, Chiamami con il tuo nome, l’ultima fatica cinematografica di Luca Guadagnino (tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, con Timothée Chalamet e Armie Hammer e candidato a 2 Golden Globes). Nel 1983, la vita del diciassettenne Elio, un musicista più colto e sensibile dei suoi coetanei, viene sconvolta dall’arrivo di Oliver, ventiquattrenne statunitense dalla grande bellezza e dai modi disinvolti, e dal desiderio travolgente e irrefrenabile che nasce tra i due giovani.

Tre manifesti a Ebbing, Missouri (di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, John Hawkes e Peter Dinklage), trionfatore all’ultima edizione dei Golden Globes e dall’11 gennaio in arrivo nei cinema, vede Mildred, madre di Angela, una ragazzina violentata e uccisa nella provincia profonda del Missouri, sollecitare la polizia locale, con tre manifesti alle porte della città, diretti allo sceriffo, a indagare sul delitto e a consegnarle il colpevole.

SERIE TV – Nonostante le vacanze siano finite, si trova sempre tempo per l’episodio di una serie tv. Netflix ne propone due, uscite da poco, ma già virali. Si parla della quarta stagione di Black Mirror, la serie televisiva britannica, lanciata nel 2011, famosa per muovere grandi critiche all’incidere e al progredire delle nuove tecnologie, fautrici di una destabilizzazione collettiva ed emotiva e di The End Of The F***ing World, online da settimana scorsa, la storia della fuga dagli schemi di James, diciassettenne convinto di essere uno psicopatico, dal forte desiderio di uccidere un essere umano, e di Alyssa, coetanea lunatica e ribelle.

In onda, invece, su FX dal 19 gennaio, la seconda stagione di American Crime Story, la serie nata per raccontare storie vere legate a celebri casi di cronaca nera e giudiziaria dal forte impatto mediatico negli Stati Uniti, che, dopo il caso O.J. Simpson, vede ora protagonista l’assassinio di Gianni Versace da parte di Andrew Cunanan. Ad interpretare il noto stilista e il suo aguzzino, saranno rispettivamente Edgar Ramirez e Darren Criss, mentre Penelope Cruz impersonerà Donatella Versace.

MOSTRE – L’arte delle avanguardie russe, uno dei capitoli più importanti e radicali del modernismo, è in mostra al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna fino al 13 maggio 2018. Revolutija: da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky. Capolavori dal Museo di Stato Russo di San Pietroburgo – comprende oltre 70 opere, gli stili e le dinamiche di sviluppo di artisti tra cui Kazimir Malevich, Wassily Kandinsky, Marc Chagall e molti altri, per testimoniare la straordinaria modernità dei movimenti culturali della Russia d’inizio Novecento: dal primitivismo al cubo-futurismo, fino al suprematismo e al costruttivismo.

A Milano, tra le mura del Palazzo della Triennale, va in scena, fino al 25 marzo, Rick Owens – Subhuman Inhuman Superhuman, per cui lo stesso designer ha curato una selezione di abiti, accessori, arredi, opere grafiche e pubblicazioni, scelti tra quelli che ha realizzato in oltre vent’anni di carriera. Fulcro della retrospettiva è un’installazione scultorea che assume la forma di una gigantesca struttura materica (fatta di cemento, gigli, sabbia dell’Adriatico e capelli dello stesso stilista), metafora dell’eterno e primordiale impulso creativo che, nel bene e nel male, porta avanti l’umanità.

Roma mostra l’evoluzione, in cinquant’anni di carriera, dei Pink Floyd, uno dei più leggendari gruppi rock di sempre. Dal 19 gennaio, negli spazi del Macro – Museo d’Arte Contemporanea, prenderà vita The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains, un viaggio multisensoriale e teatrale nello straordinario mondo della band, attraverso suoni, immagini e spettacoli, dalla scena psichedelica underground della Londra anni ’60 a oggi. La mostra ripercorre l’uso rivoluzionario di effetti speciali, la sperimentazione sonora, il potente immaginario e la critica sociale, culminando nella Performance Zone, in cui i visitatori entrano in uno spazio audiovisivo immersivo, comprendente la ricreazione dell’ultimo concerto dei quattro membri della band al Live 8 del 2005.

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Spring Summer ‘18 Preview

When work and play collide, textures, shapes and colours recombine endlessly on a white canvas, as we usher in a new season of style, charged with lightness, fun and freedom!

Photographer: Lucie Hugary
Stylist: Nicholas Galletti
Hair Stylist: Miha Oshima
Model: Marwan Anbari @ The Face

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chris burt-allan: THE MENSWEAR EXPERT

Definito come “il guru globetrotter del menswear”, Chris Burt-Allan è un influencer di moda, viaggi e lifestyle. Prima di diventare un influencer? Si occupava di positioning e marketing strategico per le aziende, portando anche avanti una carriera di modello fino a quando tre anni fa apre il blog: astylishman e, dopo il successo ottenuto, decide di lanciarsi definitivamente come nuovo tastemaker digitale.

Come immagini l’evoluzione dei social e del tuo lavoro?
Tutti gli indicatori mostrano una crescita indefinita del digitale. Ovviamente, sempre più persone e brand si occuperanno di Influencer Marketing e tutta l’industria si adeguerà agli standard del business. Detto questo, cerco di evitare le situazioni in cui vengo “venduto” come un influencer, perché riduce il valore. Voglio essere riconosciuto come qualcuno in grado di dare un contributo unico. Non ho dubbi che il mio lavoro diventerà più intenso, come è già successo in passato. Mi piace la mia vita, spinta dal desiderio di migliorarmi e di condividere le mie esperienze. Il fatto che si possa fruire di più opportunità grazie alle mie relazioni digitali e alle mie abilità nel condividere idee, è impagabile. Non potrei mai smettere.

Cosa piace agli uomini di oggi, parlando di moda?
L’espressione di sé. Tutto si riduce a comunicare un messaggio. A patto che se ce ne sia consapevolezza, la gente vuole trasmettere qualcosa attraverso gli abiti. Potrebbe essere “Ho gusti sofisticati”, “Voglio essere rispettato”, “Sono ricco”, “Non scherzare con me” o anche “Non mi interessa la moda”. Credo sia tutto legato al mostrare chi si è o che percezione dare di sé.

I tuoi must del guardaroba?
Calzoncini su misura, pantaloni a vita alta (lana/corduroy/tweed/lino/denim), maglioni a dolcevita, stivali e cropped jacket. Indosso molti tipi di scarpe diverse. Dal casual al formale, scelgo Church’s.

Un consiglio beauty per gli uomini che vogliono sempre presentarsi al meglio?
Gustate il processo di prendervi cura di voi stessi, e non restate imbrigliati nella trappola della perfezione.

Perché le persone ti seguono? E perché, chi non lo fa, dovrebbe?
Dovresti chiederlo ai miei followers! Spero che sia perché sono interessati a ciò che faccio nella vita e al mio modo di vedere le cose, sempre con energia.

Photographer| Joe Harper
Stylist| Giorgia Cantarini

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Cinecult: Come un gatto in tangenziale di Riccardo Milani

Foto di Claudio Iannone

A volte succede che due mondi apparentemente inconciliabili finiscano per incontrarsi. Proprio come nel nuovo film di Riccardo MilaniCome un gatto in tangenziale’, commedia romantica dallo sfondo sociale distribuita da Vision Distribution. Giovanni (l’esilarante e cerebrale Antonio Albanese), agiato professionista che di mestiere lavora in un serbatoio di pensieri un ‘think thank’ progressista impegnato nella riqualificazione delle periferie urbane, vede la sua vita improvvisamente sconvolta dall’incontro travolgente con l’esuberante Monica (una brillante e poliedrica Paola Cortellesi) che lavora come cameriera in una mensa per anziani, rassegnata a una vita di sacrifici e lotte quotidiane con un ambiente molto duro. Lui imborghesito sempre in giacca e cravatta, amante delle spiagge silenziose di Capalbio vive nel centro di Roma separato dalla moglie Luce (Sonia Bergamasco) snob e fintamente progressista che coltiva lavanda per trarne essenze in Provenza. Lei la ‘coatta’ coperta di tatuaggi e fan delle canotte vistose e dei pareo maculati, che vive nella periferica Bastogi alle porte di Roma, un ‘forte apache’ di borgata popolato da una pittoresca umanità. Suo figlio adolescente Alessio (Simone De Bianchi) ha intrecciato una relazione con la figlia di Giovanni Agnese (Alice Maselli). Né Giovanni né Monica, condizionati dai pregiudizi di classe, caldeggiano questa unione interclassista che è destinata a durare secondo i due genitori ‘Come un gatto in tangenziale’. Ma i colpi di scena non mancheranno e in un tourbillon di gag e un crescendo di vis comica i due protagonisti adulti scoprono mondi diversi e maturano convinzioni nuove sul rapporto possibile e auspicabile fra un ragazzetto di borgata con due zie gemelle cleptomani amanti del programma ‘Storie maledette’ e un padre Sergio (Claudio Amendola) in galera per lesioni e dall’altro una ragazza dei quartieri alti cresciuta in una famiglia apparentemente tollerante e aperta al confronto con persone di razze e ceti sociali molto diversi. Il film, che si risolve in una storia d’amore, si ispira a vicende realmente vissute dal regista che ha scoperto Bastogi per sue esperienze personali prima di ambientarci il suo film, offre oltre a tante sane risate anche molti spunti di riflessione sulla profondità e l’autenticità di certi valori come egualitarismo, democrazia, integrazione e soprattutto ‘contaminazione’. Una contaminazione di cui parla seppur con toni diversi e più drammatici anche il recente film ‘Il contagio’ tratto dall’omonimo romanzo di Walter Siti. Qui nel film di Milani si ride e si pensa anche in parte alla crisi di certa intellighenzia di sinistra che si professa paladina della diversità e del confronto. Ma l’ironia poi non sconfina mai nella polemica politica, valorizzando invece la grande umanità dipinta con un retrogusto neo-realista dei due protagonisti, bravissimi, ormai collaudata coppia comica dopo il successo del precedente film di Milani ‘Mamma o papà?’.

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Ci vediamo in Spa

Cover: Bulgari Hotel Spa

Se un tempo l’hotel era concepito come punto d’appoggio durante una vacanza o un viaggio di lavoro, oggi è sempre più di moda usufruire delle strutture alberghiere per rendere speciali alcuni momenti della nostra quotidianità. Per chi, anche dopo le vacanze di Natale fuori porta, vuole godersi un ultimo momento di relax, prima di tornare alle incombenze quotidiane, oppure ai rimasti in città e in cerca di un angolo di paradiso lontano da freddo e pioggia, ecco cinque city spa a Milano che vi faranno sognare!

Shiseido Spa Milan: Al settimo piano del magnifico Excelsior Hotel Gallia, un Hotel Luxury Collection a Milano, vi attende una scintillante prova sensoriale, dove si uniscono mirabilmente le tradizioni occidentali e orientali con l’ esperienza Shiseido, in una straordinaria combinazione di tecniche moderne e trattamenti avanzati. Nella zona relax troverete la piscina, la vasca idromassaggio, la terrazza e distenderete  il vostro corpo nelle zone calde circondati da luce naturale o dal  salgemma rosa dell’Himalaya.

Club 10 Principe di Savoia: Spazioso e rilassante, il club si estende al decimo piano dell’Hotel Principe di Savoia a Milano. La zona benessere comprende la piscina con il suo specchio azzurro di 60 mq., che si completa con una zona relax dotata di jacuzzi, sauna e bagno turco. La prestigiosa Spa, dotata di cinque cabine di trattamento, è caratterizzata dai rituali Comfort Zone e Sensai.

La Bulgari Hotel Spa: Offre tutti i rituali del benessere contemporaneo, in un ambiente elegante e in un’atmosfera armoniosa che favorisce la ricerca di equilibrio. Tra i prodotti di punta della Spa, spicca il brand Amala, che si basa esclusivamente sulle proprietà attive delle sostanze vegetali, offrendo risultati clinicamente testati, mirati a ogni tipo di pelle. Imperdibile il massaggio personalizzato by Bulgari. Un’esperienza che prevede l’utilizzo di tecniche specifiche, musica, aromi e prodotti differenti secondo i desideri di ognuno, con tre focus: calm, heal, energize.

Ceresio 7 Gym&Spa: Il club è suddiviso in 4 aree distinte e sinergiche che scandiscono il percorso di totale benessere ed equilibrio psico-fisico, garantendo un impeccabile servizio di accoglienza e ospitalità. La spa nello specifico è dotata di piscina, idromassaggio, bagno turco, sauna, sale per massaggi e trattamenti estetici. Al piano superiore troviamo l’Ambassade de la Beauté Biologique Recherche®, diretta da André Malbert. Il brand è specializzato nella messa a punto di personalizzati, protocolli rigorosissimi e preparati cosmetici ad altissima concentrazione di principi attivi, per risultati sorprendenti.

La Spa del Mandarin Oriental: In questa meravigliosa location è evidente l’Oriental Heritage dell’albergo, che viene espresso al suo massimo nella scelta dei trattamenti e negli elementi architettonici. Ispirati alla filosofia del Feng-Shui, sia per l’uso dei materiali come fuoco, terra, metallo, acqua e legno, che per la disposizione degli ambienti, gli architetti hanno armonizzato gli spazi e il design per creare un universo di relax e rinascita.

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RIPARARSI DAL FREDDO CON STILE

Maglione o cardigan? La scelta è ardua. Il primo è sinonimo di comfort e di uno stile rilassato, mentre il secondo è indubbiamente più funzionale, perché permette di giocare con diverse sovrapposizioni, senza mai scompigliare i capelli. Senza sottovalutare la comodità delle piccole tasche laterali.
Elemento irrinunciabile in questa stagione è il maglione. I capi in lana o cashmere sostituiscono, anche in ufficio, il tradizionale abbinamento giacca e camicia. Scegliendo il tessuto e le proporzioni adatte, è un capo che si adatta a tutti i tipi di fisico, slanciando le corporature più robuste e valorizzando i fisici più asciutti.
I modelli a tinta unita sono più formali ed eleganti, quelli colorati o a fantasia, invece, diventano i veri protagonisti del look, per cui vanno abbinati a elementi più semplici e monocromatici, come suggerisce, ad esempio, Prada. Molto di tendenza anche le lavorazioni a coste o intrecciate con un filato più robusto che interrompono la monotonia del capo senza alterarne la vestibilità. Sulle passerelle di questo autunno/inverno i brand hanno puntato anche su diverse allacciature, asimmetriche e laterali, e sull’introduzione di parti in materiali diversi.
Il dolcevita, soprattutto di colore scuro, si può indossare sotto la giacca di un abito, oppure da solo abbinato a un semplice jeans. Il maglione con scollo a V, invece, è preferito in abbinamento a una camicia o una polo, se si vuole apparire più ordinati. Questo modello fa apprezzare il nodo ben fatto della cravatta, messo in evidenza dallo scollo, che non deve essere eccessivamente profondo. Per occasioni più casual, si può optare per la classica t-shirt a scollo tondo. Nel caso del maglione girocollo si pone un quesito: il colletto della camicia va messo dentro o fuori? Sia con una camicia botton down sia con una classica, il colletto deve essere sempre infilato sotto il girocollo.
Da una sciabolata sferrata alla maglia d’ordinanza dell’Esercito Inglese ad opera del conte di Cardigan nasce il capo che noi tutti conosciamo. Dimenticate gli anonimi cardigan associati alle persone di una certa età, oggi questo capo è di gran tendenza, grazie a dettagli che lo rendono un passe-partout indispensabile dello stile informale.
Sono tanti i modi in cui il cardigan può essere interpretato: dal modello con allacciatura asimmetrica indossato da Steve McQueen, allo stile più classico di Paul Newman, a Woody Allen, che gli ha conferito un’aurea intellettuale, fino ad arrivare a Kurt Cobain, che lo ha trasformato in un must dello stile grunge, portandolo aperto con sotto una semplice t-shirt.
Che presenti la classica fila di bottoni o la più moderna cerniera, il cardigan può essere indossato direttamente come maglia per un look casual o come sottogiacca in occasioni più formali. Inoltre non va mai abbottonato del tutto, ma lasciato leggermente aperto sul torace o in corrispondenza della cinta. Brunello Cucinelli lo propone in proporzione over da indossare come soprabito con camicia e cravatta sottile, mentre Hermès predilige lo slim fit, inserendo intarsi in pelle scamosciata da sovrapporre a una t-shirt e da portare dentro i pantaloni. American Vintage opta per il morbido collo sciallato, così come Drumohr, in versione oversize, che gioca con colori e fantasie.

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Moda uomo: i migliori capi di abbigliamento evergreen

L’autunno e l’inverno sono stagioni chiavi per quel che concerne i settori della moda e dell’abbigliamento, per questo motivo si osserva ogni anno quali saranno le tendenze stilistiche che riguarderanno le due stagioni, particolarmente importanti per quel che concerne completi, vestiti eleganti, capi di abbigliamento ricchi di lusso e tanto altro ancora. La moda uomo autunno e inverno propone sempre delle differenze piuttosto importanti rispetto alle precedenti annate e, di conseguenza, aumenta anche la possibilità di ritrovarsi di fronte a scelte estetiche piuttosto importanti. Per riuscire a comprendere quali siano le tendenze di abbigliamento evergreen riguardanti l’autunno e l’inverno ci si può riferire ad una serie di piattaforme online.

Completo rivisitato

La prima grande novità di questi ultimi anni riguarda il ritorno dei completi. Di recente, infatti, è stato più comune ritrovarsi di fronte a una tipologia di abbigliamento tradizionale con pochi vezzi stilistici e, sicuramente, pochi eccessi dal punto di vista dell’eleganza. I completi rappresentano da sempre uno dei capi di abbigliamento più amati da parte degli uomini, soprattutto per quel che concerne lo stile e l’eleganza, che potrà essere mostrato in occasione di eventi particolarmente importanti dal punto di vista sociale, come feste, manifestazioni e tanto altro ancora

Il completo elegante, dunque, torna a pieno titolo in occasione di ogni autunno e inverno attraverso tante possibili varianti che permettono di rivisitare lo stesso attraverso un progressivo allungamento della parte superiore del corpo. Caratterizzata da giacche, cappotti e doppi blazer che rispecchiano le tendenze e l’abbigliamento attuale. Tra i tanti materiali che saranno privilegiati spiccano sicuramente la seta, il velluto, la flanella, la lana e addirittura la pelle, secondo alcune tipologie di abbigliamento nello specifico.

Tuta

Gli ultimi anni hanno dimostrato sicuramente che uno dei capi di abbigliamento più utilizzati in casa è quello della tuta. Non c’è nulla di più comodo di una tuta, se ci si vuole vestire in modo da non avere freddo e, allo stesso tempo, così da assicurare la migliore comodità possibile. In molti hanno iniziato a rivalutare la tuta anche per quel che concerne un capo di abbigliamento vero e proprio da sfoggiare anche dal punto di vista stilistico. Di conseguenza, la tuta ha iniziato a divincolarsi sempre più dal suo registro informale e confortevole per diventare un capo di abbigliamento a tutti gli effetti, da indossare anche in occasioni più eleganti, in compagnia di una giacca, restituendo così una tipologia di abbigliamento casual ma allo stesso tempo assolutamente non sgradevole da osservare nel complesso.

Plaid

In un concetto di rivisitazione della tradizione, anche il plaid può diventare un vero e proprio capo di abbigliamento per quel che concerne la moda e lo stile per autunno e inverno. In particolar modo tutto nasce attraverso il concetto di stratificazione di vestiti e di capi di abbigliamento che possono essere indossati in ottica di globalità. In questo senso, dunque, il plaid non è più osservabile semplicemente come classica coperta da indossare in occasione delle giornate più fredde all’interno della propria camera o sul divano, ma come vero e proprio capo di abbigliamento da affiancare a giacche, maglioni e felpe. Ovviamente, quando si parla di plaid, bisogna dimenticarsi dei quadrettoni tradizionali e delle fantasie cromatiche alle quali si è abituati dal momento che il plaid, osservato come capo di abbigliamento, risponde a registri stilistici e a opportunità di abbigliamento e moda che sicuramente escono al di fuori del registro tradizionale.