Conoscere, capire e conquistare l’Asia

Un’analisi su come cambia il servizio al consumatore nel retail asiatico

“Investire sulle persone e sui rapporti personali e sul servizio al consumatore” è il messaggio emerso dalla Conferenza sul retail in Asia al Palazzo delle Stelline su iniziativa di Texere Advisors, azienda specializzata nell’accompagnare i marchi europei nel loro processo di espansione retail nei mercati orientali.

La tavola rotonda ha visto interventi di manager italiani e retail asiatici, tutti concordi nel sottolineare l’importanza del rapporto personale e fiduciario che è necessario sviluppare nel fare affari in Asia. Rapporto di fiducia fra partner, come hanno evidenziato Frederick Yuson, uno dei maggiori distributori di marchi di arredamento internazionale nelle Filippine, e Marianna Potocco, quinta generazione dell’omonimo marchio centenario di arredamento di Manzano.

Paolo Selva di Boggi Milano ha inoltre posto l’accento sulla formazione del personale di vendita dei negozi, che devono trasmettere l’esperienza del Made in Italy e saper interpretare le esigenze del consumatore asiatico. Al riguardo Michel Phan, docente di marketing del lusso presso la francese emlyon Business School, registra una crescente competenza dei consumatori asiatici, soprattutto cinesi, nei confronti del prodotto europeo, e come questo aumenti  le loro aspettative di customer service e esperienza nel punto vendita, sempre più un centro esperienziale dove immergersi nel lifestyle del marchio.

Nicholas Bradstreet di Savills Hong Kong ha invece spiegato l’importanza della location in Asia, e di Hong Kong come principale porta di ingresso, e la centralità dei centri commerciali rispetto ai negozi su strada, sottolineando l’importanza dei rapporti con i landlord per qualsiasi marchio interessato ad entrare sul mercato.

Entrare in Asia richiede differenti approcci, ha aggiunto Jason Ahn, noto distributore di marchi di arredamento di lusso in Corea, e il marchio europeo deve capire come affrontare i vari Paesi in base alle proprie capacità e brand awareness. Non esiste quindi una ricetta univoca, e comunque, come sostiene Qihui Huang, distributore di marchi di illuminazione in Cina,  bisogna essere attrezzati, con un prodotto che si differenzi, abbia una qualità eccellente e sia innovativo, un marchio riconosciuto con una storia da raccontare.

In definitiva, l’Asia resta una mercato strategico eppure complesso e che dà risultati nel lungo periodo. Le differenze culturali, le varie normative, la competizione degli altri marchi e la complessità dei numerosi social media e della loro gestione, lo sviluppo di piattaforme di ecommerce molto sofisticate; tutto questo, come ha concluso Andrea Bonardi, Managing Partner di Texere Advisors, dev’essere messo in conto quando ci sia appresta a sbarcare in Asia.

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La guida completa su Napoli

Quando penso alla perfezione di una lingua, ai giochi di parola, ai modi di dire più bizzarri, alle parole più bislacche, mi viene in mente il napoletano. Perchè i napoletani hanno quella capacità, quel dono di sintesi, che permette di spiegare un intero pensiero, in un solo termine; dentro quel termine, troviamo mille colori e sfumature che non solo descrivono un concetto, ma che facilitano la sua comprensione perchè è come il disegno di un’atmosfera, di un mondo. Così, “mbuttunato”, sarà quel cibo imbottito, farcito, carico di olio e insaporito, non rappresenterà un semplice ripieno, ma si vedrà comparire, al suono di quella parola già cicciotta che riempie anche le labbra, tutto il colore di un condimento, il rosso di un pomodoro, il giallo ambrato dell’olio.


I napoletani sono come le loro parole, ricchi e carichi di vita, li trovi a vendere presepi per le vie del centro, cornici di fantasiosi personaggi in miniatura intenti nei lavori più umili, pastori, massaie, tosatori, panettieri, in fila per i banconi pronti per entrare nelle vostre case, e il desiderio è quello di comprarli tutti per quella minuziosa capacità caricaturale, che trasforma una semplice casa alta due spanne appena, in un set cinematografico alla Hitchcock, dove piccole lanterne illuminano desolate case “sgarrupate”.

La via dei Presepi

I sapori di Napoli


Napoli è l’abbondanza di una frolla ripiena di crema alla ricotta e semolino (ottima alla Pasticceria Leopoldo di via Benedetto Croce, pieno centro storico); è il rito del caffè accompagnato dal babbà al bicchiere, da gustare in piedi alla Pasticceria Scaturchio, vera Mecca dei buongustai, perchè se dobbiamo concederci il rito della pausa e di una chiacchierata, non può mai mancare la leziosità di un dolcetto.

Saporita come quella fatta in casa, ma solo se avete mamma di origini partenopee, la pasta al ragù del Tandem, in Calata Trinità Maggiore 12, succosa salsa di pomodoro e carne, che ben si sposa con gli scialatielli, tipica pasta fresca della Costiera Amalfitana.
Per gli amanti della street food, la monumentale “pizza a portafoglio” da Di Matteo, una pizza piegata in quattro, servita in carta assorbente, da mangiare rigorosamente in piedi per le vie di Napoli in un meditativo silenzio: ascoltate solo le vostre papille gustative e l’estrosità dei piccoli scugnizzi che vociferano accanto (scopri di più su LiveNapoli)

Anatema per eccellenza, la devozione dei napoletani per San Gennaro non ha eguali. Ai lati del Duomo di Napoli, la cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta, una cappella custodisce le reliquie del santo patrono; è la chiesa più importante della città, che attira ben tre volte l’anno i credenti di tutto il mondo a mani giunte, nell’attesa dello scioglimento del sangue di San Gennaro.

Nella cripta, accessibile tramite delle scale semicircolari, compare protagonista l‘Oliviero Carafa in preghiera, il cardinale che nel 1497 riportò in città le reliquie di san Gennaro, fino ad allora nascoste nel santuario di Montevergine di Avellino. Il soffitto presenta 18 cassettoni raffiguranti Santi e cherubini, sono altorilievi scultorei ad opera di Tommaso Malvito; tutto l’ambiente è un’alcova marmorea dai candidi colori del Paradiso, un luogo pregno di energia e di mistero.

Il Museo di Capodimonte


Salendo verso il rione Sanità, tra viuzze che di giorno sembrano semi abbandonate, ma vive di panni stesi, si arriva al Museo e Real Bosco di Capodimonte, 15000 metri quadri di area espositiva e un patrimonio di circa 47000 opere. Immerso nel parco Real Bosco, area verde cittadina che attira oltre il milione di visitatori ogni anno, il palazzo fondato nel 1738 da Carlo di Borbone, re di Napoli dal 1734, destinato a ospitare la collezione ereditata dalla madre Elisabetta Farnese, capolavori dal 200 ad oggi di cui fanno parte alcuni grandi nomi della pittura nazionale e internazionale: Parmigianino, El Greco, Guido Reni, Raffaello, Tiziano…


Parmigianino – Ritratto di giovane donna, detta Antea – 1535

Una donna dai nobili tratti e dalle vesti alla moda di una Italia cinquecentesca, ci guarda dritto negli occhi, ci affronta senza timore. I capelli sono acconciati con una scriminatura centrale e adornati da una grossa treccia a mo’ di cerchietto da cui pende, decorandola, una luminosa perla. Due i pendenti ai lati del volto e una abbondante tunica di stoffe pregiate con sbuffi alle maniche, che ne ingrandiscono la figura, rendendola maestosa e degna di rispetto. Quasi sproporzionato il braccio destro nella sua dimensione, una forza quasi mascolina che regge una pelliccia di martora e una catena di cui non si vedono i confini. La mano sinistra gioca con una collana e il mignolo porta un anello con rubino.

Nel 1671 lo scrittore Giacomo Barri affermò che il ritratto di Parmigianino rappresentasse Antea, una cortigiana romana descritta dallo scultore Benvenuto Cellini e dall’umanista Pietro Aretino. Ma sebbene l’opera sia conosciuta con questo nome, l’ identificazione non è corretta, per gli abiti che indossa e per l’espressione fiera di una bellezza piuttosto idealizzata.

Parmigianino- Lucrezia 1539-50

Lucrezia è il dipinto della dignità, del coraggio di andarsene quando onore e orgoglio sono più importanti della vita stessa. La martire romana è spinta al suicidio dopo lo stupro subìto da un soldato etrusco; la morta diviene l’unica soluzione al disonorevole gesto.
Lucrezia appare luminosa su uno sfondo nero china, l’abito cade scoprendole il seno e regalandole una carica erotica seppure nel gesto violento di una pugnalata nel petto. Nè sangue né espressioni di dolore per il dipinto di Parmigianino, piuttosto la valorosa bellezza di una dea che si sottrae alla crudeltà umana, rimanendo pura per l’eternità.

Artemisia Gentileschi – Giuditta e Oloferne 1612-13

Con le braccia tese e la spada in pugno, l’eroina ebraica Giuditta taglia la testa del generale babilonese Oloferne. La sua serva Abra tiene ferma dall’alto la vittima, il cui sguardo già rotea, all’indietro nell’oblio. Le due hanno sorpreso il generale nella sua tenda ubriaco e inerme. Gentileschi cattura il momento saliente dell’azione, quando il sangue di Oloferne scivola via con la sua vita, macchiando le sontuose lenzuola.
Questa scena è tratta dal Libro di Giuditta dell’Antico Testamento, in cui ella salva la sua città di Betulia dall’assedio dell’esercito di Oloferne. Gli storici dell’arte ritengono che il dipinto della Gentileschi possa avere una componente autobiografica. Nel 1611, Artemisia aveva subito uno stupro da parte di Agostino Tassi, pittore apprendista nella bottega di suo padre Orazio. Il processo aveva disonorato Artemisia, mentre Tassi era stato condannato per il reato ma rilasciato meno di un anno dopo. Artemisia potrebbe essersi ritratta nella figura di Giuditta per ottenere, almeno in pittura, quella giustizia che drammaticamente le era mancata nella vita reale.

Vero fiore all’occhiello di Museo Capodimonte, la collezione De Ciccio, donata dallo stesso allo Stato italiano nel 1958 e costituita da smalti limosini del ‘500, avori, porcellane Ginori e di Messein, maioliche italiane, ceramiche persiane, tessuti e ricami, preziosi argenti, piccole sculture, leziosi ventagli, orologi, vetri veneziani, bronzetti, deliziose tabacchiere e astucci decorati a mano, piccole ampolle da profumo con decori in rilievo, eleganti porta-ciprie, una serie di galanterie da far girar la testa alle donne più vanitose.

Nella sezione di Arte Contemporanea, spicca una figura importante dell’Arte Povera: Mario Merz, con l’installazione “Shock Wawe” (Onda d’Urto – 1987)

L’artista reinterpreta oggetti prelevati dal quotidiano, realizzando installazioni multimateriche che indagano la relazione tra energie naturali e culturali. Tra le massime figure dell’arte povera, Merz mette in fila pile di quotidiani stampati e distribuiti a Napoli, su cui poggia i numeri della successione Fibonacci, in cui ogni numero è la somma dei due numeri precedenti. A sormontare i giornali, degli archi di metallo incrociati e aperti verso l’esterno, che rimandano all’energia incanalata dalle forze in campo e che evoca la struttura di un’architettura primordiale e precaria, analoga a quella dell’igloo presente in molte opere ambientali dell’artista.

L’Artemisia Domus

Punto strategico per un pernottamento all’insegna del relax, l’Artemisia Domus nel pieno centro di Napoli, tra Piazza del Gesù e Spaccanapoli, la luxury Guest House con possibilità di avere jacuzzi in camera e sauna privata.
Artemisia Domus omaggia la grande pittrice Artemisia Gentileschi, che nel 1630 visse una parentesi partenopea; è un palazzo del ‘700 ristrutturato ma che conserva il fascino del suo passato, tutte le finestre delle camere affacciano su Castel Sant’Elmo e sulla Certosa di San Martino; altissimi i soffitti sormontati da travi in legno a vista, pavimenti in parquet, letti king size e suite insonorizzate. Se le lunghe passeggiate turistiche vi affaticano, potete prenotare un massaggio privato in camera, oppure farvi consigliare dallo staff per una gita in barca, una escursione in motoscafo verso la Costiera, un tour all’insegna del gusto.


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A Roma si accende la Festa del Cinema fra grandi star, ecologia e donne di polso

Roma città del cinema di ieri, oggi e forse anche di domani, fulcro di grandi progetti di rilievo culturale e palcoscenico delle star e dei grandi professionisti del cinema. Capitale internazionale della cultura e dell’arte con tante magnifiche mostre al suo attivo, Roma è ancora la grande bellezza, con buona pace di Salvini e di Feltri.

La quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma che tiene banco fino al 27 ottobre nelle sale dell’Auditorium del Parco della Musica della capitale, entra nel vivo schierando sul tappeto rosso una parata di stelle di prima grandezza della settima arte.

Apre le danze Bill Murray, interprete di Ghostbusters e di film acclamati a livello mondiale, insignito di un premio alla carriera consegnatogli da Wes Anderson, cineasta a sua volta osannato anche nella moda (Fendi, Prada, Louis Vuitton) per il suo temperamento visionario e la surreale ironia. Insieme a lui sul red carpet anche Frances McDormand e Edward Norton.

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ROME, ITALY – OCTOBER 17: Edward Norton attends the “Motherless Brooklyn” red carpet during the 14th Rome Film Festival on October 17, 2019 in Rome, Italy. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images for RFF)

L’attore di film memorabili come ‘American History X’ e ‘Fight Club’, arriva a Roma direttamente da Hollywood per presentare il suo ‘Motherless Brooklyn-i segreti di una città’, un kolossal distribuito da Warner Bros.Pictures presentato in anteprima in questi giorni a Roma e nelle sale italiane dal 7 novembre.

Un noir metropolitano sullo sfondo di una cupa Brooklyn anni’50 e tratto dal romanzo di Jonathan Lethem ambientato invece negli anni’90, scritto, diretto, interpretato (e prodotto) da Edward Norton. Vi si racconta la vicenda di un solitario detective, il timido Lionel Essrog (Edward Norton) affetto da sindrome di Tourette e alle prese con un caso spinoso di un delitto: l’omicidio del suo mentore Frank Minna (Bruce Willis) che cambia la sua vita.

Nelle indagini sulla morte di Frank lo aiuta il direttore di un giornale (Bobby Cannavale). Nel cast spiccano Willem Dafoe, Alec Baldwin e la minuta Gugu Mbatha-Raw. Un film solido con una suggestiva fotografia e un montaggio secco e scanzonato. Una storia stimolante fra corruzione, malaffare e razzismo, in cui, secondo il regista Norton, possiamo cogliere forse le tracce della situazione americana politica attuale “un’ombra sul potere che vediamo in azione anche in Europa e in America Latina” dice il cineasta.

Norton, geniale e riservato, che descrive la malattia del protagonista Lionel come ‘un anarchico dentro di me’, è stato al centro di un interessante incontro ravvicinato con il direttore artistico della festa del cinema di Roma Antonio Monda. Sul suo red carpet, il più rutilante e mondano di tutta la kermesse della festa fino ad ora, oltre alla moglie Shauna Robertson, sfilano lo scrittore Bret Easton Ellis (a sua volta protagonista di un bell’Incontro ravvicinato), Pif, Luca Barbareschi, John Turturro, Bobby Cannavale, Federica De Denaro in Gattinoni Couture, Yvonne Sciò, Lunetta Savino, Gianni Letta e signora.

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Motherless Brooklyn. PH: Glen Wilson. Courtesy of Warner Bros – All rights reserved.

E in tema di big del cinema di Hollywood presenta a Roma il suo ultimo film, il documentario evento ‘Pavarotti’, il grande regista Ron Howard. Dopo l’eclatante celebrità raggiunta con il suo ruolo in ‘American graffiti’ del 1973 e del lentigginoso Richie nel popolare telefilm ‘Happy Days’ del 1977, il cineasta passa dietro la macchina da presa firmando alcune delle pellicole più famose della storia di Hollywood: da ‘Willow’ e ‘Cocoon l’energia dell’universo’ ad ‘Apollo 13’, dal ‘Codice da Vinci’ a ‘A beautiful mind’, da ‘Splash una sirena a Manhattan’ fino al più recente ‘Rush’, solo per citarne alcuni.

A Roma Howard porta la sua ultima fatica sul grande tenore italiano che duettò con molte star del pop; il docufilm distribuito da Nexodigital sarà nelle sale solo il 28, 29 e 30 ottobre. Ron Howard sceglie un approccio intimo per raccontare la storia di Pavarotti: si è spinto oltre l’iconica figura pubblica per rivelare l’uomo.

Grazie all’accesso esclusivo agli archivi di famiglia e al vasto materiale musicale ripreso dal vivo, il documentario fa emergere la storia personale dell’artista: dalle sue umili origini nel Nord Italia (era figlio di un fornaio) fino allo status di superstar mondiale, amico di Gianni Versace e della Principessa Diana.

Attraverso le immagini e la musica di ‘Pavarotti’ gli spettatori conosceranno meglio il cantante come marito e padre, filantropo e artista sensibile, che ha avuto una relazione complessa con il suo talento e con un successo senza precedenti.

Anche Ron Howard ha partecipato, in veste naturalmente di protagonista, all’incontro ravvicinato con il pubblico della Festa, nel quale il grande cineasta, che ha militato anche per Barack Obama, ha ricordato i momenti magici della sua strepitosa carriera.

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Foto Emanuele Manco / Fondazione Cinema per Roma

E passiamo a Martin Scorsese, 76 anni, premio Oscar per ‘The departed’ e 12 nomination all’Oscar, che a Roma presenta il suo nuovo, epico film sulla mafia dagli anni’50 fino a oggi, l’attesissimo ‘The Irishman’ reso possibile da Netflix come tiene a sottolineare il regista di ‘Taxi driver’ e tratto dall’omonimo romanzo di Charles Brandt.

Il film sarà nel cinema dai primi di novembre e dalla fine di novembre anche sulla piattaforma Netflix. Protagonisti tre giganti del grande schermo riuniti insieme dopo anni, Robert De Niro nei panni del gangster e sindacalista Frank Sheeran, Al Pacino (che potrebbe avere un Oscar per la sua magistrale interpretazione di Jimmy Hoffa, il sindacalista dei camionisti colluso con la mafia) e Joe Pesci (Russell Bufalino, che nella storia è il mentore e l’amico fidato di Frank).

Il film, che ha attratto anche il presidente della repubblica Sergio Mattarella presente alla prima romana alla Festa insieme a Maria Elena Boschi avvolta in lungo di pizzo nero, riunisce anche De Niro e Scorsese 20 anni dopo ‘Casinò’. Una vicenda avvincente di tre ore e mezza di durata che ripercorre oltre cinquant’anni di storia americana, evidenziando le connessioni fra la criminalità organizzata e i palazzi del potere, soprattutto all’epoca dei Kennedy e di Nixon.

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THE IRISHMAN (2019): Ray Ramano (Bill Bufalino ) Al Pacino (Jimmy Hoffa) and Robert De Niro (Frank Sheeran).

Nel cast troviamo nuovamente Bobby Cannavale, stavolta nella parte del macellaio malavitoso Skinny Rasoio (questo è il terzo film che l’affascinante attore italo-americano presenta a Roma in questa edizione della Festa, dopo ‘Jesus Rolls’ e ‘Motherless Brooklyn’), Harvey Keitel nei panni del boss Angelo Bruno e Anna Paquin che nel film è la figlia di Frank Sheeran, Peggy.

Il veterano del cinema a stelle e strisce spezza una lancia affilata a favore di Netflix e gli effetti digitali CG che gli hanno consentito di ‘ringiovanire’ artificialmente i suoi ‘amici’ attori senza dover ricorrere a interpreti giovani per interpretare i personaggi chiave del film contestualizzati nel passato. A chi lo accusa sottilmente di maschilismo il regista replica seccamente:“Forse non lo ricordate, ma ho diretto molte donne nella mia carriera, da Liza Minnelli in ‘New York New York’ a Michelle Pfeiffer e Winona Ryder in ‘L’età dell’innocenza’”.

Le donne sono vere e proprie eroine della Festa di Roma numero 14. Tanto per cominciare alla Festa del Cinema sono presenti con i loro film 19 registe. In attesa del premio alla carriera a Viola Davis e dell’ultimo film di Cristina Comencini ‘Tornare’ con la grande Giovanna Mezzogiorno, sul red carpet sfila l’elegantissima Fanny Ardant, 70 anni portati splendidamente e protagonista, insieme a Daniel Auteuil e Guillaume Canet, del film ‘La belle époque’ di Nicolas Bedos, film romantico e ben strutturato sulla nostalgia e il desiderio, sull’amore e la vita, sul raporto fra sogno e realtà.

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Festa del Cinema di Roma 2019 – Red Carpet La belle epoque | foto Luca Dammicco / Fondazione Cinema per Roma

‘Je ne regrette rien’ dice l’attrice ironica alla fine dell’intenso incontro ravvicinato con il pubblico, in cui ha rivelato il suo rapporto con François Truffaut dal quale ha avuto una figlia Joséphine, Gérard Dépardieu, che è anche attore del film da lei diretto ‘Il divano di Stalin’-l’attrice è oggi principalmente una regista e ha già diretto tre film- Vittorio Gassman che la Ardant definisce ‘fragile e uomo di grande cultura’ e il grande Franco Zeffirelli che l’ha diretta in ‘Callas forever’.

Fra i film culto della festa del cinema di Roma versione 2019 svetta anche ‘Judy’ distribuito da Notorious Pictures che sarà nelle sale da gennaio, giusto in tempo per i Golden Globe. E c’è da credere, vedendo questo biopic intenso e vibrante pervaso da una sottile malinconia, che Renée Zellweger, che il regista Rupert Goold, di estrazione teatrale, ha scelto per interpretare Judy Garland, possa ambire sicuramente, se non a un Oscar ( e perché no?) almeno a un Golden Globe.

Il film affronta il tormentato rapporto della Garland con lo star system di Hollywood che fin da quando aveva 2 anni le ha imposto un prezzo altissimo da pagare per la celebrità: a 16 anni Judy non poteva né mangiare né dormire e lavorava senza sosta anche per 18 ore di fila per il produttore Louis B. Meyer che la danneggiò gravemente, le venivano somministrati farmaci da cui divenne dipendente nella sua maturità, venne costretta dall’ex marito Sid (Rufus Sewell) a vivere lontana dai figli più piccoli (due, la più grande, la terza figlia primogenita, é Liza Minnelli che compare nel film) per poter guadagnare il denaro che le avrebbe dovuto consentire di vivere con i suoi bambini.

Ma purtroppo non fu così. La diva morì all’età di 47 anni. Judy Garland fu anche un’icona gay: già dai tempi in cui a 16 anni interpretò Dorothy Gale nella trasposizione cinematografica de ‘Il mago di Oz’ si sentiva diversa dagli altri e voleva distinguersi perché destinata a far sognare la gente in preda alla crisi.

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Renée Zellweger as Judy Garland in Judy. Photo credit: David Hindley – Courtesy of LD Entertrainment and Roadside Attractions

E in quanto diversa si sentiva perseguitata così come i suoi fan londinesi, una coppia gay che ha subito l’umiliazione del carcere per atti osceni che nel 1965 ancora vigeva in Inghilterra. Da segnalare fra i film che esaltano la forza delle donne, ‘Antigone’ di Sophie Deraspe, rilettura in chiave attuale del dramma di Sofocle, una pellicola interessante per il contesto contemporaneo in cui è calata: la protagonista è una studentessa modello, immigrata a Montreal che si vede sottratti improvvisamente i due fratelli.

Il film racconta la sua lotta per la libertà nel segno di una feroce critica della società e del sistema della giustizia. Film molto al femminile è anche ‘Drowning’ che vede come protagonista anche la bella Mira Sorvino, premio Oscar per il film ‘La dea dell’amore’ di Woody Allen, che calca il red carpet fasciata da una sinuosa robemanteau di velluto di seta firmata Giorgio Armani.

Il film di e con Melora Walters, proiettato a Roma in questi giorni in anteprima mondiale, rappresenta il dramma esistenziale, trattato con uno sguardo minimale e intimista, di una donna depressa attanagliata dai rimorsi per la depressione della figlia aspirante artista e per la partenza del figlio arruolato al fronte in Iraq.

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Mira Sorvino in Drowning

Ruota intorno alle donne anche il bellissimo ‘Downton Abbey’ distribuito da Universal Pictures in cui giganteggia la novantenne Maggie Smith (altra sicura candidata all’Oscar) che nella saga dei Crawley spicca come ‘La guardiana del faro’, depositaria della tradizione e del blasone della storica casata inglese, al cinema dal 24 ottobre.

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ROME, ITALY – OCTOBER 19: attends the “Downton Abbey” red carpet during the 14th Rome Film Festival on October 19, 2019 in Rome, Italy. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images for RFF)

Degno di nota il bell’affresco corale al femminile ‘Military wives’ di Peter Cattaneo con una Kristin Scott Thomas in stato di grazia, nel ruolo di Kate, moglie di un colonnello distrutta dalla perdita del figlio in guerra, un dolore che esorcizza con un ferreo e repressivo autocontrollo.
La vita delle mogli dei militari al fronte può essere ingrata.

Separate dai mariti, vivono nell’ansia e nella solitudine, affrontando silenziosi sacrifici con mite coraggio, mentre vivono con il terrore che un giorno qualcuno bussi alla porta con una notizia fatale. Ma Kate sopporta tutto con grazia e fermezza, anche grazie alla libertà che trova nel canto, e riesce a convincere un gruppo di donne nella sua stessa situazione a formare il primo coro composto da mogli di militari. Tratto anche questo da una storia vera.

Opera da prima da segnalare l’intenso film di Filippo Meneghetti ‘Deux’ con Barbara Sukowa (la musa tedesca di Margarethe von Trotta e di Fassbinder) e Martine Chevallier, storia poetica di una relazione saffica fra donne mature e in pensione. E approda alla Festa del Cinema di Roma anche il divertente e illuminante film ‘Hustlers-le ragazze di Wall Street’ di Lorene Scafaria con Jennifer Lopez, distribuito da Lucky Red che ha colpito di nuovo nel segno.

Una gustosa commedia ispirata a una storia vera in cui un gruppo di avvenenti spogliarelliste capitanate da Jlo si improvvisa banda criminale di rapinatrici per derubare i suoi clienti, per lo più broker di Wall Street. “Presentiamo un mondo che magari si è già visto in tanti film e tante serie tv, ma lo facciamo da una prospettiva diversa, quella delle ballerine –spiega la regista– È una combinazione di un poliziesco, un film drammatico e una storia di spogliarelliste, ma anche un’analisi della crisi economica che ha sconvolto le vite di tante persone, comprese quelle dei nostri personaggi”.

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Jennifer Lopez stars in Hustlers

Nel film, Destiny fa la spogliarellista per provvedere a sé stessa e alla nonna. La sua vita cambia quando fa amicizia con Ramona, la stella del locale. Destiny impara da Ramona come conquistare il pubblico maschile, soprattutto la clientela di Wall Street, e che, quando si fa parte di un sistema corrotto, bisogna sfruttare piuttosto che farsi sfruttare. Destiny, Ramona e altre ballerine che si uniscono a loro, escogitano un piano per cambiare le regole del gioco, ma la situazione sfuggirà al loro controllo.

Riflettori puntati sulla liaison fra cinema e politica e anche cinema e storia: alla festa approdano ‘Where is my Roy Cohn’ di Matt Tyrnauer, lo stesso regista che ha realizzato il film di successo ‘Valentino the last emperor’, stavolta impegnato nel docufilm incentrato sull’uomo che ha fatto da burattinaio della peggiore politica americana da Mc Carthy a Trump, e dei suoi loschi traffici, e ‘438 days’ di Jesper Ganslandt, stimolante ed efficace riflessione sulla libertà di parola e di stampa.

Deludente e molto debole a livello di sceneggiatura ‘Il ladro di giorni’ con Riccardo Scamarcio, mentre brilla per acume, penetrazione psicologica, pathos e intensità emotiva ‘Honey boy’ di Alma Har’el in cui l’attore Shia Laboeuf porta in scena la sua vita e il suo sofferto e travagliato con il padre alcolista e tossicodipendente, applauditissimo in sala.

Infine un gioiello, il film ‘Waves’ di Trey Edward Shults in cui la vita di un giovane afroamericano aspirante campione di Wrestling viene sconvolta da una tragedia. Fra guerra e pace, diversità e inclusione, drammi familiari e grandi passioni, la Festa a Roma continua in omaggio alla magia del cinema.

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Belei: la prima skincare di Amazon

Si chiama Belei ed è la prima linea beauty di Amazon, che ci propone una skincare di alta qualità per la cura della pelle dedicata a differenti tipologie di epidermide realizzata con ingredienti di comprovata efficacia come i peptidi, l’acido ialuronico, la vitamina E e il carbone.

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I prodotti sono in tutto 19 , dalla crema idratante viso 24h per pelli ultra sensibili al siero vitamina booster fino alle creme detox giorno e notte, per aiutarci ad affrontare i problemi più comuni legati alla cura della pelle, come la comparsa di linee sottili e rughe, macchie scure, disidratazione e opacità. Il plus: una formulazione senza parabeni e formaldeide, inoltre non sono stati effettuati test sugli animali in fase di creazione della linea.

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Alessandro Maestri, responsabile della categoria Beauty di Amazon.it commenta: “Abbiamo adottato un approccio semplice e senza fronzoli durante la creazione di Belei, sviluppando prodotti con ingredienti che hanno dimostrato sia di dare ottimi risultati sia di garantire ai nostri clienti un’ottima qualità spendendo meno tempo e denaro”.

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Arriva a Roma John Travolta, il bello che balla

John Travolta, interprete poliedrico, cantante, ballerino e grande attore di Hollywood, calca con nonchalance e argento vivo addosso il red carpet della Festa del Cinema di Roma edizione 14 per presentare il suo ultimo film, ‘The fanatic’, diretto da Fred Durst e prodotto da Oscar Generale. Ed è subito evento, bagno di folla, e tifo da stadio, meritatissimi.

Nella sala Sinopoli dell’auditorium del Parco della Musica di Renzo Piano, il divo, radioso nel suo abito scuro corredato da mocassini senza calzini e con la testa completamente rasata, 65 anni ma non sentirli (e non dimostrarli), due figli e tanti film di successo alle spalle, ha ricevuto dalle mani del direttore artistico della Festa Antonio Monda il premio speciale per il suo ultimo film, che è un po’ anche un tributo alla sua sfolgorante carriera costellata di grandi successi.

‘The fanatic’ è una storia interessante e un po’ da brivido, che parla di un’ossessione, di una passione, quella per il cinema e i suoi protagonisti che fa vibrare tuttora l’attore di ‘Staying Alive’, ‘Grease’ e ‘Pulp fiction’, arrivato a Roma con il suo aereo privato. “Ho sempre amato il cinema di Fellini, e star come Sofia Loren e Jim Cagney perché sapeva ballare e cantare, sono innamorato del cinema e dei suoi miti e di film come ‘Il padrino’ di Coppola e ‘Cabaret’, e anche se non sono stato mai perseguitato dai miei fan con i quali ho un rapporto idilliaco direi, capisco perfettamente il protagonista del mio ultimo film Moose, patito di cinema che fa di tutto per avere un incontro privato con il suo idolo, l’attore Hunter Dunbar”.

Il film, che sarà proiettato nel calendario della Festa del cinema di Roma il 27 ottobre, è un evento molto speciale. “È forse il ruolo che ho amato di più nella mia carriera-dichiara Travolta-con Oscar Generale formiamo un team affiatato, lui ha prodotto altri miei film, e ora sono felice di essere invitato a Roma per introdurre la mia ultima fatica. E poi amo le sfide e i personaggi bizzarri, datemene uno e lo farò”.

L’attore, alla conferenza stampa in chiodo e lupetto neri e poi all’incontro con camicia con volant da dandy si concede con generosità al suo pubblico e ai suoi fan, Oscar Generale (che è anche marito di Denny Mendez, una bellissima ex Miss Italia ora madre felice di una deliziosa bambina già diva in erba), schiva le domande scomode e inopportune, e Travolta da parte sua risponde a tutto con gentilezza e grande stile, poco divo diciamo e molto star alla portata del pubblico così come deve essere.

E dopo aver introdotto il suo ultimo film, un thriller attesissimo alla festa del cinema di Roma, il divo ripercorre la sua carriera. “Sono approdato al cinema perché i miei lavoravano nello showbiz, sia nel cinema che nel teatro, e quindi mi hanno sempre incoraggiato, mia madre era un’attrice bella e di talento e anche un’ottima regista (si tratta di Helen Cecilia, nata Burke e di origini irlandesi, Travolta nasce nel New Jersey nel 1954 da una famiglia di origini siciliane e il nonno arrivò negli Stati Uniti nella prima decade del Novecento per poi sposare sua nonna che era di Napoli n.d.r.), in famiglia con gli altri miei cinque fratelli guardavamo sempre film tutti insieme, l’entertainment era nel mio sangue e sono stato educato a lavorare bene e a dare del mio meglio in questo lavoro, non ho rimpianti tranne forse ‘Chicago’ che ho rifiutato per tre volte perché quando lo vidi a teatro, dal momento che sono cresciuto in un’epoca in cui le donne amavano gli uomini, lì invece avevo percepito un’insolita rabbia delle donne verso gli uomini, avrei dovuto parlare con il regista del film, lo so ma lì ho sbagliato io” dice Travolta sorridendo.

Il divo ha iniziato a danzare prendendo lezioni di tip tap dal fratello di Gene Kelly “ora la danza mi manca un po’ ma potete vedermi ballare il tango nel video ‘3to Tango’ del rapper mio amico Pitbull, guardatelo su Internet”. È diventato un’icona glamour di Hollywood a partire da ‘la febbre del sabato sera’ del 1977 che gli valse una candidatura all’Oscar permettendogli di cavalcare l’onda lunga della disco della fine degli anni’70.

Nel 1978 è Danny Zuko in ‘Grease’ un altro eclatante successo mondiale, il musical degli anni’80 con una colonna sonora cult che ricevette cinque nomination ai golden globe nel 1979, e nell’agosto del 1983 all’epoca di ‘Staying alive’ di Sylvester Stallone’ sequel de ‘La febbre del sabato sera’, Richard Avedon lo immortalò con il suo fisico cesellato e madido di sudore in una posa trionfante e di scultorea bellezza per la copertina di Rolling Stone che lo consacra sex symbol degli anni’80.

“Potevo essere io la star di ‘American gigolò’ ma ebbi una lite con il regista Paul Schrader e rifiutai come ho rifiutato anche ‘Ufficiale e gentiluomo’ e ‘i giorni del cielo’ ma Richard Gere non mi ha mai detto grazie in realtà” sfuma con un sorriso. E ancora :”Fui scartato come protagonista di ‘Jesus Christ superstar’ per il ruolo di Gesù, ma il produttore Robert Stigwood mi notò e scrisse su un pezzo di carta il mio nome per poi propormi di interpretare prima ‘la febbre del sabato sera’ e poi ‘Grease’, a volte se qualcosa va storto c’è sempre il lato positivo da cogliere nella vita, non si sa mai”.

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Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images for RFF

Il divo continua ad accarezzare il sogno americano scegliendo di interpretare due ruoli in due film cult di Brian De Palma, ‘Carrie’ in cui è il fidanzato spaccone della perfida Nancy Allen che bullizza sissy Spacek, e poi in ‘Blow out’ film memorabile in cui è un tecnico del suono che cerca di salvare, senza riuscirci, la bellissima Nancy Allen, moglie del regista nella vita fino al 1983.

Bellissima la sequenza finale con la musica struggente di Pino Donaggio girata durante la festa del 4 luglio. “De Palma era molto disponibile con me, si fidava e mi lasciava grande libertà di scelta soprattutto sul set di ‘Blow Out’ che rimanda vagamente a ‘Blow up’ di Antonioni del 1966 ed è ispirato alla vita della segretaria di Bob Kennedy” rivela l’attore.

Nel 1985, dopo il successo di ‘Staying Alive’ un film sensuale e magnetico uscito due anni prima in cui Tony Manero diventa una super star di Broadway, interpreta il film ‘Perfect’ in cui è un giornalista bello e disinvolto che incaricato dal magazine ‘Rolling Stone’ di fare un’inchiesta sul boom del fitness in California dovrà scegliere fra la verità e l’amore da una parte e la spregiudicata manipolazione della notizia dall’altra, nuovo film interessante.

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Nello stesso anno Lady Diana lo invita a ballare con lei in un party indimenticabile alla Casa Bianca. Enorme il successo al botteghino anche per la commedia brillante ‘Senti chi parla’ del 1989 in cui recita accanto a Kirsty Alley.

Ma è ‘Pulp Fiction’ del 1994, il capolavoro di Quentin Tarantino, il film manifesto dell’estetica degli anni’90, che gli vale la sua seconda candidatura all’Oscar. “Vincent Vega il mio personaggio nel film doveva avere i capelli lunghi e l’orecchino, e all’inizio Quentin non era convinto ma dopo il test prima delle riprese, dopo avermi visto scuotere i capelli approvò la mia scelta legata a un mio viaggio ad Amsterdam dove erano tutti capelloni. E poi volevo alleggerire con dialoghi spiritosi l’assassinio cruento in macchina, Vincent è un gangster ma con il cuore e l’ironia e lì improvvisai un po’”.

E a chi gli chiede cosa pensa dei nuovi film realizzati con interventi digitali e profusione di effetti speciali il divo, che ha interpretato ruoli disparati, dallo spassoso ‘Hairspray, grasso è bello’ al presidente Clinton fino al boss John Gotti, risponde così: ”Amazon e Netflix permettono di vedere i film che ho sempre amato, ciò detto resto legato al cinema attoriale e alla Hollywood dei tempi d’oro, è un mio gusto personale e credo che un film è valido se riesce a creare emozioni nelle persone che lo guardano”. Parole sante.

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Sposarsi in Puglia: le migliori destinazioni

Il mondo del wedding è in continua evoluzione ed espansione, oramai sposarsi nella chiesa più vicina e andare a pranzo nel ristorante preferito è out!

Questo lo abbiamo imparato dagli americani che per tradizione hanno sempre scelto una “wedding destination” ovvero un luogo incantevole sotto ogni aspetto che trasformi veramente il matrimonio in qualcosa di unico.

Bene, l’Italia da qualche tempo sta diventando una delle mete più ambite al mondo, ed alcune regioni come la Puglia hanno saputo cogliere perfettamente l’occasione.

Infatti, proprio i trulli, elemento abitativo conico protetto dall’UNESCO, ed un vasto territorio contraddistinto dalle pietre di Trani e di Lecce sempre più turisti e matrimoni arrivano qui.

Senza dimenticare il mare da bandierina blu, come ad esempio quello di Polignano, sembrerebbe indirizzare sempre più stranieri verso questa meta, da Indiani, Russi ed arabi, insomma il lusso è di casa qui tra gli olivi.

Ed è così che le famose Masserie Pugliesi, con i trulli, che originariamente erano deposito agricolo dove vivevano gli animali si son trasformati in Resort a 4 e 5 stelle.

Tra questi, spicca sicuramente la Tenuta Le Monacelle di Monopoli che è in grado di riprodurre lungo gli infiniti ettari di terreno un vero mercatino medioevale con tutte le prelibatezze pugliesi, catapultando l’ospite in un vero tuffo nel passato.

Puglia Promotions  e Undiscovered Italy Tours in primis, e persone come Erika Gottardi, Massimiliano Piccinno e Daniela Corti di Madreperla Event lavorano assiduamente rendendo tutto questo possibile avvalendosi della collaborazione di wedding planner di calibro mondiale come Kevin Lee, una vera super star nel settore.

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Mobilità sostenibile: electric trips

Pasquale e Alexandra sono una coppia nella vita e nel lavoro, viaggiano alla scoperta del Bel Paese (e non solo) cercando di sensibilizzare il più possibile un passaggio verso energie rinnovabili e cercando di trasmettere la sostenibilità come stile di vita​. ​La mobilità sostenibile li ha sempre affascinati, così nel 2019 è arrivato l’acquisto della loro prima auto elettrica, solo una delle tante azioni che attuano per salvaguardare il nostro pianeta.

Come vi siete incontrati tu e Alexandra? Raccontate i vostri percorsi

Ci siamo conosciuti nel 2006 a Rimini durante una stagione di lavoro estiva in riviera romagnola. Dopo gli studi in Economia del Turismo (Pasquale) e Comunicazione (Alexandra) abbiamo avuto differenti esperienze di lavoro a Bologna. Nel 2009 pur avendo un contratto a tempo indeterminato abbiamo mollato tutto e deciso di cogliere l’opportunità di dirigere in Trentino un piccolo eco-hotel nelle Dolomiti di Brenta. Ci piace regalare emozioni agli ospiti che visitano il nostro piccolo paradiso veicolando sempre la nostra sensibilità per l’Ambiente.

Cosa significa per voi uno stile di vita sostenibile?

Per noi la sostenibilità è coerenza e soprattutto una visione consapevole e responsabile del futuro. Nei piccoli gesti quotidiani è racchiuso il segreto! Ormai alcune azioni sono alla base della vita di tutti, come la differenziazione dei rifiuti, il risparmio di acqua e l’acquisto di elettrodomestici di classe A+.

Queste le regole che cerchiamo sempre di rispettare:

1. Per la nostra alimentazione acquistiamo solo alimenti di stagione a Km zero privilegiando piccoli produttori locali e la filiera corta; abbiamo naturalmente ridotto il consumo di carne

2. Due escursioni a settimana nella natura permettono di rallentare i ritmi frenetici della vita moderna e riappropriarsi del proprio tempo.

3. A casa l’energia elettrica che utilizziamo è prodotta con energie rinnovabili al 100%.

4. Per gli spostamenti quotidiani utilizziamo la bicicletta.

Come è nato Electric Trips?

La mobilità elettrica ci ha incuriosito durante il nostro viaggio di nozze nel 2016. In tutta la California vedevamo tantissime Tesla ed al ritorno in Italia siamo ritornati con il chiodo fisso di acquistarla. Viaggiare a zero emissioni rappresenta un ulteriore step verso la coerenza. Nel 2017 abbiamo preordinato a scatola chiusa la nostra Tesla Model 3 auto 100% elettrica versando 1000 dollari di cauzione ed aspettando fiduciosi l’arrivo in Europa. Sogno realizzato a Marzo 2019. Subito dopo la consegna di “Kiki” (sappiate che ogni Tesla ha un soprannome) abbiamo creato il blog https://www.electric-trips.com/ combinando la nostra passione per i viaggi in auto 100% elettrica e la voglia di un mondo migliore. Trasmettere la nostra esperienza è importante per sensibilizzare le persone a cambiare passo e comprendere che visitare il nostro bel Paese e l’Europa in auto elettrica è possibile. Siamo il presente e non il futuro!

 I vostri ultimi viaggi, cosa vi ha particolarmente colpito e perché?

Durante i nostri viaggi abbiamo un file rouge: selezioniamo solo hotel 100% green e ci fermiamo a gustare i cibi locali in ristoranti che prediligono il Km zero e l’utilizzo di prodotti stagionali. Il nostro ultimo viaggio è stato in Abruzzo meta che abbiamo scelto non a caso! E’ stata una scoperta in tutti i sensi in quanto non ci aspettavamo il calore della gente che ci ha accolto. E’ una regione bellissima ricca di storia e paesaggi diversi (dal mare alla montagna si impiegano circa 30 minuti) ma che ha un sacco di ferite dopo il terremoto e ciò che ci ha particolarmente colpito è la grinta dei giovani che abbiamo conosciuto che decidono di rimanere nella propria regione e cambiare le regole del gioco. La nostra prossima avventura sarà su un’isola del Mediterraneo! Seguiteci su Instagram e Facebook per restare aggiornati.

3 consigli per chi affronta un viaggio con Tesla

PIANIFICATE. Guidare una Tesla rende i nostri viaggi più rilassanti ma è necessario pianificare le proprie soste. Durante lunghi tragitti utilizziamo i Supercharger ovvero le stazioni di ricarica veloci per sgranchire le gambe, gustare un buon caffè o un buon pranzo/cena e fare due chiacchiere con altri owners.

RICORDATE IL CAVO DI RICARICA e LO SMARTPHONE carico di app. Alcune zone del nostro Paese come il sud non sono particolarmente coperte da colonnine di ricarica e non tutti gli hotel sono attrezzati di wall charger. Molto sta cambiando e ricordiamo che per ricaricare la nostra auto durante la notte basta una schucko. Sullo Smartphone non dimenticate di scaricare la nostra selezione delle migliori APP per viaggiare in elettrico.

VISITATE I BORGHI. Per un turismo sostenibile e consapevole dovremmo cambiare il paradigma del nostro viaggio senza aver paura delle tappe di ricarica ma non solo in autostrada o nei grandi centri! Immaginate che le colonnine siano installate in luoghi belli degni di essere visitati: i nostri Borghi! Il passaggio e la sosta delle auto elettriche nei Comuni potrebbe diventare una vera e propria opportunità. Il nostro ultimo consiglio è rivolto agli amministratori dei piccoli borghi perché la richiesta di installazione di una colonnina potrebbe generare sicuramente ricadute positive per l’intera comunità.electric tripselectric

Cosa non può mancare nella vostra valigia?

Alexandra- Un paio di scarpe da running, rossetto e occhiali da sole, la lista dei prodotti tipici da acquistare.

Pasquale – La curiosità, un bel libro, gli adesivi di Electric-Trips.

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REAL ESTATE: AUMENTA IL GRADO DI FIDUCIA DEGLI AGENTI IMMOBILIARI

Da almeno un triennio il mercato immobiliare sta gradualmente riprendendo quota e sta finalmente superando una pesante crisi. È noto che il settore sia regolato da cicli positivi e recessivi, che si alternano per periodi di almeno sei/sette anno ognuno. 

Dopo il  record del numero di compravendite registrato nel 2007/2008, superiore alle 800.000, si è precipitati nel giro di qualche anno ad un numero di transazioni addirittura inferiore alle 400.000. Le motivazioni, come noto, sono state di vario genere: alcune di tipo congiuntale, altre connesse alla brusca frenata dell’erogazione da parte degli istituti bancari dei mutui per l’acquisto immobiliare conseguente alla crisi internazionale che ha portato anche al fallimento  negli Stati Uniti di alcune importanti banche.

Il recente 2018 si è chiuso con circa 580.000 compravendite residenziali ed i principali istituti di ricerca prevedono che per entro il 2020 si possano superare anche le 600.000 operazioni di trasferimento immobiliare per ‘ambito in questione.

Migliora anche  il grado di fiducia degli Agenti Immobiliari rispetto al proprio mercato di riferimento, misurato da un sondaggio  da BV invest, società che opera nel settore della Consulenza Direzionale e Formazione Manageriale, guidata da Bruno Vettore, manager di riferimento del settore immobiliare.

Rispetto ai dati raccolti  al termine dello scorso anno, l’indice di fiducia per il futuro degli operatori, sale al 61% e conferma il trend di ripresa del mercato immobiliare, che si manifesta anche con un aumento delle compravendite ed un conseguente incremento del fatturato.

I risultati dell’indagine su un campione significativo di operatori, sono risultati i seguenti:

Per la tua attività  di agente immobiliare come sarà l’anno 2020?

  • Migliore del precedente 61%
  • Sulla stessa linea del precedente 24%
  • Peggiore del precedente 9%
  • Non sa, non risponde 6%

I dati sono  stati raccolti a mezzo survey e contatti telefonici su un panel di circa 1000 agenti immobiliari  e sono da interpretare come semplice indicazione di carattere generale rispetto all’orientamento complessivo del mercato. BV invest srl è una società che si occupa di Consulenza Direzionale e Formazione Manageriale www.bvinvest.it

I migliori outfit da allenamento

Con l’arrivo dell’autunno, insieme al cambio dell’armadio è necessario rinnovare il nostro abbigliamento dedicato alle attività sportive. Ecco svelati nella gallery alcuni capi ed accessori che non possono mancare nelle giornate in cui vogliamo stare davvero comodi oppure durante i workout in palestra. Buon allenamento!

UNDER ARMOUR

Borsone con tecnologia UA Storm, che offre una finitura altamente resistente all’acqua, e con 2 ampie tasche anteriori con chiusura a zip. Shorts della capsule Always On in tessuto elasticizzato morbido e leggero.

Canotta sempre appartenente alla capsule Always On in tessuto dotato di tecnologia UA Microthread ad asciugatura rapida.

La scarpa da training HOVR Apex è una versione versatile adatta a supportare le prestazioni degli allenamenti, garantendo comfort, stabilità e flessibilità.

REEBOK

Pratica borsa da allenamento, presenta una tasca interna in mesh per tenere in ordine i piccoli oggetti, mentre la tracolla regolabile offre comfort nella vestibilità.

Un’accattivante felpa con cappuccio da uomo perfetta per andare in palestra, ma non solo. Dotata di mezza zip e cappuccio regolabile con cordino, è realizzata in morbido fleece.

PUMA

La scarpa da training LQD CELL Tension Rave è dotata di una tecnologia d’avanguardia studiata per garantire un’ammortizzazione stabilizzata, ed è progettata per gli allenamenti ad alta intensità. La silhouette progressiva è perfetta per un training intenso che combina un design audace a colori pop.

I pantaloni aderenti dotati della tecnologia traspirante che allontana l’umidità dalla pelle e aiuta a restare asciutti e comodi, presentano delle linee ergonomiche per la massima libertà di movimento ed elementi rifrangenti per garantire la migliore visibilità in situazioni outdoor.

Gli shorts con stampa Collective, progettati per gli allenamenti ad alta intensità, sono dotati di una tecnologia che allontana l’umidità dalla pelle per rimanere sempre asciutti, e presenta la vita elastica con coulisse interna regolabile.

NORTH SAILS

Felpa in cotone con nastro logato sui lati e pantaloni in coordinato in cotone con nastro logato.

LA MARTINA

Pantalone blu in cotone con logo e felpa rossa con chiusura con zip in misto cotone.

MYPROTEIN

La nuova crema proteica, disponibile in 3 diversi gusti, è perfetta per raggiungere il fabbisogno proteico giornaliero. Realizzate con un concentrato di qualità di proteine di siero del latte, sono ideali per sostenere i nostri allenamenti.

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Allarme ricrescita: le novità per ritoccarla e avere capelli perfetti

C’è poco da fare, se c’è l’aspetto è sciatto. No, non è un indovinello, ma solo la migliore definizione per la ricrescita, l’incubo di chiunque faccia uso di tinture; che sia per coprire i capelli bianchi o il colore originale della chioma poco cambia dato che l’effetto disastroso è lo stesso. Per la salute dei capelli e del portafogli, infatti, l’appuntamento col parrucchiere per ritoccare il colore non può essere fatto con una frequenza elevata ma si deve aspettare che passino almeno tre mesi tra una colorazione e l’altra (in alternativa si può avere un meraviglioso effetto stoppa, invitante, nevvero?). Ovviamente è proprio in prossimità della prenotazione dal nostro hairstylist che si presentano le occasioni più importanti in cui vogliamo avere un aspetto impeccabile e perfetto e a rovinare le nostre elevate aspettative ci si mette lei: la ricrescita. Abbiamo trovato dei facili, rapidi, indolori e semplici rimedi per coprire la ricrescita in un battibaleno, eccoli tutti!

Lo spray per ritoccare la ricrescita dei capelli

Per eliminare l’alone bianco, o del colore originale della chioma, in prossimità delle radici puoi provare lo spray per il ritocco della ricrescita. Simile a una lacca nella confezione e nell’uso, si spruzza in prossimità delle radici e in un colpo d’occhio copre il colore in contrasto uniformandolo con quello del resto della chioma. Uno dei più quotati al momento è lo spray per ritoccare le radici l’Oréal; per un uso ottimale si consiglia di pettinare i capelli per bene e di agitare la bomboletta prima dell’uso avendo cura di spruzzare la soluzione a circa quindici centimetri di distanza dalle radici. Per un risultato perfetto occorre scegliere la gradazione di colore che più si avvicina a quella della chioma da ritoccare ma se si sbagliasse non c’è da temere, va via con uno shampoo anche se resiste a sudore, vento e pioggia.

Il mascara per coprire la ricrescita

Questa soluzione è l’ideale per chi ha pochi capelli da nascondere e la ricrescita è piuttosto limitata (quindi non va bene se la ricrescita è decisamente evidente). Il mascara consente di avere un’applicazione estremamente precisa ed è sconsigliato per i capelli molto fini o grassi (il risultato non sarebbe ottimale).

Colorazione anti-ricrescita

È una vera e propria tintura studiata appositamente per coprire la ricrescita. Ha infatti tempi di azione piuttosto limitati, bastano dieci minuti per coprire il colore delle radici e uniformarlo con quello dei capelli. Se si sceglie questa soluzione bisogna prestare molta attenzione alla gradazione di colore scelta perché altrimenti si corre il rischio di avere un bel risultato bi-color. Molto simili a questo tipo di prodotto sono anche gli shampoo coloranti che possono essere applicati solo sulle radici oppure su tutta la lunghezza per creare maggiore omogeneità; anche in questo caso occhio alla gradazione di colore.

Stick copri ricrescita

Simile a una matita per labbra o a un rossetto, lo stick per coprire la ricrescita va passato sulle zone in cui è presente l’alone. Si applica come si mette un lipstick per le labbra e ci si aiuta con le mani per stendere al meglio il colore nella zona dopodiché il gioco è fatto: ricrescita coperta!

Sebago X Pendleton: una co-lab made in USA

Sebago, il famoso marchio di calzature e abbigliamento statunitense, presenta la prima co-lab con Pendleton, il leggendario brand americano di tessuti in lana.
Questi due marchi storici lavorano insieme per una capsule collection che unisce East e West Coast esattamente come 150 anni fa, quando il tessitore inglese Thomas Kay lasciò le coste dell’Atlantico per approdare via mare su quelle del Pacifico e iniziare un’avventura imprenditoriale diventata storia.

Tremila miglia attraverso gli Stati Uniti per unire due culture geograficamente lontane, con codici e stili ben definiti, e dare vita a questo nuovo progetto.
Oggi – viaggio a ritroso – la tradizionale tessitura in lana degli indigeni torna a intrecciarsi con l’artigianalità del mocassino cucito a mano: così nascono dei modelli unici, reinterpretati con le fantasie delle coperte degli indiani d’America, disegni e colori ben saldi nell’immaginario di tutti noi.

Dal 1° ottobre, i cinque modelli di questa nuova collaborazione sono in vendita in selezionati ed esclusivi store in Italia, UK, Francia, Belgio e online sul sito di Sebago.

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Festa del Cinema di Roma, 14° edizione

Anche quest’anno dal 17 al 27 ottobre all’Auditorium Parco della Musica va in scena la 14° edizione della Festa del cinema di Roma. Tra Roma e il cinema esiste un connubio indissolubile fin dagli inizi del ‘900, quando nacque la CINES, prima casa di produzione cinematografica italiana. Da allora, con la presenza di diversi studi di produzione ne fa la mecca di registi e produttori di tutto il mondo.

La natura dell’appuntamento romano è, infatti, nella sintesi tra una programmazione di qualità e una fruizione popolare: bambini e ragazzi delle scuole, giovani in fila per gli incontri con attori e registi, famiglie che condividono il piacere di un film per tutti.

Vi sono professionisti che verificano le tendenze del settore, studenti e studiosi che scoprono qui le opere più innovative, tanti che affollano il red carpet, uno dei più suggestivi al mondo, per applaudire le star e strappare un autografo, insomma persone di tutte le età, cultura ed estrazione sociale. Questo week- end proprio sul red carpet gli ospiti sono stati tanti, anzi tantissimi. Ho avuto modo di parlare proprio con Ron Howard, regista di Pavarotti, il film documentario che racconta vita e retroscena, con il suppporto di Nicoletta Mantovani vedova del tenore.

Quando gli domando se fosse la sua prima volta al festival mi dice con rammarico di si, in quanto tante altre volte avrebbe dovuto esserci ed invece alla fine non è riuscito per motivi di lavoro. Ci tiene a sottolineare la sua vicinanza alla famiglia, quindi la voglia ed il dovere di essere presente alla proiezione.

Tanti se lo ricordano come Ricky Cunningham della fortunatissima serie televisiva “Happy Days”, beh di strada ne ha fatta il ragazzo. Tra gli altri ospiti super attesi ci sono stati i protagonisti di “Downtown Abbey” che dalla serie ne hanno tratto un film, molto suggestivo il red carpet che con centinaia di figuranti in costume rigorosamente anni 30’ ci hanno riportato indietro nel tempo.

Il regista Michael Engler non si è sentito di fare l’intervista in italiano, anche se avrebbe potuto, ma per pudore di sbagliare ha preferito proseguire in inglese. La sua vicinanza con il bel paese è davvero forte, infatti i suoi studi cinematografici li ha svolti proprio a Roma, ed ogni occasione di vacanza per lui è sempre una buona occasione per tornarci. Per Michael infatti essere nella città eterna a presentare il suo film con un connubio di arte e storia pensa essere l’occasione perfetta.

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Cinecult: ‘Jesus Rolls – Quintana è tornato’ di John Turturro

Una luce in fondo al tunnel c’é. È la luce della libertà e della felicità. E se ti cali le braghe e te la godi potrai cogliere il meglio della vita. Il messaggio di ‘Jesus Rolls – Quintana è tornato’ è eloquente e vibrante.

E va bene così, perché se passi due ore a farti delle sane risate riflettendo anche sul senso della vita, allora forse una svolta c’è e la crisi te la scordi in nome di un epicureismo autoironico.

Il film, distribuito da Europictures, presentato in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma come film di preapertura, diretto e interpretato da John Turturro, 62 anni portati splendidamente, racconta un viaggio un po’ pazzerello, surreale ed esilarante e se ne vedono tante di cose. Ce n’è per tutti i gusti.

Il sesso è vissuto in maniera libera e giocosa così come dovrebbe essere, senza tabù, sembra di stare nell’eden. E non a caso perché il film, una commedia ironica e un po’ grottesca che parla di libertà, un road movie che è lo spin-off de ‘Il grande Lebowski’, è tratto da un romanzo del 1974 di Bertrand Blier, ‘I santissimi’ da cui è stato tratto un film godibilissimo.

E ricorda maledettamente, ma in versione coloratissima e rocambolesca, le avventure filosofiche di ‘Jules et Jim’ di Truffaut. E perché no? La sceneggiatura riprende un po’ Tarantino, un po’ i fratelli Cohen ma senza velleità né pretese.

La coppia Turturro- Cannavale è sexy e ludica allo stesso tempo, ha ritmo e irresistibile vis comica. Il film conta tanti cammei brillanti e ricchi di verve: Jon Hamm è il parrucchiere bello e vanesio che per certi versi rifà il verso a Warren Beatty in ‘Shampoo’, Sonia Braga, che ricordiamo in ‘Il bacio della donna ragno’, è una splendida maitresse che filosofeggia in spagnolo, Susan Sarandon è Jane, una ex galeotta ansiosa di godersi la vita con pienezza e un filo di naiveté.

Interessante la visione dell’identità maschile filtrata dall’ottica dei due simpatici protagonisti: una coppia di accattivanti balordi (in senso buono però) che sanno trascinarti nel loro pazzo mondo, dove l’unica regola è che non ci sono regole.

Queste due disincantate canaglie non disdegnano qualche digressione nel territorio dell’omosessualità, perché oggi tutto è fluido, tutto è viola come in una canzone di Prince. E il viola non fa più così paura se Jesus lo sfoggia con coraggio e disarmante spontaneità.

La gigioneria dei due protagonisti-mattatori è contagiosa e non può che suscitare empatia soprattutto se nel loro sodalizio entra la francesina shampista Marie interpretata dalla scanzonata e irriverente Audrey Tautou.

Questa commedia sbottonata con una risata vi seppellirà. La fotografia e i costumi sono azzeccati e la musica curata dalle brava e bella Emilie Simon ti fa volare. Bella la fotografia. Da vedere.

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Capelli fini: come aumentare il volume

Per le giornate di pioggia, una serata speciale oppure per le chiome più ribelli al mattino presto. Questa gallery è dedicata a chi non può rinunciare a capelli voluminosi e ad una tenuta impeccabile.

LABEL M MIRACLE FIBER

Una texture da città, dona sostegno flessibile ad ogni look e ad ogni lunghezza. Addolcisce e protegge, dando al capello un tocco glamour e volutamente “sfatto” senza appesantire.

LA BIOSTHETIQUE VOLUMISER

Riempie le zone danneggiate del capello, rinforzandolo. Inoltre, si adagia sullo stesso come una guaina protettiva, attenuando l’impatto negativo di agenti esterni nocivi quali spazzolate troppo vigorose, phon o raggi solari.

SUSANNE KAUFMANN SHAMPOO FOAMER VOLUME

La miscela con ingredienti efficaci come trigonellina e cheratina di fieno greco e germe di grano rafforzano in particolare la struttura del capello e ne rivitalizzano l’elasticità, rendedoli più folti e pieni.

DAVINES ESSENTIAL HAIRCARE VOLU HAIR MIST

Spray volumizzante senza risciacquo con una formulazione che dona sostegno alla base. Non appesantisce i capelli e li lascia morbidi e lucenti. Contiene cheratina, che aiuta a riparare le doppie punte.

BIOPOINT ROCK CRYSTAL TECHNOLOGY

Un gel solido che si trasforma in una texture ultra fine, per un nuovo approccio allo styling. Leggero e piacevole al tatto, crea un effetto bagnato di tendenza assicurando un fissaggio e una tenuta perfetti.

HEMP CARE MATTE HAIR WAX

La sua formula, arricchita con Olio di Cannabis Sativa Italiana Bio, Burro di Karitè Bio, Estratto di Semi di Lino, Olio di Cocco Bio e Glicerina vegetale, nutre il capello e gli dona forza e lucentezza. Adatto a chi ama un effetto naturale senza senza residui.

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Shampoo volumizzante che apporta volume e leggera idratazione. Privo di solfati, deve essere massaggiato sui capelli umidi, focalizzandosi sulle radici.

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Food talk: Ettore Bocchia parla della cucina molecolare

È stato definito un rivoluzionario che ha ribaltato l’approccio alla cucina. Eppure Ettore Bocchia, fondatore e autorità massima della cucina molecolare, è una persona dallo charme discreto che riesce a spiegare anche concetti complessi ma in modo semplice e diretto. Dalle sue parole emerge la grande passione per la ricerca dei migliori ingredienti, frutto di lunghi viaggi alla scoperta delle eccellenze produttive. Lo abbiamo incontrato nel suo regno, il ristorante stellato Mistral con vista mozzafiato sul lago di Como. Un posto speciale all’interno del Grand Hotel Villa Serbelloni di Bellagio, una struttura unica per atmosfera e stile, risalente al 1873 quando fu trasformata da casa privata in hotel di lusso.

Quando hai capito saresti diventato uno chef?

Ho iniziato in questo settore a dodici anni e poi a ventisette ho deciso di mettermi a studiare e lavorare duramente per raggiungere determinati risultati

Quali sono state le esperienze per te veramente importanti?

Sicuramente quando ho investito per studiare a quella che è considerata la scuola di cucina più importante al mondo, l’Ecole Lenôtre di Parigi. Lì ho potuto studiare e apprendere l’impostazione francese e alcuni importanti concetti. Ho dedicato molto tempo nelle scuole e in quelli che erano i miei hobby: fare ricerca del prodotto e capire quale era la filosofia dei miei colleghi, anche quelli delle generazioni precedenti alla mia. Per diletto o per studio ho iniziato a viaggiare venticinque anni fa. Ho conosciuto molti colleghi e ho continuato a viaggiare per assaggiare e capire la cucina del mondo.

ettore-bocchia-presso-il-ristorante-stellato-mistral-sul-lago-di-como

Quindi sei sempre stato un viaggiatore curioso?

Sì. Sono stato e sono tuttora una persona curiosa. Per me è importante anche confrontarmi con i giovani. Hanno una prospettiva completamente diversa della cucina, più stilistica. È uno scambio molto interessante e reciproco. Mi fa piacere notare che hanno molta attenzione nei confronti del prodotto, perché un piatto non è mai fine a se stesso e conta la qualità degli ingredienti.

Lo scorso hanno hai festeggiato i cento anni del Grand Hotel Villa Serbelloni. Che cosa avete realizzato per l’occasione?

La proprietà ha richiesto un determinato stile per il menù del centenario: i classici della cucina francese. In determinate cucine si parla ancora questo linguaggio. La cucina francese ha dettato legge per oltre un paio di secoli, dalla fine del 1700 ai primi anni 2000.

Quali piatti consiglieresti a chi mangia per la prima volta al tuo ristorante Mistral?

Sono stato il primo in Italia ad applicare la scienza alla cucina. Consiglierei il menù di cucina molecolare che varia i suoi prodotti seguendo il ciclo delle stagioni. La cucina molecolare ha cambiato il linguaggio culinario.

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Com’è nata l’esigenza di scrivere un libro?

Volevo puntualizzare e rendere noto quelli che sono stati i miei anni di carriera e dove mi trovo in questo preciso momento. L’ho fatto più per me stesso. Non volevo farmi conoscere al grande pubblico, piuttosto certificare quello che ho fatto e come è partito il mio viaggio nella cucina molecolare.

Qual è secondo te il fraintendimento più comunque riguardo alla cucina molecolare?

Si parlava di questa cucina intesa solamente come piatti che prevedono un alto tasso tecnico che è importante, ma non deve sminuire quella che è la qualità del prodotto, il focus di ciò che si mette nel piatto. Non voglio fare una cucina che diventa uno spettacolo fine a se stesso. La cucina molecolare ha rimesso in discussione tutte quelle che erano le preparazioni delle ricette tradizionali.

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Come hai sviluppato le competenze scientifiche che applichi alla tua cucina?

È stato un percorso lento, un passo alla volta, fatto assieme a fisici e chimici, docenti universitari con cui ho studiato i processi di cottura degli alimenti e la loro struttura.

Di quale prodotto sei particolarmente orgoglioso?

La sfida è oggi avere prodotti di eccellenza. Sono molto orgoglioso di avere il fegato grasso d’oca di Aleandro Sousa, un foie gras etico in quanto l’animale non ha un alimentazione forzata, ma si ciba naturalmente. Un ingrediente introvabile e realizzato in quantità limitatissime, che è diventato tra i protagonisti di un piatto signature.

Cosa ne pensi dei numerosi programmi televisivi a tema food?

È stato positivo. Hanno messo una lente di ingrandimento sulla figura dello chef. Un tempo ci si vergognava di fare il cuoco, oggi è un lavoro cui si ambisce ed è molto apprezzato. Tutto questo lo si deve anche alla televisione, che ha reso spettacolare quello che facciamo.

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Walt Cassidy, New York: Club Kids

Damiani Editori, l’importante casa editrice che da Bologna propone pubblicazioni internazionali dedicate all’arte e alla fotografia, sempre importanti, all’avanguardia e cool, ha mandato alle stampe un libro davvero interessante, sia per chi ama lo stile, sia per chi è incuriosito da come certi fenomeni abbiano influenzato una generazione e più, non certo solo da un punto di vista di immagine. Il libro “New York: Club Kids: By Waltpaper” di Walt Cassidy, con prefazione di Mark Holgate. I Club Kids di della scena notturna newyorchese anni Novanta sono stati forse l’ultimo fenomeno underground, l’ultima vera subculture a diventare qualcosa di riconoscibile e creativamente stimolante.

Saliti alla ribalta grazie anche al film “Party Monster” con Macaulay Culkin, che si sofferma di più su spiacevoli fatti di cronaca che coinvolsero soprattutto uno dei club kids, ovvero Michael Alig, nel libro di Walt Cassidy si torna a puntare l’accento sull’importanza mediatica, culturale e creativa di quel gruppo di ragazzi. E Walt lo sa bene, visto che il creativo, realizza gioielli, elementi di moda, quadri, murales, era uno degli elementi di spicco di quel gruppo di ragazzi da cui uscirono anche figure come Amanda Lepore e l’ormai personaggio iconico Ru Paul. Da ragazzino Cassidy era Waltpaper, una figura quasi genderless, da look alieno, e il libro ci riporta nelle notti di quegli anni Novanta che sembrano ispirare ancora così tanto stilisti, registi, pittori dei giorni nostri il libro quindi è ben più di una semplice cronaca del passato, come spiega bene Walt nell’intervista esclusiva che ci ha concesso.

Quando hai deciso di creare questo libro e perché? Quale è, secondo la tua opinione, l’importanza e l’eredità del periodo di cui parli?

NEW YORK: CLUB KIDS inizialmente cominciava con un editoriale di 40 pagine che avevo realizzato nel 2015 per Candy Magazine, dove avevo selezionato cinque fotografi che avevano documentato splendidamente i Club Kids e la vita notturna di New York negli anni ’90. Le immagini scorrevano con un piccolo testo biografico riguardante delle mie riflessioni personali su quel periodo.

Sono sempre stato attento a non eccedere con la nostalgia. Spesso le persone rimangono ancorate al passato, ma io sono più interessato al presente quindi nonostante le molte richieste di raccontare la mia vita a quei tempi, mantengo le mie energie focalizzate sulla mia vita attuale.

Con il passare del tempo, purtroppo alcune delle figure chiave della scena originale sono venute a mancare e sono innervosito dal fatto che alcuni importanti archivi fotografici possano correre il rischio di venire persi per sempre.

Non sono soddisfatto dell’interpretazione che i giornalisti hanno dato alla nostra scena, dopo 25 anni dal suo tramonto. Nessuno sembra in grado di comprendere e trasmettere la creatività e l’inventiva che i Club Kids hanno rappresentato.

C’erano moltissime idee e concetti che si intersecavano a New York in quel momento, ma molti di questi non sono ancora stati affrontati. Ho capito che quello era un lavoro che poteva svolgere soltanto una persona che ha vissuto la scena dall’interno, ed io ero l’unica persona che poteva mettere insieme un libro che potesse rappresentare in modo adeguato quei 10 anni.

C’è una fotografia in particolare che ti fa venire la pelle d’oca, che ti ricorda un momento particolare? Ti va di condividerlo con noi?

Il processo di realizzazione del libro è stato incredibilmente catartico e intenso. Avevo bisogno di elaborare tutti i sentimenti che avevo, nonché assorbire le energie e i pensieri di tutti i fotografi e soggetti rappresentati nel libro. Mi sono sentito responsabile for ogni persona coinvolta, nonostante sia una storia riguardante il mio personale punto di vista.

Inoltre, dovevo mettere insieme degli archivi molto frammentati e danneggiati, che avevano bisogno di un lungo restauro: infatti il libro ha avuto bisogno del lavoro di quattro graphic designers differenti. Ogni immagine evoca in me il ricordo di un momento preciso.

Da quando diverse persone citate non sono più con noi, si è aggiunto un nuovo livello di responsabilità. Ho raccontato la storia del mio primo amante a New York, che si chiamava Donald ed era un famoso imbroglione e probabilmente è morto di AIDS.

Nonostante la sua reputazione era molto protettivo nei miei confronti, anche perché avevo solo 19 anni ed ero nuovo in città, oltre che abbastanza innocente. Era un angelo dalle ali spezzate, ed è stato la mia introduzione alla vita di New York. Credo che lui mi osservi ancora ogni giorno.

Quale è stato il momento più difficile nella stesura del libro?

Scrivere l’ultimo paragrafo è stata la parte più difficile non solo perché dovevo trarre delle conclusioni riguardo come mi sentivo, ma anche perché dovevo assicurarmi del fatto che il libro avrebbe avuto una qualche utilità per i quindicenni che avrebbero scoperto questa cultura per la prima volta, oltre che per le persone della mia generazione che avrebbero riflettuto sui tempi passati scorrendone le pagine.

SKID, Waltpaper, Nocturnal Oddities at Willow Gallery, 1992. Copyright SKID. All Rights Reserved.
 

Eravate tutti molto creativi nel vestirvi, ti ricordi l’ouitfit più oltraggioso che hai indossato? Salveresti qualche outfit del tempo? Ne hai conservato qualcuno?

Non ho conservato nessun outfit. Una cosa particolare e che ci ha contraddistinto è che ci approcciavamo alla moda come se fosse usa e getta, la maggior parte dei nostri abiti erano fatti per essere indossati una notte soltanto.

Nel libro ho usato la metafora della “decostruzione”, come un concetto che ha definito gli anni ’90. Lo puoi vedere nella musica, nei vestiti e nelle droghe. Invece di conservare i vestiti, ho tenuto tutte le mie foto e i miei editoriali, che insieme hanno creato le fondamenta del libro.

In che modo pensi che i Club Kids di oggi possano essere differenti da quelli della tua generazione? E, in generale, com’è cambiata New York secondo te?

L’energia e le dinamiche della cultura giovanile sono sempre cicliche e giocano sugli stessi concetti ricorrenti, ma parlano delle politiche e delle tecnologie di un determinato periodo di tempo. Al centro della nostra storia e della nostra esperienza ci sono immagini e parole. Questo è l’essenza di tutto.

Come catturiamo le nostre esperienze e come parliamo di esse è ciò che distingue i diversi periodi e le diverse generazioni. Tutto ciò risale ai disegni rupestri e ai primi esseri umani, e la mia eccitazione deriva dal vedere come queste cose cambiano e si evolvono. La cultura umana scorre e si declina tra liberale e conservativo, e la città di New York ha sofferto delle politiche comunali conservative, così come l’agenza finanziaria ed edilizia sin dagli ultimi anni ’90.

Sento che siamo sulla cuspide di un periodo più positivo ed eccitante, non solo a New York ma in tutto il mondo. Al momento siamo nella stessa posizione in cui ci trovavamo a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90, o tra gli anni ’50 e gli anni ’60. I conservatori hanno avuto a lungo il controllo, ma presto questa storia finirà. Sono entusiasta della Generazione Z e dell’idea che questi giovani stiano iniziando a farsi strada.

Cosa hai imparato su te stesso o su quel periodo mentre preparavi il tuo libro?

È importante presentarsi e partecipare alla vita, anche se non sei stato invitato. Specialmente se non sei stato invitato.

Sei una persona molto diversa da quella che eri al tempo, o almeno questo è quello che possiamo cogliere dall’esterno. Cosa è rimasto di quel giovane?

Sono sempre la stessa persona che si muove attraverso questa vita, raccogliendo nuove esperienze ogni giorno che passa. Credo che l’essenza della vita sia la fluidità quindi permetto a me stesso di rimanere in un flusso, e di poter costantemente cambiare ed evolvermi. Credo che sia un grande errore convincersi dell’idea che sia possibile trovare la felicità inseguendo una singola esperienza o identità.

La paura è ciò che guida il desiderio di aggrapparsi a una cosa, e ciò non porterà mai alla libertà e alla gioia. Il mondo non è piatto, e nemmeno l’esperienza umana lo è. Siamo degli esseri multidimensionali, e questo aspetto dovrebbe sempre essere ricordato.

Hai molti progetti, ci puoi raccontare di cosa ti stai occupando al momento?

Sono un artista multimediale, quindi per tenermi impegnato navigo su vari mezzi. I miei gioielli ed opere d’arte sono disponibili su www.waltcassidy.com. Il mio focus primario al momento è il lancio del libro.

Stiamo collaborando alla cerimonia d’apertura del negozio, e abbiamo creato una piccola capsule collection ispirata al libro, che verrà presentata a metà novembre e coinciderà con l’evento di lancio del libro. NEW YORK: CLUB KIDS è pubblicato da Damiani ed è già disponibile per il pre-order online, e sarà presente a livello internazionale a partire da Ottobre.

Visto che Manintown ha un particolare focus sui viaggi, ci puoi dare qualche consiglio riguardo New York, come ad esempio i posti che ti piacciono di più? E un paio di posti dove mangiare/bere/divertirsi?

Amo i parchi di New York City… Central Park, Prospect Park e Hudson River Park in particolare. Recentemente ho scoperto Dekalb Market Hall a Brooklyn, che ha un’ampia scelta di posti dove mangiare. Lo stand Wiki Wiki Hawaiian food è il mio preferito.

SKID, Christopher Comp at Wall Street outlaw party, 1992. Copyright SKID. All Rights Reserved.
 

https://www.damianieditore.com

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Parata di star a Roma per la Festa del Cinema 2019, il ‘festival delle donne’

John Travolta, Edward Norton, Bill Murray, Ron Howard, Olivier Assayas, John Turturro, Bobby Cannavale, Benicio Del Toro. Questi gli uomini prodigiosi della quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Ma non dimentichiamo loro, le donne, che al cinema si sa, hanno una marcia in più.

Ed ecco sfilare sul tappeto rosso Fanny Ardant, Lucia Bosé, Mira Sorvino, Giovanna Mezzogiorno, Viola Davis, Kristin Scott Thomas. E poi c’è lei, la divina, l’unica, la maliarda androgina Greta Garbo. Una donna ancora una volta è l’epitome del glamour del cinema, messaggera di bellezza e charme, di talento e magnetismo legati a doppio filo alla settima arte.

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Perché a Roma il cinema, che dal 17 al 27 ottobre tiene banco portando nella capitale negli augusti saloni dell’Auditorium del Parco della Musica progettato da Renzo Piano le star più osannate del firmamento mondiale della settima arte, ama le donne.

E lo dimostra non solo con le 19 registe presenti con i loro film alla manifestazione, ma anche celebrando la sublime creatività delle regine della moda: una per tutte Laura Biagiotti, la dama bianca scomparsa nel 2017, la prima che nel 1988 mise piede in Cina con le sue romantiche bambole in cachemire e taffetas.

A lei Rai Tre ha dedicato un intenso docu-film che sarà presentato in anteprima a Roma il 19 ottobre. Una donna ancora una volta, Laura Delli Colli, giornalista arguta e figlia di Tonino Delli Colli, è il nuovo presidente di Fondazione Cinema per Roma.

Parte in questi giorni la maratona della Quattordicesima edizione della festa del cinema di Roma con due grandi preaperture: ‘l’uomo senza gravità’ di Marco Bonfanti con Elio Germano, e ‘Jesus Rolls. Quintana è tornato!’ di e con John Turturro, interpretato da Bobby Cannavale, Audrey Tautou e Susan Sarandon. Due film top ai quali si affianca ‘Anni amari’ sulla storia tormentata dell’attivista omosessuale coraggioso e intrepido Mario Mieli, un paladino dei diritti LGBT morto suicida negli anni ottanta.

Ma veniamo ai numeri, snocciolati con un filo di orgoglio dal direttore artistico della Festa Antonio Monda, che è al suo quinto anno della festa: “Nella sezione retrospettive abbiamo selezionato 25 film, alla Casa del Cinema vanno in scena sette film che vedrete a rotazione nella clip che introduce ogni film in programma nel calendario della festa, abbiamo 18 luoghi del cinema sparsi in tutta la città, 14 preaperture, 18 prime italiane, 37 prime mondiali, 18 prime italiane, i film selzionati provengono da 25 paesi diversi, inoltre ci saranno tre mostre d’arte parallele alla festa, Valerio Berruti, Altan e le Ragazze di Lucianella Cafagna senza contare la mostra e il docu-film sulla storia dei Cecchi Gori che sarà inaugurata il 17 ottobre”.

Ma non è tutto: “la festa è interdisciplinare e quindi fra sport, moda e architettura e musica-molti i film musicali da Judy ai tre documentari su Bruce Springsteen, Kurt Cobain e Michael Hutchense degli INXS- alcuni critici si sfideranno a duello al Maxxi e al Macro confrontando opinioni divergenti su temi legati al cinema e ai film, mentre nella sezione ‘fedeltà e tradimenti’ grandi intellettuali commenteranno le trasposizioni cinematografiche di grandi opere letterarie divenute film come ‘il dottor Zivago’ e Anna Karenina’” anticipa Monda.

Quest’anno la festa dalla doppia anima, curiosa come Alice nel paese delle meraviglie (Alice nella città è una delle sezioni più interessanti della Festa), ma anche fatale come Greta Garbo, propone ai suoi fedelissimi alcune chicche: nella sezione ‘Riflessi’ troveremo ‘That click’, il docufilm di Luca Severi su Douglas Kirkland, fotografo famoso per i suoi scatti su Marilyn, ‘Bar Giuseppe’ di Giulio Base con Ivano Marescotti, film introspettivo e interessante.

Ma veniamo ai film della selezione ufficiale, quelli che si contenderanno il premio del pubblico: a Roma approda ‘The Irish man’, l’attesissimo film storico di Martin Scorsese sulla malavita americana con Robert de Niro, Joe Pesci e Al Pacino (Monda prevede che quest’ultimo si aggiudicherà un Oscar), e poi altro titolo attesissimo ‘Motherless Brooklyn’ di e con Edward Norton. ‘Downton Abbey’ di Michael Engler è distribuito da Universal Pictures, sulle vicende di una dinasty aristocratica anglosassone, ‘Deux’ con Barbara Sukowa, ‘Trois jours et une vie’ con Sandrine Bonnaire e Charles Berling (lo abbiamo visto nel 1997 in ‘Nettoyage à sec’ accanto a Miou Miou), ‘Drowning’ con Mira Sorvino’, ‘Military wives’ con Kristin Scott Thomas, ‘The aeronauts’ con Felicity Jones e Vincent Perez, un ‘Gravity’ sulle mongolfiere, ‘Antigone’ di Sophie Deraspe, ‘Pavarotti’ di Ron Howard, ‘Nomad’ di Werner Herzog, ‘Santa subito’ di Alessandro Piva.

E nella sezione ‘tutti ne parlano’ troveremo fra gli altri, ‘Belle epoque’ di Nicholas Bedos con Fanny Ardant che troveremo in un incontro ravvicinato con il pubblico. “ la nostra è una festa non un festival, primo perché non esiste una giuria ma è il pubblico a decretare il vincitore, secondo perché i grandi registi e le star che sbarcano a Roma da noi lo fanno per condividere con i loro fan nella città del cinema la loro passione per la settima arte e non per promuovere il loro film; questa kermesse ha portato fortuna a ben tre film che negli anni, prima di vincere l’oscar, sono passati da questa manifestazione che oggi gode il supporto delle più alte istituzioni italiane. E non a caso, rispetto all’anno scorso, la festa del cinema ha registrato un incremento delle vendite al botteghino del 20%, e scusate se è poco”.

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Antony Morato: la nuova campagna social dedicata all’uomo metropolitano

Le nuova campagna social di Antony Morato si chiama All the way up ed è tutta dedicata al prossimo inverno con suggestioni che ci raccontano lo spirito streetwear del brand in cui il gioco delle prospettive integra elementi artificiali, come l’acciaio e il cemento ma anche la purezza del cielo e degli elementi naturali.

Il protagonista è l’uomo metropolitano, rappresentato libero da convenzioni e canoni imposti dalla società che interpreta il suo modo di essere sfidando gli ostacoli del mondo urbano. Proprio per questo sceglie uno stile grintoso e audace, mentre nei suoi occhi leggiamo un costante atteggiamento di sfida.

L’atmosfera è ovviamente quella urbana: dal cemento alle architetture severe, passando attraverso dettagli rigorosi e strutture militari. Riprendono questo mood anche i toni dei capi, grigio e nero sui giubbotti imbottiti ma anche giallo e bianco sui pantaloni sportivi e per le felpe oversize.

I materiali tecnici sono mixati tra loro come il nylon con il neoprene da abbinare a cotoni spalmati. Un effetto di sovrapposizione di texture sottolineato anche dai dettagli patch di feltro e dalle applicazioni in velcro che ricordano i gradi delle divise militari.

Sponsored content by Antony Morato

https://www.morato.it/it/all-the-way-up-look-5.html

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Festival international Des Jardins

Tra gli Chateaux e i Domaines della valle della Loira in Francia, iscritti nel patrimonio mondiale dell’UNESCO, il Domaine di Chaumont-sur-Loire si distingue da sempre per l’arte dei giardini. Da 28 anni infatti all’interno del parco del Domaine è organizzato il Festival International des Jardins. Il presidente della giuria (il principe Amyn Aga Khan) ha selezionato una serie di progetti sul tema di quest’anno: i giardini del paradiso. Il festival è uno dei più importanti a livello internazionale e pota al Domaine de Chaumont-sur-Loire paesaggisti, designer, scenografi, architetti e urbanisti da tutto il mondo. Lo scorso anno hanno partecipato oltre 500mila visitatori (430mila nel 2017).

L’edizione 2019 che termina il 3 novembre è una delle più internazionali, con la presenza di team da Stati Uniti, Giappone, Corea, Germania, Italia, Paesi Bassi, Belgio, ma anche dal Vietnam. 

I giardini del paradiso

Tra le 24 proposte di giardini effimeri, studiati esclusivamente per il Festival troviamo utilizzi inusuali e interessanti dei materiali, come il pizzo metallico cesellato da un paesaggista-gioielliere, un cielo surrealista di piume bianche, sedute di corda intrecciata, sculture create con fiale di profumi, finora mai viste nei giardini. I team hanno anche inventato strutture, forme e scenari, come il ponte giallo che attraversa un giardino, offrendo una visione alternativa del paradiso. O ancora un giardino sospeso che utilizza materiali industriali e di recupero. Per quel che riguarda le piante, in scena nei giardini ci sono magnifiche collezioni di orchidee, strelitzia, euforbie a candelabro. Come ogni anno, fuori concorso, sono invitate personalità del mondo del paesaggio o del giardino. In contemporanea ai 24 giardini del paradiso è stata data carta bianca (verde in questo caso) a grandi paesaggisti come il sudafricano Leon Kluge, John Tan di Singapore, Bernard Lassus, Philippe Collignon, David Bitton e Pierre-Alexandre Risser.

Le novità 2019

Tra le molte novità 2019 c’è l’apertura anche di una nuova serra che ospita inattese collezioni vegetali e inedite associazioni di piante che cambiano con il passare dei mesi. In programma anche workshop e corsi di giardinaggio destinati al grande pubblico. Questi corsi sono tenuti da Pierre Nessmann, maestro giardiniere, diplomato in coltura ortofrutticola, orticoltura, architettura paesaggistica, arboricoltura ornamentale e fruttifera da oltre 35 anni. Nessmann, noto anche in ambito tv e stampa, tratterà del giardino, la sua storia e la sua configurazione, la conoscenza e l’utilizzo dei vegetali, le tecniche di giardinaggio, ma anche l’orto, il frutteto e l’ambiente.

Info www.domaine-chaumont.fr

Come raggiungere il Festival International des Jardins

La via più rapida è da Parigi, collegata a tutti gli aeroporti italiani da moltissimi voli giornalieri. Poi dalla stazione di Parigi-Austerlitz si arriva a Onzain / Chaumont-sur-Loirre in circa un’ora e 40 minuti con treno Intercity (orari e biglietti su oui.sncf). Fino al 3 novembre una navetta collega la stazione di Onzain / Chaumont-sur-Loire e il Domaine, in coincidenza con un treno (provenienza e destinazione Parigi) la mattina e a fine pomeriggio. Su presentazione del biglietto del treno SNCF, timbrato il giorno stesso, è possibile beneficiare di una tariffa preferenziale. 

Dove alloggiare

A Onzain vi consigliamo il Domaine Des Hauts De Loire (www.hautsdeloire.com), circondato da un parco di 70 ettari che comprende anche un laghetto per la pesca. Il ristorante (guidato dallo chef Rémy Giraud) ha ricevuto 2 stelle Michelin. In alternativa, il Bistrot offre un menu più semplice ma sempre studiato dallo chef stellato che organizza anche corsi di cucina per gli ospiti dell’hotel. All’interno della struttura ci sono campi da tennis, palestra attrezzata, piscina scoperta e l’esclusiva spa by Clarins. 

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E-commerce nelle industrie della moda, il caso di R.A. Boutique

Solo dieci anni fa molti nel settore della vendita al dettaglio non credevano che i consumatori avrebbero mai preso in considerazione l’idea di acquistare la moda da indossare online. Quanto si sono sbagliati. Non solo sono nate le vendite al dettaglio online che offrono articoli di moda a tutti i prezzi, ma i rivenditori di alta moda hanno scoperto che la percentuale delle vendite passa attraverso il loro sito Web in maniera crescente di anno in anno.

Un e-commerce di moda deve essere accattivante e chiaro nel messaggio

Gli acquirenti nel campo della moda sono alla ricerca di idee che possano farli apparire e sentire meglio. Il sito per questo non deve essere solo migliore dei competitor, ma eccellente. Ciò richiede che tutte le foto e le immagini siano lusinghiere, chiare e informative. Non deve mancare la funzione di zoom per una visione chiara. È una buona idea avere solo una foto nel catalogo principale del negozio online, ma una volta selezionato un prodotto, il potenziale cliente deve essere in grado di visualizzare altre immagini. Gli acquirenti che visitano uno store online si aspettano di essere sedotti dalla bellezza del sito Web e delle collezioni. Questo è il motivo per cui i rivenditori suscitano emozioni con straordinarie immagini di alta qualità e alta risoluzione. Design, usabilità, contenuto e personalizzazione richiedono tutti un’attenzione significativa per offrire un’esperienza online ricca, coinvolgente e intuitiva. E tutto questo RA Boutique lo sa e lo mette a disposizione dei suoi clienti nel suo sito creato a favore delle donne che lo visiteranno. Stessa attenzione e cura dei contenuti vale anche per le pagine social dell’azienda, Facebook e Instagram.

Un’industria nel mercato online in costante crescita

Pre-ordini, capsule collection, merce di fine stagione, fuori stagione: i cicli di prodotto nella moda sono molti e le finestre sono brevi. Una vetrina su tutti i capi aperta su un dispositivo tecnologico, sempre alla portata di cliente, con molte più offerte rispetto alla vendita al dettaglio. Questa era l’idea iniziale che nel 2015 dei due fondatori fortemente appassionati di moda. Attualmente RA Boutique l’e-commerce specializzato in abbigliamento, scarpe e accessori donna conta dei volumi di crescita sensazionali. Il consolidamento dell’uso di internet in ogni aspetto della quotidianità e la crescente fiducia dei suoi utenti nell’effettuare transazioni online, grazie ai regimi di sicurezza del sito, hanno portato la popolarità dell’e-commerce a non smettere di aumentare.

Punti di forza dello store online

Molti sono i punti di forza di questa boutique online, sicuramente primo fra tutti il numero di articoli presenti e costantemente disponibili, se ne contano oltre duemila, variabili per stagionalità e tendenze del momento. Quella delle tendenze è un mantra per la società. Uno dei limiti più sottolineato e lamentato dagli acquirenti nel mercato del web è la lentezza o l’eccessiva esosità delle spedizioni. RA Boutique ha superato tutto ciò rendendo queste spese competitive e veloci, con soli quattro euro la consegna è prevista in 24/48 ore, gratis per gli acquisti oltre i 59 euro. Possibilità di reso.

Donne nude: 7 fotografi che hanno reso celebre le foto di nudo

Il nudo in fotografia è comparso per la prima volta intorno alla metà dell’Ottocento, quando venne coniato il metodo Daguerre.

Il Daguerre prevedeva di fotografare donnenude e inviare le foto a pittori che così potevano riprodurre l’immagine su tela senza avere davanti a sé la modella in carne e ossa. I primi fotografi di nudo furono degli ex pittori Eugène Durieu, Felix Jacques Antoine Moulin, Vallou de Villeneuve e Auguste Belloc.

Le prime cartoline con nudo femminile comparvero in Francia nella seconda metà dell’Ottocento ed ebbero non poche critiche, oltre ad essere censurate i molti paesi.

Passano gli anni e si arriva al primo Novecento dove le donne nude in fotografia diventano una forma d’arte grazie a movimenti artistici quali: Surreliasmo, Dadaismo e Avanguardie.

Le foto di donnenude sono diventate così molto celebri e non più censurate grazie a fotografi che hanno reso questo genere fotografico una vera e propria forma artistica. Negli anni quaranta viene poi coniata la parola pin up, che rappresentava le donne in costume da bagno, presenti su calendari e riviste. Nasce nel 1953 negli Stati Uniti la rivista Playboy con la comparsa anche di Marilyn Monroe e a seguire negli anni sessanta nasce anche Penthouse, rivista erotica-pornografica.

7 Fotografi che hanno reso celebre le foto di nudo

Edward Weston e Imogen Cunningham

Ritraevano le donne nude in forme geometriche, il primo non mostrava i loro volti, mentre il secondo le ritraeva senza arti.

Horace Roye

Rappresentò, dopo la seconda guerra mondiale, con l’avvio di una nuova sperimentazione di rappresentazione di donnenude, un nudo femminile steso su di un crocifisso con una maschera antigas. Opera fotografica che porta il nome di Tommorow’s Crucifixion.

Jan Saudek

Altro fotografo che rese celebre le foto di donne nude, amava invece fotografare donne di ogni forma fisica ed età… senza distinzione alcuna.

Joel Peter Witkin

Questo fotografo rappresentava nudi femminili in atmosfera macabre.

Jeanloup Sieff

Fotografo che ha lanciato il primo profumo maschile Yves Saint Laurent aggiungendo agli scatti il nudo maschile, ma non nella forma già vista sino a quel momento, ma rappresentando l’omosessualità.

Helmut Newton

Fotografo di fama mondiale, rappresenta nelle sue fotografie le sfaccettature del mondo femminile. Per questo grande fotografo la donna è androgina e non ostenta a metterlo in risalto nei suoi scatti. Non finisce qui: su Newton dobbiamo anche dire che è stato il primo fotografo di donnenude a riuscire tramite le foto stesse e i corpi delle modelle nude a trasmettere il senso della moda senza mostrare gli abiti stessi. Un fotografo che ha rivoluzionato il mondo fotografico anche della moda.

Donnas Summer: chi era la regina della disco anni 80

Gli amanti di Donnas Summer e chi ha vissuto negli anni 80 la sua musica, senz’altro conoscono tutto della regina della disco di quel tempo, ma chi ancora non lo conoscesse e volesse saperne di più, può continuare a leggere questo articolo pieno diu curiosità sulla sua vita e i suoi riconoscimenti musicali.

Chi era Donnas Summer

E’ nata a Boston il 31 dicembre del 1948 e il suo vero nome era LaDonna Andre Gaines. Era la terza di sette figli, amante della musica e fin da piccola inizia a cantare nel coro della chiesa da quando a soli 8 anni. Nel 1968 abbandona gli Stati Uniti per trasferirsi in Germania, qui viene accolta molto bene al punto da essere scritturata per il musical Hair. Si sposa poi con Helmut Sommer austriaco conosciuto a Monaco di Baviera, da cui, dall’unione, nasce Mimi Sommer, la figlia.

Donnas Summer è deceduta il 17 Maggio del 2012 a Naples, in Florida, a causa di un cancro ai polmoni.

Donnas Summer la carriera

Riesce a diventare una star di successo europeo solo quando nel 1974 con la collaborazione di Giorgio Moroder incide il suo primo LP Lady of the Night con The Hostage. Con questo album però non raggiunge il successo negli Stati Uniti. Per raggiungere la fama anche negli USA dovrà attendere il lancio dell’album Love to Love You Baby, con la title track lunga ben 17 minuti.

Il successo mondiale arriva con l’incisione nel 1977 di I Feel Love, rimasta nella top ten per 18 settimane e quinto singolo più venduto dell’anno.

Nel 1979 vince il Grammy come miglior cantante rock donna col pezzo “Hot Stuff”. Non fu l’unico Grammy vinto, ma ne vinse ben 5 Grammy Award, 24 dischi d’oro e di platino negli Stati Uniti, 19 dischi d’argento in Gran Bretagna, 6 American Music Awards e nel 1994 Hollywood Walk of Fame.

Negli anni 80 fu poi accusata di essere omofoba e di odiare i gay, cosa non vera e per dimostrarla sostenne e appoggiò la Gay Men’s Health Crisis di Carnegie, per tutto il resto della sua vita.

Nel 1989 riprende il suo successo rientrando in classifica con “This Time I Know It’s for Real”.

Donnas Summer ha venduto cento milioni di dischi, ha duettato con nomi importanti come Andrea Bocelli, Lisa Minelli e Barbra Streisand.

Fu così famosa e popolare che le sue canzoni vennero anche ricampionate da cantanti come Madonna nel live “Futers Lovers” che scelse I Feel Love durante il Confessions Tour, o ancora da Beyonce.

L’ultimo album inciso da Donnas Summers fu Crayons nel 2008 e per ironia della sorte al suo interno si trova un pezzo dal titolo “The Queen is gone”.

I “jeans look” da avere adesso

Il jeans non conosce stagione, per questo anche in autunno un look con capi in denim è un must have che non può mancare nei nostri armadi. Ecco una selezione tutta a tema con le ultime novità del momento.

DIESEL

I capi della limited edition Red Tag x Readymade sono una giacca con colletto western, una borsa da viaggio e un cappellino da baseball, ricavati da avanzi di denim. Il tessuto vintage è stato rilavorato e riprodotto in pezzi interamente nuovi.

LEVI’S

Giacca denim chiara Trucker Jacket Levi’s, Red Tab WaterLess® e giacca Denim scura Sherpa Trucker Jacket Levi’s, Red Tab WaterLess®.

ROY ROGER’S

Il Cult Edge Pasadena è un denim stretch che presenta il tipico colore del puro indaco anni 80 con un tono molto scuro ma declinibabile in toni più chiari. La vesitibilità è regolare.

La Jacket Norway è una giacca di manifattura italiana in denim con lavaggio scuro, colletto in shearling e chiusura sul fronte con bottoni logati.

DSQUARED2

Jeans effetto delavè con logo e denim Jumpsuit con logo.

ACNE STUDIOS

Pantaloni cargo in denim lavaggio effetto marmo, con toppe stampate e applicate su tasca laterale e posteriore, e coulisse alla caviglia.

BOGGI MILANO

Il pantalone è in denim stretch, lavaggio scuro, dalla vestibilità slim con chiusura a zip e bottone e con tasche frontali diagonali. La camicia è in denim western dalla vestibilità slim fit con collo chiuso, polso singolo e con dettaglio doppie tasche frontali.

SANDRO

Jeans slim fit slavati con lavorazioni effetto strappato.

TEETOPIA

Il giubbino in jeans con scritte e patch fa parte della capsule collection “Ghiaccio” realizzata in collaborazione con la cantautrice romana Machella.

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La donna vincente di Smarteez

Si chiama SMARTEEZ la collezione di abbigliamento femminile disegnata da Marta Forghieri per Plissé e punta tutto sull’identità della sua donna, che ha la peculiarità di essere determinata e indipendente, forte e decisa.

Il focus è sempre più sul design e sulla lavorazione che donano un’allure segnata da un’elegante disinvoltura, da un atteggiamento dégagé, sempre contemporaneamente smart e glam.

Celebrando la femminilità e la libertà delle donne di oggi attraverso l’amore per la donna del passato e riprendendone la forza e la sicurezza. La collezione si ispira a due donne bellissime, famose ma soprattutto impegnate socialmente: Dora Bouchoucha Fourati e Natalja Vodjanova.

L’autunno/inverno 2020 è  quindi un trionfo di colore, dal blu al verde pavone, dal viola melanzana al giallo ocra, dal grigio perla mélange al bianco latte sino al color cipria. Tra le stampe spicca untartan “trasfigurato”. Capispalla caldi, leggerissimi e avvolgenti come una copertina, e grande profusione di gonne da giorno e da sera. Dettagli specchiati e abbondanza di zip di metallo che girano su tutta la collezione per un effetto leggermente rock.

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Tattoo d’artista con Luigi Marchini

La storia di Luigi Marchini, classe 1972, è un mix tra genuina umanità e dedizione al suo lavoro, che ama e alimenta giorno dopo giorno con la stessa passione con la quale ha iniziato, oltre trent’anni fa. Dal lavoro con il padre alle lunghe serate passate con l’ago tra le mani sin dall’età di 16 anni fino ai suoi tangibili successi, in Italia ed Europa. 

La sua grande ispirazione arriva dagli intensi ed espressivi scatti di Gian Paolo Barbieri, maestro della fotografia di moda internazionale, con “Thaiti TatoosI e II edizione”, importanti volumi che lo avvicineranno alla cultura polinesiana, che lo sorprendono così tanto da diventare uno dei simboli della sua arte, tra storia e significati legati alle origini e alle credenze del popolo. 

Oltre 40 i premi ricevuti in campo nazionale e internazionale, vinti in categorie come “best in black” e “best tribal”, alcuni orgogliosamente esposti nella sua personale zona tatto dello studio insieme ad oggetti, stampe e tracce concrete del suo affascinante percorso. Una vetrina di vita che rispecchia il suo DNA. 

Il 12,8% della popolazione italiane è tatuata, specialmente gli adulti dai 18 ai 44 anni, in linea con la media europea. Spesso si tende, per scarsa conoscenza e giudizi affrettati, a sottovalutare il tatuaggio polinesiano vedendolo come un disegno geometrico statico, “copiato e incollato” sulla pelle senza conoscerne, tradizioni, principi e valori che, seppur lontani nel tempo, vivono tutt’oggi con un’aurea dal sapore intramontabile su migliaia di corpi in tutto il mondo, al di là delle tendenze del presente. Uno stile coraggioso dai tratti spirituali, profondi, introspettivi ed eterni. 

Offrire un’esperienza unica all’insegna della professionalità. Questo l’obiettivo principale di Luigi che ci spiega quanto importante e fondamentale sia per lui “mettere a proprio agio il cliente e farlo sentire accolto al meglio instaurando con lui un rapporto”. Le linee dei suoi tribali, maniacalmente precise, catturano l’attenzione di un pubblico ben variegato, tra cui personaggi dello spettacolo, cantanti e showgirl come Paola Barale.

Il suo primo studio nel capoluogo lombardo risale al 2004, poco più di dieci anni dopo, nel 2017, nasce Hive Tattoo Art Gallery, gioiellino d’avanguardia 250mq a pochi minuti dal centro di Milano (in via Pirano n.9). Un grande progetto, realizzato in società con Andrea Lanzi. Gli spazi di Via Pirano hanno la magia di far immergere il cliente in un altro mondo. Lo studio si divide in ben otto postazioni tattoo, una zona dedicata ai piercing, una vetrina dove tutti possono vedere la maniacale cura per l’igiene e la pulizia degli strumenti di lavoro usati, un corner dedicato al merchandising e, per finire, una vera e propria Galleria d’arte contemporanea.  

Marchini, con il suo team, seleziona accuratamente proposte di artisti emergenti che vogliono esporre le proprie opere. Il risultato è la nascita di un colorato, divertente e interessante percorso espositivo. 

Amanti o meno dell’arte del tatuaggio, non vi resta che fare un salto nello studio milanese per conoscere più da vicino la storia di Luigi e la tradizione polinesiana che si respira tra colori, forme e suoni al suo interno.

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Imitatio Vitae, un omaggio a Venezia da Gucci, Marina Cicogna e da Alessandro Michele

“Nel Trecento, lettura e scrittura erano privilegio di pochi. Dimentichiamo poi fotografia, o cinema; e pensiamo piuttosto che questi artigiani potevano raccontare animali, guerrieri, dame, segni zodiacali, uomini di altre culture e religioni, ma anche ceste di fiori, frutta, verdura, lavorando semplicemente una pietra. Come non restare estasiati?”.

Con queste parole Marina Cicogna, produttrice cinematografica, fotografa e sceneggiatrice, introduce il prezioso volume ‘Imitatio Vitae’, un nuovo raffinato progetto editoriale nato dalla sensibilità per l’arte antica di Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci in tandem con Marina Cicogna.

Il libro, presentato l’altra sera alla Biblioteca Angelica di Roma a pochi passi da Piazza Navona per un pubblico di pochi intimi (Ginevra Elkann, Pierluigi Pizzi, Liliana Cavani, Franco Nero, la principessa Maria Pia Ruspoli, Francesca Lo Schiavo, Mattia Sbragia, Alessandro Michele e altri ospiti illustri), rilegato in blu e oro con sofisticate pagine in seta marezzata e in sottile carta rossa, e racchiuso in un prestigioso involucro, esplora alcuni reperti artistici di inestimabile valore scoperti dal grande costumista, regista e teatrale e scenografo Pierluigi Pizzi e che raccontano un glorioso passato, quello della Serenissima nel basso medioevo.

Realizzati da anonimi straordinari maestri, i bassorilievi dei capitelli trecenteschi, paiono sollevarsi e proiettarsi verso di noi, eternamente emozionanti, reificando un passato lontano, che appare tuttavia vivace, avvincente, minuziosamente descritto e a noi vicinissimo.

Nel libro, le foto di capitelli trecenteschi scattate anche dalla stessa Cicogna che riproducono immagini vividamente realistiche, quelli dei capitelli delle colonne del portico e del loggiato del gioiello dell’arte gotica, il Palazzo Ducale di Venezia, si alternano a commenti lasciati, come impressioni in un grande album di ricordi solitamente compilati e vergati dai turisti nei luoghi d’arte nel mondo, da grandi personaggi protagonisti dell’arte e della cultura come anche della moda e del costume e del cinema: Valentino, Lina Wertmuller, Jeremy Irons, Vanessa Redgrave, Martin Parr, Alessandro Michele, Ginevra Elkann, Rupert Everett, Giuseppe Tornatore, e molti altri illustri rappresentanti dell’arte e della cultura internazionale.

Il libro, prodotto da Gucci ed edito da Marsilio, è già disponibile nelle migliori librerie italiane, e all’estero dal 2020.

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Cinecult: Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores

Il rapporto padre-figlio, l’evoluzione di un’identità maschile ormai in crisi, la diversità e l’integrazione, e sullo sfondo una storia intensa e commovente on the road che lega e intreccia vari destini sulle note di una colonna sonora straordinaria. Tutto questo e altro ancora nell’ultimo, acclamato film di Gabriele Salvatores ‘Tutto il mio folle amore’ distribuito da O1 Distribution Rai Cinema.

Vincent (interpretato dal bravissimo Giulio Pranno, una rivelazione, per la prima volta sul grande schermo) è un ragazzo di sedici anni molto speciale, vive in una sua dimensione come in una bolla di vetro e ha dei contatti particolari con il mondo esterno a causa della sua malattia, l’autismo, da cui è affetto fin dalla nascita.

A prendersi cura di lui sono la madre Elena (una strepitosa e bellissima Valeria Golino) e Mario (Diego Abatantuono, pregnante ed efficace), facoltoso editore. Un giorno il padre Willy, cantante alla deriva senza bandiera e playboy ribattezzato ‘il Modugno della Dalmazia’ (Claudio Santamaria) che ha abbandonato moglie e figlio prima che Vincent nascesse, si presenta dalla ex moglie e decide di conoscere Vincent.

Fra i due, inseguiti da Elena e Mario nel cuore dei Balcani, nasce un’ imprevedibile intesa basata su un autentico scambio umano e una profonda condivisione. E tutti scoprono che la normalità non esiste e che, dopo aver fatto i conti con noi stessi, il cemento di tutto è l’amore.

L’odissea esistenziale dei quattro protagonisti li porta a contatto con il tema delle migrazioni e perfino i rom diventano attraenti (ma guarda un po’, con buona pace di Salvini…). Film godibile di ampio respiro valorizzato da una suggestiva fotografia e impreziosito da immagini curate meticolosamente.

Salvatores non delude e anzi si conferma con questo film, con cui torna al suo vecchio amore, il road movie, uno dei più sensibili e acuti interpreti della scena cinematografica italiana. Si ride, si riflette, ci si pone delle domande sulla vita in questo bel film tratto dal romanzo di Fulvio Ervas ‘Se ti abbraccio non aver paura’ e ispirato a una storia vera.

Una curiosità: ci fu un regista americano, Barry Levinson, che nel 1988 diresse un film, ‘Rain man’ in cui Tom Cruise portava a spasso il fratello autistico in giro per gli Stati Uniti e sullo sfondo campeggiava una allora quasi debuttante Valeria Golino che in ascensore suggellava con un bacio la sua accettazione della diversità di Raymond, interpretato dal geniale Dustin Hoffman. E qui il cerchio, cari cinefili, pare chiudersi perché la bella Valeria interpreta oggi una storia che ha degli indiscutibili punti di contatto e delle palesi analogie con il film americano.

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REAL ESTATE, TRAINING & CONSULTING

Bruno Vettore è un manager completo con competenze ed interessi che svariano dal settore immobiliare a quello della formazione commerciale, sino alla consulenza organizzativa e direzionale.

Ma come si riescono a gestire attività, impegni e relazioni in ambiti e con interlocutori diversi? Lo abbiamo chiesto al manager, a margine dell’ultima sessione formativa con oltre 100 partecipanti tenuta presso la Camera di Commercio di Salerno.

La gestione di  attività così impegnative  deve prevedere una perfetta organizzazione del lavoro ed una eccellente pianificazione del tempo. Ovviamente la passione e l’entusiasmo per tutto ciò che si fa è un ulteriore ingrediente fondamentale” afferma Vettore.

Serve essere costantemente alla ricerca di una crescita professionale e personale, a prescindere dall’età anagrafica o dall’esperienza maturata, e bisogna porsi nei confronti degli interlocutori  dimostrando grande professionalità, forte etica ed una deontologia rispettosa di aziende e persone” conclude il manager.

Prossimo appuntamento di rilievo il 16 ottobre a Milano con una SPECIAL EVENT sul tema della “Creazione e motivazione del team di lavoro”. Un appuntamento imperdibile dedicato a professionisti ed imprenditori desiderosi di migliorare le capacità di gestione delle loro squadre di lavoro.

www.bvinvest.it

www.brunovettore.it

Cinecult: Martin Eden di Pietro Marcello

Segni particolari bellissimo: ci riferiamo al film ‘Martin Eden’ diretto da Pietro Marcello distribuito da 01 Distribution Rai Cinema e interpretato da Luca Marinelli, vincitore, e a ragionissima, della coppa Volpi di Venezia 76 come migliore attore protagonista.

Il film che racconta la emancipazione grazie alla cultura di un uomo povero e umile ma molto fiero, è uno dei più belli che chi scrive abbia mai visto.

Quanto all’ottimo Marinelli, lui è uno che spacca l’obbiettivo e conquista lo schermo. Carismatico ambasciatore dell’eccellenza italiana nell’acting nel mondo, è sicuramente uno che ha la stoffa e non solo per i suoi film precedenti (non ha perso mai un colpo da ‘Tutti i santi giorni’ a ‘il padre d’Italia’ fino a ‘Lo chiamavano Jeeg Robot’) ma anche per la formidabile capacità di sviluppare un personaggio, e quello del protagonista dell’omonimo romanzo di Jack London era assolutamente stimolante e in parte anche complesso e tormentato.

Dice il regista Pietro Marcello: “Martin Eden racconta la nostra storia, la storia di chi si è formato con la cultura incontrata non in famiglia, o a scuola, ma lungo la strada; è il romanzo degli autodidatti e di chi dalla cultura in parte è rimasto deluso.

Oltre una prima lettura, però, Martin Eden non racconta solo la storia di un giovane proletario che, per amore di una ragazza altolocata, ambisce a diventare scrittore: è anche il ritratto di un artista di successo –un autoritratto a tinte fosche dello stesso Jack London – che smarrisce fatalmente il senso della propria arte”.

Il personaggio si dibatte in un dilemma pirandelliano fra forma e vita, fra il successo e la sua crisi d’identità, fra ambizioni e rimpianti, si direbbe un ‘soggetto sbarrato’ come l’uomo tratteggiato dal filosofo Jacques Lacan.

Interessante l’ambientazione: una Napoli degradata, umiliata e offesa ma orgogliosa e dignitosa alla quale è bello tornare dopo vicissitudini in mare.

Ci sono tanti buoni motivi per andare a vedere questo film: per chi ha letto il romanzo di Jack London del 1908, per chi ama i film dai grandi ideali come ‘Novecento’ (e questo film é carico di vibranti ideali), per chi ama i film storici, per chi si vuole emozionare per una storia che racconta come eravamo e come siamo tuttora, per chi ama coniugare romanticismo e lotta di classe.

Un film ambientato nel passato ma rivolto al futuro: il fulcro é un umanesimo vitalistico. L’impianto drammaturgico é molto pregevole, la fotografia curatissima, il cast del tutto interessante (ci sono Chiara Francini e Giordano Bruno Guerri accanto a Carlo Cecchi che nel film è Russ Brissenden, colui che nel film inizia Martin Eden al socialismo dal quale però il giovane scrittore prende presto le distanze) e si percepisce un certo gusto neorealista che riecheggia il Pasolini migliore (Teorema ad esempio), con uno spleen di fondo che avvolge uomini e luoghi.

La fotografia esprime un’idea di vintage, di già vissuto ma mai trito, anzi. Le immagini sembrano parzialmente sgranate come alla luce di un color seppia, ma molto attenuato. Tanti i bellissimi primi piani, il regista è un virtuoso della macchina da presa.

E dulcis in fundo, Giorgio Armani non poteva resistere a vestire questo incredibile attore, dato che a cominciare da Richard Gere ha segnato l’ascesa professionale dei più grandi attori di Hollywood. Onore al merito anche a lui per l’outfit blu e nero che Marinelli sfoggiava alla cerimonia di premiazione di Venezia 76 quando ha oltretutto dedicato il film a tutti i migranti. Anche per questo davvero un bellissimo film. Non perdetelo.

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Tastiere emoji: come scoprire la tastiera segreta su iPhone

Le emoji tanto amate dai più giovani, ma non solo… per inviare messaggi tramite gli smartphone sono divenute sempre più utilizzate come icone testuali nel comunicare qualcosa, appunto tramite messaggio, al punto che nel 2015 la Oxford Dictionaries – organismo britannico che si occupa di rintracciare l’evoluzione della lingua in ogni sua declinazione- ha eletto la faccina che piange dalla gioia la parola dell’anno.

Le tastiere emoji sono oggi utilizzate per le chat in ogni forma e permettono di comunicare anche fra persone di lingue diverse, essendo quello dei simboli un linguaggio universale, dietro cui vi è la Unicode, organizzazione no profit che si occupa proprio della codificazione del linguaggio universale, fra cui le tanto amate emoticon.

La Unicode si occupa della conversione delle faccine in numeri, gli sviluppatori devono poi decidere se utilizzare o meno quel carattere. Ad esempio quando si trovano quadrati bianchi o caratteri strani in un testo, vuol dire che le regole dell’organismo internazionale non sono state rispettate.

Il linguaggio emoticon prevede che vengano utilizzate le tastiere emoji e per chi ha un iPhone, forse non è così immediato perché si tratta una sorta di tastiera segreta.

Niente paura amici di Apple, non dovete scaricare nessun software aggiuntivo, nè installare App a pagamento, ma solo sbloccare la keyboard e avere così a disposizione oltre 100 emoticon, cosiddette segrete, visibili subito sulla tastiera emoji e inviare il vostro messaggio tramite chat in pochi secondi.

Se non sapete come fare ve lo spieghiamo subito, è semplice e non richiede dimestichezza particolare dell’iPhone e una volta attivata la tastiera segreta sarà sempre a vostra disposizione quando comporrete un nuovo messaggio, non servirà attivarla ogni volta.

Ora vi spieghiamo come scoprire la tastiera segreta di emoticon su iPhone.

Come scoprire la tastiera segreta su iPhone

Prendete il vostro iPhone e aprite le impostazioni generali, ora cliccate dove indica tastiera, a seguire cliccate su tastiere.

Dovete ora aggiungerne una nuova e scegliere la Kana, quella giapponese.

Il gioco è fatto: ora se andrete a scrivere un messaggio, non dovrete fare altre che scorrere le tastiere a disposizione, tramite il tasto a forma di globo, e quando vedrete gli ideogrammi giapponesi, cliccate sull’icona a forma di faccina ecco che le tastiere emoji sono li a vostra disposizione con centinai di emoticon fantastiche con cui sbizzarrirvi per mandare messaggi ai vostri amici o alla vostra fidanzata/o.

Eugenio Franceschini, acqua e sapone

E’ da poco diventato padre di Argo al quale dedica tutte le sue più amorevoli cure. Questo per sottolineare che Eugenio Franceschini, veronese, classe 1991, segno zodiacale Vergine, è un uomo semplice dall’animo gentile e pieno di talento, che non si prende troppo sul serio.

Equilibrato, cordiale ma timido, è figlio d’arte: suo padre é l’attore Gianni Franceschini che gli ha trasmesso la passione per il teatro dove ha anche recitato nel 2015 accanto a Leo Gullotta in ‘Prima del silenzio’, dramma di Giuseppe Patroni Griffi con un’elegiaca storia romantica a sfondo queer che è stata anche la sua prova attoriale più dura, come ci rivela lui.

Appassionato di rugby che pratica con gli amici, Eugenio ha vinto il nastro d’argento nel 2018 per tre sue interpretazioni, e per un artista della sua età non è poco.

L’attore, che ricordiamo soprattutto per ‘Una famiglia perfetta’, ‘Fango e gloria la grande guerra’ e ‘Una vita spericolata’, è attualmente sul piccolo schermo con la fiction ‘La strada di casa 2’ prodotta da Luca Barbareschi per Rai Fiction in cui Eugenio si cala nel ruolo avventuroso di Lorenzo Morra, fratello di Fausto, interpretato da Alessio Boni e affiancato nel cast da Sergio Rubini e Lucrezia Lante della Rovere.

La serie televisiva per la regia di Riccardo Donna ruota intorno alla cascina Morra di Torino avvolta in un fitto mistero. Ce ne parla Eugenio Franceschini in questa intervista.

Come si evolve il personaggio di Lorenzo dalla prima stagione della fiction a oggi?

Premesso che avevo già lavorato con Alessio Boni in ‘Maldamore’ prima di approdare a questa serie di successo, trovo che stavolta nella seconda stagione il plot sia più stimolante e i personaggi, soprattutto il mio, sono più definiti, più strutturati anche sul piano drammaturgico.

Tutto è più realistico e Lorenzo ha un ruolo più sfaccettato che lo porterà a Praga. Ma non vi svelo troppo. Lorenzo ha perso la sua ragazza sull’altare, la sua amata è sparita nel nulla e il mio personaggio tende un po’ a trainare la storia.

Che ne pensi delle nuove opportunità espressive offerte da Netflix?

Lo trovo stimolante, dipende dal ruolo ma mi piacerebbe lavorare con una produzione Netflix. Rispetto alla televisione (che ha dato anche il successo a Eugenio Franceschini: ‘i Medici’ e ‘Grand Hotel’ sono le serie in cui ha avuto maggior risalto n.d.r.) Netflix richiede tempistiche più accettabili.

Se per esempio al cinema in un giorno giri due scene al massimo, mentre in televisione ne puoi realizzare almeno sette, Netflix è un buon compromesso fra queste due prospettive, fra cinema e piccolo schermo. Comunque devo ammettere che anche la televisione dà un’ottima visibilità e lo conferma la mia partecipazione a ‘La strada di casa 2’.

Che differenza intercorre per te fra cinema e teatro?

Il cinema è magia, il teatro è come un concerto live. Il teatro è più prevedibile, si tratta spesso di ripetere lo stesso copione ogni sera, la messinscena teatrale presuppone un pubblico ‘vivo’.

Prima hai proposto la similitudine del concerto live. Che ne pensi della musica?

Mi piace molto, la seguo, in famiglia siamo tutti un po’ con il pallino per la musica, non a caso i miei cugini fanno musica anche loro.

Parlaci del tuo guardaroba. Com’è Eugenio Franceschini allo specchio?

Diciamo che non ho grande interesse per la moda, quando devo calcare un red carpet mi metto in smoking e mi piace ma in generale non sono un tipo glamour. Il mio guardaroba si compone di indumenti basic: una maglia, una giacca classica, niente di eccentrico.

Sicuramente la presenza non ti manca. Quanto ti ha aiutato nella tua carriera?

La bellezza è perfettibile e può decretare il successo di un artista come me ma dipende sempre dal percorso che intraprendi. Marlon Brando era famoso per la sua bellezza imperfetta e lui citava sempre un macchinista che dietro le quinte di ‘Un tram chiamato desiderio’ gli aveva sferrato un pugno sul naso perchè senza quel pugno probabilmente non sarebbe stato il divo che è stato in effetti.

Su Instagram e in alcuni tuoi film sei apparso anche nudo. Ti sei sentito a tuo agio recitando senza veli?

Non fa molta differenza per me. Certo, quando ero nudo sotto la doccia sul palco accanto a Leo Gullotta in ‘Prima del silenzio’ un po’ di imbarazzo l’ho provato ma poi svanisce. Vedi, io quando ero più giovane svelavo il lato B in modo goliardico come si fa con gli amici per tifoseria. In generale non sono un esibizionista ma sono a mio agio con il mio corpo.

I prossimi progetti?

Ho appena fatto un provino con un famoso regista ma non chiedermi di più. Girerò ‘Nero a metà’ con Marco Pontecorvo come regista e nel cast c’è Claudio Amendola. Il mio sogno è realizzare uno spettacolo teatrale partendo dal testo di ‘Film d’amore e d’anarchia’ di Lina Wertmuller che amo molto.

Adoro il cinema politico e di denuncia sociale, quello tosto e impegnato, il mio film preferito è ‘La classe operaia va in paradiso’ di Elio Petri. I miei cineasti del cuore sono Marco Tullio Giordana, Paolo Virzì e Matteo Garrone. Ma amo molto anche Wes Anderson e Alice Rohrwacher per i loro mondi favolistici, di reverie.

Che ne pensi dei social e degli influencer?

Tutto sta in come gestisci la tua immagine. Non ho una vera e propria opinione al riguardo. Uso i social per il mio lavoro ma non sono un fanatico di Instagram. Gli influencer sono delle figure di marketing, ognuno vende la sua immagine come meglio crede.

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Pelle grassa maschile, come curarla

La pelle grassa nell’uomo presenta senza dubbio indizi molto riconoscibili a partire dal colorito che risulta spento, l’aspetto è molto spesso lucido e untuoso e infine la presenza evidente di inestetismi. I più giovani poi, aggiungano anche acne o antiestetici foruncoli. Come intervenire? Fondamentale una buona detersione ma anche ripristinare la capacità rigenerativa della nostra pelle tramite l’uso di prodotti specifici.

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Dalla texture nera fondente, permette un’efficace detersione del viso e la rimozione dei residui di make up. Perfetto per purificare le pelli miste e impure, pratico da utilizzare e poco schiumogeno, lascia la pelle piacevolmente morbida ed è adatto anche alle pelli sensibili.

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Trattamento “3 in 1” che favorisce l’eliminazione delle imperfezioni (brufoli, punti neri, eccesso di sebo) e lascia la pelle opacizzata. Leggera e non grassa, si assorbe facilmente.

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Fluido idratante per il viso, dalla texture ultra-leggera. Contiene Aerolite™ che, grazie alla sua avanzata tecnologia, aiuta istantaneamente ad assorbire il sebo in eccesso e a bilanciare la sudorazione cutanea. Regala alla pelle un aspetto mat, libera dall’effetto lucid per 24 ore. La pelle è opacizzata all’istante, mentre nel tempo il prodotto svolge un’efficace azione sebo-equilibrante.

Collistar Idratante Viso Opacizza&Purifica

Formula viso multifunzione che all’istante opacizza e protegge, mentre nel tempo svolge un’efficace azione sebo-equilibrante. Contiene il complesso Mat-Perfect Men Collistar®,associato a VitamineFe B6 normalizzanti e protettive, Acido Ialuronico idratante, Vitamina E anti-radicali liberi e polveri ultra-micronizzate, che assorbono l’eccesso di sebo per un immediato effetto anti-lucido.

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Con l’ultima innovazione di FOREO LUNA 3, questa spazzola per la pulizia viso rimuove fino al 99,5% di sporco e sebo prevenendo l’accumulo di batteri e fornendo risultati visibili in pochi minuti: pelle sana e più luminosa.

Ren Clarimatte™ T-Zone Control Cleansing Gel

Equilibra la produzione di sebo, purifica e limita gli sfoghi e arrossamenti, soprattutto nella zona T. L’olio essenziale di cipresso è utile a lenire e calmare, l’estratto di salice invece serve a minimizzare l’aspetto dei pori.

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5 quartieri hipster a Milano

Chi l’ha detto che essere una delle maggiori capitali della moda al mondo debba fare necessariamente a pugni con uno stile di vita più alternativo o addirittura hipster? Milano, la città fiore all’occhiello del nostro Paese, è una metropoli piena di sfaccettature. HomeToGo, il più grande meta-motore di ricerca per case e appartamenti vacanza, ha analizzato quali sono le zone più hipster della città meneghina e noi siamo andati a scoprirle dal vivo.

È ormai almeno un decennio che la capitale economica del nostro Paese è in continua ascesa nonché in un processo di inarrestabile evoluzione: la vocazione della Milano odierna sta nel reinventare zone urbane in passato simbolo finanche di degrado, trasformandole, al contrario, in aree attrattive di aggregazione sociale con bar, negozi, ristoranti, cinema d’essay e centri yoga e sportivi. A ciò si aggiunge l’attitudine alla contaminazione di zone storicamente appartenenti alla Milano bene tramite un deciso tocco alternativo e, a tratti, anticonformista.

In cima alla classifica vi è sicuramente Porta Venezia, la zona più LGBT-friendly di Milano (con tanto di bandiera arcobaleno nella metro a sottolinearlo). Porta Ticinese, guadagna il secondo posto, e si distingue per i suoi celebri negozi di dischi.

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Motion Blur Milan tram Street at Night

Un gradino più in basso troviamo Isola, che da area periferica è sbocciata in tutto e per tutto, confermandosi un punto di riferimento assoluto per il panorama hipster milanese. Questo quartiere, che comprende anche la zona Garibaldi e Paolo Sarpi, si distingue in particolare per brunch, aperitivi e scuole di yoga.

Porta Genova si piazza al quarto posto con un punteggio particolarmente alto per quanto riguarda i negozi di tatuaggi mentre, a pochissimi punti di distanza e in quinta posizione troviamo NoLo ( North of Loreto). Sulla scia di Isola anche questa zona, un tempo periferia, è sempre più attrattiva in particolar modo per i più giovani, mentre Milano Ovest continua ad avere tratti più residenziali.

Anche qui troviamo diversi centri yoga e negozi di tatuaggi degni di nota, a corredo di una zona che sta vivendo una vera e propria rinascita.

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(c)GettyImages/HomeToGo

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Cinecult: Joker di Todd Phillips

Una risata vi seppellirà. Dopo ‘IT’e ‘IT 2’ e il Joker di Tim Burton interpretato da Jack Nicholson in ‘Batman’, arriva sugli schermi italiani il nuovo attesissimo, irriverente, visionario capitolo dedicato a uno dei più grandi cattivi della DC comics che esplora il lato dark dell’umorismo e della comicità analizzando l’efferatezza metaforica del pagliaccio nella società postmoderna.

Leone d’oro alla mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 76, ‘Joker’ di Todd Phillips e distribuito da Warner Bros.Pictures viene da molti considerato il film dell’anno.

Film complesso, inquietante e alquanto cupo, ma destinato a lasciare il segno nello spettatore, è un’opera di indubbio spessore e valore artistico incentrata su un’acuta e graffiante critica sociale dove la struggle class si intreccia inestricabilmente con la visione cruda e surreale del perfido Joker, antieroe beffardo e disadattato con gravi alterazioni psichiche che combatte quotidianamente contro la barbarie e l’inciviltà di una società in disfacimento che condanna l’individualità e la diversità.

Joaquin Phoenix, candidato per tre volte all’Oscar, stavolta potrebbe vincerlo davvero con un’interpretazione straordinaria, magnetica e coinvolgente. L’attore dimostra di essersi calato magnificamente nel personaggio e di viverlo come se fosse un suo gemello.

Nel film Phoenix è Arthur Fleck. Arthur indossa due maschere. Una se la dipinge per svolgere il suo lavoro come pagliaccio durante il giorno. L’altra non se la può mai togliere: è la maschera che mostra nell’inutile tentativo di sentirsi parte del mondo che lo circonda, che nasconde l’uomo incompreso che la vita sta ripetutamente abbattendo.

Senza un padre, Arthur ha una madre fragile, Penny Fleck (la brava Frances Conroy) probabilmente la sua migliore amica, che lo ha soprannominato ‘Felice’, un appellativo che ha generato in Arthur un sorriso che nasconde una profonda angoscia interiore. Il tutto sullo sfondo una città brulicante e ostile, degna della New York anni’70 di Scorsese in ‘Taxi driver’.

La Gotham City rappresentata nel film potrebbe essere una qualunque metropoli decadente di oggi: afflitta dal problema della mancanza di igiene e dello smaltimento dell’immondizia, attanagliata dalla piaga della disoccupazione, una città in ginocchio sull’orlo del baratro in cui divampa la rabbia sociale a causa della esponenziale proletarizzazione del ceto medio.

Un tycoon candidato sindaco, Thomas Wayne (il padre di batman) che definisce ‘pagliacci’ i suoi concittadini meno fortunati fomentando un clima di tensione e l’odio e Joker, letteralmente il buffone, che diventa il simbolo della ribellione contro la tirannide del privilegio.

Gli spunti di critica sociale disseminati nel film vengono sublimati dalla definizione del personaggio, con una grande ricchezza di introspezione psicologica laddove il disagio psichico del protagonista che ride e fa ridere ma non certo per allegria, si riverbera esteriorizzata nella sua struttura fisica quasi deforme, in perfetto stile Egon Schiele: la sua risata è il frutto di una patologia neuro-cerebrale che in presenza di un forte choc emotivo viene fuori irritando le persone adulte ma suscitando l’ilarità dei bambini.

Bullizzato, pestato, emarginato da tutti per la sua innata stranezza, umiliato e offeso da un sistema spietato, cinico e plutocratico e cinico, Arthur Fleck saprà prendersi la sua rivincita in uno storytelling serrato e vibrante.

Accanto a Phoenix giganteggia Robert De Niro, rutilante e pieno di verve, lui il vero comico amato dall’establishment, il conduttore televisivo Murray Franklin che in una scenografia che rifà il verso allo studio del celeberrimo ‘Johnny Carson Show’ mette in scena il dramma di una comicità dal risvolto patetico un po’ come in ‘re per una notte’.

La costruzione del personaggio Joker è affidata non solo al talento recitativo di Phoenix (che peraltro a Toronto si è aggiudicato già il ‘tribute actor award’) ma anche all’abilità del costumista Mark Bridge che ha lavorato molto bene in passato con Phoenix in altri due film.

Arthur punta più alla praticità che allo stile. Veste capi comodi, e si vede che li ha da molto tempo, inoltre ha un vago aspetto infantile, alternato a quello di una persona anziana. Il completo ruggine che costituisce nella sceneggiatura la ‘divisa’ di Joker è stato studiato con proporzioni vagamente anni settanta calibratissime, con un notevole accordo di colori rispetto al gilet (giallo) e alla camicia.

Onore al merito alla truccatrice Nicki Lederman che ha realizzato esasperandolo il make-up di Joker utilizzando a piene mani il verde e il rosso della maschera del clown.

In copertina: Ph: Niko Tavernise – Copyright © 2019 Warner Bros.Entertainment Inc. All Rights Reserved © DC Comics

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Le sneakers da avere questo autunno

Non ne abbiamo mai abbastanza e da quando sono state sdoganate anche in ufficio, da indossare con il completo al posto delle classiche stringate, le sneakers le indosseremmo ovunque, forse anche per andare a letto! Sì, perché siamo ormai tutti degli sneakers-freak, pronti ad innamorarci di un nuovo modello, di un colore inaspettato, di un mix and match di tessuti all’avanguardia. Per questo ci fa piacere condividere con voi una piccola ricerca di quelli che sono i modelli che più ci sono piaciuti in questo inizio di autunno. Una sneaker tira l’altra!

SAUCONY 

Lanciato nel 1988 e diventato subito leggenda, il modello Throwback con Azura è oggi l’essenza della leggerezza e della tecnologia. La lineup di Saucony Originals si arricchisce di due nuove colorway per il modello Azura, il must have del momento in tutto il mondo Originals.

PREMIATA

Drake, il nuovo modello della linea Sizey è un modello esclusivo che traccia un nuovo orizzonte nel mondo delle chunky sneaker. Una scarpa sofisticata e, grazie ad una produzione di alta gamma, estremamente leggera, presentata in quattro modelli per genere, in otto differenti make-up, dal total white al glitter e al laminato.

SANTONI

Sneaker bassa total white realizzata in morbida pelle bianca con suola in gomma dal profilo a cassetta. Il design destrutturato e flessibile rifinito con cuciture a vista sulla tomaia e lacci in tessuto tono su tono, rendono questo modello moderno e versatile. Un’eleganza classica dal carattere casual chic.

GUCCI 

Caratterizzata da un mix di pelli e materiali diversi, modello Ultrapace si ispira alla classica scarpa da corsa. Inoltre, elementi distintivi della Maison, come il ricamo Gucci, l’etichetta con logo vintage e il dettaglio GG in gomma, completano il modello. 

MARNI

Un’originale silhouette la cui forma accentuata evoca una banana ispirata alla Pop Art. Ancora una volta, Marni reinterpreta gli archetipi, combinando una struttura in maglia tecnica stretch dal design minimalista con una distintiva suola amplificata che offre comfort.

PRADA

Le Cloudbust Thunder, iconica silhouette delle sneakers Cloudbust, evolvono verso volumi più complessi, grazie a una tecnica esclusiva e a un design esplosivo. Si caratterizzano dal contrasto tra il finish opaco e lucido dei vari elementi che le compongono.

PUMA 

Progettate per resistere alle condizioni più impegnative, le Trailfox Overlandoffrono al contempo comfort e stabilità per il trail running,  rinnovando il loro aspetto con una nuova tomaia in tessuto con occhielli rinforzati in nabuk, dettagli blu in rete per ottimizzare la traspirabilità, la suola antiscivolo in gomma, l’intersuola ammortizzata in EVA a compressione e il sistema di allacciatura cord lock lacing system, ispirata dal trail running per una calzata ottimale. 

CONVERSE X PIGALLE

La Converse Chuck 70 è disponibile in due colorazioni: una gioca sulla classica gamma di tonalità e l’altra ha i colori in gradiente. Entrambe sono realizzate con la tecnica della pellicola TPU applicata alla tela, un elemento di design che conferisce alle scarpe un mix di futurismo tecnologico e stile classico. 

FILA

Il modello V94M d’ispirazione chunky sneakers è realizzato in camoscio con inserti in mesh e pelle a contrasto di colore. Sono leggere e flessibili con suola in gomma, l’ideale per un look sporty-chic.

SANDRO

Le sneakers ATOMIC ton sur ton in pelle sono realizzate in camoscio e rete, con suola spessa e logo stampato sulla linguetta.

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SEMIR x Dumpty: intervista a Yang Zhu

Durante la Milano Fashion Week siamo stati invitati alla sfilata di SEMIR x Dumpty, che hanno portato sul palcoscenico mondiale pensiero e attitudine della giovane Generazione Z cinese.

SEMIR ha inoltre intrapreso una collaborazione con il principale salone europeo di moda, WHITE MILANO, che da anni promuove internazionalmente i migliori designer e brand del segmento fashion. Abbiamo intervistato il loro E-Commerce Marketing Director, Yang Zhu.

Siete a Milano per la prima volta, come mai avete scelto questa fashion week per mostrare i vostri progetti?

La fashion week è un evento molto importante per SEMIR perché vogliamo essere un brand internazionale, infatti nelle scorse settimane abbiamo sfilato anche a New York e Londra. Lo facciamo per essere presenti con le nostre collezioni e come brand, e anche perché sfilare a Milano è sempre stato un nostro sogno oltre che un obiettivo, nonostante non sia facile arrivarci.

Abbiamo lavorato molto duramente affinché questo sogno si realizzasse, anche perché ci sono molti altri brand di lusso che presentano le proprie collezioni durante la Milano Fashion Week. Per questo motivo, per noi è un onore e un motivo di orgoglio avere uno spazio durante questa settimana.

Come avete conosciuto White?

Anche nel mercato cinese White è abbastanza conosciuto, quindi molti brand e designer lavorano per trovare delle opportunità attraverso di loro. Inoltre, White ha da tempo diversi agganci in Cina, quindi sappiamo che sono una piattaforma molto forte con cui collaborare e siamo lieti di essere aiutati da loro e di poterci lavorare.

Quali sono le principali caratteristiche di un e-commerce cinese?

Penso che la cosa più importante sia la convenienza, infatti è molto conveniente per i consumatori cinesi acquistare online e soprattutto è diventato parte della routine di tutti, specialmente di quella della generazione più giovane. Un altro fattore importante è il fatto che si debba avere un uso smart degli e-commerce, anche perché acquistare tramite i social media è normale per i giovani cinesi.

Non è una questione che riguarda solo il negozio, ma anche lo stile di vita che ci gira intorno. La nostra compagnia presta molta attenzione alle nuove generazioni per offrire loro il servizio migliore in maniera conveniente.

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Consigli di viaggio dagli influencer: Francesco Costagliola

Con Instagram è nato un nuovo modo di viaggiare, soprattutto per gli influencer. Ci ospitano in alberghi favolosi nelle città più belle, facciamo viaggi stimolanti e li condividiamo con tutti i nostri follower. Una delle mie città preferite è New York. La sua magia e l’energia, del resto la grande mela non dorme mai ed io con lei. Grattacieli, street food, shopping, storia, tutto in un’unica città talmente grande da restar senza fiato. Arrivare in un luogo con tutto questo carattere mi permette di coltivare anche un’altra mia passione: il vintage. Capi ricercati in particolar modo quelli militari che raccontano un passato dal fascino senza tempo. Daves New York ad esempio, è il mio negozio vintage preferito.

A volte però, viaggiare significa anche rilassarsi. Se penso alla calma ed alla pace non posso che  citare Panarea. Niente auto, solo natura e aperitivi su mare come all’Hotel Raya. Un angolo di paradiso a pochi passi da noi. Con il mare però il ricordo va anche alla fantastica Formentera. Un’acqua da cartolina e delle spiaggie incantevoli. Qui il glamour incontra la natura e la sposa benissimo. In ultima ma non ultima c’è Aix En Provence. Tutta l’eleganza della Provenza racchiusa in un’unica cittadina. Negozietti vintage, ristoranti dal sapore retró, stradine piene di storia. Se quando viaggiate non riuscite a separarvi dalla pasta, proprio ad Aix vi consiglio assolutamente Pietro e co.


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Diego Maradona di Asif Kapadia

Si chiude oggi Milano CalcioCity, il primo evento nazionale dedicato al racconto e al giocodelcalcio. Tra le storie che riguardano il nostro sport nazionale, proprio ieri si è discusso il film documentario del grande Diego Maradona, in un incontro tenuto da Pierluigi Pardo in cui sono intervenuti Ciro Ferrara, Massimo Mauro, Anna Maria Di Luca e Marco Bellinazzo. Proprio Ferrara e Massimo Mauro hanno giocato nel Napoli con una delle icone del calcio.

DIEGO MARADONA di Asif Kapadia, che nel 2016 con Amy, il documentario su Amy Winehouse, si è aggiudicato il Premio Oscar® per il miglior documentario, è stato distribuito nei cinema italiani solo il 23, 24, 25 settembre da Nexo Digital e Leone Film Group con la collaborazione dei media partner Radio DEEJAY, MYmovies.it, Corriere dello Sport e Tuttosport, Rockol.it.

Il film narra la storia di uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi. DIEGO MARADONA è la storia di un ragazzino povero e senza istruzione cresciuto in una baraccopoli: la sua sorprendente eccellenza lo fa diventare una stella assoluta, elargendogli ricchezze incalcolabili, fama mondiale e status degno di una divinità. Tuttavia, gli mancano gli strumenti per gestire una celebrità simile. Ogni trionfo della sua vita sembra avere un esito disastroso – anche se di solito finisce per uscirne vincitore perché, come fa notare Kapadia: “È così sveglio e scaltro. Non importa quante volte fallisce, si rialza sempre e va avanti. Com’è possibile che una persona con le sue origini passi tutto quello che ha passato lui senza risentirne?”. Anche se Maradona subisce una serie di sconfitte, continua a combattere. “È un vero lottatore” prosegue Kapadia “e la sua è una storia che morivo dalla voglia di raccontare”. Diego Maradona è un’icona, un eroe latino, un uomo di cui moltissimi suoi compatrioti sono terribilmente orgogliosi. Affronta giganti europei, rovesciando potenze come la Juventus, il Milan e l’Inter con la sua eccellenza sportiva. A Napoli diventa simile a un semidio. “Eppure in qualche modo non riesce mai ad integrarsi del tutto”, dice Kapadia. “Ha tanta rabbia che si porta dentro e tutti i suoi problemi e le sue difficoltà derivano, credo, dal suo non essere preparato alla celebrità”.

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Sfilate co-ed: il new mainstream fashion

Sarà perché viviamo nell’era del genderless, sarà perché una sfilata di capi maschili e femminili assemblati insieme propone una visione efficace e sintetica del mood di un brand, sarà anche che un’unica sfilata ottimizza i budget (diciamolo), ma tant’é. Le sfilate di menswear e moda femminile presentate insieme e viste all’ultima fashion week di Milano Moda Donna per la primavera-estate 2020, erano non poche.

Una delle più belle è stata N°21 disegnata dal formidabile Alessandro Dell’Acqua che ha proposto una nuova sensualità introspettiva molto interessante, ricca di stampe floreali minute e raffinate, di tagli romantici e languidamente erotici, un erotismo di lusso soffuso di una nuova consapevolezza che supera e rompe gli schemi borghesi e un po’ azzimati del neopuritanesimo imperante. Non c’è nessuno meglio del direttore artistico della maison Rochas e pioniere dell’estetica anni’90 che possa descrivere e commentare una collezione vincente.

“La prima ispirazione è un senso di erotismo che si emancipa dalle espressioni esclusivamente sessuali e diventa un mezzo per parlare con il corpo. Ed ecco anche perché ho disegnato degli abiti uguali per la donna e per l’uomo, senza cadere nella trappola del no-gender ma facendo incontrare i due generi –femminile e maschile -nell’intreccio continuo delle referenze delle linee, dei volumi e dei tessuti. Questo mi permette anche di esprimere un punto di vista disruptive che è quindi contrario al perbenismo e al moralismo che in questi anni stanno imponendo troppe regole alla vita delle persone e di conseguenza alla moda».

Onore al merito a Dell’Acqua, più che un creativo un libero pensatore. Il risultato? Capi raffinati con scolli imprevedibili e per uomo bermuda e scarpe solide, camicie che scivolano sul corpo atletico o efebico (fate voi) mentre le maniche delle giacche si aprono, i top agiscono come tele morfing sul busto attraverso un sistema di abbottonature, l’abito in chiffon perde le maniche e diventa una sottoveste. E poi i fiocchi svuotati si fissano per costruire abiti trasparenti mentre altri si appiattiscono su baby abiti in tela come fettucce di passamaneria, le gonne plissé sono metà in pelle e metà in chiffon (viene in mente una moderna Emmanuelle o una Anais Nin con un giovane amante).

Una bella prova grazie soprattutto a una crestomazia di capi componibili e scomponibili. Belli anche gli accessori, scarpe con il tacco alto ma sagomato e quindi non scomodo, e borse con logo dorato. E a proposito di accessori, interessanti e sfiziosi sono quelli di Bottega Veneta che ha sgominato la hit-parade delle vendite di scarpe e soprattutto borse, must-have del brand di Kering che è entrato a gamba tesa in Rinascente durante la fashion week con una serie di maxi vetrine dedicate.

Daniel Lee che ha affermato: “La collezione Spring 2020 sviluppa i codici che stiamo definendo per Bottega Veneta. Siamo concentrati sul processo e la chiarezza; un approccio immediato e diretto”, ha assunto da qualche stagione la carica di direttore creativo della maison di pelletteria e di ready-to-wear e che ha debuttato con il lancio della chocolate bag (a nostro avviso una versione tridimensionale della knotbag di Tomas Maier predecessore di Daniel Lee) inaugurando chez Bottega un filone che strizza l’occhio a forme funny e paffute, con volumi interessanti e forme accattivanti, spesso geometriche e in colori di punta come il verde lime.

Nella palette di cui si accendono i bei capi in pelle dai tagli magistrali sia per lui che per lui e le borse che rileggono la knot segnaliamo l’arancio brillante e il giallo sole che si alternano al color moka e al nero carbone. Molto basic ma sexy gli abiti sensuali neri o in metal mesh che con i loro scolli provocanti e i cut-out inaspettati occhieggiano agli early nineties e ai late eighties. Bellissimi gli spolverini in nappa morbidissima con il punto vita sottolineato da eleganti impunture da portare con i bermuda confortevoli assortiti a lunghi calzini sulle gambe nude, le forme delle giacche maschili hanno spalle leggermente spioventi, molto anni ’80 e acquistano carattere grazie al colore.

Le scarpe avvolgono il piede come un morbido abbraccio, i sandali per lei sono ricamate di sfavillanti specchietti, oppure sono delicate mules con un tacco moderato. Il classicismo si contrappone al modernismo con tecniche raffinate: nodo, intreccio e maglia. I materiali sono declinati nella loro forma più pura: legno, oro, lacca, pietra, pelle, cotone e il corpo. Un neo minimalismo prezioso e di gran lusso che è la nuova frontiera dell’aspirazionalità sia per lui che per lei. Un’altra fautrice della formula co-ed è sicuramente Angela Missoni che tratteggia un’estate fra glamour hippy e playboy rutilanti con giacche tuxedo ricamatissime come tempestate da un diluvio di diamanti, pensate forse per party faraonici al Billionnaire o su qualche spiaggia esclusiva e super élitaria.

Non mancano le belle camicie stampate molto desiderabili per un maschio un po’ peacock che sa osare con buonsenso, e poi outfit maschili dégradé che evocano le tinte del bel mare cristallino della Sardegna, completi gessati da assortire a camicie squillanti e foulard alla Gigirizzi. I colori dell’uomo Missoni? Tutte le sfumature del blu. E se vi pare poco guardate le immagini.

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Green Carpet Fashion Awards 2019: la terza edizione

Camera Nazionale della Moda ed Eco-Age portano la sostenibilità al centro del sistema moda.

Gli Oscar della moda sostenibile chiudono la Milano Fashion Week di settembre con un evento ideato e patrocinato da Camera Nazionale della Moda Italiana che per il terzo anno celebra l’impegno verso la sostenibilità delle case di moda che lavorano per abbracciare un rapido cambiamento, preservando il patrimonio e l’autenticità dei produttori su piccola scala. Insieme a Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana e Livia Firth, direttore creativo e co-fondatore di Eco-Age accelerator di progetti green, molti altri partner come il Comune di Milano, l’Ice, Instagram, Woolmark e Vestiaire Collective. 

Per la seconda volta è stato chiamato come Direttore Creativo Hamish Bowles, International Editor At Large di Vogue America, che quest’anno, ha ideato un concept ispirato alla visione di Leonardo da Vinci (nel cinquecentesimo anniversario della sua morte), genio poliedrico i cui talenti spaziano dall’arte alla scienza, con una fascinazione speciale per la natura. Piazza Della Scala che ospita proprio la statua di Da Vinci,  si è trasformata in un giardino appositamente ricreato seguendo i disegni botanici dello stesso Leonardo e dalle sue vigne.

Anche il red carpet che ha caratterizzato la piazza era green, di colore e di fatto perché realizzato in plastica riciclata da Aquafil, cosí come il premio vero e proprio, forgiato in oro etico certificato da Chopard.

Durante l’evento non sono mancate le nuove icone della moda come il modello Adut Akech e Jon Kortajarena, oltre ad essere i presentatori della serata.

Un premio speciale intolato Legacy Award è stato consegnato a Valentino Garavani dalla magnifica Sofia Loren, per l’alto valore dei suoi capi che non finiscono mai di vivere, abiti senza tempo ed emblema di artigianalità. Stella McCartney invece, ha portato a casa The Groundbreaker Award condividendolo con i suoi collaboratori. 

Ad aggiudicarsi il Cnmi Award in Recognition of Sustainability sono state due iconiche aziende italiane, Max Mara e Zegna, con il numero uno Gildo Zegna accompagnato dal direttore creativo Alessandro Sartori.

Premiata anche l’Associazione dei Gondolieri Venezia con i suoi 433 gondolieri con l’Eco Stewardship Award.

Nella serata infine è stata proclamata Flavia La Rocca come vincitrice della Talent Competition tra una rosa di dieci finalisti emergenti da tutto il mondo.

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AM318 lancia la sua prima collaborazione con Efisio Rocco Marras

La prima collaborazione tra AM318 ed Efisio Rocco Marras nasce come una collezione genderless, pensata per la prossima stagione primaverile. L’ispirazione è quella del mondo street degli anni 90 in cui il gusto tipico delle metropoli, crocevia di riferimenti punk e trash, incontra il mood pulito del mondo marine.

I capi prendono spunto dall’heritage senza però rinunciare ad un gusto più contemporaneo con uno studio di volumi che si ampliano su proposte pop dai colori brillanti. Dalle felpe con bande a contrasto alle t-shirt con patchwork tridimensionali, dai pantaloni cargo voluminosi ai denim declinati in tutti i colori della palette e i joggers per completare la proposta. I colori sono ben definiti per ogni total look: il rosso corallo si mischia al rosa confetto, il navy al grigio melange con contrasti definiti da bande color blocking bianche e blu.

Completano l’offerta due nuovi modelli di sneaker fashion che si aggiungono alle Arrow e alle Dart, proposte nelle collezioni precedenti. Le Rookie in perfetto stile skater e la Wave più chunky e grintosa. Patch in gomma e applicazioni bicolore sono i dettagli principali che definiscono la collezione evidenziando il fregio del logo in rilievo. La distribuzione internazionale della capsule è affidata a Spazio38 Showroom nella sede milanese e nel loro showroom di Parigi durante la Fashion Week.

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Cinecult: Rambo Last Blood di Adrian Grunberg

Oggi siamo tutti un po’ dei combattenti e la vita quotidiana è la nostra trincea. Se non ne siete convinti chiedete lumi a Sylvester Stallone, l’action hero americano per antonomasia che ora torna al cinema con l’ultimo capitolo della saga legata a John Rambo, protagonista del romanzo di David Morrell ‘Primo sangue’ pubblicato nel 1972. Il film ‘Rambo Last blood’ diretto da Adrian Grunberg, distribuito da Notorious Pictures e interpretato da Sylvester Stallone (nel ruolo del veterano di guerra reduce dal Vietnam John Rambo approdato sul grande schermo per la prima volta nel 1982) mostra un Rambo inedito, guerriero ferito ma anche molto legato ai suoi affetti familiari.

Il plot, che è stato sceneggiato peraltro anche da Stallone, riprende la storia dal film precedente della serie in cui Rambo-Stallone (difficile ormai separarli) torna negli States nella sua fattoria in Arizona (in realtà il paesaggio è quello di Tenerife, nelle isole Canarie e il set della pellicola è anche la Bulgaria) e cresce come una vera figlia la piccola Gabriela (Yvette Monreal) molto amata anche dalla nonna che vive con lei (e Rambo), la passionale Maria interpretata da Adriana Barraza.

Ora l’eroe americano ad alto tasso di testosterone che sembrava aver trovato la pace nel suo ranch con bunker annesso-ma in realtà non ha mai tregua- deve affrontare la pericolosa minaccia di un cartello messicano di trafficanti di schiave che vengono vendute a uomini efferati e senza scrupoli per poi essere destinate a morte certa fra violenze fisiche e overdose. Nella rete dei trafficanti cade anche la giovane e innocente Gabriela, ma Rambo non ci sta e cerca di salvarla chiedendo a gran voce vendetta-tanto per cambiare-e alleandosi a tale scopo con la bella Paz Vega che nel film si cala nei panni della coraggiosa giornalista Carmen Delgado, forse il personaggio più riuscito del film.

Una sbornia di sangue ed effetti speciali, in bilico fra macabro e action movie esplosivo in tutti i sensi, ora il cinema può essere arte o intrattenimento, ma difficilmente riesce a conciliare questi due poli tematici. L’annosa questione si ripropone in questo film in cui Stallone torna a mostrare i muscoli sfidando il nemico che è straniero, ossia messicano. Si parla molto di immigrazione e di certo questa stigmatizzazione dei ‘cattivi messicani’ che sfruttano la prostituzione e rapiscono giovani donne indifese (non potevano essere americani come nel primo, irripetibile film della serie? Ci si domanda) non sembra a chi scrive tanto opportuna in questo momento.

Detto ciò, la fotografia ci è apparsa straordinaria, la regia abbastanza azzeccata e il tema della violenza sulle donne di grande attualità e ad alto tasso drammatico. Chi si aspetta un cult resterà deluso, chi invece ama le sparatorie e i personaggi dalla forte identità virile (il macho duro e puro che non deve chiedere mai per intenderci, oggi un po’ fané in un’epoca che definisce l’identità attraverso la confusione dei generi) troverà pane per i suoi denti. Se avete lo stomaco debole sconsigliamo la visione di questo film perché alcune scene cruente rasentano lo splatter.

Ma in definitiva se amate Stallone e le armi non vi disturbano ( ce ne sono di tutti i tipi, forme e qualità) potete passare un’ora e mezza in totale relax godendovi un prodotto onesto e confezionato con discreta cura, con sparatorie e incendi a profusione. Stallone resiste e non molla e si vede che nel suo cuore batte un’anima da guerriero pop. Ma restano lontani in tempi in cui recitava in ‘Demolition man’ (un film niente male) e posava in costume adamitico accanto a Claudia Schiffer per una memorabile campagna pubblicitaria di porcellane realizzata dal geniale e compianto Richard Avedon per l’allora in auge Gianni Versace.

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‘Il nudo maschile nella fotografia e nella moda’ di Leonardo Iuffrida

Cosa ha a che fare la moda con il nudo maschile? E perché proprio oggi dopo anni di tabù e di mortificazione, il corpo virile viene esibito in tutto il suo inverecondo splendore ovunque, a cominciare dalle riviste di moda più patinate e dalle passerelle dei grandi stilisti fino al cinema e alla televisione? Se lo è chiesto lo scrittore Leonardo Iuffrida, giovane saggista ed esperto di moda e fotografia, nel suo libo ‘Il nudo maschile nella fotografia e nella moda’ edito da Odoya.

Nato in Calabria ma ormai bolognese di adozione, l’autore indaga sulle vicissitudini e le imprevedibili evoluzioni dell’identità virile dall’ottocento a oggi, attraverso le immagini di nudo maschile realizzate dai grandi fotografi di moda: da Georg Hoyingen Huene a Horst, da Mapplethorpe a Herb Ritts, da Platt Lynes a Bruce Weber fino a Oliviero Toscani, Terry Richardson, Mariano Vivanco e Mario Testino.

La disamina di Iuffrida procede con acume e spirito critico anche attraverso la lettura delle opere di Wilhelm von Gloeden, autore di immagini di nudi maschili omoerotici un po’ paganeggianti e un po’ wilde, di Herbert List, di Bob Mizer fondatore della rivista physique Pictorial e dell’agenzia ‘athletic model guild’ che lanciò i primi nudi maschili integrali, e di Tom of Finland, artefice delle illustrazioni gay più belle, hot e provocanti della storia del pensiero queer (e non solo).

L’idea dell’autore, che passa in rassegna le grandi stagioni del cambiamento della soggettività del cosiddetto ‘sesso forte’, è che oggi siamo nell’epoca del new man e del post-umano che subentra al postmodernismo, peraltro ancora in voga, e inoltre il nudo maschile avrebbe successo anche grazie all’erotizzazione del corpo maschile dettata dal mondo gay e dalle fantasie più sfrenate delle donne che, una volta emancipate, trattano l’altro sesso alla stregua degli uomini più maschilisti.

Secondo Iuffrida la nudità maschile è temuta dagli uomini perché per loro è sinonimo di vulnerabilità e perché inficierebbe le basi del sistema patriarcale sul quale l’uomo per secoli ha fondato la sua supremazia sulla donna, rinunciando a vestire con gusto decorativo almeno fino alla metà degli anni sessanta del novecento allo scopo di assecondare l’etica plutocratica e capitalistica dell’ottocento, culla del pensiero dominante legato al cosiddetto ‘uomo invisible’ che per sottolineare la sua autorevolezza si copre sempre di più.

Proprio con le teorie estetiche di Winckelmann che propugnavano il bello apollineo ideale e che avrebbero favorito l’ascesa dei regimi totalitari nella prima metà del secolo scorso, secondo Iuffrida avrebbe avuto inizio il filone di pensiero che individuava nel nudo maschile un ideale di armonia e compostezza sublimata da coniugare con il protagonismo dei grandi dittatori del novecento (vedi le foto della Riefenstahl e le statue di epoca littoria che decorano lo stadio dei marmi a Roma).

Oggi grazie ai progressi della cultura e grazie anche all’evoluzione dei costumi, con l’avvento dell’estetica metrosexual (avete presente David Beckham?) il macho duro e puro che ha dominato anche la scena gay underground negli anni settanta e ottanta con l’estremizzazione del clone, cede il passo a una figura maschile più soft che, corteggiata ed educata alla cura di sé dalla moda, dalla cultura fisica e dalla chirurgia estetica, sa accettare fragilità e insicurezze per un uomo pronto ad abbandonare la corazza del puritanesimo e ad affrontare finalmente con serenità il dialogo con l’altro sesso.

Complice l’estetica avanguardista di Giorgio Armani e di Gianni Versace, ma anche lo sviluppo del genderless e della fluidificazione delle barriere fra i sessi che si riallaccia alla visione della moda di Tom Ford e Alessandro Michele per Gucci, in nome di una ritrovata libertà che porta gli uomini a essere sé stessi, affrancandoli dalla sovranità di stereotipi borghesi e atavici tabù. Un libro illuminante e abbastanza esaustivo, corredato da una vasta e ricca bibliografia e frutto di un meticoloso lavoro di ricerca, documentato sempre con rigore da fonti autorevoli. Ringraziamo l’autore per aver realizzato un libro che mancava assolutamente.

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7 profumi per l’autunno

Molti di noi aspettavano l’autunno per ritrovare nelle fragranze i classici aromi legnosi, speziati e sensuali. Preparatevi ad essere sorpresi con nuove combinazioni e aggiunte di ingredienti innovativi. Ecco le nostre preferite.

BYREDO SLOW DANCE

Gli elementi tradizionali, in particolare resine e balsami, vengono trasformati ancora una volta per una sensualità avvolgente e senza tempo attraverso questo profumo che ricorda l’atmosfera di un ballo lento.

CALÈ FRAGRANZE D’AUTORE

Una fragranza rilassata che invita alla meditazione. Note di testa di rabarbaro, zenzero, arancia amara e accenti acquatici. Cuore di magnolia, ciclamino, abete bianco. Nel fondo alga azzurra, the nero e vetiver.

GUCCI MEMOIRE D’UNE ODEUR

L’accordo olfattivo si basa sulla combinazione di ingredienti inaspettati, tra i quali si distingue la peculiare nota di Camomilla Romana, fiore che Alessandro Michele ha concepito all’origine della fragranza. Intensa e persistente è combinata con la morbidezza dei petali di Gelsomino Corallo Indiano, muschi, legni e una nota di vaniglia.

DOLCE & GABBANA K

Ispira e seduce attraverso note decise e inequivocabilmente maschili. Rievoca immediatamente la campagna italiana e il sole mediterraneo e allo stesso tempo la freschezza ruvida delle colline toscane.

TOM FORD TUSCAN LEATHER INTENSE

Impetuosa, ribelle, selvaggia. Tuscan leather intense e’ un profumo dalla struttura incisiva che sconvolge con una sensualita’ tattile. Sentori di cuoi avvolgono l’intera fragranza.


JIMMY CHOO URBAN HERO

Fragranza moderna con esordio di lemon caviar e accenti di pepe nero. Legno di rosa nel cuore insieme al raffinato vetiver. Nel fondo emerge l’eleganza urbana con l’ambra grigia e alcune note di cuoio.

YSL Y LIVE EDT INTENSE

Una fragranza fougerè fresca e intensa allo stesso tempo: in testa, le note fresche e luminose del pompelmo e l’aspetto fruttato della pera; nel cuore note di ginepro e assoluta di fiori di arancio. Sullo sfondo legni ambrati, cacao intenso e vaniglia.

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Cinecult: Yesterday di Danny Boyle

Provate a immaginare un mondo che ha perso la memoria e improvvisamente ignora: Harry Potter, le sigarette, la Coca Cola e… i Beatles. Che mondo sarebbe senza le canzoni del quartetto british? I miracoli possono accadere davvero e di punto in bianco uno si può trovare catapultato in un’epoca un po’… insipiente? E smemorata. Beh questo è lo spunto da cui prende le mosse la storia di ‘Yesterday’, uno dei cult movie dell’autunno 2019 diretto da Danny Boyle e distribuito da Universal Pictures.

Giovane e fresca come un sorso d’acqua gelata frizzante, la pellicola racconta la storia fantastica di un grande sognatore, il cantautore anglo-indiano di belle speranze, l’intrepido Jack Malik interpretato dallo spassoso Himesch Patel, una autentica rivelazione dell’acting britannico dalla innata vis comica. Nato in Inghilterra da genitori indiani, un po’ scettici sul potenziale del figlio, dotato chitarrista, il protagonista coltiva i suoi sogni condividendoli con l’amica del cuore, segretamente innamorata di lui, la bella Ellie interpretata da una magistrale Lily James (l’avrete vista in ‘Mamma mia! Ci risiamo’).

Tutto scorre fra alti e bassi finché una notte Jack, reduce dall’ennesimo flop, subisce un incidente e al suo risveglio in ospedale scopre che nessuno sa chi siano i Beatles, neppure Google. E a questo punto: vi ricordate Massimo Troisi che canta le best songs dei mitici ragazzi inglesi in ‘Non ci resta che piangere’? Beh l’idea del plot è vagamente quella, sviluppata sicuramente con verve e originalità dal bravo cineasta e dal suo sceneggiatore nonché condita, perdonateci la licenza, con il sapore della birra e delle patatine, perché ‘Yesterday’ è ambientato nell’Inghilterra della Brexit.

Film divertente e un po’ caustico sul valore della memoria (viviamo nell’epoca del vintage e del riciclo permanente di tutto), ma anche incentrato sulle trappole dello showbiz e il costo della fama, per certi versi alquanto faustiano, ma anche elegiaco e inguaribilmente romantico, con spunti sociali come l’integrazione interetnica (non se ne parlerà mai abbastanza a nostro avviso), il mondo sostenibile e l’attualità della musica pop filtrata dai social network che fanno e disfano i miti di oggi con la stessa velocità con cui ci si soffia il naso.

Analisi lucida e spietata sugli ingranaggi dello stardom –che nel film è incarnato dalla perfida Debra, l’agente del rapper Ed Sheeran che cerca di rubare l’anima all’inesperto Jack Malik, proponendogli soldi e successo. Il film dai brillanti dialoghi che non rischiano mai di annoiare, e dal ritmo godibile e scanzonato, è un inno all’amore, che oggi i critici più acidi definirebbero ‘vagamente buonista’ in un mondo in cui la verità osteggiata dall’onnipotenza del fake trionfa sulla dilagante menzogna. E qui veramente ‘love is in the air’.

Del resto alcune delle più belle canzoni d’amore della storia della musica di tutti i tempi, le hanno scritte e cantate proprio quei formidabili, impareggiabili fab 4, i ragazzi di Liverpool che hanno segnato in modo indelebile la storia del costume e della società. Queste canzoni potrete risentirle e canticchiarle a sazietà durante tutto il film, rieditate in versioni nuove, più fresche e moderne, sempre godibilissime.

Lo sceneggiatore, tanto per dirne una, è Richard Curtis, lo stesso di ‘Notting Hill’ (di cui si scorgono vaghi echi nella trama), di ‘Bridget Johnes’, e di ‘Quattro matrimoni e un funerale’ che ha lanciato nell’olimpo di Hollywood Hugh Grant (la sua fidanzata Liz Hurley la lanciò Gianni Versace con il suo lungo, conturbante abito nero chiuso da safety pins dorate, anche questo da non dimenticare al pari dei Beatles).

La zampata geniale di Boyle che, per chi soffrisse d’amnesia ha firmato il film culto degli anni’90 ‘Trainspotting’ definito dalla mefistofelica Anna Wintour la papessa di Vogue America, il film più influente sulla cultura del nostro tempo, ebbene questo talento made in Boyle per l’immagine d’effetto si può cogliere in alcune scene surreali del film, nella vena propensa alla provocazione aristofanesca e alla trasgressione ipervisiva giocata su colori saturi e brillantissimi con un eccellente e originale studio della fotografia e nei sogni del protagonista, inebriato e insieme spaventato dalla celebrità.

Uno storytelling di impatto che si inserisce a pieno titolo, seppur con indubbia originalità, nel filone delle favole pop musicali oggi molto in voga al cinema.

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Ritratto di un designer: Mauro Grifoni

Tutto è iniziato nel 1992, da un taglia e cuci “improvvisato” nell’armadio del nonno e del padre sulle loro camicie. Da quel momento in poi il designer Mauro Grifoni non si è più fermato. Dall’intuizione che sarebbe stata quella la strada da intraprendere, ha costellato di successi il suo percorso creativo improntato sull’heritage sartoriale italiano, ma declinato in formule e soluzioni stilistiche sempre atipiche e assai raffinate nell’esecuzione. Noi di Man in Town abbiamo avuto l’onore di conoscere un po’ meglio questo protagonista della moda italiana e il suo entusiasmo per il nuovo progetto chiamato Covert.

Essendo uno dei top player della industry italiana c’è qualche altro sogno nel cassetto che vorresti raggiungere?

Quando ho iniziato era tutto un sogno e posso dire che con il mio precedente brand MAURO GRIFONI molti di quei sogni sono riuscito a realizzarli.
Oggi resto un sognatore perché è una delle miei caratteristiche , ma penso di essere più razionale.

Covert è un progetto che segui con passione, cosa rende diversa una direzione artistica dall’altra?

Nel nome stesso che ho voluto per questo mio progetto COVERT siamo già verso una direzione artistica mai scontata.
COVERT = nascosto come aggettivo.
COVERT = rifugio come sostantivo.
Considero Covert non per tutti ma allo stesso tempo può esserlo.
Non seguo delle logiche commerciali scontate e nemmeno la direzione artistica lavora su immaginari preconfezionati che poco si addicono alla filosofia del brand, amiamo guardarci intorno per poi cercare di offrire una nostra interpretazione.

Hai qualche talento segreto? Un hobby insolito o comunque particolare?

Amo cucinare, mi rilassa. Lo faccio quasi sempre per le persone che amo, per gli amici e per me stesso, è la mia terapia segreta. Non ho un vero hobby attualmente se non il mio lavoro.

Sempre per conoscerti un po’ meglio, come è nata la tua passione per la moda?

Fa ridere però è la verità… Ai tempi usavo molto la camicia e quelle che vedevo sul mercato non mi piacevano quindi prendevo quelle di mio nonno e mio padre e cominciavo a tagliare, cucire etc etc, ad un certo punto sia mio nonno che mio padre mi hanno proibito di entrare nei loro armadi ed è lì che ho pensato di produrmi e vendere le prime camicie… morale della favola, sono nato con la camicia!

Chi è Mauro oggi? Verso dove sta volgendo lo sguardo e cosa punta a raggiungere?

Il solito sognatore più concreto, amante di quello che faccio, curioso del sapere e del fare con una famiglia stupenda e 3 fantastici rhodesian ridgeback. Mi piacerebbe vedere Covert come un figlio cercando di insegnargli rispetto, educazione e buone maniere, poi se sarò stato bravo un giorno qualcuno potrà raccontarlo.

Se potessi descrivere la tua vita con un libro, quale sarebbe e perché?

 Il paragone con un libro mi sembra di non essere all’altezza però ultimamente ho letto IL SILENZIO DELLE PIETRE di Vittorino Andreoli, in cui il protagonista è un uomo esasperato dalla follia del proprio tempo. Mi è piaciuto sopratutto perché è un’analisi sui limiti della nostra epoca, ma anche sui nostri.

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Cinecult: Burning-L’amore brucia di Lee Chang-dong

Il fuoco purificatore come metafora dell’esistenza, della memoria, dell’anima umana. Un efficace affresco della Corea del Sud di oggi dipinto da un regista sensibile e creativo: Lee Chang-dong, già ammirato per il film ‘Poetry’e per ‘Green fish’, colpisce nel segno con il suo film ‘Burning-L’amore brucia’. Una storia di rabbia e di mistero. Il film è distribuito da Tucker film e liberamente tratto dal racconto ‘i granai incendiati’ inserito nel volume ‘L’elefante scomparso e altri racconti’ opera del grande scrittore giapponese Murakami Haruki.

Al centro del plot, semplice ma allo stesso tempo non privo di zone d’ombra, sullo sfondo della Seoul dei grattacieli e della zona rurale, uno strano triangolo formato dai tre protagonisti: il giovane scrittore alla ricerca della verità Jongsu interpretato da Yoo Ah-in ed esponente della Corea proletaria, il facoltoso ed enigmatico Ben, uno yuppie di nuova generazione con Porsche e appartamenti di design rappresentante della Cora ricca e rampante (un talentuoso Steven Yeun già visto in ‘The walking dead’) e la bizzarra Haemi (Jung Jong-seo che vedremo presto in ‘Mona Lisa and the blood moon’ accanto a Kate Hudson) che reinventa la realtà con storie credibili e una fervida immaginazione.

Jongsu, un ragazzo brillante ma umile che nella vita fa il fattorino ma sogna di sfondare come narratore, s’imbatte in Haemi, una sua ex compagna di scuola perseguitata dai bulli che per vincere i suoi complessi si è affidata al bisturi, e se ne innamora. Mentre Haemi va in Africa, Jongsu si prende cura del suo gatto ma al suo ritorno lo aspetta una sgradita sorpresa: Haemi presenta a Jongsu la sua nuova fiamma, Ben, un ragazzo affascinante e misterioso, che si è arricchito con business di cui ignoriamo la natura, un po’ come il grande Gatsby ma dalla doppia faccia.

Thriller e romanticismo con accenti di algida carnalità e soffuso erotismo, si intrecciano in un film dalle molte anime, piuttosto lento nella prima parte e ricco di brio e di colpi di scena nella seconda. Tutto è giocato sul tema del doppio: dovere e piacere, realtà e illusione, uomo e donna. Riprese serrate, potenti, una certa magniloquenza descrittiva mista a un nitore di design, un montaggio secco e tagliente definiscono una pellicola di qualità, un grande romanzo cinematografico che Barack Obama ha descritto come ‘il miglior titolo del 2018’. Visione consigliata a un pubblico cinefilo ed esigente, attratto dall’Asia e amante delle storie moderne raccontate con una sintassi ineffabile, misteriosa come la vita.

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Milano Fashion Week, la felpa è la vera protagonista della moda uomo Autunno/Inverno

La moda è un settore sempre in divenire, gli stilisti ogni anno sulle passerelle riescono a stupirci con mixture di colori e tessuti sempre più inaspettati, eppure una delle regole del mondo del fashion è che i capi classici ed intramontabili vanno sempre onorati, rielaborati ed attualizzati, senza mai privarli della loro essenza. È questo il caso delle felpe da uomo, grandi protagoniste dei trend autunnali della Milano Fashion Week, in scena in questi giorni. Che si tratti di un modello audace o di un logo o di uno slogan che colpisce, le felpe in tessuto maschili con le stampe saranno una delle tendenze più importanti di questo inverno.

Sono tanti i brand che hanno fatto dell’aut couture maschile uno dei punti di forza aziendale. Non sempre alla portata di tutti dal punto di vista economico, ma garanzia di qualità di alta sartoria e scelta dei tessuti e della lavorazione. Per venire incontro alle esigenze dei clienti, il web offre molte prospettive di e-commerce dove questi marchi vengono venduti a prezzi contenuti. Leader di categoria è sicuramente Stileo che si impone come mission di portare “I tuoi brand preferiti a un passo da te”.

Ma come abbinare le felpe? Le passerelle ci stanno offrendo grandi scelte. Il capo passepartout resta il jeans in denim, ma il contrasto di stili è la vera novità. Chi lo ha detto che il capo in tessuto sia indicato solo per il “Casual Friday” in ufficio? Basterà abbinarlo con i pantaloni del tailleur in cotone, un mocassino e una cintura coordinata e il contrasto creato sarà perfetto per (quasi) tutte le occasioni. Per un dopo lavoro perfetto l’abbinamento ideale prevede una felpa con cappuccio con jeans aderenti neri per un’atmosfera casual-cool. Il tocco di classe è raggiungibile con un paio di scarpe in pelle nere. Punta su una felpa con cappuccio e jeans azzurri per un fantastico look da sfoggiare nel weekend. Prova con un paio di stivali casual in pelle neri per mettere in mostra il tuo gusto per le scarpe di alta moda.

Scopri tutti gli eventi in programma ad Ovest di Milano e ad Est della città.

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Born Human: la prima campagna Instagram di Antony Morato tra tecnologia e innovazione

Per questa FW 19/20 l’ispirazione per Antony Morato arriva dalle metropoli contemporanee, dove il movimento frenetico della città è reso tramite un effetto di distorsione dell’immagine che si contrappone alla staticità della figura umana. 

La collezione rappresenta invece il tipico gusto inglese con linee pulite, minimal ed eleganti, senza rinunciare ad elementi moderni e spigolosi. La palette cromatica comprende colori come il blu, il grigio, l’argento, il verde bottiglia, senza tralasciare il nero e il rosso, dando vita a due mondi complementari. Non mancano poi i riferimenti al classico gusto british  e al mondo college dove l’eleganza formale è contaminata da elementi sportivi e street, che rimandano alle divise dello sci retrò come il piumino a tre colori dal sapore vintage o la maglieria dal gusto nordico. 

Mood anni 90’ anche per felpe, camicie e t-shirt, che ricordano le tipiche tute da snowboard del periodo, mentre i tessuti di lana per i cappotti e quelli tecnici per la giubbotteria mettono in risalto il contrasto tra tecnologia e tradizione.

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Cinecult: E poi c’è Katherine di Nisha Ganatra

Le donne hanno assolutamente una marcia in più, soprattutto al cinema. Lo conferma il bel film di Nisha Ganatra ‘E poi c’è Katherine’ distribuito da Adler Entertainment e appena arrivato sui nostri schermi. Una storia agrodolce dagli interessanti risvolti sociali e ricca di spunti di riflessione sulla condizione dei sessi e anche sui sentimenti, in cui il punto di vista femminile é inequivocabilmente preponderante.

In sostanza un’analisi di spessore sull’empowerment femminile nell’epoca 4.0 dominata dai social. Se avete amato ‘Il diavolo veste Prada’, ‘Broadcast news’ e ‘Quinto potere’ questo è il vostro film e sicuramente per ritmo, sense of humour e capacità di introspezione, non rischia di annoiarvi. Katherine Newbury -interpretata da una sfolgorante Emma Thompson sul cui talento leggendario pare che il personaggio sia stato perfettamente costruito- è la conduttrice di un talk show comico e brillante di grande successo che l’ha portata sulla cresta dell’onda per 10 anni.

Ma ora l’inappuntabile donna in carriera dello showbiz che ha sempre puntato sull’eccellenza senza compromessi soprattutto nel lavoro, con un marito invalido malato di Parkinson, Walter Lowell appassionato di musica e intellettuale di statura (un bravissimo John Lithgow), in sostanza un manager in pensione di comici di categoria che l’ha sempre affiancata devotamente, all’età di 56 anni suonati si deve rimettere in gioco.

Il suo show registra un drastico calo di ascolti, e Katherine rischia di perdere il trono di regina del cabaret di tarda serata. Siccome si è fatta la fama di una perfida misogina, per manifestare uno spirito di maggiore apertura e solidarietà femminile, decide di assumere una stagista donna e per di più indiana, Molly Patel (che nel film è interpretata da Mindy Kaling, co- sceneggiatrice del film). Sognatrice e idealista Molly è la prima che, in una redazione di soli uomini e per di più maschilista, ha il coraggio di criticare l’algida Katherine e di confutare le sue idee.

Interessante la svolta social di Katherine che per far impennare gli ascolti del suo programma si cimenta nello storytelling attraverso video gag spassose, ricevendo in trasmissione youtuber vagamente trash.

Il film è un’analisi abbastanza stimolante delle trappole della celebrità e del costo del successo. In un mondo dominato dagli uomini le donne devono giocoforza rinnegare la loro femminilità. Ma Katherine non ci sta, e tantomeno Molly, che è il grillo parlante e la coscienza critica della lady di ferro. Magistrali i dialoghi dal ritmo incalzante ed euforico, notevoli e assai azzeccati i costumi curati nei minimi dettagli da Mitchell Travers che definisce bene l’evoluzione del personaggio Katherine lungo l’arco del film, dal mood mannish alla progressiva femminilizzazione atraverso tagli e volumi più morbidi.

Luci e ombre sullo stardom e su un mondo che sa riscoprire l’eticità e il valore del multiculturalismo, delle relazioni umane e dell’integrazione multi-etnica. Un bello schiaffo a Trump e alla sua politica sciovinista. Il film propone anche una revisione della questione del Me-too dal punto di vista maschile ribaltando i cliché e le opinioni consolidate attraverso delle trovate che animano una sceneggiatura molto smart e fresca che non conosce zone d’ombra.

Nel cast funzionano molto bene sia Hugh Dancy, nella parte di un cabarettista un po’ Casanova, sia l’autore dei monologhi del programma TV Tom Campbell, ruolo affidato al talentuoso Reid Scott. E non è escluso a parere di chi scrive che questa ottima prova di recitazione possa valere alla Thompson, due volte premio Oscar sia come sceneggiatrice (Ragione e sentimento) che come attrice (Casa Howard), una terza meritata statuetta. Ci rivedremo ai Golden Globe, noi intanto tifiamo per lei.

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Benessere al maschile, risponde l’urologo

Parliamo di benessere tutto al maschile con il Dott. Nicola Macchione, specializzato in Urologia presso l’Università degli Studi di Milano e con all’attivo numerose esperienze internazionali. Se l’interesse verso la “salute del maschio” da parte di società e media era marginale fino a qualche tempo fa, oggi fortunamente aumenta sempre di più. Nicola cerca di superare questa sfida medica e culturale quotidianamente, e per farlo utilizza anche i social (@md_urologist su Instagram e @NicolaMacchione su Twitter) offrendoci diversi spunti di riflessione attraverso il racconto della sua professione.

Come è nato il tuo interesse per questa specialità?

Ecco, è sempre molto difficile rispondere a questa domanda, in praticolar modo perché in realtà le motivazioni che spingono un medico ad interessarsi di una specifica branca della medicina, sono molteplici e spesso sconnesse tra di loro. Ebbene, io, come molti miei colleghi, cominciato il percorso di studi, sapevo da che punto iniziavo, ma non ero conscio di cosa sarei finito a fare. Ed è proprio nel corso degli studi e della formazione, che gli incontri, le patologie trattate, le prime esperienze chirurgiche da studente; in qualche modo ti segnano e finiscono con l’influenzare quella che è la scelta finale. Io, ho trovato la branca uro-andrologica sempre estremamente interessante. Pensa, che mi formavo in un periodo storico dove il concetto di “salute del maschio” era praticamente assente nel percorso di studi. Non se ne parlava, anzi, era qualcosa di cui vergognarsi, ancora un tabù. Molte patologie come il tumore della prostata, il deficit erettivo e anche l’eiaculazione precoce,  erano trattate marginalmente. Per questo ho scelto questa branca della medicina che in qualche modo ti esponeva ad “una sfida in più”, non solo medica, ma anche culturale.  

Molti temono la tua figura, ma quando è opportuno cominciare ad andare dall’urologo?

Spero in realtà che nessuno tema l’urologo, ma hai colto in pieno il punto con questa domanda.  In realtà, non esiste una “data di scadenza” per cui è utile andare dall’urologo, ma esiste il buon senso. Anche qui si tratta di un fattore puramente “culturale”. Mentre siamo abituati a sentire di una donna, appena adolescente, che si reca dal ginecologo (nonostante non abbia problemi, ma solo per eseguire una valutazione del suo stato di “maturità e crescita”). Non lo siamo affatto se sentiamo di un adolescente che si reca da un urologo. Tale evento subito tende a farci pensare alla presenza di un “problema”, una “malattia”.  Questo perché mentre la maturità della donna passa attraverso le note “perdite mensili”, e quindi l’idea del sangue ci porta a pensare alla presenza di un qualcosa da dover controllare, la maturità del maschio, passa clinicamente “inosservata”, e quindi perché recarsi dal medico ? Per cui si rimanda al “buon senso” di ognuno, o alla fortuna di avere medici di famiglia scrupolosi.

Nell’ambito della tua professione quali sono le malattie e i disagi per cui vieni interpellato più di frequente?

Dipende dalle fasce di età di cui parliamo. Solitamente i pazienti tra i 15-20 anni giungono alla mia osservazione per problematiche sostanzialmente legate all’apparato genitale, che vanno dal “dolore al testicolo” alla “fimosi serrata”. Come del resto accade anche per i pazienti di età compresa tra i 20-30 che tendenzialmente arrivano con problematiche che sono legate a disfunzioni dell’apparato genitale, ma che riguardano argomenti differenti; come il deficit dell’erezione, l’eiaculazione precoce e per questioni “morfometriche” del pene. I pazienti invece dai 30 ai 50 anni, giungo solitamente all’osservazione per problematiche “minzionali; legate soprattutto alla prostata. Queste vanno dalle prostatiti sino a quadri di ipertrofia prostatica. Poi superati i 50 anni, tendenzialmente le differenze tra le fasce di età si appiattiscono per cui vedo paziente per i motivi più vari; ovviamente aumenta la percentuale  di malattie oncologiche dell’apparato uro-genitale.

I cibi migliori e quelli invece da evitare per la salute di noi uomini

“Lascia che il cibo sia la medicina”, sembra avesse detto Ippocrate. E mai come in questi ultimi anni studi scientifici ci mostrano ogni giorno di quanto il padre della medicina non si sbagliasse affatto. Tanto è vero che l’uso di integratori alimentari usati per il benessere e la prevenzione di patologie dell’apparato uro-genitale è un fenomeno che cresce esponenzialmente. Esistono molte sostanze in natura capaci di “aiutare” il nostro corpo ad “invecchiare meglio” e quindi a prevenire processi patologici. Pertanto in generale utile impostare una dieta che preveda un giusto rapporto tra carboidrati, proteine e grassi. Ridurre gli zuccheri ed i grassi totali, un giusto equilibrio tra omega-3 (effetto antinfiammatorio) ed omega-6 (pro-infiammatori). Per cui pesce (olio di pesce), riso, olio extravergine di oliva, carote, zucca, zucchine, cavolo, finocchio, cicoria e rape (radici in genere) ad alto contenuto di tali grassi. Per ridurre gli omega-6 (perché co-fattori degli stati infiammatori) razionare l’apporto di carni fresche e conservate, salumi, insaccati, uova, fritti, dolci, bevande zuccherate, farine raffinare e formaggi grassi. Bene anche l’uso di soia, curcuma, zafferano, pomodoro e semi di zucca.

Un tema importante è quello dell’inferitilità, quale la relazione tra stile di vita e questa problematica?

Negli ultimi anni assistiamo all’incrementare del numero di pazienti che giunge alla nostra osservazione per “infertilità”. Tale fenomeno sicuramente è legato a moltissimi fattori, sociali, culturali (che per fortuna stanno cambiando) ed ambientali. La condizione di fertilità è un equilibrio in continuo divenire che cambia continuamente. Tale condizione può avere diversissime cause; prima tra tutte quelle genetiche, ambientali, comportamentali ed anche sociali. Infatti fattori che influiscono oltre a quelli cromosomici, sono l’età (ormai sempre più avanzata) alla quale si decide di diventare papà; l’inquinamento (esposizione continua a sostanza tossiche), comportamenti sessuali inappropriati (trasmissione di malattie sessualmente trasmissibili), ed altri ancora. In questi casi è sempre utile eseguire un corretto inquadramento del soggetto affetto da infertilità, ma soprattutto della realtà “coppia”.

Utilizzi molto i social per raccontare il tuo lavoro, quali sono i feedback di chi ti segue?

Negli ultimi anni il modo di comunicare ed informare è cambiato moltissimo; anche in ambito scientifico. Basti pensare all’uso di twitter durante i meeting internazionali per comunicare tra audience e relatori. Ho deciso di cominciare con i social (Instagram e Twitter) per far sì che le informazioni (non quelle di dottor Google, ma quelle dei medici veri) arrivassero ad un pubblico quanto più ampio possibile. Insomma per smetterla di lamentarmi della disinformazione “in rete” e per fare “informazione & formazione”. I feedback sono positivi, mi giungono ogni giorno mail e messaggi per info e curiosità in merito a “falsi miti” e veri e propri problemi uro-andrologici.

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Venezia 76, sulla laguna piovono stelle

Direttamente dall’ultima mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, ecco i look e i red carpet che abbiamo amato di più.

Luca Marinelli appare timido ma raggiante sotto le luci dei riflettori che fanno brillare i suoi grandi occhi penetranti, di un blu profondo come la sua elegante giacca di velluto cangiante firmata Giorgio Armani. Il giovane divo romano, classe 1984, è stato insignito, nel corso di una solenne cerimonia di premiazione, della meritata e ambita Coppa Volpi come migliore attore protagonista per il bel film ‘Martin Eden’ di Pietro Marcello distribuito da 01 Distribution Rai Cinema. Da notare che Rai Cinema quest’anno ha presenziato al festival con ben 20 titoli alcuni dei quali vincenti.

Marinelli che a 34 anni può già vantare un David di Donatello, è sicuramente il trionfatore dell’edizione 76 della rutilante mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia appena conclusasi con la guida di Alberto Barbera, e con Alessandra Mastronardi come radiosa ed elegante madrina. E anche se il Leone d’oro se l’è aggiudicato l’attesissimo film anti-fumetto ‘Joker’ di Todd Phillips interpretato da un istrionico Joacquim Phoenix affiancato da Robert De Niro, mentre il Leone d’argento gran premio della giuria è andato a ‘J’accuse’ pellicola storica e controversa diretta dal geniale Roman Polansky che finora non ha rilasciato interviste sul film incentrato sullo spinoso caso Dreyfus (interpretato da Jean Dujardin), l’Italia è riuscita a difendere le sue posizioni egregiamente con una serie di film azzeccati e di spessore.

A cominciare proprio da ‘Martin Eden’, storia liberamente tratta dall’omonimo romanzo di Jack London in cui il regista Pietro Marcello racconta l’idillio napoletano, fra amore e politica, del giovane marinaio Martin Eden, squattrinato ma animato da un vibrante idealismo, e la bella e facoltosa Elena Orsini, sullo sfondo dei fermenti del socialismo e di un mondo che sta cambiando vorticosamente. Il suo premio il grande Marinelli l’ha dedicato a sorpresa a coloro che si battono per salvare i migranti.

Altri due premi per il bel paese sono andati a ‘La mafia non è più quella di una volta’ di Franco Maresco che ha vinto il premio speciale della giuria. Da segnalare altri due gioielli di grande cinema Made in Italy: ‘Vivere’ di Francesca Archibugi e ‘Tutto il mio folle amore’ di Gabriele Salvatores, anch’essi distribuiti da Rai Cinema. In ‘Vivere’ con Micaela Ramazzotti e Adriano Giannini (che sul red carpet ha sfoggiato un tuxedo sartoriale di Brioni), la regista romana che ricordiamo per ‘Con gli occhi chiusi’ e ‘Mignon è partita’, compone un film corale che è un tributo all’arte di vivere oltre la menzogna che ci attanaglia.

Per ‘Tutto il mio folle amore’ Salvatores propone un road movie in cui un cantante incontra per la prima volta il figlio adolescente autistico. Nel cast svettano nei ruoli centrali Claudio Santamaria, che nel film è un po’ un Modugno redivivo, e Valeria Golino. L’attrice, che è anche membro della giuria del Deauville Festival presieduta da Catherine Deneuve, è anche interprete del film di Costa-Gavras ‘Adults in the room’ ispirato ai diari dell’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis che i governi europei scelsero di affossare ai tempi della crisi greca del 2015. E a Venezia 76 ha triplicato perché è anche nel cast dello spassoso film ‘Cinque è il numero perfetto’ diretto da Igort, in cui il protagonista Tony Servillo affiancato da Carlo Buccirosso si cala nei panni di un camorrista in pensione che deve ritornare a uccidere per vendicare il figlio sullo sfondo di una surreale Napoli anni’70.

Ancora buon cinema italiano con ‘Nevia’ di Nunzia De Stefano con Pietra Montecorvino (la ricordate accanto ad Arbore in FFSS?), ‘Il sindaco del rione sanità’ di Mario Martone con Massimiliano Gallo e Francesco Di Leva ispirato a un testo teatrale di Eduardo De Filippo, e ‘Tony Driver’ di Ascanio Petrini distribuito da Wanted con Pasquale Donatone come protagonista, e dedicato anch’esso al tema dell’immigrazione e dell’integrazione, con una storia in equilibrio fra Taxy Driver e Will il Coyote.

Dall’Italia arrivano sulla laguna anche due attesissime serie televisive che promettono faville. La prima è firmata Paolo Sorrentino ed è il nuovo capitolo di ‘The New Pope’, storia dell’ambizione di due papi che aspirano a essere dimenticati, in cui Jude Law recita stavolta accanto a John Malkovich, e ‘ZeroZeroZero’, la nuova serie di Stefano Sollima tratta dall’omonimo nuovo libro di Roberto Saviano e imperniata sulle trame oscure che collegano i cartelli messicani, la n’drangheta e i business men corrotti americani.

L’Italia è stata poi degnamente rappresentata da Paolo Virzì, uno dei nostri più brillanti cineasti, che sedeva nella giuria di questa edizione presieduta da Lucrecia Martel e composta fra gli altri da Piers Handling, Stacy Martin, Mary Arron, già famosa per il film ‘American Psycho’ con Chloe sevigny e Christian Bale, e oggi regista del film ‘Charlie says’ tuttora nelle sale, intenso film al femminile imperniato sul racconto della Charlie Manson family responsabile dell’atroce massacro di Bel Air dell’agosto 1969.

Da menzionare fra gli altri ‘Gloria Mundi’ di Robert Guédiguian che ha messo a segno una Coppa Volpi come migliore attrice protagonista grazie all’interpretazione folgorante e accorata di Ariane Ascaride, ‘Guest of honour’ l’ultima fatica di Atom Egoyan già noto per il film ‘Exotica’ che porta in scena il complesso rapporto fra un padre e una figlia, ‘La vérité’ di Kore-Eda Hirozaku sull’amore-odio fra una figlia e la madre attrice, con Juliette Binoche e Catherine Deneuve– che ha calcato il tappeto rosso con un look fiammante di Jean Paul Gaultier Haute Couture- e infine, dulcis in fundo, il film ‘Ema’ di Pablo Larrain, una buona prova che fonde linguaggio drammatico e musical e che si è portata a casa due riconoscimenti plebiscitari: il premio Unimed e il 18° premio Arcacinemagiovani.

Per questa edizione inoltre Hollywood ha traslocato sulla laguna schierando alcuni dei suoi più affascinanti e talentuosi protagonisti. Si parte da ‘Joker’ il cui regista Todd Phillips ha promesso di far piangere con le risate del pagliaccio più cattivo del mondo, per passare poi al colossal sci-fi ‘Ad Astra’ di James Gray distribuito da Fox con uno statuario Brad Pitt, un’odissea nell’animo umano e una revisione della mascolinità più stereotipata.

Non offre fianco a critiche l’inossidabile Meryl Streep, elegantissima in un abito stampato di Givenchy e protagonista insieme ad Antonio Banderas, a Sharon Stone e Gary Oldman, di ‘The Laundromat, ultima impresa di Steven Soderbergh, una ricostruzione lucida e rivelatrice dello scandalo dei ‘Panama papers’ dal romanzo del premio Pulitzer Jake Bernstein che documentava le losche manovre di 200 società offshore, fino ad arrivare a Johnny Depp, magistralmente diretto da Ciro Guerra in ‘Waiting for the barbarians’, film storico girato in Marocco in cui il divo americano si cala nei panni del violento e xenofobo colonnello Joll. Nulla di più attuale. Gara d’eleganza fra le star.

Ammiratissima nel suo conturbante abito imprimé rosso sangue flamenco style disegnato per lei da Dolce&Gabbana la splendida cinquantenne Monica Bellucci che era a Venezia per la versione integrale di ‘Irreversible’. Si accende di un rosso passione anche l’abito di paillettes da vamp generosamente scollato, disegnato da Hedi Slimane direttore creativo di Céline per Scarlett Johansson e da lei sfoggiato sul red carpet del film ‘Marriage story’ diretto da Noah Baumbach e da lei interpretato.

Difficile da dimenticare per la sua eleganza Kristen Stewart, fasciata da un lungo e sontuoso abito di pizzo rosa laminato di Chanel Couture e magnetica interprete di ‘Seberg’ di Benedict Andrews in cui la bellissima attrice interpreta l’attrice Jean Seberg indagata dall’FBI. Sembrava un po’ Cenerentola nel suo abito bianco di Ralph & Russo e i gioielli di Atelier Swarovski la diva Penelope Cruz che a Venezia ha portato il film ‘Wasp network’ di Olivier Assayas, storia di cinque prigionieri politici cubani infiltrati nella società americana attraverso la rete ‘Wasp network’.

Meritano un elogio anche il film storico ‘The king’ di David Michod in cui l’enfant prodige del cinema Timothée Chalamet, che Woody Allen ha scelto come protagonista del suo ultimo film, è Enrico V d’Inghilterra travolto dagli intrighi di palazzo accanto a Lily Rose-Depp. Di questa edizione ricorderemo sicuramente l’intramontabile carica rock di Mick Jagger nel cast di ‘The Burnt Orange Heresy’ di Giuseppe Capotondi che ha chiuso in bellezza il festival con un thriller ambientato nel mondo delle gallerie d’arte. Nel cast spicca anche Donald Sutherland. Bella prova, all’altezza di un festival da record che non dimenticheremo facilmente.

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Cinecult: C’era una volta… a Hollywood di Quentin Tarantino

Arriva finalmente sugli schermi italiani, dopo il successo clamoroso riscosso al botteghino in America, l’attesissimo kolossal di Quentin Tarantino, l’ultima, imperdibile fatica del profeta della pulp generation nato a Knoxville nel Tennessee nel 1963 e definito da Peter Bogdanovich ‘il regista più influente della sua generazione’: ‘C’era una volta… a Hollywood’. E speriamo anche questa volta in qualche oscar (Tarantino ne ha già vinti due in passato), perché questo film li merita davvero!

Un’autentica gara di bravura fra due titani della mecca del cinema a stelle e strisce: Leonardo DiCaprio (premio oscar nel 2016 per ‘The revenant’) e Brad Pitt (che con la sua società Plan B Entertainment si è aggiudicato la dorata statuetta per ’12 anni schiavo’ di Steve Mc Queen). Da notare che il biondo divo americano, sex symbol inossidabile, ha definito ‘maturo e lirico’ questo epico film.

Quentin Tarantino, Leonardo DiCaprio and Brad Pitt on the set of ONCE UPON A TIME IN HOLLYWOOD.

Qui DiCaprio è Rick Dalton, attore della vecchia guardia di Hollywood che dopo i successi di una serie TV western anni’50, cerca di rimanere a galla nonostante il contesto avverso e super competitivo e gli effimeri ingranaggi dell’ambiente del cinema. Brad Pitt interpreta Cliff Booth, controfigura storica di Rick e suo grande amico, mai visto così in forma, anche dal punto di vista fisico. Le sue fan ne vedranno delle belle. Insieme i due giganti del cinema, che recitano forse per la prima volta fianco a fianco, formano una vera e propria famiglia.

Sullo sfondo della storia che conta un cast stellare (uno per tutti Al Pacino in un ruolo molto efficace) si innesta la figura di Sharon Tate, la splendida e sventurata moglie di Roman Polansky, tratteggiata abilmente già nello script del film e ricostruita grazie anche al talento drammatico di Margot Robbie (se l’avete amata in ‘Tonya’ di Craig Gillespie, qui la venererete). La bella attrice australiana dai grandi occhi penetranti che è attualmente anche produttrice di film oltre a essere brand ambassador di Chanel, incarna l’anima euforica e spensierata di una Hollywood che sta per essere offuscata dalle menti scellerate degli adepti di sette deliranti.

Margot Robbie stars in ONCE UPON A TIME IN HOLLYWOOD.

Fu questa la degenerazione di quel movimento hippy che, come Tarantino ha ribadito in molte delle interviste rilasciate sul film, ha poi trainato la transizione verso la nuova Hollywood dopo il 1969 l’anno in cui il film è ambientato. La Hollywood per intenderci dei Peter Fonda e dei Michael Douglas, i ragazzi ‘spettinati’ destinati a scardinare il cliché dell’attore duro e macho, impersonato nel film quasi a volte con tratti parodistici da DiCaprio.

Questo che vedrete sul grande schermo è il film in assoluto più personale di Tarantino. Da cinefilo accanito qual è, Tarantino ci riporta indietro nella golden age del cinema americano con la sua straordinaria macchina del tempo per rivivere da vicino un anno decisivo nella storia della settima d’arte ma anche della cultura e del costume: il 1969 è l’anno di ‘Easy rider’, di ‘Hello dolly’, di ‘Un uomo da marciapiede’ e di cantanti di rottura come Marvin Gaye, i Doors, Diana Rosse molti altri. Geniale a questo proposito la colonna sonora del film che somma tutti i grandi amori del regista, cresciuto con la radio e il cinema nel quartiere Alhambra di Los Angeles.

Brad Pitt and Leonardo DiCaprio star in Columbia Pictures “Once Upon a Time in Hollywood”

Il tam tam mediatico che ha accompagnato l’uscita del film distribuito da Sony Pictures Italia e che fa parte di una trilogia comprendente ‘Django unchained’ e ‘Bastardi senza gloria’, prevede che questa sia la penultima fatica cinematografica-ma noi auspichiamo che non sia così-per il grande regista affermatosi nello star system mondiale grazie a film come ‘Le iene’ e a ‘Pulp Fiction’, il film manifesto degli anni’90 con il quale il cineasta ha conseguito la palma d’oro a Cannes.

Difficile da dimenticare quest’ultima pellicola che è un atto d’amore nei confronti di una Hollywood che non c’è più, narrata anche nel libro ‘Pictures of a revolution’ di Mark Harris. Tarantino si è imposto nell’olimpo hollywoodiano grazie a un film che ha fatto breccia nei cuori dei fan del cinema indipendente, dedicato ai palati più esigenti e oggi non più così di nicchia. Quello stesso movimento che ha iniziato a esistere a Hollywood proprio nel 1969, si direbbe dal film un’ottima annata.

Preceduto da un’attesa quasi messianica, il film più glamour dell’anno è stato concepito in 5 anni di appassionata gestazione, con una sceneggiatura trattata e gestita artisticamente alla stregua di un vero e proprio romanzo. Il titolo è un omaggio a Sergio Leone, inventore di un filone di grande successo, ma nel film si cita con una punta di nostalgia e grande ammirazione anche l’opera e la filmografia di Sergio Corbucci, regista di ‘Western spaghetti’, un genere che nel 1969 si affacciava ancora in sordina sulla scena mondiale. E siamo grati a Tarantino anche per questo tributo.

Leonardo DiCaprio stars in ONCE UPON A TIME IN HOLLYWOOD.

Oltretutto anche se gli effetti speciali ci sono, Tarantino ha deciso di rinunciare alla ripresa in digitale optando per il 35 mm. per dare magari una patina più preziosa e vintage al suo ultimo capolavoro. Interessante la scelta cromatica del film che si tinge di giallo, il colore del mistero (Tarantino è un grande fan di Dario Argento), e insieme il colore dell’era hippy (let the sunshine in è la canzone hippy per eccellenza) e della ‘golden hour’ di Los Angeles secondo il super fotografo Herb Ritts. Come giallo era l’abito di Dries Van Noten che Margot Robbie ha sfoggiato alla première a Roma del film, già presentato a Cannes.

A questo proposito vorremmo spendere qualche parola per elogiare la costumista Arianne Phillips che oltretutto ha anche un curriculum con il pedigree. La stylist, stilista e costumista amica di Alessandro Michele direttore creativo di Gucci, con il quale ha lavorato su un esclusivo progetto editoriale, ha collaborato con Madonna per i costumi e il guardaroba dei suoi ultimi 6 tour mondiali, ha curato i costumi dei due film di Tom Ford, e ha anche collaborato per alcuni progetti creativi con maison del calibro di Cartier, Valentino, Van Cleef & Arpels e altre. Un ulteriore fattore di successo per questo grande film.

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Stranger Things 4: uscita, cast e spoiler

La quarta stagione di Stranger Things è stata annunciata il 30 Settembre del 2019 e Netflix ha diffuso il trailer con una citazione “Non siamo più a Hawkins”. Vi ricordate Dorothy de “Il Mago di Oz” quando disse al suo cane Toto “Non siamo più in Kansasa”? Ecco, con la citazione che ha diffuso Netflix, la piattaforma di streaming più famosa al mondo sta rendendo omaggio allo storico film.

Questa quarta stagione di Stranger Things – dopo il successo della terza, che ha registrato ben 40 milioni di utenti in pochi giorni dall’uscita, registrando il record nella storia di Netflix – non poteva di certo mancare. Al termine della terza stagione diversi spettatori si sono fatti delle domande, come ad esempio Hopper è davvero morto? –  e sono rimasti senza risposta, ora forse potrebbero saperne di più?!

Scopriamo ora l’uscita, il cast e spoiler di Stranger Things 4

Uscita Stranger Things 4

Le riprese della quarta stagione dovrebbero iniziare nel gennaio 2020, ormai alle porte, e concludersi per l’agosto dello stesso anno. Dunque l’uscita per i telespettatori potrebbe essere in autunno 2020, così manterrebbe l’alternanza delle stagioni precedenti luglio/agosto.

Qualcuno pensa anche che potrebbe uscire il Giorno del Ringraziamento, ovvero il quarto giovedì del mese di Novembre, che nel 2020 cadrà di preciso il 26 Novembre. Questo collegamento è stato fatto poiché nella terza stagione Stranger Things termina con la menzione del Thanksgiving Day (giorno del ringraziamento). Non si esclude però che possa arrivare sullo schermo con la metà del 2021.

Spoiler Stranger Things 4

Le puntate di Stranger Things 4 saranno otto come per la prima e la terza serie, solo la seconda ne ebbe nove e il titolo del primo episodio della nuova stazione sarà “The Hellfire Club”. Dovrebbe essere ambientato tra il 1986 e il 1987 e ambientato prevalentemente in Russia.

I creatori della serie hanno accennato di un viaggio attraverso i portali, quando hanno parlato di “trame ambientate in aree al di fuori di Hawkins”.

E’ stato anche detto che verrà trattata l’omosessualità col personaggio di Robin, che facendo coming out rivela a Steve di essere infatuato da Tammy Thompson.

Si assisterà anche alla perdita dei poteri di Eleven e il trapasso da demogorgone da Idra a umanoide.

Cast di Stranger Things 4

Infine, un accenno al cast della quarta serie di Stranger Things. Le perdite di personaggi sono state diverse nelle ultime due stagioni e ora secondo indiscrezioni sembra che verranno aggiunti al cast 4 personaggi, attori maschili in particolare.

Si potrà assistere alla presenza di tre adolescenti di cui uno dallo stile sportivo arrogante, un metallaro e un surfista consumatore di marijuana, il quarto invece potrebbe essere un personaggio adulto protagonista delle ambientazioni al di fuori di Hawkins.

Infine, forse tornerà Tammy Thompson, personaggio che riveste un ruolo fondamentale nella serie e che nella terza stagione è stato solo citato.

La fidanzata di cui Dustin parla tanto ma i due non riescono a mettersi in contatto, quando finalmente ci riescono, si scopre che anche Suzie è innamorata di Dustin. Questo lascia pensare che anche lei possa far parte del cast della quarta stagione di Stranger Things.

Stars & The City: Susan Miller si racconta e ci svela il futuro

Uno dei tanti vantaggi di vivere nel costante trambusto di New York è la capacità di entrare in contatto con una moltitudine di esperienze culturali diverse, e con l’ispirazione delle persone che le hanno create. Di recente, ho avuto l’opportunità di incontrare l’astrologa stellare Susan Miller, autrice di fama mondiale ed editorialista per diverse riviste di moda internazionali. Susan è anche la fondatrice del sito web Astrology Zone: creato nel 1995, oggi conta 300 milioni di page views annuali ed è letto con entusiasmo da 11 milioni di persone all’anno. Tutti i lettori attendono con impazienza il primo giorno del mese, quando Susan pubblica in modo molto elegante e divulgativo le sue previsioni astrologiche complete per il mese a venire.

Susan ha suggerito la data del nostro incontro dopo aver consultato il suo calendario astrologico per l’anno (The Year Ahead). Quel giorno c’è stata una congiunzione tra il Sole e Venere, che, come mi ha spiegato, è una data fantastica per ogni tipo di comunicazione e collaborazione.

Non potevo essere più eccitata di avere un’astrologa così rispettata davanti a me, e per di più in una data perfetta per la nostra intervista! Quel giorno ero elettrizzata per i milioni di possibili risposte che avrei potuto ricevere a tutte le mie domande. È un’oratrice meravigliosa e una splendida persona con la quale passare del tempo. Di seguito un’ intervista esclusiva riguardo la sua vita e il suo lavoro oltre che una visione anticipata per i prossimi mesi, che pubblicheremo a ridosso del 2020.

Quindi, ci stavamo chiedendo: quando hai sentito crescere in te questa passione per l’astrologia?

Volevo imparare l’astrologia, ma non avrei mai voluto che qualcuno sapesse che conoscevo questa materia. Pensavo dovesse essere un mio segreto perché  non era accettata. Avevo 14 anni e avevo appena passato un anno intero in ospedale a causa di un terribile intervento chirurgico per correggere un difetto della nascita, ma sfortunatamente ebbi un problema diverso quando mi svegliai: ero paralizzata dal ginocchio in giù. Non avevo nessuna certezza riguardo al fatto che sarei stata in grado di camminare nuovamente. Ho pregato i miei santi protettori, ma avendo solo 14 anni all’epoca volevo sapere se sarei riuscita a camminare di nuovo. Il mio piano era quello di non dire mai a nessuno che conoscevo l’astrologia. Mia madre non voleva insegnarmi niente a riguardo perché aveva paura che avrei studiato troppo poco prima di dare consigli ai miei amici, ma ha ceduto dopo un anno, dopo la mia promessa di studiare per 12 anni e di non leggere le carte a nessuno al di fuori della mia famiglia. La gente pensa di poter imparare l’astrologia in pochi mesi, mentre lei mi ha detto che ci avrei impiegato 12 anni altrimenti non sarei stata abbastanza competente.

Se potessi tornare indietro nel tempo, quale personaggio storico saresti e perché?

SM: Thomas Jefferson!

Afferma così, e con molta passione mi spiega che in quel momento storico nel 1776, anche se si sarebbe dovuta vestire come un uomo, avrebbe voluto far parte dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America, un gruppo molto coraggioso e disposto a sacrificare le proprie vite per la libertà.

MT: Pensavo che mi avresti risposto Cleopatra magari…

SM: Mi piace l’Egitto! Gli egizi misero l’astrologia sulle loro mappe. Sai cosa sarebbe stato divertente? Cleopatra che si faceva leggere il tema natale.

Raccontaci della tua giornata tipica da astrologa. Facciamo finta che seguiamo Susan per 24 ore a New York. Cosa fai?

Potresti trovare la mia giornata abbastanza normale. Mi sveglio alle 6, e come prima cosa chiamo la banca per assicurarmi che il mio personale abbia ricevuto e incassato i propri assegni. Mentre controllo queste cose con la banca, mi lavo la faccia e applico una maschera. Dopodiché prendo le vitamine, e dopo la doccia metto sieri e le mie creme idratanti. Alle 9 faccio un’intervista internazionale in Europa (se il reporter è in Asia, faccio queste interviste alla mezzanotte dell’orario di New York). Per le 10 sono fuori casa. Prendo una tazza di caffè – magari anche un cornetto – e inizio a scrivere dal coffee shop, può essere che mi fermi anche per tre o quattro ore prima di cambiare location. Rimango sveglia fino alle 2 di notte, non ho bisogno di dormire molto.

Photo courtesy: Il Carlyle, a Rosewood Hotel New York

Lavori da casa o in ufficio?

SM: Ti sembrerà divertente; vado da Dunkin’ Donuts. Tutti mi prendono in giro per questa cosa perché è un negozio strano, arancione e viola con un personale molto amichevole. Starbucks non mi piace, è troppo cupo, preferisco l’atmosfera che c’è da Dunkin’ Donuts. Bevo soltanto una tazza di caffè al giorno.

Quando me ne vado da lì cerco un altro posto in cui lavorare. Scrivo tutto il giorno, perché quando lavoro per il mio sito web, Astrology Zone, ogni segno zodiacale mi richiede almeno 7 ore di tempo. Ariete e Toro sono i primi due segni, quindi potrei impiegare un’intera giornata a scrivere per quei due perché devo fare calcoli e devo memorizzare tutti i vari aspetti del mese.

Qui posso mostrarti…”, dice Susan mentre mi porge una cartella di 40 pagine piena di grafici e calcoli per i passaggi e le eclissi a venire, e mi rivela che avranno un ruolo importante per tutti noi nel mese di dicembre,” il giorno di Natale ad essere precisi. Sarà una fantastica giornata!

Susan mi dice anche che va a Los Angeles una volta al mese, perché è lì che si trovano diversi membri del team che la supporta con il suo sito web.

Quali sono i tuoi posti preferiti in città?

Chiunque venga qui dovrebbe andare ad Ellis Island, è il posto che preferisco da far vedere ai miei amici. Inoltre, adoro vedere il ponte di Brooklyn dalla terrazza del Soho House – è così bello! Se dovessi portare dei bambini a New York, li porterei al Central Park Carousel perché è dove mia madre mi portava quando avevo cinque anni, e anche alla piccola barca tra la 72esima strada e la Fifth Avenue.

New York ha anche così tanti ristoranti ottimi che è praticamente impossibile stabilire quale sia il migliore. Per avere una vista meravigliosa mi piace andare al Top of the Rock – è di gran lunga migliore rispetto alla vista dall’Empire State Building. Un hotel che mi piace molto è il Carlyle, dove vado sempre per bere il thè, che è anche l’hotel dove il Presidente Kennedy e Jackie erano soliti dormire durante i loro soggiorni qui. New York, aggiunge con uno sguardo luminoso, è “attraente” e “nessuna città al mondo è come New York a Natale. L’intera città è illuminata – New York sa come celebrare le festività, inoltre a dicembre nevica spesso. Faccio parte del National Arts Club, e a Natale ti fa sentire come se ti trovassi in una macchina del tempo, tornando indietro fino agli albori della città, davvero affascinante.

Che influenza ha Mercurio retrogrado sulle nostre vite?

Questo aspetto dell’astrologia colpisce tutte le persone in modo uniforme, sebbene influisca un po’ di più su Gemelli e Vergine perché sono segni governati da Mercurio. Mercurio governa l’editoria, la radio ed il mondo digitale, quindi influisce anche su tutte le persone che lavorano in questi settori.

Avrai comunicazioni sbagliate, guasti agli apparecchi, problemi ai software e ai computer. È un momento frustrante. Mercurio in realtà non diventa retrogrado, ma visto dalla Terra sembra tornare indietro rispetto agli altri pianeti. Ed è la proporzione tra i due pianeti, Mercurio diventa retrogrado tre volte l’anno per tre settimane e mezzo. Io viaggio durante Mercurio retrogrado, nonostante Mercurio governi i viaggi – basta essere un po’ più prudenti.

MT: E per tutti gli imprenditori che ci stanno leggendo, tu non firmeresti nessun contratto in quel periodo, giusto?

Non firmare un contratto durante Mercurio retrogrado perché potresti doverlo rifare più tardi: potrebbero esserci cose mancanti, confuse oppure non di tuo gradimento. Controlla gli indirizzi. Una volta andai a Detroit per vedere un’agenzia pubblicitaria e l’indirizzo che avevo era sbagliato, perché nel frattempo si erano spostati dalla parte opposta della città. Anche se devi spedire un pacco o una lettera è importante controllare gli indirizzi, perché Mercurio governa le poste.

“I giorni peggiori per Mercurio retrogrado sono le date di inizio e di fine del retrogrado.” – Susan ci consiglia di stare molto attenti a concederci uno spazio di una settimana prima e dopo questo periodo. Ha una chiara descrizione di Mercurio retrogrado sulla homepage di Astrology Zone. Scorri verso il basso e vedrai un elenco dei suoi pezzi, incluso quello, sul lato sinistro della sua homepage.

Questa domanda è divertente ma cosa pensi che un influencer non dovrebbe fare sui social media durante Mercurio retrogrado?

Oh! Il mio consiglio è quello di non condividere troppo. È come se fosse una scena della fiction “Gossip Girl” – un influencer non dovrebbe condividere troppe cose, perché finirebbe col pentirsi di ciò che ha scritto. Parlare troppo durante Mercurio retrogrado può metterti nei guai.

Sei stata la prima a capire l’importanza di Internet e hai lanciato il tuo sito astrologyzone.com nel 1995. Come si è evoluto il web fino ai giorni nostri?

Internet ora ha più funzionalità. Era il 1995 quando ho iniziato, non c’erano nemmeno i colori – tutto era in bianco e nero e quando guardavi un film, il video era piccolo quanto un francobollo e poco dopo il computer crashava!

Avere un e-commerce era molto difficile agli inizi, Internet permette di scambiare informazioni in tutto il mondo alla velocità della luce, come ad esempio mandare le informazioni dall’Alabama alla Danimarca, poi dall’Alaska al Texas – hai capito cosa intendo. L’e-commerce era una sfida perché, durante questi movimenti, alcune informazioni andavano perse (controllare testo inglese).

Pensavo che gli ingegneri non avrebbero mai risolto questo problema, ma alla fine ci sono riusciti. Ho poi lanciato l’app di Astrology Zone nel 2002 ma ho cambiato gli sviluppatori nel 2012 e l’ho rifatta diverse volte. Il nome ufficiale è “Daily Horoscopes Astrology Zone + More by Susan Miller” (http://apple.co/2gcVDnn  Android.  http://bit.ly/2y7pHaT)

Quando ho iniziato su internet, durante i primi sei anni,  appena facevo un’apparizione alla televisione, i produttori non volevano che lasciassi agli spettatori l’URL del mio sito web, perché credevano che il pubblico non sapesse cosa fosse un URL; allora gli dissi che non lo avrebbero mai saputo se nessuno gliene parlava. Sembrava che il mondo dovesse correre per sempre dietro alla tecnologia.

Come puoi ottenere il meglio dall’astrologia?

L’astrologia può essere uno strumento utile per coloro che sono disposti a cogliere un’opportunità.”È come ottenere opzioni, spetta ai lettori sapere cosa vogliono, riconoscere l’opportunità quando la si vede e agire su di essa quando arriva”.

Cosa ne pensi dell’ascesa dei social media come Instagram?

Mi piace Twitter perché le persone discutono di idee e perché puoi inserire facilmente un link e le foto sono molto più grandi che su Instagram. Instagram non ti consente di pubblicare un link, devi andare ogni volta sul profilo che ti interessa. Ad ogni modo sono su entrambi e il mio nome è lo stesso, @AstrologyZone. Ci sono troppi Susan Miller nel mondo! Il problema su Instagram è che 12 persone fingono di essere me. Inoltre vorrei vedere persone che condividono opinioni e idee, non solo foto con indosso un nuovo cappotto o con in mano una borsa firmata. Adoro la moda, ma per questo preferisco le riviste per tenermi aggiornata. Le riviste scelgono con cura i loro editor, che inseriranno la collezione di un designer tenendo conto di quelle passate in modo che ciascuna collezione attuale differisca dalle altre. Su Instagram, puoi vedere i lavori di Versace o Valentino, ma non puoi ottenere una spiegazione della direzione che il designer ha deciso di prendere quest’anno. Le riviste sono più complete a mio avviso.

Comincio a illuminarmi e cerco quasi un abbraccio quando afferma:

“I redattori sono eccezionali. E voglio il loro consiglio. Grazie.”Susan scrive per Amica in Italia e Vogue (Giappone), W (S. Corea) e Claudia (Brasile), SModa (Spagna), Vogue (Cina), Vogue (Grecia), e spesso scrive storie di copertina per Grazia (Francia) e Elle (Australia) per citarne alcuni. Il suo legame con il mondo della moda è sempre stato forte. Ci racconta che voleva diventare una stilista quando era piccola e vorrebbe lavorare di più con gli stilisti, quindi la nostra prossima domanda è obbligatoria.

Nella moda chi sono i designer e gli stili che ami di più e perché?

Dolce & Gabbana- sospira in soggezione (si può dire che adora il marchio). Valentino, dice con voce determinata. Ho appena visto questo vestito e sto pensando di prenderlo. È rosso, il mio colore preferito. Ha i volant. Adoro i tocchi femminili e Valentino (così come Dolce & Gabbana) comprendono le donne. In America, adoro Oscar De la Renta, anche se i suoi tagli non si allineano perfettamente al mio corpo. Mi piace Akris, il designer svizzero. Ho già detto che adoro Dolce & Gabbana? Tutti quei fiori!

Il tono di Susan si fa più alto, il suo entusiasmo per la moda e il design sta prendendo forma e le sue risposte scorrono con fiducia e passione.

“Adoro i fiori. Adoro tutto ciò che è femminile. Mi piace anche un design leggermente più formale. New York è formale. Los Angeles è molto più informale, anche negli incontri di lavoro, e mi ci vuole un po ‘di tempo per abituarmi ogni volta che vado. ”

Molti brand si sono resi conto del valore di collaborare con la tua esperienza come astrologa. Con quali marchi hai collaborato?

Oh, sono davvero tanti! Dior (borse Lady Dior), Apple, Furla, Veuve Clicquot, Chanel, Guerlain, Clarins, Lancôme, Chopard, Mac Cosmetics, Saks Fifth Avenue, Bloomingdale’s, per citarne alcuni. Conosco molti marchi francesi, ma mi piacerebbe lavorare con altri marchi italiani! Sono per metà italiana. La parte di mio padre è siciliana. (La famiglia materna di Susan è tedesca.) Oltre alla moda il beauty, è ambasciatrice della compagnia di bellezza Fresh, di proprietà di LVMH dal 2015 e dell’edizione Hotel a Miami. Unire l’astrologia nelle collaborazioni con i marchi è un modo unico ed efficace per raggiungere il pubblico e può essere estremamente creativo. Da gennaio a marzo 2020, ad esempio, il flagship store di Bloomingdale a New York City presenterà una boutique di Astrology Zone curata da Susan che offrirà oggetti unici selezionati, dall’abbigliamento maschile  alla gioielleria, dalla tecnologia e al design fino aall’abbigliamento per neonati, insegne e simboli. Queste collaborazioni sono curate in dettaglio da Susan e dai direttori di moda di Bloomingdale. Sono enormi operazioni di branding che possono a volte coinvolgere il talento di 30 persone!

Città preferite?

Amo Kyoto, voglio andare sul Monte Sugarloaf in Brasile, poi vorrei andare in Sicilia e muoio dalla voglia di visitare Milano. Adoro Roma e ho trascorso molto tempo lì. È tempo di vedere Milano!

Cosa non può mancare quando viaggi?

I miei gioielli, creme idratanti e le mie maschere. Adoro La Mer e tutte le maschere di Fresh part di LVMH. Uso anche altri brand ma Fresh ha le maschere più incredibili. Adoro la maschera al tè nero, quella chiamata idratazione alla rosa, la maschera al miele e la maschera Lotus Youth Preserve e la maschera al nettare di vitamina. Sono tutte fantastiche.

Fragranza preferita?

Alien di Thierry Mugler, è tutta a base di fiori. Mi piace anche Bal a Versailles di Jean Desprez, è un profumo meravigliosamente morbido e poudrè con un pizzico di vaniglia. È un profumo francese classico.

Entrando in temi specifici, cosa ci aspetta per tutti per il resto dell’anno? E nel 2020?

Ci sono tante belle novità per tutti i segni!

(Assicurati di seguirci, stiamo pianificando una grande storia e un elegante oroscopo 2020 in collaborazione con Susan, che annunceremo la fine dell’autunno.)

Le migliori date per gli affari nella restante parte del 2019? E per l’amore?

Senza esitazione quasi senza che io sia in grado di completare la frase, afferma dicembre!

SM: Dicembre è fenomenale. Si inizia con il 15 dicembre in Giove, e il trenta in Urano. Un aspetto trigono è pura armonia. Inoltre, segna la data! Adoro il 27 dicembre: Giove si congiunge con il Sole: il giorno più fortunato dell’anno. Non accadrà di nuovo in un segno diverso fino al 2021.

Cosa dovremmo fare in quei giorni fortunati, se potessi darci consigli.

Piantare un seme. Inizia una relazione o un’attività. Fai un viaggio importante se sei un Toro, ad esempio. Cancro? Decidi una relazione e, se sei innamorato, affidati al matrimonio. Ogni segno sarà influenzato in diversi modi. Sto scrivendo un grande libro sull’anno 2020, ma c’è troppo da dire a proposito di questo!

Quale è il segno più elegante?

Leone e Pesci, sebbene la Bilancia sia l’arbitro del gusto. Il Leone vuole fare un grande ingresso, mentre ai Pesci piace mescolare il vintage con i nuovi design in quanto non vogliono apparire come la prossima persona accanto a loro.

Quale il più trendy?

I gemelli, decisamente, e fanno combinazioni fantastiche con gli accessori.

Il più classico?

Capricorno, per esempio la principessa Kate.

Gli Scorpioni amano il nero. A loro piacciono le linee semplici e classiche in modo da poter mescolare e abbinare e sentirsi quasi come se avessero un’uniforme quotidiana a cui non hanno bisogno di passare troppo tempo a pensare.

All’Ariete non piace il frou-frou, predilige linee sottili, sorprendenti ma meravigliosamente tagliate.

I Vergine sono perfezionisti e maniaci dei dettagli. Sanno vestirsi bene e hanno fatto amicizia con il loro sarto.

Pesci e Cancro sono romantici. Sagittari in movimento e richiedono conforto.

I Toro amano le cose classiche fatte di tessuti belli e tattili.

Bilancia è l’arbitro del gusto e ama essere aggiornato sulle ultime tendenze. Acquario, non ha bisogno dell’approvazione sociale, non segue le tendenze, le avvia.

In attesa delle nuove eclissi e del tuo libro per il 2020, possiamo dare delle previsioni brevi ma molto interessanti per i nostri lettori riguardo gli ultimi mesi del 2019? Puoi dare una previsione per ogni segno?

Ariete: puoi aspettarti un’importante svolta nella carriera.

Toro: viaggiare. viaggi a lunga distanza o la decisione di tornare all’università per un diploma avanzato

Gemelli: i Gemelli riceveranno un sacco di soldi e non verranno emessi da uno stipendio ma piuttosto da un bonus, una commissione, una royalty o denaro esterno, come il capitale di rischio.

Cancro: matrimonio! Oppure il cancro può ottenere un aiuto straordinario da un partner commerciale, agente, manager, pubblicista, commercialista e collaborazioni di tipo simile.

Leone: incarichi di lavoro eccellenti e invidiabili avanzano anche in salute e fitness

Vergine: La Vergine ha gli aspetti romantici più belli nel 2020. Se la Vergine vuole un bambino, quest’anno può averne uno. La sua creatività raggiungerà anche nuove vette.

Bilancia: casa e immobiliare brilla per lei.

Scorpione: contratti e fortuna con i clienti a breve distanza. La chiave del successo dello Scorpione sarà nel modo in cui comunicano con gli altri.

Sagittario: il 2020 sarà un anno enorme di ricompensa finanziaria.

Capricorno: questo segno è il favorito del cielo quest’anno e otterrà una cornucopia di chicche. Stanno entrando nel loro anno di smeraldo una volta ogni 12 anni, dove un grande desiderio diventa realtà.

Aquario: riceverà aiuto dai VIP dietro le quinte. Si preparerà per il 2021 quest’anno, il suo anno di smeraldo. Devono iniziare a staccarsi da obblighi o associazioni che non trovano più utili o interessanti. Il 2021 sarà il loro grande anno.

Pesci: amici e gioia dai gruppi a cui appartengono. Ciò include anche il lavoro su un’organizzazione benefica o umanitaria: è qui che risiede la felicità dei Pesci.

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Capelli uomo: i look dell’autunno

Settembre è il mese che inaugura una nuova stagione, ancor più di gennaio. Le giornate si accorciano ed è sicuramente il momento in cui accorciare o almeno sistemare anche barba e capelli, perché, per quanto sexy possa essere il look selvaggio dell’estate, il rientro impone una nuova accuratezza. 
Il primo appuntamento allora è quello dal parrucchiere, per dare una rinfrescata al nostro taglio in vista dell’autunno. Vediamo alcuni spunti.

Per chi si trova a domare ricci e onde poco propensi a rientrare nei ranghi, il riccio strutturato è il look ideale: uno stile che, attraverso il giusto equilibrio tra volume e naturalezza, dona anche alla chioma folta dall’aspetto spettinato una base ben strutturata. Per mantenere la forma del riccio sono consigliati creme disciplinanti e nutrienti arricchite con olii come quello di jojoba, mondorla o burro di karitè.

In alternativa, per i capelli più lisci e desiderosi di nuova disciplina senza rinunciare alla lunghezza, i must-cut tra cui scegliere sono i classici della barberia come  l’Italian Cut, evergreen dell’eleganza. Un taglio lungo sia sui lati che sulla parte superiore, strutturato esclusivamente con l’utilizzo di pettine e forbici per evidenziare la naturalezza delle lunghezze. I prodotti migliori per mantenerne la struttura sono paste modellanti con cere e olii naturali.

Per chi invece ama i look più decisi, il taglio Executive Contourn unisce eleganza e audacia: la parte superiore dei capelli viene lasciata più lunga mentre i lati e la nuca vengono sfumati. Ed è proprio il tipo di sfumatura l’elemento distintivo di questo taglio che può essere modulato in chiave armonica o più ardita. Il finish ideale di questo look è un prodotto lucido e super fissante come la brillantina.

Crediti foto:Bullfrog
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Gli essenziali per il back to office

Ritorno in ufficio? Occasione perfetta per sfoggiare un nuovo guardaroba in sintonia con le tendenze della moda. Ecco qualche idea per iniziare questa stagione lavorativa con stile.

Bolon Eyewear

Seddle è linea unisex che rivisita il classico e intramontabile modello Aviator con una montatura dalle linee squadrate. garantisce leggerezza, flessibilità e resistenza all’usura. Il particolare nasello in acetato riduce la capacità di pressione sul naso coniugando comodità della calzata con un design innovativoBack to office

Boggi Milano

Il nuovo completo, concepito come abito spezzato da ufficio e da viaggio, è realizzato in jersey di nylon bi-stretch; rigorosamente in blu navy, garantisce libertà di movimento, senza rinunciare allo stile e all’eleganza che contraddistingue il Cosmopolitan Businessman.

Nava Design

Aspetto essenziale, superficie piatta, stile informale con dettagli colorati a contrasto. FLAT è la nuova collezione di zaini Nava, nata per soddisfare un pubblico giovane e dinamico. 

Prada

Zaino in nylon con doppia tascha a zip

Puma Sport 

Un perfetto mix tra sport e tecnologia, progettato per diventare l’alleato ideale di chiunque ama allenarsi e desidera monitorare i propri obiettivi, rimanendo sempre connesso. Dotato di cassa sagomata in nylon e alluminio, garantisce a chi lo indossa una vestibilità ultra leggera, mentre il cinturino in silicone ruvido offre una perfetta aderenza e traspirabilità.

Woolrich

L’iconico motivo Buffalo Check, in tre varianti colore su panno mistolana, assume un carattere metropolitano, dando vita alla categoria delle Overshirt in cui i modelli Alaskan, HuntingClassic and Traditional tengono le redini con il loro design pulito e attuale.

Ha collaborato Massimiliano Benetazzo

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Tre fashion colab per l’autunno

Sempre di più i marchi del fashion si aprono a nuove collaborazioni, non solo con altri brand, ma anche con personaggi noti del mondo dello spettacolo come cantanti, sportivi o designers. Di seguito, 3 inedite capsule collection per iniziare al meglio la nuova stagione.

Roy Woods x Moose Knuckles

Il brand canadese di outerwear street-meets-luxury, Moose Knuckles, collabora con il celebre rapper e cantautore canadese Roy Woods, presentando un’esclusiva capsule collection che da oggi sarà disponibile online e presso il flagship di Toronto.
La collaborazione debutterà con un mini-cortometraggio in stile documentaristico che offre una panoramica degli elementi che hanno influenzato la mente creativa di Woods, attraverso il racconto di Woods stesso e dei suoi più cari amici sia a Toronto sia a Brampton, la città natale del rapper.
La capsule si compone di pezzi esclusivi che comprendono una tracksuit, in acetato nero con tape rosso nastrato e logato, una t-shirt con joint-logo, e un cappellino da baseball autografato.

Liam Gallagher x Adidas

Il famoso marchio sportivo Adidas ha lanciato da poco la sua ennesima collaborazione, questa volta con il cantante ex Oasis Liam Gallagher.
Sembra che il cantante, la cui faccia è stata messa sulla paletta delle sneakers, abbia seguito lo sviluppo del modello a partire dal design, non limitandosi quindi ad una semplice firma.
A partire da Adidas kick, le prime scarpe della label indossate dall’artista, Gallagher è sempre stato fedele all’azienda delle tre strisce dichiarando che le sue sneakers preferite di tutti i tempi sono le Barrington smash e che la collaborazione con Spezial è nata in maniera molto naturale.
Il modello ricalca quello classico delle Spezial, mentre il colore bianco è stato scelto probabilmente per il rimando alle scarpe sportive che portavano i kids nei primi anni novanta: un modello sobrio, adatto ad essere portato tutti i giorni.

Converse x Ibn Jasper

Barber, pattinatore, designer e stilista Ibn Jasper ha collaborato con Converse per una nuova interpretazione della sua classica silhouette Pro-Leather. Cresciuto a Chicago negli anni ’80, Ibn ha fortemente rivisitato la silhouette e il modello di punta di Converse sui campi da basket, il che ha ulteriormente intensificato il suo amore per la cultura delle sneaker. L’intenzione di Jasper è quella di concentrare lo stile sofisticato di Erving all’interno di una collaborazione che renda omaggio all’eredità dell’ambizioso giocatore e al suo grande impatto sul gioco. La scarpa è realizzata da una tomaia in premium leather bianca con sovrapposizioni in suede grigio e una linguetta con stampa pitonata. I numeri romani in rilievo aggiungono un peso più storico ad un design contemporaneo accentuato dalla linguetta con zip.
La collaborazione sarà disponibile dal 26 settembre.

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Ray-Ban celebra i 90 anni di Scuderia Ferrari

A pochi giorni dal Gran Premio di Monza ci troviamo con Ray-Ban ad un evento esclusivo nel flagship store di Milano. Non potevano mancare, ovviamente, i due piloti della Scuderia Ferrari: Charles Leclerc e Sebastian Vettel.

Gli ospiti hanno dunque potuto conoscere i due campioni e sfidarli virtualmente grazie al simulatore messo a disposizione per l’occasione, oltre che scoprire la nuova collezione Ray-Ban for Scuderia Ferrari che include uno speciale modello Aviator in edizione limitata. Quest’ultimo vanta lenti in cristallo placcate oro bianco 24K abbinate a una montatura canna di fucile con finiture spazzolate, una combinazione resa unica dallo storico scudetto di Scuderia Ferrari. Per rendere omaggio a questa speciale ricorrenza, ogni pezzo di questa Limited Edition si caratterizza per le incisioni sui finali d’asta rosso Ferrari e un certificato di autenticità.

La Core Collection comprende 7 diversi modelli, ognuno con caratteristiche differenti, ma accomunati dall’attenzione ai dettagli quasi ossessiva che Ray-Ban e Scuderia Ferrari dedicano ai propri prodotti per ottenere un connubio perfetto di unicità e accuratezza.

Materiali, colori e design aerodinamico sono un richiamo deciso alla casa automobilistica . I modelli della collezione riprendono infatti il rosso fiammeggiante Ferrari, il giallo Modena e ancora le finiture in metallo brillante e in gomma, emblema delle leggendarie auto da corsa, diventano i tratti distintivi della linea eyewear composta sia da modelli sole che da modelli vista.

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Happy world beard day

Le nuove tendenze parlano chiaro, la barba nel 2019 va regolata, portata corta e super curata. In occasione del World Beard Day, ecco i consigli per un grooming perfetto firmati Dan Gregory, Grooming Ambassador Internazionale di Braun. Gregory è uno dei barbieri professionisti ed esperti del grooming maschile più ricercati al momento, attualmente fondatore e direttore creativo di Man Made, un barber shop nel cuore di Londra con una favolosa lista di clienti abituali, dai City Executives alle star di Hollywood. Ecco le ultime tendenze in fatto di barba. 

Cominciamo da quella corta e ben disegnata che deve avere contorni ben definiti e con una lunghezza non superiore ai 3 mm, mentre sulle guance e sulla linea del collo può essere sagomata oppure lasciata naturale. Per chi volesse un pizzetto ben definito ma sempre con un accenno di barba è necessario accentuare la lunghezza intorno al mento e al labbro superiore fino a circa 8 mm, mentre sul resto del viso ci si rasa fino a 2 mm circa, senza contorni. Infine i baffi, un look molto in voga in questo momento nella cultura hipster. Si ottiene rasandosi completamente ad eccezione del labbro superiore. E poi libero spazio alla creatività sulla lunghezza e la forma preferite.

Di seguito invece 9 segreti per ottenere una barba dal design impeccabile:

  1. Iniziare con la barba di una certa lunghezza per creare più look
  2. Partire dalle guance per poter sbagliare
  3. Completare un lato del viso e poi fare l’altra metà, seguendo la simmetria
  4. Non limitare la tua creatività
  5. Avere un po’ di tempo libero per creare uno stile migliore
  6. Curare costantemente il design della barba
  7. Fare una doccia o un bagno caldi per ottenere una rasatura perfetta
  8. Utilizzare un buon device
  9. Pulire sempre il device dopo ogni utilizzo per garantire prestazioni ottimali

Crediti foto: Braun

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A Venezia il red carpet dell’alpha male

Tailoring moderno e un feel di discreta stravaganza. A Venezia non solo cinema. Mentre l’edizione 76 della mostra del cinema di Venezia 2019 volge al termine, sul red carpet affacciato sulla laguna si alternano i look di gala degli uomini più eleganti dello star system. La palma d’oro per l’originalità se la aggiudicano Ghali, il rapper da pochi mesi legato alla super top romana Maria Carla Boscono, che ha optato per un tuxedo con drappeggio che scivola dal rever firmato da Dior Homme by Kim Jones oltre a Timothée Chalamet, enfant gaté della scena cinematografica ( è il protagonista del prossimo film di Woody Allen in uscita sui nostri schermi a ottobre). L’enfant prodige del cinema sfoggia look eccentrici e tuttavia convincenti, disegnati per lui dallo stilista francese Haider Hackermann. Gli amanti del classico sartoriale, che è poi la soluzione vincente per un dress code maschile impeccabile, si lasceranno sedurre da Nicholas Hoult infilato in uno smoking rilassato di Emporio Armani, da Claudio Santamaria che ha esibito una giacca iridescente doppiopetto sempre disegnata da Re Giorgio, da Brad Pitt e da Adriano Giannini con i loro smoking sartoriali pennellati addosso targati Brioni, o ancora da Joel Edgerton al quale il direttore creativo del menswear griffato Louis Vuitton ha dedicato un outfit custom made con abbottonatura invisibile. Dulcis in fundo per Gucci Alessandro Michele pensa a David Bowie e a Oscar Wilde per i look indossati da Achille Auro e da Milovan Farronato. In questa gallery Manintown vi invita a scoprire i best looks dei veri gentlemen firmati dalle maison di moda internazionali.

In copertina: Brad Pitt in total look Brioni

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Donatella Versace annuncia l’autunno con un festival di luci e stampe

La Medusa colpisce ancora. Direttamente da New York arriva nelle esclusive boutique di tutto il mondo la nuova prefall collection autunno-inverno 2019-20. Mentre la fashion week della Grande Mela con le passerelle primavera-estate 2020 entra nel vivo, Donatella Versace, un tempo musa del geniale demiurgo della moda italiana Gianni Versace e oggi direttore creativo della maison della medusa, gioca d’anticipo. E propone una co-ed collection ricca di capi da avere subito e da mettere nel guardaroba per la stagione fredda.

Direttamente dalla catwalk di New York al The American Stock Exchange’ la bionda stilista calabrese ha dichiarato: “E’ la prima volta che presento la mia collezione a New York. Sono molto emozionata, ho voluto creare una collezione che unisse la tradizione sartoriale di Milano con l’energia di New York in un omaggio a questa città unica”.

L’America è stata un po’ un trampolino di lancio e un mondo ispirazionale per Versace: già ai tempi di Gianni Versace che negli anni’70 frequentava lo Studio 54 e nello stesso periodo presentò una collezione di Complice a Dallas, la griffe era legata a doppio filo alla patria di Obama, tanto che spesso la collezione Versus affidata al talento di Donatella Versace, sfilava a New York, senza contare la colonizzazione di Miami che prima di Gianni Versace non era così ambita e glamourous. Anche la moda maschile di Versace è da sempre ispirata ai codici della mascolinità e sensibilità virile made in America, un po’ latina, un po’ poliglotta ed eurocentrica.

E così in passerella fra le proposte dedicate a lui si sono visti: il contrasto tra le tonalità autunnali, le luci brillanti della città e i colori fluo, che danno vita a nuove combinazioni di stampe animalier, un grunge flair nei coat zebrati e nelle giacche che ‘mettono nero su bianco’ mentre rievocano Kurt Cobain e i Pearl Jam.

E poi stars, stripes e neo barocco nelle fantasie più esuberanti very Versace, le spille da balia, simbolo della maison, applicate sui revers dei fluidi ed eleganti completi all black indossati da modelli afro. La zampata di stile della griffe si fa sentire nei pants di pelle shiny molto rock. Il fit è abbastanza skinny ma non troppo, perché gli eroi di Versace sanno anche mostrare i muscoli (vedi Luke Evans, ormai aficionado dello stile della Medusa), e ancora i cuori di Jim Dine, creati un tempo per Gianni Versace, ora tornano a campeggiare sulle tute e le camicie aeree, mentre brillano sotto i riflettori le giacche di pelle cognac spalmate. New York, città legata al passato della illustre maison ma con lo sguardo sempre rivolto al futuro, incarna lo spirito degli uomini e delle donne Versace che si alternano tra il proprio mondo mitologico e la realtà moderna e cosmopolita. Una Versace state of mind.

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Brand alert: Suicoke x Batman

Simbolica collaborazione dell’azienda giapponese dai sandali creativi e moderni. E’ il turno di Batman, una vera e propria icona del fumetto che dalla fine degli anni trenta entra in migliaia e migliaia di case, coinvolgendo grandi e piccini. 

Suicoke rivisita il suo modello KAW creando un prodotto fresco in termini di design che mira al diretto rimando con l’universo del pipistrello americano dallo sfondo giallo. La suola Vibram, caratteristica distintiva dei sandali del brand, garantisce comfort e stabilità anche in questa nuova collab, dove l’imponente fascia in nylon riprende il celebre simbolo di Batman. 

Il modello nasce in occasione del suo 80esimo anniversario, si inserisce all’interno di un complesso e affascinante progetto: il Batman’s Universe di Parigi alla Galleria Lafayette, nella zona degli Champs-Élysées. Visitabile fino al 22 di settembre 2019, lo spazio espositivo, oltre il sandalo targato Suicoke, offre ai visitatori (e a tutti i fans) la possibilità acquistare T-Shirt, libri, tazze, bicchieri ma anche pochette, orologi, adesivi, stampe, prodotti per la casa e tanto altro ancora. Amanti o meno del pipistrello supereroe più famoso al mondo, l’esperienza all’interno è un vero e proprio viaggio dove tutto rimanda armoniosamente alla dimensione Batman. Il layout dello store non è altro che il risultato di un grande progetto.

Nato del 2006, Suicoke è famoso per essere un brand fresco, creativo, con una costante attenzione alla cura dei materiali usati e al design dei suoi prodotti. Focus dell’azienda è quello di unire comodità e qualità allo stile moderno, in continua evoluzione, dalle disparate forme e volumi. Caratteristica indiscussa delle calzature è la presenza della suola prodotta da Vibram, azienda italiana leader nel settore e riferimento di base dei sandali giapponesi.

L’azienda ha dinamicamente collaborato con importanti marchi, retailers e designers creando pezzi che non sono passati inosservati nel fashion system. Forme, colori e fantasie, la mission di Sauicoke è quella di far sentire ognuno a proprio agio e abbinare i sandali a look che rispecchiano la nostra persona facendoci stare semplicemente bene. La strada del brand è stata (ed è oggi) in ascesa, dai piccoli accessori prodotti agli inizi, ad una vasta gamma di calzature che hanno acquisito un posto importante in quello che è il mondo del footwear.

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Back to beauty

La beauty routine non dovrebbe mai andare in vacanza, ma se tra un tuffo in piscina o una gita in barca ci siamo dimenticati qualche passaggio, ecco i nuovi alleati con cui correre ai ripari. Ci sono prodotti adatti a chi ha trascurato la protezione solare e desidera lenire la pelle, oppure per chi avesse voglia di novità troviamo i migliori prodotti per l’autunno,  come i filtri anti inquinamento (il nostro peggiore nemico in città). Pronti a ripartire?

Ren Clean Skincare

Trattamento localizzato che aiuta a mantenere la pelle libera dalle imperfezioni e a regolare il sebo, diminuendo il rischio che la pelle si secchi o squami. L’Acido Salicilico aiuta il naturale rinnovo cellulare, riducendo la dimensione dell’imperfezione e lasciando la pelle libera dalle impurità.

Eisenberg

Un trattamento quotidiano giorno e notte innovativo per gli uomini che aiuta a proteggere, calmare e riparare le pelli sensibili, delicate e rese fragili. Unisce l’efficacia della Formula Trio-Moléculaire®, le ricerche all’avanguardia della biotecnologia sulle cellule staminali di origine vegetale e dei principi attivi naturali ad elevata performance.

Maria Galland

CELL’DEFENSE VOILE ANTI-POLLUTION QUOTIDIEN è uno schermo multiprotettivo invisibile che protegge la pelle dalle aggressioni ambientali donandole un aspetto liscio e naturale.

Comfort Zone Skin Regimen

Concentrato dalla texture cremosa con retinolo incapsulato e silibinina, un’alternativa naturale altamente efficace all’acido retinoico. Svolge un’azione rinnovante intensiva ed è ideale per correggere rughe e imperfezioni, permettendo di ottenere risultati rapidi e visibili.

Darphin

Crema occhi che aiuta a contrastare l’invecchiamento causato da migliaia di movimenti muscolari intorno agli occhi ogni giorno e dona un aspetto giovane e luminoso. Le linee e le rughe sono attenuate e le occhiaie sono visibilmente ridotte.

Biofficina Toscana

Maschera in argilla viola detox-lenitiva. L’argilla agisce in sinergia con le mucillagini di malva bio toscana, dalle proprietà lenitive e idratanti per una pelle pulita, levigata e riequilibrata. 

Erborian

Immerso in una texture acquagel, il complesso a base di fibre e linfa di bambù contribuisce a idratare la pelle, che appare come rinfrescata e rimpolpata d’acqua. I segni di stanchezza appaiono attenuati, la pelle è come levigata, morbida e lenita.

Promedial

A base di Allantoina e Burro di Karitè, ricostruisce il mantello lipidico, lenisce e idrata.

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007 film: tutte le pellicole di James Bond

Chi non conosce James Bond e 007 film?! 

La serie di James Bond, di produzione anglo-statunitense, nasce nei primi anni sessanta con la prima pellicola, ispirandosi ai romanzi dello scrittore Ian Fleming. La serie parla di spionaggio e il personaggio di James Bond è un agente segreto dal nome in codice 007, dove il doppio 0 sta per “agente con licenza di uccidere”.

Gli 007 film che compongono la serie ufficiale sono ben 24 pellicole prodotte dalla EON Productions oltre a tre prodotte da altre società di produzione e fuori serie ufficiale. Ogni serie è ambientata nelle varie località del mondo e appassionano da decenni gli amanti del personaggio, che ogni volta restano col fiato sospeso sino alla fine per scoprire la nuova missione di James Bond e le sue imprese.

I film di 007 rappresentano anche la più importante serie ad avere il record in fatto di continuità di uscita delle pellicole, la pausa più lunga che hanno visto è stata di 6 anni.

Quali sono le pellicole di 007 film di grande successo

Le pellicole sono ben 24 e fra tutte ve ne sono senz’altro alcune che si ricordano di più per il loro clamore artistico:

Licenza di uccidere

Il primo dei 007 film, un successo mondiale che segna anche la fortuna della casa cinematografica EON Production. In questo primo film della serie di James Bond si vede il giovane Sean Connery, che viene legato dalle EON con un contratto di 5 anni, ma che permette allo stesso giovane attore di diventare un sex symbol e una star del cinema.

Thunderball, Operazione Tuono

Film della serie del 1965 e che ancora oggi detiene il record di incassi al botteghino per quanto riguarda la serie di pellicole degli 007 film.

Vivi e lascia morire

Siamo nel 1973 e con un nuovo attore a interpretare James Bond. Ora sullo schermo si vede Roger Moore, attore londinese che accetta la parte al posto di Sean Connery. Al momento, la critica non sembra volerlo decretare un film di successo, ma ecco il super incasso al botteghino: ben 161,8 milioni di dollari.

Vengono girate molte altre pellicole e passano gli anni e diversi saranno gli attori a interpretare James Bond, sino alla fine degli anni ’80, dove vediamo uno stop delle produzioni, che riprenderanno solo a metà degli ’90, nel 1995 con i 007 film a riprendere il loro posto e far sognare ancora gli appassionati della saga.

Il nuovo successo sotto ogni punto di vista fra le varie pellicole girate si ha con questo film:

Skyfall

Nel 2012, l’attore è Daniel Craig, già presente nelle pellicole precedenti. Con questa produzione la serie ha un successo musicale, cinematografico e commerciale. La spesa è stata di circa 200 milioni di dollari ma l’incasso ha superato il miliardo e la critica è stata buonissima, riconfermando Sam Mendes, il regista, per girare Spectre del 2015.

Barròco: shopping online fatto ad arte

In un momento che vede da un lato il fast fashion e dall’altro e la ricerca del fashion brand (con tanto di logomania tornata alla ribalta) c’è da chiedersi se ci sia ancora spazio per chi ama cercare pezzi unici in cui  il concetto dell’artigianalità non sia necessariamente sinonimo di classico. 

 Per questo è nato nel 2018 Barròco, piattaforma e-commerce, che aiuta gli artigiani italiani nel processo di internazionalizzazione e digitalizzazione consentendo la vendita direttamente dal produttore al consumatore. Un progetto innovativo – nato da un ‘idea di Andrea Panarese  – che dopo un percorso in Economia e Commercio in Cattolica e diverse  esperienze come Business Developer ha intuito le potenzialità dell’artigianato Made in Italy che grazie ai nuovi media digitali può essere preservato e promosso in tutto il mondo. Il nome stesso di questo particolare online shop rimanda al concetto di Barocco (tipico di Lecce, città natale di Panarese), che in portoghese si traduce in Barroco, un gioco di parole e un concetto di arte preziosa che si rinnova in forme diverse nel tempo.

“Con Barròco permettiamo a tutte le realtà a vocazione artigianale, di crescere e vendere in tutto il mondo”, racconta lo stesso Panarese. “Ci rapportiamo sia con realtà che possiedono già un loro prodotto, sia con realtà che hanno interesse a crearlo e le seguiamo in un processo di crescita e internazionalizzazione. Barròco nasce per trasformare e innovare i modelli di business degli artigiani Italiani, fornendo gli strumenti e il know-how per affrontare le nuove sfide di un mercato sempre più globale.”

E proprio per raccontare ancora meglio questo patrimonio a tratti ancora sommerso andrà a breve online anche un vero e proprio Magazine Barròco. Uno strumento importante per approfondire e rinnovare la comunicazione di un settore che deve trovare il giusto equilibrio tra heritage e futuro. E proprio per garantire la miglior shopping experience, tra gli altri importanti servizi  offerti dalla piattoforma è il supporto pre e post vendita assicurato da una chat, attiva dalle 8 alle 24, e un supporto e-mail dedicato ai clienti h24. 

La selezione di Barròco per lui spazia da un’ampia scelta di scarpe (dalle classiche alle sneaker), borse e accessori più svariati, pantaloni sartoriali (tra i best seller insieme alle camicie) fino a un’ampia scelta di giacche e giubbotti. Un percorso di artigiani davvero entusiasmante dove si possono incontrare sia realtà di lunga tradizione, come quelle di Mario Bemer e Valsecchi per le calzature, la camiceria Ambrosiana alle cravatte, sciarpe e bretelle di Fumagalli 1891, gli ombrelli fatti a mano da Pasotti, sia numerosi artigiani di nuova generazione, come gli zaini di Alessandra Franceschini. Attualmente la piattaforma ospita 30 artigiani, ma sono previsti nuovi ingressi previsti con l’autunno/inverno 2019-20 e l’ampliamento anche della parte donna con l’haute couture e la maglieria. Un viaggio in cui le migliori tradizioni incrociano le nuove frontiere del digital.

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Style guide: la bassa Maremma e lo stile buttero

“Ti amo Maremma fin dove al mar ti sposi e ti vesti di tramonti”. è il titolo di un recente libro dell’autore Andrea De Maria che perfettamente descrive le sensazioni che si provano vivendo nella zona litorale che si estende dalla bassa Toscana all’alto Lazio.

Sebbene il ruggente ventennio Settanta-Ottanta che vide questo fortunato lembo di terre gremito di vip e royal sia ormai un lontano ricordo, la bassa Maremma punta ora sulle attività outdoor. A chi non piacerebbe immergersi per scoprire i ricchi fondali del Mar Tirreno?

A Porto Ercole è possibile da Argentario Divers, che compie grazie a un team preparatissimo immersioni nel parco marino dell’Arcipelago Toscano e lungo il promontorio dell’Argentario. Se la vostra passione è lo sport acquatico consigliamo La Family on The Way (instagram: lafamilyontheway), un’itinerante scuola per chi ama Windsurf, Kitesurf e Standuppaddle. Potete trovare la Family in estate nella baia di Talamone.

E come vestirsi per le cene mozzafiato dopo aver ammirato gli ammalianti tramonti maremmani (Il Ristorante il Cantuccio di Orbetello è il posto ideale per gustare dell’ottima carne)? Un must è la giacca del marchio Capalbio: fit maschile, perfettamente bilanciata tra la tradizione maremmana e l’heritage sartoriale del miglior made in Italy.

Da indossare sopra al pullover ruggine di Brunello Cucinelli.  Per il bottom  cintura Wrangler con fibbia argentata insieme ai chinos di Fendi tonalità cammello. Ai piedi, per dare quel tocco contemporary al look, sneakers bianche Maison Margiela. Dopo la cena, concedeteci un po’ di romanticismo, vi sembrerà di vivere in un dipinto macchiaiolo di Fattori. 

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Charles Leclerc, la giovane stella Ferrari

Sa stare al suo posto, ascoltare gli ordini di scuderia e capire quando può essere necessario sacrificarsi, è giovane ed ha talento. Charles Leclerc è veloce, ma è anche composto, raffinato, elegante. Ha tratti fini ed occhi del colore del mare, quel mare dove ogni giorno si specchia il “glamour” del suo luogo d’origine: Monte Carlo.

Il ventunenne pilota di Formula 1 da questa stagione affianca il quattro volte iridato Sebastian Vettel in Ferrari. Era dai tempi di Ricardo Rodriguez, nel lontano ’61, che Maranello non investiva su un pilota così giovane. Una ventata d’aria fresca, indice della volontà dello storico team di rinnovarsi.

Tutti, colleghi inclusi, vedono in questo ragazzo un futuro promettente: in lui sono riposte fiducia, speranze, e il forte desiderio di riconquistare un titolo mondiale che manca da tempo.

Ad oggi, si può dire che la tuta rossa gli ha regalato gioie e dolori: in sei Gran Premi, ha ottenuto la sua prima pole in carriera, una vittoria sfumata e premiata con una coppa di bronzo, un quartetto di quinti posti e un ritiro, più amaro dell’amaro poiché arrivato proprio nella sua amata Monte Carlo. 

Tanto tranquillo e carismatico fuori dalla pista, quanto determinato guerriero dentro la sua monoposto, Charles ha sin da subito dimostrato impegno, velocità, determinazione, e un’ingenua audacia ai limiti della spericolatezza tipiche dei predestinati a diventare leggende. Chiunque, nella gara monegasca, ha rivisto romanticamente in lui un po’ del Gilles Villeneuve nell’ Olanda del ’79, in quel pazzo tentativo di fare metà pista su tre ruote pur di arrivare ai box e portare avanti la sua rimonta consapevole di avere il fondo totalmente danneggiato. Forse, per questo, l’aver compiuto solo 18 tornate sulle 78 previste è stato un po’ meno doloroso del normale. Nonostante tutto, è riuscito ad esibirsi in un paio di sorpassi spettacolari. 

Il Principato è il suo luogo del cuore: quando, da piccino, sentiva le auto da corsa passare sotto casa durante il Gran Premio, allungava il collo per cercare con lo sguardo quella di colore rosso. Perché, come ammette lui stesso, “La Ferrari è il sogno di tutti i piloti, anche di quelli che non lo dicono.”

Spinto dalla passione tramandata dal padre Hervè, inizia a correre a soli otto anni a Brignoles, il kartodromo gestito dal papà del compianto Jules Bianchi, suo fraterno amico. La prima volta sul kart è così elettrizzante, da non accorgersi di guidare senza casco. Quando la Scuderia Ferrari decide di inserirlo nella Ferrari Driver Academy gestendone la crescita sportiva nel 2016, Leclerc vede sempre più vicina la possibilità di entrare a far parte del grande Circus. Due anni più tardi, il volante in Alfa Romeo Sauber è suo. Dopo un inizio di stagione faticoso, Charles riporta alla luce le sue capacità con valide prestazioni e non passa inosservato.

Nel settembre del suo stesso anno d’esordio, Ferrari lo sceglie per il 2019 come sostituto di Kimi Raikkonen, l’ultimo “Imperatore rosso”.Per la prima volta dalla sua fondazione, la Ferrari Driver Academy riesce a portare un allievo in “prima squadra”, Charles, d’altronde, l’Italia ce l’ha proprio nel cuore. Non solo per le gare di kart, anche per Giada, la sua fidanzata di origini partenopee. 

Foto courtesy Charles Leclerc

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Bagnaia, rookie blasonato

Lo abbiamo presentato nel numero di Manintown di Gennaio, quando solo da qualche mese era diventato Campione del Mondo di Moto2 con i colori dello Sky Racing Team VR46, mentre fresco di contratto con la Pramac Ducati si accingeva ad intraprendere una nuova stagione, questa volta in MotoGP. Abbiamo seguito Francesco Bagnaia in questi primi Gran Premi di stagione, dopo il trittico extraeuropeo, nelle tappa spagnola e poi in quella francese ed italiana al Mugello. E’un rookie nella classe regina e non è facile scendere in pista sfidando i suoi idoli.

Quest’anno ti confronti in pista Valentino Rossi, il tuo idolo, il tuo mentore. Hai detto che per te non è propriamente un avversario…

Confermo che è difficile vederlo un avversario come tutti gli altri piloti. Di certo è qualcosa di… davvero figo! Io sono nato nel 1997, l’anno in cui ha vinto il suo primo titolo mondiale in 125cc. Per me è un esempio, per la forza che ci mette per continuare a correre ad alti livelli e migliorarsi di continuo.

Per la  MotoGP con il team Pramac Racing e contratto diretto Ducati per 2 anni. Hai detto che vuoi crescere, imparare, un obiettivo realistico può essere il titolo rookie?

Sì, anche se non sarà facile. Cercherò di essere il miglior esordiente dell’anno e come performance rientrare nel Q2 (seconda sessione di qualifiche, ndr). Considerando il livello della MotoGP non è facile, ma ci provo ad ogni gara.

Nel calcio spesso alle presentazioni dei nuovi calciatori dicono “Ho sempre sognato di indossare questa maglia”. Nel tuo caso, per davvero, sei sempre stato un Ducatista, volevi proprio correre con questa moto…

Assolutamente sì. La Ducati è una moto e un’azienda che mi sono sempre piaciute tantissimo. Un po’ meno diciamo dal 2010 al 2013 in MotoGP, ma nei successivi anni ho visto un grande cambiamento. Sono tutti molto, molto motivati a vincere, lavorano tantissimo e non si risparmiano mai. Inoltre sin da bambino volevo correre con una Ducati…


Ducati ha scritto pagine di storia del motociclismo anche in Superbike: se ti chiedessero di correre qualche gara in questo campionato l’anno prossimo? Ai Ducatisti piacerebbe…

Extra-MotoGP in particolare vorrei correre in un prossimo futuro in Giappone, alla 8 ore di Suzuka. Una gara che mi ha sempre affascinato per l’atmosfera, per tutto il contorno, ma non solo. Mi piacerebbe molto correrci con Ducati, ma al momento non prende parte all’evento: in futuro, chissà…

In Ducati sembrano già pazzi di te, anche perché vogliono dimostrare che un “deb” possa andare subito forte con una moto finora ritenuta difficile…

“Sono dell’idea che sia più complicato per un pilota passare da un’altra MotoGP alla Ducati, rispetto che per un rookie salire per la prima volta in sella alla Desmosedici. Me ne sono accorto già dai primi test: la Moto2 è una moto che praticamente “non frena”, non curva velocemente, ha chiaramente dei limiti. In sella ad una MotoGP tutto ti sembra più grande e… migliorativo, dove hai sempre un gran margine per andare più forte. Forse per questo mi sono trovato subito bene con la Ducati, non avevo pregressi riferimenti in sella ad una MotoGP. L’attenzione che ripone in me la casa madre? Chiaramente è positivo e ne sono onorato, me lo hanno dimostrato sin dal primo giorno. Poter lavorare con Christian (Gabarrini, capo-tecnico) e Tommaso (Pagano, telemetrista) è il massimo. Mi sono trovato subito bene con loro, si sono interfacciati con me con umiltà, senza impormi nulla, trovando insieme la strada per migliorarci. Davvero il top!

Se dovessi paragonare la guida di una MotoGP a qualcosa nella vita di tutti i giorni, cosa penseresti?

Non ne ho idea. La MotoGP è assurda: frena troppo, viaggi ad oltre 300 orari, in curva sembra non avere limite. Non saprei a cosa paragonarla: è qualcosa di unico.

Da pilota professionista sei un giramondo: molti tuoi colleghi si sono trasferiti ad Andorra o Lugano, tu pensi vivrai ancora a lungo in Italia?

Si dice “mai dire mai nella vita”, ma non credo. Sono dell’idea che vivere in Italia sia il massimo: come si sta qui non ha eguali.

Sei un ragazzo tranquillo, riservato, educato… La definizione di “pilota della porta accanto” ti piace?

Mi sembra un appellativo un po’ “moscio”… Però sì, mi piace. Sono fatto così, cerco di essere disponibile con tutti, mi sembra doveroso.

Diventare un pilota professionista richiede impegno, sacrifici, anche tanti rischi. Di questi tempi, ti ritieni comunque un privilegiato?

Assolutamente sì e so perfettamente di esserlo. Per questo ringrazio sempre la mia famiglia per i loro sacrifici di questi anni, così come la VR46 e chi mi è stato sempre accanto. Ci penso sempre.

Quando sei diventato Campione del Mondo in Moto 2 con lo Sky Racing Team VR46 ti sentivi cambiato?

Io no, affatto. Ma posso dire che ho notato più che altro un avvicinamento da parte di persone che si sono appassionate al motociclismo proprio in seguito al titolo mondiale vinto, soprattutto a Chivasso, la mia città. “

Foto: Ufficio stampa Pramac Ducati

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Notorius BIG: storia del rapper assassinato nel 1997

Notorius BIG è lo pseudonimo di Christopher George Latore Wallace, anche chiamato Biggie o Biggie Smalls: ma chi era?

Gli amanti del rapper sicuramente sanno quasi tutto di lui, mentre per tutti gli altri, ora vi raccontiamo di più.

Notorius BIG chi era?

Biggie è stato uno dei più grandi rapper della storia statunitense e del mondo. Nato il 21 maggio 1972 a New York,  da Violetta Wallace, insegnante, e George Latore, un politico, entrambi giamaicani. Il padre li abbandona però quando Christopher ha solo 2 anni e la madre si ritrova così a dover fare due lavori per crescerlo.

Il soprannome Big gli viene dato durante il periodo scolastico per via della sua robusta corporatura, studente modello in quanto eccelle in ogni materia, ma a soli 12 anni frequenta brutte compagnie e comincia a entrare nel mondo della droga e successivamente a spacciare. Siamo negli anni 80, quando il consumo di crack aumenta in maniera esponenziale.

Purtroppo non finisce qui, infatti Notorius Big inizia a spacciare sempre più di frequente e a 17 anni abbandona la scuola superiore. Nel 1989 viene fermato con un carico di armi e viene arrestato a Brooklyn e condannato in libertà vigilata a 5 anni, mentre solo l’anno dopo, nel 1990 viene di nuovo arrestato per non aver rispettato la libertà vigilata. Nel 1991 viene arrestato per possesso di crack nella Carolina del Nord e resta in carcere per 9 mesi per poi uscire su cauzione.

Il 9 Marzo del 1997 muore a Los Angeles perché assassinato con quattro colpi di pistola durante una sparatoria automobilistica

Nonostante i precedenti, Notorius Big ispirò molti rapper in America tanto da dedicargli anche un film in sua memoria nel 2009, dal titolo Notorius B.I.G.

Notorius BIG la carriera rapper

Biggie Smalls fece testi autobiografici e fu molto noto anche per la sua abilità nello storytelling.

Notorius Big pubblicò il suo primo album nel 1994 “Ready to Die” e gli viene dato il merito di portare New York a maggior visibilità dal lato musicale rapper. A seguire, l’anno dopo, forma il gruppo Junior M.A.F.I.A., con i suoi amici d’infanzia.

La sua carriera musicale, vista la sua morte precoce, non è lunghissima, ma nonostante la breve carriera è riuscito a vendere oltre 17 milioni di copie, dei suoi album e dei singoli da solista, questo contando esclusivamente le vendite negli Stati Uniti.

15 giorni dopo la sua morte, nel 1997, viene pubblicato il suo doppio disco che raggiunge subito il primo posto in classifica statunitense fra gli album più venduti. Non solo, nel 2000 vince anche il disco di diamante.

Oltre a questo, dopo la sua morte sono stati pubblicati altri 4 album, contenenti alcuni delle tracce, altri invece registrati quando Notorius Big era ancora in vita, ma mai pubblicati prima dalla Bad Boy Recors e pertanto inediti.

MTV classificò Notorius Big al terzo posto nella classifica dei più grandi Master of Ceremonies.

Beauty spa a km 0

Il cappero di Salina, il latte di cavalla di Nova Levante, il mirto di Sardegna. Sono tutti prodotti tipici regionali italiani che la natura offre secondo le stagioni. Ottimi per la salute, perfetti anche per il mondo beauty dove si ragiona sempre più in un’ottica locale e a km zero. Ecco quindi moltiplicarsi le linee cosmetiche che utilizzano le materie prime del territorio e i trattamenti delle Spa, pronte a preparare ricette speciali dal Nord al Sud Italia, passando per le isole.  

Fieno

Il fieno è utilizzato per i bagni, cioè le immersioni in erbe di montagnafresche, in via di fermentazione. I bagni di fieno agiscono positivamente sull’organismo, diminuiscono la ritenzione idrica, migliorano la circolazione. Settanta erbe d’alta quota per i bagni di fieno del Romantik Hotel Turm di Fiè allo Sciliar (www.romantikhotels.com) rilassanti ed efficaci per i reumatismi. Da provare nell’acqua di una tinozza di legno oppure a secco, su un letto ad acqua, sommersi dal fieno caldo. 

Cirmolo

Il pino cembro o cirmolo, vive sulle Alpi, ma soprattutto nel Parco Naturale Fanes-Senes-Braies. Ha proprietà balsamiche, antibatteriche e terapeutiche. Studi specifici dimostrano che il legno di cirmolo influenza significativamente il benessere. Tra i molti vantaggi ci sono l’abbassamento della frequenza cardiaca, l’aumento della qualità del sonno, il recupero delle energie. La combinazione tra vitamina C, oli essenziali, resina, trementina e pinoli, regala un senso di calma. La spa Excelsior Dolomites Life Resort di San Vigilio di Marebbe (www.myexcelsior.com) propone un massaggio per il rilassamento profondo con bastoncini al cirmolo.

Latte di cavalla

Il latte è ricco di vitamine C e A, sali minerali, oligoelementi, acido lattico, emolliente e levigante e urea idratante. La spa del Romantik Hotel Post Cavallino Bianco di Nova Levante (www.romantikhotels.com) presenta trattamenti per il corpo come il bagno e il peeling o per il viso come Cavallinospa Antiage, a base di latte di cavalla fresco e prodotti della linea CavallinoSpa, certificata bio, che contiene solo il latte delle fattrici dell’allevamento dell’hotel, senza fragranze sintetiche, coloranti, conservanti, silicone, paraffina e alcool.

Ginepro

Nelle bacche di ginepro si trovano zuccheri, acidi organici, limonene, terpeni, acido ossalico, acido malico, resine, tannini, flavonoidi e antociani. Il ginepro pulisce i pori e depurail corpo dalle tossine. Purificante e antisettico, è utilizzato per pelle e capelli grassi, ma anche per massaggi rilassanti. L’azienda Vitalis Dr. Joseph di Brunico ha realizzato in esclusiva per i VitalpinHotelsinAlto Adige(www.vitalpina.info) prodotti e trattamenti a base di mela e ginepro.

Pino mugo

Il pino mugo cresce sui monti dolomitici dai 1200 ai 2700 metri, soprattutto nella val Sarentino. L’olio ricavato dalla resina si utilizza per trattamenti che danno una sferzata d’energia. Il pino mugo infatti, oltre a stimolare la circolazione, è anche purificante e rivitalizzante. Nella spa del Vigilius Mountain Resort di Lana (www.vigilius.it) il peeling al pino mugo con pigne seccate è riscaldante e rigenerante.

Uva

L’uva è uno dei più completi riattivanti dei meccanismi epidermici, grazie ai suoi componenti: acido tartarico, vitamina E, flavonoidi e polifenoli. Gli acidi dell’uva facilitano l’esfoliazione, hanno un effetto idratante e schiarente. Dai semi, i vinaccioli, si ottiene un olio vitaminico restitutivo, dalla buccia l’antiossidante resveratrolo, dalla polpa mucillagini idratanti.L’uva dei vigneti dell’azienda Montebelli, certificata bio, si utilizza anche per la vinoterapia all’interno del Montebelli Agriturismo e Country Hotel di Molinetto Caldana-Grosseto (www.montebelli.com). L’Esperienza Cocoon è un trattamento con mosto d’uva e foglie di vite che comprende un peeling ai vinaccioli seguito dall’impacco di foglie di vite e dal massaggio per il corpo con olio al mosto d’uva. 

Oliva

I polifenoli contenuti nelle olive sono componenti di molti trattamenti con un effetto nutriente ed elasticizzante. Aquapetra Resort&Spa di Telese Terme (www.aquapetra.com) nel Sannio Beneventano si trova all’interno di una tenuta con oltre 200 olivi. Nella Spa si può provare lo scrub mediterraneo o il rituale dell’olio con massaggi realizzati con l’evo prodotto nel borgo. 

Cappero

I capperi sono ricchi di sali minerali, vitamine A, C e del gruppo B. Hanno anche qualità antinfiammatorie grazie alla presenza di flavonoidi e quercetina, un antiossidante naturale, ottimo per la circolazione. Salina Massage è un’esclusiva dell’Hotel Signum di Salina (www.hotelsignum.it) e prevede un composto di ingredienti freschi: capperi tritati, sale, olio d’oliva, miele. 

Mandorla

Dalla mandorla si estrae un olio emolliente, idratante e calmante per pelli secche e sensibili, ricco in vitamine E, B e sali minerali. Il legame con la terra pugliese domina in tutti i percorsi benessere della spa Vair di Borgo Egnazia di Savelletri di Fasano (www.borgoegnazia.it). Abbel Bel è un trattamento con ingredienti freschi dell’orto di Borgo Egnazia: lavanda e rosmarino, olio di albicocca e di ciliegio, mandorle e olive.

Mirto

Il mirto cresce spontaneo in Sardegna. Ha proprietà balsamiche, antinfiammatorie, astringenti, antisettiche. In cosmesisi utilizzano l’infuso e l’olio essenziale per pelli infiammate e irritate.L’infuso delle foglie è benefico per il cuoio capelluto, mentre quello dei fiori è una delicata acqua tonica e detergente. La spa del Resort Valle dell’Erica (www.hotelvalledellerica.com)di Santa Teresa Gallura propone i trattamenti Sardinian Signature che utilizzano prodotti bio ed essenze naturali ricavate dalla natura sarda. Il bagno idromassaggio ai fiori di sale e gel al mirto bio sfrutta tutte le benefiche proprietà del mirto sardo.

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Discovering exclusive venues

Grazie al  successo conseguito negli ultimi cinque anni a New York,  gestendo l’organizzazione di eventi dei famosi e riconosciuti Spring Studios, G&P offre un’eccellente strategia di sviluppo rivolta ai principali marchi del lusso, istituzioni finanziarie e organizzatori di eventi con lo scopo di semplificare il processo di pianificazione degli eventi, dall’ideazione all’esecuzione. Le location sono tra i principali fattori determinanti per il successo degli eventi.

Spring New York
OGR

Per questo Premiere Venues ha costruito un portafoglio delle location più straordinarie e uniche nelle principali città del mondo. La ricerca della destinazione dovrebbe essere un processo senza interruzioni, motivo per cui offriamo una piattaforma digitale all’avanguardia e facile da utilizzare per prenotare pacchetti flessibili di location e servizi “a la carte”. Premiere Venues facilita i processi di pianificazione e produzione in modo che gli eventi nei nostri spazi possano essere realizzati e seguiti con la massima efficienza ed efficacia.

Spazio Maiocchi

glaizialpartners.com, premierevenues.com

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Traveling with style

Viaggiare? A volte è sinonimo di valigie pesanti, destinazioni inarrivabili e scomodità. Preferiamo allora pensare a location più confortevoli e lussuose, non sempre alla portata di tutti. Quello che invece può essere comune obiettivo di noi che spesso prendiamo aereo e treni, per lavoro o per svago, è cercare di viaggiare sentendoci eleganti e cool. Viaggiare con stile è possibile,  noi abbiamo scelto accessori e capi pronti a rendere le vostre trasferte super-glamourous! 

Coach 1941

Un cappotto in shearling con dettagli in pelle, troppo da outdoor? Ricordate che i check sono sempre un trend attualissimo.

Prada

Le Cloudbust Thunder si distinguono per l’inedito effetto tridimensionale della tomaia, ottenuto con iniezioni di gomma nel tessuto tecnico. Questa procedura unica, che trae ispirazione dal mondo dello sport, assicura alla calzatura massima flessibilità e morbidezza. E si può essere stilosi e confortevoli allo stesso tempo!

Salvatore Ferragamo

Borsone in pelle con profili. Se dobbiamo scegliere una weekender bag, che sia essenziale, ma elegantissima.

Bally

E se invece volessimo puntare a qualcosa di più vicino all’escursione? Perfetto lo zaino stile hiking in pelle con dettagli fluo e targhetta.

Filson 

Non può mancare un orologio che ci accompagni nelle nostre avventure. Questa ha Il quadrante verde militare in vetro zaffiro anti-riflesso e anti-graffio. Lancette Super-LumiNova®, cinturino in silicone verde militare con chiusure in acciaio. 

Hermès

Da fan dei foulard non potevo non sceglierne uno a tema, come il  Carré 140 High Flyer in cachemire e seta.

Giorgio Armani Eyewear

Immancabili gli occhiali da sole per un viaggio. Questi per chi ama un tocco di eleganza moderna e un gusto retrò. Il frontale è caratterizzato da due profili in metallo con colori a contrasto, che producono un gioco di spazi e vuoti. 

Burberry Eyewear

Proposta avvolgente dal carattere sportivo con profili in fibra di nylon. Montatura tartaruga chiaro in fibra di nylon con lenti arancio.

In copertina: Total look Fendi. Stiloso, ma con molti dettagli all’insegna della praticità. Giacca in pelle, maglia a collo alto e pantaloni a scacchi. Ci ha conquistati la borsa baguette cross body in nylon rosso.

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10 destinazioni da sogno per l’estate

Fuggire dai ritmi frenetici della città nel periodo estivo è una vera necessità. Due o più giorni di totale relax per ritrovare il piacere della vita all’aria aperta, trascorrere una notte indimenticabile seguita da una romantica colazione in luoghi da sogno e riscoprire i colori vivaci della natura, l’azzurro del mare e paesaggi idilliaci. 

Mandarin Hotel,  Lago di Como

Immerso in un lussureggiante giardino botanico e con una posizione privilegiata sulle rive soleggiate del Lario, il nuovo Mandarin Oriental Lago di Como, è stato oggetto di un attento restyling che ha interessato le 21 camere, 52 suite e due ville private, oltre all’ottocentesca Villa Roccabruna, cuore del resort, e i ristoranti, creando un’atmosfera moderna ed elegante, dallo stile tipicamente italiano e dal sottile fascino orientale. Il CO.MO Bar & Bistrot, con la sua grande terrazza con vista sul lago, è il luogo ideale per un pranzo, una cena o un break in qualsiasi ora della giornata e per assaporare i drink realizzati da esperti mixologist.

Falkensteiner Hotel e spa, Jesolo

Le vibrazioni di Miami ci accolgono presso il nuovissimo quartiere di design di Jesolo dove si colloca il Falkensteiner Hotel & Spa Jesolo, un hotel 5 stelle progettato dall’architetto statunitense Richard Meiercon e  accompagnato dall’interior design di Matteo Thun. È la destinazione ideale per chi desidera fuggire dalla città o trascorrere weekend fuori porta in una spa con vista mare.

Hotel Rosa Alpina, San Cassiano*

La struttura si trova nel cuore delle Dolomiti, la regione, dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, che accoglie i viaggiatori più esigenti in tutte le stagioni con quasi 1.400 chilometri di piste per gli amanti dello sci alpino e tantissime attività all’aria aperta durante l’estate. Le camere e suite dell’hotel hanno uno stile alpino raffinato e contemporaneo, che crea un’atmosfera più cosmopolita che pittoresca. La beauty Spa e la piscina completano le giornate all’aperto tra piste e sentieri.

Britannia Hotel Trondheim, Norvegia*                                                                                                                                            

Costruito nel 1870, il Britannia Hotel inaugura un nuovo capitolo annunciando la sua riapertura, frutto di una ristrutturazione durata tre anni. Le 257 camere e la spa sono state rimodernate seguendo le tendenze del 21esimo secolo, includendo anche sei proposte di ristorazione, una delle quali sarà guidata dallo Chef Cristopher Davidsen, vincitore del Bocuse d’Or, medaglia d’argento.

Bless Hotel, Ibiza*

La parte settentrionale di Ibiza è un paradiso per chi è alla ricerca di tranquillità, di insenature nascoste, di foreste di pini centenari e di villaggi incantevoli. Proprio qui si trova il nuovissimo BLESS Hotel Ibiza, situato sulla baia di Cala Nova a Es Canar. Con le sue 151 camere e le viste straordinarie sul Mar Mediterraneo, l’albergo offre esperienze e servizi unici in un paradiso fatto di angoli nascosti e foreste secolari.

Katikies, Santorini*

Katikies è un complesso di ponti, cottage cubisti e piscine a sfioro ed è considerato il boutique hotel più lussuoso di Santorini. Il suo ristorante  possiede l’ambientazione perfetta per una cena romantica, con soli quattro tavoli a lume di candela su un’intima veranda nascosta sul tetto, affacciata sulla caldera.

Lily of the Valley , La Croix Valmer Francia*

Situato sulla costa di Saint-Tropez, il Lily of the Valley accoglie gli ospiti in un vero e proprio santuario del benessere, aperto tutto l’anno. Con le sue 44 camere e suite e una prestigiosa villa, l’albergo, progettato da Philippe Starck, offre ogni tipo di servizio, dalla spiaggia privata a programmi wellness personalizzati.

Mr C Coconut Grove, Coconut Florida*

Un’oasi di tranquillità nel Sud della Florida, il Mr. C Coconut Grove presenta 100 camere e suite con terrazza privata e un ristorante/bar italiano sul rooftop, il Bellini. L’albergo accoglie gli ospiti con il servizio attento e rappresentativo della famiglia Cipriani.

Nihi Sumba, Sumba Indonesia*

Situato sull’isola di Sumba, a 400 km ad est di Bali, Nihi Sumba è il luogo ideale per praticare surf, pesca sportiva, escursioni attraverso cascate mozzafiato, antichi borghi e sentieri e per scivolare sul fiume Wanukaka con una tavola da stand-up paddling. Gli amanti delle spa troveranno mozzafiato il padiglione per lo Yoga e la Nihi Oka Spa Safari.

The Vines Resort and Spa, Mendoza  Argentina*

Nel cuore dell’importante regione agricola appena a sud di Mendoza, in Argentina, The Vines Resort & Spa è la meta ideale per gli amanti del cibo e del vino e dell’avventura all’aria aperta. Circondato da 600 ettari di vigneti privati, il resort vanta un’elegante architettura moderna e ampie ville, tutte con spazi all’aperto, bagni in pietra locale e viste mozzafiato sulle Ande. Gli ospiti inoltre, possono sperimentare i trattamenti di vinoterapia nel centro termale.

*I resort fanno parte di The Leading Hotel of the World, la collezione che raggruppa le gemme dell’ospitalità indipendente, di lusso, nel mondo.

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Vacanze 2019: le 10 località italiane più belle dove trascorrere l’estate

Chi l’ha detto che per trascorrere la vacanza perfetta bisogna spostarsi all’estero? In Italia ci sono tante, tantissime località dove poter trascorrere le vacanze all’insegna del mare, del relax, della buona cucina e del divertimento. Noi oggi vi proponiamo le dieci località italiane più belle dove trascorrere l’estate.

Taormina

Taormina è un posto meraviglioso incastonato tra l’immensità del Mediterraneo e l’imponenza del vulcano più alto d’Europa. La sua posizione strategica è già in sé motivo sufficiente per includerla tra le gemme più belle del nostro Paese. Dall’alto si può ammirare un panorama stupendo. Al Teatro Greco si ammirano due spettacoli in uno: la bellezza del secondo teatro ellenico più grande della Sicilia dopo quello di Siracusa unita alla bellezza del panorama sull’Etna e sul Mar Ionio. Un panorama alternativo lo offre il giro in elicottero, con partenza da Catalabiano e tour con vista dall’alto dei crateri sommitali, di Taormina e delle Gole dell’Alcantara. Se il mare sa riservare avventure e incontri particolari, la spiaggia è più legata al relax, alla tintarella, al prendersi un po’ di tempo per leggere un buon libro o semplicemente chiudere gli occhi e ascoltare il rumore del mare.

Matera

Matera è la capitale europea della cultura 2019. Matera è una città unica, un luogo straordinario senza tempo. E’ la città dei celebri Sassi, il primo sito del sud Italia dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, delle numerose chiese rupestri, delle aree naturali che comprendono diversi habitat al cui interno vivono diverse specie faunistiche e floristiche, delle tradizioni contadine, dei paesaggi di incomparabile bellezza. Ma Matera è anche la città dei tesori nascosti, dei musei, dei festival, dei concerti, dei percorsi multimediali. I Sassi sono probabilmente la prima cosa che viene in mente quando si pensa a Matera. L’antichissimo insediamento abitativo costruito nella roccia tufacea sul fianco del vallone Gravina, nel 1993 è stato dichiarato dall’Unesco “Patrimonio Mondiale dell’Umanità”. Certo, non è molto facile camminare per i vicoletti di questo tesoro lucano, ma anche se costa un po’ di fatica tutto lo sforzo viene ripagato ampiamente dalle meraviglie che regala. E dopo una giornata in giro una notte da trascorrere in uno degli hotel che fa vivere l’esperienza di dormire dentro i Sassi, magari leggendo un buon libro o per i più tecnologici facendo qualche partita su NetBet, è davvero il massimo. 

Ostuni

Ostuni, la città bianca della Puglia, è una delle mete estive preferite dai giovani. I luoghi d’interesse storico e culturale da vedere qui a Ostuni sono tanti davvero: una cosa da vedere assolutamente sono le mura aragonesi racchiudono tesori unici ed esse stesse lo sono. La Marina di Ostuni, che si estende per 17 chilometri, riesce a soddisfare ogni esigenza: Costa Merlata, che si chiama così per le sue insenature e le coste frastagliate, è davvero suggestiva con le sue calette e non potrete non farci un salto; Lido Morelli è una zona che è stata dichiarata Riserva Regionale e Naturale, con sabbia bianca e soffice che rende il posto un incanto immerso nella natura più selvaggia.

Santa Teresa di Gallura

Santa Teresa di Gallura si trova a picco sul mare, in Sardegna. Rena Bianca: è la spiaggia del paese, facilmente raggiungibile. L’acqua è sempre limpida ed è ideale per i bambini. – Santa Reparata: uno dei luoghi preferiti dei sub per le sue scogliere e limpidi fondali. 

Positano

Luogo incantato e scelto da migliaia di turisti ogni anno, Positano è tra i posti più belli da visitare in Italia. Tra le principali cose da vedere a Positano vi sono innanzitutto le tipiche vie strette e sinuose, o meglio “scalinate” che collegano la parte alta della città alla spiaggia. Le principali spiagge di Positano sono la Spiaggia Grande e di Fornillo, entrambe raggiungibili a piedi dal centro città, mentre le restanti solo via mare.

Portofino

Situato tra il Golfo del Tigullio e il Golfo Paradiso, Portofino deve molte delle sue bellezze alla presenza dell’Impero Romano, che ha fondato la città nominandola Portus Delphini. Qui i si può immergere nelle limpide acque dell’accogliente mare del borgo, si può godere di natura incontaminata, si può tranquillamente passeggiare tra le case color pastello, respirando tutta l’aria di una tipica frazione marinara.

Tropea

Tropea, in Calabria, è una vera e propria perla situata nel Tirreno. Ad attendere il viaggiatore ci sono oltre 3 km di spiagge bianche, un centro storico ricco di palazzi nobiliari costruiti sulla roccia a picco sul mare caraibico, un panorama mozzafiato con la famosa chiesetta sull’isola e sullo sfondo il vulcano Stromboli.

Ischia

Sempre in Campania, Ischia è uno dei luoghi estivi preferiti dagli italiani. Le stazioni termali sono tante e ognuna ha le sue caratteristiche. Ci sono le terme romane di Cavascura per un tuffo nel passato, poco affollate e decisamente di nicchia. Ci sono i meravigliosi giardini e terme Poseidon dove le vasche termali sono così tante da permettere di trovare in qualsiasi stagione il proprio personale angolo di paradiso. La Baia di Sorgeto (sotto Panza) è una piccola cala dove sgorga acqua termale. Il volenteroso proprietario del ristoro della baia ogni anno costruisce con i massi delle piccole piscine naturali che trattengono l’acqua termale e permettono di sdraiarsi comodamente nell’acqua calda del mare da aprile ad ottobre.

Forte dei Marmi

Elegante, marina, montana, collinare. Forte dei Marmi è un luogo dove rilassarsi tra spiaggia e pinete ma anche dove inseguire una vita da vip, tra boutique e locali alla moda. Con lo sguardo che si allarga nelle località della Versilia e delle vicine Alpi Apuane, in un continuo mosaico di esperienze, sempre tra cielo, terra, mare e boschi, di cui Forte dei Marmi, ben 5 chilometri di spiaggia, è il centro più esclusivo, tra cultura, divertimento, mondanità, natura e riposo.

Alta Valsesia

La Valsesia si potrebbe riassumere in tre parole, in tre “T”: territorio, tradizione, turismo. Termini, questi, legati tra loro da un senso storico e logico e che raccontano l’importanza del valsesiano per il Piemonte e l’intero Nord Italia.

Quello che racconta chi visita i luoghi della Valsesia è di avere, d’impatto, una sensazione di pace: merito, probabilmente, dell’alta cura delle zone verdi di cui la Valsesia è piena e che ne ha fatto il suo valore aggiunto. 

Tortu, in lotta con il vento

La stagione di atletica è iniziata. Filippo Tortu veloce lo è sempre di più ed è in una forma sbalorditiva già adesso. Ha lasciato a bocca aperta tutti con quel suo 9’’97 nei 100 metri alla Fastweb Cup di Rieti. Il 20enne finanziere, nello scrivere negli annali il record italiano, è stato fermato solo dal vento. O meglio. Il vento a favore, eccessivo, che quel giorno a Rieti non ha permesso di omologare il risultato. Quel suo magistrale risultato purtroppo non è stato convalidato come record italiano, ma mai un atleta tricolore aveva corso la distanza più velocemente in qualsiasi tipo di condizioni.

Quanto ti dispiace per quello che è successo a Rieti? 

Naturalmente c’è un po’ di rammarico per il vento, ma queste sono le regole dello sport. In fondo siamo solo all’inizio della stagione, il risultato alla Fastweb Cup è stato un importante indicatore per capire che stiamo lavorando molto bene. Il mio obiettivo grande sono i Mondiali di Doha e manca molto, per cui non devo perdere la concentrazione.

 Ti piace gareggiare in Italia?

Sì, molto e per fortuna vivo ogni competizione con il giusto distacco, cosa che mi permette di affrontare la quotidianità con il sorriso.

Il distacco sarà difficile al Golden Gala Pietro Mennea il 6 giugno…

In effetti mi attendono i 200 metri a Roma, dove Livio Berruti conquistò l’oro. È una gara da onorare. Inoltre io tra i migliori atleti al mondo, per me è fondamentale confrontarmi”.

Lo scorso anno in 9’’99 hai battuto il record storico di Mennea, come vivevi questo grande campione fino a quel momento?

Come continuo a viverlo anche ora: esempio e leggenda dello sport. Lui aveva preso anche 4 lauree. Io sto frequentando la Luiss, l’università dove c’è una borsa di studio intitolata a lui. Per me è un modello da seguire non solo in pista. 

Come te la cavi tra studi e allenamenti? 

Quando aumentano gli impegni è sempre più complicato studiare ed essere in giro per gareggiare, ma con uno sforzo maggiore si può fare. Sono iscritto a Economia, non ho dubbi, laurearmi è una cosa a cui tengo.

Tra gli atleti del passato e del presente chi ti appassiona di più? 

Livio Berruti, appunto, che ha appena compiuto 80 anni. Lui lo sport lo ha sempre vissuto in maniera spensierata ma professionale, in modo da divertirsi in tutto quello che faceva. Mi piace anche Armand Duplantis, 18enne prodigio svedese, oro nel salto con l’asta, lui è un fenomeno mondiale.

E sui 100 metri avverti rivali?

Non sento rivali e quando sono in pista penso solo a me stesso e ai miei risultati, non presto attenzione agli altri. 

Ti allena Salvino, tuo padre. Non sempre avere un familiare stretto come allenatore è cosa semplice, come funziona il vostro rapporto?

Ci rapportiamo in maniera diversa, quando siamo sulla pista oppure quando siamo a casa. In pista io sono l’atleta e lui l’allenatore, riusciamo a interagire molto bene, senza sforzo in maniera naturale. Ma anche fuori abbiamo un bel dialogo. Sono fortunato a poter passare tanto tempo con mio padre ed è un ottimo tecnico dal punto di vista professionale, ho fortuna doppia.

Avverti di più l’adrenalina quando sali su un palcoscenico per essere premiato rispetto a quando sei in gara? 

In entrambi i casi, anche se sono due cose diverse. L’adrenalina che si sviluppa in gara è dovuta ad una grande sensazione di incertezza, non sai come andrà a finire. Quando invece ricevi un premio quella sensazione scaturisce dalla soddisfazione, che si trasforma in orgoglio per quello che ti viene riconosciuto. 

Ti senti uno da “gran serata”? Come gestisci questo tipo di eventi? 

Amo molto lo sport in tutti i sensi per cui mi piace vedermi sullo stesso palcoscenico insieme ai grandi campioni, mi piace sentirmi uno di loro.

Se ti chiedessero di scegliere tra l’andare in un ristorante stellato o una semplice pizzeria per quale opteresti? 

Con gli amici assolutamente la pizzeria, mentre con la famiglia scelgo il ristorante stellato, i miei sono amanti della cucina raffinata. 

Il tuo look preferito?

Sono uno dai gusti classici, mi trovo bene in giacca e camicia oppure con magliette semplici, jeans e scarpe sportive. Non sento il bisogno di essere sempre alla moda.

Foto: Sprintacademy

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Giacomo Cavalli: da campione di vela a surfer fashion model

Come hai iniziato come modello e cosa ti piace di questa professione?

È una storia divertente, mi trovavo in aeroporto, all’incirca cinque anni fa.Due ragazzi che lavoravano per uno dei brand italiani principali mi confusero per Simon Nessman, il modello canadese, chiamandomi “Simon Simon”. Hanno poi realizzato che non ero lui e mi hanno suggerito di iniziare la carriera da modello.

Non ero interessato all’inizio poiché ero troppo impegnato nel cercare di realizzare il mio sogno di andare alle Olimpiadi di Rio, infatti stavo facendo una campagna di vela per la Nazionale Italiana.

Due anni dopo, quando stavo cercando degli sponsor ho provato ad intraprendere questo percorso; la prima campagna che ho fatto è stata per un brand di abbigliamento per vela. Per altri motivi poi, ho dovuto smettere con questo sport e ho iniziato il percorso da modello.

Quale il momento più gratificante fino ad ora?

Penso sia stato il Vogue Paris Foundation Night, un gala dove tutto il Jet-set era presente, di fianco a me avevo Adriana Lima, nel tavolo vicino Naomi Campbell e Pharrel Williams. E’ stata una serata bellissima!

Sei uno sportivo e pratichi surf. Come è nata questa passione?

Sono sempre stato appassionato di qualsiasi cosa riguardasse l’acqua, quando ero molto piccolo ho iniziato con la vela (la passione più grande di mio padre), poi dopo aver smesso, ho iniziato con il surf. È stato amore a prima onda, ora non riesco a stare senza. 

Viaggi molto per questo sport, dove vai a surfare? Un ricordo legato al surf?

Una delle cose che più mi attrae del surf è ciò che lo circonda, per rincorrere l’onda perfetta devi sempre andare nei posti più lontani e a volte selvatici del mondo, e quel contatto con la natura è fantastico. Il mio posto preferito per surfare è l’Indonesia, luogo con una bellissima cultura e delle belle onde. Uno dei ricordi più belli che ho viene sicuramente dalle Galapagos, mentre stavo per cavalcare un’onda ho visto qualcosa sotto di me, pochi secondi dopo stavo condividendo quell’onda con un leone marino che nuotava e giocava nell’acqua.

Quali insegnamenti hai tratto dalla pratica sportiva?

A mio parere lo sport è caratterizzato da due aspetti: la competizione, quella vera dove vieni giudicato e devi allenarti duramente. Grazie a questo impari cosa sia il sacrificio e la determinazione. Lo sport mi fa sentire meglio, amo ogni tipo di attività all’aria aperta che ti porta lontano dalla città e ti fa apprezzare la natura in tutta la sua bellezza. 

Segui, come sportivo e come modello, un regime alimentare specifico?

Sinceramente no. Cerco di mangiare sano, ma ciò non significa non mangiare! Più pratichi sport, più facile diventa con il cibo. Sono italiano, amo la pasta e la pizza, quindi se voglio mangiare devo allenarmi molto per mantenermi in forma.

I tuoi idoli, le tue icone di riferimento nella moda e nello sport ?

Nel mondo della moda, direi Simon Nessman, è molto simile a me. Ho una storia da raccontare, la carriera da modello mi è capitata, non è completamente il mio mondo, sono felice di avere delle possibilità che si trasformeranno in qualcosa di più grande un domani. Per quanto riguarda lo sport il mio idolo è LeBron James, mi ha sempre ispirato, è molto di più di un atleta, è un filantropo, un leader vero, una star che però gioca sempre per gli altri. E’ arrivato dal nulla ed ora è la persona che è. Sarebbe un sogno incontrarlo.

Una frase che ti rappresenta o rappresenta la tua filosofia di vita?

Ascolta il tuo cuore, esso conosce tutte le cose tratta da L’Alchimista di Coelho.

Cosa è sinonimo di eleganza per te?

Per me l’eleganza è qualcosa di sontuoso, ma allo stesso tempo senza sforzo.

Progetti e sogni per il futuro?

Bella domanda. Ora sto facendo un master in International Management in Bocconi a Milano e sto cercando di bilanciare lo studio con la carriera. Una volta terminati gli studi vedrò cosa fare della mia vita, ciò che mi piacerebbe è unire le mie esperienze nello sport e nella moda con quello che sto studiando e magari avere la mia attività che sia basata su ciò che mi ispira.Se invece continuerò a lavorare come modello, cercherò di farla diventare recitazione. Mi piacerebbe lavorare grazie alle mie capacità e non solamente per il mio aspetto.

Photographer: Alessio Matricardi

Stylist:

Stefano Guerrini @stefano_guerrini

Grooming:

Erisson Musella @erissonmusella

Model:

Giacomo Cavalli at Elite

Stylist assistants

Fabiana Guigli @fabipoppyAnastasia Mariani @annie__1991

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Home alone

Fotografo – Riccardo Meroni

Stylist – Riccardo Terzo

Grooming – Simona Parrella

Casting Director – Anna Jozwiak

Talent – Thiam @ Independent Management

Styling Assistants – Mirko De Pro, Emma Canaletto

Location – Residenza Location

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Luxury Resort Villa & Palazzo AMINTA Hotel, Beauty & SPA

Domina l’incantevole Golfo delle Isole Borromeo a Stresa, incastonato in un parco dalla vegetazione lussureggiante, Villa & Palazzo AMINTA Hotel, Beauty & SPA è un raffinato resort cinque stelle lusso. Una struttura unica sul Lago Maggiore che vanta di essere annoverata tra i “The Leading Hotels of the World”.   


71 camere tra Deluxe e Suite dotate di ampio balcone o terrazza con vista mozzafiato sul Lago Maggiore e sulle Isole Borromee, presentano stile e decori impreziositi con affreschi, bagni con vasca Jacuzzi e mosaici in marmo. 
Lasciatevi infine trasportare dai due ristoranti di Villa e Palazzo Aminta, sono raffinati templi dedicati alla sana alimentazione e allo studio attento delle materie prime e del loro utilizzo.

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Cinecult : Hobbs&Shaw

Un kolossal action made in Hollywood che terrà gli spettatori amanti di piombo, benzina e scazzottate, incollati alle poltrone. Distribuito da Universal Pictures, Hobbs&Shaw, il blockbuster dell’estate 2019 e il primo spin-off della ipercinetica saga cinematografica di Fast & Furious nata 18 anni fa con Vin Diesel e Paul Walker, mette a confronto due titani, attori e anche produttori del film, l’ex wrestler Dwayne Johnson, classe 1972 che la rivista People ha nominato l’uomo più sexy del mondo, nel ruolo di Luke Hobbs, e Jason Statham, fuorilegge internazionale che in questo film interpreta ancora Deckard Shaw.

Fin dalle prime inquadrature il regista, David Leitch, raffronta i due personaggi, così agli antipodi eppure così simili fra loro, che si vedono legati da un’inaspettata complicità. Da una parte c’è Hobbs, nerboruto e testosteronico, un gigante buono tatuato di origini samoane (come Johnson nella realtà), soldato d’élite dello US Diplomatic Security Service, e dall’altra Shaw, gentleman inglese molto glamour, un’arma letale ex militare delle forze speciali britanniche. Mai come in questo film due tipologie maschili si distinguono grazie al look: Shaw abbastanza azzimato e dall’allure eurocentrica, spesso infilato in una giacca sartoriale, dorme in un sofisticato pigiama di seta mentre Hobbs, che ha la fisicità di un culturista, sfoggia un guardaroba body conscious fatto di capi attillati ed estremamente dégagé, un mix di semplicità e funzionalità american style. Il tutto frutto dell’inventiva della costumista Sarah Evelyn.

Entrambi i personaggi hanno molto a cuore la famiglia e se ne sono allontanati per proteggerla: Shaw per esempio ha la madre Queenie, matriarca legata alla malavita, amorevole ma feroce come una tigre (un’incandescente Helen Mirren molto amata dai social nella sua interpretazione del film Fast&Furious 8) detenuta in un carcere ma ciò nondimeno preoccupata della frattura della sua famiglia. Shaw ha anche una sorella, Hattie, un agente dell’MI6 tosta e intelligente interpretata magistralmente da Vanessa Kirby (già vista in ‘The crown’ e in ‘Mission Impossible fall-out’) che entra in possesso di una misteriosa fiala contenente un virus letale molto potente in grado di annientare il pianeta.

Il perfido Brixton Lorr (un monumentale e dinamico Idris Elba) che otto anni prima è stato ucciso da Shaw, nel film incarna un superman nero che la Eteon, un’organizzazione criminale tecnologica radicata in Ucraina, ha ciberneticamente potenziato per farne un guerriero votato alla causa dell’umanità perfezionata e di un futuro in cui i deboli saranno eliminati. La sua missione è recuperare la fiala nelle mani di Hattie. Affascinante e adrenalinica, ricca di colpi di scena, la trama farà volare gli spettatori da Los Angeles a Londra, fino a Mosca dove compare la bellissima Madame M (la seducente e flessuosa Eiza Gonzàlez) una forza della natura impenitente che usa la sua femminilità con la stessa energia delle armi automatiche che le coprono le spalle.

Fra spettacolari inseguimenti resi possibili dal ricorso a sofisticati effetti speciali, e sequenze da cardiopalma in cui la tecnica digitale è gestita abilmente e con meticolosità, si snoda una vicenda costellata di gag umoristiche spassose e che probabilmente è destinata a evolversi in un nuovo, eccitante capitolo ad alta tensione. Pregevole il lavoro di definizione dell’identità dei caratteri, da Hobbs, di cui scopriamo finalmente le radici, all’assertiva Hattie che picchia duro e rivela talenti nascosti e una formidabile destrezza. Splendida la fotografia e notevoli e di grande impatto le scenografie ideate dal brillante David Scheunemann che ha saputo ricostruire un bunker cavernoso sotto il deserto di Chernobyl e un burrone sulla scogliera di Samoa, altra suggestiva location di questo imperdibile action movie.

Foto: COPYRIGHT ©2019 UNIVERSAL STUDIOS

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Il nuovo gentleman

 Il nuovo classico maschile si rinnova attraverso un mix di stampe che racconta un viaggio nel tessile lungo secoli di storia. Da sete jacquard barocche a patchwork floreali fino a psichedeliche stampe digitali, passando per le lane pregiate di grande manifattura made in Italy. 

In copertina: Gabriel a sinistra indossa giacca, gilet, camicia, pantaloni e papillon di Caporiccio, mocassini Fratelli Rossetti  A destra Lorenzo con polo Cividini, giacca Sartoria Latorre e pantaloni gessati Pence, pochette Fiorio 

Fashion Editor: Rosamaria Coniglio 

Photo: Federico Ghiani 

Hair: Angelo Rosa Uliana 

Make up: Dilys White 

Models: Lorenzo Cartacci @elite Gabriel Demaj @elite 

Per ambienti e arredi si ringrazia Raw & Co. Rawmilano.it 

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La street art, la moda e il viaggio: Alice Pasquini

Alice Pasquini, (in arte Alicè)  è un’artista contemporanea le cui opere sono esposte sulle superfici urbane, nelle gallerie e nei musei di centinaia di città in tutto il mondo. Street artist, illustratrice e scenografa italiana, dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Roma e in Spagna, prima all’Università Complutense poi all’Ars Animation School di Madrid, è diventata un’artista poliedrica sperimentando diverse tecniche, generi e medium espressivi. È inoltre tra le poche esponenti femminili affermate a livello internazionale tra i protagonisti del movimento street art. Noi la incontriamo a ridosso dell’apertura del primo store di Canada Goose a Milano, di cui Alice è artefice delle grafiche che verranno poi utilizzate anche per l’opening di Parigi e per gli altri store monomarca nel mondo.

Il tuo progetto con Canada Goose, un incarico importante. Come è avvenuto il processo creativo?

Abbiamo pensato alla rappresentazione di personaggi immersi nella natura, con l’utilizzo di colori naturali e in un momento di rivelazione dovuto all’immersione ed al contatto con l’ambiente. E’ questo il fil rouge che lega le opere pensate per Canada Goose a Milano e nelle altre città internazionali dove interverrò.

Quali i valori che ti legano al brand?

La vita all’aperto, l’avventura, il concetto di trovare un contatto con la natura nella città. Canada Goose nasce come capo outdoor da lavoro e questo riguarda da vicino la mia professione che si svolge all’aperto e espesso in condizioni difficili.

Il tuo rapporto con la moda.

Io ho sempre dei vestiti molto sporchi di vernice (ride). Sono molto affascinata dalla moda anche se viaggio spesso e il mio lavoro mi impone un abbigliamento estremamente funzionale.

Ti dedichi principalmente alla street art. Proseguirai a lavorare in questo senso o hai intenzione di modificare?

Il mio lavoro è legato ai muri delle città dove ho dipinto. Ma c’è anche un lavoro fatto in studio che, in quanto artista, mi porta a fare mostre personali ogni due anni, spesso legate ad un’idea  o ad un  un concetto che sto studiando in quel periodo, cercando  anche il giusto supporto per esprimermi. Ne è un esempio la mostra sui confini dove avevo utilizzato delle vecchie mappe geografiche del mondo. Oppure quando ho sperimentato la street art in 3D, stampando dei grossi poster e lasciando al pubblico degli occhiali appositi per guardarli. Piuttosto che la ricostruzione di una casa delle bambole abbandonata perché stavo facendo un lavoro sull’oggetto transizionale.

Parte tutto da una mia curiosità personale, da qualcosa che sto studiando in quel momento che poi diventa anche un corpo di lavoro per una mostra. C’è anche una vita dentro lo studio dentro al quale io porto poi le cose che trovo nei miei viaggi di strada.

Come nasce l’ispirazione nel tuo lavoro?

L’ispirazione nasce spesso dal supporto, dal contesto, dai colori del luogo in cui si trova il muro in cui andrò a interpretare, qualcosa che improvvisamente stimola la mia fantasia e ispira per poi aggiungere una storia a qualcosa che ha già una sua storia.

Hai sempre voluto fare questo sin dai tempi degli studi?

Non sapevo che un giorno la street art (graffiti ai miei tempi) sarebbe stato il mio lavoro però ho sempre saputo che avrei fatto arte nella vita

A che punto è la street art in Italia?

Diciamo che ormai sono tanti anni che esiste questa forma d’arte, quindi da quando sono nati i graffiti negli anni ’50 ad oggi c’è stata una grande evoluzione e, piano piano, avendo vissuto abbastanza l’evoluzione degli anni ’90 ad oggi, sto notando adesso un grande riconoscimento da parte delle istituzioni, magari in principio sono stati prima i marchi e il pubblico a rendersi conto, però adesso sta diventando anche una cosa istituzionale, come tutti i movimenti artistici, ad un certo punto hanno un apice, un’esplosione, poi rientrano in qualche modo in un contesto di accettazione e comprensione.

Un luogo che vorresti visitare e uno in cui consigli di andare.

Io ho dipinto in tutti i continenti tranne Antartide. Sicuramente mi piacerebbe dipingere una mongolfiera, un mio grande sogno. Fare un viaggio in mongolfiera dipinta da me. Ho dipinto barche, navi, moto, ogni mezzo di trasporto. La mongolfiera mi manca. Altrimenti un viaggio alla ricerca delle mie radici, come quello che mi ha permesso un piccolo Paese molisano come Civitacampomarano dove ora c’è un Festival di street art importante ed il Paese sta rivivendo grazie all’arte.

Il necessario da portare in un viaggio.

Bomboletta, quaderno, colori, macchina fotografica, giacca comoda, una maschera per il viso.

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Scooter elettrico Nes: prestazioni e design

Quando libertà, dinamismo e rispetto per l’ambiente si uniscono, nasce NITO, marchio italiano che sfida i grandi brand per divenire protagonista del mercato consumer delle due ruote.

NITO offre prodotti dal forte carattere distintivo, mezzi elettrici di design e dalle prestazioni brillanti, capaci di distinguersi nel contesto metropolitano per dettagli e bellezza.
Ogni prodotto è customizzabile, il design è italiano, le forme compatte e i materiali di qualità eccellente. Chi viaggia con NITO viaggia con stile, e si diverte nel pieno rispetto dell’ambiente.
NES, lo scooter del brand torinese, è tra i più scattanti mezzi sotto i 4 kw in termini di prestazioni, il valore aggiunto di un prodotto eco-friendly e dal grande impatto estetico.

nitobikes.com

Client: NITO

Talent: Andrea Cerioli

Photographer: Pier Nicola Bruno

Stylist: Miriam De Nicolo’

Assistant Stylist: Irene Lombardini

Assistant Photographer: Delfo Bardelli

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Irritazioni e prurito post rasatura: i migliori rimedi

La rasatura tramite rasoio, negli uomini come nelle donne, può spesso avere come conseguenze irritazioni cutanee e prurito. Per gli uomini, poi, il radersi può diventare fonte di fastidio o arrossamenti, soprattutto se si tratta di una superficie delicata come quella del viso.

Per questo motivo, è importante usare determinati accorgimenti pre e post depilazione, in modo da prevenire ed eventualmente curare come si deve ogni forma di reazione della pelle. Esistono, tra l’altro, semplici passaggi naturali da poter attuare tranquillamente in casa:

1.Esfoliare la pelle

In generale, avere una pelle pulita prima della depilazione è molto importante. L’esfoliazione pre rasatura aiuta ad eliminare le cellule morte e a far emergere i peli incarniti, in modo da preparare la pelle e ad esporla meno alle irritazioni.

Per gli uomini nello specifico, non sarebbe male optare per una pulizia del viso tramite sapone e acqua calda. L’ideale sarebbe radersi proprio dopo una doccia calda e, nel frattempo, lavare il viso con del sapone esfoliante. Il risultato? Pelle liscia e pori dilatati e puliti, una buona partenza per evitare arrossamenti e prurito.

2. Applicare del ghiaccio

Se dopo la rasatura si avverte una sensazione di bruciore, il rimedio più facile ed immediato è applicare del ghiaccio sulla parte interessata. Basta avvolgere dei cubetti di ghiaccio in un asciugamano sottile e posizionare il tutto. In alternativa, è possibile utilizzare un panno precedentemente immerso in acqua fredda. Per eliminare completamente il bruciore, potrebbe essere necessario ripetere l’operazione più volte giorno.

3. Trattare l’irritazione con l’aceto di mele

Un altro rimedio naturale e casalingo per le irritazioni post rasatura è l’aceto di sidro di mele. Le sue proprietà antinfiammatorie, infatti, aiutano a ridurre infiammazione e prurito. Inoltre, l’acido acetico contenuto aiuta a prevenire eventuali infezioni.

Per farlo, basta impregnare un batuffolo di cotone con l’aceto di mele, applicarlo sulla zona interessata, lasciarlo asciugare naturalmente e poi risciacquare con acqua corrente. Se necessario, si può ripetere l’operazione più volte al giorno. Per chi ha una pelle sensibile, si consiglia di diluire l’aceto di mele con un po’ d’acqua prima di applicarlo.

4. Utilizzare l’Aloe Vera

Un’eccellente opzione naturale per alleviare l’arrossamento post depilazione è l’aloe vera: la sua natura rilassante e rinfrescante di questa pianta dona immediato sollievo da irritazioni ed infiammazioni della pelle. Inoltre, l’aloe vera mantiene la pelle idratata ed accelera il processo di guarigione.

Se si possiede una pianta di aloe in casa, basta tagliarne un ramo ed estrarne il gel. In caso contrario, quest’ultimo si trova facilmente in commercio ed è meglio applicarlo sull’irritazione freddo da frigo.

5. Usare il bicarbonato

Il bicarbonato possiede straordinarie proprietà che permettono di curare e purificare la pelle. Tra le sue caratteristiche, è antisettico e detergente, aiutando così anche nel trattamento dei brufoli.

Si può preparare facilmente un tonico al bicarbonato: basta mescolarne una piccola quantità con un po’ di acqua tiepida, per poi applicarlo sulla pelle utilizzando un batuffolo di cotone. Quest’ultimo va passato più volte, per poi lasciar asciugare la pelle naturalmente. Una volta asciutta, la superficie è pronta per la rasatura.

6. Applicare acqua fredda

Prima e durante la rasatura è decisamente meglio servirsi di acqua calda o tiepida per preparate adeguatamente la pelle. Dopo la rasatura, invece, è consigliabile risciacquare la pelle con acqua fredda. Questo perchè aiuta i pori a chiudersi rapidamente, evitando la formazione di brufoli e mantenendo il viso pulito. 

7. Usare una lozione o un balsamo dopobarba

Il mondo della cosmetica ha lanciato sul mercato numerosi prodotti adeguati al post rasatura: lozioni, creme e gel sono appositamente ideati e realizzati proprio per alleviare irritazioni, bruciori ed arrossamenti della pelle dovuti all’utilizzo del rasoio.

Se si vuole andare sul sicuro, è consigliabile optare per soluzioni senza alcool: soprattutto per le pelli sensibili, evitano che con il contatto si provi una sensazione di bruciore o, peggio, si aggravi la situazione iniziale. Diversi prodotti interessanti si possono trovare nel nostro articolo a riguardo.

8. Utilizzare un dermoregolatore prima e dopo la rasatura

Per chi è costantemente soggetto a prurito, rossore e irritazioni (o è solito tagliarsi), è consigliabile munirsi di un buon dermoregolatore, da applicare prima e dopo la rasatura.

Dalle proprietà quasi miracolose, il dermoregolatore può essere applicato anche su piccole lesioni, oltre che su escoriazioni e bruciature, o prima di fare un tatuaggio. Nel momento in cui si usa abitualmente il rasoio può seriamente diventare un supporto assolutamente indispensabile.

A questo proposito, uno dei prodotti di maggior punta è senz’altro Antidot Pro, esclusiva dello shop online di OP Cosmetics. Il boom di vendite è nato dopo che Tracey Cunningham (colorista di star del calibro di Jessica Alba, Gwyneth Paltrow, Charlize Theron) ha dichiarato di utilizzarlo sulle sue clienti. OP Cosmetics lo ha importato un paio di anni fa insieme al rinomato Olaplex (il brand cosmetico creato dai chimici Craig Hawker ed Eric Presly) e può essere acquistato in due diversi formati, ovvero 60 ml o 240 ml. 

Grazie alle approfondite ricerche degli allergologi, Antidot Pro riesce a proteggere la pelle isolandola dagli agenti esterni che possono essere causa di irritazione. Questo perchè si tratta di un dermoregolatore antistaminico naturale, che viene assorbito dolcemente dalla pelle e fa davvero la differenza su quelle sensibili. 

La sua formula è composta da diversi principi attivi quali zinco, olio di cocco, olio di bambù, olio di babassu, olio di semi d’uva, olio di avocado, burro di karitè, olio di kumquat, olio di borragine, olio di macadamia, olio di pompelmo. Grazie al suo utilizzo il prurito post rasatura, le reazioni allergiche, la secchezza o la presenza eccessiva di sebo diventeranno solo un lontano ricordo. In men che non si dica, la pelle risulterà incredibilmente rilassata e ossigenata, grazie all’incremento del microcircolo del sangue e alla nutrizione dei bulbi piliferi. 

Cinecult: Serenity di Steven Knight

Un paradiso terrestre che si tinge di rosso sangue, un thriller noir di grande effetto che non deluderà gli amanti del genere, dei brividi d’estate ma anche chi ama il filone surreale ricco di colpi di scena e di sorprese del tutto inaspettate e imprevedibili!

‘Serenity l’isola dell’inganno’ distribuito da Lucky Red, scritto e diretto da Steven Knight, è un film che nasce dall’ibridazione fra la visione misogina e al contempo femminista della bellissima e misteriosa Karen Zariakas interpretata dal premio Oscar Anne Hathaway che nel film è vittima di violenze domestiche da parte del secondo marito Frank (l’attore australiano molto convincente Jason Clarke), e la sensualità torrida e muscolare del protagonista premio Oscar Matthew Mc Conaughey, che torna a interpretare un ruolo da eroe americano disperato e profondo dalla testosteronica fisicità, quello di Backer Dill/John, un pescatore che nel tentativo di catturare il tonno perfetto cerca di sfuggire al dolore e al trauma della guerra in Iraq e dell’abbandono della moglie. Baker Dill è un personaggio che combina mascolinità e vulnerabilità, sensibilità e rudezza, un uomo che ha sofferto e annega i dispiaceri nel rum e nel sesso, consumato impetuosamente con la seducente e burrosa Diane Lane (nel ruolo di Constance) pensando al figlio Patrick che non vede più da tempo a causa della ex moglie (Karen) che lo ha inaspettatamente tradito e piantato in asso.

Dopo 10 anni dal divorzio Karen si palesa a Plymouth facendo una proposta particolarmente estrema a Baker che si troverà di fronte a un grande dilemma esistenziale. Il regista e sceneggiatore è Steven Knight, una delle ‘firme’ di Hollywood che ha ottenuto una candidatura agli Oscar nel 2002 per la sceneggiatura di ‘Piccoli affari sporchi’ diretto da un altro gigante, Stephen Frears. Per ‘Serenity’ ha tratteggiato e dato vita sul set a personaggi ambivalenti e magnetici. Il regista dopo la realizzazione del film, si è detto affascinato dalle brave persone che fanno brutte cose come il capitano Dill. Splendido lo sfondo naturale che è anch’esso poi un personaggio della pellicola: la fantomatica isola di Plymouth dove si svolge tutto il plot, è stata ricostruita nello spettacolare scenario azzurrato di un’isola delle Mauritius dalle spiagge di sabbia bianca finissima bagnata dall’Oceano Indiano di un blu cristallino. La tessitura della storia è particolarmente efficace, godibile e al contempo raffinata.

A un certo momento del film ci si può sentire persi interrogandosi sui possibili sviluppi di una trama concepita per lasciare lo spettatore a disagio, senza punti fermi. Il film che suggerisce già dal titolo un intreccio turbinoso –e occhio al titolo perché non è scontato ma studiato- è destabilizzante e avvincente e si ispira in qualche modo a certi classici noir e avventurosi della letteratura anni’40 e’50 come Ernest Hemingway e Graham Greene. Questa pellicola peraltro è una reunion di due grandi attori: McConaughey e la Hathaway avevano già recitato insieme in Interstellar.

Notevoli i costumi creati da Danny Glickman specialmente quelli indossati dalla glamourous Anne Hathaway che è abilmente trasformata in una rediviva Lauren Bacall e ricorda anche Ida Lupino e Veronica Lake, le belles dames sans merci del cinema noir anni’40. Promosso a pieni voti il monumentale Djimon Hounsou nei panni del pescatore Duke, amico e confidente di Baker Dill e che nel film incarna il coté spirituale ed emotivo, semplice e vibrante insieme.

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È street food mania, mangiare per strada è il nuovo gourmet

Altro che stellati, il vero caso di successo nel mondo della ristorazione è lo street food. Il cibo da strada batte ogni gourmet e segna dei risultati incredibili. Negli ultimi 5 anni sono raddoppiate le imprese di ristorazione ambulante ma il dato più rilevante è che sono i giovani under 35 e gli stranieri a guidare questo nuovo fenomeno.

L’ultimo rilevamento risale alla seconda metà dello scorso anno e prendeva in esame il periodo 2013-2018. In questo lasso di tempo i food truck (questo il nome dei punti vendita su ruote) è passato da 1.717 a 2.729 attuali. Di questi oltre 600 (22%) sono gestite da Millenials con una crescita, nel quinquennio, del 23,9%. La diversificazione dell’offerta è testimoniata da un altro dato che fissa al 52,1% la quota di mercato rappresentato da imprenditori stranieri. Ricercatore di street food in giro per il mondo, Maurizio Rosazza Prin, secondo classificato nella seconda edizione di MasterChef Italia e volto televisivo, riporta nel suo blog Chissenefood, ricette, idee e racconti che raccoglie nei luoghi più disparati.

Quali sono i motivi del successo dello street food che lo hanno fatto passare da cibo per i meno abbienti a proposta d’avanguardia?

Le mani, la sensazione tattile e la libertà di muoversi che ti procura il godere di un cibo senza doverti sedere in una tavola è assolutamente impagabile. Rimane la convivialità senza la geometria della tavola. Più che avanguardia è un ritorno al passato dove il cibo aveva un significato funzionale e veniva cucinato là dove doveva essere consumato. E dopo la sbornia dei menù degustazione, il trionfo della tavola con le mille portate, parallelamente è nata questa esigenza di libertà. E come ogni contro cultura ha finito per diventare la cultura dominante e non è affatto raro che venga proposto nei grandi ristoranti come un elemento in un menù di degustazione. La mia critica è che deve rimanere popolare, nei prezzi e nella proposta: ai venditori di cibo da strada vorrei dire di non farci pagare il prezzo delle vostre operazioni di marketing ma di darci qualcosa di vero, con l’anima e a un prezzo giusto. Come dovrebbe essere. E prima di pensare ai format e alle gastro operazioni di marketing pensare a far da mangiare bene, solo questo è il successo di un cibo, se è buono e giusto, preparato pensando alle persone e non ai business plan.

Per molti lo streetfood è sinonimo di cibo fatto velocemente e con poca cura, tu cosa ne pensi?

Anzi, il contrario, c’è tantissima cura. Coloro che scelgono di stare in mezzo alla strada a cucinare, scelgono di voler stare a contatto con il cliente finale e non possono più mentirgli, siamo tutti troppo attenti e notiamo tutto. Io sto vedendo grande passione da parte di chi ha scelto veramente di dedicarsi a questo stile di vita. Per noi è un fenomeno, mentre all’estero è la realtà e il motore della cultura gastronomica, pensa all’Asia, dove è normare mangiare per strada. Andare a fare file chilometriche per un piatto, in baracchini che fanno bene magari solo un piatto, ma divinamente. Un mio amico chef cinese mi racconta sempre di quando è in Cina e si sveglia alle 5 per andare al mercato al banchetto del tofu fresco, dove sanno fare solo questo con mille salse, null’altro e lo fanno da 150 anni. Pensi che in 150 anni ci abbiano messo poca cura, poco igiene nel farlo?

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Tutti al mare

C’è chi è già partito, oppure chi sta ancora contando i giorni restanti alle tanto sospirate ferie estive. La nostra selezione di capi must have da spaggia va bene per tutti, da inserire in valigia all’ultimo minuto o per completare il look di chi è già in spiaggia in prima fila.

SUN68: costume stampa hawaii e fiori.

American Vintage: camicia maniche corte fantasia germini kaki.

Baldinini: sandali in tessuto tecnico blu.

Bikkembergs: slip beachwear con logo all over.

Bikkembergs: slip beachwear neon.

Bikkembergs: duffle bag coated, 100% PU eco pelle.

Lotto Leggenda: sabot bianche logate.


Moscot: occhiale da sole realizzato artigianalmente con metallo anallergico con naselli in titani.


C.P. Company: costume con fantasia e tasche ai lati con tipico goggle.


Marina Militare: costume da bagno blu con logo e stemmi laterali.


Berwich: bermuda con doppia pinces all’italiana, comfort fit, realizzato in lino/cotone con cinta a contrasto.


Marina Militare: t-shirt manica corta fantasia.


Lotto Life’s: t-shirt bianca con scritta “Life’s”.


Rucoline: marsupio in pelle con tasca frontale in pelle scamosciata. Chiusura con fibbia logata.


Stonefly: mocassino stile barca cucito a mano in morbido camoscio microforato con cuciture a contrasto. Il laccetto è tono su tono.


Slam: costume da bagno bianco con fantasia a lato.


Alessandro Gherardi: camicia texana lavata. Polso leggermente stondato. Manica Lunga.


Pence 1979: shorts in cotone tinto filo con fantasia a righe.

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10 accessori per un viaggio all’avventura

Escursionismo, campeggio, bicicletta, interrail sono alcune tra le modalità dei viaggi all’avventura preferiti dagli italiani, del resto il viaggio ha sempre fatto parte della storia e della cultura del nostro Paese ed è uno strumento importante per aprire la mente, confrontarsi con usanze e costumi diversi affrontando nuove sfide.

Chi l’ha detto però, che anche per una vacanza zaino in spalla non si possa essere attrezzati con accessori funzionali ma molto cool? Scopriamoli nella gallery.

Ermenegildo Zegna

Uno zaino spazioso e resistente, perfetto alleato per un’escursione fuori porta o un viaggio avventuroso.

Acne Studios

Stando molte ore all’aperto sotto il sole è bene proteggersi con un cappello. Must della stagione è il modello da pescatore.

Garmin Instinct

Non segna solo l’ora e indica la data. Questo smartwatch è ultra resistente, impermeabile, possiede una bussola su tre assi e il GPS.

Borraccia 24 Bottles x Vivienne Westwood

L’idratazione è importante specialmente in estate. Per portare sempre con te dell’acqua, senza utilizzare inquinanti bottiglie di plastica, puoi utilizzare una delle borracce ecologiche in metallo.

Gucci

Ad ogni avventura corrisponde la giusta calzatura. Questo modello Gucci è perfetto per fare trekking senza rinunciare allo stile.

Dsquared2

Gli zaini non sono mai abbastanza per gli amanti dell’avventura. Con questo fedele alleato potrai portare in spalla tutto il necessario.

Balenciaga

Anche l’occhio vuole la sua parte ed è bene proteggersi dai raggi UV con un bel paio di occhiali da sole.

Off-White

Uno degli accessori streetwear del momento può essere l’ideale anche nelle situazioni più spericolate.

Palm Angels

In uno zaino puoi infilarci tutto l’indispensabile ma certe volte è meglio optare per un comodo marsupio e passare la giornata leggeri.

LG TONE Platinum+

Un’avventura perfetta necessità della perfetta colonna sonora che si può comodamente ascoltare con queste cuffie Bluetooth senza fili ad ostacolarci.

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Daniele Innocenti: la voce della Maremma

Conserva gli occhi birbanti e curiosi di un bambino, una lingua tagliente che cela a tratti un velo di malinconia, ma sopra ogni cosa una verve invidiabile con cui conquista tutti gli ascoltatori radio della Bassa Toscana. Passione si: per la musica e per i giovani che come ogni bravo pigmalione sa fare, consiglia nelle carriere e nelle mosse da intraprendere affinchè i loro sogni si realizzino. Daniele Innocenti, che delizia le serate della costa d’Argento nel suo affascinante format radiofonico Funk Shack, si racconta in esclusiva a Man in Town.

Agli albori della tua decennale carriera ti sei trasferito in Inghilterra. Parlaci di questa esperienza


Londra, non l’Inghilterra, che sono anni luce dall’essere la stessa cosa. E niente a che fare con la carriera quanto con l’inquietudine di un ragazzo di provincia che amava la musica alla follia (ero già un DJ ma sapevo che a Londra il massimo a cui potevo aspirare, perlomeno agli inizi, sarebbe stato un posto come lavapiatti ne solito ristorante italiano). E Londra era la musica, più di qualsiasi altra città al mondo. Una città che ha culturalmente, e sottolineo culturalmente, la musica pop nel suo DNA. 

Anche solo leggere la stampa specializzata (NME, ad esempio) mi comportava una goduria quasi fisica. Ho imparato l’imparabile. E soprattutto ho imparato a rispettare il pop, a comprenderne i complessissimi meccanismi che lo rendono imprescindibile dai tempi, dai costumi e dalla cultura di ogni epoca. E ovviamente veneravo la radio, di cui ero assolutamente drogato: la BBC nella fattispecie, e i suoi leggendari fuoriclasse, da cui ho imparato a calibrare ogni singolo respiro lavorando non solo sul tono della voce ma sui tempi, sui silenzi e, a rischio di suonare ampolloso, sulla psicologia. 

Londra è stata anche il primo impatto di uno “small town boy” con una comunità gay vastissima (che sino a quel momento non mi ero neppure mai sognato che potesse esistere), con la militanza (Act Up), una nightlife che mi avrebbe reso un vero e proprio castigo frequentare locali una volta rientrato alla base (il gap con la vita notturna italiana non è robetta) e certo che si, il sesso per il sesso: sempre, ovunque, in quantità industriale, per misurarmi con la mia fisicità, compresi i limiti, e acquisire una consapevolezza di me e del mio corpo che mi ha semplicemente stravolto la mia vita. Sono tornato scheletrico ma con due spalle di granito.

Cosa consiglieresti a un giovane appassionato di musica che sogna di fare lo speaker radio?
Consiglierei di prepararsi tecnicamente, musicalmente, e culturalmente. Non diventi farmacista senza una specifica, solidissima preparazione. E non vedo perchè dovrebbe essere altrimenti per una professione bella, importante (e difficile!) come quella del DJ: Ecco, questo gli direi: è un lavoro bellissimo. Ma non così facile come pensi. Se è un hobby, ok: fallo come vuoi. Ma per farlo diventare una professione, preparati.  E preparati duro.

Sei anche un event planner: cosa serve per realizzarne uno di successo?


Dipende dal tipo di eventi. La mia formulina magica però è sempre stata quella che io chiamo delle tre T: tradizione, trasgressione e un pizzico di trash. Naturalmente un po’ di maestria nel mescolare gli ingredienti male non fa.

Cosa rende Orbetello così magica?


Orbetello è un inferno, una gabbia, una riserva indiana per quell’inquietudine giovanile di cui ti parlavo poco fa. Ma una specie di piccolo paradiso in terra quando tutta quell’euforia, quella curiosità, quella smania di vita si tramuta in qualcos’altro. Magari grazie alla maturità, a quel po’ di senso di sfinimento che a un certo punto inevitabilmente subentra quando hai navigato nella tempesta più che abbastanza.

Quello che a me personalmente la rende irrinunciabile è il contatto ipnoticamente quotidiano con la natura: gli aironi, i gabbiani, il verde, la laguna, la spiaggia, gli odori. Certo, sotto un aspetto professionale o creativo, non è la Mecca. E a volte è semplicemente una rottura di palle ammorbante. Ma più in generale è il posto perfetto dove approdare quando decidi che è ora di vivere in pace.

Ti vediamo impegnato nel salvare le vite di decine di gatti ogni giorno. Una cosa ammirevole. Da dove nasce la passione per gli animali? 

Se qualcuno me l’avesse detto qualche tempo prima gli avrei riso in faccia. E’ stata una svolta totale, assoluta, definitiva: diventare un operatore volontario nel randagismo felino mi ha tramutato in un altro uomo. Non so da dove è nata questa cosa, ma so cos’è stata.

E’ stato il dire finalmente basta ad essere io stesso il centro delle mie attenzioni. E’ stato il dedicare una parte della mia vita a qualcosa che è altro da me. E’ il passare nel giro di poche ore dal chiasso, il glamour, la magia degli amplificatori, della bella gente, dei drink, dello sballo, della sensualità ad un marciapiede sudicio, faccia a faccia con delle creature in seria difficoltà, ormai ridotte a vivere in un contesto che è strutturato per essergli perfettamente ostile.

Su di me ha avuto un effetto sconvolgente: meno soldi, meno ore di sonno, meno abiti carini, meno di tutto quello che mi piaceva, ma finalmente un bel senso di tranquillità con cui andare a dormire. Fortemente consigliato.

Progetti attuali e futuri?

Niente progetti. Un infarto importante come quello che ho subito qualche settimana fa ti sbatte in faccia tutta la tua vulnerabilità. E a questo punto, l’unica cosa che mi viene voglia di progettare è un modo per poter continuare ad occuparmi dei miei gatti, di Funk Shack, degli amici, delle cose belle della mia vita quanto più a lungo possibile. Soprattutto non dandola così per scontata, la vita. Visto che evidentemente non lo è.

Sei appassionato di Motown e anni Settanta. Cosa ti lega a questi periodi?

Innanzitutto l’amore per la musica black. Il primo album che ho comprato con la paghetta di papà quando ero realmente ancora un bambino, a costo di terribili rinunce tipo il cinema e il gelato la domenica pomeriggio con li amichetti, era di Joe Tex.

Ma nello specifico, la Motown per me è riscossa, riscatto. Giovani artisti, belli e incredibilmente talentuosi a cui però non era concesso l’uso del bagno nei locali in cui si esibivano perchè neri. Salvo poi diventare nel giro di due o tre anni le megastar ultra glamour che tutti veneravano, che radio e tv si contendevano, e che i ragazzi americani (finalmente anche quelli bianchi) imitavano. La quintessenza della riscossa.

Certo, da appassionato di produzione da un punto di vista prettamente tecnico e artistico, credo che la leggendaria parabola Motown costituisca l’apice massimo mai raggiunto in termini di genio creativo e innovativo dell’intera storia della musica moderna. A mio parere (ma non solo mio) ancora lì, imbattuta e imbattibile.

Lasceresti un verso di una canzone per i nostri lettori?

Certo che si: “proprio come faceva Pagliacci – cerco di nascondere la mia tristezza – sorridendo in pubblico mentre da solo in una stanza piango – le lacrime di un clown quando nessuno lo vede”. Tutto il senso dell’essere artista in una delle mie preferite in assoluto: “The tears of a clown” di Smokey Robinson.

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CRESCENZI & Co.: reinventarsi una professione e vincere la sfida

 

Da medicina e nightlife all’agenzia di successo negli eventi e nella comunicazione; Michele Modica e Luca Crescenzi festeggiano 5 anni di Crescenzi & Co. 

Michele Modica e Luca Crescenzi fondano il 25 luglio del 2014 Crescenzi & Co., agenzia che fornisce servizi per la comunicazione e gli eventi. Oggi, a distanza di 5 anni, i due fondatori raccontano una storia di successo non priva di difficoltà, sacrifici e rischi. Crescenzi & Co. si occupa di event concept e di servizi complementari come: set-up, produzione, food&beverage concept, pr, intrattenimento e gestione talenti; promossi singolarmente o in un pacchetto componibile e personalizzato per essere utile a raggiungere gli obiettivi di comunicazione del cliente. 

“È iniziato tutto per caso, grazie al mio lavoro di art director e a quello nella vita notturna che – racconta Luca Crescenzi, co-fondatore e creative director – in 25 anni di carriera mi ha portato a collaborare con importanti realtà come Hollywood, Gasoline e soprattutto lo storico Plastic Club, e alla ideazione della serata Alphabet. La moda ha iniziato a contattarmi per le pr personalizzate di alcuni eventi e sfilate e, successivamente, a richiedermi altri servizi. É in quel momento che Michele, intuite le potenzialità di business, decide di abbandonare medicina per fondare insieme a me Crescenzi & Co.”. 

L’agenzia, come nella più classica delle tradizioni, parte con due computer portati da casa, un piccolo spazio ricavato in un soppalco e tanta caparbietà. Luca e Michele si mettono in discussione e scommettono su questa nuova avventura lasciando dietro di loro tutte le sicurezze conquistate sino a quel momento. Non pochi i pregiudizi – e la competizione – che hanno affrontato per rendere credibile il loro lavoro e quello dell’agenzia. Nel corso dei primi anni, infatti, i loro curricula – non coerenti col settore degli eventi e della moda – sono stati strumentalizzati per sminuire la loro professionalità. La realtà dei fatti ha dimostrato invece il contrario; sono proprio le differenti formazioni e le eterogenee personalità di Luca e Michele, le cifre del loro successo che gli hanno permesso di ragionare “fuori dalla scatola”. Il fatturato è cresciuto, anno dopo anno, in modo costante confermando l’affidabilità della loro strategia aziendale che pone il network al centro dell’attività. L’agenzia festeggia questo mese: 5 anni, 1 sede di 170mq ed un team di 10 persone fisse e diversi collaboratori. 

Michele Modica, co-fondatore e general manager, parlando delle strategie di business spiega: “Siamo stati in grado di raddoppiare ogni anno il volume d’affari, anche in periodi di forte contrazione del mercato, perché abbiamo garantito ai nostri clienti servizi di alta qualità e risposte flessibili alle loro esigenze di risparmio di tempo e di risorse economiche. Ciò è stato possibile internalizzando il più possibile la realizzazione dell’offerta e fornendo servizi che possono essere proposti in un pacchetto completo ‘su misura’ oppure singolarmente; questa seconda opzione ci consente di lavorare in modo sinergico con gli altri player del settore considerandoli come possibili partner, e non come competitor”. 

“Abbiamo deciso di festeggiare questo nostro primo e importante lustro di attività – aggiungono i due soci – con una serie di eventi utili a celebrare coloro che ci hanno sostenuto in questi anni: dipendenti, clienti e fornitori. Abbiamo deciso di iniziare esattamente nella settimana del nostro compleanno, il prossimo 25 luglio, con un weekend di team building e festa a Forte dei Marmi dedicato ai nostri dipendenti. Da settembre la nostra sede si trasformerà in galleria d’arte per offrire periodiche mostre d’arte aperte al nostro network. Per i nostri clienti e fornitori stiamo organizzando invece un evento esclusivo, ancora top secret, che avrà luogo il prossimo ottobre. Quale modo migliore per celebrare tutti i nostri stakeholder se non attraverso quello che ci riesce meglio, vale a dire gli eventi?! ” 

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Krug Encounters Milan 2019 – L’eccellenza della tradizione, tra suoni d’avanguardia e sapori d’oltreoceano

Un chiostro segreto nel cuore di Milano, l’anima silenziosa dell’ex monastero di Santa Maria Maddalena al Cerchio, ha ospitato il secondo appuntamento dell’esclusivo Krug Encounters. Un’esperienza immersiva che ha sfiorato tutti i sensi per godere a 360 gradi dell’intensità del suo champagne e delle sue infinite connessioni con il mondo della musica e dell’haute cuisine in grado di mettere in risalto il gusto di Krug Grande Cuvée 167ème Édition.

Olivier Krug, padrone di casa, ha invitato i partecipanti a intraprendere un viaggio tra le note 3D della musica dell’artista belga Ozark Henry, da anni in costante ricerca di nuovi metodi sonori per dar voce a esperienze emotive e sensoriali attraverso la musica d’avanguardia, combinando tradizione e tecnologia.

L’esperienza multisensoriale di Krug esplode con Krug x Pepper, il nuovo sorprendente abbinamento gastronomico scelto dalla Maison per esaltare la struttura del Krug Rosé 23ème Édition, una Cuvée de Prestige Rosé assemblata con 60 vini di annate diverse. Questo straordinario percorso è raccontato nel quinto libro voluto dalla Maison Krug, Krug x Pepper “Rock the Pepper”, all’interno del quale sono riportate le ricette dei 14 chef, tutti Krug Ambassade che hanno preso parte al progetto e raccontato del loro viaggio in Messico, alla scoperta delle origini di questo affascinante ingrediente. Per l’Italia, Giuseppe Iannotti ha creato un piatto inedito per il libro, Pollo e Peperone, una succulenta pasta ripiena di pollo aromatizzato al Parmigiano Reggiano e rosmarino, arricchita da una complessa salsa di peperoni colorati.

Una sinfonia dei cinque, inevitabilmente leali, sensi, vibra per raggiungere quella che dal 1843 è sempre stata la grande visione non convenzionale del fondatore Joseph Krug.

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Formal but damned

Testo raccolto da Giorgia Cantarini per Antonio Mancinelli, caporedattore di Marie Claire Italia

Essere ordinati fuori può lasciarci la meravigliosa opportunità di essere disordinati dentro . Quand’è successo che, quasi contemporaneamente e quasi all’improvviso, nei guardaroba dei Milllennials sono apparse (non riapparse) le giacche sartoriali, i pantaloni con le pinces e – massimo stupore – gli abiti, che i nostri papà definivano “completi”? Come mai, a Sanremo, uno dei trapper più amati dai giovani, Achille Lauro, si è presentato con un look sartorialissimo di Carlo Pignatelli, corredato da camicia bianca e cravatta, cantando una canzone che è un inno all’autodistruzione, Rolls Royce, che lui definisce – stupore raddoppiato – un «motivo elegante»?    La moda, si sa, è un linguaggio, ed è proprio con le parole che ha una parentela stretta e tormentata: quell’aggettivo lì, elegante, che fa quasi paura ripeterlo, noi critici di moda non lo sentivamo da anni, perché obsoleto, stantio. In una parola, démodé. Il problema è che Lauro ci stava dannatamente bene, vestito da adulto perbene ma con la faccia segnata da brufoli e tatuaggi da postadolescente: anzi proprio perché nato nel 1990, il contrasto, il contenitore e il contenuto era piacevole, fresco, quasi balsamico. E così, per tutti i protagonisti maschili della cultura popolare internazionale, da Harry Styles a Pharrell Williams, fino all’androgino Ezra Miller, che si è presentato al Met Ball con uno smoking superformale di Burberry, ma con più occhi dipinti sul volto: abbigliarsi in maniera convenzionale ha tutta la novità di ciò che fino a ieri consideravamo anticonvenzionale. Nei corsi e ricorsi storici dello stile, si va avanti per azione e reazione, provocazione e conservatorismo di ritorno: ma in questo caso la situazione è un po’ diversa e, antropologicamente parlando, assai appetitosa.    Per esempio, è stato molto interessante osservare come una storica maison come Ermenegildo Zegna, considerata il custode della compostezza vestimentaria, abbia proposto per questa estate un guardaroba ginnico fatto di tute, sneakers e hoodie col cappuccio, realizzati in fibre nobilissime e preziose.

Dall’altra parte, un nuovo nome della moda Made in Italy, Dorian Tarantini, ha disegnato una collezione per il suo marchio M1992, che rielabora con nuove proporzioni il binomio giacca + pantaloni, seguito, ad esempio, da Efisio Marras per LBM 1911, che si è cimentato in una capsule collection di abiti dalle silhouette classiche ma superskinny,  rinvigoriti da stampe floreali. Fino ad arrivare al Gotha della creatività rivoluzionaria del lusso di Alessandro Michele per Gucci, ma anche a quella di Hedi Slimane per Celine (dal cui logo lo stilista ha anche tolto l’accento), che porta in scena abiti a due bottoni sempre accessoriati di cravattina lunga e stretta in pieno mood anni Sessanta o rievocazione de Le iene di Quentin Tarantino, se volete.    Senza dimenticare Virgil Abloh, che ora firma la linea maschile di Louis Vuitton e il raffinatissimo ex punk Kim Jones, ora alla guida creativa di Dior Homme: tutti concentratissimi sull’abito, magari abbinato ad accessori imprevisti. C’è un punto da sottolineare: la moda è una ladra, ruba costantemente alle sottoculture per poi eliminarne ogni elemento di disturbo, sistemare sulle passerelle quella scelta dell’apparire che nasce come protesta antisistema la quale, grazie all’apparato dei grandi produttori di abbigliamento, diventa novità.

È successo così con Demna Gvasalia e Gosha Rubchinskiy, che per primi, dieci anni fa, hanno letteralmente teletrasportato nel tempo e nello spazio i look dell’Europa dell’Est anni Novanta, facendo risorgere marchi che pensavamo non esistessero più, come Fila, Robe di Kappa, Ellesse, Champion, per trasformarli in icone della desiderabilità. Quando però a quel tipo di immagine si è aggiunto anche un aumento dei prezzi….come nelle sneakers, dopo l’entusiasmo iniziale (il comfort! La libertà! Il vestire antiborghese! La ribellione quotidiana!), qualcosa si deve essere ingarbugliato, spiegazzato, sgualcito: se sembrare usciti da Decathlon richiedeva il conto in banca di Donald Trump per sembrare a tutti i costi rivoluzionari o poteva essere un piacevole gioco per il figlio del miliardario cinese o del plutocrate arabo, rappresentava anche un piccolo tradimento nei confronti di chi si mette la tuta Adidas solo per fare esercizi o in totale relax sul divano di casa.  I ragazzi della Generazione Z, quelli nati dal 1995, hanno anche un rapporto diverso con il denaro rispetto ai Millennials: sono sempre alla ricerca delle migliori offerte, analizzano la qualità dei prodotti e valutano più opzioni prima di prendere una decisione. Inoltre, gli Zeta iniziano a risparmiare molto prima rispetto alle generazioni precedenti: un effetto dell’essere cresciuti durante la Grande Recessione. Hanno visto i loro genitori affrontare la disoccupazione, e vogliono evitarlo.

Così se i Millennials hanno imparato ad apprezzare la trasparenza, quelli della Generazione Z, gli GenZer, la pretendono. Secondo uno studio di Girl Up, organizzazione dell’Onu che esplora l’universo dei teenager in tutto il pianeta, gli GenZer esigono l’autenticità: «Hanno accesso a tutte le informazioni online per formarsi opinioni forti», dichiara Anna Blue, co-executive director di Girl Up.   «Fin da giovanissimi sanno come elaborare e decifrare la comunicazione dei brand a loro interessati. La verità per loro è davvero un requisito fondamentale».   Quando tute, felpe, jeans sformati da Dad style e tutte le proposte compiute in nome del terrificante normcore, la banalità indossabile, hanno cominciato a diventare la norma, era impensabile che non diventasse necessario, uno scarto da quella regola. Anche perché, ammettiamolo chiaramente: la Grande Truffa emotiva dello streetwear consiste nell’aver fatto passare un messaggio di falsa libertà. Nel senso che sfido chiunque a fare bella figura ingolfato in un tutone di finto trilobato (ma in vero cashmere).    Altro che comodità: se c’è stata una tendenza veramente discriminatoria che esponeva tutti al body shaming – l’essere dileggiati perché fisicamente non perfetti, non snelli, non asciutti, non giovanissimi – è stata proprio quella sportiva, contrabbandata come democratica solo perché i pantaloni hanno l’elastico in vita e permettono ai più ricchi e ai più golosi di sfondarsi di cibo vestendosi all’ultimo grido. Il nuovo formale riscatta, ristruttura, fa da Photoshop tessile permettendo ai più, grazie al potere del buon taglio e delle spalline imbottite quel tanto che basta, di non ritrovarsi su Instagram pieni di dislike e con commenti all’acido prussico.  Certo, il sartoriale del Secondo Ventennio del Duemila non può e non deve andare a scimmiottare i blazer fatti con riga, squadra e cazzuola che indossano i politici di tutto il mondo quando vogliono sembrare fighi. Se c’è una rivolta da compiere adesso, è quella contro l’infantilizzazione della società, sempre più dilagante con filtri su selfie e autoscatti che spargono di stelline e unicorni. Vanessa Friedman nel 2016 scrisse sul New York Times un piccolo editoriale gioiello intitolato “How to dress like an adult: «Vestirsi da adulti serve in qualche modo a distinguere il te stesso cresciuto dal te stesso adolescente; è un modo per dire a te e a quelli che ti guardano “io sono questo in questa fase della mia vita”».     Restituire al concetto di sentirsi a posto una valenza positiva, quello sì, può essere un passo in avanti nell’evoluzione culturale del mondo. Oltretutto, essere ordinati fuori può lasciarci la meravigliosa opportunità di essere disordinati dentro. Non è forse questo, il vero comfort esistenziale? Sarà il formale a salvarci. Non i formalismi.

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Missione abbronzatura

L’obiettivo pre vacanze è preparare la pelle al sole per ottenere un’abbronzatura uniforme che non si perda nel giro di poco. La missione è possibile, il colorito perfetto si ottiene infatti con mosse semplici: una crema solare con protezione alta (da rinnovare più volte nel corso della giornata), un buon dopo sole e infine prodotti mirati per le zone più sensibili o spray idratanti per rinfrescarci anche con le temperature più alte. Abbiamo raccolto nella gallery quelle che ci sono piaciute di più. Avete già preparato la valigia?

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Cardi B protagonista della nuova campagna Reebok con l’audace “Nails”

Un cortometraggio di 60 secondi che immortala Cardi in un salone di bellezza, in compagnia di un gruppo di clienti abituali, con le sue Reebok Club C Vintage, quando le sue preziose unghie prendono vita per riallacciare una delle due sneakers attirando l’attenzione e il desiderio di tutti i presenti.

Per celebrare la campagna ‘Nails’ e l’incredibile manicure dell’artista, Reebok ha inoltre lanciato ‘Nailed It’, un integratore in grado di trasformare le unghie ‘regular-degular-schmegular’ (come le definisce Cardi) in artigli mozzafiato. Una speciale formula con cui il brand conferma il proprio impegno a rompere gli schemi tradizionali. Esattamente come la manicure hot di Cardi, la spina dorsale dello strepitoso video che dà fiato alla campagna ‘Sport The Unexpected’. 

Artista, madre e vincitrice di un Grammy Award, Cardi B è la prova vivente che solo chi ha il coraggio di intraprendere un percorso ‘unexpected’ ed originale definisce veramente cosa significa essere un’icona classica.

Le Reebok Classic Club C Vintage, lanciate originariamente negli anni ’80, presentano un design senza tempo dal look minimalista che ha resistito al susseguirsi di epoche e mode, confermandosi un must dello streetwear.

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Raw&Co, lusso contemporaneo e atemporale

Un racconto stilistico in cui si celebra un interior design dal carattere unico in chiave atemporale. Questo è lo store milanese Raw&Co, dove l’arredo vintage dei primi del secolo scorso, con escursioni fino agli anni ’70, si mescola alla selezione di complementi, accessori e oggetti contemporanei che hanno un comune denominatore: il fascino, la ricerca, la qualità assoluta e l’esclusività. Quest’accurata selezione segue il gusto délabré sofisticato e i riferimenti culturali delle due anime creative di Raw&Co: l’interior decorator Paolo Badesco e l’architetto e paesaggista Costantino Affuso.

Vi presentiamo un vero e proprio cabinet des curiosiés, segnalato tra i ‘place to be’ di Milano dalla guida Louis Vuitton. Pronti?

La boutique di Raw&Co si trova in Corso Magenta n.10 e si sviluppa su due piani di un suggestivo ed elegante palazzo di fine Ottocento.  Entrare in questi spazi è un’esperienza unica, dove vi sentirete parte di un grande progetto estetico che vi incanterà. Raw, che in inglese significa grezzo, al naturale, crudo, definisce la filosofia del brand.

Troviamo lo stile raw nell’arredo vintage, per lo più proveniente da Francia, Belgio, Regno Unito e Olanda, unito a oggetti, complementi e accessori realizzati da brand, italiani e non, che hanno come comune denominatore eccellenza e savoir faire.

Dalla cucina, intimo ambiente familiare, al salotto fino alla corte interna, colorata e fiorita con un tocco campestre e naturalmente chic, tutto esprime un’eleganza nonchalante. Un iter ordinatamente armonioso che vive dinamicamente grazie al costante supporto tecnico e stilistico dei due proprietari.

Ampia la selezione dei brand presenti, i quali, accostati ai pezzi vintage della collezione Raw&Co, rendono evidente come il patrimonio del progetto sia desideroso nel ricercare sempre qualcosa di inedito. Dai press papier e svuotatasche del newyorkese John Derian, alle ceramiche della maison francese Astier de Villatte Paris, con la quale è stato stretto un importante accordo di esclusiva; spazio alla luce con le lampade in ottone e vetro soffiato di Schwung; si possono inoltre trovare i preziosi piatti di ceramica francese Gian, la carta da parati di Antoinette Poisson, la storica azienda italiana di pelletteria e stampa di carte pregiate Pineider, le cucine taylor made italiane di Homewood, le carte da parati di Wall&Decò, i tappeti in vinile ispirati alle antiche piastrelle del sud Europa dell’azienda israeliana Beja Flor e il lino purissimo dell’azienda belga Libeco.

A questi marchi, durante l’anno, si aggiungono altre aziende con presenze temporary, che offrono sorprese e l’incontro con nuove realtà.

L’esperienza nell’ambito dell’interior design e le numerose collaborazioni con aziende e brand del settore hanno consolidato il ruolo di Raw&Co anche come consulente per la progettazione di interni. Forti dell’esperienza pluridecennale dello Studio di Architettura Paolo Badesco & Partners, i clienti si fanno accompagnare nelle scelte di arredo e anche nel progetto della propria casa.

Per gli orari d’apertura, altre curiosità, eventi in corso/futuri e tutte le informazioni utili, visitare il sito ufficiale https://www.rawmilano.it/chi-siamo/corso-magenta/ senza mancare la pagina instagram @raw_milano.

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Roma incubatrice dei giovani talenti del menswear

Nella città eterna, mecca degli antichi saperi e di nuovi miti, sono Italo Marseglia e Federico Cina i trionfatori nella categoria menswear di ricerca dell’ultima edizione di Altaroma chiusasi pochi giorni fa, di scena al Pratibus District di Viale Angelico 52.

Il primo, emerso già da alcune stagioni, assertore di un nuovo corso della moda italiana dominato da sostenibilità e virtuosismi sartoriali sviluppati anche in chiave industriale da esportazione, ha creato per la nuova passerella sperimentale di talenti ‘Rome is my runaway’ nata in seno ad Altaroma a luglio 2019 per promuovere i creativi più interessanti di Roma e del Lazio, una minicollezione da uomo demi-couture. Capi freschi, candidi e gentili, immacolati e in tessuti ricercati e aggraziati, che tratteggiano il Dolce Stil Novo della moda.

Concorda con questo giudizio anche la bellissima talent scout e fashion consultant Simonetta Gianfelici, membro della illustre giuria del premio ‘Who is on Next?’ che appunto afferma: “Il menswear è una new entry per Altaroma. Anche alcune scuole di fashion design di Roma come l’Accademia di Costume e Moda propongono degli stili maschili sempre suggestivi e interessanti da cui trarre spunto”. E aggiunge:”Direi che la grande rivelazione di quest’anno, che io ho portato a Showcase un anno fa, è Federico Cina, vincitore del premio Franca Sozzani Who is on next? E del Pitti Tutoring & Consulting Prize.

Lo stilista romagnolo che ha esordito ad Altaroma in passerella a gennaio, nello show collettivo dei finalisti della competizione internazionale di Fashion Design, sulla base di un progetto no-gender ha reinterpretato magistralmente le sue radici in chiave sartoriale proponendo sulle note struggenti di Luigi Tenco, con la sua visione fresca e originale, il patrimonio estetico local esemplificato dalle fantasie delle tovaglie romagnole”. Tutti d’accordo, stampa e buyer, nel decretare il vincitore di quest’anno.

Ma non sono mancati altri spunti interessanti provenienti da altre idee alternative destinate all’uomo e provenienti sempre da ‘Rome is my runaway’ nuovo incubatore delle tendenze moda. Molto interessante per esempio è il mantra cyber-etnico di Gall che ha mandato in passerella un guerriero metropolitano un po’ survivor arabeggiante dall’immagine futuribile e ricercata con i copricapi reinventati della legione straniera, “quasi un Lawrence d’Arabia calato nella metropoli direi” commenta Gianfelici.

La sostenibilità è un focus importante delle collezioni dei giovani talenti della kermesse della settimana di moda romana, Vanta docet. “E’ un marchio da tenere d’occhio, in passerella hanno sfilato capi nati dal recupero delle prove colore delle industrie tessili che riportavano i codici numerici della campionatura”, l’uomo di Vanta ha il pollice verde e abbina ai suoi pants con coulisse e alle sue bluse boxy bicolori delle borsette green che sono in realtà piantine su vasi da portare a mano.

Originale anche la proposta di Programma che spazia fra militare e coloniale per un gusto minimal-chic “un uomo négligé ma raffinato nei dettagli” come chiosa Gianfelici. Colpo d’occhio anche su una elegante giacca sahariana con martingala, stampata a motivi batik e vista in pedana nello show finale di Accademia Koefia che ha siglato una partnership con l’ambasciata indonesiana. “Il mainstream del menswear attualmente non è molto influenzato dalle idee alternative degli stilisti. L’unico ambito in cui vedo una vera sperimentazione è lo streetwear e lo sportswear dove l’innovazione è di casa. C’è anche un ritorno al dandismo attraverso il paradigma dei sapeurs africani per un menswear eclettico, ravvivato da tinte bold e da echi afro”.

Foto: Dragone courtesy of Altaroma

In copertina: Accademia Factory 19

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A model’s talk: Daniele Carettoni

Saluta la crew con un sorriso ammaliante e senza altri indugi si prepara a lavorare. Ha in programma altri servizi fotografici prima del volo di stasera, quindi non ha moltissimo tempo. Con in sottofondo le canzoni di Rihanna, ci racconta dei suoi ricordi e del suo passato.

Daniele Carettoni è un modello italiano che vive a New York e che non immaginava che fare il modello sarebbe diventata la sua passione. Descrive se stesso da giovane come un “ragazzo normale” che ha ottenuto la sua laurea in Information Technology, in contemporanea alla carriera nel basket e ovviamente al divertimento. E’ successo tutto quando la ex ragazza di Daniele, anch’essa modella, gli ha proposto di lavorare come modello part-time. Da quel momento è iniziata la sua carriera.

“Partecipavo a qualche evento, mi divertivo con altre persone interessanti che facevano parte del settore. Ho iniziato a viaggiare molto ed è lì che ho realizzato che non volevo passare tutta la mia vita davanti ad un computer, dentro ad un ufficio per otto ore al giorno. Volevo viaggiare di più”.

Per lavoro, è già stato in Spagna, Svizzera, Germania, Cina, Turchia, Brasile e ora si è trasferito a New York. A volte si sposta a Washington e Miami per poi andare verso Los Angeles. Nonostante i jet privati e i resort di lusso sembrino un sogno, Carrettoni afferma che ci vogliano molti sforzi e tanta disciplina per avere successo e garantirsi una carriera lunga e prosperosa in questo mondo.

Riconoscendo i grandi cambiamenti nel mondo della moda grazie all’era del digital, ora è entusiasta per le nuove sfide che gli si sono presentate, soprattutto come social media manager.

Quale è la differenza tra lavorare a Milano e a New York?

A Milano bisogna andare ai casting, incontrare gli stilisti, i clienti e altri professionisti, mentre a New York è l’agenzia che svolge tutto il lavoro. Ci sono più modelli e clienti, ma meno casting perché le agenzie prendono le decisioni per i modelli. La qualità del lavoro, il budget che hanno, il numero di persone che lavorano per te per un progetto è un’esperienza diversa.

Come concili lo sport e la dieta?

Mi sveglio presto la mattina perché se vuoi avere successo svegliarsi presto è fondamentale. Lavoro sui social perché è parte della mia vita. Fra tre settimane potrei avere almeno 3 casting, dipende. Vado in palestra quattro volte a settimana.

Sei felice di aver scelto la carriera da modello?

Si, ma sono anche un po’ un imprenditore. Bisogna occuparsi un po’ dei tutto e a volte fare il modello è solo una piccola parte. Quando sono sul set è solo il 5% del lavoro. Il resto è preparazione.

Quali sono i tuoi paesi preferiti?

Amo la Cina perché in quel momento volevo divertirmi e viaggiavo con gli amici. Sono stato 3 mesi a Shanghai ma sono stato anche a Guhan, Guangzhou e Pechino. E’ stata un’esperienza stupenda. Dato che in Cina hanno un gusto particolare per quanto riguarda le campagne e i servizi fotografici, tendono a vedere lo stile italiano in modo diverso. A volte è divertente perché parlano della mafia e del Padrino. (ride)

Qualche episodio divertente di un servizio fotografico?

Uno dei momenti più divertenti è stato in Cina, quando una makeup artist stava preparando i miei capelli per un servizio. Ha messo della cera e poi della lacca. Dopo avermi pettinato, ha cosparso dei glitter rosa su tutta la testa. Ero confuso. Non mi ero mai lamentato prima perché i make up artist possono fare ciò che vogliono. E’ la moda, e anche se non sempre capisco le scelte, le accetto comunque. Questo però è stato l’unico caso in cui ho parlato con il cliente che ha poi concordato sul fatto che i glitter fossero troppo.

Cosa fai quando hai tempo libero a New York?

Tempo libero? Mi piacerebbe. (ride) Mi piace viaggiare molto. Quando posso, prenoto un volo. Vado a Washington, Boston o a nord di New York. Cerco semplicemente su Google dei posti da visitare e ci vado.

Hai dei posti a cui non puoi rinunciare?

Si, due parole: pizza ed espresso. Ci sono dei posti gestiti da italiani come Ribalta o PizzArte. Osteria Piemonte è un altro ristorante a SoHo che offre piatti autentici italiani. Il ristorante è gestito da un ragazzo torinese che è anche un mio amico, ecco perché ci vado spesso.

Il cibo è una grande parte della mia vita. Mi piace mangiare. Un’altra attività che svolgo spesso a New York è andare a bere drink negli hotel. C’è un Mandarin Oriented a Columbus Circle, non lontano da dove abito. C’è una bellissima vista dalla vetrata su Central Park con tutti i grattacieli. Tanto crescono i grattacieli tanto cambiano i posti per raggiungere una vista più bella. Baccara è il mio secondo posto preferito dove andare.

E invece per fare festa?

Non vado a feste perche mi sveglio presto. Devo allenarmi per essere al meglio durante i servizi fotografici.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Volevo stabilizzarmi a New York, ma ora è ormai un anno e mezzo. A New York, ho iniziato a lavorare con magazine italiani e nel frattempo lavoro molto anche come social media manager. Curo il profilo di due brand americani. Da modello, penso che tutti stiano piano piano diventano digital, quindi le agenzie svaniranno entro 10 anni. Ci sono gia agenzie che lavorano solamente online. Oggi il futuro si basa sulla multifunzionalità. Sei un modello, social media manager, designer e molto altro.

Hai pensato di andare ad Hollywood?

Nel passato, mi era stato offerto un ruolo i un reality show, ma ero un po’ timido per fare video produzione. Stare dietro la telecamera e posare per le foto ed essere bravo per i video shootings significa mostrare abilità diverse. Non ho la stessa passione per poterlo fare.

Fotografo: Antonio Avolio

Stylist: Stefano Guerrini

Assistente stylist: Davide Spinella

Grooming: Livia Primofiore

Assistant grooming: Carola Di Bello

Model: Daniele Carettoni @Boom Models (Milano) @bmg (NY, CHICAGO) @ THE INDUSTRY

Interview by: Thaina Paz & Tatevik Avetisyan

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ALBINI_next, nuovi orizzonti della sosteniblità

Innovazione, imprenditoria e storia di un’azienda di successo volta ad aprirsi verso nuovi, e sostenibili, orizzonti.

Parliamo di Albini Group, azienda italiana che dal 1876 opera nel settore tessile ed oggi maggior produttrice europea di tessuti per camicia che porta in scena il suo nuovo ALBINI_next, un Think Tank volto a tracciare nuove frontiere avanguardiste e realizzare i nuovi tessuti del futuro. Centro simbolo del nuovo approccio sostenibile dell’azienda bergamasca è la sua nuova sede al Kilometro Rosso di Bergamo, polo privato dell’innovazione in Europa che ospita nei suoi 400.000 mq oltre 60 aziende.

In questo dinamico e stimolante luogo ALBINI_next vuole creare la “Silicon Valley” del tessile, un polo dove le grandi idee diventano concretezza e tangibili innovazioni in termini di business. Oggi la tematica sostenibilità, sia in termini etici che morali, sta prendendo piede in tantissimi e disparati settori come quello tessile. Ci si chiede quali saranno i tessuti di domani, oggi parliamo spesso di tessuti derivati dal cibo o riciclati, a impatto zero. Come si può concretizzare questa rivoluzione? Confronto, innovazione, partnership sono le key-words per tradurre le idee in azioni.

L’8 Luglio, prima dell’inaugurazione ufficiale del nuovo polo Albini, un panel di imprenditori e ricercatori si sono incontrati nello spazio bergamasco dell’innovazione per un costruttivo scambio di idee volto, anche, ad esplicitare come un progetto come questo necessiti una compenetrazione di saperi, abilità, maestranze ed esperienze. Ognuna diversa e singolarmente importante.

Il Presidente del Cotonificio Albini, Stefano Albini, crede fortemente nel ruolo del progetto rivoluzionario e nel suo nuovo spazio, sostiene che “sarà un luogo internazionale, interdisciplinare e aperto alle giovani generazioni, dove creare collaborazioni con partner d’eccellenza”.

Un grande problema dei nostri tempi, così come sottolineato da Carl Lili, Presidente di Swiss Textile, è che “circa il 25% dei capi prodotti ogni anno sono destinati a non esser mai indossati”. E’ quindi fondamentale lavorare sia sulla sostenibilità e sul consumatore finale, sul suo modo di pensare e riflettere in termini di acquisti, più moderati e mirati.

Con Linda Loppa, CEO e fondatore di Linda Loppa Factory, parliamo di nuove generazioni e di come sia necessario creare un “un nuovo modello di business che faccia da ponte tra i giovani talenti e i mezzi economici necessari a realizzare le loro idee.” Quanto sarà disposto il consumatore finale a pagare un premium-price per i prodotti più etici? Per Claudio Antonioli, fondatore di Antonioli Milano e presidente di News Guards Group, oltre che l’innovazione è importante parlare di customer centricity, visione del brand e conferire consapevolezza al cliente che “sarà pronto a pagare un prezzo più elevato per prodotti più sostenibili, probabilmente già con la Generazione Z.”

Parlare d’innovazione non sarebbe possibile senza l’importanza della ricerca e dell’analisi dei dati che porterà, come mette in evidenza il CEO di Herno e Presidente di Confindustria Moda, Claudio Marenzi, “allo sviluppo della consapevolezza e di conseguenza all’innovazione”

E’ d’accordo a queste affermazioni anche Isaac Nichelson, CEO e Co-fondatore di Circular Systems, che dichiara come “rompere le barriere del business tradizionale in una direzione che si basi su

creatività, business plan efficace e sostenibilità” sia la chiave del cambiamento.

Potere delle start-up, motore attivo di idee e innovazione, con Cristiano Spelta, CTO e Co-Fondatore di E-Novia che ci parla delle sue tre regole d’oro per una start-up di successo: “imprenditorialità,

lavoro in team e sensibilità del mercato”. Conclude il talk Fabio Tamburini, Ceo di Cotonificio Albini, che sostiene come “dal filato al capo finito dobbiamo aumentare il valore del prodotto, renderlo più etico e all’avanguardia per essere leader di settore attraverso la trasparenza, la tracciabilità e una migliore qualità della vita”.

Simbolo di un nuovo inizio è stato il momento finale del talk dove Salvatore Majorana ha consegnato a Stefano Albini le chiavi del nuovo spazio, concreto gesto di una propensione a creare qualcosa di grande, insieme con passione.

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Celebrando Lagerfeld Fendi goes global sempre di più

‘Asian graffiti on fur’, ovvero un ponte fra Oriente e Occidente in nome dell’arte e dello stile. Potrebbe essere questo il titolo del nuovo progetto creativo, ultima chicca di Fendi che quest’anno ha arruolato alcuni giovani talentuosi artisti asiatici, graffitisti street.

Missione: la realizzazione di psichedelici arazzi in pelliccia che saranno presto esposti in mostra a Roma al Colosseo Quadrato (ribattezzato da Fendi Palazzo della Civiltà Italiana), sede centrale del marchio. Sono veri e propri quadri che riproducono soprattutto languidi disegni esotici, motivi patchwork, il logo Fendi stilizzato, lanciato da Karl Lagerfeld negli anni’60 e reinventato dai giovani creativi con gli occhi a mandorla nella versione inscritto in una stella in technicolor, e infine una variopinta mappa del globo tutta fatta di velli preziosi.

A conferma che Fendi, il brand oggi fiore all’occhiello della multinazionale del lusso LVMH, è un marchio Made in Italy top player nell’agguerrito mercato internazionale, sinonimo di eccellenza artigianale e ad alto tasso di glamour, proiettato nel futuro e soprattutto in uno scenario dominato dal gigante asiatico, dal dragone e dal Sol levante. Siamo come nani sulle spalle dei giganti. E sulle spalle dei fondatori del marchio nato a Roma nel 1925 come epitome di pelletteria e pellicceria, e sulle spalle del gigante Karl Lagerfeld che in 54 anni di attività come direttore creativo della maison ha rinnovato l’universo asfittico e opulento dell’alta pellicceria con le sue eclatanti trovate, prospera oggi un marchio che pensa in grande e corteggia assiduamente Francia e Cina con risultati più che positivi.

In principio nel 1969 fu il debutto nella Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze, culla dell’allora nascente alta moda tricolore e svolta epocale per il marchio capitolino, già affidato alla matita di Lagerfeld e guidato da un ‘battaglione al femminile’, le cinque sorelle Fendi, Alda, Carla, Franca, Anna, Paola che alla fine degli anni’60 spiccarono il grande salto affacciandosi in una vetrina assolutamente internazionale e lanciando il prêt-à-porter in pelliccia.

Dunque la Mitteleuropa di un uomo, geniale e poliedrico, (Lagerfeld) e la romanità magniloquente di cinque donne (le Fendi) votate alla famiglia e all’azienda, ansiose di sbarcare a Hollywood e negli Stati Uniti. Già alla fine degli anni’70 le vetrine di Bergdorf Goodman a New York esponevano le meraviglie del marchio, famoso per le sue iperboliche lavorazioni manuali che sfidavano i limiti naturali dei velli, dai più preziosi ai più umili e accessibili. Per ricordare il genio di Lagerfeld scomparso quest’anno e deus ex machina dell’ascesa mondiale della griffe, l’erede talentuosa di Karl Silvia Venturini Fendi, figlia di Anna Fendi e dell’ingegnere Giulio Venturini, una gentildonna pacata ma sagace che dal maestro di Amburgo ha appreso tutti i segreti del mestieri della haute fourrure, ha concepito, in tandem con il presidente e CEO della maison Serge Brunschwig, un kolossal d’arte, moda e alto artigianato in una magica serata romana d’estate.

Una volta tanto la collezione couture di Fendi, che solitamente sfila a Parigi, ha incantato Roma con un evento faraonico sul Palatino al quale hanno assistito 600 ospiti internazionali, fra i quali star del calibro di Susan Sarandon, Catherine Zeta-Jones, Jason Momoa, Zendaya oltre a molte celebrità del cinema italiano come Isabella Ferrari, Alessandro Roja e Magherita Buy.

In questa occasione lo stato maggiore di Fendi ha presentato il progetto di restauro del tempio di Venere al Palatino, il primo nucleo storico dove è stata fondata Roma e sul quale il gruppo LVMH ha deciso di investire 2,5 milioni di euro, perseguendo la sua linea di riportare agli antichi fasti i più bei monumenti di Roma, dalla Fontana di Trevi fino al complesso delle quattro fontane e delle fontane del Gianicolo, del Mosè, del Ninfeo, del Pincio e del Peschiera. In una sfilata di 54 uscite andate in scena al crepuscolo, in una cornice solenne davanti al Colosseo, e indossate da mannequin top come Maria Carla Boscono e Freja avvolte in un’atmosfera siderale, il direttore creativo della maison ha distillato il meglio della bellezza e della raffinatezza dell’archivio delle lavorazioni degli atelier Fendi.

Una galleria di virtuosismi da cardiopalma, ispirati stavolta a temi floreali, alle geometrie della Secessione Viennese e ai motivi mutuati dalle decorazioni marmoree dell’antica Roma come i pavimenti cosmateschi, il tutto virato in toni naturali e chiari dal miele al sabbia e oro, dal verde salvia al grigio fumé, fino al rosa carne, e al binomio bianco e nero. In un video suggestivo la stilista cosmopolita ma legata a Roma a doppio filo, mostra la bellezza della città eterna e la sapienza manuale degli artigiani del brand che traduce in silhouette stilizzate. Come quelle della iconica cappa geometrica ad astuccio nata nel 1971 e indossata da Marisa Berenson nel film di Luca Guadagnino ‘Io sono l’amore’, le pellicce di cashmere o di mohair abbinate al cotone e al PVC, i trench reversibili doppiati di zibellino oppure le giacche avvitate dai riflessi dorati dalle spalle a T e dai revers di visone e zibellino abbinate a stivali alti, macrobaguette di morbida pelliccia e pantaloni a zampa. E per la sera scenografiche toilette da ballo policrome con la gonna a crinolina e le maniche ballon, rigorose robemanteau interamente ricamate a mano o lavorate a canestro in visone rasato, seducenti abiti boudoir ricamati con spighe di grano e tasselli di pelliccia completati da preziose miniclutch e sensuali boa di volpe bicolore.

Photo by Daniele Venturelli/Daniele Venturelli/ Getty Images for Fendi

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Roberto Valbuzzi e l’amore per il food

Ci diamo appuntamento sul lago, la giornata è ventosa e regala al lago un aspetto di mare, con le piccole onde biancastre, l’acqua dai riflessi mordorèe, la sensazione che il vento porti un’aria nuova e più fresca, quella dei primi giorni di primavera che d’un tratto apri gli occhi e vedi i paesaggi colorati dai fiori appena sbocciati, così, da una notte all’altra.


Sediamo al tavolino di un bar dove lo attendo con una tortina mangiata a metà e dei piccoli passerotti che fanno banchetto con le briciole. Lui ordina una centrifuga ed un cannolo siciliano, ma non essendoci si accontenta di un succo alla pesca. Voleva fare il militare Roberto Valbuzzi, chef della giurìa di “Cortesie per gli ospiti”, ma il destino gli ha scritto un incipit fatto di ristoranti e nonni agricoltori, ed è per questo che parla con deliziosa voluttà di cibo, e con rispetto di natura:

“Crotto Valtellina”, il ristorante di Malnate, è il locale di famiglia passato dal mio bisnonno al nonno, e da mio padre arrivato a me. Lo dirigo insieme a lui che mi aiuta moltissimo nell’organizzazione, insieme ad altri validi collaboratori che si occupano anche del catering. Ci vuol disciplina in cucina, ordine, obbedienza, ma soprattutto medoto, perchè tutti si aspettano che tu dia il massimo in ogni ambito della vita: lavoro, set, catering, vita privata…

E tu in cosa sei più bravo? 


Riesco a gestire tutto, altrimenti non lo farei, anche se dormo tre/quattro ore a notte, ma ritaglio 4 viaggi l’anno da dedicare a me e alla mia famiglia. E’ con loro che condivido i momenti più intimi e quelli più veri, mia moglie, i miei genitori e i miei quattro amici.

Sarà difficile avere il lusso del tempo con tutti i tuoi impegni…


Investo molto sulla formazione del personale al ristorante, così da poter delegare a persone di fiducia e poter avere sempre più tempo per me. I miei coetanei escono la sera, vanno in discoteca, spesso i miei amici mi rimproverano di non esserci, ma non sempre capiscono che sto costruendomi un futuro. Se non ora, quando?

Nel tuo passato la figura di tuo nonno è ricorrente


Faceva pascolare le pecore per i prati e io lo accompagnavo, ricordo l’odore fresco dell’erba e gli aromi di montagna, il murmure delle foglie sopra di noi quando ci riposavamo sotto la chioma di un albero a spiluccare noci, che lui rompeva col suo bastone.

E la tua nonna? 


E’ lei ad avermi insegnato a fare il primo formaggio della mia vita: la ricotta. Avrò avuto otto o nove anni. E legato a queste rievocazioni ho creato un piatto, dal nome “Scatola dei ricordi”. Rompendo la scatola emergono tutte le essenze dei fiori di montagna, quelli che fioriscono vicino casa in diversi periodi dell’anno, li ho glassati, miscelati con la ricotta fatta mantecare leggermente, e da cui si distingue l’affumicatura di tabacco, quel sentore legnoso che portava addosso mio nonno che fumava troppo. 

Pantalone e t-shirt bianca dal suo guardaroba.
Cappotto Tom scozzese beige brown e olive green: Sartoria LaTorre


Se fossi un piatto che piatto saresti?

L’hamburger.

L’hamburger?


A chi non piace l’hamburger?
E’ un comfort food, puoi mangiarlo ovunque e puoi farlo con le mani (un saluto a Csaba dalla Zorza), puoi sporcartici le mani; dall’hamburger ci si lascia coinvolgere, puoi imbottirlo con gli ingredienti più disparati ma soprattutto in un ottimo sandwich si racchiude l’essenza di un piatto in tre morsi. E’ una questione di equilibri e bilanciamenti.

Se dovessi cucinare un piatto ad personaggio storico, per chi cucineresti?

Luigi XXVI. Mi ha sempre affascinato la vita all’interno delle cucine di quel periodo, una cucina di ricerca e di sviluppo, dove il servizio a tavola era un vero e proprio show. Lo chef era necessariamente spinto a cercare e inventare, doveva essere creativo, sfornare ricette, trovare l’ingrediente esotico, divertire il re, altrimenti si passava dal taglio della torta al taglio della testa!

E cosa gli avresti cucinato? 


Probabilmente una pasta al pomodoro e sarebbe stato felice, ne sono certo!

Qual è l’ingrediente più importante in un piatto? 


L’energia. 

Io cucino e mi emoziono, non faccio distinzioni tra i commensali, cucinerei con amore per tutti perchè cucinare è un atto d’amore che rivolgo prima di tutto a me stesso. Il messaggio che cerco di lanciare sui social, in video durante “Cortesie per gli ospiti”, nei vari programmi tv, nei miei ristoranti, è il racconto di quanto sta dietro il piatto. La passione e la dedizione per gli alimenti, cibi che coltivo con le mie mani, prodotti che conosco e vedo crescere, per poi utilizzarli nelle mie cucine; so dove trovare gli ingredienti migliori e più sani, so dove pescarli e questo è un mondo che vorrei portare nel piatto, tutto l’ecosistema dalla nascita alla trasformazione. Quando chi mangia comprende questo insegnamento, di sicuro apprezzerà di più anche quello che avrà nel piatto.

E’ una vita stressante quella in cucina, che vede un alto tasso di alcolisti e depressi 


E suicidi. E’ un attimo, ti danno la stella e poi subito te la tolgono, non hai più vita sociale, un bicchiere diventa una bottiglia e si è sempre sotto pressione. Io mi reputo molto fortunato, perchè ho un ottimo autocontrollo ma soprattutto perchè spesso mi fermo, rifletto sui risultati ottenuti e godo di queste piccole felicità. 


Dovessi consigliare un viaggio, quale meta sceglieresti?

Ho un rituale, ogni anno devo trascorrere almeno tre giorni in Sardegna, la terra dove sono cresciuto. Qualche anno fa ho girato Mauritius, Maldive e Marocco e avevo ancora una certa nostalgia, era il “mal di Sardegna”. Cosa mi mancava? Il profumo del mirto, della terra bruciata, il sentirmi a casa, quella sensazione ovattata di serenità,  e i culurgiones, i malloreddus con la salsiccia, le seadas, e la “mazza frissa”, una salsa di semolino e panna simile alla polenta morbida, che accompagno al pane fatto cuocere insieme al maialino. 

Al secondo posto metterei Kunming, una città rurale di 6 milioni di abitanti situata nella regione dello Yunnan, zona meridionale della Cina. Una campagna che ricorda Bangkok e Bali con sapori e profumi di fritto, di pesce, quegli aromi forti e selvaggi che ti coinvolgono come un uragano, ti avvolgono, ti sconquassano e poi ti spazzano via. E’ come un tornado tra le papille gustative.
Da quel luogo ho portato con me il te’ pu- erh  un tè stagionato affumicato, pressato con foglie intere dalle ricche proprietà e dal costo molto alto perchè pregiato. Sono sempre a caccia di sapori nuovi. 


C’è qualcosa che ti manca della tua cucina quando sei via?


Cucinare.
Capita quando sono in vacanza o quando sto sul set per lungo tempo, per molte registrazioni. Manca il momento che dedico a me, quando sto seduto al tavolo di casa a pensare, riflettere, per poi alzarmi, andare nella mia cucina e creare. E’ come un rituale che nutre il mio spirito. 


La tua idea di cena romantica ? 

Sono un cancro ascendente cancro e devo dire che questa mia sensibilità mi ha sempre aiutato con il gentil sesso, coltivo le emozioni e mi lascio coinvolgere; ma cosa c’è di più bello nella vita?
Mi basta un pezzo di pane, un bicchiere di vino, una spiaggia sul mare, un bellissimo tramonto e l’amore della mia compagna. 


Cos’è per te la felicità ?


Quello che mi rende felice ce l’ho e la cosa molto bella è che non sento il bisognoso di altro.

Chi nasce nel mondo occidentale, oggi, nasce sotto una stella favorita, a patto ci siano complicanze di altro genere, abbiamo a disposizione mezzi che ci permettono di crearci la nostra fortuna, siamo molto facilitati dalla visibilità dei social e dallo scambio di contatti. 

Il segreto di una felicità duratura sta nel ritagliarsi il tempo per gioire delle piccole cose, dei piccoli risultati quando li si è raggiunti, per poi darsi obiettivi nuovi e crescere. 

Hai mai assaggiato qualcosa di immangiabile sul set? 

Spaghetti, cozze, vongole e sabbia. Come sgranocchiare dei gusci.

“Cortesie per gli ospiti” riconferma il suo successo e manda in onda la terza stagione, siete un trio molto affiatato? 


Csaba è una donna d’altri tempi, molto composta, educata, molto attenta alla forma, esattamente come la si vede in video;  Diego è la fotografia della festa, ci fa ridere nel momento di  grande imbarazzo e strappa sempre a tutti una risata. Andiamo molto d’accordo, siamo un trio ben assortito. 


Un gruppetto di ragazze in festa, di cui una col velo da sposa, chiede da lontano una foto con Roberto, dopo averlo riconosciuto. Lui gentilmente si alza e concede il suo tempo e una chiacchierata; poi si sposta verso il lago per una foto, lui che il lago lo conosce, lo vive e lo rimira accarezzando i suoi cani quando sta a casa. Di fronte al lago parla di felicità e di amore, di passione e di costruzione, lo fa con l’eloquio di un vecchio saggio, e mi scordo dei suoi trent’anni.(ndr)

Pantalone denim Jeckerson, giacca mèlange Sartoria LaTorre, Tshirt dal suo guardaroba.

Talent – Chef Roberto Valbuzzi

Photographer: Antonio Avolio

Stylist: Miriam De Nicolo’

Stylist Assistant: Irene Lombardini

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