LE CASE DI MODA RACCONTATE PER IMMAGINI

Codici narrativi ed estetici di case di moda internazionali mostrati al pubblico in un unico evento.
È questo l’obiettivo del Fashion Film Festival di Milano, l’evento dall’animo cosmopolita, fondato e diretto da Constanza Cavalli Etro, ormai giunto alla sua quarta edizione, che avrà luogo dal 23 al 25 settembre, in concomitanza con la fashion week di Milano Moda Donna, presso il rinnovato Anteo Palazzo del Cinema, con il patrocinio della Camera Nazionale della Moda Italiana e del Comune di Milano. Il Fashion Film Festival è una vera e propria incubatrice di talenti, in cui giovani emergenti si possono confrontare con artisti affermati, in una prospettiva di mutuo arricchimento.
In questi tre giorni, ricchi di proiezioni e attività tematiche, saranno selezionati 160 fashion film provenienti da 50 paesi differenti da una giuria internazionale eterogenea, composta da personalità provenienti dal panorama della moda, del cinema e dell’arte: Jim Nelson, Direttore di GQ US, Sølve Sundsbø, fotografo e regista di moda, Ilaria Bonacossa, direttrice di Artissima, Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Maria Luisa Frisa, critica e curatrice di moda e Federico Pepe, direttore creativo e fondatore di “Le Dictateur”. Anche il pubblico potrà esprimere le proprie preferenze attraverso il Voting Online, il cui vincitore si aggiudicherà il premio People’s Choice Award.
La novità assoluta di questa edizione è #FFFMilanoForWomen, un’iniziativa volta a esaltare i talenti femminili, declinati nei settori moda, cinema e arte.

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VIAGGIO NEI LUOGHI DI GUCCI

Gucci Places è la nuova iniziativa pensata dalla maison fiorentina per svelare i luoghi nel mondo che riflettono il gusto e i valori del marchio e che lo hanno ispirato. Luoghi privati e pubblici, nascosti o alla luce del sole, tutti restituiscono l’estetica contemporanea di Alessandro Michele, ora a portata di click, grazie a una semplice App. L’obiettivo di questo progetto è di far scoprire le storie interessanti e inaspettate che raccontano questi luoghi e di diventare parte di una community, raccolta intorno a una varietà di location sorprendenti, che suscitano interesse e ispirano creatività. Il primo luogo a essere svelato è Chatsworth nel Derbyshire, in Inghilterra, dove Gucci sta sostenendo un’ampia mostra di abiti e cimeli intitolata House Style, curata da Hamish Bowles. L’app di Gucci presenta nuove funzionalità, per coinvolgere gli utenti nella storia di ciascuna località, oltre ai servizi di geolocalizzazione. L’app permetterà agli utenti di registrarsi e ottenere il badge e fornirà una descrizione dettagliata del luogo, con testi, immagini e video.

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NATALIA RESMINI – SURF DIARY

Illustrations by Natalia Resmini

Illustratrice di moda e fashion consultant, Natalia Resmini unisce una spiccata sensibilità per la moda alla delicatezza del colore. La sua esperienza come ritrattista e textile designer si svela ad ogni pennellata. Grazie al surf e all’amore per il mare ha viaggiato in tutto mondo: questo bagaglio estetico lo si legge sia nei suoi disegni in stile libero, sia nel racconto, anche per immagini, in cui ci suggerisce i posti irrinunciabili dove fare surf.
Ho questa grande passione da una vita, che mi ha fatto viaggiare mezzo mondo. Il surf è una grossa fortuna. Perché tutti i surfisti prima o poi viaggiano per lunghi periodi, e hanno la possibilità di conoscere altre culture. Noi italiani siamo un popolo di idealisti, sognatori e viaggiatori, lo dico sempre! Siamo fortunati. Perché, se non abbiamo troppe onde, le andiamo a cercare, scoprendo un sacco di altre cose, allargando gli orizzonti. E ci distinguiamo, eccome! In esclusiva per MANINTOWN la selezione di posti più belli, scoperti durante i miei viaggi.

MESSICO
www.mexilogfest.com

Imperdibili Sayulita e Saladita e punta de Mita. (riviera Nayarit). Atmosfera Hippy, temperatura perfetta soprattutto nei mesi invernali, onde impegnative e più facili. Il momento più cool è in occasione del Mexi Log Festival, che raduna i migliori surfisti del mondo nella categoria Longboard. Per alloggiare segnalo un posto che si chiama Casa Love, che si trova nel centro di Sayulita. Proprio sulla spiaggia principale, di fronte alle onde che srotolano e qualche turista in cerca di un buon margarita, si apre la terrazza di Nathalie Mignot, la proprietaria. L’architettura della casa si rivela in un sapiente equilibrio di sole e ombra. Dieci camere “open space”, arredate con singolare gusto, per un soggiorno davvero fortunato: dove vi sentirete sempre accarezzati dal vento e la notte cullati dalle stelle. L’attenzione all’ecologia e a uno stile di vita “raw” dei proprietari sapranno affascinarvi. Casa Love fa parte di un concetto più ampio, che comprende la boutique “Pachamama” e l’omonima galleria d’arte, entrambe al piano inferiore dove, in mezzo a variopinte opere di giovani artisti, potrete scovare abiti pezzi unici boho-chic e molti gioielli carini.
Per maggiori info e scoprire curiosità sulla famiglia dei proprietari: pachamamasayulita.com.mx/casa-love/

SARDEGNA
Il mio posto del cuore, dove passo parecchi mesi all’anno e le onde sono le migliori del Mediterraneo, perché l’isola ha un’esposizione ai mari a 360°. Tra tutte le coste, quella a ovest è quella con onde più frequenti, perché il maestrale è il vento predominante. Per quanto riguarda il resto, l’isola offre tantissime opzioni che si possono sfruttare, motivo per cui la Sardegna è diventata una meta internazionale di turismo legato al surf.
Per principianti, consiglio la scuola IS BENAS SURF CLUB (www.isbenas.com), che offre pacchetti personalizzati con istruttori qualificati e alloggi in surf house, (esperienza imperdibile, natura favolosa e si è seguiti dalla A alla Z). Inoltre segnalo Maona Sailingboat, nel sud, a Villasimius, di proprietà di Sebastiano Concas, uno dei migliori surfisti italiani, che organizza charter in barca a vela e surf trip, una formula originale, per una vacanza memorabile nel cuore dell’area marina protetta. www.facebook.com/Maonasailingboat/

MAROCCO
Sono stata in Marocco tantissime volte ormai, ma ogni viaggio porta sempre emozioni nuove. C’è qualcosa di magico, un profumo speciale nell’aria che mi rapisce. La cultura araba mi affascina, come artista e come donna. La mia creatività è stimolata dai decori delle piastrelle, dai colori della terra intervallata dalle piante di argan, dall’architettura concepita per essere vissuta dentro e fuori. Ho tantissimi amici marocchini e, nonostante le miscredenze e i nostri pregiudizi, ho trovato un popolo illuminato. Cultura, orgoglio, ospitalità e “presenza religiosa” sono una costante. Noi, in occidente, siamo sempre di corsa e non crediamo più a nulla. Talvolta non abbiamo neanche cinque minuti per osservare un bel tramonto. Noi abbiamo gli orologi e loro hanno il tempo! Sono stata quasi due mesi di recente, a sud di Essaouira. Dipingevo e surfavo, immersa in un piacevole “mal d’Africa”. I marocchini credono nella loro terra, nel vento, nel mare, nel cibo. Non posso dimenticare certe sere invernali, quando al calore del fuoco si cena tutti insieme, con le mani, assimilando l’energia del cibo, in religioso silenzio. Sono arrivata a credere che le forchette e i coltelli siano una specie di filtro fra noi e quello che mangiamo. Ripenso alla libertà che ho provato e sorrido. Perché non posso scordarmi il “peso” di certi colori che assume il cielo, inseguendo le ultime onde della giornata. Alle spiagge deserte, ai branzini appena pescati, all’olio di oliva quasi più buono del nostro. In marocco il posto che vi consiglio per surfare è la costa che va da Essaouira ad Agadir.
Segnalo due dei miei alberghi del cuore: Hôtel Résidence le Kaouki, www.sidikaouki.com; Olo Surf & Nature www.olosurfnature.com/, il surfcamp piu’ cool del momento!

BIARRITZ e HOSSEGOR
È la California d’Europa, ci sono stata talmente tante di quelle volte che non mi ricordo neanche più quante. È      il cuore della scena surf europea, dove abitano i migliori shaper e artisti underground legati al surf. I prezzi sono un po’ alti e in acqua c’è molto affollamento, ma la natura è meravigliosa! In estate si fa surf fino alle 11,00 di sera, dato che le giornate sono lunghissime. Inoltre, bellissimi surfshop e, nelle lande, varie scuole di surf, che operano su splendide spiagge infinite.
Da provare: m.facebook.com/tfr.hossegorsurfhouse/

Photo by @silvia_cabella_fotografie
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nataliaresmini.it

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Spettatori di Eccellenza – L’eyewear ingegnerizzato firmato Barberini

Fermarsi ad osservare, cogliere il dettaglio per arrivare un passo oltre gli altri e riconoscere distintamente i contorni, prima offuscati, di un progetto. Questa la cifra di Barberini, brand veneziano leader nel campo dell’eyewear, che da oltre 60 anni migliora e detta gli standard di produzione di lenti solari in vetro ottico. Una definizione di savoir faire all’italiana, votata al perfezionismo, che mai si accontenta e spinge il proprio sguardo in avanti, là dove regole e tendenze sono ancora da tracciare.

Inutile specificare il carattere unicamente innovativo dei prodotti Barberini che, dal 2016, includono una gamma di montature ad hoc per accogliere le speciali lenti in Platinum Glass. Dalle linee più iconiche dell’eyewear classico, a spunti più attuali, che strizzano l’occhio a un target decisamente esigente tanto nell’estetica, quanto nella performance.

Prescindendo dal gusto estetico, quella che Barberini riserva al cliente è una cura maniacale: partendo dall’esperienza d’acquisto, sartoriale e cutomizzata, passando alla conoscenza di utilizzo, ancora più determinante. Lenti rigorosamente UV400, per offrire una protezione superiore allo standard UV100%, trattamento antiriflesso multistrato e film idrofobico e oleofobico sono gli step fondamentali per feedback unicamente positivi.

Ad accogliere questa realtà d’eccellenza tricolore sono le calli veneziane. Culla dell’arte vetraria ed apice della sua espressione artistico-manifatturiera, Venezia, diventa snodo e punto di contatto tra il vetro e l’occhiale. In queste officine storiche, la sperimentazione è solo uno dei tanti volti dell’esperienza, frutto di un suo processo evolutivo consequenziale. Dalle forme più nobili e decorative della soffiatura di Murano, all’ingegnerizzazione di lenti da vista high tech, “La Serenissima”, rimane un’ istituzione di riferimento a livello mondiale.

È proprio l’incanto di questa città, ispirazione fondamentale per Barberini. L’oro liquido dei mosaici, il candore dei marmi, la frenesia dei canali e il fascino infinitamente romantico del crepuscolo che muore nel blu profondo della laguna, spingono anche l’osservatore più distratto ad una contemplazione meravigliata, attenta e desiderosa di non perdere nemmeno un dettaglio.

www.barberinieyewear.it

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QUESTIONI DI LINGERIE CON LUCY LITWACK

La sensualità è donna. Non a caso nel ruolo di Amministratore delegato di Coco de Mer, uno dei brand di lingerie di lusso e casa di moda erotica più famosi, troviamo una donna, Lucy Litwack, con una grande passione ed esperienza nel settore. Non solo prodotti per il piacere; Coco de Mer offre anche educazione e guida per un’esperienza erotica personale dall’allure decadente. MANINTOWN ha intervistato la Litwack sulla sua esperienza ultradecennale nel settore e su temi considerati ancora tabù.

Perché hai deciso di lavorare nel campo della lingerie di lusso?
La lingerie è la mia passione. Sono capitata nell’industria per caso, grazie a un cliente che avevo nell’agenzia di design per cui lavoravo dopo l’università. Sono entrata in questa start up interna di lingerie e il resto è storia! Dopo oltre 17 anni nell’industria, non potrei immaginare di fare qualcos’altro. La lingerie può creare magia. Ha il potere di trasformare. Ho lavorato per tanti marchi incredibili, da Victoria’s Secret a La Perla, ma quando ho iniziato da Coco de Mer, tre anni fa, sapevo di aver trovato qualcosa di molto speciale. Un brand che ha sempre puntato al di sopra delle sue possibilità, ma sta ancora realizzando il suo potenziale. Un marchio che unisce continuamente moda e arte erotica, sofisticatezza e sensualità. Un brand che enfatizza l’importanza del piacere femminile, che piace sia agli uomini che alle donne.

Qual è il capo più rappresentativo di Coco de Mer?
Tutto ciò che disegniamo combina lusso e bellezza, spesso con un tocco di audacia. Un esempio sono gli slip Spanking Knicker di Coco de Mer. Questo capo è lussuoso, bello e un po’ osé, con, in più, la possibilità di giocarci con il partner. Anche il reggiseno Sylph Half Cup rappresenta lo stile iconico di Coco de Mer. E’ stato sul mercato per più di dieci anni e continua a essere un best seller. È perfetto come abbigliamento intimo e come trend per uscire, grazie alle sue bretelle particolari. In lussuosa seta nera, con l’allacciatura frontale e una seducente mezza coppa che copre appena il seno, prende ispirazione dall’importante lavoro di Helmut Newton e dal mondo delle dominatrici.

Secondo te, qual è il rapporto fra moda e sensualità?
Le persone sono alla ricerca del piacere. Lo cercano in una miriade di modi differenti, uno dei quali è la moda. I piaceri che affascinano i nostri sensi, come la cucina, il design, la moda, occupano la psiche culturale in molti modi diversi, dai libri alle riviste e alla tv. L’argomento dell’erotismo, tuttavia, è molto limitato e represso. Coco de Mer incoraggia un punto di vista più progressista per aprire un dialogo più giocoso su questo tema e incoraggiare, così, le persone ad approfondire le loro fantasie. Vogliamo creare un terreno più bello e sensuale da esplorare. Coinvolgendo le persone in questa conversazione, possiamo utilizzare la moda e la lingerie per raggiungere una migliore comprensione e connessione verso ciò che è davvero sensuale. Come promotore della sensualità, Coco de Mer crea e cura oggetti irresistibili ed esperienze per celebrare il piacere reciproco e la soddisfazione individuale.

Cosa cercano le donne quando scelgono la lingerie?
Le donne hanno molte sfaccettature. Un giorno, cercano il comfort, la vestibilità perfetta, i tessuti morbidi. Un altro giorno vogliono qualcosa che le faccia sentire più sicure, con la consapevolezza che solo loro conoscono ciò che si nasconde sotto l’aspetto esteriore. Altre volte, magari, vogliono apparire come la classica femme fatale. La lingerie può trasformarti e cambiare la tua mentalità. Tuttavia, le donne vogliono soprattutto una buona vestibilità, bellissimi materiali che accarezzano la pelle e silhouette che esaltano le loro forme.

Invece, cosa apprezzano di più gli uomini?
Gli uomini apprezzano qualsiasi sforzo vuoi fare. Amano l’idea che una donna si sia vestita per loro (anche se lo ha fatto anche per se stessa) e la adoreranno qualsiasi cosa scelga. Abbiamo scoperto da Coco de Mer che gli uomini acquistano spesso il set da tre pezzi e che, oltre al reggiseno e lo slip, prendono anche il reggicalze. Generalmente preferiscono i colori più classici, rosso o nero. E la biancheria da notte, come una sottoveste di pizzo o un abitino di seta, piace sempre.

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Top 10 Menswear Shows for Spring/Summer 2018

Alexander McQueen
Poesia nordica dei contrasti: tailoring preciso e capi semi-strutturati in pelle, alternati all’organicità delle maglie islandesi, dei capi spalla in tappezzeria rovesciata e delle camicie in pizzo, tutto drammatizzato con accenti di rosso fuoco.

Lanvin
Futuro incerto? Pronti a tutto con completi casual, impermeabili, dettagli techno, e accenti rètro. Chaos on the catwalk. Unica costante è il fit ampio, per essere sempre cool e a proprio agio.

Hermès
Come ogni primavera/estate, forse oggi più che mai, è emerso l’equilibrio perfetto tra chic e sportswear; tessuti techno mixati a pelli pregiate, capi spalla profilati e accenti di colori brillanti.

Acne
Modelli seduti in platea e i giornalisti che sfilano in passerella, una catwalk tutta a rovescio, dove trench e capi ampi sono stati abbinati a piccole maglie e tricot. Semplicità ed eleganza delineano una delle collezioni più chic firmata Acne.

 Luis Vuitton
Organza, pelle, popeline e neoprene? Il surf non stanca, ma si rinnova con volumi ampi, stampe a fiori elettrici, shorts sotto al ginocchio, il tutto accompagnato dalla coinvolgente colonna sonora composta da Drake. 

Y/Project
Giochi di maniche larghe, annodate, drappeggi e volumi, queste le caratteristiche dell’ultima sfilata primavera/estate firmata Y/Project, che porta in passerella outfit innovativi dal sapore vintage. Un accenno agli anni ’80: discreto, stupendamente e semplicemente moderno.

Valentino
Sportwear e folklore sono le parole chiave per descrivere l’ultima collezione firmata Valentino, una sfilata che vede in passerella tante borse e sneakers da collezionisti. Un esercizio maestrale.

Fendi
Yuppie parade dalla palestra al boardroom, con la tuta e la cravatta. Motivo check, declinato sia sui completi sia su capi più sportivi e abbinato a modelli in tinta unita nelle nuance beige, caramello e pastello. Borse, borse e borse, certo, ma leggere e, per una volta, poca, pochissima pelliccia.

Ermenegildo Zegna
Zegna porta in passerella l’abilità di dare freschezza, leggerezza e modernità al classicismo e alla tradizione. Scenografia futurista, volumi ampi, colori soft e tessuti spettacolari, come la vicuña ultra light e il micro nubuck sono i cavalli di battaglia di questa primavera/estate 2018, che stupisce non solo per i capi, ma anche per gli accessori.

Missoni
È proprio quando si pensa che non abbia più niente di nuovo da dire, che Missoni stupisce ancora con una palette sgargiante, ma sempre giusta e una proposta di capi sempre sempre easy-chic. Protagonista assoluta è la tuta, in check mille colori da legare in vita.

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LE AIR MAX 97 GUARDANO AL FUTURO

Nuovi colori e un pacchetto Ultra che guarda al futuro. È la Nike Air Max 97, l’iconica sneaker che dopo 20 anni si rinnova, mantenendo, però, il suo design caratteristico dalle sue linee pulite, la ventilazione ispirata ai veicoli e l’ammortizzazione full-window. Il suo design unico e futuristico è attribuito a quello dei bullet trains giapponesi e a sottili onde d’acqua, anche se la reale ispirazione di questa sneakers è l’aspetto industriale della mountain bike preferita del designer che le inventò.
La nuova Nike Air Max 97 Ultra riduce il peso della silhouette e introduce nuovi livelli Air- Sole PSI per un comfort maggiore. La confortevolezza è la chiave dell’innovazione: l’airbag è calibrato su un livello di morbidezza maggiore, il rivestimento è completamente privo di cuciture con un unico guscio per la struttura della tomaia.

www.nike.com

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Generazione ulzzang, moda e musica di Seoul

Nel cielo della Corea non si alzano soltanto – e spesso cadono – i missili di Kim Jong-un, dittatore del Nord. Pure lo skyline di Seoul, con la sua Lotte World Tower, 555 metri che ne fanno l’edificio più alto del Sud e il quinto al mondo. Con la piscina più rialzata (85esimo piano), la vetrata panoramica più alta (quasi a 500 metri) e l’ascensore più rapido, che impiega meno di un minuto per andare da terra al tetto.
Firmata dall’americana KPF (Kohn Pedersen Fox Associates) è stata inaugurata l’aprile scorso con eventi e fuochi d’artificio, che mettevano in risalto la superficie di vetro, ispirata alle ceramiche tradizionali coreane e alle tecniche calligrafiche. Svettando sul Lotte World Mall, il centro commerciale sulle rive del fiume Han frequentato ogni anno da 28 milioni di persone, rappresenta un primato e un concetto di avanguardia, perché raccoglie attività tra loro molto diverse: uffici, hotel, spazi polivalenti, appartamenti di lusso, ma anche officetel, piccoli appartamenti per impiegati che lì lavorano.
Tutto è eccitante e stimolante in questa metropoli che ha appena visto il cambio della guardia tra Destra e Liberal, eleggendo Moon Jae-in, 64 anni, ex avvocato dei diritti umani, alla presidenza del Paese. È l’uomo che rivendica, per il Sud Corea, un ruolo politico e diplomatico più attivo nello sforzo internazionale di fermare la sfida nucleare del Nord. Perché chi guarda solo al 38esimo parallelo e ai suoi cannoni, sembra dimenticare che a Sud c’è l’undicesima potenza del mondo per il PIL e il sesto Paese per esportazioni.
È l’onda del K-pop, un fenomeno mondiale, a proiettare la Corea del Sud nel mondo dei consumi giovanili, con band come i Bangtan Boys o BTS, che contano 6 milioni di followers su Twitter e hanno occupato quasi interamente per 29 settimane il primo posto nella classifica dei social di Billboard, che valuta l’attività delle famepage degli artisti. Hanno vinto anche il primo premio ai Billboard Music Awards come Social Artist, battendo idoli quali Justin Bieber, Selena Gomez, Ariana Grande. Hanno incantato perfino Céline Dion, che li ha invitati al suo concerto. Del resto, già in Sud Corea hanno conquistato il record di oltre 10 milioni di visualizzazioni del loro ultimo video, nel corso di 24 ore. In questo momento sono al loro secondo tour mondiale e possono vantarsi di essere sold out in tutte le tappe.

Caccia al costume

C’è chi dice che siano solo un accessorio utile, chi invece ne è proprio ossessionato, una cosa è certa, che sia mare o piscina, questa stagione la nostra attenzione si concentra inevitabilmente sui costumi da bagno, e come ogni anno, inizia la ricerca pazza di quello che diventerà il nostro miglior amico durante la stagione estiva. Ecco che, anche per il 2017 i brand si sono sbizzarriti, creando per voi costumi dai mille colori. Guardando in giro vi renderete subito conto che trend di stagione sono sicuramente due, il color-block e le micro-fantasie, tutto accomunato da un sapore rètro; basta solo scegliere quello che più vi si addice. Cos, Emporio Armani, Invicta, Plein été e Sergio Tacchini puntano sulle monocromie a contrasto per modelli classici, ma con un twist, mentre Coast Society, Pepe Jeans, Eden Park, Marina Yachting e Intimissimi dedicano le loro collezioni ai più spiritosi, proponendo motivi psichedelici, pattern e stampe floreali per chi in vacanza non ama prendersi troppo sul serio. E voi da che parte state?

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IQOS Master Style

Un progetto di scouting incentrato sulla creatività. IQOS Master Style, è un format, ideato da IQOS™ – sistema elettronico di riscaldamento del tabacco, che riduce potenzialmete il danno rispetto alle sigarette tradizionali, rilasciando un aerosol, ma senza combustione – per sostenere i talenti più promettenti tra i designer già proprietari di un brand e i fashion student, invitati a presentare un’idea grafica che vesta la cover IQOS, insieme a due proposte di chic-bag, per contenerlo con le apposite ricariche. Il concorso è aperto fino al 21 luglio p.v e, a individuare il vincitore, sarà una giuria composta da nomi d’eccellenza, tra cui il direttore marketing di Philip Morris Italia, Natasa Milosevic, e il direttore creativo di MSGM, Massimo Giorgetti. A ottobre 2017, poi, saranno svelati i progetti vincitori. Le proposte selezionate saranno prodotte per dare origine alla special edition di accessori IQOS. IQOS è un dispositivo del gruppo Philip Morris International, con nuova tecnologia HeatControl.

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Il benessere si coniuga con le esperienze gourmet: gli indirizzi nel nord Italia

La parola benessere è sempre più associata all’esperienza gourmet: stare bene significa prendersi cura del proprio corpo, ma anche della propria mente. Il cibo riesce a coinvolgere anche i fanatici della forma fisica, grazie alle nuove proposte light e salutistiche. Un viaggio tra le strutture più belle del nord Italia, dove rilassarsi a 360 gradi.

Il nostro excursus parte dalla Valle D’Aosta, da Eco Wellness Hotel Notre Maison, nella valle di Cogne: atmosfera da chalet di montagna e una cucina della tradizione locale, capitanata dallo chef Simone Carlone. Polenta, fonduta o gnocchi d’orzo, benessere garantito dal laghetto alpino esterno, immerso nel verde con una temperatura costante di 35°.

Dalla Valle d’Aosta al Piemonte, in un castello del 1500, al ristorante Q33. Lo chef Maurizio D’Andretta, executive del country resort Al Castello di Sillavengo, propone una cucina gourmet all’insegna della mediterraneità. Dalla sala delle Colonne, la principale del castello, si passa alla piscina racchiusa dalle mura della struttura, alla grotta del giardino, per salire al centro massaggi.

Ci si sposta in Lombardia, in quello che possiamo definire un agriturismo chic a neanche mezzora di auto da Milano. Cascina Caremma è un’azienda agricola di 36 ettari con un’autarchia pressoché totale per il ristorantino e la SPA, ricavata da un’antica stalla, i cui prodotti per i trattamenti vengono pensati e prodotti internamente.

Immersa nella Franciacorta, l’Albereta Relais & Chateaux è il suggestivo resort della collezione Terra Moretti Resorts che ammalia al primo sguardo. L’Espace Chenot Health Wellness SPA è un progetto unico in Italia, firmato da Henri Chenot. Quattro esperienze gourmet: dalla degustazione dei vini della cantina Bellavista, alla vista del ristorante Vistalago Bistrot, l’adiacente ristorante Leone Felice, capitanato dallo chef Fabio Abbatista, per finire con La Filiale, la nuova proposta pizza gourmet firmata da Enzo Coccia.

Un hotel dedicato al benessere, l’Aqualux Spa a Bardolino, sul Lago di Garda: otto piscine, con percorsi di acqua corrente, stazioni idro e aereo massaggio, oltre alla recente apertura gourmet di EVO, capitanata dallo chef Simone Gottardello: una lunga esperienza nelle cucine dello chef Giancarlo Perbellini, 2 stelle Michelin di Verona.

Al Belmond Cipriani di Venezia la commistione cucina e benessere si fa ancora più forte: dal ristorante stellato ai numerosi trattamenti specifici della SPA Casanova. Lo chef Davide Bisetto è stato recentemente insignito della stella Michelin al ristorante Oro.

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THE CHAMP

Metà inglese, metà olandese, ma di discendenza ugandese, armato di charme e di un sorriso mozzafiato, Martin Foru rappresenterà il Regno Unito alle Olimpiadi del 2020 e non si potrebbe pensare a un uomo più adatto a indossare alcuni dei capi sportswear più interessanti di questa stagione. Con MANINTOWN gli abbiamo fatto esplorare il quartiere di Parigi più colorato ed esotico, La Chapelle e, durante il viaggio, lo abbiamo conosciuto un po’ meglio.

Quando hai iniziato ad allenarti per diventare un pugile? Chi ti ha spinto a farlo?
Ho sempre voluto praticare una qualche forma di arte marziale, perché i miei due fratelli più grandi dicevano sempre che non sapevo combattere. Purtroppo, mia madre non me lo ha mai permesso. Tuttavia, quando avevo 13 anni, ho incontrato mio cugino mentre stava uscendo da un allenamento di boxe. Mi ha detto di andare con lui e , da allora mi sono innamorato di questo sport.

Cosa significa per te rappresentare l’Inghilterra alle Olimpiadi del 2020?
Significa tutto. Anni fa c’era una regola per cui ai pugili professionisti non era permesso gareggiare alle Olimpiadi, ma ora che hanno cambiato questa norma e i professionisti possono competere, non c’è nulla che mi trattiene dal diventare un vero professionista.

Ti sei trasferito a Londra recentemente, qual è il tuo lato preferito della vita londinese? Amo letteralmente le persone! Molti con cui parlo sembrano così aperti e semplicemente amano divertirsi e passare il tempo con gli altri.

Stai attento alla tua alimentazione? Qual è il tuo piatto preferito?
Quando non ho un incontro mangio qualsiasi cosa mi piaccia, ma sono di natura una persona sana e non voglio avvelenarmi con cibi che fanno male. Invece, quando arrivo a un combattimento devo guardare ciò che mangio. Ho un nutrizionista che mi organizza un piano alimentare, per prepararmi prima di un incontro.

Chi è il tuo modello nella vita? E nel pugilato?
Il mio modello, mentore e figura paterna è sempre stato il primo coach di boxe, in Olanda, Thomas Mboua. Mi ha aiutato a diventare l’uomo che sono oggi. Nel pugilato è sempre stato Roy Jones Jr, per la sua conoscenza, per lo stile e la fiducia in se stesso. Guardo i suoi incontri da quando ho iniziato la boxe.

Pratichi qualche altro sport? Cosa ti piace di più della boxe?
Al momento solo la boxe, ma mi piace sempre giocare una partita di basket, di biliardo o di golf. Oltre alla forma fisica, la boxe mi permette di far uscire tutto ciò che è dentro di me. La parte che mi piace di più è l’allenamento, solo perché è la più vicina a un vero incontro di boxe.

Sembravi molto a tuo agio durante il servizio fotografico di fronte all’obiettivo. Invece prima di un incontro?
Beh, divento nervoso non appena sento quando sarà il prossimo incontro, ma poi non appena raggiungo la palestra e inizio ad allenarmi, la fiducia cresce ad ogni sessione. Anche quando sono nello spogliatoio e mi sento un po’ affaticato o qualcosa mi infastidisce a livello fisico divento nervoso. Tuttavia, non appena salgo sul ring e suona la campanella passa tutto.

Oltre all’allenamento fisico, che tipo di preparazione mentale affronti prima di un incontro?
Cerco di sgombrare la mente da tutte le cose negative e di rimanere focalizzato. Penso a tutte le possibili situazioni in cui potrei trovarmi e mi dico, naturalmente, che sono molto più veloce, forte e in forma del mio avversario.

Lo stile sportivo si è infiltrato prepotentemente in ogni aspetto della moda al momento. Ti piace? Pensi che rimarrà così?
Sì, sì, mi piace! Ovviamente, come sai, sono un atleta e combinare la moda con lo sport per me significa unire due delle parole più belle. Oggi prestiamo persino i guanti da boxe allo stile. Non sono certo che il look sportivo resterà attuale, dato che la moda cambia continuamente. Tuttavia, penso che lo sportswear cercherà di stare al passo con la moda.

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Photographer| Byron Mollinedo
Assistant photographer| Clémentine Passet
Stylist| Nicholas Galletti
Assistant stylist| Ariane Haas
Groomer| Céline DeCruz
Model| Martin Foru @ IMG London

UNIQLO SVELA LA NUOVA COLLABORAZIONE CON JW ANDERSON

Capi in classico stile British che combinano il distintivo design audace e grafico di JW ANDERSON con i valori della cultura giapponese di semplicità, qualità e longevità dei tessuti di UNIQLO. Il risultato è una collezione che offre il meglio dello styling inglese, tradizionale e moderno al tempo stesso, e che si compone di capi adatti a uno stile di vita giornaliero per uomini e donne di tutte le età. I focus della collezione sono il design, le silhouette e il comfort. Tutti i capi sono costituiti dai materiali inglesi tradizionali e dai tessuti che rappresentano il marchio di fabbrica di UNIQLO. Dai cappotti in tweed con la caratteristica spina di pesce alle camicie in morbido cotone naturale e ai cardigan in lana merino dall’elegante lucentezza. Le silhouette variano a seconda dei capi; lunghi cappotti con abbottonatura contemporanea e cintura alla vita, così come le giacche creano look moderni, sofisticati e con un una vestibilità slim. Tuttavia non sono escluse le sovrapposizioni, come cardigan girocollo dalla silhouette squadrata e capi oversize.

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Orologi: tendenze e must-have

Due sono le grandi tendenze che contraddistinguono l’attuale panorama internazionale dell’orologeria: il ritorno ai grandi classici del passato, complice una proposta creativa e meccanica al passo con i tempi e la celebrazione e la valorizzazione dei mêtiers d’art, con una consacrazione delle tecniche più sofisticate, sia dal punto di vista meccanico che delle complicazioni. Uno slancio artistico con finesse di lavorazioni decorative. La vetrina importante per poter scoprire da vicino le ultime novità e creazioni è senz’altro Basel World, che rappresenta per gli addetti ai lavori e per gli appassionati di orologi e gioielli un appuntamento da non perdere. Una vetrina da sempre ricchissima di novità, originali, ricercate e al tempo stesso adatte a ogni tipo di stile e polso. Nata nel 1917, la manifestazione ha compiuto quest’anno il suo primo centenario. L’edizione si è contraddistinta per un forte orientamento alle novità da parte dei marchi, forse, più storici, consapevoli che il nuovo assetto dell’economia internazionale richiede sforzi e innovazioni volti a soddisfare una clientela sempre più esigente e alla ricerca del nuovo.

Della prima grande tendenza – con un omaggio ai classici – assoluto protagonista è Tag Heuer che, tra le varie novità, presenta una ri-edizione dell’orologio Autavia. Il ritorno di questo modello iconico è frutto di un’operazione partecipativa inedita – l’Autavia Cup – organizzata nella primavera del 2016 con lo scopo di consultare la comunità degli appassionati e dei collezionisti del brand, dialogare con gli intenditori offrendo loro di scegliere a quale modello storico avrebbe dovuto ispirarsi il nuovo Autavia. Ecco, quindi, un segnatempo con il suo look rétro, rivisitato con tocchi di modernità: pulsanti a fungo, corona zigrinata, logo Tag Heuer e cinturino in vitello invecchiato, per conferirgli un’aria vintage. Un orologio dal carattere contemporaneo, grazie all’aggiunta di un datario a finestrella e del fondello zaffiro. Il rivestimento luminescente è beige, così come le impunture del cinturino.

Gucci, in pieno momento di rivisitazione creativa, stupisce quest’anno con una serie di watch che seguono l’estro e la creatività di Alessandro Michele. Le nuove varianti di G-Timeless segnano tuttavia un interessante ritorno alle forme iconiche del passato. Per l’uomo, due inediti segnatempo con movimento automatico e funzione GMT (40 mm). L’inconfondibile motivo a serpente del brand costituisce la lancetta GMT, che va a indicare il secondo fuso orario, mentre gli iconici motivi ad ape, stella e cuore orbitano intorno al quadrante sotto forma di indici. Il movimento e l’incisione dell’ape di Gucci sulla massa oscillante si possono ammirare attraverso il fondello trasparente.

La celebrazione dei mêtiers d’art si ritrova forte con Bulgari, che lancia Octo Finissimo Tourbillon in versione Squelette, il tourbillon più sottile al mondo. La nuova Squelette è dotata di un tourbillon ultrapiatto, con 253 componenti interamente visibili, tra cui 13 rubini e otto cuscinetti a sfera, che servono a ridurre lo spessore complessivo del movimento. Batte a una frequenza di 21.600 A/h alternanze ora e dispone di 62 ore di riserva di carica. Per evidenziare questo movimento come merita, la cassa (40mm) del nuovo Octo è di platino, impermeabile fino a 30m e il cinturino in pelle di alligatore nero con fibbia ad ardiglione.

Jaquet Dros presenta, invece, Loving Butterfly Automaton, un capolavoro di eleganza e savoir faire, proprio perché questo orologio coniuga la complessità del meccanismo meccanico con la bellezza dell’animazione del carrettino e della farfalla che si muovono allo scandire del tempo. La cassa in oro rosa e il quadrante di 43 mm rendono questo segnatempo grintoso e al tempo stesso intrigante. La tiratura è limitatissima, solo 28 pezzi.

In questo panorama di novità interessanti da segnalare anche la presenza di Swarovski che per questa edizione amplia la collezione di segnatempo femminili Crystalline che, quest’anno, si arricchisce delle varianti di Crystalline Hours in rosso, nero e due versioni bianche. Il quadrante contiene circa 2000 cristalli, a conferma, ancora una volta, della capacità del brand di sapere costruire con sapienza ed evolvere il concetto del taglio sfaccettato del cristallo. Il marchio sta conquistando un posto di primo piano anche nel mondo dell’orologeria, divisione che nel 2016 ha avuto una crescita di oltre il 30%. Come afferma Robert Buchbauer, CEO di Swarovski Consumer Goods Business il lancio delle novità a Basel World consente al marchio di affermarsi sempre più in questo settore e di preparare il terreno per ulteriori novità nelle edizioni a venire, anche perché si preannuncia a breve il lancio della prima linea di marcatempo per uomo.

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matthew zorpas. athens calling

Gentleman di nome e di fatto, è considerato uno dei più importanti web influencer del momento. Non posta e basta, racconta storie di stile, dispensa consigli su come comporre i look, attraverso i suoi viaggi ispira un seguito di followers da tutto il mondo. Parliamo di Matthew Zorpas, blogger e fondatore di thegentlemanblogger.com. Matthew è anche un creative consultant e, attualmente, brand ambassador di IWC Schaffhausen. Nato a Cipro, Matthew studia e si trasferisce a Londra per ritornare alle origini trasferendosi di recente ad Atene. Proprio per il suo compleanno (festeggiando i 30 anni con tanto di #mz30th) lo abbiamo incontrato e ci siamo fatti raccontare il suo punto di vista su una delle città più affascinanti al mondo per storia, cultura e continuo fermento.

Cosa ti piace di Atene?
Atene è in gran fermento al momento. È una città che negli ultimi anni ha sofferto, ma recentemente ha iniziato a respirare di nuovo. Piccole aperture, negozi popup, bar e ristoranti sono a ogni angolo, offrendo l’eccellenza nel design, gusto e servizio. È l’inizio di una nuova era, di nuove idee, di un nuovo sistema. Io voglio esserne parte.

Cosa mettere in valigia?
Viaggiate leggeri! Diventa caldissimo in estate. Mettete in valigia creme solari, il vostro cappello di Panama (soprattutto se volete fare una passeggiata sull’Acropoli), una camicia di lino bianca o azzurra (vi adatterete perfettamente ai greci), le vostre espadrillas alla moda e alcune paia di calzoncini. Non dimenticate il vostro zaino, per mettere i vostri autentici souvenir ateniesi da Plaka!

I 5 posti più importanti da visitare ad Atene (ristoranti, spiagge, hotel, discoteche, negozi)?
Il mio ristorante preferito nel centro di Atene è Nolan, cucina fusion giapponese e greca. Spiagge: a 40 minuti in barca, assicuratevi di visitare Agkistri, una delle isole più vicine ad Atene con acque cristalline. Aponhsos è uno dei miei punti preferiti dell’isola. Hotel: Electra Metropolis è una delle ultime aperture in città e con la migliore roof top. Discoteche: l’area Gkazi è dove accade la magia. Dai bar greci alle feste speciali con dj internazionali, succede di tutto intorno a questa piazza. Negozi: Paraphernalia è la destinazione perfetta per gli amanti del design.

Un ricordo particolare riferito a questa città?
La festa per il mio compleanno dei 30 anni con i miei amici, venuti da tutto il mondo. È stato un momento davvero speciale e indimenticabile per me, qui ad Atene.

A chi consiglieresti questo viaggio?
Agli amanti, a chi ama il sole, l’estate, la storia, la bellezza, la natura, agli amanti della Grecia.

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THIS IS MY TIME

1987. I The Smiths pubblicavano il disco Strangeways. Here We Come e cantavano nel ritornello di “I Won’t Share You”: “Non ti condividerò, no. / Non ti condividerò, / con la guida / e i sogni che ho dentro. / Questo è il mio tempo”.
Non era solo il tempo dei The Smiths e del cartone animato I Simpson, dell’uscita sui grandi schermi di Dirty Dancing e dell’inaugurazione del sistema operativo Windows 2.0., ma anche quello dell’azienda giapponese Asics, che dava inizio all’era ASICS Tiger presentando le prime GEL LYTE. A trent’anni dalla loro nascita, le GEL LYTE 1987 tornano sul mercato con la stagione autunno/inverno 2017, per far rivivere gli anni ‘80 alle generazioni passate e per conquistarne di nuove. Per i colori, il nuovo modello riprende la combinazione originale degli anni Ottanta: nero con dettagli arancioni o blu navy con inserti gialli. Ritorna anche l’originale parte superiore semplice, a un’unica linguetta, con l’intento di mantenere il classico stile, per un gusto nostalgico rètro/chic, unito a un look sporty e per rivivere quel mitico decennio, mettendo ai piedi un oggetto iconico di quegli anni.

www.asicstiger.com

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JAMES JAGGER, UN UOMO, DIECI RISPOSTE

Da piccolo ascoltava a ripetizione la canzone “Johnny Be good” di Chuck Berry e confessa di avere ancor oggi una passione irrefrenabile per i film gangster. James Jagger, figlio di un più noto Mick, ha iniziato la sua carriera nel cinema, ma non solo, è anche un ambientalista convinto, e parte del progetto “The wave walk”, che coinvolge artisti e scultori e designer per realizzare varie opere a NYC che sensibilizzino le comunità sui temi della salvaguardia dell’ambiente marino. In attesa di vederlo anche in un film del regista Christopher Nolan – un suo desiderio svelato – non vediamo l’ora di (ri)vederlo sul grande schermo nella pellicola 747, che uscirà a breve.

Gli esordi da attore
Già al liceo, a 16 anni. Interpretando un ruolo in uno spettacolo scolastico capii che comunque quella poteva essere una strada, la mia strada. Così mi iscrissi ad un corso di recitazione a Londra e poi a New York (la verità è che a quel tempo passavo più serate alle feste che ore a provare il copione) ma una parte di me lo sentiva, sapeva che voleva andare no in fondo.

Tutto è pronto per il nuovo film 747
È stata un’esperienza molto piacevole, ho trovato dei grandi amici e degli ottimi professionisti. Non ho grandi aspettative per il suo successo (il mix di ingredienti che rende vincente un film è davvero vasto e bisogna avere talento e fortuna perché tutto si amalgami in maniera perfetta) ma personalmente sono davvero soddisfatto.

Il sogno nel cassetto
Ce ne sono molti ma se devo sceglierne uno, adesso, vorrei lavorare con Christopher Nolan (super): Inception, Intestellar, woow, sono pellicole invincibili. Lui è un talento prodigioso e per me sarebbe davvero un sogno poterci collaborare. Lui è uno di quei registi che anche con grandi budget riesce ancora a rischiare, a puntare su copioni innovativi e di livello. Il problema del cinema contemporaneo, infatti, è che le cose più belle vengono fatte con pochissimi soldi, da autori emergenti e che fanno moltissima fatica per affermarsi, mentre con le produzioni più grandi si pecca di buona qualità, si fa intrattenimento più che arte.

Un attivista convinto
La verità è che siamo un’associazione molto piccola, ci sono dentro soltanto sei persone e cerchiamo nuove fonti di crowdfunding per i nostri progetti: ogni anno ci battiamo per una causa specifica legata alla tutela delle coste e alle fonti di inquinamento marino e adesso, per esempio, abbiamo dato vita ad un progetto molto interessante, a New York, in partnership con La Mer, si chiama “The wave walk” e coinvolge artisti e scultori e designer per realizzare varie opere, in tutta la città, che sensibilizzino i passanti, la comunità, sui temi della salvaguardia dell’ambiente marino.

Il volto delle fragranze Armani
Girare la serie di short film per le fragranze Armani mi ha soddisfatto…Fabien Constant è stato un director straordinario, e la cosa davvero meravigliosa è che oltre alla promozione di un prodotto, nella sua idea c’è uno script, una storia reale, ci sono emozioni e sentimenti. E per un attore questa è pura vita. Con Matilde Lutz, mia partner nei film, abbiamo trovato immediatamente una sintonia ed un feeling piacevole, tanto che Fabien spesso filmava anche nei momenti di pausa. La spontaneità e la naturalezza che si creano sul set sono importanti per creare un prodotto autentico.

Nike lancia la nuova app

Novità in casa Nike. Il gruppo ha infatti appena lanciato un’app personalizzabile che servirà per restare sempre aggiornato sulle novità di prodotto, sugli eventi ed esperienze esclusive.
Per utilizzarla basta registrarsi gratuitamente, chi ha già un account Nike+ può usare le proprie credenziali per accedervi, e scegliere tra una serie di interessi, che vanno dagli sport, alle squadre di calcio, agli atleti, in questo modo si creerà un identikit più preciso del cliente per fornire notizie, consigli e prodotti esclusivi. Le preferenze degli utenti serviranno a Nike non solo per venire meglio incontro ai loro bisogni, ma forniranno all’azienda un feedback prezioso sulla direzione che stanno prendendo i gusti del suo pubblico.
L’applicazione Nike è ora disponibile per Android e iOS in Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito.

www.nike.com
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L’equilibrio dinamico di Filippo Nigro

Filippo Nigro è l’antidivo per eccellenza: affabile ed estroverso. Sorridente e per nulla centrato su sé stesso, non riesce a spiegarsi il suo successo, perché non si è mai sentito arso dal sacro fuoco: eppure, con il mestiere di attore, ha inanellato vari riconoscimenti. Fra questi, per esempio, i Golden Globes Italia per, ‘La Finestra di fronte’, di Ferzan Ozpetek, regista con il quale ha lavorato anche ne, ‘Le fate ignoranti’, e quello come miglior attore al Taormina Film Festival per, ‘Dalla vita in poi’. E tutto questo senza contare la candidatura ai David di Donatello, per il ruolo di attore non protagonista in, ‘Diverso da chi?’, in cui ha recitato accanto a Luca Argentero. A Filippo Nigro, Sagittario, piacciono le sfide e una vita intensa, fatta di esperienze stimolanti e un duro lavoro sul set cinematografico, televisivo o teatrale che sia. E in questo Filippo non ama ‘stare seduto’. Mentre prende lezioni di equitazione, per un ruolo in costume nel nuovo film che girerà per il cinema, ‘The book of vision’, accanto all’attore inglese Charles Dance – già noto al pubblico, fra l’altro, per ‘Il trono di spade’- ha appena terminato le riprese di, ‘Suburra’ la prima serie televisiva realizzata in Italia per Netflix, diretta, fra gli altri, da Michele Placido, in cui interpreta il ruolo di un politico. Vestito con una T-shirt bianca e un paio di chinos verdi, mai senza gli occhiali da sole dalla montatura tartarugata dall’appeal vintage, unico tocco cool sul suo look basico e casual, Filippo Nigro si racconta a Manintown in un’intervista esclusiva.

Più cinema o più teatro nella carriera di Filippo Nigro?
Appena posso coltivo la mia passione per il teatro, che adoro. L’ultima mia pièce, ‘Candide’, risale a oltre un anno fa. Penso, in ogni caso, che oggi le serie televisive offrano delle opportunità di lavoro interessanti agli attori in carriera.

Hai detto che secondo te recitare è un allenamento per la vita. Come spieghi questa affermazione?
La recitazione mi ha aiutato a definire vari aspetti del mio carattere. Oggi mi sento più calmo e consapevole, mi diverto di più, sono meno impulsivo e prendo le cose meno sul serio.

Il tuo ruolo più challenging?
Non ce n’è uno in particolare. Forse, direi, quello del professore vittima del tranello della sua allieva nel film, ‘Un gioco da ragazze’. In generale amo i personaggi incoerenti, un po’ insicuri, che cambiano idea facilmente.

Che parte ha la fisicità nei tuoi ruoli?
Non molta. È uscita fuori perché faccio molto sport, ma mi sarebbe piaciuto interpretare ruoli da action movie a più alto tasso di testosterone, in generale amo i film di genere.

Il capo must-have del tuo guardaroba?
Il blouson di pelle, ne possiedo due: uno nero e l’altro più vissuto, in pelle marrone, entrambi hanno un piglio ‘biker’.

Cosa ti rende davvero curioso?
Se una persona mi piace amo approfondire i suoi lati più intimi, sono curioso dell’evoluzione caratteriale dei miei 3 figli, Alessandro, Olivia e Claudio e poi sono curioso di conoscere persone nuove, anche se sono molto distratto per natura, tranne che sul set dove sono molto concentrato. All’università l’essere distratto mi è quasi costato un esame (sorride n.d.r.).

Le tue passioni maschili?
Amo molto lo sport e ne pratico diversi. Premesso che amo stare all’aria aperta e odio le palestre, mi piace il calcio, il nuoto, il tennis e andare a correre. Quando posso amo giocare a scacchi perché mi rilassa.

Un tuo luogo ideale del corpo e della mente?
Per lo spirito amo mettermi in gioco, viaggiare per lavoro e impegnarmi in progetti sempre nuovi. Come luogo fisico penso alla mia famiglia, a mia moglie Gina che adoro, perché è il luogo che mi fa sentire sempre protetto e al sicuro come un nido di benessere.

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Photographer| Roberta Krasnig
Stylist| Stefania Sciortino
Photographer Assistant| Jacopo Gentilini
Grooming| Samia Mohsein@makingbeauty using KIEHL’S Age Defender Cream
Location| Coffee Pot, Roma

CHAMPAGNE – ALL SUMMER LONG

Ruinart_Dom Pérignon_Moët & Chandon

Tutti sanno che lo champagne si beve ghiacciato. In Italia, però, per molti, questo grande vino è confinato al Capodanno, piuttosto che all’estate. Un mito da sfatare. Ecco, allora, sei proposte per viziarsi all’ora dell’aperitivo, in barca o,magari, sotto il sole.

ART COOL
«Per il quinto anno consecutivo serviamo le nostre Cuvée Ruinart in tutte le spiagge del circuito White Summer Ruinart», racconta il Senior Brand Manager Andrea Pasqua, che MANINTOWN incontra durante la settimana di apertura della 57. Biennale di Venezia, dove si divide tra il vernissage di Woven Forms, la cena della Fondazione Louis Vuitton, i party al Fondaco dei Tedeschi e alla Palazzina G. «Siamo lo champagne dell’arte contemporanea – sottolinea – e per tutto il periodo della Biennale, abbiamo un welcome service all’aeroporto privato di Venezia e un Ruinart Bike Bar al Cipriani». E proprio in concomitanza con l’arrivo dell’estate, «dal 21 al 23 giugno, apriamo al pubblico lo scrigno della terrazza Redentore al Gritti Palace, dove, previa iscrizione sul nostro sito, www.maisonruinart.com, gli ospiti potranno degustare un menù dinner o un aperitivo abbinato al concetto dei ‘cicchetti’, lo street food veneziano, interpretato in versione stellata dallo chef del ristorante Club del Doge, Daniele Turco».

ON THE ROCKS
Se, addirittura, volessimo berlo sotto l’ombrellone, senza che si scaldi nel bicchiere? La soluzione c’è. Champagne on the rocks? Mais oui! Moët Ice Impérial rompe il tabù della tradizione e inaugura un nuovo stile, un’autentica drinking experience, che coniuga inaspettatamente effervescenza e ice cubes. «Lo champagne Moët Ice Impérial è stato “costruito ad arte”, per rendere ancora più intenso e fruttato il suo gusto e per creare un modo completamente nuovo di bere champagne, senza lasciarsi diluire dal ghiaccio», spiega Benoît Gouez, Chef de Cave di Moët & Chandon.

MIXOLOGY
Ispirandosi a una nuova e fresca visione del bere contemporaneo, Veuve Clicquot ha collaborato con esperti mixologist per creare uno champagne interamente nuovo: Veuve Clicquot RICH e Veuve Clicquot RICH ROSÉ, con un maggiore dosaggio per ottenere più dolcezza e aroma. Enfatizzando il savoir-faire della Maison nell’assemblaggio dei vini, lo Chef de Caves di Veuve Clicquot, Dominique Demarville, spiega: «Lo zucchero nello champagne equivale alle spezie in una ricetta: se usato correttamente fa emergere aromi specifici e gioca con i sapori». Insomma, per trasformarlo in base di cocktail freschissimi.

GRAPHIC ICE
La nuova cuvée di Nicolas Feuillatte, Graphic Ice, esalta la gioia di vivere dell’estate. Si gusta in un ampio bicchiere, con ghiaccio e le sue note floreali e la sua dolce freschezza in bocca trovano ottimi alleati nel lime e nell’ananas. Ecco un nuovo cocktail elegante e sofisticato per l’estate, da gustare sia di giorno sia di notte, quando la bottiglia per lo speciale pack diviene addirittura luminescente.

SINFONIA D’ESTATE
Krug Grande Cuvée è creato oltre la nozione stessa di millesimato, assemblando molti vini diversi di numerose annate. Ogni anno, quando sta per iniziare la composizione, Eric Lebel, Chef de Caves della Maison, si trova di fronte a circa 400 vini diversi. Dietro ogni bottiglia di Krug Grande Cuvée ci sono oltre vent’anni di passione e dedizione. Come spiega Lebel , «Quando assaggiamo i primi vini, che ricordiamo ancora sotto forma di uva nelle vigne, è come se un violino solista iniziasse a suonare. il nostro concerto inizia. Il lavoro acquista profondità e ampiezza, mentre i nostri musicisti si fondono in un solo, chiaro ed elegante, insieme sinfonico, un nuovo Krug Grande Cuvée».

ICON ON BOARD
Nei mesi di luglio e agosto, sulle coste e lungo le spiagge cristalline della Sardegna, sarà attivo il Dom Pérignon Yacht P2 Delivery, speciale servizio di consegna via mare delle preziose bottiglie. Il maxitender, progettato e costruito dal Cantiere Capelli sul modello del Tempest 900, conserva lo champagne in ghiacciaia e lo consegna alla giusta temperatura. Un servizio esclusivo, che sarebbe piaciuto a una storica cliente della maison, Marilyn Monroe, che Pérignon celebra in una grande mostra: Imperdibile Marilyn, al Palazzo degli esami di Roma, fino al 30 luglio. La sua annata più amata? Il Vintage 1953, che accompagnava fedelmente l’attrice sui set dei suoi film.

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Condivisione e nostalgia – intervista ad Alexandre Matiussi

All’apogeo della postmodernità, la moda accoglieva per la prima volta la voce del pubblico per creare contenuto insieme a lui. Co-creare, appunto. Un modus operandi che oggi conosce un ulteriore sviluppo: sono i marchi che sempre più spesso collaborano, addirittura, tra di loro. Come a dar vita a una sorta di iper-brand, seppure per un tempo limitato, sintesi olistica di due identità differenti, più incisiva delle sue parti prese separatamente. Vetements e Gosha Rubchinskiy sono gli esempi più lampanti. Joint venture, co-produzione: è questo oramai il protocollo operativo. Insomma, negli anni in cui la condivisione è premessa necessaria all’esistere dell’esperienza, lo stesso accade per il processo creativo. La scelta si orienta perlopiù verso le icone dello sportswear e dello street syle anni Novanta. Il procedimento appare talvolta nostalgico ed è curioso che a farlo siano proprio i designer di quell’ultima generazione ad aver vissuto gli istanti terminali di un’età ancora analogica, come a volersi in qualche modo riappropriare, malinconici, di un tempo ormai passato. E proprio questo racconta Alexandre Matiussi. Per l’autunno/inverno di AMI – il marchio non è che l’anagramma delle sue iniziali e dell’ultima lettera del suo cognome, ma significa anche “amico” nella sua lingua nativa – ha collaborato con Eastpak realizzando tre modelli inediti, ora disponibili in alcuni selezionati negozi. Lui, che nel suo lavoro si sente spesso come uno chef in cucina, dice che è proprio la nostalgia l’ingrediente che il brand americano ha apportato a questo progetto, mentre AMI ha contribuito con un pizzico retro pop.

Come pensi che questo tipo di collaborazioni possano arricchire il tuo lavoro?
Da designer trovo che fondere la propria estetica con quella di un altro marchio, per creare un prodotto ibrido che possa avere un riscontro positivo sul mercato, sia un esercizio stimolante. Non si tratta di un processo facile, perché il risultato deve rimanere fedele all’ethos di entrambi. È una sfida e, senza dubbio, tutto ciò che ci mette alla prova al tempo stesso ci arricchisce.

Come scegli di solito il partner ideale e come è nata l’idea di questa capsule collection?
È una scelta che avviene sempre con estrema naturalezza: se l’energia che percepisco è positiva e se il progetto ha una logica per quanto riguarda il prodotto, fin da subito sono certo che funzionerà. Come in un puzzle, ogni elemento trova il proprio equilibrio con gli altri. Quando si è presentata l’opportunità di lavorare con Eastpak non ho avuto esitazione. È un marchio che in me evoca nostalgia: ho sempre avuto uno zaino Eastpak, sin da quando ero bambino – ho persino cercato una vecchia foto di quando lo portavo per andare a scuola, ma purtroppo sembra che mia madre quel giorno abbia preferito immortalare il viso piuttosto che ciò che indossavo sulle spalle, ed è un vero peccato – e vederlo rivivere nella collezione di AMI è un evoluzione di quel legame, come una sorta di percorso circolare che si chiude dove è cominciato.

Hai lavorato su alcuni modelli iconici di Eastpak. Perché hai scelto proprio questi tre?
Quello che mi ha colpito di questi modelli è la loro versatilità. Possono essere indossati sia da chi è molto attento all’estetica, sia da chi approccia la moda con un punto di vista che guarda alla praticità.

Lo zaino è un oggetto profondamente legato alla realtà e al quotidiano. Cosa ti affascina di più di questo accessorio?
Fino a non molto tempo fa lo zaino si indossava solamente per andare a scuola o in ambito sportivo, mentre solo recentemente ha attirato l’attenzione della moda, ed è appassionante sviluppare un prodotto proprio nel solco di questo processo di democratizzazione. In più, AMI è un marchio che ha salde le sue radici nella realtà: la sua è la storia di un ragazzo reale e di cosa veramente vuole indossare. Molta della mia ispirazione viene proprio dalla strada e da ciò che le persone realmente indossano, ecco perché per me è stato naturale lavorare su un oggetto che è così parte del quotidiano.

Come indosserai questa collezione e come immagini la indosseranno gli altri?
A Parigi mi muovo in scooter, per cui direi che uno zaino è perfetto. Il modello “Oversize Banana” doveva, inizialmente, essere un pezzo di traino per l’immagine, eppure credo lo userò tutti i giorni, perché è davvero molto pratico. Per quanto riguarda gli altri, ho disegnato questa collezione affinché ognuno potesse indossarla secondo il proprio punto di vista personale, che sia un giovane in abito oppure che indossi un paio di jeans o dei pantaloni corti. Inoltre, non ho pensato solo a un pubblico maschile, o a una precisa distinzione fra modelli femminili e da uomo. Ho semplicemente immaginato qualcosa che mi piacesse.

Qual è la cosa più preziosa che porterai con te da questo viaggio con Eastpak?
Ho imparato che unire le energie di due marchi è davvero interessante. Condividere, collaborare: è questa la strada verso il futuro.

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Cinecult: Spiderman: homecoming di Jon Watts

Grandi poteri esigono grandi responsabilità: ne sa qualcosa Peter Parker, l’uomo ragno animato da una ‘determinazione entusiasmante’ ma che sembra non farne una giusta. Eroe di quartiere che pare un ninja con la sua tuta calzamaglia a effetto e le sue strampalate ragnatele, il nuovo superuomo della Marvel è alle prese con dei criminali che trafficano in armi illegali per distruggere i supereroi e le loro attrezzature.
Questo il plot di ‘Spiderman: Homecoming’ diretto da Jon Watts e distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia.
Il giovane Peter Parker / Spider-Man (Tom Holland), reduce da un clamoroso debutto in Captain America: Civil War, entra nell’Universo Cinematografico Marvel in Spider-Man: Homecoming. Acclamato in tutto il mondo, Spider-Man è il personaggio dei fumetti più popolare della storia e il fiore all’occhiello della Marvel Comics. Ora, ‘torna a casa’ in un film dai toni nuovi, divertente e fresco, prodotto dai Marvel Studios, che per la prima volta porta il Peter Parker dei fumetti sul grande schermo al fianco degli eroi del Marvel Cinematic Universe. Entusiasta della sua esperienza con gli Avengers, Peter torna a casa, dove vive con la zia May (Marisa Tomei), sotto l’occhio vigile del suo nuovo mentore Tony Stark (Robert Downey, Jr. e Iron Man). Peter cerca di tornare alla sua routine quotidiana, distratto dal pensiero di dover dimostrare di valere di più dell’amichevole Spider-Man di quartiere, ma quando l’Avvoltoio (Michael Keaton) appare come un nuovo cattivo, tutto ciò a cui Peter tiene maggiormente viene minacciato.
È arrivato il momento di dimostrare di essere un eroe. Ha appena 15 anni ma deve tirar fuori il meglio di sé in scene eclatanti come quella nell’obelisco di Washington o quella davvero spettacolare girata su un battello. Il giovane supereroe prende sul serio i suoi poteri: “Spiderman non è mica una carnevalata” e con il suo cuore tenero vorrebbe fidanzarsi con la figlia del suo più acerrimo nemico. Tuttavia anche se all’inizio è uno stagista ansioso di andare in missione e riesce a fermare un autobus a mani nude, alla fine come dice Robert Downey, Jr, è un eroe springsteeniano della classe operaia. Divertenti le riprese in diretta con video girati a braccio che animano la prima parte del film.
Fra intrattenimento di livello, romanticismo scanzonato e alto quoziente di umorismo non si rischia davvero di annoiarsi.

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Scritta al neon “REPLICANT”

The Woolmark Company e il designer belga Raf Simons si sono riuniti, martedì 11 luglio, nel cuore del quartiere di Chinatown – sotto il ponte di Manhattan a New York – per presentare il menswear della primavera/estate 2018. L’incontro creativo è nato lo scorso inverno, con lo sviluppo della collezione A/I 2017-18, che ha sfilato il durante la New York Fashion Week
L’azienda australiana, assieme al designer belga, ha fatto sfilare 50 outfit con cappelli larghi, pantaloni ampi, maglioni oversize, impermeabili lucidi, galosce a tutta gamba e anche zaini, in collaborazione con Eastpak. Inoltre, Simons ha anche presentato le nuove Adidas Detroit Runners e Adilette Slides. Il tutto sotto le lanterne cinesi stampate con opere d’arte del graphic designer Peter Saville per il New Order. Nel parterre: celebrità come ASAP Rocky, il campione dell’NBA Andre Iguodala, Julianne Moore, Jake Gyllenhaal, Ashton Sanders e Marc Jacobs.
Durante il fashion show, i modelli, di ambo i sessi, hanno attraversato la passerella sotto gli ombrelli, replicando una scena di Blade Runner, dove il personaggio di Harrison Ford, Deckard, si dirige verso Chinatown. Con scritte al neon che indicavano la parola “REPLICANT”, un riferimento agli androidi bio-robotici del famoso film del 1982. «Ci sono molti riferimenti ai miei primi giorni e al perché abbiamo iniziato a realizzare la collezione che abbiamo fatto sfilare – ha affermato Simons durante un’intervista – Con forti richiami musicali dal passato, ma ci sono anche accostamenti scomposti, scollegati dal contesto; si tratta di film, di culture che scivolano insieme. Questo è il messaggio più importante per me. Come captare elementi e buone vibrazioni. Volevo che fosse energica».
La linea è nata dalla passione per la fibra di The Woolmark Company e di Raf Simons, con l’obiettivo di creare una collezione primaverile incentrata su lane lavorate con tecniche di fabbricazione inusuali. L’intento è quello di spingere l’acceleratore sul côté sportivo, come sottolinea il global advisor di The Woolmark Company, Fabrizio Servente: «Questa fibra vive un momento di grazia, con grandi novità dal punto di vista del prodotto. La rivoluzione è nel mondo sportivo, dove la lana, in precedenza soppiantata dalla fibre tecniche, torna alla ribalta con tessuti incredibili, apprezzata anche dal pubblico più giovane».

www.woolmark.com
rafsimons.com

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Y/Project. Glenn Martens

Un approccio sistematico senza sistema sembra essere alla base del successo di Y/Project. Parte di ciò che può essere chiamato, Rinascimento Parigino, dove brillano nomi come Vetements e Jaquemus, questo brand belga sta scuotendo davvero il modo in cui ci approcciamo allo streetwear e al tempo stesso alla couture, con una mescolanza post-moderna di età romantiche, forme oversize, elementi chiave dell’iconico streetwear degli anni ‘90. Glenn Martens, mente della label, già nominato per l’LVMH Prize, ha assunto il ruolo di Creative Director di Y/Project nel 2013, dopo che il suo co-fondatore, Yohan Serfaty, è scomparso. Glenn è stato insignito del Grand prize agli Andam Fashion Awards di giugno 2017, oltre a ricevere una mentorship da parte di Francesca Bellettini, Presidente e AD di Yves Saint Laurent. Da allora, il marchio è cresciuto anno dopo anno, grazie al suo design all’avanguardia concepito per chi non teme di esprimersi. Nella stagione autunnale la collezione pompa i volumi con un approccio più maximal alla silhouette, mettendo insieme un gioco magistrale sulla dualità, con riferimenti storici che si specchiano nel look delle icone hip hop di oggi. Senza dimenticare un vivido immaginario artistico, che Glenn ritiene essenziale per la sua creatività e il suo modo di rivoluzionare la moda contemporanea.

Chi è l’uomo per il quale disegni?
Sicuramente un uomo eclettico e senza età. Nella nostra linea di abbigliamento ci sono vibrazioni streetwear, ma anche elementi classici, strutture e forme concettuali e anche una sorta di trasformabilità. Puoi invertire le giacche, chiudere o aprire i pantaloni in modi diversi e questo ti permette di cambiare il modo in cui ti vesti, secondo il tuo stato d’animo. Siamo tutti fatti di personalità diverse in uno stesso tempo, con i nostri vestiti ti puoi divertire e dichiarare la tua individualità.

Come descriveresti il tuo approccio alla moda?
Non esiste alcuna regola specifica. Può accadere osservando le persone per strada. Prendo spunto da qualsiasi riferimento, indipendentemente dall’era o dalla sottocultura. Questo divertente mix è l’unico fil rouge perché che seguiamo perché, con il mio team, facciamo ciò che vogliamo molto liberamente, cercando di trovare un equilibrio e un risultato convincente. Confesso, inoltre, che mi piace guardare come i vestiti influenzano il nostro atteggiamento quando sono indossati, questo rivela molto delle persone.

Se dovessi scegliere i tuoi trademark quali sarebbero?
Mi piace guardare le cose in diverse prospettive, mi piace avere un approccio minimal, ma con un tocco sartoriale. Da Y/Project si flirta con proporzioni, atmosfera urbana, riferimenti storici e si gioca con forme allungate.

Cosa rende Y/Project un marchio di successo?
Penso di lavorare in maniera onesta, proponendo una collezione molto genuina e, per questo, straordinaria. Non guardo mai quello che fanno gli altri marchi e non seguo percorsi specifici, a parte trasformare quello che “annuso” in qualcosa che amo. Mi piace anche essere connesso al nostro pubblico e intuire quello che pensa.

Il tuo denim si distingue, lo consideri un elemento fondamentale della collezione?
Certamente. Cerchiamo di utilizzarlo sempre ed è uno degli elementi che più arricchisce il brand, che aggiunge valore e suggerisce un diverso uso di proporzioni, può anche essere considerato couture, secondo me. Ad ogni modo, non mi piace concentrarmi su un solo segmento della collezione, c’è sempre un approccio sperimentale su tutto, con altri grandi protagonisti come la seta e la maglia.

Photographer| Edoardo DeRuggiero
Stylist| Nicholas Galletti
Hair| Azumi Higaki
Make up| Constance Haond
Model| Rodrigue D @ M Management

I DIECI POSTI DEL CUORE DI CHRISTIAN PIZZININI e ANTONIO SCOLARI

Christian Pizzinini e Antonio Scolari: due uomini, due modi differenti di guardare il mondo, uniti da un’unica passione per il design, da una creatività inarrestabile e dall’amore per il “Bello”. Insieme non hanno solo fondato un’agenzia di relazioni pubbliche, specializzata nel turismo e nei grandi eventi, ma hanno saputo creare un vero e proprio contenitore di idee, un circuito rapido e sempre in movimento, in sincro con trend e cambiamenti. Se è vero che si conosce qualcuno solo sapendo dove è diretto, il modo migliore per conoscere Antonio Scolari e Christian Pizzinini è senza dubbio attraverso il loro diario di viaggio. Una top 10 list dei “posti del cuore”:

Rosa Alpina in Alta Badia, un rifugio di charme nel cuore delle alpi.

Christian, nato proprio in Alta Badia, conosce da sempre questa “ciasa ladina”, sino a renderla una vera e propria seconda casa. Se disponibile, prenota la chalet suite designed by Vudafieri Saverino Partners.
Il consiglio è andarci in estate, organizzare delle escursioni in montagna e programmare dei pic nic gourmand sull’erba, preparati da Norbert Niederkofler nella sua baita ad alta quota.
www.rosalpina.it

Galleria Massimo Minini di Brescia, un’istituzione dell’arte contemporanea in Italia.

Vicini di casa per molti anni, Massimo Minnini e la moglie, hanno introdotto Antonio e Christian all’arte. Una passione che li accomuna: l’artista newyorkese Landon Metz. Ultimo acquisto: un’opera di Ettore Spalletti, splendido equilibrista tra pittura e scultura. Un trionfo di spazio, colore e forma modulato da geometrie e linee semplici, ma di grande effetto plastico.
www.galleriaminini.it

Daa Italia, un progetto di design legato a Bruna Taurino di Lecce.

Il luogo d’incontro tra il processo dedicato alla produzione di meccanica pesante e il design del mobile. Una via alternativa alla produzione seriale, dove 12 designer e l’eccellenza del Made in Italy si incontrano, per realizzare complementi d’arredo unici. Indimenticabile la panca Benna di Lorenzo Damiani, esposta anche nelle sale della Triennale di Milano.
www.daaitalia.com

Art Basel di Basilea, la fiera d’arte più autorevole al mondo.

Da 10 anni meta irrinunciabile. The place to be per tutte le grandi famiglie di collezionisti, che si danno appuntamento per scovare tesori sempre nuovi. Un esplosione di energia, creatività innovazione e cambiamento.
www.artbasel.com

Ristorante Kleine Flamme a Vipiteno – chef Burkhard Bacher

“Dalla piccola corte interna… in padella!”. È questo il destino di spezie ed erbe aromatiche, coltivate appunto in loco, protagoniste di piatti mediterranei e creativi. Perfetto connubio tra Oriente ed Occidente. Perché andarci? Per una cena decisamente romantica. Suggestions? I ravioli di ricotta di capra e verdure con cipolla di Tropea affumicata, Taleggio stagionato e limone alla curcuma.
www.kleineflamme.com

La Triennale di Milano, la culla del design internazionale.

Istituzione culturale internazionale con ben 90 anni di storia. Un luogo dell’arte contemporanea, spazio per architetti e designer, ma anche per grandi stilisti. Un’officina di idee ed incontri, contrassegno della più stimolante vita artistica meneghina.
www.triennale.org

 7 Galleria Luciano Colantonio a Brescia, la passione per il design italiano.

Punto di riferimento da oltre 15 anni per esperti del settore ed appassionati. Perché? Perché Luciano, grazie alla sua passione, è riuscito a contaminare il proprio progetto di buon gusto e savoir-faire, aiutando Christian e Antonio a fare degli acquisti di immenso pregio e valore. Il primo amore non si scorda mai: un totem di Ettore Sottsass. Poi Gio Ponti, Luigi Caccia Dominioni, Franco Albini, Osvaldo Borsani, Piero Bottoni, la lista dei favoriti è lunga.
www.lucianocolantonio.com

Le Chateaubriand 129 Avenue Parmentier a Paris.

Ristorante storico a livello worldwilde, a pochi passi dalla casa parigina di Antonio e Christian che iniziarono a frequentarlo fin dall’inaugurazione. Un punto di riferimento, dall’atmosfera charmant e informale.

Villa Bettoni Cazzago a Gargnano, l’amore per Brescia.

Città natale di Antonio Scolari. Villa Bettoni è un luogo dove rifugiarsi e ricaricarsi, uno scrigno di ricordi e motore di nuovi pensieri. Un posto speciale da amare in solitaria.

10 Patmos, luogo di vacanza e ricordi, di amici e di avventure.

A Giugno la Grecia è dirompente. Per Christian e Antonio questa è un’isola carica di spiritualità e con un’energia unica. Patmos è un luogo da vivere seguendo emotività e sentimento, rifugiandosi sulle terrezza di Skala o a Hora aspettando il tramonto.

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DIETRO LA MASCHERA DI LINO GUANCIALE

Il suo fascino intenso e tenebroso ha conquistato il pubblico nei teatri e in tv, i suoi occhi limpidi e la simpatia coinvolgente lo rendono irresistibile mentre si racconta a MANINTOWN. Lui è Lino Guanciale, volto ormai noto della fiction italiana di successo, con una carriera teatrale consolidata, iniziata con Romeo e Giulietta, diretto da Gigi Proietti. Appassionato di letteratura, ma dall’animo rock, l’attore abruzzese ama cimentarsi in personaggi diversi tra loro, dai belli e arroganti delle commedie fino al ruolo surreale e un po’ pirandelliano del commissario Leonardo Cagliostro in La porta rossa, sospeso in una permanenza misteriosa tra il mondo dei vivi e dei morti. Oltre al teatro, primo e irrinunciabile amore, alla tv e al cinema, Lino Guanciale va nelle scuole a insegnare l’arte della recitazione ai ragazzi. Un vero talento camaleontico e multitasking tutto italiano.

Da dove trai l’ispirazione per interpretare un personaggio?
Dipende, spesso da libri che ho letto, più che da film, che comunque fanno la loro parte. Spesso da riferimenti letterari, dai fumetti a Dostoevskij, sono abbastanza onnivoro. Se leggo una sceneggiatura, la prima cosa che mi viene in mente è un riferimento che può andare da Paperino a Delitto e castigo, poi osservo molto la gente per strada, sui mezzi pubblici, in qualunque situazione. Però quello è uno stato successivo, quando devo capire come cammina un personaggio o come si muove cerco di imitare qualcuno che ho visto e che mi ha colpito.

Il ricordo più emozionante della tua carriera?
La cosa più emozionante di quest’anno, a parte vedere I Peggiori in sala, è stata vedere il successo de La porta rossa, perché nessuno di noi se lo aspettava così grande. Emozionantissima è stata la serata dell’ultima puntata, perché da Trieste hanno insistito per proiettarla in un cinema, con le persone in sala come se fosse un film, un modo per festeggiare il fatto che la serie fosse molto triestina come ambientazione. È stato emozionante, dunque, coronare questa produzione di grande successo, quel periodo di grande fermento che è stata la messa in onda de La porta rossa, stando in sala con tante persone che hanno amato il progetto.

Cosa ti insegna, a livello personale, il tuo mestiere?
A mettermi nei panni degli altri. È la cosa più difficile che esista. Ho notato recentemente che anche altri attori la pensano così, sono stato contento di sentire ciò che ha detto Elio Germano da Fazio su Kropotkin, anche perché ero convinto di averlo letto solo io (ride, ndr). Vedere che siamo in tanti di questa generazione a cercare di darci un certo background è utile. Gramsci diceva che il teatro serve a sviluppare la fantasia drammatica delle persone, appunto a capire come si sta nei panni di un altro. Se diventassimo tutti più bravi a farlo, si starebbe decisamente meglio, ci sarebbe anche una politica migliore, credo.

Qual è il lato irresistibile del teatro?
Il fatto che hai la gente dal vivo che ti guarda. Questo rapporto in presenza ti costringe a far bene il lavoro di metterti nei panni di qualcun altro, senza dimenticare che devi preoccuparti non solo di immedesimarti in un personaggio, ma anche di non far addormentare chi è davanti in quel momento. A teatro questo fatto di dover attirare l’attenzione, sotto tanti punti diversi, mi fa sentire particolarmente vivo mentre recito. Forse è per questo che ho bisogno di tornarci spesso e di non mollarlo mai. Mi sembra di vivere al quadrato quando sono sul palcoscenico. È anche terrorizzante in modo bello. Ogni volta che devo fare uno spettacolo sono terrorizzato, provo panico puro. Però lo faccio perché è bello, se riesco a farlo bene, sentire che quel panico si scioglie, è un enorme piacere, è una delle cose più belle che si possano provare. Stare sul palcoscenico sentendo che hai creato una comunicazione vera con chi hai di fronte.

Fai molta formazione nelle scuole. Qual è l’insegnamento più importante che dai ai giovani che vogliono intraprendere il mestiere di attore?
Adesso sto insegnando all’Accademia del Teatro di Modena, innanzitutto cerco di far vedere ai ragazzi che, se ci si impegnano, possono fare più cose rispetto a quelle che credono di saper fare. Per un attore è tanto importante cercare di esplorare territori diversi, perché ognuno nasce con una faccia e un corpo che già lo incasella in una tipologia di ruolo. La questione del physique du rôle è automatica. Bisogna, da dentro, sforzarsi di infrangere questo dogma che ci si porta addosso, per convincere chi poi dovrà darti un lavoro che puoi fare cose diverse. La goduria è uscire dalle zone di comfort, da quello che sai che ti viene bene, e rischiare, fare ciò che non sai cosa può regalarti e farti conoscere. Questo mestiere è bello se ti stupisci ogni volta di quello che trovi, se diventa una routine si trasforma nel più alienante dei mestieri possibili.

Cosa insegnano loro a te?
A mettermi sempre in discussione. Per capire una cosa, il metodo migliore è cercare di spiegarla a qualcun altro, quindi ogni volta che mi trovo a dover “insegnare” a qualcuno, sono costretto a mettermi in discussione, e nel farlo imparo delle cose nuove per il mio lavoro. Un attore, se lavora in contesti formativi, cresce ancora di più come artista.

Quali sono le altre tue passioni?
Piccolo aneddoto: ultimamente ho partecipato, per la promozione de I peggiori, al programma I soliti ignoti, dove mi chiedevano delle mie passioni e hobby per costruire il gioco. Ho realizzato che non ho tempo libero, non ho hobby, non ho una vita privata oltre il lavoro (ride, ndr). Al di là delle battute, ci sono tante cose che mi piacciono. Però ogni volta che leggo, vado a vedere un film, ascolto la musica, in qualche modo è come se stessi sempre lavorando, perché lego tutto al lavoro. Sono appassionato di sport, prima facevo soprattutto rugby. Mi piace tanto camminare, sono un grande fan di tutti gli scrittori flâneur, che parlano del mondo che si scopre a piedi, anche perché nutro un rifiuto fisiologico per la macchina, anche se in realtà le macchine mi piacciono molto. Devo ammettere che è un’altra mia passione, se guido mi rilasso.

Qual è il capo d’abbigliamento che più ti identifica?
Ho delle t-shirt di gruppi musicali che mi piacciono, come i R.E.M., in testa a tutti, i Joy Division, The Stooges, Velvet Underground, gli Smiths, i Cure, cioè gruppi che spaziano dal rock punk di rottura degli anni ’60 e la new wave degli ’80. Ho queste magliette da vent’anni e sono quelle che metto compulsivamente. Sono i capi che amo di più e che sento che mi rappresentano. Invece un capo che, sembra, mi stia bene sono le giacche.

Un oggetto che porti sempre con te?
Ognuno ha i suoi porta fortuna, il mio è un orologio che mi hanno regalato i miei quando avevo trent’anni e avevo cominciato a fare un po’ di cinema, ma prettamente recitavo in teatro, e non avevo iniziato con la televisione. Quando me lo hanno regalato ho capito il messaggio: “E’ ora che ti dai una mossa” (ride, ndr). Lo porto sempre, perché alcuni dei familiari che me lo hanno regalato non ci sono più ed è un modo per portarmeli dietro ancora adesso.

Un rito scaramantico?
Ne ho diversi. Per fare bene questo mestiere ho dovuto disciplinare diversi tic da nevrotico, non una cosa drammatica, però alcuni di questi sono diventati un marchio di fabbrica: schiocchi di dita rituali, entrare sempre in palcoscenico col piede sinistro, ovviamente se ci sono dei chiodi sul palco devo raccoglierli e metterli in tasca; ci sono delle repliche in cui ne colleziono anche una decina, perché portano fortuna. Sembra che Pavarotti avesse una collezione di 2-3mila chiodi raccolti sui palchi di mezzo mondo. Sia prima che dopo uno spettacolo devo salutare il teatro, fare le carezze al palcoscenico, tutte cose che sembrano stupide, ma che, in realtà, servono a stare un po’ in confidenza con il posto in cui lavoro. Stare sul palcoscenico ha un po’ a che vedere con la fucilazione, con i fucili puntati degli spettatori, è un luogo pericoloso, quindi meglio cercare di ammansirlo prima di lavorarci.

Un sogno nel cassetto?
Ne ho diversi. Mi piacerebbe avere più tempo per scrivere, per pubblicare qualcosa di finito. Vorrei anche fare un viaggio sulla via della seta. Viaggiare mi piace moltissimo, anche se l’ho fatto poco nella vita, perché ho dato priorità a un lavoro che comunque mi fa spostare di continuo (raramente dormo due giorni nello stesso posto), per tenere insieme teatro, cinema e televisione. Mi piacerebbe andare anche negli Stati Uniti, in particolare visitare la East Coast, la parte più “europea”.

Photographer| Manuel Scrima
Stylist| Stefania Sciortino
Grooming| Carola Sofia Retta 
Assistant Photographer| Sergi Planas and Lorenzo Novelli

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BALLY X SWIZZ BEATZ

È successo il 12 luglio a New York, presso il The Public Hotel, che il CEO di Bally, Frédéric de Narp, e il produttore musicale vincitore del Grammy Award, Swizz Beatz, hanno lanciato la nuova collenzione curata da Swizz e disegnata dall’artista spagnolo Riccardo Cavolo. La collaborazione è stata celebrata con una cena e un successivo party animato dalle esclusive performance musicali da parte di artisti, tutti rigorosamente firmati Bally, del calibro di Slick Rick e Doug E Fresh, mentre Kid Capri e Kitty Cash si sono occupati del Dj set. La collaborazione tra Swizz e Bally, disponibile al pubblico dalla fine di Settembre, è un progetto nato in modo naturale, attraverso un post di instagram in cui Swizz come accompagnamento a un paio di sneaker firmate Bally scrive “Bally is back”. Nasce da qui la necessità di affidare il design a un artista emergente. Ecco che attraverso ‘No Commission’, un’innovativa piattaforma curata da Swizz che raccoglie talenti emergenti, viene scelto e coinvolto nella creazione della collezione e delle giocose stampe Ricardo Cavolo.

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FAST AND FURIOUS – beauty routine

“Detergo il viso e lo idrato ogni mattina, ma in sette minuti al massimo devo aver finito tutto.” Parola di David Beckham, che riassume perfettamente l’approccio degli uomini alla cosmesi. Secondo una ricerca, la media dei cosmetici nei bagni degli uomini si attesta su 7, contro i 21 per le donne.
Vediamo allora alcuni di questi step essenziali per un trattamento beauty quotidiano, da concludere nei fatidici 420 secondi.

GEL DETERGENTE VISO ESFOLIANTE
ALMA K FACE CARE 20 €
Al mattino, il primo step della beauty routine uomo corretta è quello di lavarsi il viso e in questo caso vi suggeriamo un buon gel detergente, ideale per rinfrescare la pelle. Grazie ai minerali del Mar Morto, al burro di avocado idratante e alle proprietà distensive del cetriolo e degli estratti di melagrana, questo gel ricco e nutriente esercita una delicata azione detergente, che contribuisce a mantenere la naturale idratazione cutanea.

COMPLEXE ANTI – AGE HOMME 
EISENBERG 88,90€
Dopo aver risvegliato la pelle, è fondamentale utilizzare una buona crema viso ad azione idratante, mentre i non più giovani dovranno stare attenti a prevenire i primi segni del tempo.
Frutto di 15 anni di ricerche, la tecnologia tri-molecolare di questo mito della cosmesi rassoda viso e occhi. Una formula crema ultra-sottile, concentrata con effetto tre in uno, perfetta per chi va di corsa: anti-rughe, anti-età e idratante. A base di acido ialuronico, olio di Kukui ed estratti di seta rivitalizzano in profondità, lasciando la pelle rassodata e tonica per tutta la giornata.

DARK CIRCLES AWAY COLLAGEN EYE SERUM
DR.BRANDT 56 €
Troppo spesso la zona del contorno occhi è sottovalutata, ma è proprio qui che si accumula maggiormente la stanchezza quotidiana.
La formula a base di agenti ultra efficaci, favorisce il rinnovamento del collagene, per regalare luminosità e aiutare a rinforzare la pelle delicata del contorno occhi, cancellando i segni della stanchezza. Il complesso Lumisphere illumina lo sguardo e attenua le imperfezioni. L’applicatore, freddo e rotondo, favorisce la penetrazione delle microparticelle d’acqua che vanno, così, a idratare la pelle.

TIGI LION TAMER BEARD & HAIR BALM
TIGI 18,50 €
Siamo arrivati a questo punto: a barba e capelli.
Il primo balsamo ideato per la barba e per i capelli, per modellare e ammorbidire la fibra capillare, grazie alle sue proprietà nutritive, rinfrescanti e lenitive per entrambi. Perfetto anche per domare le barbe più folte.

IL SALONE DELLE STAR 

Chi non porta la barba, può provare una assoluta novità proveniente da Parigi, già diventata oggetto di culto nella Ville Lumière.
Nella suite Verdi del Grand Hotel et de Milan sembra di incontrare delle rockstar. Outfit total black, muscoli in evidenza e anelli importanti alle dita. È il look molto branché  (la parola francese per cool) dei due hairstylist che accompagnano in Italia David Mallett, considerato il miglior parrucchiere di Parigi. Il suo salone in un palazzo seicentesco (in un appartamento di 400 mq al numero 14 di rue Notre Dame des Victoires) è il rifugio prediletto di modelle, stilisti rinomati e celebrità come Kate Winslet, Natalie Portman, Sharon Stone o Naomi Campbell. Nel tipico snobismo parigino, il fatto che da sei mesi abbia aperto anche al Ritz è quasi considerato una caduta di stile. Lavorando con un laboratorio all’avanguardia, David Mallett ha sviluppato delle lussuose formule essenziali, che impiegano ingredienti rari e fortemente concentrati. Venduto inizialmente solo dal concept store Colette, il suo Hair Serum #DM027 (65,00 €) ha richiesto 3 anni di ricerca e ben 27 formule. La sua applicazione richiede pochi secondi, motivo che lo rende adatto anche agli uomini.

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CAMPANA BROTHERS – SUSTAINABLE SIGNATURE

cover_Bandidos Illuminados

Un dialogo silenzioso che riempie la fitta trama delle nostre giornate, lasciando l’indelebile traccia dell’affezione. È quello che intratteniamo con gli oggetti, quei manufatti di cui ci circondiamo e che investiamo di significati. Chiacchierando con Humberto Campana, del celebre duo creativo di fratelli designer brasiliani, è evidente quanto il coinvolgimento personale abbia un peso specifico nella progettazione, che diventa, così, diario di viaggio, istantanea del quotidiano o persino firma di impegno sociale. Gli oggetti iconici, figli di questo design sostenibile, rappresentano al meglio Humberto e Fernando Campana: unici, ispirati, contemporanei e meravigliosamente umili.

Qual è la condizione attuale del design?
Ad oggi è come una ferramenta politica; una forma di aiuto umanitario e di aiuto al pianeta. Dobbiamo prestare attenzione a tutti i rapidi cambiamenti che accadono a livello mondiale. In questo senso, i designers hanno uno strumento molto potente tra le mani, perché il loro prodotto è in relazione continua con la vita delle persone. Pensi alle comunità del nord del Brasile: questi aggregati sociali stanno scomparendo insieme alle loro tradizioni e portarle avanti tramite il design, significherebbe molto. È chiaro, quindi, che le implicazioni del design vadano più in profondità rispetto alla pura estetica.

Come risponde una città come San Paolo alle sollecitazioni del design contemporaneo?
San Paolo e Milano sono quasi gemelle, l’energia è molto simile, dura, ma estremamente affascinante; è una città che non dorme mai, quasi come una Manhattan dell’America latina, piena di grattacieli e frotte di elicotteri. Non è una metropoli che si concede facilmente, come Rio de Janeiro; va conosciuta, scoperta nei suoi anfratti con i suoi abitanti. Da 10 anni la scena del design a San Paolo e in tutto il Brasile sta cambiando molto rapidamente e, a oggi, non sono solo i fratelli Campana a raccontare questa evoluzione, ma anche tutta una nuova generazione che abbiamo contaminato con la cultura del design e le nostre idee di libertà espressiva. Le persone parlano di più questa “lingua del design” perché la capiscono e la globalizzazione in questo a certamente contribuito.

Il modus operandi dei Campana: usate un unico approccio sistematico per affrontare i vostri progetti?
È una sfida trattare realtà progettuali sempre diverse; siano esse macro o microscopiche il mio approccio è sempre lo stesso: passione e amore. Avere la libertà di scegliere ciò che amo è il motore per il mio impegno quotidiano; ero avvocato e ho abbandonato la professione per avere questa libertà. Un artista deve averla. Poter viaggiare attraverso universi sempre diversi: moda, design, arte o qualsiasi altro mi ispiri. Il ventunesimo secolo. dopo tutto. ci parla sempre più frequentemente di figure ibride che rompono le frontiere; quel che occorre mantenere è la passione nell’affrontare la sfida lavorativa. Nel quotidiano mi approccio a tutti i progetti “di pancia” e con molto intuito. Mi lascio ispirare dai sogni e dalle suggestion, che a volte diventano vere e proprie ossessioni. Spesso queste immagini si trasformano in progetti, ma non è automatico.

Avete dei ruoli ben definiti in quanto coppia di professionisti?
No (ride, n.d.r.). A dire il vero non abbiamo mai definito nessun ruolo. È una relazione tra fratelli che non è facile da gestire nella sua dimensione lavorativa di soci, bisogna raggiungere dei compromessi, e fortunatamente nel nostro caso, i perenni conflitti, sono sempre stati positivi e stimolanti.

Prosecco o Spumante? Due vini – cugini – molto diversi

Estate vuol dire giornate che si allungano, aria più o meno fresca – a seconda delle città – ma sicuramente tanta voglia di stare all’aperto, magari sorseggiando un calice di vino e perché no, di bollicine. Sembrano tanto facili da ordinare, invece nascondono un universo complicato e dalle mille sfumature. La tendenza di scegliere un prosecco, pensando alle più generiche bollicine ha colpito un po’ tutti, ma attenzione perché le differenze ci sono eccome.

In primis, il prosecco è un vino spumante (ha ottenuto il marchio DOC nel 2009) e viene prodotto solo e soltanto in alcune aree del Veneto e del Friuli Venezia Giulia e soprattutto con vitigni come il Glera, il Verdiso, il Pinot bianco, grigio o nero, ma vinificato in bianco con metodo Charmat. Produzioni come quelle del Consorzio di Valdobbiadene spiccano sicuramente nel panorama. Lo spumante invece è un vino che, grazie all’anidride carbonica, si presenta sempre con la caratteristica spuma. Non ha un’unica zona di produzione e può essere realizzato sia con il metodo classico o champenois, che prevede che la presa di spuma avvenga in bottiglia, che con quello Charmat, ove la presa di spuma avviene invece in autoclave.

Proprio in quest’ultima famiglia spicca Altemasi, un vino spumante TRENTODOC dalla personalità inconfondibile. La cantina Altemasi è regno indiscusso di una produzione attenta e votata all’eccellenza: sviluppata su 4 livelli, ospita sia le zone di maturazione dello spumante TRENTODOC, sia quelle per tutte le lavorazioni successive (remuage e dégorgement), quelle con le autoclavi per il metodo Charmat, mentre al piano terra si trovano le linee di imbottigliamento e confezionamento. Riserva Graal, Brut Millesimato, Rosé e Pas Dosé, il segreto di questi spumanti è legato alle colline più alte del Trentino (tra i 450 e i 600 metri s.l.m), dove maturano le uve Chardonnay e Pinot Nero. Per tredici volte dal 1998 Altemasi Riserva Graal si è aggiudicato l’ambito premio “Tre Bicchieri” della Guida Vini d’Italia 2017 edita da Gambero Rosso. Le cantine Cavit sono sinonimo anche dello spumante Müller Thurgau, prodotto nelle due versioni Brut e Millesimato: una produzione tipica trentina che sottolinea ulteriormente il rapporto con il territorio grazie alla denominazione “Dolomiti IGT”.

La prossima volta, quando ordinerete, non avrete più scuse!

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La doppia vita di JEREMIE RENIER

Il festival del cinema di Cannes ha fatto da sfondo all’incontro di MANINTOWN con l’attore belga Jérémie Renier, che si è, cortesemente, prestato per il nostro shooting, durante la promozione del suo ultimo film, L’Amant Double, di François Ozon. Volto noto della Croisette, l’attore ha debuttato con La Promesse, nel 1996 e, più recentemente, è stato con, Il ragazzo con la bicicletta, vincitore del Grand Prix, nel 2011. Con noi ha parlato di stile, sia davanti sia dietro la telecamera, degli attori che lo hanno influenzato e dei suoi ultimi film.

Qual è il lato più bello del tuo mestiere?
Prepararmi per un ruolo. Amo scoprire nuovi mondi e professioni diverse. Per esempio, imparare a ballare, cantare o suonare uno strumento, può essere abbastanza esilarante.

Come ti prepari per interpretare un personaggio?
Ovviamente dipende dalla parte, dal film e dal regista, ma mi piace prendermi un mese o due per leggere e preparare il copione, da solo o con un coach e poi immergermi nella storia.

Quali sono gli attori a cui ti sei ispirato nella tua carriera?
Il primo a cui ho guardato con ammirazione è stato Jean-Paul Belmondo. Ero affascinato dalla sua libertà ed eleganza e il modo in cui poteva essere a volte sensibile, a volte fisico. Mi piace anche Sean Connery, con la sua classe British, così come altri attori anglofoni, come Joaquin Phoenix, Daniel Day-Lewis, Christian Bale e Philip Seymour Hoffman, il tipo che finisce in film inaspettati. Apprezzo Tilda Swinton e le trasformazioni fisiche che affronta per i film come: …e ora parliamo di Kevin, Io sono l’Amore o un film della Marvel. Lei è sempre così pura e forte, che mi stupisce completamente.

Il regista con cui sogni di lavorare?
Ci sono molte registe interessanti al momento, o forse stanno solo ricevendo il riconoscimento che meritano: Maiwenn, Celine Sciamma, Valerie Donzelli, Kate Quillevere e Julia Ducournau. Trovo sempre i loro film più, belli, intelligenti e appassionanti di quelli dei loro contemporanei uomini. Viva le donne.

Non è la tua prima volta a Cannes, pensi che sia stato un buon trampolino di lancio per la tua carriera?
Non direi che sia stata un’esplosione di per sé, sono sempre stato più lento a ingranare che, “alla moda”. La prima volta che sono venuto qui avevo solo 16 anni, ma negli anni ho avuto l’opportunità di tornare spesso con diversi progetti e incontrando registi differenti. Credo che non sia nella mia natura di esplodere.

Hai recitato in, Potiche- La bella statuina, sempre di François Ozon, con un tono abbastanza da commedia, soprattutto per quanto riguarda il tuo ruolo. Ti è venuto naturale, come per i tuoi ruoli più drammatici?
Mi piacerebbe dire che mi sento ugualmente a mio agio con entrambi i ruoli, ma devo essere onesto e confessare che, per me, la commedia è meno naturale, forse a causa del suo ritmo specifico. È qualcosa che mi attrae, mi riesce meno istintivamente, almeno per ora.

Cosa ti ha convinto ad accettare il ruolo de L’Amant Double?
È stata l’originalità del progetto e l’idea di François di mettere in scena gemelli con caratteri contrastanti, in un thriller così tagliente che subito mi ha attratto. L’elemento sulfureo e così esplicito sessualmente, mi ha catturato e sapevo che sarebbe stato trattato in modo rispettoso e con buon gusto, con François dietro la telecamera. Mi sentivo sicuro ed eccitato a lavorare con lui per la terza volta perché, oltre a considerarlo un amico, è anche un regista incredibilmente dotato, prolifico e versatile.

Interpreti due gemelli, spesso sulla scena nello stesso momento. Qual è stata la difficoltà maggiore nell’interpretare questi due ruoli? Quale dei gemelli ti è piaciuto impersonare di più?
Trovare sottigliezze, tenerli separati e non renderli delle caricature, specialmente con Louis, il più tirannico, intenso, arrogante e aggressivo dei due. Come per Paul, l’altro fratello, ho cercato di non essere troppo lineare o morbido, ma di dargli dimensione e complessità. La cosa più interessante, mano a mano che la storia procedeva, è che Chloe perdeva la sua presa sulla realtà e la sua abilità di distinguere i gemelli, mentre per me era passare dall’uno all’altro con un sorriso o con un cambiamento nell’espressione, per esempio solo degli occhi. Mi è piaciuto interpretare entrambi i personaggi allo stesso modo, dal semplice, dolce e complesso Paul al pretenzioso, perverso, sessuale e fisico Louis.

Il prossimo progetto importante è il film Carnivores, co-diretto con tuo fratello Yannick, incentrato sulla storia di due sorelle. Com’è stato lavorare con lui e co-dirigere?
Molto naturale. Il progetto è rimasto in cantiere per tanti anni, così abbiamo avuto molto tempo per parlare dei nostri rispettivi desideri e interessi. In questo modo ci siamo assicurati che accadesse tutto senza problemi e, in più, ci conosciamo talmente bene che è stato quasi istintivo e naturale.

Come definiresti il tuo stile? Chi sono i tuoi designer preferiti attualmente?
Dipende, abbastanza casual in generale, ma mi piacciono stilisti come Comme des Garçons, Acne, Ami e Maison Margiela. Non sono eccentrico, vistoso o all’ultima moda, mi piace mischiare consistenze, un vecchio paio di jeans con una t-shirt divertente, per esempio. Raramente acquisto vestiti, ma quando lo faccio tendo a guardare i materiali e i tessuti.

Fuori dal set ti sei mai sentito ispirato, a livello di stile, da uno dei tuoi personaggi?
Mi sarebbe piaciuto, tuttavia spesso avrei preferito dare i miei panni al personaggio, perché i costumi di scena non sono particolarmente stimolanti, a parte ne L’Amant Double, in cui indosso molti completi e François mi ha reso giustizia grazie alle inquadrature e alle luci. Invece, nel film con mio fratello, i personaggi maschili si vestono un po’ più come vorrei vedermi sullo schermo. Mi piacerebbe davvero interpretare un personaggio con un look forte, ma in Francia tendiamo a essere abbastanza conservatori in fatto di stile, si ha paura di raffigurare personaggi alla moda o belli. A volte, nella preparazione di un film provo un costume che penso mi stia bene e mi viene detto che è troppo bello o che “sembro un modello”, anche se chiaramente non lo sono. C’è la paura di fare qualcosa di eccessivamente bello, ma personalmente direi l’opposto, per me l’estetica e la bellezza sono importanti nel cinema.

Photographer| Stefania Paparelli
Stylist| Nicholas Galletti
Hair Stylist| Cindy Faugeras for Franck Provost Paris.
Make up artist| Aurélie Payen for Franck Provost Paris
Location| The JW Marriott, Cannes

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palm angels: francesco ragazzi

FRANCESCO RAGAZZI PORTRAIT

Los Angeles, con i suoi innumerevoli stili di vita che spaziano dal mondo dorato delle celebrità alla chirurgia estetica, no ai tatuaggi e agli skatepark, è diventato il nuovo centro nevralgico della moda. Ogni settore, dalla tecnologia alla bellezza, dall’arte e al design, e non in ultimo la moda, si è diretto nella Città degli Angeli, celebrandola come una sorgente d’ispirazione – una meta baciata dal sole – ideale per i nuovi pionieri della creatività. E così anche un vero e proprio visionario trentunenne, sfidando le convenzioni di genere con immaginari innovativi e simbolismi americaneggianti, ci ha fatto un viaggio che gli ha cambiato la vita. A soli 31 anni, Francesco Ragazzi, sta letteralmente conquistando il mondo dello streetwear di lusso. Con un talento per la fotografia, e per le arti visive (è anche direttore artistico del brand Moncler) nel 2014 pubblica il libro “Palm Angels”, composto da macro fotografie che catturano le evoluzioni degli skater di Venice e Manhattan Beach e il loro legame tra sport e senso dello stile. Una raccolta fotografica scattata nello spirito dei leggendari Z-boys di Dogtown, i primi skater degli anni ’70. Ragazzi offre ai lettori una visione moderna di uno sport da sempre presente nella cultura americana. Il tutto è arricchito dalla prefazione scritta da Pharrell Williams, il cui nome soprannome al liceo era niente meno che, Skateboard P. Frutto di questo esperimento visivo, nel 2015, Palm Angels diventa un brand, il cui design racchiude un’irriverente mescolanza tra le silhouette sartoriali italiane con le vibrazioni degli skater, dove lo sport diventa formale e lussuoso, senza prendersi troppo sul serio. C’è chi dice che le sue collezioni siano capaci di vestire un moderno gentleman, che si fuma una canna sorseggiando un cocktail in un locale milanese. Sarà vero?

Partiamo dal nome, come mai Palm Angels?
Tutto è partito con la prima foto che ritraeva uno skater con i capelli biondi che “volava”, illuminato dal sole sotto una palma, durante uno dei miei viaggi nella città degli angeli. È stata un’illuminazione. Una volta ho anche scattato la fotografia di un albero di palma avvolto da una striscia di fuoco, quell’immagine è stata utilizzata come stampa per la collezione fall/winter 2017-18.

L’ispirazione parte dalla California, dal mondo skater e sportivo, come fai a rinnovarla con spunti nuovi ogni stagione?
Il brand riprende sempre elementi chiave del lifestyle californiano, visti in un’ottica italiana. Quando vivi sempre nello stesso luogo, non noti quello che può vedere chi viene solo in visita. L’ispirazione viene da tanti piccoli dettagli, anche e soprattutto dalla vita di tutti giorni, come fare la spesa da Walmart e Costco.

Uno dei tuoi simboli è la foglia di marijuana, come mai questa scelta?
In qualche modo fa proprio parte di Los Angeles, l’odore è davvero ovunque, permea le strade di Venice Beach. Non è un taboo come è in Italia.

Avete scelto, dopo Parigi, di sfilare a Milano, secondo te l’Italia è pronta per questa invasione sporty?
Mi piacerebbe che prendesse piede. Da due stagioni ho scelto di sfilare nella mia città natale, per scuoterla un po’. Abbiamo preso oltre 300 cartelloni pubblicitari e mandato in giro dei camion che regalavano merchandising del brand negli snodi principali della metropoli, a segnalare luogo e orario c’erano dei video proiettati su alcuni edifici in giro per la città. È stato un modo per alimentare interesse ed entrare in contatto con il pubblico in maniera diretta.

Eleganza per te è…?
Qualcosa che parte del passato. La collezione spring/ summer 2017 ha messo in scena dei rimandi alla cultura giovanile degli anni ‘70, popolata da icone di stile come Jimi Hendrix, in un’evocazione che inneggia alla libertà espressiva e allo spirito di pura energia di quegli anni, con motivi a stampa marijuana e del kamasutra. Un vibe sartoriale, che incontra uno streetwear raffinato e che riflette l’umore delle nuove generazioni.

Musica e moda sono sempre più vicine, se dovessi identificare un genere musicale o un musicista che rappresenta il Palm Angels chi sarebbe?
Senza dubbio A$AP ROCKY.

Si punta molto tra le collaborazioni tra i brand di ambiti e livelli diversi, ci credi? Hai in programma qualcosa?
Quando ci sono i match giusti, le collaborazioni sono interessanti, non credo nelle forzature. Vedremo se si presenteranno delle opportunità.

Prossimi step e ambizioni future?
Mi auguro con tutto me stesso di far crescere il brand in modo coerente.

Photographer| Edoardo DeRuggiero
Stylist| Nicholas Galletti
Hair| Azumi Higaki
Make up| Constance Haond
Model| Philip LDB @ New Madison

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IL VIAGGIO DEI SOGNI (IM)POSSIBILI

Emirates Palace

Fuggire senza scappare. Concedersi il lusso di lasciare tutto alle spalle e partire, con la consapevolezza che ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo sogni, quando lo vivi e quando lo ricordi.
Partendo dall’Italia, la prima tappa ideale potrebbe essere Abu Dhabi, il Paese delle Meraviglie, dove tradizione ed innovazione si rincorrono con talento e insolita armonia. L’Emirates Palace è uno dei pochissimi hotel al mondo a vantare ben 7 stelle. Un luogo diventato iconico, forse per il contrasto tra le finiture in vero oro e il verde dei giardini circostanti o, piú probabilmente, per i servizi offerti ai propri ospiti, come la marina per ormeggiare lo yacht, la possibilità di prelevare veri lingotti dagli ATM Gold o l’eliporto sempre a disposizione.

Proseguendo sulla traiettoria di un itinerario sensazionale si arriva in Malesia, esotica e dirompente. Un Paese mosaico, intarsiato di culture ed etnie, che offre paesaggi sconcertanti, giungle inesplorate e isole ricche di spiagge incontaminate. Il Four Seasons Resort Langkawi, adagiato lungo la costa di Tanjung Rhu, stupisce per mix di architettura tradizionale malese e design moresco e per la raffinatezza con cui sembra possibile cimentarsi negli sport acquatici più adrenalinici come moto d’acqua, wakeboard, windsurf e kayak.

Continuando verso oriente si potrebbe giungere nell’atollo di Laucala Island, nelle Fiji, proprietà privata del “Signor Red Bull”, Dietrich Mateschitz, del circuito The Leading Hotels of the World. Venticinque ville che trasudano lusso contemporaneo, tutte diverse tra loro e dotate di piscina esclusiva, spiaggia dedicata e vista mozzafiato sulla barriera corallina. Sull’isola, scelta anche da Elle Macpherson per sposarsi, tutto riporta al mondo del sogno, anche la possibilità di trascorrere una vacanza romantica, lontano da tutto e da tutti.

Poco distante, nella Polinesia Francese, il resort The Brando offre un’esperienza di comfort assoluto, in armonia con la natura incontaminata dell’atollo. Questo luogo deve il proprio nome a Marlon Brando, che ha fondato questo paradiso tahitiano nel 1966, dopo le riprese del film Gli Ammutinati del Bounty, che qui fu girato.

Dall’Oceania alle Americhe, senza colpo ferire, il Viaggio dei Sogni (Im)Possibili prosegue nella Terra del Fuoco, in Argentina. Un altipiano maestoso capace di togliere il fiato. Silenzi interrotti solo dal rumore della natura, spazi vasti e luminosi, cascate, fiordi, vette ghiacciate e laghi fatati accolgono i turisti nella terra di Magellano. L’Arakur Ushuaia Resort & Spa, altro The Leading Hotels of the World, situato nella Riserva Naturale di Cerro Alarkén, domina tutto questo, con garbo e linearità. L’hotel colpisce per il design sostenibile, le ampie vetrate che incorniciano un paesaggio innevato e il calore dei camini, del legno, della pietra grezza e dei tessuti naturali. Un angolo di mondo lontano, ma così familiare.

Proseguendo verso nord, ci si potrebbe immergere nella festosità di Miami, la metropoli sul mare. Ritmi latini, piscine hollywoodiane e skyline futuristici, comunicano gioia e spensieratezza. Il Faena Hotel Miami Beach racchiude tutto questo. L’hotel, voluto dal noto regista Baz Luhrmann e dalla moglie la costumista e scenografa Catherine Martin che ne ha curato personalmente l’interior design, sorprende per i dettagli pop, gli arredi iper colorati e gli elementi in pieno stile Art Deco. Un albergo “improbabile” capace di riportare immediatamente alla memoria la Satin di Moulin Rouge ed il Grande Gatsby.

Prima di rientrare in Europa un passaggio nel continente africano è d’obbligo. Situato nel Parco Nazionale del Serengeti, il Four Seasons Safari Lodge Serengeti regala ai suoi ospiti la possibilità di conoscere la popolazione e la cultura locale: un soggiorno indimenticabile nel cuore della savana.
Questo Safari Lodge, situato nel cuore della Tanzania, è la soluzione ideale per chi vuole vivere la vera Africa, senza rinunciare al comfort. In questa meta africana sarà possibile organizzare una passeggiata nella savana con le guide Masai alla scoperta di elefanti, leoni e leopardi.

A Marrackech, città imperiale fortemente influenzata da Francia e Spagna durante gli anni del colonialismo, è possibile soggiornare in uno degli hotel più famosi al mondo: La Mamounia. L’albergo nacque come abitazione con giardino che Re Sidi Mohammed Ben Abdellah regalò al figlio per le nozze. Qui passarono capi di stato e star del cinema. Nelle camere decorate in stile marocchino hanno dormito Winston Churchill e e D. Roosevelt, ma anche Salma Hayek, Orlando Bloom, Gwyneth Paltrow, Dalida, Elton John e i Rolling Stones, che qui pensarono la celebre ”Marrakech Express”.

Sulla via del ritorno, nel nostro Bel Paese, là dove la Valle d’Itria inizia a scendere dolcemente verso l’Adriatico ci si può fermare a Borgo Egnazia, un luogo delle meraviglie, liberamente ispirato nelle forme, nei materiali e nei colori a un tipico paese pugliese. Un “nowhere else place” costituito da una corte, un borgo e 29 ville circondate dallo scenografico San Domenico Golf Club e dalla Vair Spa, il tempio dedicato alla cura del corpo e dell’anima.

Dovendo scegliere un’ultima tappa ideale di questo Viaggio dei Sogni (Im)Possibili non si può pensare di non rimanere in Italia. Il Four Seasons Hotel Firenze è il posto perfetto dove concludere un tour speciale. Stracolmo di storia e di opere d’arte, situato nella quiete delle mura del più grande parco privato di Firenze, questo complesso che fu residenza papale, convento e una lussuosa abitazione della nobiltà fiorentina, incanta per affreschi, bassorilievi e stucchi. Un trionfo di opere d’arte originali e pregiati dettagli architettonici, che ricordano inevitabilmente il nostro Rinascimento.

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La domenica al Tempio Della velocità

Le gare endurance sono competizioni che sottopongono i piloti a stress fisici e mentali elevatissimi, costringendoli a mantenere concentrazione e velocità medie da capogiro per molte ore. Nei prototipi usati in gare come l’European LeMans Series, che si è tenuta a Monza, si accumulano tecnica ed esperienza, che poi confluiscono nelle auto che guidiamo ogni giorno, partendo dagli pneumatici.

Monza. Tempio della Velocità. Il sole riscalda l’asfalto e le nuvole di passaggio sui cieli della Brianza non sembrano disturbarlo. Il profumo di benzine a elevato numero d’ottani inebria l’aria e, con l’odore di gomma bruciata, crea una miscela esplosiva. Trentasei vetture, tra prototipi e granturismo da competizione, portano in temperatura le gomme, zigzagando rapide e precise dietro la safety car. Quando quest’ultima rientra nella pit-lane, il gruppo compatto sta affrontando la curva parabolica trattenendo i cavalli in procinto di sfrecciare sul rettifilo centrale. È la luce verde del semaforo, qualche secondo dopo, a scatenare l’inferno. Il boato riempie tutte le tribune e le vetture raggiungono in un attimo la prima variante, battagliando senza esclusione di colpi. L’autodromo di Monza è il tracciato in uso più antico al mondo insieme a Indianapolis. È una leggenda. I suoi veloci curvoni, ombreggiati dalle fronde degli alberi, oppure gli infiniti rettilinei come quello del Serraglio che, dopo una lunga discesa, termina nella violenta staccata alla variante Ascari, sono punti fermi nel cuore di ogni appassionato di corse. Le auto più veloci, qui, superano i 300 km/h, ciclicamente, quattro volte a giro. Piloti e vetture sono messi a dura prova per oltre settecento chilometri, per quattro lunghe e intense ore. Più di centrotrenta giri e pochissime soste ai box. Questo è l’European LeMans Series, campionato d’endurance a livello continentale, in grado di garantire ai suoi vincitori l’accesso alla celebre 24 Ore di Le Mans. Come ha ricordato Jean Felix Bazelin, direttore Motorsport di Dunlop, durante l’intervista che ci ha rilasciato, «le gare di durata sono le competizioni automobilistiche in cui gli pneumatici sono più sollecitati da dinamiche analoghe a quelle delle auto che guidiamo tutti i giorni». Performance costanti nel tempo e affidabilità sono le due qualità cardine in entrambi gli ambiti. Bazelin racconta come la sua azienda, con passione e ormai per tradizione, abbia scelto da anni di concentrarsi sull’Endurance dove, «nelle soste ai box, il numero di meccanici per ruota è limitato a due, non come in Formula 1, dove ci sono quattro uomini a gomma». A ogni sosta effettuata si perdono molte decine di secondi e quindi la scelta del set giusto si rivela fondamentale. Scelta che Dunlop, con l’esperienza di un buon padre di famiglia che educa e gestisce figli diversi tra loro, sa operare molto bene: anche qui a Monza, le prime sei vetture classificate montavano gomme del produttore inglese. Esattamente come a Silverstone, la bandiera a scacchi ha separato le prime vetture di pochissimi secondi, confermando la superiorità del marchio proprio in questo tipo di gare. John Boyd Dunlop ha brevettato le ruote pneumatiche nel 1888, dopo averne sperimentato il funzionamento sul triciclo del figlio qualche anno prima. Pochi mesi dopo, la supremazia delle ruote Dunlop fu manifesta nelle numerose vittorie ottenute da biciclette che montavano questa tipologia di gomma non piena. A un anno dalla nascita, il marchio era già impegnato fervidamente nel mondo delle competizioni. Oggi Dunlop, oltre all’ELMS, è fornitore ufficiale del Campionato Inglese Turismo e del Campionato V8 Supercars, ma il suo impegno non si limita al mondo delle quattroruote. Il brand è l’unico fornitore per tutti i team impegnati nei campionati del mondo Moto2 e Moto3, le due classi in cui le moto in gara assomigliano maggiormente a quelle da strada. Passione, determinazione nell’accettare sfide diverse e know-how sono, dunque, gli elementi alla base di questo marchio secolare e vittorioso. E alla domanda relativa alla vittoria cui si sente più legato rispetto alle altre, Bazelin, sorridendo, risponde: «La prossima che conquisteremo».

Photos by Leo Iannelli

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L’IMMAGINE IN MOVIMENTO

Dai cortometraggi, le sigle, le pubblicità e i video-clip a una mostra personale. Gianluigi Toccafondo espone fino al 20 agosto 2017, presso la Galleria Civica di Modena, oltre mille opere che ripercorrono la sua attività artistica dal 1989 al 2017, riassunta nel titolo L’immagine in movimento. L’artista sammarinese ha realizzato le sequenze animate di diverse pubblicità famose, come quella Woman finding love per Levi’s o quella per Sambuca Molinari e sigle per diversi programmi Rai, come Tunnel, Carosello e Stracult. Oltre a diverse serie di disegni, come quelli utilizzati per il celebre cortometraggio di animazione Pinocchio del 1999, è presentata una nuova opera, ovvero la sequenza di disegni realizzati per illustrare il racconto di Ugo Cornia, intitolato Favola del gattino che voleva diventare il gatto con gli stivali, che sarà oggetto di un libro d’artista pubblicato in occasione della mostra.

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Gli uomini preferiscono le onde

No, non le bionde, ma le onde. Possibilmente del Mare Nostrum. Una recentissima ricerca ha, infatti, rilevato che gli uomini, tra i 30 e i 50 anni, preferiscono per le loro vacanze mete nostrane e, soprattutto, marinare. Evidentemente, noi italiani siamo ancora un popolo di “santi, poeti e navigatori “ da Mediterraneo se, a oggi, preferiamo far tappa in Toscana (Elba e Capraia), 16%; in Liguria, 13%; o nelle Isole Eolie, 10%, piuttosto che approdare a lidi lontani. La marcia in più, al di là dell’indiscussa bellezza dei paesaggi marini, può essere la possibilità di veleggiare in mare aperto, da soli o in compagnia, senza improvvisarsi nostromi della domenica, ma affidandosi a mezzi e risorse umane dall’appeal altamente professionale. Per godere solo i lati migliori della propria vacanza. E allora, come si concilia un’esperienza così assoluta e legante come un viaggio per mare, con la mancanza di esperienza necessaria ad affrontarlo con serenità? Una delle soluzioni più innovative è quella ideata da Sailsquare, una piattaforma multimediale che connette una selezionata rete di skipper professionisti con tutti coloro che vogliono provare l’esperienza del viaggio a vela. In solitaria, in compagnia, con amici o, semplicemente per fare nuove conoscenze, Sailsquare ha un ventaglio di migliaia di proposte tra cui selezionare quella più congeniale alle proprie esigenze, inoltre basta un click per contattare lo skipper e per prenotare online.
La community di questo network, fondato da Simone Marini e Riccardo Boatti, ha già raggiunto i 50k di follower, segno inequivocabile di professionalità e affidabilità, tant’è che sono particolarmente rigorosi i termini di verifica e di assistenza a cui la piattaforma sottopone sia i propri skipper che gli iscritti, in modo da garantire la totale convergenza delle info tra i vacanzieri e gli esperti nocchieri del nuovo millennio.

it.sailsquare.com

Polimoda, non solo scuola

Capacità di fare, flessibilità, multidisciplinarità, ma soprattutto personalità e talento, queste le qualità richieste oggi dal mercato, quando si parla di nuovi creativi e questo è quello che le scuole di moda dovrebbero insegnare. Polimoda e il suo direttore Danilo Venturi guardano proprio in questa direzione, formando ragazzi capaci e tirando fuori il meglio della loro personalità, valorizzandone il personale talento. Il nuovo programma, che suddivide i dipartimenti in quattro e non due e che aggiunge un anno accademico, quindi quattro anni e non più tre, è pensato appositamente per creare figure professionali precise e capaci di lavorare da soli o in team, di relazionarsi con l’azienda e conoscere i propri punti di forza. A concretizzare la teoria è stato il celebre fashion show di fine anno, che ha visto le collezioni dei venti migliori studenti del quarto anno sfilare nella sontuosa location di Villa Favard. Nuovo direttore, nuovo programma; una cosa però non cambia, anzi, diventa sempre più intensa: Polimoda è un luogo dove ragazzi provenienti da tutte le parti del mondo si mettono alla prova. Non è certo facile creare dal nulla una collezione che racconti di te, che sia realizzabile con strumenti accessibili a un ragazzo e che, allo stesso tempo, sia affascinante e in linea con le tendenze. I giovani stilisti che il 15 giugno hanno sfilato a Villa Favard ci hanno dimostrato che tutto questo è possibile. Duro lavoro, grande passione e particolarità sono le parole d’ordine per un ateneo che pretende l’eccellenza dai suoi studenti; perché la moda, in particolare il design, non è per tutti. Le venti collezioni dei venti migliori studenti sono state giudicate da una giuria composta da molti dei nomi più influenti del mondo della moda internazionale, come Christiane Arp, Sara, Diane Pernet, Linda Loppa, Danilo Venturi e molti altri, che hanno valutato il lavoro degli studenti decretando un vincitore. Il Polimoda Fashion Show, intitolato Tell Me About You, ha voluto seguire un unico filo conduttore: il forte bisogno di espressione di un’identità. Shania Matthews, proveniente dal Regno Unito, vincitrice di quest’anno, si è ispirata alle origini, alla propria provenienza alle proprie passioni e/o interessi, ma non solo. In un mondo dove moda vuol dire di tutto un po’, abbiamo visto una passerella dove autenticità e esperienze venivano raccontati in modo del tutto naturale, dove i vestiti fungevano da parole.
Possiamo dire che Polimoda non sia solo una scuola, ma una vera e propria palestra di vita che, se sfruttata al meglio, attraverso le occasioni che offre come il Business Links, appuntamento annuale per favorire le opportunità di carriera dei giovani talenti una volta terminato il corso di studi, e i suoi contatti, può essere un vero e proprio trampolino di lancio di cui fare tesoro, un ambiente dove respirare cultura e attualità.

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Lo slow design di Mark Braun

Hexagon, produced by Mühle

È tutta una questione di identità e carattere, senza dimenticare la funzionalità. Si potrebbe descrivere così il lavoro di Mark Braun, product designer tedesco dagli occhi blu cielo. Le sue collaborazioni spaziano in molti settori e i progetti da lui ideati e creati hanno trovato la produzione di diverse aziende come Authentics, Covo srl, E15, Lobmeyr, la Redoute, ma anche Nomos Glashütte, Thonet, Bonacina, solo per citarne alcuni. Prodotti per il beauty maschile, mobili, oggetti in vetro, lampade e orologi: non c’è molto che Mark non abbia disegnato e per questo, ha ottenuto diversi premi, come il Design Plus, l’Interior Innovation Award e il German Design Award e ha avuto l’onore e l’occasione di esporre alcune sue creazioni in famose gallerie dal respiro internazionale, come la Saatchi Gallery di Londra. Tutto avviene a Berlino dove, dal 2006, Mark ha aperto il suo studio in un edificio che assomiglia a un hub di creativi, con grandi finestre e spazi comuni. Si è definito uno slow designer, perché spesso accetta sfide che lo portano a partire da zero per scoprire nuovi mondi della creatività. L’abbiamo incontrato a Milano durante il Salone del Mobile nello showroom di Bonacina, per la quale ha progettato una nuova collezione di lampade in bambù dal sapore orientale e, ugualmente, europeo.

Come sei diventato designer, da dove hai iniziato?
Il mio background è la carpenteria. Direi che sono partito dai prototipi dei miei progetti. Il primo è stato un servizio da tavola per un’azienda tedesca, un grande successo. Poi da lì ho cominciato a spaziare, mi piace molto, dal product, al lighting, ai mobili, fino agli orologi. Bisogna essere aperti al cambiamento, questo è sicuro.

Il mondo del product design è molto competitivo, cosa ne pensi?
Sì, è vero, ci sono molte sfide. Da una parte è vero, ci sono parecchie competizioni, ma più invecchio più quella parte del mio lavoro si allontana, perché divento sempre più consapevole delle mie scelte, dei mie gusti e del design che voglio creare. L’importante per me è rimanere curioso: se riesci ad essere curioso, hai tutto quello che serve per essere in vantaggio, il cliente si fida e tu lavori sempre meglio. 

Come è nato il progetto di watch design con Nomos Glashütte?
Dai miei bicchieri. Uno dei loro amministratori una sera, in un ristorante, ha bevuto dai miei bicchieri, gli sono piaciuti, ha pensato che sapessi lavorare bene il vetro e mi ha contattato. Mi hanno chiesto che tipo di orologio avrei comprato e di far loro qualche proposta. Non essendo un watch designer ho fatto alcuni errori inizialmente, ma per fortuna il carattere del mio orologio in generale è piaciuto. Una storia di successo, nata per caso.

Cos’è per te lo stile?
Credo che da un lato sia molto legato all’educazione, ma più in generale penso che avere stile significhi sentirsi bene con se stessi, godersi quello che si ha senza esagerazioni. Si tratta di prendere decisioni ragionevoli, perché le persone con stile non fanno niente per caso. Bisogna sapere chi si è e cosa funziona per se stessi.

Cosa ne pensi dello stile di Milano?
Il primo ricordo di Milano mi riporta a mio zio. Mi ha sempre sostenuto e, quando mi sono iscritto alla scuola di design, mi ha comprato un biglietto per Milano, dicendomi che non potevo sapere niente di design finché non fossi venuto in questa città durante il Salone del Mobile. Biglietto aereo, ma non di un albergo. Ovviamente non c’erano hotel liberi: avevo 25 anni e ho vagato per la città, incontrando tantissima gente meravigliosa per caso, che è rimasta con me in giro tutta la notte. Oggi, per me, Milano è prevalentemente una città di lavoro e la trovo bellissima, perché ha un suo stile che non cambia troppo negli anni. Il quartiere di Lambrate è molto interessante, è molto duro, industriale, un po’ abbandonato, ed è dove si può trovare lo stile più d’avanguardia, ma penso che Brera sia la zona dove trovare qualità.

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A tu per tu con Oliver Spencer

È uno dei designer più interessanti nel panorama della moda maschile contemporanea. La sua visione estetica si rispecchia in uno stile rilassato, ma attento all’artigianalità esecutiva e alla scelta dei tessuti più raffinati. Questa commistione d’intenti, a metà strada fra il menswear formale e lo street casual, ha riscosso, da subito, un vigoroso successo, proiettando Oliver Spencer sul palcoscenico del fashion system internazionale. Oliver ha lanciato il marchio omonimo nel 2002 e, nel giro di pochi anni, è passato da un singolo store monomarca in Lambs Conduit Street, nel cuore di Londra, ad avere quattro punti vendita dedicati, oltre ad aver incrementato in maniera significativa il business online. In più, la sua collezione ha trovato spazi e consensi nei department store più conosciuti, come Selfridges, Liberty of London e Mr. Porter. Spencer rifiuta i compromessi fra design e qualità, ecco perché tra i suoi fornitori annovera i migliori tessutai italiani e britannici, per offrire al suo pubblico un abbigliamento impeccabile. Oggi il 40% della sua manifattura è realizzata in Inghilterra, il resto è affidato alle cure dei migliori produttori internazionali. Con MANINTOWN non ha parlato solo di moda, ma ha aperto un colpo d’occhio sul suo privato e sulle sue scelte di vita.

Quale uomo sceglie di indossare Oliver Spencer?
È un creativo e un anticonformista, un uomo libero, ma con uno spirito imprenditoriale.

Qual è il capo d’abbigliamento che esprime in pieno il suo stile?
La Buck Jacket in seta marrone chiaro. Con il suo design minimalista, dalle linee pulite e con le tasche nascoste, la giacca è disponibile in nove colorazioni e in vari tessuti. Dal lino leggero al camoscio molto morbido. Ha una chiusura a doppia zip che garantisce libertà di movimenti, mentre l’abbottonatura sul retro del punto vita serve ad avere una perfetta vestibilità. Un classico.

Esiste un pezzo cult che si ripete a ogni stagione?
La nostra camicia Clerkernwell Tab.

Come si sta evolvendo il marchio?
Stiamo crescendo nella vendita al dettaglio e online.

Da dove trae ispirazione per le sue collezioni?
Dalla sub strato culturale londinese, dalla musica, dall’architettura e da uno stile di vita creativo.

Come sta evolvendo l’eleganza dell’uomo?
Lo stile casual e contemporaneo sta diventando sempre più popolare nella vita quotidiana. Sia dentro sia al di fuori del luogo di lavoro, vedo che gli abiti vengono usati sempre meno per le occasioni formali. Inoltre, il casual mostra il carattere delle persone e è mai un aspetto negativo.

Un consiglio per essere sempre elegante e distinguersi?
Iniziare da un buon paio di scarpe.

Il tuo obiettivo futuro e il prossimo progetto?
Il nuovo negozio a Notting Hill, a Londra. Sarà aperto il mese prossimo con un party di lancio nelle settimane successive. Sto collaborando con il mio amico e artista David Austen su alcune magliette in edizione limitata. Senza contare la sfilata primavera/estate 2018 alla London Fashion Week.

Le celebrità con cui lavori e con le quali speri di lavorare in futuro perché vicine alla tua visione?
Daniel Craig, Damon Albarn.

Quali sono i posti da vedere a Londra?
Il Lamb Pub sulla Lamb’s Conduit Street.

Un posto speciale a Londra? Quello dove ti rigeneri?
Più che un posto in particolare mi piace camminare con il mio cane lungo il Tamigi.

Quali sono i ristoranti o il cibo da non perdere?
Il River Café, oppure un po’ di cibo indiano speziato della Lahore Kebab House.

Una galleria d’arte o un museo da visitare?
La Tate Britain. La retrospettiva di Hockney è un must da non perdere assolutamente.

Un studio di design un designer da tenere d’occhio e perché?
Conrad Shawcross. L’uso della texture nel suo lavoro è il futuro dell’architettura moderna.

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Photographer| Edoardo DeRuggiero
Stylist| Nicholas Galletti
Hair| Azumi Higaki
Make up| Constance Haond
Model|Philip LDB @ New Madison

matilda lutz: an italian talent in hollywood

Milanese di nascita, ma con vocazione internazionale, Matilda Lutz è un talento che sta vivendo il suo sogno americano. Dopo l’incontro con Muccino e il suo trasferimento a Los Angeles la carriera della giovane Matilda (ventiseienne) è in rapida ascesa, tanto che Giorgio Armani l’ha scelta come protagonista, insieme a James Jagger, di una serie di brevi film diretti da Fabien Constant per il lancio di due nuove fragranze per Emporio Armani. L’abbiamo incontrata a Milano per farci raccontare come è iniziato il suo amore per il cinema, la sua vita a Los Angeles e i suoi prossimi lavori in uscita.

Com’è nata la tua passione per la recitazione?
In realtà un po’ per caso. Ho frequentato il liceo scientifico ed ero molto timida, avevo paura che la recitazione non facesse per me, solo il pensiero di stare davanti al pubblico mi terrorizzava. Dopo il liceo sono andata a New York, dove ho fatto un corso di recitazione, giusto per provare e sconfiggere la mia timidezza. in realtà mi sono accorta che recitando e interpretando dei ruoli mi sentivo veramente libera. Non mi sentivo giudicata. Potevo dire e fare quello che volevo, perché le persone non giudicavano me, Matilda, ma guardavano al personaggio. Da questo sentimento di libertà completa mi sono innamorata della recitazione.

Com’è avvenuto l’incontro con Gabriele Muccino?
Lavoravo in un ristorante italiano a Los Angeles e lui era a cena con sua moglie. Il proprietario del locale, che mi conosceva molto bene, sapeva che mi piaceva Muccino e me l’ha presentato. Io seguivo i post che scriveva sulla sua pagina di Facebook sulle differenze tra americani e italiani, su quello che gli piaceva e non degli Stati Uniti e dell’Italia. Così gli ho scritto un pensiero ispirandomi a uno dei suoi post, ma non credevo l’avrebbe mai letto. E invece ho catturato la sua attenzione e mi ha chiesto di fare un provino per il film.

Come è stato lavorare con lui?
Un’esperienza incredibile. Già solo per le location dove abbiamo girato. Siamo andati a a girare a Cuba, San Francisco, Roma e New Orleans, insieme a Brando Pacitto e Taylor Frey, con cui sono diventata subito amica. Abbiamo creato fuori dal set quella chimica che abbiamo riportato nel film. Uscivamo sempre insieme, passavamo le serate a chiacchierare tutti insieme. Una sera ricordo che a Cuba siamo andati a sentire una band dal vivo e ci sembrava realmente di vivere nello stesso film.

E l’incontro con Armani?
La prima volta che ho incontrato Mr Armani è stata alla prima a Milano del film di Muccino L’estate addosso. Alla presentazione del film, tra amici e la famiglia, c’era anche lui tra il pubblico e io ero in ansia (ride, ndr). Dopo la proiezione del film è venuto a farci i complimenti. Tra l’altro mio padre aveva fatto una campagna proprio per Armani. L’altra coincidenza è che quando avevo 17 anni mi avevano chiesto di intervistare Beyoncé a Madrid per il suo concerto. Un progetto che era pensato proprio per il lancio del nuovo profumo Diamonds di Emporio Armani. Ho fatto queste tre pagine di diario in cui, come fan, andavo a intervistarla ed ero la più giovane corrispondente del tempo.

Quando ti sei trasferita a Los Angeles?
E’ da tre anni che sono lì stabilmente. I primi sei mesi ho fatto avanti e indietro con l’Italia per lavoro, perché stavo girando una serie. E dopo un anno dal trasferimento è arrivato il primo film.

The Ring, il tuo primo film americano, un film horror in 3 D
In realtà non sono una grande fan degli horror, perché mi fanno molta paura, inizio a vedere e a sentire cose, non riesco a dormire, quindi evito di guardarli. Però girarne uno è stato proprio divertente per le scene d’azione. Essendo il mio primo film americano ho fatto molte prove con lo stunt coordinator, uno dei più importanti di Hollywood. Poi tanti trucchi del backstage, gli effetti speciali, basti pensare che per realizzare il trucco del personaggio di Samara ci vogliono sei ore.

Come ti trovi a Los Angeles?
Quando mi sono trasferita tutti mi parlavano male di Los Angeles. Mio fratello già viveva lì e sono andata a trovarlo inizialmente e poi sono rimasta. Mi è piaciuta tantissimo per la sua energia e per il fatto di poter essere in mezzo alla natura, pur rimanendo in città. E di poter condurre una vita sana: tutti si svegliano presto, vanno a letto presto, perchè i locali chiudono alle due, mangiano quasi tutti in modo salutare e praticano un sacco di sport all’aria aperta. La cosa più bella di Los Angeles è il fatto che tutti i quartieri hanno uno stile di vita diverso: a Silver Lake trovi la vita newyorkese, un po’ underground e rock and roll; se sei a Santa Monica c’è il mare, il surf, la corsa al tramonto, a West Hollywood ci sono più discoteche e vita sociale.

Ti manca l’Italia?
Mi manca tantissimo il cibo, dopo tanti mesi negli Stati Uniti quasi ci si dimentica del sapore vero del cibo, come le fragole. Mi manca l’aperitivo con i miei amici e camminare nei vicoletti delle nostre città.

Quando non lavori, quali sono le tue passioni?
La cosa che mi piace di più è viaggiare; infatti adesso mi sono presa una settimana di vacanza e sono andata ogni giorno in un poso diverso. Mi piace scoprire posti nuovi. E vivere le città e i luoghi anche quando si gira un film e vivi in un posto per due mesi non come una turista, ma come una del luogo, grazie al fatto che parte della crew è del posto e ti porta in giro.

Il tuo ultimo viaggio?
Ho girato Lerici, Sestri Levante, Portofino. Poi sono andata a Firenze e Pietrasanta. A Firenze sono andata al Teatro della Pergola, in cui non ero mai stata, poi ho preso la bicicletta e sono andata in giro per tutta la città, senza una meta precisa per perdermi e scoprire senza programmare niente. 

Together Stronger la serie per Emporio Armani. Come è stato il feeling con il regista Fabien Constant e James Jagger?
Sia James, sia Fabien, il regista, hanno reso l’atmosfera sul set veramente tranquilla. C’era un copione ma senza battute scritte, quindi Fabien ci ha lasciato spazio per improvvisare. Tutti i momenti di chimica tra di noi, in cui giochiamo, ci rincorriamo in questa storia d’amore li abbiamo creati noi due sul set. James è una persona fantastica e abbiamo giocato come quando ci si innamora tornando un po’ bambini.

La serie è ambientata a New York e tu sei Laura, una scrittrice.
Il mio personaggio è una scrittrice, ma fa anche fotografia. E’ un po’ come mi sento io in realtà. Mi piace tutto ciò che è creativo, la fotografia, la recitazione, scrivere, mi piacerebbe provare la regia un giorno. Laura è una donna spensierata, sicura di sé, fa quello che si sente, segue l’istinto.

Tra le scene qual è quella che ti è piaciuta di più?
Mi ha divertito tantissimo quella del taxi, mi sentivo un po’ in un film degli anni ’60 e un po’ in Sex and the city. Correre sui tacchi, mentre mi vesto con jeans, t-shirt e Converse.

Un sogno nel cassetto?
Nel futuro penso alla regia. E anche mi vedrei come Bond girl, recitare in un film d’azione. Mi piacerebbe un ruolo drammatico, la mia attrice preferita è Meryl Streep.

Hai trovato l’amore? E dove ti vedi fra qualche anno?
Forse (ride, ndr). Mi è molto difficile pensare di trovare l’amore, nonostante sia metà americana mi sento molto europea e ci sono tante cose che mi fanno pensare che un giorno tornerò in Italia. Non presto, perché sono contenta di stare a Los Angeles, dove vedo un sacco di opportunità, imparando tantissimo. Vado ai provini e competo con nomi molto importanti e conosciuti, una cosa che fa paura, ma allo stesso tempo mi dà la carica per migliorare ogni giorno e mi tiene con i piedi per terra.

Matilda Lutz @Elite Milano
All photos by Luigi Miano

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#VANLIFE, il movimento social-mediatico dei nuovi bohémien

@WHERESMYOFFICENOW, EMILY, COREY AND PUP PENNY ROSE ADVENTURES ON INSTAGRAM

A volte succede che quello che inizia come un tentativo di una vita più semplice, diventi uno stile di vita, una scommessa mediatica e un vero e proprio movimento social. È la storia di Foster Huntington, giovane designer newyorkese che, nel 2011, ha abbandonato il suo lavoro da Ralph Lauren, ha comprato un van Volkswagen Syncro del 1987 e ha cominciato a viaggiare, esplorando e fotografando il suo nuovo compagno di avventure lungo la costa californiana. Instagram era agli albori, ma già prometteva di diventare uno dei social migliori insieme a Facebook, dunque il passaggio al successo è stato breve. #homeiswhereyouparkit, #LiveSimply e #vanlife sono le parole chiave che l’hanno trascinato in un turbine mediatico che forse neanche lui si aspettava e oggi, più di 1.200mila Instagram post sono stati contrassegnati dall’hastag #vanlife. Numeri da capogiro. Nel 2013, Huntington si è appoggiato alla piattaforma di crowd funding, Kickstarter, per finanziare la stampa del suo “Home is where you park it”, una raccolta delle sue fotografie vanlife, ora alla quarta stampa, e che a breve verrà accompagnato dal secondo libro Van Life, questa volta edito dalla Black Dog & Leventhal di New York City (uscita prevista per ottobre 2017).
Scegliere #vanlife significa scegliere uno stato mentale, è una ricerca di estetica ed è uno stile di vita, oltre che una tendenza data dalla crisi economica globale di pochi anni fa. In una recente intervista sul New York Times, Foster ha infatti spiegato: «Penso che ci sia un senso di disperazione nella mia generazione, riguardo ai posti di lavoro, ed è a buon mercato vivere in un furgone». Sinonimo di precarietà, ma anche di flessibilità ed elevata capacità di adattamento, questa scelta, oggi, molto probabilmente, non potrebbe vivere senza il mastodontico aiuto (mediatico ed economico) dei social. Forse è dalle prime canzoni dei Beach Boys che moltissime persone s’identificano nella cultura, nella mente e nell’atteggiamento dei surfisti. Perfino nell’abbigliamento. Mostrare di riuscire a vivere quel sogno, quello stile di vita, libero, sportivo e all’aria aperta che molti immaginano mentre sono chiusi dentro ai loro uffici grigi, è un biglietto da visita vincente, per far sì che il numero dei propri follower cresca. E con lui le possibilità di sponsorizzazioni da parte dei brand del settore. È stata proprio questa l’idea alla base di Where is my office now di King e Smith, una giovane coppia che ha deciso di seguire i passi di Foster, dopo averlo incontrato per caso in Nicaragua. La loro idea, nuova e semplice, è stata dettata dalla volontà di fondere il viaggio con il lavoro: «volevamo vedere se era possibile combinare questa vita hippie e nomade con il classico lavoro dalle 9 alle 5», ha spiegato Smith sempre al New York Times e, da subito, hanno strutturato il loro progetto, oltre che come scelta lifestyle e naturalistica, anche dal punto di vista digitale e, quindi, commerciale. D’altronde, i ragazzi non hanno visto male: un recente studio ha valutato che il mercato dei social media influencer valeva 500 milioni di dollari nel 2015 e che dovrebbe aumentare ad almeno 5 miliardi di dollari nel 2020.
Iniziato come necessità ed esigenza di una generazione delusa e malcontenta, come i migliori prodotti di marketing, “vanlife” rappresenta un gruppo fluido di tendenze contemporanee: un rinnovato interesse per il Road Trip (non ha importanza il dove) una cultura di hippie sportivi con una grande passione per l’outdoor, e uno stile di vita libero dalla tirannia del lavoro d’ufficio 9-5.
Le mete imperdibili che fanno del Portogallo il Surfer’s Paradise d’Europa.
Una posizione ideale per clima mite, vento oceanico e grande varietà di onde: il Portogallo è la destinazione perfetta per i surfisti di ogni capacità e dunque non stupisce scoprire che lungo tutta la costa sia possibile trovare spot ideali, surf-house e ristorantini di pesce per rilassarsi nelle serate più fresche.

  1. Sagres

Forse la meta più famosa per fare surf, perché le onde riescono ad essere perfette in primavera, autunno e inverno. Regina dell’Algarve, Sagres riesce ad offrire ai visitatori diverse altre attività interessanti tra cui scegliere. Se vi piacciono le immersioni e l’eccezionale diversità della vita marina, assicuratevi di visitare Divers Cape per una fantastica esperienza subacquea. Inoltre, in zona si possono fare Whale e Dolphin watching.

  1. Arrifana – Costa Vicentina
    Circondato da scogliere e nelle immediate vicinanze di un piccolo villaggio di pescatori e porto, Arrifana Beach è una destinazione popolare tra i surfisti e bodyboard. Raggiungibile in auto e a piedi, è una spiaggia isolata e tranquilla con onde violente e turbolente, perfette per il surf. Oltre a godersi il mare mozzafiato, merita anche la lunga passeggiata attraverso il Parco Nazionale della Costa Vicentina.
  1. Praia do Amado – Costa Vicentina

Qui le forti correnti e le onde ripide sono le vere protagoniste, tant’è che Amado Beach ospita regolarmente concorsi internazionali ed è molto popolare durante il periodo estivo. È di facile accesso e offre molto spazio per il parcheggio, perfetto in van o se avete intenzione di trascorrere la giornata prendendo il sole o andare a fare una nuotata nelle sue acque limpide. È una meta molto gettonata per il surf, quindi anche fuori stagione c’è un bel po’ di via vai lungo i pontili di legno che corrono sulla costa, ma si può anche tranquillamente sconfinare e farsi camminate nella natura.

  1. Ericeira

Questo villaggio di pescatori a nord di Lisbona permette di scegliere il migliore spot per surfare: S. Lourenço, Coxos, Pedra Branca o Foz do Lizandro. Se si vuole prendere una pausa dall’oceano, dal surf e mettere piede sulla terraferma, bastano 15 minuti per arrivare a Mafra, per concedersi qualche grande pasticceria tradizionale.

  1. Praia do Norte – Nazaré

Praia do Norte divenne famosa per le sue onde gigantesche nel 2011, dopo che Garrett McNamara ha cavalcato la più grande onda dell’anno durante il Billabong XXL Global Big Wave Awards, e ha dato al mare tempestoso di Nazaré una notorietà ancora più internazionale. Al passaggio, assicuratevi di visitare Miradouro do Suberco, un belvedere dal quale potrete godere di una vista panoramica sulla costa e sul mare. Inoltre, provate la cucina regionale: le sardine al barbecue o la tradizionale “caldeirada”, un ricco, denso stufato di pesce portoghese.

  1. Peniche

Sono proprio queste spiagge ad aver costruito la reputazione del Portogallo come la capitale del surf d’Europa. Il contributo più mitico è forse Supertubos Beach, famosa in tutto il mondo per le sue onde potenti, che molti surfisti chiamano “il gasdotto europeo”. L’ASP World Tour ospita concorsi in questo villaggio di pescatori, altrimenti poco appariscente, una volta all’anno, portando folle da tutto il mondo per testimoniare le onde impressionanti di Peniche.

7.Saude
È la prima parte di una spiaggia lunghissima subito a sud di Lisbona. Tempestato di casette di pescatori e piccoli bar appena dietro le dune, è un luogo molto suggestivo dove fare surf. Quando i pescatori trascinano a riva le reti al tramonto, migliaia di gabbiani affollano l’acqua e il cielo. Magico.

  1. Monte Clerigo

Spiaggia del paesino omonimo, con baretti e ristoranti e ottime onde per i surfisti. Da provare il Restaurante O Sargo, oppure basta spingersi poco più nell’entroterra per trovare Aljezur, attrezzato con ostelli, b&b e scuole di surf.

  1. Malhao

Ponteggi in legno che portano alle spiagge, una grande e una più raccolta. Questa meta è forse la prima spiaggia valida dopo la zona industriale di Sines, decisamente da evitare.

  1. Paúl do Mar – Madeira

Conosciuta anche come Ribeira das Galinhas, questa spiaggia è tranquilla e appartata, con grandi onde che lo hanno reso uno dei luoghi selezionati per il campionato mondiale di surf 2001. È un posto remoto nell’isola di Madeira, non c’è una grande varietà di ristoranti e snack bar tra cui scegliere, ma il cibo resta meraviglioso, molto tipico e molto diverso dalla cucina del Portogallo continentale. Non dimenticate di provare il “bolo do caco”, un pane di farina di frumento caldo con burro all’aglio, o bere “poncha”, una bevanda alcolica tradizionale a base di miele e succo di limone.

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I Tattoo firmati Pierpaolo Piccioli

Un uomo metropolitano e contemporaneo che utilizza simboli e segni per creare appartenenze, unendo individui diversi per motivi diversi, che mescola culture e subculture, ma che non rinuncia alla propria classicità. È lui l’icona che ha ispirato Pierpaolo Piccioli nella sua prima collezione come unico Direttore Creativo della maison Valentino. Lo stilista infatti propone il tema Tattoo come uno dei principali elementi presenti nella pre-collezione Men Fall 2017. Quello dell’ultima collezione firmata Valentino è un design che prende ispirazione dai tatuaggi “Old School”, reinterpretati con una visione contemporanea su abbigliamento e accessori. I disegni, o meglio i tatoo, sono ricamati a mano sia su base camouflage, monocolore, sia su base tartan, e impreziosiscono ciascun capo su fronte, retro, sulle maniche e addirittura su borse e scarpe. Proprio come nella corrente “Old School” i motivi sono caratterizzati da colori accesi, tra cui il rosso, il giallo, il verde e il blu con il dettaglio dei contorni neri marcati, il tutto curato con cura e eleganza. Uno dei key accessories della collezione è lo zaino con base in canvas camouflage army, impreziosito dai tatuaggi ricamati a mano che rappresentano simboli del mare. Un mondo, quello dell’uomo Valentino, dove i capi diventano il mezzo con il quale, oggi ancora più di prima, si può comunicare uno o più messaggi.

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NOT an ORDINARY MAN by francesco barion

Photographer| Francesco Barion
Fashion stylist| Fabio Merche
Photographer assistant| Daniele Colucciello, Thomas Carla
Stylist Assistant| Nadia Dahan
Groomer| Shukeel Murtaza @ Untitled Artists London
Production| Jane Everett @ Prana Production
Model| Clement @ Whilelmina London

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NABA FINAL FASHION SHOW

Mercoledì 5 luglio, presso il campus di NABA in via Darwin 20, si è svolto come da tradizione il consueto evento di fine anno accademico che celebra il lavoro degli studenti del Triennio in Fashion Design e del Biennio in Fashion and Textile Design. Durante l’anno i ragazzi sono stati chiamati a lavorare sul tema “migration”, migrazione intesa come trasferimento d’idee, ma anche come esodo culturale di molti studenti provenienti da tutto il mondo che si trasferiscono a Milano per studiare e specializzarsi nel settore. Divisi in sei gruppi gli studenti hanno collaborato tra loro interpretando la moda come linguaggio che attraverso questo fenomeno si mescola creando nuovi linguaggi estetici. Durante l’evento una giuria di giornalisti e professionisti del settore ha visionato le collezioni degli studenti selezionando le migliori 21 che hanno avuto l’opportunità di sfilare durante il Final Fashion Show. Durante lo show sono state presentate le collezioni del Biennio, della Tsinghua University di Pechino e della East China University di Shanghai. Ad accompagnare la serata è stata la musica prodotta dagli studenti del Certificate Program NABA SOUND Design corso che offre una formazione completa che va dalla music production al sound branding, dal sound design per il cinema la televisione e la radio alla musica sperimentale e alla sound art. Lectra, leader mondiale nelle soluzioni tecnologiche integrate per le aziende che utilizzano tessuto, pelle tessuti tecnici e materiali compositi, ha premiato la studentessa Helena Pardo Marin, con il rilascio gratuito di una licenza del softwear Modaris®, soluzione Lectra per il piazzamento. La vincitrice inoltre si è aggiudicata la possibilità di effettuare uno stage presso Missoni.

Photo by Mattia Bianchi for Andrea Baioni

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Giancarlo Vitali – Time out

Dal 5 luglio al 24 settembre 2017 il Comune di Milano – Cultura, dedica a Giancarlo Vitali un prestigioso progetto espositivo, che prenderà vita nei più importanti snodi culturali della città, e avrà come suo cardine la prima grande antologica di uno dei maestri del Novecento italiano, proposta a Palazzo Reale.
Castello Sforzesco, Museo di Storia Naturale e Casa del Manzoni: questi i corollari del complesso percorso espositivo di “Giancarlo Vitali – Time Out”, progetto curato da Velasco Vitali. A ciascuna di queste sedi storiche dell’arte e della cultura meneghina, il compito di raccontare la poetica di Vitali da un punto di vista differente.
Sempre consapevole della storia da cui la sua pittura proviene, e al tempo stesso indifferente alle sirene delle mode, Vitali per settant’anni, ha avuto come unico fine e scopo quello di dipingere. Epitetato dalla critica “Ultimo pittore”, non ha mai fatto distinzione alcuna tra una tela e una lastra di rame, tra un foglio o un supporto “trovato”; ciò che conta è dipingere.
La mostra accompagna dunque il visitatore in un viaggio di oltre settant’anni, attraverso la florida produzione dell’artista lombardo, che spazia tra tele, disegni e incisioni; tutti cronologicamente articolati a partire dai primi dipinti degli anni Quaranta, già apprezzati da Carlo Carrà.
Time Out”, titolo che racchiude tutti i percorsi proposti nelle varie sedi della città, evoca quel momento di sospensione necessario per misurare i valori in campo e il ritmo delle cose, per ri-vedere, come accade all’artista nell’istante in cui si ferma davanti alla tela. “Time Out” quindi non è altro che il tempo della pittura di Giancarlo Vitali, proposto al visitatore secondo una narrazione storico-artistica.
È dunque un incontro a tu per tu con una realtà sfaccettata e ancora vividamente impressa nelle pennellate: un uomo dalle mille sfumature. Nato a Bellano, sul lago di Como, ottantasette anni fa, Vitali è orgogliosamente e ostinatamente locale, ed è proprio questa l’origine della sua universalità di artista. I riferimenti più profondi, i fari della sua indipendenza portano i volti illustri di Goya e Velàzquez, Rembrandt ed Ensor. Sono loro l’antidoto all’appiattimento, alla banalizzazione e alle tentazioni della società del “consumo” dell’arte.
Un cursus honorum che si delinea all’inizio degli anni Cinquanta, con una pittura rapida e sintetica, ritratto schietto e sincero delle origini lombarde e di una realtà popolare.
È dopo l’incontro con Giovanni Testori nel 1983, che la parabola artistica di Vitali segna un’impennata; in questi anni, il suo segno diventa potente, i dipinti sono pieni, la materia è ricca, tutto è parte di una complessità racchiusa in un impasto denso nel quale sembra essere il colore a modellare i volumi.
Tutto questo e tanto altro della sua infinita produzione, diventa materia di indagine e approfondimento, una lente di ingrandimento attraverso cui rileggere uno dei secoli più controversi, affascinanti e ricchi della storia umana: il Novecento.

www.palazzorealemilano.it/GIANCARLO_VITALI

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Moda e cinema: parenti sempre più stretti

Carne y Arena, Virtual reality exhibit @ Fondazione Prada, from June 7th

Se c’è un luogo incantato e pervaso di glamour dove il cinema sfila come in passerella quello è il mitico Festival di Cannes. Lì gli stilisti più incensati del fashion system non solo si limitano a vestire le star per calcare il leggendario Red Carpet ma promuovono progetti veri e propri di collaborazione cinematografica a livello di sinergie con la Settima Arte. Uno dei contributi più stimolanti in questo senso quest’anno è arrivato dalla Fondazione Prada. Alla 70° edizione della Kermesse del cinema l’ente culturale voluto da Miuccia Prada ha presentato “Carne y Arena” un’installazione di realtà virtuale concepita da Alejandro G. Iñárritu, prodotta e sostenuta da Legendary Entertainment e Fondazione Prada. Basato sul racconto di fatti realmente accaduti, il progetto confonde e rafforza le sottili linee di confine tra soggetto e spettatore, permettendo ai visitatori di camminare in un vasto spazio e rivivere intensamente un frammento del viaggio di un gruppo di rifugiati. “Carne y Arena” utilizza le più recenti e innovative tecnologie di realtà virtuale, mai usate prima, per creare un grande spazio multi-narrativo che include personaggi reali. L’installazione visiva sperimentale è un’esperienza individuale della durata di sei minuti e mezzo che ripropone la collaborazione tra Alejandro G. Iñárritu e il tre volte premio Oscar Emmanuel Lubezki con la produttrice Mary Parent e il MxLAB. Questo progetto potrà essere condiviso anche a Milano negli spazi della Fondazione Prada dove dai primi di giugno fino al 15 gennaio 2018, il primo progetto di realtà virtuale mai incluso in una selezione ufficiale di un festival cinematografico sarà presentato nella sua versione completa. Si può creare una feconda contaminazione con il cinema anche aprendo il dibattito sulla condizione femminile: E’ quello che sempre a Cannes ha fatto il gruppo Kering -il polo del lusso miliardario che controlla marchi quali Gucci, Yves Saint Laurent, Balenciaga, Bottega Veneta tanto per citarne solo alcuni- con ‘Women in motion’ il programma di iniziative, eventi e conferenze che celebra il rapporto fra le donne e il cinema. Nel corso di un galà esclusivo sulla Croisette è stata premiata Isabelle Huppert che si è aggiudicata il Women in Motion Award e ha conferito alla regista Maysaloun Hamoud il riconoscimento Young Talents Award. Il cerchio si chiude con le maison di moda che non solo scelgono come brand ambassador delle celebri attrici ma decidono anche di esercitare il loro munifico supporto a vantaggio di talentuosi cineasti. E’ il caso di Chanel. La maison di Rue Cambon che già all’epoca di Coco proteggeva l’arte e gli artisti oggi sceglie Alessandra Mastronardi come sua ‘ambasciatrice’ italiana ma ha instaurato un rapporto profondo anche con Kristen Stewart che non solo interpreta la campagna pubblicitaria attuale che ha per protagonista la borsa ‘Gabrielle’ ed è collegata al brand dal 2013, ma è stata anche la star del film ‘Personal Shopper’ di Olivier Assayas che a Cannes 2016 si è aggiudicato la palma d’oro per la miglior regia. Oltre a fornire un sostegno finanziario per la pellicola distribuita da Academy Two la maison ha prestato alcuni abiti per il film e ha permesso al regista di girarne alcune scene nella sede di Rue Cambon, il che secondo Assayas ha dato maggior credibilità al personaggio della personal shopper americana Maureen che nel film è anche una medium e ama l’esoterismo proprio come un tempo faceva Gabrielle Chanel. Lo stesso regista confessa di non essere estraneo al mondo della moda, anzi. “Sono figlio di una costumista –dichiara Assayas- sono sempre stato interessato alla moda, un mezzo di espressione di cui riesco a percepire tutta la verità e profondità. Gabrielle Chanel è stata la prima a intuire quanto moderna, stylish e seria potesse essere la donna e per prima è entrata in contatto con la svolta epocale della società che stava vivendo e il ruolo chiave che la donna rivestì in questa rivoluzione”.

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The first European Bikkembergs Futsal Tournament

Martedì 4 luglio la splendida cornice di Piazza Città di Lombardia ha ospitato una serata all’insegna di sport e musica in occasione dell’evento dedicato alla fragranza Dirk by Bikkembergs. Il primo torneo Bikkembergs Futsal European Tournament, disputato tra 4 futsal team di 4 nazioni, è stato presentato da Francesco Facchinetti mentre le partite sono state commentate in diretta dall’inconfondibile voce di Roberto Marchesi. Special guest dell’evento la conduttrice sportiva Diletta Leotta e il DJ Max Brigante che, al fianco di Facchinetti, hanno intrattenuto il pubblico, mentre i Da Move, leader europei dell’intrattenimento freestyle, si sono esibiti tra una partita e l’altra. Dopo la premiazione del team spagnolo, vincitore del torneo, il campo di calcio si è trasformato in una sala da ballo animata dai Motel Connection, affiancati da Giulietta Passera dei Mangaboo e Alex Neri dei Planet Funk, che hanno animato la serata fino a mezzanotte.

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HUGO MARCHAND anche conosciuto come star man

A soli 23 anni, Hugo Marchand è stato recentemente nominato Danseur Etoile all’Opéra di Parigi. Si è unito al corpo di ballo dell’Opéra ad appena 18 anni, dopo essere entrato alla stessa scuola di ballo nel 2007. È stata una fortuna ottenere un pass per l’Opéra Garnier e seguire il backstage di Hugo. Mentre indossava alcuni look di designer, si è confidato con MANINTOWN riguardo la sua esperienza personale e le sue passioni.

A che età hai iniziato a ballare e chi o cosa ti ha spinto a farlo?
Ho iniziato quando avevo 9 anni, senza alcuna ragione apparente. Ero un ginnasta e la danza era solo un altro sport per me. Improvvisamente il bisogno di danzare mi divenne chiaro come una rivelazione, come qualcosa di mistico, in qualche modo. Penso che fosse dentro di me dalla nascita, come se un piccolo seme piantato nella mia anima fosse germogliato in quel momento. È quasi inspiegabile, c’è sicuramente un lato spirituale nella mia scoperta della danza.

È noto che la danza, e il balletto in particolare, sia un ambiente alquanto severo e competitivo, deve essere stato molto difficile da bambino, superare queste difficoltà.
È davvero molto competitivo, perciò devi tenere duro ed essere un combattente. L’aspetto più difficile è essere messo in competizione sin da piccoli. I posti nelle scuole sono costosi, perché il mercato del lavoro in quest’ambito è molto chiuso. La scuola di danza dell’Opéra di Parigi è stata, per me, una grande opportunità di allenare la mente e il corpo, per praticare danza ad alto livello. Tuttavia, è stato doloroso lasciare la famiglia perché ero un collegiale e tornavo solo nei weekend. A 13 anni gli amici, i compagni di scuola e i colleghi di college erano anche rivali. Tutto ciò insegna a proteggersi e a diventare forte, ma si impara anche che la competitività non è necessariamente negativa, può essere intesa come emulazione positiva. Infine, che la competizione più importante è quella con te stesso. Dobbiamo sfidarci costantemente e spingere i limiti del corpo.

Chi sono le persone che ti hanno influenzato di più come ballerino? E nella vita?
Ho incontrato molte persone meravigliose, grazie al mio lavoro. Oggi non sarei un Danseur Etoile, se non avessi incontrato determinate persone lungo la strada. Ovviamente i miei genitori sono i primi a cui devo molto. Accettare che il proprio figlio voglia ballare e indossare una calzamaglia a 9 anni non è cosa da poco. Gli è costato molta fatica lasciarmi vivere questo sogno, ma so che posso sempre contare su di loro. La mia prima insegnante di danza Marie-Elisabeth Demaille ha giocato un ruolo fondamentale nel mio percorso. Nicolas Lerich (importante Danseur Etoile francese n.d.r.) è sempre stato una grande fonte di ispirazione artistica e tecnica per me. Mi sento molto ispirato anche da grandi attrici francesi, come Fanny Ardant, Catherine Deneuve, Catherine Frot, che rappresentano l’eleganza francese e la diversità.

Ci sono differenze tra la carriera di un ballerino e quella di una ballerina?
La carriera di una donna è più complicata perché ci sono maggiori contendenti. Spesso il desiderio di diventare madre nelle ballerine le costringe a prendersi un anno di pausa e questo può rallentare i loro progressi. Nella carriera degli uomini, invece, le pretese fisiche sono più impegnative. Gli infortuni alla schiena e alle ginocchia sono abbastanza comuni.

Nella storia della danza, i ruoli maschili sono cambiati negli anni? Pensi che ci sia una rappresentazione definita della mascolinità? Com’era nel passato rispetto a oggi?
I ruoli maschili sono oggi molto più importanti che nel diciottesimo e diciannovesimo secolo. La dimensione fisica e atletica è cruciale, dobbiamo preparare il nostro corpo in palestra, durante la stagione. Potresti paragonarci agli atleti professionisti. La danza può essere molto virile e fisica, da veri uomini! Infine, penso che sia prima di tutto una rappresentazione dell’umanità nel suo insieme.

Qual è la tua musica preferita da ballare? E nella vita?
Mi piacciono tutti i tipi di musica. Da ballare mi piace il jazz, la musica classica o James Blake, finché ci sono ritmo e profondità musicale. Nella vita amo ascoltare Mélody Gardot, il Concertos di Rachmaninov, Philip Glass o Jamie XX.

Hai paura del palcoscenico?
Ho paura ogni volta che ci salgo. È quasi tassativo. L’intensità dipende dalla difficoltà del balletto che dovrò eseguire, ma la paura è sempre lì. Questa può essere una cosa positiva, perché l’adrenalina che viene dalla paura è un grande strumento che ci permette di superare noi stessi. Può anche essere usata come un anestetico quando proviamo dolore o per dare il meglio di noi in ogni momento.

Quando sei andato a vivere a Parigi, qual è stata la tua prima impressione?
La prima volta che sono andato a Parigi ero un po’ spaventato. Non ero abituato a vedere così tante persone, ad ascoltare così tanti rumori, è una città molto aggressiva. Allo stesso tempo, mi ha fatto sognare. È una bellissima città e offre una miriade di opportunità.

Quali sono i tuoi posti preferiti?
Mi piace passeggiare lungo la Senna, il Marais, prendere un drink nell’area Oberkampf o prendere il sole sui tetti dell’Opéra, quando splende il sole.

Sembri interessato alla moda, quali sono i tuoi brand o i designer preferiti?
Sono interessato alla moda, ma non ne so molto. Apprezzo davvero il lavoro che ha fatto Haider Ackermann sulla sua prima collezione per Berluti, l’ho trovata molto elegante, colorata e originale. Ovviamente mi piacciono i grandi brand parigini come Dior o Chanel, ma rimango ancora curioso per scoprire il mondo di marchi di nicchia come Agnès B.

Photographer| Edoardo De Ruggiero
Photographer Assistant| Philippe Millet and Morgane Brisbare-Husson
Fashion stylist| Nicholas Galletti
Stylist Assistant| Ariane Haas
Grooming| Céline DeCruz
Model| Hugo Marchand

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Il nuovo sapore della tradizione

Antica Pizzeria da Michele

Ci sono luoghi nei quali la tradizione non riesce a stancare. Ci sono posti nei quali, quando ti siedi a un tavolo, speri di trovare i sapori della cucina della nonna, senza rinunciare alle sperimentazioni gourmet più recenti. Ci sono posti nei quali si torna non per abitudine, ma per scelta. Che il popolo italiano sia legato a filo doppio alla tradizione culinaria della propria terra è scontato, ma oggi non tutto finisce qui. L’onda delle sperimentazioni tra ricette della memoria e audaci rielaborazioni è, infatti, un leitmotiv sempre più riconoscibile. Un nome su tutti? L’Osteria Francescana di Modena che, con la firma dello Chef Massimo Bottura, si è aggiudicata quest’anno il secondo posto tra i 50 migliori ristoranti europei al mondo (fonte:www.theworlds50best.com).
Ecco 6 indirizzi che vanno dalla pizza, al gelato, dai fritti al gourmet. Per riscoprire le tradizioni con un nuovo gusto.

Antica Pizzeria da Michele – 125 Church Street (Londra)
Da Napoli a Londra, passando da Tokyo. La famiglia Condurro, da 130 anni presente nel quartiere napoletano di Forcella per far sognare l’eterna folla che si assiepa fuori dalle vetrine, ha deciso recentemente di aprire al mondo. L’idea è stata di Alessandro, discendente dei fondatori, che ha fatto della pizza di Michele un marchio e una startup chiamata “Michele in the World”. Nella capitale inglese, oltre al menu storico (margherita e marinara) c’è qualche proposta in più per accontentare e far innamorare i palati britannici.

Antica Osteria La Rampina – Frazione Rampina, San Giuliano Milanese (Milano)


Più che un ristorante storico dei dintorni milanesi, una pietra miliare della cucina lombarda. Rigorosamente a conduzione familiare, questa trattoria oggi sta vivendo una stagione di rinnovamento, dettata dal ritorno ai fuochi del giovanissimo Chef Executive Luca Gagliardi, che alterna un menu eccezionalmente sperimentale alle proposte più tradizionali del padre Lino. Luca, forte dell’esperienza vissuta a Le Buerehiesel di Strasburgo sotto la guida dello Chef tristellato Westermann, regala la sua sensibilità, attenzione e conoscenza delle tecniche più innovative alla tradizione de La Rampina e di tutti coloro che si siedono nelle sue sale del ‘500.

Restaurant Passerini – Rue Traversière (Parigi)


A volte ritornano. E quando lo fanno, lo fanno alla grande. Stiamo parlando di Giovanni Passerini, chef 40enne che, dopo essere stato assente dalle scene e dalle cucine francesi, è tornato un anno fa, con il suo personalissimo ristorante. O meglio, con la sua personalissima ristorazione. Se vi siete già scordati il suo raviolo di zucca e ricci di mare che faceva perdere la testa nel precedente bistrot Rino, nel nuovo punto di riferimento della cucina italiana gourmet, appena dietro la Bastiglia, la meraviglia è trovare tutta la perfezione della cucina e della ristorazione italiana, dalla pasta, alla quale è dedicata una lista a parte, alla conduzione dalla forte impronta matriarcale.

VesYouVio e Frie ‘N’ Fuie – Via Spontini (Milano)

«Le rivoluzioni spesso derivano dall’esigenza di ritrovare vecchie tradizioni», è il leitmotiv di Vincenzo Di Fiore, napoletano doc con una visione internazionale. La volontà di riscoprire le proprie radici è sempre più forte nel mondo del food e le ricette create in esclusiva per questa piccola Napoli milanese ne sono la prova. Non fatevi ingannare, nei fritti si racchiudono intere ricette della tradizione partenopea, che fanno sognare anche i palati più pretenziosi.

La Bottega del Buon Caffè – Lungarno Benvenuto Cellini (Firenze)

Dalla natura al piatto. Con una stella Michelin. La cucina di Antonello Sardi è autentica, onesta ed eccezionale. La sua storia inizia come assistente, ma in poco tempo le sue doti culinarie saltano agli occhi e al palato. La sua dote naturale, insieme a un’inventiva unica, gli sono valsi il riconoscimento come uno dei giovani chef più talentuosi della Toscana. Questo equilibrio rivive nei suoi piatti che s’ispirano alla tradizione regionale e stagionale, ma che riescono a osare, senza strafare.

Gelateria Tasta – Corso Garibaldi (Milano)

Sono gli unici a proporre la più classica cioccolata in tazza 100% naturale, direttamente dalla barretta. Gelateria, ma anche pasticceria dal forte carattere siciliano e da poco arrivata anche a Milano. Le materie prime sono d’eccellenza, il Pistacchio Verde di Bronte DOP o la Nocciola Piemonte IGP, e le ricette sono all’insegna della sperimentazione tra abbinamenti, profumi e gusti unici ideati dal TastaLab che ne confermano ogni giorno il successo. Qui come in tutto il mondo.

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LO STILE (LIBERO) DI LUCA DOTTO

Il suo talento in acqua gli è valso il titolo di primatista assoluto nei 100 metri stile libero, i suoi occhi trasparenti e il fisico statuario lo hanno reso modello “per caso”. È Luca Dotto, classe 1990, giovane velocista con un palmarès già eccezionale alle spalle: a soli 21 anni ha vinto la prima medaglia d’argento ai Mondiali e da allora di vasche ne ha percorse, fino ad abbattere, nel 2016, il muro dei 48 secondi, senza l’aiuto dei costumi in poliuretano. Tra un allenamento e l’altro in vista dei prossimi Mondiali di Budapest a luglio, il campione europeo in carica ha risposto a qualche domanda per MANINTOWN.

Quando ha realizzato che il nuoto sarebbe diventata la sua professione?
Quando ho capito che nuotare era la cosa che sapevo fare meglio e che mi veniva naturale.

Come si prepara per una gara importante?
Servono mesi di preparazione in acqua e palestra, sana alimentazione e soprattutto riposare molto bene.

Qual è stato il momento più emozionante della sua carriera?
Riuscire a battere il muro dei 48″ nei 100. Anche se ho vinto l’Europeo e le medaglie ai Mondiali, quello è il momento più emozionante, perché sarò sempre ricordato come il primo uomo in Italia ad avere abbattuto quel muro.

Ha un rito scaramantico?
Non parlerei di scaramanzia ma, prima di una gara, ho una mia routine di riscaldamento e concentrazione che seguo scrupolosamente ogni volta. Non perché penso che mi porterà fortuna, ma perché così facendo so di concentrarmi al massimo.

Quali passioni coltiva fuori dalla piscina?
La subacquea è senza dubbio la mia passione più grande e poi mi piace leggere, in particolare i romanzi di avventura.

Qual è stato il suo viaggio più bello?
Questa estate sono stato con la mia fidanzata alle Bahamas ed è stato come scoprire un paradiso. Ho viaggiato molto e visto tanti posti esotici, ma, senza dubbio, quest’arcipelago è diventato la mia meta preferita.

Ha prestato il volto a diverse campagne pubblicitarie di un brand molto prestigioso a livello internazionale. Come si è avvicinato al mondo della moda?
Per caso. Sono stato notato nel 2012, durante una campagna per le Olimpiadi di Londra e, da lì, sono iniziate delle bellissime collaborazioni con marchi molto importanti. Mi reputo piuttosto fortunato di aver avuto questa possibilità.

Qual è il capo che più la rappresenta e la identifica?
Senza dubbio la camicia.

Ha un’icona di stile a cui si ispira?
Cerco di avere uno stile mio, ma le mie icone assolute di stile sono Steve Mc Queen e Marlon Brando.

Com’è la beauty routine di uno sportivo come lei?
L’unica routine che seguo è la cura della pelle, perché con il sole e il cloro si può rovinare facilmente e per questo cerco di tenerla il più possibile idratata.

Un sogno nel cassetto?
Una famiglia felice.

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CANADA GOOSE per OCTOBER’S VERY OWN

Esperienza tecnica e design funzionale sono i punti cardine su cui si basa la collaborazione tra Canada Goose e October’s Very Own (OVO); due brand che hanno unito le forze per creare il nuovo The Timber Shell X OVO per uomo, una giacca ispirata alle innumerevoli necessità degli avventurieri urbani, perfetta per affrontare a testa alta le avverse condizioni metereologiche. Un giubbotto antipioggia, dalle elevate prestazioni, che unisce stile e qualità; grazie al design di OVO e alle garanzie tecniche delle finiture firmate Canada Goose, The Timber Shell X OVO, è dotato di un tessuto waterproof a cuciture sigillate garantendo la massima traspirabilità. Attraverso un sistema di strisce riflettenti sulla tasca e lungo le cerniere oltre che sulle braccia e la schiena luccica al calar del sole, e garantisce una protezione dal vento superiore alla media grazie al cappuccio regolabile in tre posizioni. The Timber Shell X OVO diventerà il vostro capo “must have” nelle giornate piovose.

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Wild Tech – Special Items for Your Getaway

Se fino ad ora avete abbandonato l’idea di poter ascoltare musica durante una sessione di rafting estremo, Megaboom di Ultimate Ears vi farà ricredere. Per tutti gli appassionati di vacanze fuori porta, “wild and free”, la progettazione di questo amplificatore portatile è ciò che mancava: un rivestimento waterproof, che resiste all’immersione in acqua per 30 minuti e la possibilità di connettersi a più dispositivi contemporaneamente, per un effetto dolby sorround. Grazie al design cilindrico la diffusione avviene a 360° e restituisce un suono perfetto, anche agli uditi più esigenti.

Che sia in città, in campagna, o in mezzo al deserto, una vacanza non è tale senza la valigia perfetta. Super accessoriata e altamente tecnologica come quella proposta da Arlo Skye per la sua Carry- On, che già dal nome svela la sua anima versatile e assolutamente pratica. Carica smartphone incorporato, ma invisibile, smart lock a sostituire le noiose zip e una leggerissima lega di alluminio per una scocca ultra light.

Un brand giovane e decisamente ambizioso, che in poco tempo ha scalzato la concorrenza con items performanti, accattivanti e soprattutto affordable. Huawei celebra il suo successo occidentale, con l’uscita del nuovo smartphone P10 e P10 plus greenery, in collaborazione con PANTONE che, appunto, dichiara questa tenue sfumatura di verde, “Color of the year 2017”. Tra le innumerevoli speci che tecniche, la collaborazione con Laica per una qualità fotografica d’eccezione.

Un tuffo nel profondo blu, la barriera corallina e un respiro a pieni polmoni. H2o ninja propone una maschera da snorkeling, ispirata alle immersioni in profondità dei professionisti, ricca di piccoli dettagli ingegnosi che permettono, a chi la indossa, di respirare liberamente, come sulla terra ferma. Per godere al meglio le proprie scoperte subacquee, la sua conformazione restituisce una visuale a 180°, che vi farà dimenticare le scomode maschere da sub dilettanti.

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Bark si reinventa nella maglia

Datemi un punto (di maglia) e vestirò il mondo. Parafrasare Archimede di Siracusa per parlare di moda? Si può fare. Anche perché l’aforisma calza alla perfezione a Bark, blasonato brand di maglieria made in Italy, inventore del punto Bark e che ha rivoluzionato il montgomery. Con un passato storico e un futuro che si preannuncia brillante, il marchio ora cambia pelle e si presenta al fashion system completamente rinnovato nella proprietà e nei contenuti, ma non nel Dna. Dagli inizi di quest’anno fa capo a Italian Clothing Management (ICM) società nell’orbita di un fondo di private equity capeggiato da Jonathan Todhunter e dal figlio Ben, ed è partecipato da SMT, maglificio tricolore con base a Reggio Emilia, che lo produce e distribuisce.

Un nuovo corso, quindi, ma senza dimenticare l’heritage del marchio fatto di, “capi in maglia dalla manifattura altamente complessa e innovativa – come sottolinea Ben Todhunter, nuovo direttore creativo del marchio che continua, – vogliamo dare valore all’artigianalità e raccontare la storia degli artigiani che, in Italia, creano a mano ogni capo in maglia e anche dei nostri prodotti, della lana e delle fibre che li rendono unici”. Una delle lavorazioni più significative è il “tramato”, realizzato da Bark attraverso macchinari unici in Europa e che contraddistingue la collezione primavera/estate 2018. Il debutto della nuova estetica è avvenuto allo scorso Pitti Uomo 92, attraverso capi intessuti nella gabardine di cotone spalmato o nel nylon, mentre la maglieria prende vita nei cotoni e nei lini a mouliné, chiné o nei cordonetti, intrecciati con pesi diversi per alleggerire le proposte. Anche le cromie riflettono la naturalezza dei filati e dei tessuti, con una tavolozza di bianchi, sabbia, grigio perla, corda, fango, verde militare e blu fino ai colori vivaci e vitaminici come il giallo e l’arancio.

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adidas Originals by Alexander Wang

Sovvertendo i con ni tra moda e streetwear, adidas Originals by Alexander Wang è una collezione di abbigliamento e calzature, ispirata dall’idea di ribaltare le regole del sistema. Cambiando le convenzioni, l’iconico trifoglio e il logo sono capovolti, diventando un nuovo gra ante simbolo. Juergen Teller ha interpretato gli scatti della campagna, che ritrae Rocco Ritchie, ovvero il sedicenne glio di Madonna e Guy Ritchie, insieme a volti più noti, che fanno parte della gang di Wang, come le modelle Hanne Gaby Odiele, Binx Walton e Lexi Boling, che fanno il verso alla cultura dei rivenditori. Alexander Wang è famoso proprio per il suo tipo di design, sempre permeato dalla cultura street e questa collaborazione ne è un match naturale.

Uno sguardo attento alla collezione rivela che il logo “Originals” è all’incontrario. Hai deciso di farlo con l’idea di distinguere ciò che è autentico dal falso?
Tutto ciò che riguarda la collezione, dal design, alle strategie di comunicazione, nasce dall’idea di capovolgere le convenzioni del brand. Ho ritenuto che l’approccio più interessante e dirompente della collaborazione, fosse quello di incorporare l’eredità di un marchio iconico come adidas, rovesciandone regole e tradizioni, comunemente accettate, di iconogra a e branding. Nella cultura attuale, fatta di abbreviazioni e immediatezza, segni e simboli sono più potenti che mai. Con questa collezione, l’idea è di esaltare il logo iconico di adidas Originals, che pervade l’intera linea e, contemporaneamente, di giocarci, mettendolo letteralmente a testa in giù.

La cultura dei fake, sta cambiando il nostro modo di guardare i prodotti?
Sono davvero intrigato dalla cultura del reselling, dai valori delle giovani culture e dalla percezione di cosa è autentico e cosa è falso. Questo è il motivo per cui ho incorporato una sorta di accordo di riservatezza e di non divulgazione nel design relativo alle stampe su T-shirt e felpe delle prime poche quantità della collezione. Questo allude anche al modo in cui il prodotto è stato distribuito a settembre, nel retro di camion pop up store a Manhattan, Brooklyn, Londra e Tokyo.

Che significato hanno i simboli oggi? Qual è la tua percezione dei loghi?
Nella cultura attuale, fatta di abbreviazioni e immediatezza, segni e simboli sono più potenti che mai. Con questa collezione, la mia voglia è stata esaltare il logo iconico di adidas Originals, che pervade l’intera collezione, e, contemporaneamente, gio- carci capovolgendolo a testa in giù.

La collezione di abbigliamento e calzature da 84 pezzi è unisex. La moda gen- derless ha cambiato commercio?
Non penso che la moda sia cambiata, così come la mentalità delle persone. C’è sicuramente una direzione verso la uidità di genere e il fatto che questa collezione sia unisex è semplicemente una ri essione su questo.

Perché hai scelto di vendere la tua collezione attraverso camion e con sacchetti della spazzatura durante la New York Fashion Week a settembre?
Presentare la collezione e venderla nei retro di grossi camion, è stata una ricostruzione fedele della cultura dei rivenditori, proprio come avveniva una volta. Farlo a Canal Street, dove numerose bancarelle vendono prodotti di dubbia provenienza, è stata una vera provocazione. È il nostro modo di divertirci con l’idea di originale contro il falso, lusso contro mass market. In un mercato ormai ampiamente saturo nulla è origi- nale, niente genera emozione. Rompere gli schemi diventa necessario per emergere. Io amo avere idee e concetti che s dano la convenzione, ma con integrità.

Essendo tu un ragazzo americano nel momento in cui streetwear, sportswear e skatewear diventavano cultura, cosa ha signi cato per te il marchio adidas?
Sono stato un fan di Adidas, da quando riesco a ricordare. Per me, non c’è brand con una storia più interessante. Ho anche sempre pensato che nessun altro marchio sia così forte, sia nell’abbigliamento che nelle calzature. Le label tendono a emergere di più in una categoria rispetto all’altra. Questo è stato un motivo importante per cui ho sempre voluto lavorare con questo colosso dello sportswear.

Quali capi di adidas ti piaceva indossare allora e ti piace indossare oggi?
Durante tutta la scuola superiore ho portato le adidas Superstars. In collegio dovevo indossare un’uniforme, quindi la calzatura era davvero l’unica opportunità per esprimere la mia personalità. Tutti quelli che indossavano le Superstars le personalizzavano a modo loro, incluso me. Ho trascorso ore a scuola a inventare modi per renderle più mie. Vorrei averne tenuto un paio per i posteri!

www.adidas.com/alexander_wang
Photos by Iurgen Teller

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MSGM X DIADORA

MSGM X Diadora dà vita a un activewear di gusto rétro: jogger, pantaloncini da basket, felpe con cerniera e sneakers. Due total look, sneakers comprese, in cui alcuni modelli d’archivio Diadora sono reinterpretati nel linguaggio MSGM. I codici, quindi, si riscrivono in chiave contemporanea, senza perderne l’identità iconica. Lo storico brand veneto ha collaborato con MSGM su una nuova collezione congiunta, per il prossimo autunno/inverno 2017-18. La partnership creativa tra i due marchi italiani è stata pre- sentata per la prima volta alla Fashion Week di Milano a gennaio 2017. Senza dubbio un passo improntato nella direzione sporty, per un brand che ha sempre irtato con il mondo della cultura pop e in particolare della musica. Con ogni probabilità uscirà a settembre, nel frattempo abbiamo incontrato Massimo Giorgetti, Direttore Creativo di MSGM per capire com’è nato questo progetto.

Come hai lavorato su questa collezione?
Devo dire che è stato molto naturale creare questa collezione con Diadora, che è a tutti gli e etti uno dei brand sportivi più importanti al mondo. Sono da sempre appassionato di sneakers così, quandomi hanno proposto questo progetto, ho accettato senza pensarci due volte. Ho sempre considerato le loro felpe a righe degli anni Ottanta un cult. L’energia del mondo sporty e il know-how italiano sono da sempre presenti tanto in MSGM quanto in Diadora. Personalmente, avendone sempre indossato le sneakers, è stato un po’ come incontrare un vecchio amico. I capi sono la reinterpretazione dei loro modelli d’archivio, visti con i tagli, i colori e il gusto tipico MSGM.

Quali elementi di stile e pubblico hanno in comune Diadora e MSGM ? Quali sono i punti di forza?
Diadora è un band sportivo, cosa che non è MSGM, ma ha quella freschezza e quella voglia di vivere il presente che abbiamo anche noi. Un aspetto che mi ha sempre colpito è la sua storia lunga settant’anni, un logo riconosciuto ovunque, tagli e stampe che hanno segnato l’immaginario degli anni ’80 e che ora torna a ruggire.

La musica e la moda viaggiano sempre a braccetto, se dovessi scegliere un cantante o un musicista che possa vestire alla perfezione la collezione MSGM X Diadora chi sarebbe?
Ultimamente mi piace il cantante canadese con origini portoghesi Shawn Mendes, è tanto giovane quanto di talento, ha soli 18 anni e ha già vinto importanti premi e riconoscimenti, come quello di miglior artista mondiale agli MTV Music Awards del 2016.

Cosa pensi di questo crescente mix tra abbigliamento sportivo e grandi etichet- te? Che cambiamento rappresenta, secondo te, a livello di mercato, cultura e stile?
Partendo dal fatto che sono sempre stato a ascinato dall’abbigliamento sportivo, ho notato che ormai le persone sono ‘ossessionate’ dall’aspetto sico, dall’attività sportiva. Prima o dopo l’u cio corrono tutti in palestra e quindi, per alcuni brand, è diventato quasi siologico creare e inserire alcuni capi sportivi nelle proprie collezioni, proprio per venire incontro a questo bisogno.

C’è un aneddoto particolare legato alla collezione che vorresti raccontare?
Sorrido se penso a quanto è stato divertente e strano ritrovare, negli archivi Diadora, modelli e stampe che mi erano rimasti impressi n dall’infanzia.

Pensi che ci saranno altre collaborazioni in futuro?
Sicuramente sì, ma non voglio anticipare nulla… mi piacciono le sorprese!

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gaetano pesce. if ideas had no boundaries.

Quattro decenni di carriera improntata alla creatività fanno di Gaetano Pesce una delle voci più autorevoli del design italiano. A lui, nato a La Spezia nel 1939, si devono creazioni che spaziano dall’architettura all’interior design, così come sculture, vasi e perfino gioielli. Convinto assertore che l’intuizione ideativa sia liberatoria, Pesce, per spiegare presente e futuro, parla del passato; per raccontare la sua coerenza creativa spiega l’incoerenza del linguaggio espressivo. Pluralismo e mutevolezza sono per l’architetto-scultore-designer i fondamenti di ogni processo, così come nuovi materiali e nuove forme sono alla base di nuove semantiche estetiche.

È un creativo a tutto tondo: mi parla del suo processo ideativo? Come cambia progettare un vaso, una lampada, l’interior design no all’architettura?
La creatività non ha barriere e le idee nemmeno. Alcune di queste possono essere delle ottime ragioni per fare dell’architettura, altre possono essere utili per creare degli oggetti, altre ancora per musica o poesia. Questa si chiama multidisciplinarietà o pluridisciplinarietà. Per capire quanto sto affermando, si guardi al comportamento di certi importanti artisti del Rinascimento. Raffaello disegnava le uniformi delle guardie del Vaticano, allo stesso tempo tratteggiava l’urbanismo della città del Papa, oltre a, come tutti sanno, dipingere le straordinarie tele che onorano l’Italia e sono presenti nei maggiori Paesi del mondo. Non occorre parlare di Leonardo nè di Michelangelo e di altri artisti multidisciplinari del Rinascimento. Per andare da un oggetto, a una architettura a una scultura niente cambia, se non la scala. Le motivazioni del progetto sono le stesse, espresse con diversi media.

La sua ricerca sui materiali: schiume, resine e polimeri. Quanto la materia è al servizio della creatività? Come governa la materia sulla forma?
Ci tengo a essere sincero con il mio tempo quindi, come uso tutti i progressi che esso mi o re, sono anche dell’idea che devo impiegare i materiali scoperti nei momenti della mia vita. Comunemente si chiamano sostanze “di sintesi” e, a mio modo di vedere, sono dei mezzi molto più performanti delle materie del passato. Nei processi creativi lascio questi materiali liberi al 30-40%, perché la loro ricchezza supera molte volte quella della mia mente.

La relazione tra gli oggetti e il corpo. La sicità nelle sue creazioni.
Ritengo che l’espressione astratta è da tempo superata dalla realtà. Ecco perché le figure appaiono nel mio lavoro, perché sono riconoscibili dal fruitore, aiutano la comunicazione e rivelano il contenuto delle opere. Da circa 50 anni la Figurazione è un elemento importante del mio operare. La componente figurativa è quella che parla al di là dei diversi linguaggi, delle diverse culture del mondo. Più recentemente, il computer comunica nello stesso modo per utenti provenienti da diversi Paesi.

La presenza dell’elemento antropomorfo nei suoi lavori?
Il linguaggio che uso non è sempre coerente, perché dipende da quanto avviene nella realtà. Ritengo che l’Arte sia un commento di quello che avviene nel nostro tempo. Questo è prima di tutto organico e, in particolare, liquido perché in esso avvengono valori contrastanti, contraddittori, che si presentano alla nostra attenzione, svaniscono e riappaiono. È come il movimento delle onde del mare, avvengono con rumore e svaniscono. Il mio linguaggio non è unico e dipende dagli argomenti che tratta, per questo non è coerente e a volte non è riconoscibile a chi segue il mio lavoro. Gli architetti che seminano nei diversi Paesi delle opere che dipendono da uno stile unico, sono persone che appartengono al passato. In realtà, se si rispetta il luogo dove si costruisce si deve dare la precedenza alla sua identità, se si costruisce in diversi luoghi le nostre risposte architettoniche devono necessariamente essere diverse e quasi irriconoscibili. Il design, per la stessa ragione, dovrebbe essere in grado di esprimere l’identità dei luoghi dove l’oggetto è prodotto, senza dire che dovrebbe essere in grado di dichiarare l’identità dell’autore e sfuggire all’astrazione dell’anonimato. Più in generale, direi che i musei d’arte contemporanea, che mostrano in diverse Nazioni le stesse collezioni, sono anacronistici e non rispettano la loro funzione di esprimere le diverse culture del mondo.

FERRARI: UNA STORIA DI ECCELLENZA DAL 1947

Dopo un anno record per i Musei Ferrari, il Museo di Maranello ha ampliato i suoi spazi. Una nuova ala, un nuovo percorso museale e uno spazio funzionale per ospitare convention e attività didattiche si uniscono alla preesistente struttura. Per celebrare il 70° anniversario di Ferrari sono state inaugurate due nuove mostre: “Under the Skin”, in collaborazione con il Design Museum di Londra, che ricorda il fondatore e racconta l’evoluzione dell’azienda, e “Rosso infinito”, che ripercorre la storia di eccellenza dal 1947.
“Under the Skin” racconta nel profondo lo sviluppo creativo e ingegneristico di Ferrari, attraverso una serie di vetture eccezionali, a partire dalla 125 S, la prima auto della Casa. Alcuni disegni tecnici dell’archivio storico del Cavallino Rampante e i motori esposti svelano il processo di progettazione delle vetture di ogni epoca, gettando uno sguardo inedito al lavoro ingegneristico che si nasconde dietro la loro bellezza esteriore. Modelli di design e della Galleria del Vento presentano inoltre l’evoluzione degli stili e delle tecnologie nel corso degli anni, ricordando come Enzo Ferrari fosse all’avanguardia nello sperimentare nuove tecniche scientifiche. Un percorso espositivo parallelo e fortemente connesso al primo ne ricorda inoltre le principali tappe biografiche, il lavoro e lo spirito competitivo che ha reso il suo nome celebre nel mondo. La mostra si trasferirà al Design Museum di Londra da novembre.
“Rosso infinito” celebra i 70 anni di storia del Cavallino Rampante con alcune delle creazioni più esclusive di Maranello per la pista e per la strada. Una lunga serie di vittorie ha coronato le monoposto di Formula Uno presenti nelle sale: dalla 500 F2, con cui Alberto Ascari vinse il primo titolo mondiale piloti per la Ferrari nel 1952, alla F2004, la Ferrari che ha vinto più GP nella storia (15, come la F2002) e ha concluso l’epopea iridata di Michael Schumacher, per arrivare alla F2008 che ha conquistato il Campionato mondiale costruttori. Tra le vetture GT, si possono ammirare alcuni modelli della famiglia 250, come la 250 GT Berlinetta “Tdf”, che ha dominato le corse della seconda parte degli anni ’50, la sua evoluzione 250 GT Berlinetta SWB e la 250 GTO, una delle Ferrari più amate dai collezionisti. Arrivando ai giorni nostri, sono esposte alcune Serie Speciali Limitate come la F50, la Enzo e l’ultima, LaFerrari, presente anche nella versione FXX K, non omologata e per l’uso esclusivo in pista.

Museo Ferrari, Maranello (MO)
Orari di apertura 
Tutti i giorni tranne il 25 dicembre e l’1 gennaio 
Novembre/marzo 9.30 – 18.00 
Aprile/ottobre 9.30-19.00

www.ferrari.com

BEAUTY D’AUTORE, Per un Grooming Art-Inspired

Histoire de Parfums, 3 Golds Collection

Che sia con la sua scanzonata freschezza di note agrumate frizzanti, o per quella sua presenza maliziosamente ipnotica di intense note d’ambra, il profumo ispira da secoli sogni ad occhi aperti e ricordi olfattivi celati. In una dimensione che valica i confini della moda e dello stile personale, quella del profumiere è da sempre considerata una forma d’arte, nobile e raffinata, riservata ai maestri più capaci, in grado di rendere quelle poche lacrime di vanità lucente una quintessenza di godimento olfattivo. Testa, cuore e fondo diventano tre spartiti da seguire simultaneamente, per intonare una sinfonia ricca e composita, da scoprire in tutte le sue inedite sfaccettature. Questa la vera raison d’être di un profumo: finestra sensoriale su altri mondi, che si materializzano con immediatezza inaspettata. Sei maison profumiere hanno scelto l’arte come loro affaccio privato sull’altrove, ispirandosi a pittura, scultura, poesia e musica per concepire forme, colori ed essenze. Un limbo lattiginoso e sconfinato, fatto di visioni oniriche tra arte e profumo, in cui immergersi per lasciarsi trasportare.

HISTOIRES DE PARFUMS
Una biblioteca olfattiva che racconta storie da leggere sulla pelle. Il profumo diventa il mezzo raffinato e sensuale attraverso cui diffondere la poesia, fulcro ispiratore della collezione. 3 Golds d’Histoires de Parfums, create dal profumiere francese e fondatore del brand Gérald Ghislain sono tre fragranze con cui si perpetua la conoscenza della profumeria francese, lussuosa, prestigiosa e creativa. Protagonista assoluto è l’oro, ciascuna tipologia di questo metallo prezioso evoca un concetto senza tempo, eterno e sempre attuale. VENI è l’oro giallo, simboleggia l’eternità, dono degli dei immortali, racchiuso nelle note legnose della sua essenza, come viaggio di omerica memoria su una nave avventuriera, che attraversa vivaci onde di ambra grigia. ROSAM è un’ode alla saggezza, tradizionalmente associata al colore argenteo dell’ oro bianco. I riflessi lunari enfatizzano la radiosità di una rosa delicata e sofisticata, che emerge gloriosamente da un bouquet composto di oud, e incenso. In FIDELIS, l’oro è combinato al rame, il metallo dedicato a Venere, la dea dell’amore e della seduzione. Un bacio persistente con sentori di caffè, zafferano e ambra speziata.

ARGAGN

L’Arte si può esprimere in tanti modi diversi. Una delle sue molteplici manifestazioni è il mestiere, l’esercizio quotidiano di un rituale antico, artigianale e di qualità a servizio degli altri. Non fa eccezione l’arte del barbiere, che ritrova la sua dimensione originaria in un piccolo locale di Brescia: Argagn, lontano dalla frenesia del centro, in cui potersi rilassare e riappropriare del tempo, assaporandone ogni attimo. È un luogo di passioni poliedriche: non una semplice barbieria, ma anche un moderno lounge bar dal sapore internazionale e una galleria d’arte. Un concept nato dai ricordi di viaggio dei proprietari Mattia Guandalini, di sua moglie Barbara, che hanno puntato su un format unico in Italia. Argagn fa da ponte tra passato e futuro, creando uno spazio innovativo in cui chiunque può riscoprire routine e arti d’altri tempi. La duplice natura di barbieria e galleria d’arte si riflette anche nell’esclusiva collezione di prodotti targati Argagn, in cui nulla è lasciato al caso, ma ogni ingrediente, aroma e packaging è selezionato personalmente dai proprietari del marchio bresciano.

ROADS

Roads come “strade”, quelle che si diramano di fronte all’individuo in ogni direzione. Sono infinite, come l’Arte, che non si può sezionare in compartimenti stagni, ma è libera di fluire fra diverse ispirazioni. Roads fragrances si fonda proprio sull’idea della sua creatrice Danielle Ryan di far confluire molteplici ingredienti artistici in un’essenza; da qui nasce la Collezione Africa, una collaborazione culturale in cui le influenze del mondo africano si combinano armoniosamente con gli influssi letterari, dell’arte e della danza. Ogni fragranza, inoltre, è racchiusa in una confezione che, come una tela, accoglie le opere di artisti africani di diversi paesi. Il profumo, I am dance riproduce il ritmo rapido e complesso della danza Pantsula, Big sky raffigura gli immensi cieli africani, Past | Present riprende i toni riflessivi della letteratura nigeriana moderna e, infine, Afropolis celebra la multiculturalità delle diverse città che costellano il continente africano.

AGONIST

Un’essenza può anche essere imprigionata in oggetti d’autore unici. È il caso delle fragranze unisex AGONIST, il brand svedese della coppia artistica composta da Christine e da Niclas Lydeen, l’una con un background nel mondo della moda e l’altro Art Director e visual artist. Autentiche sculture, create in esclusiva da Åsa Jungnelius, pluripremiata designer del vetro, vestono le essenze 100% naturali, che imitano il clima limpido del Nord Europa e la sua cultura, unendo al design la trasparente leggerezza dell’aria. Le boccette diventano, così, dei pezzi da collezione dalle linee fluide ed eleganti, che suggeriscono il contenuto dei flaconi. Arctic Jade ricorda le sembianze di un paesaggio ghiacciato, dai colori freddi e trasparenti, che ben rappresenta la sensazione di freschezza sulla pelle, accresciuta dall’Arancia Brasiliana. Black Amber, al contrario, gioca su toni più scuri del legno di Cedro Atlas e Solaris è il sole che non tramonta mai e illumina le notti dei paesi del Nord: una fragranza calda e agrumata, con un fondo di Patchouli.

EXTRAIT D’ATELIER

L’atelier di un sarto, il laboratorio di un calzolaio, lo studio di un orafo; come madeleine proustiane appaiono nitidi, improvvisi ricordi olfattivi riportati alla memoria da fragranze primordiali che racchiudono inaspettatamente riflessi di luce, i silenzi, sguardi, emozioni.
Queste le suggestioni di EXTRAIT D’ATELIER, orgoglioso brand veneto, giovane stendardo della laboriosità italiana e stilisticamente ispirato allo charme francese, che lavora con le note più delicate dei fiori di campo unite a quelle di sintesi aldeidiche ozonate per rievocare veri e propri attimi di vita.
L’arte del mestiere, e della manifattura più meticolosa è sia ispirazione, che metodo per questa collazione di debutto del marchio. Le botteghe artigiane con il loro fascino d’altri tempi vengono celebrate in boccetta: le fragranze EXTRAIT D’ATELIER custodiscono in flaconi iridescenti la storia di un grande passato e la nobile “essence du savoir faire”, testimoniando, attraverso un raffinato percorso olfattivo, la gioia e l’ingegno, ispirando in chi le indossa il desiderio di sentirsi altrettanto Maestro, della vita e della sottile arte del saper vivere.

VERDÚU

Distillati d’autore per la nuova collezione VERDÚU; brand con un sapore d’avanguardia, made in Germany, figlio della mente creativa di Alexander Botov. Un set di fragranze d’artista, concepite da quattro fashion designers, per raccontarsi sotto una luce inedita. Un ritratto in boccetta eseguito dal maestro profumiere di fama mondiale Mark Buxton, intervenuto per tratteggiare con sensibilità poetica anche gli angoli più sfuggenti delle personalità dei quattro colleghi artisti. Una liaison tra esperienze differenti, nata con la volontà di creare un “tutto tondo” sfaccettato e più che mai inedito in cui convogliare design, moda e profumo. Indossare le creazioni profumate dei protagonisti silenti di questo incontro olfattivo, non è come indossare i loro abiti, piuttosto un’esperienza intimista e ancor più personale; non saranno necessari ago e filo, basta una nuvola di inteso aroma vaporizzato per essere vestiti su misura.

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Le 6 serie televisive che non puoi perderti

Le serie tv ormai fanno parte della nostra vita. Tornati a casa dal lavoro, stacchiamo la spina per rilassarci sul divano, e via, la mente vola. Prima dell’era della web tv, c’era “l’appuntamento fisso”, il giorno della settimana in cui ci si trovava a casa dell’amico “con la parabola”. Adesso, soprattutto dopo l’arrivo di Netflix, possiamo vedere il nostro serial preferito quando vogliamo. Quali saranno le serie che ci terranno incollati allo schermo nei prossimi mesi?

Parlando di Netflix, è impossibile non evidenziare il successo del “legal-drama” Suits, ormai giunto alla sesta stagione in Italia (la settima è in fase di lavorazione negli Usa). Un serial che fa dello stile il suo marchio di fabbrica, oltre alle già collaudate vicende amorose contornate da litigi, all’interno di uno studio legale newyorkese. Già il nome della serie, Suits, ci suggerisce una delle passioni del protagonista: il classico completo da ufficio, declinato nello stile impeccabile dell’avvocato Harvey Specter (Gabriel Macht), che fa della pochette bianca nel taschino il suo must. Motivo in più per guardare la serie, Meghan Markle. La futura principessa (è compagna del principe Harry d’Inghilterra) interpreta Rachel Elizabeth Zane, l’assistente della Pearson & Hardman, lo studio legale attorno a cui ruota la trama. Sui prossimi episodi che vedremo, ha qualcosa da dire Gabriel Macht: «La serie sta prendendo una piega molto realistica, gli spettatori non vedranno più degli avvocati “supereroi”, ma persone comuni con i loro problemi, che devono affrontare vere difficoltà».

Altra serie cult da vedere (e rivedere, per chi si fosse perso le prime due stagioni) è Twin Peaks. Esclusiva di Sky Atlantic, il terzo capitolo della serie cult del genio David Lynch, riprende 25 anni dopo il termine della seconda stagione. Ritroviamo, tra i 217 attori del cast, protagonisti vecchi e nuovi (come Monica Bellucci) e il sempre elegantissimo agente speciale Dale Cooper, con il suo classico completo scuro e camicia bianca. Dopo aver scoperto chi ha ucciso Laura Palmer, quasi trent’anni fa, l’agente dovrà vedersela con nuove esperienze sovrannaturali, che fanno ritorno nelle foreste che circondano Twin Peaks. Non possiamo scrivere altro, sappiamo quanto i fan delle serie odiano gli spoiler. E, conoscendo Lynch, ci saranno parecchi colpi di scena. E anche qualcosa di più: «Non potevo non realizzarlo, Twin Peaks viveva nel mio subconscio. Non ho intenzione di fermarmi qui», si sbilancia il regista. Dobbiamo aspettarci una quarta stagione?

Sempre marcata Sky, la serie che ha appassionato milioni di italiani: il Trono di Spade. La trasposizione dai libri Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin è arrivata alla settima stagione, che potremo vedere a luglio, in contemporanea con la messa in onda negli Stati Uniti. Queste nuove sette puntate saranno il preludio al gran finale, previsto per il 2018, quando le guerre per conquistare il trono di Westeros avranno termine. Come sempre, gli scenari che faranno da sfondo sono incredibilmente affascinanti: le riprese si sono svolte per tutta la stagione fredda in giro tra Irlanda del Nord, Spagna e Islanda. Adesso possiamo dirlo: l’inverno è davvero arrivato. Ed è d’accordo con noi anche Jon Snow, ossia Kit Harington: «Questa settima serie sarà la più cupa e dura per i personaggi, prima del lieto fine, se così possiamo chiamarlo, dell’ultima stagione».

Altra serie (stavolta di Netflix) che è partita in sordina, ma ha guadagnato via via la fiducia del pubblico, è Stranger Things. Sembra, ma solo a prima vista, una serie tv per un’audience giovane, ma solo perché i protagonisti sono dei ragazzi. L’atmosfera horror, il grande pathos e l’ambientazione – una fittizia cittadina americana dell’Indiana, negli anni ’80 – la rendono una serie “adulta”, che ha molto in comune con la già citata Twin Peaks, a partire dalla colonna sonora al limite dell’angoscioso. La seconda stagione è in programma nel giorno di Halloween 2017, quindi c’è ancora un po’ di tempo prima di mettere i popcorn in microonde e sederci sul divano, ma intanto, per entrare in tema con la trama, potete tirar fuori le vostre camicie di flanella a quadrettoni, il capo preferito dai personaggi della serie. I ragazzi-detective tornano, quindi, per continuare le loro investigazioni, perché, come assicurano i due ideatori della serie, Matt e Ross Duffer, «Abbiamo solo scostato le tende sul mondo del “Sotto Sopra”, ora vogliamo esplorarlo». I fan sono avvisati, nuovi misteri e nuove creature mostruose li aspettano.

Per i maniaci degli intrighi di potere e politici, non può mancare House of Cards. Sempre targata Sky Atlantic, è iniziata a fine maggio quindi siete ancora in tempo per gustarvela (anche su NowTv, l’ottima internet tv di Sky). I nuovi 13 episodi della quinta stagione partono da dove eravamo rimasti alla fine dell’anno scorso, quando il presidente degli Stati Uniti d’America Frank Underwood (Kevin Spacey) e la first lady Claire avevano salutato il pubblico con questa frase: «Noi non subiamo il terrore, noi creiamo il terrore». In questi nuovi episodi, Underwood sfrutterà le paure dei cittadini per ottenere nuovi voti. Intervistato di recente, Spacey ha dichiarato: «Quello che è interessante è che chi guarda lo show qualche anno fa pensava, “Diavolo, tutto questo è folle. Non potrebbe mai accadere”. E dopo diciotto mesi gli spettatori hanno invece pensato “Oh, aspetta un secondo, i fatti raccontati in House of Cards potrebbero accadere davvero. O stanno già accadendo”. Penso che siamo più spaventati di quanto lo siamo mai stati».

Grandissima attesa per Mindhunters, il serial che vedremo in esclusiva su Netflix a partire da ottobre. D’altra parte, cosa potevamo aspettarci dal regista di House of Cards, Seven e Zodiac? La serie è ambientata nel 1979 e ha per protagonista l’agente Bill Tench (Holt McCallany) che, insieme al collega Holden Ford (Jonathan Groff), cerca di scavare a fondo nella psicologia dei serial killer per risolvere i casi. Una sorta di calderone in cui hanno buttato dentro Lie to Me, True Detective e Criminal Minds, per un risultato che, secondo gli addetti ai lavori, è un affascinante viaggio nella mente degli assassini. Sarà un successo assicurato, è già stato rinnovato l’accordo per una seconda stagione, ancor prima del debutto ufficiale.

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Rivisitazione e restyling

Rivisitazione e restyling. Non è la prima volta che a prefigurare lo stile futuro si propone una rielaborazione di quelli passati.
Ora più che mai questo trend suggestiona la maggioranza dei brand, soprattutto quelli di streetwear. Tuttavia, questa volta, la storia è un po’ diversa: non si tratta tanto di nostalgia o di illusione di ritorno a momenti ritenuti più felici, semmai è la voglia di abbracciare tutto nella molteplicità di un unico presente, senza rinnegare nulla. In questo 2017 l’attenzione dei marchi di caratura sportiva, infatti, è rivolta a scandagliare gli archivi e ha finito con il lanciare sul mercato, rivisitati, quegli item considerati oramai intramontabili. Chi non ricorda le mitiche Pony o le tanto agognate Air Max?
Parliamo proprio di quei pezzi classici che hanno fatto la storia di marchi come Pony, Wrangler, Nike, New Balance e di molti altri che, in svariate sfaccettature, hanno guardato indietro nel tempo, per restare protagonisti di una nuova stagione all’insegna, non della nostalgia, ma di un inevitabile processo secondo cui il nostro passato definisce chi siamo nel presente e suggerisce anche che la qualità elevata può resistere alle scosse della crisi. Economica e non.

Novità e sguardo al passato in casa Lacoste, che sceglie il campione Novak Djokovic come nuovo “coccodrillo” per i prossimi cinque anni. Il tennis torna a essere protagonista in onore del fondatore René Lacoste, il tennista che ha rivoluzionato l’abbigliamento sportivo negli anni ’30 creando l’iconica Polo Lacoste L.12.12, in petite piqué di cotone. Il brand dedica una collezione a Novak che lo accompagnerà durante i tornei; prova del link con la memoria sono le immagini di campagna scattate da Jacob Sutton, dove vengono affiancati presente e passato, testimoniando l’eleganza senza tempo del marchio.

Protagoniste sui ring e sui campi da tennis, viste ai piedi dei più famosi atleti degli anni ’80 e sulle strade di tutto il mondo, le Pony, in particolare le City Wings High, tornano a completare i nostri look casual, conferendo uno stile vintage e allo stesso tempo cool e moderno.

A sua volta Eden Park, brand parigino fondato nel 1987 dall’ex campione di rugby Franck Mesnel e noto per avere come logo un papillon rosa, ripropone, in occasione del suo trentesimo anniversario, l’iconica maglia da rugby, il capo da cui tutto ebbe inizio nello stadio Eden Park di Auckland.

Anche New Balance ha un animo vintage. Lo ha dimostrato quest’anno rilanciando sul mercato le CRT300, che erano comparse per la prima volta sui campi da tennis negli anni ’80. Oggi il remake è disponibile in pelle scamosciata e mesh, nelle nuance dal sapore rétro.

C’è chi, come Wrangler, festeggia i settant’anni e, come brand famoso per il denim, ha deciso di celebrare il proprio successo riproponendo la coloratissima collaborazione con l’artista Peter Max, che ha rilanciato in chiave moderna e contemporanea le tasche multicolor. Le stesse che avevano stregato i giovani nei primi anni ’70.

Tommy Hilfiger, per la per la collezione primavera/estate 2017, Tommy Jeans, attinge dagli anni Novanta, celebrando i capi iconici di quel periodo e riportando in vita le vibrazioni degli esordi del brand. A interpretare lo spirito del marchio sono Lucky Blue Smith, Anwar Hadid e Sofia Richie, protagonisti della campagna.

Nike, tra i suoi tanti modelli di successo, sceglie di rileggere le indimenticabili Air Max 1, le scarpe icona di chi negli anni ’90 era un teenager o poco più. Ecco che ora, nuove e rielaborate, tornano in auge, pronte a calzare i piedi delle nuove generazioni.

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“ATHLEISURE” by pier nicola bruno

Cover credits: pants PARTICLE FEVER; rowing machine WATERROWER

Photographer | Pier Nicola Bruno
Stylist | Giorgia Cantarini
Models | AINO @thelabmodels and SEBA@independetmodelsmanagement
Hair and Make up | Laura Rinaldi
Photographer Assistant & post production | Elisa Trapani
Stylist Assistant | Orsola Amadeo, Chiara Troiani
Brands selection and concept by Alfredo Canducci- Tomorrow Ltd
Special Athleisure Area at White June Edition

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INEDITA COLLABORAZIONE LOUIS VUITTON x SUPREME

Louis Vuitton ha aperto un pop up store a Londra, che resterà fino al 21 luglio, in cui ha presentato una preview della collezione maschile per l’Autunno/Inverno 2017 e ha rivelato l’esclusiva collaborazione con il brand Supreme. La cultura dinamica newyorkese del recente passato degli anni ’70, ’80 e dei primi anni ’90 fornisce l’ispirazione per la collezione dedicata alla prossima stagione. La collection vuole essere un’ode al caleidoscopio di stili che coesistono e si mescolano nella città di New York. Lo stesso concetto di collaborazione suggerisce la fusione armonica di due parti distinte, un viaggio creativo che porta a un nuovo insieme. Questa inedita unione fra lo spirito viaggiatore della maison francese e lo stile giovane e ribelle di Supreme coglie le suggestioni provenienti da tutti gli aspetti della vita nella Grande Mela, che hanno caratterizzato i tre decenni e che restituiscono un’immagine della mascolinità ricca di sfaccettature.

www.louisvuitton.com

www.supremenewyork.com

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THE INSIDERS @SIMONEDECHECCO IL SERENO LAGO DI COMO

Tempo di influencer, millennials, socialite e super-modelle. Il mondo del travel, oggi più che mai, conosce il valore di huge, amazing e ha, come metro di misura, lo stupore e la sorpresa. Luis Contreras, architetto venezuelano, proprietario di, Le Sereno di Saint Barth, sembra aver fatto tesoro di questi nuovi codici del lifestyle contemporaneo, rendendo così il suo rifugio, un luogo magico nelle Antille Francesi, noto per essere una seconda casa per le modelle di Victoria’s Secret.
L’incantesimo raddoppia, quando Mr. Contreras decide di aprire un nuovo luxury hotel in Italia, sul lago di Como, e ne affida la realizzazione a Patricia Urquiola, archi-star di origini iberiche, che fa dell’amore per il rigore e per la semplicità costruttiva, il cardine di ogni sua creazione.
A, Il Sereno Lago di Como, la sobrietà stilistica si rispecchia sul silenzioso lago circostante: l’armonia delle forme riconduce a quel senso di pace ed elegante tranquillità.
Il ristorante, guidato dallo chef stellato Andrea Berton, si è già imposto come place-to-be per i gourmand desiderosi di gustare i grandi classici della tradizione italiana e locale, rivisitati in chiave contemporanea.
Il dream team di, Il Sereno Lago di Como, affiliato Leading Hotels of The World, si completa con Patrick Blanc, acclamato botanico, che firma i giardini verticali di tutta la proprietà.
Se è vero che anche i più piccoli dettagli fanno la differenza, gli appassionati life-styler e instagrammer, che già hanno riempito i social network di immagini di questo nuovo tempio dell’eleganza, non si sono fatti sfuggire la flotta firmata Ernesto Riva a disposizione degli ospiti, l’attracco privato, il tessile D. Porthault e i prodotti da bagno di Ex Voto, Paris.

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Persol ai Nastri d’Argento 2017

A Taormina, nella suggestiva cornice del Teatro Antico, sabato 1 luglio, sono andati in scena i Nastri D’Argento 2017. I premi del cinema italiano, secondi solo all’Oscar per anzianità, sono da ben 7 anni accompagnati da uno speciale award siglato Persol, che sugella gli attori e registi più meritevoli per stile e personalità. Quest’anno, il brand di eyewear ha prescelto Claudio Amendola e Luca Argentero, protagonisti della pellicola, Il permesso – 48 ore fuori. Il famoso marchio, che quest’anno festeggia i 100 anni di attività nel mondo dell’occhialeria, è da sempre prim’attore del grande schermo e, nel corso degli anni, ha vestito lo sguardo dei più bei nomi del cinema italiano e internazionale. E non solo. Un binomio che prosegue imperterrito nel solco della high quality, della tecnologia e dello stile, che sin dagli esordi, costituiscono il marchio di fabbrica di Persol. Fuori e dentro dal set.

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Fiat 500: qualcosa di cui essere fieri

Nasceva a Torino il 4 Luglio 1957 l’iconica Fiat 500, la più celebre utilitaria del dopoguerra, di cui sono state venduti oltre 4 milioni di modelli, famosa in Italia e in tutto il mondo, simbolo di motorizzazione di massa, nuova come concezione, ancora oggi desiderata nelle nuove versioni aggiornate, ma non stravolte dall’originale di 60 anni fa. Fiat, per l’occasione, ha presentato una serie speciale della 500 al Salone di Ginevra, nel marzo scorso, con consegne a partire da adesso, un modello ispirato agli anni della Dolce Vita.
Esportata in oltre 100 Paesi, la 500 ha attraversato questi 60 anni come protagonista di tanti film, star indiscussa di stile e chic Made in Italy. Il Cinquino sarà esposto anche al Moma di New York. La famosa casa d’aste Catawiki, in occasione di quest’anniversario, ha presentato una gallery dei modelli più originali, pezzi unici da collezione, entrati anche nel guinness dei primati, come la Fiat 500 capellona, o la mitica Bianchina resa famosa dal rag. Ugo Fantozzi, o la 500 limousine usata nel film Zoolander 2. Le aste di Catawiki sono organizzate e seguite da esperti specializzati, che garantiscono qualità e varietà dei prodotti.

www.fiat.com

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https://youtu.be/ZxcxSNLvV0Y

“COME AS YOU ARE” di PIER NICOLA BRUNO

Leather coat DIRK BIKKEMBERGS; Jacket and Jeans Y/PROJECT; Shoes DSQUARED2

Photographer Pier Nicola Bruno
Stylist Giorgia Cantarini
Stylist Assistant Orsola Amadeo
Grooming Giulia Sbarzella @MH Artist
Model Artur @Fashion Model Management
Digital Tech Lorenzo Formicola
Post Production Elisa Trapani
Location Spirit de Milan

Trasversale e sfaccettato il Gay Village mette in scena nuove sorprese

Cultura e romanticismo, intrattenimento trasversale e appuntamenti d’impatto, ballo, divertimento e riflessione. Il Gay Village allestito anche per questa sedicesima edizione estiva 2017 al Parco del Ninfeo con un concept ideato da Simone Tulli e realizzato dall’Architetto Aldo Capalbo, è pensato come un percorso nel Regno della Libertà, alla scoperta del magico mondo di Fantàsia. Quasi fosse una fiaba da raccontare o ascoltare, dove ognuno può cercare e trovare la propria dimensione. Gay Village Fantàsia sfonda il muro del pregiudizio, per trovare il cuore pulsante di un regno incantato, dove gli uomini e la natura convivono. Tra loro corrono liberi gli unicorni, mitologiche figure con le quali si è scelto di identificare il popolo dei diritti. La campagna pubblicitaria vede proprio un unicorno cavalcato da un paladino che a sua volta porta con sé una storia fantastica, come quella di nascere in una famiglia malavitosa, per poi scegliere una via di salvezza, dando vita al Teatro Equestre Cimarosa, a Castelvetrano. E’ dunque Giuseppe Cimarosa il primo cavaliere del Regno di Fantàsia, figlio di un pentito legato al boss di Cosa Nostra, tale Matteo Messina Denaro, da cui Giuseppe prende le distanze a cavallo del suo bianco destriero. .Inaugurata da Elenoire Casalegno beniamina del pubblico gay friendly e sensibile interprete delle tematiche LGBT la manifestazione ha finora registrato l’adesione e la partecipazione di Veronica Pivetti, Orietta Berti, Patty Pravo, l’immancabile Vladimir Luxuria che ha presentato il libro ‘Il coraggio di essere una farfalla”, Arturo Brachetti, Pino Strabioli, Eva Grimaldi, Enrico Lucherini e il cantautore Mario Venuti. Molto attesi fra la musica fragorosa delle danze nelle varie piste del villaggio della fantasia e dell’arte e nel tripudio delle performance di musica e cabaret Barbara Palombelli, Fiamma Satta e Imma Battaglia, Chiara Francini, Antonello Dose, Luca Zingaretti e Ornella Muti. Attesissimi anche i concerti di Nancy Coppola, di Arisa e il gran finale con i Planet Funk. Per la sezione teatro e cabaret insieme alle invenzioni della poetica Maria Laura Annibali con i suoi ‘Beerbanti’ merita una segnalazione speciale il sipario sull’ultimo spettacolo dal titolo La Più Meglio Gioventù, con testo scritto e diretto da Alessandro Bardani, in scena con Francesco Montanari, lanciato dalla ben nota serie televisiva di Stefano Sollima ‘Romanzo Criminale’. Da non perdere per i più eruditi le proposte dell’area riservata alla presentazione di libri con gli incontri letterari moderati dal giovane Eugenio Durante. Fra le attrazioni delle notti firmate Gay Village non mancherà l’esilarante Drag Factor-The italian race che raccoglierà oltre 100 drag queen da tutta Italia. Chi lo vorrà potrà rifocillarsi fra cultura e intrattenimento nel ‘giardino delle delizie’ area dove è aperta la sperimentazione di varie forme di ristorazione, fino alla Confraternita, zona esclusiva riservata al pubblico dei privé che potrà godersi al meglio il grande spettacolo della kermesse estiva, solo per happy few.

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The Bespoke Dudes by Fabio Attanasio

The Bespoke Dudes è la giovane voce italiana del bespoke tailoring e delle eccellenze artigiane.

Il blog è stato fondato nel 2012 da Fabio Attanasio, contributor per testate italiane ed internazionali quali GQ Italia, Fashion Illustrated, Arbiter, Vedomosti e RBC Daily. Dopo gli studi classici, Fabio si laurea in giurisprudenza all’Università Bocconi di Milano. Nato nella Napoli capitale indiscussa della sartoria da uomo, da grande passa intere giornate presso botteghe di artigiani, affascinato dalla nobiltà di quel “saper fare” tutto italiano. Durante gli ultimi anni universitari decide di seguire la sua passione e apre The Bespoke Dudes, per informare ed informarsi sulla sartoria e sull’artigianato di qualità. Visita sua sponte sartorienelle principali città italiane mosso da un’autentica passione per il settore, con l’intento di capire le differenze tra le varie scuole sartoriali. Oggi The Bespoke Dudes è diventato un punto di riferimento sul web per decine di migliaia di persone diverse al mese che accedono al suo blog da tutto il mondo per ispirarsi ed informarsi sulla nobile arte della sartoria da uomo.

Dal successo del blog, nel Marzo 2015 nasce il progetto The Bespoke Dudes Eyewear, una collezione di occhiali da sole e da vista, scelti da Fabio e fatti a mano in Italia da artigiani specializzati.

Nel mese di Febbraio 2014 è stato invitato ad raccontare la sua storia ai ragazzi dell’ultimo anno del liceo scientifico E. Fermi di Sulmona, in Abruzzo. Nell’Ottobre 2014 è stato invitato dall’Università Bocconi di Milano a tenere una conferenza sulla sua esperienza di blogger in questo settore. Ha tenuto, inoltre, una conferenza a Lecce con il patrocinio della Regione Puglia nel Gennaio 2015 sul tema del confronto tra la sartoria napoletana e quella milanese. A Maggio 2015 è stato invitato dalla Prof. Erica Corbellini ad intervenire all’Università Bocconi nell’ambito del corso “Le imprese della moda: modelli di business e strategie emergenti”. Intervistato da Carlo Annese, Vice Direttore di GQ Italia, ha anche tenuto una conferenza presso lo showroom milanese del lanificio Vitale Barberis Canonico. L’8 Marzo 2016 ha tenuto una conferenza all’Università Bocconi sul tema “Tradizione, la base dell’innovazione“, con il Prof. Salvo Testa e il Cav. Luciano Cimmino, patron di Yamamay e Carpisa.

www.thebespokedudes.com

Un tuffo nella vita di Tania

Resilienza. È questa, forse, la parola che meglio descrive Tania Cagnotto, la più grande tuffatrice italiana di sempre, vincitrice di due medaglie olimpiche e di un oro mondiale. Dopo i due amari quarti posti, per pochi centesimi di secondo, alle Olimpiadi di Londra nel 2012, la campionessa bolzanina ha saputo reagire, fino a conquistare la medaglia d’argento nel trampolino da tre metri sincronizzato con Francesca Dallapé e un bronzo individuale, sempre nei tre metri, a Rio 2016.
Una qualità che l’ha portata a concludere la sua brillante carriera con il titolo italiano da un metro, ai Campionati italiani assoluti indoor di Torino. Una chiusura “col botto”, letteralmente. Ha salutato il suo pubblico con un esplosivo tuffo a bomba, come richiesto dai fans sui social. Con questa intervista, MANINTOWN ha cercato di immergersi nella vita della campionessa.

Qual è la cosa più importante che ti ha insegnato il rapporto con l’acqua?
Sicuramente ad avere rispetto. È un mondo che rilassa e insegna al tempo stesso. L’acqua c’è sempre, al mare, come sport o divertimento. È fondamentale.

Negli sport, la guida di genitori e professionisti è fondamentale e nel tuo caso le due figure coincidono. Che ruolo ha avuto tuo padre nella decisione di dedicarti ai tuffi?
Mio padre sicuramente mi ha insegnato tantissimo, così come mia madre, perché ci sono passati anche loro e sapevano già cosa consigliarmi. Poi, non mi hanno mai messo pressione, e questa è una delle cose più importanti. È forse proprio per questo che sono andata così bene, perché non mi aspettavo niente.

Come sei riuscita a trovare la forza di continuare per tutti questi anni?
Da piccola ho iniziato come divertimento, avevo la mia squadra di tuffi e quindi non mi mancava niente, avevo gli amici e lo sport. Tutto insieme. Non ho avuto molte mancanze. Dopo Londra non è stato facile per me, però sentivo che l’unica cosa che mi avrebbe fatto stare meglio sarebbe stato un altro risultato. Invece, dopo i Mondiali di Barcellona, ho avuto i miei quattro anni più belli, alla fine della mia carriera. Non poteva andare meglio.

Qual è il ricordo più emozionante della tua lunga carriera?
Sicuramente Rio, la medaglia nel sincro.

Qual è la prima cosa che vorresti fare e che non hai mai fatto, magari a causa dei ritmi di allenamento?
Anche solo godermi la casa, non dover pensare agli allenamenti, mangiare quello che voglio.

Com’è il tuo rapporto con la moda?
Mi piace molto, infatti adesso posso dedicarmici di più. Mi diverte andare a eventi dedicati alla moda e cercherò di farlo.

Qual è il capo che più ti rappresenta?
I vestitini. Corti, perché non sono alta un metro e novanta (ride, ndr).

Un sogno nel cassetto?
Forse ritirare fuori una bella squadra di tuffi, un giorno.

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magnus. accidental artist

cover_i’d rather be happy baron, i’d rather be happy than dignified (2017);
24 ct gold leaf, silk screen & giclÉe on 308 gsm cotton rag archival paper.

Magnus Gjoen fa parte di quella categoria di artisti che possiamo definire accidentale e soprattutto senza bisogno di attribuzioni. È nato a Londra da genitori norvegesi, cresciuto in Svizzera, Danimarca, Italia e nel Regno Unito. Ha mescolato l’estetica di strada e pop con un approccio legato alle belle arti. Gjoen ha studiato arte e design della moda e ha lavorato per marchi come Vivienne Westwood. Il suo pensiero è provocatorio e la sua arte emozionale, offre una visione moderna sui capolavori classici e trasforma oggetti potenti e forti in qualcosa di fragile, ma sempre bello.

Il tuo lavoro è piuttosto influenzato dalla storia dell’arte, come ti sei appassionato a questa materia?
La mia passione per l’arte e la storia deriva dalla mia infanzia. Sono cresciuto in luoghi diversi in tutto il mondo, ho visitato molti musei e nella mia famiglia sono avidi collezionisti d’arte. Ho studiato belle arti prima di andare a studiare design della moda, così il cerchio si è chiuso. Direi che la sete della scoperta, della bellezza e delle storie dietro ogni opera è ciò che mi ha sempre spinto.

Parliamo di questa definizione di “artista accidentale”?
Tutto è avvenuto casualmente, volevo un’opera per le pareti del mio nuovo appartamento a Londra. Non avevo intenzione di dedicarmi all’arte, ma mi guardavo intorno. Poi ho pensato “posso farlo” e così è stato.

Cosa dovrebbe emergere nel pubblico dalla visione delle tue opere?
Un’emozione. Quando si crea un’opera si desidera sempre evocare una memoria o delle emozioni che lo spettatore è in grado di associare. Può essere qualsiasi cosa, ma se non succede, hai fallito. Almeno dal mio punto di vista.

Le tue creazioni sono più provocatorie o irriverenti?
Credo entrambi. A volte mi sorprende quello che offende la gente. Non mi preme creare un lavoro che provoca, ma, piuttosto, che riesamina la norma e la bellezza associata a qualcosa. Si tratta di riscrivere cose che le persone non vogliono vedere.

Come definiresti oggi la bellezza?
La definirei come si è sempre definita: qualcosa di gradevole allo sguardo. Diverse persone hanno prospettive differenti, facendo sì che alcuni vedano la bellezza dove altri non la colgono. La bellezza è ovunque, bisogna guardare abbastanza e scegliere di volerla vedere.

IL NUOVO VOLTO DEL SARTORIALE MASCHILE

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Cosa succede se un blasonato segmento di moda e Made in Italy, di stampo prettamente tradizionale, come la sartoria maschile si confronta con il web? Come si possono conciliare ago, filo e passione per il su misura con la velocità d’intenti della rete e con la sua globalità? Se da un lato l’online è un puro strumento di comunicazione e di diffusione worldwide, dall’altro sorgono nuove opportunità di sviluppo, anche per i mestieri più artigianali e personalizzati, come la sartoria hand made. Del resto, oggi, per vellicare la vanità maschile ci vuole solo il meglio, sia in fatto di tessuti, sia in fatto di maestria sartoriale. E, allora, ecco che la rete si usa non solo per far conoscere le realtà artigianali che costellano tutto il Bel Paese, ma anche per diffonderne la perizia di taglio e cucito. Come?
Uno degli strumenti più interessanti attualmente online, perché di questo di tratta anche se è puramente virtuale, è Aplomb, una piattaforma, nata dalla passione e dalla fantasia di tre giovanissimi imprenditori, Federico Grasso, Luigi Ugge e Massimiliano Invernici, a riprova che il su misura non è solo “un affare per vecchi”. In una manciata di mesi, o poco più, questo “salotto virtuale del bel vestire”, è diventato una realtà in rapido sviluppo, con l’obiettivo di creare un network sartoriale a misura di gentleman. Lo scopo è chiaro: e non è quello di portare la sartoria a casa dell’utente, bensì di avvicinare il cliente al sarto, attraverso un nucleo di selezionatissime botteghe artigianali sparse in tutta Italia, cosicché il nuovo dandy possa recarsi in quella a lui più congeniale, per sintonia stilistica e per vicinanza geografica, senza correre il pericolo di imbattersi in un falso d’autore. A oggi, fanno parte di questo portale una quindicina di sartorie, tra Lombardia, Veneto, Piemonte, Lazio, Puglia, Campania Sicilia e Basilicata, ma l’intento dei tre imprenditori è di raddoppiarne il numero in brevissimo tempo. Non male come risultato, se si considera che, anagraficamente, Grasso, Ugge e Invernici, insieme, non sfiorano il secolo, anzi, ne sono bel lontani. La pre-selezione per le botteghe sartoriali all’interno del network avviene tramite advisor, poi si passa all’incontro ad personam. I criteri, così rigorosi, garantiscono all’utente di trovare su Aplomb solo il non plus ultra, con info pratiche su chi garantisce il bespoke e su coloro che, invece, offrono il made to measure. Dal sito si può prenotare una visita in sartoria, ma, a breve si potrà anche usufruire di un servizio di style advisor, per avvalersi di suggerimenti preziosi (servizio attualmente in via di sperimentazione). Aplomb non è solo al servizio dell’intenditore, ma anche della sartoria, infatti la piattaforma permette di raccontarsi tramite articoli, foto e video, affinché ogni bottega artigiana possa presentarsi al meglio. Insomma, una gran passione per la cultura sartoriale, raccontata al meglio. In più, Aplomb è altrettanto attivo anche sui social, usati come strumento di diffusione (alla stregua di un passaparola 2.0), di raccolta (degli appassionati) e di condivisione (di idee e passioni). La community su Facebook, ora, conta circa 2mila iscritti, ma cresce del 10% a settimana, idem dicasi per il profilo Instagram, attualmente a quota 8k. Il network è stato prescelto per far parte della Start Up School/Y Combinator e inserito nel programma Founder Track, un acceleratore worldwide per l’internazionalizzazione di siti e start up online. I tre manager guardano oltre, sia attraverso le linee temporali, sia tra meridiani e paralleli; lo step successivo sarà quello di inserirsi sul mercato inglese: per unire virtualmente le due piazze principali del su misura, Italia e Inghilterra. Altro che tunnel della Manica, qui si oltrepassa la Francia con un click.

the uncommon rise of RYAn COOPER

cover_Blazer PORTS 1961; Coat ACNE

Ryan Cooper alterna disinvoltamente set fotografici di moda e red carpet cinematografici. È lui il volto nuovo del cinema internazionale. Con la sua faccia che buca lo schermo (e l’obbiettivo), con il suo fisico scolpito – è stato anche carpentiere – questo ragazzone della Nuova Guinea ha convinto tutti e, dalle campagne pubblicitarie di Armani Exchange, DKNY, Hugo Boss e Trussardi Jeans è passato al grande schermo e presto lo vedremo al fianco di Scarlett Johansson in, Crazy Night.

Raccontaci delle tue radici e della tua famiglia. Come hanno influenzato la tua vita?
Sono cresciuto senza molte cose, vivendo in paesi del terzo mondo con persone che non possedevano molto ma erano molto felici e generose. Questo ti fa apprezzare le cose che hai ma di cui non hai bisogno. Mi ricordo che spesso nella nostra colazione c’erano degli insetti a causa dell’umidità. Mio padre era un missionario e ha instillato fortemente le sue credenze in noi. Era un gran lavoratore e questa caratteristica mi ha sicuramente aiutato entrando in questo business. Trattare bene le persone e lavorare duramente, quando si lavora tutto il giorno e ho bisogno di energia. Ho fatto turni di 20 ore per lavori di edilizia in passato e questo mi ha preparato a stare sul set per 12 ore.

Come hai iniziato la tua carriera di modello?
Fare il modello è stato un colpo di fortuna. Un amico mi ha chiesto di fare un servizio fotografico per un negozio in Nuova Zelanda quando ero nel campo delle costruzioni. Poi un altro amico voleva sistemarmi con un’agenzia, in cui, appena mi hanno visto, mi hanno detto che non avrei mai lavorato. Tuttavia, il mio attuale manager ha visto le mie foto e da quel momento in poi mi ha spinto a viaggiare e lavorare, cosa che mi ha permesso di trascorrere qualche anno divertente, viaggiando e scattando per il mondo.

Quando hai deciso di entrare nel mondo cinematografico e come è successo?
A New York ho incontrato il mio attuale manager che mi ha chiesto se fossi interessato a recitare e che mi ha coperto le spalle da allora. Onestamente, non ci avevo più pensato da quando partecipavo a spettacoli scolastici da bambino. Mio padre mi incoraggiava a trovarmi “un vero lavoro” e così ho fatto, nel settore dell’edilizia. Mentre stavo viaggiando/facendo il modello avevo l’opportunità di imparare da alcuni meravigliosi coach a New York e Los Angeles e ora essere in grado di lavorarci è fantastico.

Qual è stato il tuo debutto nelle fiction e nel cinema?
Il mio primo lavoro sono state piccole parti in film indipendenti poi un breve periodo nella soap “Una vita da vivere”, prima che questa produzione di lunga durata esalasse l’ultimo respiro. Mi sento un po’ responsabile per questa morte (ride,ndr)!

Dimmi dove vai e ti dirò con che scarpe

Spiaggia, viaggio on the road o villeggiatura; la giusta scarpa può fare la differenza. Ormai da qualche estate la suola in corda, declinata nei modelli più disparati, è diventata un vero e proprio passepartout, la ritroviamo nel mocassino LOEWE, per una serata in riviera; nell’espadrillas multicolor di Paul Smith, per una giornata in compagnia, o nella scarpa da vela firmata Castañer. Oltre alla corda, must have di quest’estate sono ciabatte e sandali, accessorio fresco, utile e, perché no, anche di tendenza; con la classica Havaianas non si sbaglia, ma perché non lanciarsi anche su una colorata Prada? Se, invece, anche nella calda stagione cercate eleganza ed eccentricità state pensando alle calzature firmate Diego Vanassibara, con quelle ai piedi non passerete certo inosservati. Le proposte dell’estate S/S17 pensano, però, anche a chi ama viaggiare, visitare città e culture lontane ed è alla ricerca di una calzatura comoda, funzionale, che non tralasci lo stile, ma che magari sia impermeabile e resistente, ecco allora cosa fa per voi: i modelli proposti da Paul&Shark, Clarks, Bally e Guardiani rispondono a ogni vostra esigenza.

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LOEWE

Spenti i riflettori sulla Paris Fashion Week, non si spegne, invece, l’eco del LOEWE’s FIRE of YOUTH SUMMER PARTY, l’immancabile appuntamento che ha festeggiato la nuova collezione maschile del brand, dedicata alla primavera/estate 2018. Il 22 giugno, presso l’Institut du Monde Arabe, celebrity, designer e influenti personaggi del mondo dell’arte e della moda come Jonathan Anderson, ASAP Rocky, Stefano Pilati, Rick Owens, Sita Abellan, Kiki Willems, Elisa Lasowski, Mathias Augustyniak e molti altri, si sono trovati a festeggiare l’inizio dell’estate in un contesto, totally LOEWE.
Sensualità e rilassata esplorazione spirituale, queste le parole chiave della collection, dove classici capi del guardaroba maschile vengono rivisitati con fluida sensibilità. La prossima stagione calda, l’uomo LOEWE tenderà a scoprirsi di più rispetto alle estati passate, indossando capi arricchiti da texture, toppe, stampe e innovativi tocchi artigianali, come zip, applique e ricami colorati; gli accessori, mescolati ai capi, sono ricordi di viaggi in terre lontane, da portare sempre con sé, come porta fortuna.
Lino, popeline e tela lavata sono i tessuti protagonisti di un menswear di grande valore evocativo dove, anche i capi più sportivi si arricchiscono di richiami etnografici. Il motivo a foglia di William Morris in jacquard e il decoro del teschio pervadono la collezione. Non è finita qui. Altro grande rimando artistico che pervade le creazioni è la casa catalana di Salvador Dalí a Cadaqués, che accompagna l’uomo LOEWE in un viaggio a 360°, sia nelle immagini della rivista che ogni stagione accompagna la collezione, sia come ispirazione per la scenografia dell’ultima presentazione del brand, presso l’atelier/showroom di Saint Sulpice.

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NINTENDO INFIAMMA IL RING

La tecnologia è in grado di riprodurre quasi perfettamente la realtà. E questo vale anche se è applicata al gioco: Nintendo Switch ha da poco introdotto ARMS, il nuovo picchiaduro, ispirato alla boxe, che rende il combattimento ancora più interattivo, coinvolgente e soprattutto realistico. I giocatori, infatti, possono utilizzare delle braccia estensibili per mandare a tappeto gli avversari, possono schivare gli attacchi e martellare di pugni gli antagonisti. In occasione della presentazione del gioco al Teatro Principe di Milano, MANINTOWN ha intervistato il peso superleggero Donatello Perrulli, classe 1995, e il “demolitore” ucraino Maxim Prodan, 24 anni, che si sono sfidati prima sul ring e poi con i Joy-Con della nuova console Nintendo Switch.

Come vi siete avvicinati alla boxe?
DP: Mi sono avvicinato a questo sport all’età di 13 anni, nel 2008, seguendo le imprese della nazionale azzurra a Pechino, durante le Olimpiadi. Sono della stessa città del campione olimpico Roberto Cammarelle e ho iniziato a seguire le sue gesta e il suo percorso. Poco dopo le Olimpiadi, ho incontrato i maestri della palestra di Cinisello Balsamo, Rocky Marciano e mi hanno coinvolto in questa loro attività, ho cominciato a frequentare la palestra e da lì non sono più uscito. È stata una (dolce) condanna.
MP: Io ho questa passione già da piccolo. Ho sempre voluto diventare come il campione Kličko, ho visto il primo incontro quando avevo cinque anni. È sempre stato il mio sogno.

Qual è l’incontro che ricordate con più emozione?
DP: Sicuramente il mio debutto da professionista, che è stato piuttosto recente e mi ha toccato a fondo. Mi sembrava di essere uno scolaretto al primo giorno di scuola. Mille sensazioni e mille emozioni fortissime. E poi, senz’altro la vittoria del titolo italiano nel 2013, che mi ha scosso con sensazioni intense.
MP: L’ultimo incontro di sabato (27 maggio, ndr) in cui ho pareggiato contro un bell’avversario, un esperto, a un bel livello. Ho fatto tutto il possibile, ho disputato un bel match, però è andata come è andata.

Quali sono le differenze tra la boxe e questa esperienza di gioco? In cosa, invece, si assomigliano?
DP: Senz’altro la dinamica fisica, la cinetica con cui si gioca. I colpi e gli spostamenti sono molto realistici, molto simili a quelli della boxe. La differenza effettiva sta nel contatto, il pugilato è uno sport di contatto, richiede delle tempistiche, a livello di velocità, molto ristrette e ovviamente una certa forza. Il calcolo delle prestazioni è a livello di fisica applicata. Il gioco, invece, è coinvolgente, si attiene molto alle figure principali della boxe e alla pulizia dei colpi, è divertente anche la sensibilità di queste tecnologie: un minimo spostamento del telecomando implica una determinata reazione da parte del gioco. È molto realistico.
MP: Il pugilato non è un gioco, è uno sport serio. Ci vuole tanto carattere e tanta esperienza, bisogna provare tantissimo.

Avete un rito scaramantico?
DP e MP: Piccoli riti ci sono sempre, ma bisogna tenerli segreti sennò non funzionano più (ridono, ndr).

Qual è il capo di abbigliamento che più vi rappresenta?
MP: A me piacciono le scarpe Nike, comode, con il piede sempre sicuro.
DP: Anch’io, come Max, sono vicino a uno stile underground: tuta, scarpa comoda, qualcosa di non troppo raffinato.

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Charity a ritmo di musica.

Il gruppo Coin sceglie Radio DEEJAY per la personalizzazione della radio in store, un progetto che vuole accompagnare a ritmo di musica le shopping experience dei propri visitatori, ma aggiungendo anche un importante risvolto etico grazie all’intervento di Orsola Branzi, meglio nota come La Pina. Storica conduttrice della trasmissione radiofonica “Pinocchio” insieme a Diego Passoni, rapper, voce fissa di Radio Deejay, ma anche conduttrice televisiva e scrittrice, La Pina sta riscuotendo un crescente successo con il suo libro “I Love Tokyo”, una guida musicale, o meglio, una canzone d’amore per il Giappone, visitato dall’autrice ben quarantatré volte, in cui le parole scorrono sulla colonna sonora scritta dal marito, Emiliano Pepe. Il libro, disponibile in una selezione di punti vendita Coin, è affiancato da una limited edition di accessori per il viaggio, gadget e bambolini di Hello Kitty, che portano il tocco inconfondibile de La Pina. Il ricavato di questi prodotti sarà devoluto per supportare il progetto #DANCE4AFRICA della Onlus “SOS Villaggi dei Bambini” di cui la conduttrice è Ambassador, insieme a Emiliano Pepe, Sofia Viscardi e Marco Materazzi.
Come ci racconta la stessa Pina: “L’obiettivo è raccogliere la somma necessaria per realizzare un’unità mobile di soccorso che possa girare per fornire visite mediche anche nelle zone rurali meno accessibili dello Swaziland, una terra in Sud Africa incredibile per bellezza, ma dove i bambini sono massacrati dall’Aids. Da tempo sostengo questo progetto SOS Villaggi dei bambini e con Emiliano Pepe, Sofia Viscardi e Marco Materazzi abbiamo lanciato la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi #DANCE4AFRICA. Grazie al libro e a questa limited edition di prodotti (che spaziano da una bag, beauty case, mascherina) e gadget giapponesi vogliamo portare, insieme ad Hello Kitty, un aiuto concreto e un messaggio di speranza.”
Un libro – I Love Tokyo – che si può “leggere” su differenti livelli, dalla grafica al contenuto sonoro, un mix di linguaggi che esprimono le diverse passioni dell’autrice. All’inizio di ogni capitolo si trova un QR Code associato a video e musiche di accompagnamento alla lettura, che rendono l’esperienza ancora più coinvolgente e significativa. Per viaggiare anche solo con i sensi, rimanendo a casa. Un’opera che non solo racconta il grande amore per il Giappone, ma anche testimonia dell’impegno e sensibilizzazione per aiutare centinaia di bambini africani in Swaziland.

Per maggiori info:
regali.sosvillaggideibambini.org/progetto-swaziland 

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